Autore: Peretz Green.

 

Traduzione dall'inglese: Davide Levi

 

 

Sefer Yeshuat Yeshua (Il Libro della salvezza di Gesù)

 

 (26 maggio 2013) Questo testo (scritto nel 1990 e completato nel 1995) ha principalmente due scopi: 1) fornire un'importante spiegazione alla frase "Norà alilà al bnei adam" (grandiose/terribili sono le opere di Dio sull'umanità) riferita sia al fatto che l'umanità abbia mangiato il frutto proibito sia alla missione messianica di Gesù; 2) spiegare il senso dell'ultima profezia in Malachia.

 

GNOMEN 90 (da "Tra i Segni Iniziali ed i Segni Finali" (Sefer Ester)) - IL LIBRO DI ESTER RIVELA LE VIE DELLA GIUSTIZIA NEL PIANO DIVINO DELLA REDENZIONE DELL'UOMO.

LA COMPRENSIONE DEL DISEGNO DIVINO NELLA STORIA FORNISCE UNA VIA NUOVA PER ELEVARSI NEL TIMORE DEL CIELO SENTENDOSI SOTTO LO SGUARDO DEL TRIBUNALE SUPERIORE.

 

SEFER YESHUAT YESHUA – LA SALVEZZA DI GESU'

 

"Le vie della giustizia nel Disegno Divino': le vie del Signore sono giuste. Anche gli errori dell'umanità alla fin fine giustificano la redenzione storica che Dio intendeva portare fin dal principio. Come spiegato nel Sefer Mishnat Haim, E' pur vero che Eva ed Adamo peccarono, ma dovettero farlo, altrimenti non sarebbe nata l'umanità. Tale è il principio del "norà alilà al bnei adam", grandiosa è l'Intenzione Divina verso l'umanità.

In realtà non c'è comprensione fino a quando l'azione sbagliata dell'uomo non venga corretta e il vantaggio che ne deriva non diventi manifesto.

La vera saggezza consiste nel riconoscere le contraddizioni che derivano dai limiti dell'uomo, riconoscendo, allo stesso tempo, la perfezione e l'assoluta coerenza dell'operato divino. Perché il Signore è al di sopra del tempo e non ne è limitato. Tuttavia, nei Suoi rapporti con gli uomini e nelle lezioni, sia personali che storiche, che impartisce all'umanità, distribuisce i Suoi benefici a seconda dei tempi e delle limitate capacità dell'uomo.

Adamo ed Eva dovettero mangiare il frutto perché dovevano peccare, altrimenti i pieni benefici di Dio non sarebbero mai stati concessi ad un'umanità già redenta. Dio comandò ad Adamo ed Eva di non mangiare dell'Albero della conoscenza del bene e del male, per dare loro la possibilità di disobbedire. Il Serpente doveva essere inviato, per assicurarsi che quel peccato fosse perpetrato. Il grande dono divino del libero arbitrio doveva essere usato in modo sbagliato, affinché alla fine potesse essere riconosciuto, compreso e usato bene.

In ogni fase di quella vicenda primordiale ci sono delle contraddizioni. Com'è possibile che ad Adamo ed Eva fu comandato di non mangiare dall'Albero della Conoscenza, così da poter dimostrare la loro libera scelta a non peccare, se, nello stesso tempo, essi dovettero peccare per poter così realizzare il disegno divino della redenzione storica dell'umanità? Impressionante ed imperscrutabile è il piano divino imposto all'umanità!

Si potrebbero analizzare le cause ed esaminare il ragionamento dietro ogni effetto, ma qui la contraddizione tra l'avere o meno il libero arbitrio rimane insondabile, dal momento che è difficile capirla in termini di logica.

Eppure Adamo ed Eva erano dotati del libero arbitrio mentre, nello stesso tempo, per una ragione 'superiore', non potevano esimersi dal peccare.

Alcuni hanno cercato di ipotizzare cosa sarebbe successo se non avessero peccato, ma le loro conclusioni non sono plausibili; l'uomo doveva comunque acquisire la conoscenza, altrimenti sarebbe rimasto allo stato puro di angelo e innocente di neonato. Egli non avrebbe mai conosciuto il vantaggio della luce nel suo contrasto con l'oscurità, ossia non avrebbe mai potuto apprezzare una luce eterna e costante senza conoscere il suo contrario. Non avrebbe mai potuto dire "questo è cattivo" o "questo è buono". Non ci sarebbe stata Torà se Eva non avesse mangiato il frutto proibito. Impressionante è il piano divino imposto all'umanità!

Ciò significa che dobbiamo giustificare il peccato? Dobbiamo dire che a causa del "Norà alilà al bnei adam" l'uomo non è responsabile delle proprie azioni? No, perché ciò sarebbe contrario alla verità e al concetto stesso di libero arbitrio.

Veniamo ora al grande avvenimento storico con cui va studiato e applicato il principio 'Impressionante è il piano divino imposto all'uomo': mi riferisco all'enigmatica e tragica missione di Yeshua (Gesù) di Nazareth. Anche Gesù mangiò del frutto proibito di sua iniziativa, mentre, allo stesso tempo, non poté esimersi dal farlo. La storia terribile e sorprendente di quel peccato obbligato è la vera essenza del Sefer Yeshuat Yeshua.

Gesù aveva la libera scelta di rifiutare quella missione? Sì; ma poteva rifiutarla? No! Tuttavia, se l'avesse accettata e avesse cominciato ad agire di conseguenza, avrebbe avuto successo? Sì, ma solo in teoria; in pratica, no, data la situazione dell'epoca. Se Gesù non fosse uscito dalla Comunità degli Esseni, sarebbe nato il Cristianesimo? No. Il Cristianesimo doveva nascere? Sì, altrimenti non sarebbe avvenuta in futuro la salvezza del gregge disperso della Casa d'Israele.

Gesù avrebbe mai potuto convincere i Farisei ed i Rabbini dell'epoca che la sua missione era voluta dall'Alto ? No. Doveva venire qualcuno per cercare di convincerli? Sì. Come è scritto in Malachia (3, 24): "Ed egli riconcilierà i cuori dei padri con i loro figli ed i cuori dei figli con i loro padri; perché io non venga a colpire la terra con un anatema". Quella missione doveva avvenire, coronata o meno da successo, in un modo o in un altro.

Se Gesù, dopo aver lasciato la Scuola degli Esseni, non avesse utilizzato i segreti di Kabalà Maassit ivi appresi, qualcuno gli avrebbe creduto? Certamente no. Fu un peccato il suo? Sì, certamente, perché, così facendo, infranse il giuramento fatto. Ma Gesù, dopo aver fatto dei prodigi in pubblico per mezzo di quei segreti, avrebbe potuto evitare le opinioni false e distorte che sorsero intorno alla sua persona? No. E avrebbe potuto non ricorrere ai segreti di Kabalà Maassit? No, altrimenti, nessuno gli avrebbe creduto. Pertanto, egli vi ricorse per compiere la sua missione. Era necessario che ci fosse qualcuno che gli credesse e lo seguisse; perciò fu costretto a sbagliare. Aveva la libera scelta di non peccare, ma se non avesse peccato non avrebbe potuto compiere la sua missione.

 Dopo che i Dottori della Legge si rifiutarono di riconoscere la sua missione, il credo cristiano che si sviluppò da essa sarebbe stato priva di errori in termini di fede? No. Ciò era impossibile, altrimenti la nuova fede cristiana avrebbe effettivamente sostituito la tradizione ebraica. A quel punto, le profezie riguardanti il popolo ebraico non avrebbero potuto avverarsi...cosa impossibile. Ma, del resto, la rivelazione cristiana doveva diffondersi nel mondo? Sì, certamente, faceva parte del Piano Divino nella storia. Per correggere le distorsioni teologiche di Paolo, abbiamo approfondito il testo dell'Epistola ai Romani per evincere quei pochi punti in cui lo spirito di Paolo rivelò qualche verità interessante, confermata poi nei Segni Redenzionali; "e così tutto Israele sarà salvato, secondo quanto è scritto: 'e il Goel verrà da Sion'" (Romani, 11:26).

Comunque sia, Eva peccò mangiando il frutto proibito, ma dovette farlo perché il Piano Divino lo richiedeva. E così anche Gesù, il messia ebreo figlio di Giuseppe, dovette peccare per realizzare la sua missione mangiando il frutto proibito. Se non lo avesse fatto, il Piano Redenzionale di Dio, nel tempo degli Ultimi Giorni del Giudizio, non avrebbe potuto attuarsi. "Norà alilà al bnei adam".

 

Gnomen 94 - L'Unificazione della Nuova Tradizione della Stella di Betlemme e della Tradizione Ebraica --

(scritto a Houston, Texas, 1991) Non stiamo affatto parlando di un “sincretismo” religioso né tanto meno di un “compromesso” nel Nuovo Patto. Per parlare di “unificazione” tra Cristianesimo ed Ebraismo, bisogna tener conto che il Cristianesimo di cui parliamo ha poco o niente a che fare con il Cristianesimo tradizionale; tutta la teologia cristiana è falsa, per cui ogni concetto del Cristianesimo è stato interpretato falsamente. Come spiegato nel "New Testament Corrected", la base di tutta la falsità cristiana è che i Segni Messianici Iniziali furono interpretati come se fossero stati i Segni Finali.

Dov’è allora l’Unificazione? Si noti che il testo qui specifica “tra la Tradizione della Stella di Betlemme (nota 1) e la Tradizione ebraica”. Ciò significa che la Tradizione messianica, che finora è stata nelle mani cristiane, può ora, attraverso il Patto Nuovo, essere unificata o riunita nello stesso luogo.

 

nota 1: La Stella di Betlemme è la Stella del Pane Messianico e quindi la Stella dell’“Asino Messianico” che mangia il Pane. Questa Stella è la stessa Stella dei Segni o Stella che Stupisce (in precedenza la Stella di Cristo e in precedenza la Stella di Malchitzedek) che rappresenta la Missione Messianica Compiuta. 2000 anni fa il corso di questa Stella diede il via alla Fase Iniziale dei Segni Iniziali. La Stella dei Segni è Universale mentre per l'Ebraismo il Segno di Betlemme è collegato alla Rivelazione Messianica. Ciò riflette anche il doppio tema del Messia ben Yosef e del Messia ben David; per cui è l'unificazione dei Segni di questa Stella che permette, alla fine, di collegare l'Altare di Malchitzedek agli Altari di Giuda e di Efraim nella Nuova Casa di Preghiera. La questione dell'incompletezza di questi Segni 2000 anni fa e successivamente delle false interpretazioni di quei Segni è un'altra cosa. Resta il fatto, tuttavia, che quei “Segni Redenzionali e Messianici Iniziali” erano nelle mani del Cristianesimo, non nelle mani dell'Ebraismo; ciò è dimostrato dalla rivelazione della Stella di Cristo del Primo Segno.

 

Ecco, sento le imprecazioni dei rabbini e degli studiosi ebrei che inveiscono: non è blasfemo dire che la tradizione messianica era nelle mani dei cristiani? Non preghiamo da millenni per la venuta del Mashiah ben David?

È vero, da millenni preghiamo per l'avvento del Messia, ma non sappiamo praticamente nulla della “tradizione messianica” rivelata dalla Stella di Betlemme e soprattutto del Messianismo Universale della Stella di Cristo. Cosa potevamo capire delle lacrime di nostra madre Rachele senza sapere che le pecore si erano smarrite tra i popoli? Così anche non sapevamo della Salvezza di Yeshua che profetizzò: "Io non sono stato mandato se non per salvare le pecore smarrite della casa d'Israele" (Matteo, 15:24).

Con le chiavi della rivelazione cristiana originale presso la Scuola degli Esseni, possiamo affermare con certezza che l'ebraismo tradizionale ha perso il treno messianico 2000 anni fa.

In effetti, non avrebbero potuto farcela. Infatti, tutto ciò che qui spieghiamo riguardo al principio di 'norà alilà al bnei adam' riferito alla missione di Gesù, è valido anche per la controparte ebraica di allora. Gli ebrei avevano la libera scelta di vagliare la missione di Gesù per capirne i contenuti. La situazione dell'ebraismo a quel tempo, però, non consentiva un'apertura mentale per tale indagine. Allo stesso modo in cui Gesù non avrebbe potuto compiere la sua missione se non commettendo peccati, così anche i rabbini di allora non sarebbero stati in grado di mantenere l'equilibrio dell'ebraismo tradizionale, se non avessero apparentemente 'peccato' di fronte alla predicazione di Gesù.

Non c'era a quel tempo sufficiente merito per far sì che le cose andassero diversamente. Ma le particolarità, i meriti, i demeriti, le opinioni e le capacità, erano secondari rispetto al calcolo più elevato del Fattore e Motore della Redenzione Storica. Tutto ciò che accadde allora nel segno dei 2000 anni del ciclo della Stella di Abramo, fu una necessaria preparazione per il tempo della Gheulà Finale, quando quella Stella avrebbe completato la sua grande rotazione di 4000 anni.

In verità, l'unificazione delle due tradizioni è collegata al perfetto equilibrio tra la Stella di Abramo e la Stella di Malchitzedek. La Stella di Abramo rappresenta il grande ciclo storico della Tradizione Ebraica. La Stella di Malchitzedek rappresenta il ciclo di “accompagnamento” del messianesimo universale. Le due rivelazioni messianiche fondamentali sono il messianesimo universale e il messianesimo ebraico. Nei Segni entrambi sono rappresentati dalla Stella di Cristo del Primo Segno e dal Segno dell'Asino, messia figlio di Davide, che mangia il Pane di Betlemme, nel Quarto Segno. Ma la Stella di Betlemme non può stare senza i Segni Universali della Redenzione Finale. Ciò è particolarmente vero per il fatto che le pecore smarrite della Casa d'Israele sono rimaste e, alla fine, salvate da quel messianesimo universale; e se non vengono salvate, non c’è redenzione.

Come la benedizione di Malchitzedek non ha ridotto affatto il livello di Abramo, ma, anzi, lo ha completato per l'umanità, così anche la rivelazione messianica non viene per ridurre la benedizione della tradizione ebraica, ma per diffonderla nel mondo. Non è un compromesso, ma un matrimonio, in cui entrambi i coniugi si realizzano a vicenda, ciascuno, in virtù della propria diversa natura, creando un'unità che altrimenti non si sarebbe realizzata.

Per questo motivo Gesù si paragonò più volte ad uno sposo. Sapeva bene di rappresentare in quel momento il connubio tra l'ebraismo tradizionale e la rivelazione messianica. L'episodio del lavaggio delle mani era simbolico delle due tradizioni che a quel tempo non riuscivano a trovare un linguaggio comune per unirsi in matrimonio.

I discepoli, nell'entusiasmo del momento, vicini a Gesù e desiderosi dei suoi insegnamenti, dimenticarono di eseguire il rituale del lavaggio delle mani prima di prendere il pane. Anche Yeshua non li rimproverò né li richiamò ai dettagli della "netilat yadaim". Fu un momento messianico. La luce della Stella Messianica santificò le loro mani, il pane ed il cibo.

I Dottori della Legge non erano in quella luce e non vedevano alcun motivo per non osservare il rituale. Subito sfruttarono l'occasione per dimostrare che Gesù non insegnava la tradizione ebraica.

L'incompreso Gesù, che aveva mangiato il Pane dei Segni tra gli Esseni, non aveva altra scelta che farli arrabbiare ancora di più con una risposta vera che sicuramente non avrebbero potuto accettare fino alla venuta del Regno. "Non sempre lo sposo si troverà insieme con voi, e quando è presente la gioia è molto grande".

Gesù, tuttavia, non predicava contro la Tradizione. Le sue risposte vanno comprese perché le sue parole erano ben misurate. In un sermone dice: "Fate quello che dicono, ma non fate quello che fanno" (Matteo, 23,23). C'è una prova evidente in queste parole che Gesù non predicava contro gli insegnamenti orali dei rabbini.

Il 'matrimonio' tra la tradizione rabbinica e quella messianica della Stella del Pane racchiudeva una felicità celestiale che in quel momento storico non poteva essere limitata da minuzie. Anche se quella felicità era dovuta a ciò che ne sarebbe derivato infine nella Redenzione Finale, in quel momento si trattava di un "fidanzamento' in vista della vera riunificazione che sarebbe avvenuta. Questo era anche il segno del concepimento prematrimoniale di Gesù. Egli fu lo 'sposo' prima del vero Matrimonio della Redenzione Finale.

Quella missione messianica prematrimoniale aveva uno scopo essenziale nel disegno finale della Redenzione Storica. La Redenzione Finale Storica non sarebbe potuta avvenire se non per i preparativi storici mirati ad unificare la Stella di Abramo con la Stella Messianica.

I Segni del Matrimonio Messianico sono quindi detti cristiani perché rimasero nell'ovile cristiano, mentre l'ebraismo rimase con le promesse profetiche senza possibilità di alcun contatto spirituale con il mondo o con i discendenti di Esaù o con le Dieci Tribù Perdute della casa di Efraim. L'ebraismo rimase senza moglie e il cristianesimo rimase senza marito. La Stella di Abramo portò il suo popolo in esilio. Il Segno della Stella di Betlemme cedette alla Stella di Cristo che iniziò così la sua lunga missione per riunirsi in più nazioni. Tentò di affermare la verità, ma era come donna senza marito. Era incompleta. E cadde anche nel culto di dottrine idolatriche. Come gramigna proliferò e fece proseliti. Era messianica ma non poteva sostenere la pura fede di nostro padre Abramo.

L'ebraismo possedeva le verità delle sante leggi della Torà ma mancava del mazal. Senza la "stella buona dell'universalismo messianico" non poteva portare le sue verità alle nazioni, né poteva farsi amare da esse. Agli occhi del mondo era un miserabile ipocrita, incapace di riconoscere lo splendore dello sposo, pronto solo a fare un gran chiasso per l "netilat yadaim'. Norà alilà al bnei adam.

L'unificazione non è una sintesi o un compromesso, ma l'unione di due specie di luce e di verità che si potenziano a vicenda. Ognuno ha le proprie virtù ma è anche carente di qualcosa e quella mancanza può essere compensata solo dalla virtù altrui. Questo è il valore del vero matrimonio.

Eppure, fino ad ora, il popolo ebraico non ha trovato la moglie di buona sorte, perché non ha riconosciuto la verità dei segni messianici della rivelazione cristiana. Lo scopo principale del Libro di Ester 1 è quello di fornire la conoscenza che finora mancava e di risvegliare il mondo ebraico alla missione salvifica di Gesù, la tragica missione della Stella di Cristo nella sua fase iniziale. Impressionante ed imperscrutabile è il piano divino imposto all'umanità!

Quando si parla di religione il termine “sincretismo” è sicuramente un termine inopportuno. Si pensi, ad esempio, a come varie forme di idolatria pagana siano state introdotte ed adattate nel culto ecclesiale dei santi.

Anche il termine “compromesso” non è auspicabile nelle questioni di fede. La vera fede si basa sui primi Due Comandamenti; nessun compromesso può esistere senza deviare dalla verità.

Allo stesso modo va rifiutato il termine 'sintesi' in riferimento all'unificazione dell'Altare di Malchitzedek e della tradizione ebraica, nella Casa della Redenzione Finale, anche se c'è un incontro di forze nel Nuovo Matrimonio delle due tradizioni.

La “sintesi” potrebbe, in certa misura, deturpare l'ebraismo tradizionale. Ciò sarebbe fuorviante e ovviamente spaventerebbe gli ebrei tradizionalisti legati alla Halachà. Bisogna invece vedere la questione in termini di unificazione degli Altari della Casa della Redenzione Finale. L'unificazione è necessaria per la completezza della Casa di Preghiera, una Casa di Preghiera dedicata ai bisogni spirituali e formativi di tutti i popoli.

Il Patto Nuovo non entra nella Halachà, che è la via della Sinagoga tradizionale. E quella parte della Nuova Legge relativa agli Altari di Giuda e di Efraim non è in alcun modo 'compromessa' dalla Legge Universale dell'Altare di Malchitzedek. La Grande Riforma dell'Ebraismo data dai Segni Completi per gli Altari di Giuda ed Efraim ama l'Universalità dell'Altare di Malchitzedek e riconosce che non può essere completa senza di essa. Anche la missione dell'Ariete Immolato è menzionata su tutti gli Altari, ma si tratta di una verità profetica della Torà. Non è in alcun modo un compromesso.

Infatti la grande forza del Brit ha-Hadashà di Geremia, la forza che lega l'armonia degli Altari della Casa della Redenzione Finale, è la Nuova Legge. Questa Nuova Legge è data dallo stesso Dio che rivelò la Torà sul Sinai. Seguendo questa Nuova Legge è promesso da EHEYE ASHER EHEYE che un ebreo adempie con essa tutto ciò che gli viene comandato dalla Torà.

Tuttavia tensioni profetiche possono essere avvertite anche nella profezia del Patto Nuovo (Geremia 31, 32), che così recita, secondo un ordine preciso: "Questo è il Nuovo Patto che stabilirò' - 'Metterò la Mia legge nel loro intimo e la scriverò sul loro cuore' - 'perché tutti Mi conosceranno dal più piccolo ai più grande"; (ibid. 36): "se quelle leggi vengono a mancare davanti a Me, allora anche la discendenza d'Israele cesserà di esistere al Mio cospetto".

C’è un Patto Nuovo che sostituisce l’Antico che i figli d'Israele di fatto hanno trasgredito. Il Patto Nuovo, tuttavia, sarà mantenuto e amato perché sarà nel loro intimo e scritto sui loro cuori. Eppure il Signore assicura che se le leggi non verranno a mancare davanti a Lui anche Israele non cesserà di esistere.

Nelle "leggi", che alludono alle leggi della Torà, possiamo sentire la tensione tra il Patto Nuovo con la Nuova Legge e l'Antica Legge della Torà; oppure la tensione potrebbe sussistere tra il Patto Nuovo con la sua Nuova Legge e l’esistenza stessa del popolo ebraico.

Questa apparente contraddizione tra il Patto Nuovo (un Patto diverso dall'Antico Patto) e il Patto Antico, è diventata una contraddizione molto reale nel Cristianesimo. Le parole di Gesù "Non sono venuto ad abolire la Torà o i Profeti" e "neppure una virgola o la corona di una lettera" (Matteo 5: 17-18) non avevano assolutamente alcun significato nel cristianesimo tradizionale. In realtà, però, si tratta solo di una contraddizione apparente, di cui bisogna comprenderne le vere proporzioni.

Ma c'è la tensione profetica di un'apparente contraddizione. Se l'Antica Legge rimane così com'è e nulla viene cambiato, allora che senso ha il Patto Nuovo? E se l’Antica Legge non è stata osservata, mentre il Patto Nuovo sarà amato e compreso da tutti ed entrerà nel cuore di ciascuno, si dovrà dedurre che l’Antico Patto cederà il posto alla Nuova Legge e che esiste un grande cambiamento nel modo di riceverlo. Eppure le leggi impartite nel Patto Antico non verranno mai a mancare davanti a Dio. In effetti, il Cristianesimo non è stato in grado di far fronte a questa “contraddizione”. Tuttavia, anche il Cristianesimo non è mai riuscito a uscire dalle parole di Gesù e ha conservato la Bibbia.

Anche noi ovviamente, se non fosse stato per i Segni Completi, non saremmo riusciti a capire l'enigma di questa profezia né di tutte le altre profezie redenzionali e messianiche.

La profezia del Patto Nuovo parla di una rivelazione davvero straordinaria. Non è poco che il Patto Nuovo sarà nell'intimo e nel cuore di ognuno, ma, cosa ancor più rilevante, la conoscenza del Dio Vivente sarà così manifesta che non ci sarà bisogno di insegnarla. Il profeta Geremia ricevette qui la promessa divina di una meravigliosa rivelazione, totalmente nuova, ossia la rivelazione del Nuovo Cuore della Redenzione Finale.

È proprio il futuro meraviglioso e prodigioso Patto Nuovo che risolverà le apparenti contraddizioni, dato che ha il potere miracoloso di rinnovare l’Antica Legge mantenendo allo stesso tempo il Patto Antico; ha il potere di formare la Nuova Legge e di formulare il Nuovo Rito, pur rimanendo entro i confini della Torà e di tutta la Tradizione ebraica.

Sappiamo dalla Tradizione della Santa Torà che le Tavole della Legge su cui erano scritti i Dieci Comandamenti erano miracolose e potevano essere lette da qualsiasi angolazione.

Allo stesso modo, anche la Nuova Legge del Patto Nuovo è un Brit miracoloso che rinnova l'Antico Patto lasciandolo inalterato.

Il Patto Nuovo della Redenzione Finale proviene dall'Alto. Chi potrebbe osare assumersi la responsabilità di dichiarare che invece del tradizionale "Shemà Israel, Adonai Eloheinu, Adonai Ehad", un ebreo possa ora adempiere allo stesso obbligo proclamando l'Unità di Dio con l'espressione "Grazie EL SHADDAI, EL SHADDAI è Grande, EL SHADDAI è Uno? Né questo rito alternativo distoglie gli ebrei che sono abituati al rito tradizionale a loro caro. Né la Casa di Preghiera viene per sostituire la Sinagoga. La Casa della Redenzione Finale viene per coloro che preferiscono usare il Nuovo Rito. Essa realizza e finalizza i vari compiti redenzionali che la Sinagoga tradizionale non è in grado di adempiere. Ci preoccupiamo di coloro che per diversi motivi si trovano più a loro agio nella Casa di Preghiera e preferiscono pregare con il Nuovo Rito della Redenzione Finale.

Così anche tutti i riti e tutte le formule di preghiera, come anche tutte le norme per ogni aspetto della vita (molte delle quali devono ancora essere ricevute, se Dio vuole) ci vengono rivelati nei sogni e attraverso segni che possiamo capire e verificare. Siamo i primi Asini che mangiano il pane del Regno dei Cieli.

Questa è una promessa che viene da Dio Onnipotente. Non l’abbiamo inventata di testa nostra. Infatti il segreto del Brit ha Hadasha di Geremia 31 risiede in questa Nuova Legge dell'Altare di Giuda. Infatti, sebbene la forma sia nuova e le leggi della Torà e della Tradizione Orale siano filtrate attraverso il Patto Nuovo, è Ha Shem stesso, che rivelò la Torà a Mosè e ad Israele sul Sinai, che ci assicura che, seguendo la legge del Patto Nuovo, l'ebreo adempirà comunque a tutti i suoi obblighi.

Né c'è motivo di dubitare di questo principio perché lo si può evincere tramite la comprensione della profezia, che noi abbiamo ricevuto per merito del Goel Haim. E possiamo capire che una simile Nuova Legge è presente nelle parole di Geremia (31, 31 – 36):

"Ecco, i giorni vengono, dice il Signore, che Io farò un Patto Nuovo con la Casa d'Israele e con la casa di Giuda; non come il patto che stabilii con i loro padri il giorno che li presi per mano per farli uscire dal paese di Egitto; patto che essi violarono benché Io fossi il loro marito, dice il Signore; ma questo è il patto che stabilirò con la Casa d'Israele, dopo quei giorni, dice il Signore; Io metterò la Mia legge nell'intimo loro, la scriverò nel loro cuore e Io sarò il loro Dio ed essi saranno il Mio popolo. E non insegneranno più ciascuno il suo compagno e ciascuno il suo fratello, dicendo: "Conoscete l'Eterno!" poiché tutti Mi conosceranno, dal più piccolo al più grande, dice il Signore, poiché Io perdonerò la loro iniquità e non Mi ricorderò più del loro peccato. Così parla il Signore, che ha dato il sole per dare luce al giorno e le leggi alla luna e alle stelle per illuminare la notte, che solleva il mare dando voce alle onde – Colui che ha nome Adonai Tzevaot. Se quelle leggi vengono a mancare davanti a Me, dice il Signore, allora anche la discendenza di Israele cesserà d'essere in perpetuo una nazione al Mio cospetto".

Nessuno dice che la profezia sia semplice da comprendere, perché in effetti sembra contraddirsi; pertanto deve essere analizzata e compresa.

 

Attenzione! Non confondeteci con il movimento ebraico dei Reformed. Noi non stabiliamo nuove leggi di nostra testa (o se talvolta ragioniamo su come dovrebbe essere una certa legge, basiamo il nostro ragionamento su segni ricevuti per poi aspettare conferma dall'Alto). E, cosa più importante, non siamo distaccati dall'ebraismo tradizionale. Noi siamo al di sotto di esso, ma indipendenti, così da poter finalizzare i diversi compiti redenzionali che la Sinagoga Tradizionale non è in grado di realizzare.

Anche la presenza di Sacerdotesse nella Casa della Redenzione Finale non è stata un tentativo da parte nostra di modernizzare la tradizione o rabbonire i movimenti femministi. Ci è stato rivelato e confermato con segni chiari dall'Alto. È voluto da Dio.

La struttura stessa degli Altari della Casa di Preghiera è la prima indicazione di quanto sia meraviglioso il Patto Nuovo. Non abbiamo inventato la Casa della Redenzione Finale. La sua struttura rappresenta i "segreti" del Regno dei Cieli che scendono quando viene rivelato il Patto Nuovo. Seguiamo in modo costante le indicazioni rivaleteci e le riportiamo per ora nei Segni.

Siamo ancora nella fase della sua rivelazione, perché ha uno sviluppo che va seguito da vicino, soprattutto per i primi 12 anni. Sto scrivendo qui nell'ottavo anno e quindi non posso parlare della forma finale. Abbiamo visto uno sviluppo sorprendente della Casa di Preghiera attraverso i Segni e chi era vicino ha potuto vedere cose nuove che prima non esistevano. Non è facile raccontare questo sviluppo. Bisogna seguire (e preparare) resoconti più dettagliati dei sogni e dei segni di questi ultimi sette anni.

Per illustrare tale evoluzione, possiamo parlare di un cambiamento radicale avvenuto tra il sesto ed il settimo anno. Dopo i primi quattro anni, abbiamo ricevuto indicazione che nella Casa di Preghiera (che fino alla fine del 6° anno, cioè fino al cambiamento di cui parliamo, era da noi chiamata Casa di Preghiera per tutte le Nazioni) c'erano 5 Altari: Altare della Sinagoga Universale, Altare della Chiesa Universale, Altare di Malkitzedek, Altare del Sacerdote Unto e Altare del Profeta.

Senza spiegare i dettagli, tra il 6° e il 7° anno abbiamo ricevuto i Segni del “peso morto” che portavamo e dovevamo eliminare, e quindi i Segni del “divorzio” dalla Chiesa Universale.

Alla fine dei 6 anni quella Correzione era praticamente completata, cioè tutti i concetti base che dovevano essere corretti erano scritti e tutti i segni che dovevano essere fatti erano stati fatti. La disposizione della Sinagoga Universale e della Chiesa Universale aveva rappresentato per quei 6 anni il bacio profetico tra Giacobbe ed Esaù. La missione di Gesù in quel primo tragico ruolo messianico era ora compresa sia dagli ebrei che dai cristiani nella Casa di Preghiera per tutte le Nazioni.

Ma dopo la correzione del falso Cristo del Cristianesimo tradizionale, l’essenza della Chiesa Universale nella Casa di Preghiera è diventata obsoleta. Era un peso morto che doveva sparire. La Casa di Preghiera non era una Chiesa Universale di rivelazione cristiana. La Casa di Preghiera era il profetizzato Bet ha-Tefilà di Isaia, la Casa di Preghiera della Redenzione Finale.

In quei 6 anni avevamo ricevuto anche tutti i segni essenziali della salvezza del Gregge Disperso delle dieci Tribù di Israele. Il “segreto” della salvezza di Gesù, il primo messia della casa di Yosef, consisteva nel fatto che le anime delle dieci Tribù perdute erano per lo più nell’ovile cristiano. Esse erano state “salvate” per generazioni grazie alla rivelazione cristiana, ed erano state mantenute vive spiritualmente dalla speranza cristiana. Si tratta dei cristiani che amano Israele ma non sanno di avere radici ebraiche. Essi sono cristiani che amano Dio nei loro cuori e nelle loro azioni a discapito della falsa teologia del loro linguaggio. Molti di loro sono discendenti di Giacobbe, della casa di Efraim. Sono in attesa della loro salvezza che arriva con il secondo avvento della Stella messianica di Cristo tramite la Casa di Preghiera della Redenzione Finale.

Né ciò sminuisce la salvezza profetica di Gesù: “Non sono venuto se non per salvare le pecore smarrite della Casa d’Israele” (Matteo, 24,15). E la redenzione stessa non avrà luogo finché non ci sarà la riunificazione della Casa di Giuda e della Casa d'Israele. Il gregge disperso ritorna alla fine alle origini e grande è la ricompensa per le lacrime di Rachele allorquando i suoi figli, stirpe di Giuseppe, ritorneranno entro i confini da cui erano stati cacciati. Calde sono le lacrime di gioia quando i figli sperduti di Giacobbe riscoprono le loro origini e ritornano al Dio Vivente d'Israele che mai li aveva abbandonati. Grande è il loro amore per la Casa di Preghiera e per la Nuova Rivelazione che completa la loro salvezza.

Ma la Casa di Preghiera non è esclusiva per gli ebrei e le pecore smarrite della Casa d'Israele. La Redenzione Finale appartiene a tutti. Il Dio d’Israele è il Dio di tutta l’umanità che ha detto “perché la Mia casa sarà chiamata Casa di Preghiera per tutte le Nazioni” (Isaia, 56, 7).

L'Altare Universale della Casa di Preghiera è chiamato Altare di Malkitzedek. Qui il vino è santificato e il pane è benedetto nel nome di EL ELYON, Dio nell'Alto. Siamo i figli fortunati del Regno dei Cieli che hanno ricevuto queste benedizioni a beneficio delle Nazioni che desiderano prenderne parte.

L'Altare del Sacerdote Unto è l'Altare della Benedizione Messianica e l'Altare del Profeta è l'Altare sul quale si annunciano le profezie della Quarta Generazione.

Con la notizia del “peso morto” della Chiesa Universale, dopo 6 anni di Segni, la profezia dell’abbraccio e del bacio tra Esaù e Giacobbe si realizzava con la separazione, dopo la quale ciascuno dei due fratelli si avviava per la sua strada.

La scomparsa della Chiesa Universale ci ha indotto a domandarci quale altare dovesse sostituirla. Allo stesso tempo, anche il termine Sinagoga Universale aveva perso significato. Senza la contrapposizione della Chiesa Universale non aveva senso che la Sinagoga della Casa di Preghiera potesse definirsi Universale. Esaminando le finalità degli Altari, ci fu evidente che per tutti i non ebrei che avrebbero voluto aderire alla Casa di Preghiera, l'Altare di Malkitzedek fosse sufficiente, mentre per i nati ebrei e gli ebrei convertiti fosse sufficiente la Sinagoga Universale.

La questione, però, era più complessa, perché uno degli scopi principali della Casa di Preghiera è quello di accogliere le pecore disperse della Casa d'Israele, e poiché esse vi arrivavano attraverso il cristianesimo, c'era un grande divario tra il loro ingresso ed il loro diventare ebrei aderendo alla Sinagoga Universale.

A questo punto abbiamo capito che i veri nomi di questi Altari dovevano rappresentare l'unificazione delle dodici tribù d'Israele. Uno è l'Altare di Giuda che rappresenta i nati ebrei e quelli converiti secondo la Halachà, desiderosi di sottostare alla Nuova Legge del Patto Nuovo della Redenzione Finale. Un altro è l'Altare di Efraim che accoglie i nuovi ebrei delle dieci tribù disperse nell'ovile cristiano; non essendo ancora convertiti (tramite circoncisione-brit milà e bagno rituale- mikveh) sottostanno all'Altare di Malkitzedek. I nuovi convertiti entrano a far parte dell'Altare di Efraim. Anche loro sottostanno alla Nuova Legge per gli ebrei, che però tiene conto del fatto che non hanno alle spalle l'ebraismo tradizionale, per cui sussiste una diversità nella santificazione. Questo è il motivo dei due altari ebraici ma la differenza tra loro scomparirà con la loro meravigliosa riunificazione futura. Grazie EL SHADDAI, EL SHADDAI è Grande, EL SHADDAI è Uno.

 

Sul Gnomen 100 del Sefer Ester 13

 

Dopo aver compreso che Gesù aveva una missione e anche il termine “missione messianica” è nel contesto della storia della Redenzione, domandiamoci allora: qual era il vero nome della sua missione? Gesù fu mandato da Dio oppure agì di testa sua?

Naturalmente, tutti i testi del Libro che Stupisce (Sefer ha-Maflì) trattano queste domande e le risposte non sono così semplici e richiedono una profonda riflessione. Qui intendo discutere alcuni aspetti generali per facilitare la comprensione.

Nei Vangeli cristiani Gesù non dice mai espressamente “Io sono il Messia”. Lo lascia intendere. Lascia che siano gli altri a dirlo. Egli fa dei segni messianici. Parla di profezie messianiche, facendo capire a chi ascolta che alludono alla sua persona. Esprime scopi messianici che fa capire si realizzino in lui. Compie miracoli e li attribuisce al potere messianico. Egli agisce come un sacerdote messianico. Predica come un profeta messianico. Cavalca un asino messianico. Accetta il disprezzo come un re messianico d'Israele ed è disposto a subire il sacrificio e a morire nel martirio messianico.

Eppure, anche nella sua resurrezione messianica, non dice “io sono il Messia”. Perché? Era la sua una strategia messianica, che intendeva stimolare la curiosità nei cuori delle persone? A che pro? Non avrebbe senso. Se hai il potere di guarire i malati, di aprire gli occhi ai ciechi, di sanare i lebbrosi, di moltiplicare i pani, di resuscitare i morti e con tutto questo cerchi persone che seguano la tua missione, cosa potrebbe esserci di più vantaggioso? Non puoi dire chiaramente chi sei e dichiarare apertamente "faccio tutto questo perché sono il Messia"?

Per paura? Non credo proprio. Se Gesù avesse avuto paura, in primo luogo, non avrebbe intrapreso la sua missione. Né si sarebbe sacrificato. Avrebbe potuto facilmente rinunciarvi. Né avrebbe fatto tutti quei prodigi che erano ben più convincenti della sua autoproclamazione di Messia, sia per i Farisei che per i Romani.

Per modestia o umiltà? No, davvero. Gesù parlava di Dio come suo Padre e di se stesso come suo figlio e sebbene non predicasse una dottrina falsa, come avvenne in seguito con la teologia cristiana, così rispondeva ai rabbini dell'epoca: "Non è forse scritto nella Torà "Voi siete figli del Signore, vostro Dio?". Tuttavia, il modo diretto del suo discorso nel dichiarare "Io sono in effetti il figlio del mio Padre che è nei cieli" non era ovviamente considerato da Gesù come immodesto o poco umile, perché faceva parte del suo insegnamento ed era conforme al linguggio della sua missione.

Ma se tu sei il Messia inviato da Dio, non hai forse l'obbligo di dichiararlo apertamente? Mosè nascose forse la sua posizione? O Aharon, o Elia o i profeti d'Israele? Anche l’Asino che mangia il Pane della Redenzione Finale apre la bocca con gioia e dichiara senza peli sulla lingua: “Io sono l’Asino messianico del Regno dei Cieli”. E Peretz con i segni dell’Asino su di lui ha un grande piacere nell’annunciare: “Il mio è il primo Segno Messianico Generale della Quarta Generazione, anche se non sono affatto il Messia”. E in modo piuttosto immodesto proclama: "Guardate, io sono Meshullam, il servitore cieco e sordo di Dio" e poi si mette a quattro zampe e raglia: "Io sono il primo Asino del Goel Haim".

Potrei forse rinunciarvi? Sono fortunato perché mi piace farlo, ma anche se non mi piacesse, non potrei farne a meno. E l'asina di Balaam potè non aprire la bocca e parlare? E qualcuno potrebbe credere e comprendere i miei annunci se non li spiegassi? Tutti hanno problemi e anche a me non mancano, ma non posso negare la verità dei Meravigliosi Segni della Redenzione Finale che annunciano che sono nel Segno del Capo di tutti i Sacerdoti del mondo e Portavoce di Dio per la Redenzione Finale e nel Segno del Sacerdote Unto della Casa di Preghiera e nel segno dell'Asino con Tre occhi e anche nel segno dell'Asino, Mashiah ben David. Potrei negare la verità di questi Segni che sono su di me e rendermi colpevole di nascondere ciò che i Segni proclamano? Qualcuno potrebbe indignarsi; non sarà la prima volta. Qualcuno potrebbe non credermi; questo è il problema. E tuttavia, nello stesso tempo in cui parlo secondo il Segno ricevuto, non sono altro che un rappresentante di Segni, e per quanto basso e indegno io possa essere, devo accettare l'elevazione del Segno, per cui non posso negare il Segno.

Inoltre, nei nostri scritti ci riferiamo a Gesù con non pochi epiteti che sono spesso collegati alla terminologia della sua missione messianica. Così, oltre a riferirci a Gesù come al primo messia o al primo messia della casa di Giuseppe o al primo messia tragico, ecc., a volte lo chiamiamo il primo Peretz della rivelazione messianica che ha abbattuto le barriere della storia precedente o il primo Asino che mangia il Pane o il primo Meshullam e così via, a seconda dell'aspetto della missione messianica che si vuole sottolineare. Cosa ci dà il diritto di farlo?

Un'altra domanda. Abbiamo spiegato a lungo nel Nuovo Testamento Corretto che l'ultima importante profezia di Malachia (3, 24), in vista dell'ultimo versetto "Egli riconcilierà i cuori dei padri con quello dei figli".... "per timore che io venga e colpisca la terra con la distruzione" dà luogo a due distinte missioni messianiche, entrambe nel nome del profeta Elia: una missione tragica di distruzione quando nella terra non ci sono meriti sufficienti e si realizza 'per non venire a colpire' e l'altra, futura, quando avverrà la riconciliazione dei cuori.

La domanda è questa. Possiamo capire bene che la missione della riconciliazione compiuta merita il titolo messianico perché è positiva e risponde alle speranze messianiche redenzionali. Ma è giusto attribuire il termine messianico a quella missione in cui invece di riconciliazione c'è separazione dei cuori, invece di comprensione c'è totale incomprensione e invece di pace c'è guerra e distruzione? E poi ancora, se la seconda è la missione profetica di pace e la prima è la missione profetica di distruzione, per cui possiamo definire entrambe le missioni come messianiche, perché allora il primo messia, che a sua volta definì quella missione come missione di guerra e non di pace, non disse apertamente che lui era il messia?

In realtà, tale profezia, che come quasi tutte le profezie messianiche non utilizza il termine “messia”, è essenziale per stabilire la possibilità di due missioni profetiche nel nome del profeta Elia, di benedetta memoria, che apre l'epoca redenzionale.

L'importanza di questa profezia è nota poiché è quella finale e racchiude in breve ciò che sarà necessario per definire gli scopi della Gheulà Shlemà: 1) "Ricordati della legge di Mosè mio servo", 2) l'annuncio del Giorno del Signore, 3) la riconciliazione dei padri e dei figli.

È significativo che il termine “messia” non venga menzionato. Questo fatto può ora essere compreso con la consapevolezza che il Messia non è il Goel ed è ad un livello a lui inferiore. La profezia parla della venuta del Profeta Elia che è anche il Capo dei Figli dell'Ascesa. Elia è il promesso profeta che annuncia la Redenzione. Non è il Messia. Ciò è importante perché la profezia non menziona le due missioni messianiche ma piuttosto le due missioni profetiche che vengono nel nome di Elia.

Il fatto è che Gesù non poteva dire di essere il Messia perché non poteva dire in onestà di avere il permesso del profeta Elia per fare gli annunci profetici che stava facendo. In realtà, non aveva tale permesso, almeno non in modo diretto. Gesù infatti non fu mandato da Dio per compiere quella missione, né aveva il permesso del Maestro di Giustizia (dall'aldilà), né aveva il permesso di qualche Maestro della Scuola degli Esseni di usare i segreti di Kabalà Ma'assit (compreso Giovanni Battista). La missione di Gesù fu pertanto una missione messianica compiuta senza permesso.

Eppure egli dovette svolgerla. Tutte le forze, le circostanze e i segni intorno a lui lo convinsero a riconoscere che la missione messianica era su di lui. Ma doveva compierla senza permesso, per cui non poteva pronunciare il nome della sua missione. Altrimenti si sarebbe trovato in contraddizione con se stesso e non avrebbe potuto agire.

È per questo che ribadisco il concetto che per spiegare l'aspetto particolare dell'esclusività della missione di Yeshua, bisogna ricordare il principio del "Norà alilà al bnei adam". Proprio per la missione di Gesù vale questo principio, per cui ogni aspetto deve essere valutato secondo questo doppio standard: Dio ti comanda di non mangiare il frutto ma tu, alla fine, sei costretto a mangiarlo perché ciò rientra in un disegno di più vasta portata, quello della redenzione storica dell’umanità.

Tuttavia, dopo averlo spiegato, desideriamo approfondire ancor più il concetto, per trovare, forse, qualche intuizione che alluda all'idea che lo straordinario principio del "norà alilà" potrebbe conformarsi a quella prima missione profetica di distruzione.

Ecco, il Signore stesso, Benedetto sia il Suo Nome in eterno, annuncia che prima del giorno grande e terribile del Signore manderà il profeta Elia per annunciare quel giorno e riconciliare i cuori. Eppure, se la riconciliazione non può avvenire, invece della redenzione, l’ira di Dio si manifesterà con la punizione.

Come mai ora che Dio, davanti al quale il tempo non è un limite e il libero arbitrio degli uomini non è un segreto, manda l'eletto profeta Elia, il promesso profeta della Redenzione, ad annunciare il giorno del Signore e a riconciliare i cuori ? E se poi ciò non avvenisse e la missione fallisse e si trasformasse in una sciagura? Se il Profeta è inviato come messaggero di Dio per annunciare e riconciliare ed egli viene e annuncia e non riesce a riconciliare, perché l’amore di Dio per quel prescelto Profeta della Redenzione Finale non dovrebbe salvarlo da quell’amara impresa? Non sarebbe stato meglio aspettare fino al momento in cui si sarebbero stati meriti sufficienti tra il popolo e poi mandare il Profeta senza quell’amaro “perché io non venga a colpire”?

In altre parole, sembra esserci una sorta di contraddizione nella doppia missione. È possibile che l'eletto Profeta della Redenzione, inviato da Dio per annunciare e riconciliare, fallisca? No, non è possibile, se parliamo di Redenzione Finale. Dato però che la frase si conclude con “perché io non venga” dobbiamo dedurre che c’è una missione collegata al nome di Elia che potrebbe fallire; collegata sì, ma non direttamente, perché una missione che potrebbe fallire non può essere direttamente nel nome del profeta Elia, dal momento che egli è il Profeta inviato da Dio per annunciare e riconciliare; è quindi sussiste un’apparente contraddizione perché il versetto dice “perché io non venga” in riferimento alla sua missione profetica.

Stiamo spiegando una possibile contraddizione alla luce di due missioni, poiché se la prima si realizzasse, ciò porterebbe alla Redenzione Finale e non ci sarebbe bisogno del “perché io non venga”. Se la missione fallisce per mancanza di merito in Israele, purtroppo la seconda parte della profezia si realizzerà mentre la prima parte verrà rinviata ad un tempo futuro in cui sarà sicuramente coronata da successo.

Quindi quella prima missione non soddisfa le “vere” condizioni della profezia stessa perché non riguarda la Redenzione Finale. Mancando così le vere condizioni, essa va riferita ad altri aspetti della missione: non si realizza il ricordo di Mosè e di tutte le leggi che egli diede a Israele, non si realizza l'annuncio del giorno grande e terribile del Signore (perché la pienezza di questo annuncio riguarda la Redenzione Finale) e la riconciliazione dei cuori. La profezia tratta poi il caso in cui la missione fallisse e si avvera il verso “perché io non venga a colpire la terra”. Dobbiamo quindi concludere che anche l'invio da parte di Dio di quella missione che fallisce nella riconciliazione e quella parte della profezia dell'invio del profeta Elia da parte di Ha-Shem ad annunciare e riconciliare sono rimandati ad un'epoca futura della storia. Se fosse stata inviata direttamente nel nome del profeta Elia, avrebbe portato alla Redenzione Finale.

Il piacere di Dio, per così dire, nel portare il mondo alla sua redenzione finale, si è trasformato in collera a causa dell’iniquità di Israele, con la conseguente distruzione del Secondo Tempio e dell’esilio. Se non c'era il merito quella prima missione non poteva essere inviata direttamente, anche se proveniva da Dio ed era collegata al profeta Elia; l'evoluzione degli eventi fu enigmatica e oscura come quella generazione alla quale era destinata. Ma nessuna iniquità dell’uomo può ostacolare la volontà di Dio.

Ora la profezia è pienamente spiegata e può essere compresa in profondità e il lettore può addentrarsi nel Gnomen 100. Ribadiamo il concetto: poiché non c'era merito in quella generazione e nessuna missione da parte di Dio poteva essere inviata direttamente, era necessario che qualcuno, nello zelo del suo sincero amore per la verità, interpretasse la volontà nascosta di Dio e fosse pronto a sacrificarsi pur di portare un po' di luce in quell'epoca oscura e iniqua. Profondo fu il sentimento del primo tragico servitore messianico di Dio. E alla domanda "da dove viene il diritto che abbiamo di utilizzare l'intera gamma della nuova terminologia messianica riguardo alla missione di Gesù ?", rispondiamo che lo abbiamo ricevuto grazie al Segno della Nuova Rivelazione della Seconda Venuta della Stella di Cristo. Questa rivelazione collega quella prima missione messianica ai Segni della Redenzione Finale. Pertanto ogni aspetto dell'attuale Segno dell'Asino che mangia il Pane ha una sua corrispondenza con la missione messianica di Gesù.

 

Sul GNOMEN 101

 

Il gnomen 101 esprime la triste realtà che l'onore divino che il Cristianesimo tradizionale ha dato a Gesù è una prova sufficiente di ciò che stiamo dicendo. Yeshua, è vero, non usò il segreto allo scopo di essere onorato, ma per compiere la sua missione, come spiegato. La forza di quell’azione proibita, tuttavia, fece i suoi danni. Disgraziata è la missione messianica compiuta senza permesso. Ogni azione che Gesù fece o che avrebbe potuto fare era sbagliata e giusta allo stesso tempo.

Desidero qui rivedere nuovamente l'ultima profezia di Malachia per chiarire la profondità che contiene.

 

Malachia 3, 22-24 – "Ricordatevi della legge di Mosè, Mio servo, al quale diedi ordini sull'Oreb per tutto Israele, statuti e prescrizioni. Ecco, Io vi mando il profeta Elia prima che venga il giorno grande e terribile del Signore; ed Egli riporterà il cuore dei padri verso i figli ed il cuore dei figli verso i padri, affinché, venendo, non abbia a colpire il paese con la distruzione".

 

E' risaputo che Malachia fu l'ultimo Profeta e questa fu l'ultima profezia. Si tratta di una delle profezie redenzionali più significative. Vediamo perché:

1) Essendo l'ultima profezia, deve servire allo scopo di unire la profezia redenzionale e messianica alla futura missione redenzionale.

2) Ciò significa che la futura missione redenzionale o messianica deve poter confermare che è la missione promessa da Dio nell’ultima profezia di Malachia.

3) Poiché, in altre profezie, è stato promesso che al momento della Redenzione Finale ci sarà, tra molti altri eventi miracolosi e novità storiche, una riapertura della profezia, ecco che un nuovo spirito scenderà su coloro che riceveranno il Regno dei Cieli, per cui ciò aprirà il mondo a nuove profezie, che saranno collegate alla profezia di Malachia.

4) Come la missione redenzionale deve essere collegata alle parole della profezia, così deve esserci un collegamento con le altre condizioni stabilite da detta profezia.

5) Pertanto qui viene espressa la prima grande condizione: “ricordate la legge di Mosè, Mio servo, al quale diedi ordini sull'Oreb per tutto Israele, statuti e prescrizioni”. La prima condizione di quella missione redenzionale futura è che sarà collegata agli statuti e alle prescrizioni della Torà.

6) La condizione successiva è la promessa di Dio che manderà il profeta prescelto Elia, di benedetta memoria, che aprirà la Redenzione Finale.

7) Ciò significa che la missione redenzionale potrà proclamare di essere, di fatto, sotto il permesso del profeta Elia, essendo, pertanto, una missione voluta dall'Alto, come dichiarato nella profezia. Nel riconoscere il “permesso” del profeta Elia, vengono affermate due condizioni principali:

8) La missione profetica annuncerà il giorno grande e terribile del Signore prima del suo avvento.

9) L'evento redenzionale riconcilierà i cuori dei padri con quelli dei figli.

 

Ovviamente non stiamo spiegando il modo con il quale queste condizioni vengono soddisfatte, poiché ciò è stato spiegato nei nostri scritti sul Patto Nuovo, sui Segni Redenzionali, sui sogni profetici, sulla relazione tra il profeta Elia ed il Goel, Capo del 36 Tzadikim Nascosti. Qui intendiamo comprendere l'essenza della profezia e vedere le connessioni con la missione che anticipa la promessa redenzionale.

Finora tutto va bene e la spiegazione delle condizioni che devono soddisfare la missione redenzionale sembra molto chiara. Ora, però, la profezia fa un brusco dietrofront e non possiamo che rimanere sorpresi. Dopo che siamo stati deliziati ed emozionati dalle meravigliose promesse profetiche della Redenzione Finale, il versetto spegne il nostro entusiasmo con un ammonimento veramente spaventoso "affinché, venendo, non abbia a colpire il paese con la distruzione" (il termine usato è Herem - un anatema di distruzione totale).

È davvero un duro colpo, ma non possiamo scansarlo, perché esso fa parte della profezia. E anche se il “pen" (affinché non) introduce un'eventualità, non si può fuggire dalla realtà storica quando si interpreta la profezia. Il “pen”, purtroppo, sarebbe potuto rimanere un'eventualità se il popolo ebraico fosse rimasto nel paese dopo il ritorno dall’esilio ed il Secondo Tempio fosse rimasto intatto dopo la sua ricostruzione. Dopo la distruzione e l’esilio, però, quasi cinquecento anni dopo l'annuncio della profezia, è più che chiaro a chi crede nella profezia che è il "pen" che si è avverato rispetto alla redenzione promessa.

Ma non possiamo limitarci a dire che l'“affinché non” sia avvenuto e con questo abbiamo spiegato la profezia. Di sicuro la profezia non si realizzerà fino a quando non si saranno avverate le promesse redenzionali in essa contenute. Ci troviamo quindi ad affrontare un dietrofront imprevisto e se siamo usciti dal passo dobbiamo rientrarvi, perché la parola del Signore non balbetta nell'incertezza. Venite dunque voi, ebrei e cristiani e tutti coloro che si considerano esperti nelle Scritture, e ascoltate la vera comprensione che questa profezia fornisce, poiché la parola di Dio non favorisce gli ebrei o i cristiani ma soltanto la verità in sé, per l'amore della Redenzione Finale che Ha Shem ha promesso all'umanità intera.

Una volta arrivati al “pen” ci troviamo di fronte ad un problema scritturale che dev'essere risolto. Per comprenderlo, dobbiamo prima cercare di spiegare la profezia nel modo più semplice riflesso dal suo linguaggio (lo pshat). Poi vedremo che in effetti non è così semplice e arriveremo al problema scritturale a cui alludevamo. Con la spiegazione di questo problema vedremo alla fine che non esiste altra interpretazione possibile che risolva il dilemma da ogni angolazione possibile. Naturalmente non è dovuto ad alcun diploma di saggezza se la nostra spiegazione sostituisce quella tradizionale dei saggi. Ciò è dovuto al fatto che la verità della nostra spiegazione può essere verificata alla luce della Nuova Rivelazione della Redenzione Finale per merito dello Tzadik Haim e alla luce della stupefacente rivelazione del Libro di Ester 1. Ma ora veniamo allo pshat.

La prima parte della profezia dice 4 cose: 1) ricordatevi della legge di Mosè Mio servo ecc. 2) ecco Io mando ecc. 3) annuncia il giorno del Signore (il versetto non dice 'annuncia' ma lo si sottointende dal contesto; perché il profeta Elia viene inviato prima di quel giorno se non per annunciarlo e avvisare il popolo a prepararsi) e 4) per riconciliare vicendevolmente i cuori di padri e figli.

Poi arriva l'“affinché venendo non abbia a colpire la terra” nel caso in cui le condizioni succitate non vengano soddisfatte.

A cosa si riferisce esattamente il “pen”? Deve riferirsi a condizioni che il popolo avrebbe potuto soddisfare ma non lo ha fatto, quindi può riferirsi alla riconciliazione dei cuori e al ricordo di Mosè e della Legge. Non può riferirsi all’invio del profeta Elia o all’annuncio del Giorno del Signore, perché ciò non è nelle mani del popolo ma dipende da Dio soltanto.

Pertanto, a questo punto è possibile interpretare in due modi:

1) Dio mandò il profeta Elia per annunciare il giorno del Signore e per riconciliare i cuori dei padri e dei figli e per istruire il popolo nella Legge di Mosè. Ma il popolo non seguì la via della Legge e non avvenne la riconciliazione e così il Signore, invece della redenzione, mandò la distruzione. Oppure:

2) possibile altra interpretazione - il Signore, in quel tempo volle mandare il profeta Elia ad annunciare il Giorno, a riconciliare e ad istruire, ma poiché il popolo non aveva alcun merito e non procedeva lungo le vie della Torà ed era oltre ogni speranza di riconciliazione, Dio non mandò il profeta Elia.

A questo punto non sappiamo quale delle due interpretazioni sia valida o sia più vicina alla verità. Ma intanto vediamo quale sarebbe la differenza tra loro. Sembrerebbe che se la prima ipotesi fosse vera e il Profeta fosse stato inviato, ciò avrebbe comportato che in quel momento la missione profetica di Elia arrivò sulla terra, ma fallì, e invece della redenzione Dio mandò la distruzione.

Se invece fosse corretta la seconda interpretazione, significherebbe che, a causa del degrado morale di quella generazione, non fu inviata alcuna missione profetica, né annuncio, né riconciliazione, né istruzione.

In entrambi i casi non ci fu merito sufficiente per cui il Signore venne e distrusse il paese ed il Tempio e mandò il popolo in esilio.

Queste due interpretazioni, tuttavia, risolvono lo pshat di “pen”. Spiegano la distruzione, ma non la redenzione. E poiché, come abbiamo già spiegato, quest'ultima profezia di Malachia deve essere pertinente alla Redenzione Promessa, non ne abbiamo ancora completato il semplice significato.

Bisogna concludere per entrambe le ipotesi che la Redenzione Finale promessa, non essendosi realizzata in quel frangente, sia stata rimandata ad un tempo futuro. Con ciò non importa se si dice che la missione profetica è stata mandata ma è fallita o se si dice che avrebbe potuto essere inviata ma ciò non avvenne per mancanza di merito. Ciò che non si può dire è che il verso “affinché venendo non abbia a colpire la terra” abbia revocato per sempre la redenzione finale, Dio non voglia. La missione profetica del profeta Elia che annuncia la Redenzione Finale deve realizzarsi, come tutte le profezie redenzionali e messianiche.

Pertanto anche la semplice interpretazione di questa profezia postula due tempi diversi della missione profetica. Secondo la prima possibile interpretazione la missione profetica fu mandata ma fallì e venne rinviata al tempo della Redenzione Finale. Secondo la seconda possibile interpretazione la missione profetica sarebbe potuta potenzialmente giungere allora, ma per mancanza di merito fu rinviata al momento della Redenzione Finale.

Così abbiamo spiegato lo pshat (l'esegesi semplice), che tuttavia ha la stessa valenza di un esercizio intellettuale che affina la mente o di un cruciverba per passare il tempo, finché non abbiamo tratto conclusioni storiche celate in questa incredibile profezia.

Ora bisogna vedere se le due interpretazioni non siano mancanti. Cominciamo dalla seconda che dice che in verità non è stata mandata alcuna missione profetica. Se così fosse, allora dove c'era un giudizio per verificare che i figli d'Israele non avessero seguito la retta via e non avessero accettato la riconciliazione? Perché non è la via di Dio, Benedetto sia il Suo nome in eterno, giudicare senza una prova tangibile le Sue creature nel mondo.

Dio non sapeva forse che i figli d'Israele non avrebbero ascoltato i Profeti? Non c'è nulla che sia nascosto alla Sua conoscenza, passata, presente e futura. Eppure Egli mandò loro i Profeti per avvertire, ammonire e dare la possibilità di pentirsi dalle loro iniquità. Anche se Ha Shem sapeva che avrebbero scelto il male invece del bene, tuttavia il giudizio doveva giudicare la loro libera scelta, perché la conoscenza dell'Onnipotente non è una conoscenza che impone agli uomini di scegliere in un modo o in un altro, ma di giudicare ciò che il loro libero arbitrio ha scelto. Pertanto ogni giudizio prende in considerazione la libera scelta di ciascuno, anche quando è malvagio e virtualmente al di là della salvezza.

"L'affinché venendo non abbia a colpire la terra" è in diretta contrapposizione alle condizioni della profezia, quindi è più logico concludere che la missione profetica del profeta Elia, di benedetta memoria, fu mandata in quel momento storico e tentò di annunciare, di istruire e di riconciliare, ma tuttavia fallì. Se è così, allora la seconda interpretazione cade e rimaniamo con la prima. Ma anche qui c’è un problema, e non semplice.

Il Profeta Elia è il Profeta eletto della Redenzione Finale che annuncia l'avvento del grande e terribile Giorno del Signore. È possibile che Dio mandi il profeta Elia ad annunciare e riconciliare e ciò fallisca? "Ecco, Io mando il profeta Elia" è una frase profetica del Dio Vivente. Non può essere revocata, né procastinata. Non è come un profeta inviato ad annunciare una promessa di Dio per il futuro. Si tratta della promessa redenzionale di Dio. Non può fallire.

Eppoi non possiamo negare il resto del verso che dichiara inequivocabilmente “affinché venendo”. E quindi siamo costretti a dire che se in quel momento non c'è merito e invece della redenzione si realizza il "non abbia a colpire", ciò significa che non sono state soddisfatte tutte le condizioni precedenti, non il "ricordati della legge di Mosè", né l'invio del Profeta, né l'annuncio del Giorno del Signore, né la riconciliazione dei cuori. Perché se l’invio si fosse avverato, sarebbe venuta di conseguenza anche la Redenzione Finale. Ciò non avvenne 2000 anni fa e avvenne invece la distruzione del Tempio e l’inizio della lunga diaspora di Israele. Dobbiamo quindi abbandonare anche la prima interpretazione.

In effetti, questa stessa profezia dichiara che se stai cercando un’interpretazione semplice (pshat), non la troverai. Bisogna vagliarla più in profondità. Bisogna reinterpretare la sostanza di quel primo invio profetico affinché corrisponda in ogni aspetto alla profezia stessa. Bisogna infatti risolvere l'enorme contraddizione presente nella profezia. Quella prima missione profetica fallì e quindi non realizzò la redenzione. Se fu inviata da Dio doveva sfociare nella redenzione finale ma, in caso contrario, può forse essere chiamata missione profetica?

È la sostanza della profezia che ci fornisce la risposta. Il Signore intendeva realizzare in quel momento la redenzione finale; era, per così dire, disposto a portarla, ma il popolo non era degno di accettarlo. Non era una questione da poco. Il Signore dell'universo era disposto a inviare una meravigliosa rivelazione e una grande salvezza a Israele e al mondo. Tuttavia, a causa dell'iniquità generale, invece della redenzione dovette mandare la distruzione. Eppure il desiderio del Signore non diminuisce e deve alla fine realizzarsi. Potrebbe, tuttavia, nascondersi agli occhi dell’umanità finché Israele non sarà pronto a riceverlo.

Il Signore, anche quando punisce Israele, non viene meno alla Sua promessa. Israele pecca e non è degno di ricevere un bene manifesto; riceve invece un castigo manifesto, ma la volontà nascosta del Dio d'Israele è sempre quella di portarlo alla fine alla sua perfezione. Tutta la Torà e tutti i Profeti lo affermano, lo annunciano e lo spiegano. La storia di Israele è la storia di questo principio.

Del resto, non possiamo nasconderci da questo principio quando ci sforziamo di capire il senso dell'ultima profezia di Malachia. La differenza tra redenzione e punizione è esposta qui con chiarezza. Se Israele avesse meritato, la volontà divina si sarebbe manifestata apertamente nella forma della redenzione. In caso contrario, si sarebbe manifestato il castigo e la volontà redenzionale sarebbe rimasta nascosta.

Questa è la chiave per comprendere questa profezia nei termini di quella prima missione profetica che fallì. Se Israele soddisfacesse le condizioni di ricordare la Legge di Mosè e desiderasse la riconciliazione di padri e figli, allora la promessa di inviare manifestamente il profeta Elia verrebbe realizzata. In caso contrario, riceverebbe la sua punizione e quella prima missione profetica non verrebbe inviata apertamente ma solo in modo nascosto. Il castigo si adeguerebbe alla volontà manifesta e la missione si adeguerebbe alla volontà nascosta di Dio in vista della Redenzione Finale.

sul GNOMEN 103

 

Ovviamente il Cristianesimo tradizionale ha interpretato la profezia come realizzatasi nella missione di Gesù e nella sua susseguente resurrezione. Per i Padri della Chiesa la redenzione finale è arrivata e tocca solo all'umanità accettarla. Nell'Epistola ai Romani di Paolo, capitolo 11, potrebbe esserci una contraddizione, ma il Cristianesimo tradizionale l'ha ignorata. In seguito, la Chiesa ha ipotizzato una seconda venuta di Cristo, ma solo per porre fine alle contraddizioni storiche tra il bene e il male nel mondo. Giovanni Battista divenne così l'Elia della profezia e la dottrina cristiana ha ribadito le cose come stanno. Altrove ho spiegato che l'errore principale del Cristianesimo tradizionale è stato quello di interpretare i segni cristiani come i segni finali quando in realtà erano solo dei segni iniziali. (Tutti gli errori che derivano da tale interpretazione saranno spiegati, a Dio piacendo, nel Nuovo Testamento Corretto. Lo scopo del Libro di Ester 1 è quello di spiegare i Segni Iniziali ricevuti alla Scuola degli Esseni).

Il giudaismo tradizionale non ha fatto di meglio nell’interpretare questa profezia. Non è stato evidentemente in grado di concepire alcuna prima missione (se non in senso vago dei due messia, uno della Casa di Giuseppe che riesce solo parzialmente e dopo di lui uno della Casa di Davide che porta a termine l'opera messianica) . L'ebraismo crede tuttora nell'avvento della Redenzione Finale che sarà inaugurata dal profeta Elia e realizzata dal Mashiah ben David.

Finito di scrivere il martedì 7 novembre 1995: sepoltura di Yitzhak Rabin, la pace sia con lui.