Autore:
Peretz Green.
Traduzione dall'inglese: Davide Levi
Sefer
Yeshuat Yeshua (Il Libro della salvezza di
Gesù)
(26
maggio 2013) Questo testo (scritto nel 1990 e completato nel 1995) ha
principalmente due scopi: 1) fornire un'importante spiegazione alla frase "Norà
alilà al bnei adam" (grandiose/terribili
sono le opere di Dio sull'umanità) riferita sia al fatto che
l'umanità abbia mangiato il frutto proibito sia alla missione messianica
di Gesù; 2) spiegare il senso dell'ultima profezia in Malachia.
GNOMEN 90 (da "Tra
i Segni Iniziali ed i Segni Finali" (Sefer
Ester)) - IL LIBRO DI ESTER RIVELA LE VIE DELLA GIUSTIZIA NEL PIANO DIVINO
DELLA REDENZIONE DELL'UOMO.
LA COMPRENSIONE DEL DISEGNO DIVINO NELLA STORIA FORNISCE
UNA VIA NUOVA PER ELEVARSI NEL TIMORE DEL CIELO SENTENDOSI SOTTO LO SGUARDO DEL
TRIBUNALE SUPERIORE.
SEFER YESHUAT YESHUA – LA SALVEZZA DI GESU'
"Le vie della giustizia nel
Disegno Divino': le vie del Signore sono giuste. Anche gli errori
dell'umanità alla fin fine giustificano la redenzione storica che Dio intendeva
portare fin dal principio. Come spiegato nel Sefer Mishnat Haim, E' pur vero
che Eva ed Adamo peccarono, ma dovettero farlo, altrimenti
non sarebbe nata l'umanità. Tale è il
principio del "norà alilà al bnei adam", grandiosa è
l'Intenzione Divina verso l'umanità.
In realtà non c'è comprensione fino a quando
l'azione sbagliata dell'uomo non venga corretta e il
vantaggio che ne deriva non diventi manifesto.
La vera saggezza consiste nel
riconoscere le contraddizioni che derivano dai limiti dell'uomo, riconoscendo,
allo stesso tempo, la perfezione e l'assoluta coerenza dell'operato divino.
Perché il Signore è al di sopra del
tempo e non ne è limitato. Tuttavia, nei Suoi rapporti
con gli uomini e nelle lezioni, sia personali che storiche, che impartisce
all'umanità, distribuisce i Suoi benefici a seconda dei tempi e delle
limitate capacità dell'uomo.
Adamo ed Eva dovettero mangiare il
frutto perché dovevano peccare, altrimenti i pieni benefici di Dio non
sarebbero mai stati concessi ad un'umanità già redenta. Dio
comandò ad Adamo ed Eva di non mangiare dell'Albero
della conoscenza del bene e del male, per dare loro la possibilità di
disobbedire. Il Serpente doveva essere inviato, per
assicurarsi che quel peccato fosse perpetrato. Il
grande dono divino del libero arbitrio doveva essere usato in modo sbagliato, affinché
alla fine potesse essere riconosciuto, compreso e usato bene.
In ogni fase di quella vicenda
primordiale ci sono delle contraddizioni. Com'è possibile che ad Adamo ed
Eva fu comandato di non mangiare dall'Albero della Conoscenza, così da
poter dimostrare la loro libera scelta a non peccare, se, nello stesso tempo, essi
dovettero peccare per poter così realizzare il disegno divino della redenzione
storica dell'umanità? Impressionante ed
imperscrutabile è il piano divino imposto all'umanità!
Si potrebbero analizzare le cause ed
esaminare il ragionamento dietro ogni effetto, ma qui la contraddizione tra l'avere
o meno il libero arbitrio rimane insondabile, dal momento che è
difficile capirla in termini di logica.
Eppure Adamo ed Eva erano
dotati del libero arbitrio mentre, nello stesso tempo, per una ragione
'superiore', non potevano esimersi dal peccare.
Alcuni hanno cercato di ipotizzare
cosa sarebbe successo se non avessero peccato, ma le loro conclusioni non sono plausibili;
l'uomo doveva comunque acquisire la conoscenza, altrimenti sarebbe rimasto allo
stato puro di angelo e innocente di neonato. Egli non avrebbe mai conosciuto il vantaggio della luce nel suo contrasto con
l'oscurità, ossia non avrebbe mai potuto apprezzare una luce eterna e
costante senza conoscere il suo contrario. Non avrebbe mai
potuto dire "questo è cattivo" o "questo è
buono". Non ci sarebbe stata Torà se Eva non avesse mangiato
il frutto proibito. Impressionante è il piano divino imposto all'umanità!
Ciò significa che dobbiamo giustificare il peccato? Dobbiamo dire che a causa del
"Norà alilà al bnei adam" l'uomo non è
responsabile delle proprie azioni? No, perché
ciò sarebbe contrario alla verità e al concetto stesso di libero
arbitrio.
Veniamo ora al grande avvenimento storico con cui va studiato e applicato il principio 'Impressionante
è il piano divino imposto all'uomo': mi riferisco all'enigmatica e
tragica missione di Yeshua (Gesù) di Nazareth. Anche Gesù
mangiò del frutto proibito di sua iniziativa,
mentre, allo stesso tempo, non poté esimersi dal farlo. La storia
terribile e sorprendente di quel peccato obbligato è la vera essenza del Sefer Yeshuat Yeshua.
Gesù aveva la libera
scelta di rifiutare quella missione? Sì; ma poteva rifiutarla?
No! Tuttavia, se l'avesse accettata e avesse cominciato ad
agire di conseguenza, avrebbe avuto successo? Sì,
ma solo in teoria; in pratica, no, data la situazione dell'epoca. Se Gesù
non fosse uscito dalla Comunità degli Esseni, sarebbe nato
il Cristianesimo? No. Il Cristianesimo doveva nascere?
Sì, altrimenti non sarebbe avvenuta in futuro la salvezza del gregge disperso della Casa d'Israele.
Gesù avrebbe mai potuto convincere i Farisei ed i Rabbini
dell'epoca che la sua missione era voluta dall'Alto ?
No. Doveva venire qualcuno per cercare di convincerli?
Sì. Come è scritto in Malachia (3, 24): "Ed
egli riconcilierà i cuori dei padri con i loro figli ed
i cuori dei figli con i loro padri; perché io non venga a colpire la
terra con un anatema". Quella missione doveva avvenire, coronata o meno da
successo, in un modo o in un altro.
Se Gesù, dopo aver lasciato la Scuola degli Esseni,
non avesse utilizzato i segreti di Kabalà Maassit ivi appresi, qualcuno
gli avrebbe creduto? Certamente no. Fu un peccato il suo? Sì, certamente, perché, così
facendo, infranse il giuramento fatto. Ma Gesù,
dopo aver fatto dei prodigi in pubblico per mezzo di quei segreti, avrebbe
potuto evitare le opinioni false e distorte che sorsero intorno alla sua persona?
No. E avrebbe potuto non ricorrere ai segreti di
Kabalà Maassit? No, altrimenti, nessuno gli
avrebbe creduto. Pertanto, egli vi ricorse per compiere
la sua missione. Era necessario che ci fosse qualcuno che gli
credesse e lo seguisse; perciò fu costretto a sbagliare. Aveva la libera scelta di non peccare, ma se non avesse peccato non
avrebbe potuto compiere la sua missione.
Dopo che i Dottori della Legge si rifiutarono di riconoscere la sua missione, il
credo cristiano che si sviluppò da essa sarebbe stato priva di errori in
termini di fede? No. Ciò era impossibile, altrimenti la nuova fede cristiana avrebbe effettivamente sostituito la tradizione
ebraica. A quel punto, le profezie riguardanti il
popolo ebraico non avrebbero potuto avverarsi...cosa impossibile. Ma, del resto, la rivelazione cristiana doveva diffondersi nel
mondo? Sì, certamente, faceva parte del Piano
Divino nella storia. Per correggere le distorsioni teologiche di Paolo, abbiamo
approfondito il testo dell'Epistola ai Romani per evincere
quei pochi punti in cui lo spirito di Paolo rivelò qualche verità
interessante, confermata poi nei Segni Redenzionali; "e così tutto
Israele sarà salvato, secondo quanto è scritto: 'e il Goel
verrà da Sion'" (Romani, 11:26).
Comunque sia, Eva peccò
mangiando il frutto proibito, ma dovette farlo perché il Piano Divino lo
richiedeva. E così anche Gesù, il messia
ebreo figlio di Giuseppe, dovette peccare per realizzare la sua missione
mangiando il frutto proibito. Se non lo avesse fatto, il
Piano Redenzionale di Dio, nel tempo degli Ultimi Giorni del Giudizio, non
avrebbe potuto attuarsi. "Norà alilà al bnei adam".
Gnomen 94 - L'Unificazione
della Nuova Tradizione della Stella di Betlemme e
della Tradizione Ebraica --
(scritto
a Houston, Texas, 1991) Non stiamo affatto parlando di un
“sincretismo” religioso né tanto meno di un “compromesso” nel Nuovo
Patto. Per parlare di “unificazione” tra Cristianesimo ed
Ebraismo, bisogna tener conto che il Cristianesimo di cui parliamo ha poco o
niente a che fare con il Cristianesimo tradizionale; tutta la teologia
cristiana è falsa, per cui ogni concetto del Cristianesimo è
stato interpretato falsamente. Come spiegato nel "New Testament Corrected",
la base di tutta la falsità cristiana è
che i Segni Messianici Iniziali furono interpretati come se fossero stati i
Segni Finali.
Dov’è
allora l’Unificazione? Si noti che il testo qui specifica “tra la Tradizione
della Stella di Betlemme (nota 1) e la Tradizione ebraica”. Ciò
significa che la Tradizione messianica, che finora è stata nelle mani cristiane, può ora, attraverso il Patto Nuovo,
essere unificata o riunita nello stesso luogo.
nota 1: La Stella di Betlemme
è la Stella del Pane Messianico e quindi la Stella dell’“Asino
Messianico” che mangia il Pane. Questa Stella è la
stessa Stella dei Segni o Stella che Stupisce (in precedenza la Stella di
Cristo e in precedenza la Stella di Malchitzedek) che rappresenta la Missione
Messianica Compiuta. 2000 anni fa il corso di
questa Stella diede il via alla Fase Iniziale dei Segni Iniziali. La Stella dei
Segni è Universale mentre per l'Ebraismo il
Segno di Betlemme è collegato alla Rivelazione Messianica. Ciò
riflette anche il doppio tema del Messia ben Yosef e
del Messia ben David; per cui è l'unificazione dei Segni di questa
Stella che permette, alla fine, di collegare l'Altare di Malchitzedek agli
Altari di Giuda e di Efraim nella Nuova Casa di Preghiera. La questione
dell'incompletezza di questi Segni 2000 anni fa e successivamente delle false
interpretazioni di quei Segni è un'altra cosa. Resta il
fatto, tuttavia, che quei “Segni Redenzionali e Messianici Iniziali” erano
nelle mani del Cristianesimo, non nelle mani dell'Ebraismo; ciò è
dimostrato dalla rivelazione della Stella di Cristo del Primo Segno.
Ecco, sento le imprecazioni dei rabbini e degli studiosi
ebrei che inveiscono: non è blasfemo dire che la tradizione messianica
era nelle mani dei cristiani? Non preghiamo da
millenni per la venuta del Mashiah ben David?
È vero, da millenni preghiamo per l'avvento del
Messia, ma non sappiamo praticamente nulla della “tradizione messianica”
rivelata dalla Stella di Betlemme e soprattutto del Messianismo Universale
della Stella di Cristo. Cosa potevamo capire delle lacrime di
nostra madre Rachele senza sapere che le pecore si erano smarrite tra i popoli?
Così anche non sapevamo della Salvezza di
Yeshua che profetizzò: "Io non sono stato mandato se non per
salvare le pecore smarrite della casa d'Israele" (Matteo, 15:24).
Con le chiavi della rivelazione
cristiana originale presso la Scuola degli Esseni, possiamo affermare con
certezza che l'ebraismo tradizionale ha perso il treno messianico 2000 anni fa.
In effetti, non avrebbero
potuto farcela. Infatti,
tutto ciò che qui spieghiamo riguardo al principio di 'norà alilà
al bnei adam' riferito alla missione di Gesù,
è valido anche per la controparte ebraica di allora. Gli
ebrei avevano la libera scelta di vagliare la missione di Gesù per
capirne i contenuti. La situazione dell'ebraismo a quel tempo,
però, non consentiva un'apertura mentale per tale indagine. Allo stesso modo in cui Gesù non avrebbe potuto compiere la
sua missione se non commettendo peccati, così anche i rabbini di allora
non sarebbero stati in grado di mantenere l'equilibrio dell'ebraismo
tradizionale, se non avessero apparentemente 'peccato' di fronte alla
predicazione di Gesù.
Non c'era a quel tempo sufficiente
merito per far sì che le cose andassero diversamente. Ma le particolarità, i meriti, i demeriti, le opinioni
e le capacità, erano secondari rispetto al calcolo più elevato del Fattore e Motore della Redenzione Storica. Tutto
ciò che accadde allora nel segno dei 2000 anni del
ciclo della Stella di Abramo, fu una necessaria preparazione per il tempo della
Gheulà Finale, quando quella Stella avrebbe completato la sua grande
rotazione di 4000 anni.
In verità,
l'unificazione delle due tradizioni è collegata al perfetto equilibrio
tra la Stella di Abramo e la Stella di Malchitzedek. La Stella di Abramo rappresenta il
grande ciclo storico della Tradizione Ebraica. La Stella di Malchitzedek
rappresenta il ciclo di “accompagnamento” del messianesimo
universale. Le due rivelazioni messianiche fondamentali sono il
messianesimo universale e il messianesimo ebraico. Nei Segni entrambi sono
rappresentati dalla Stella di Cristo del Primo Segno e
dal Segno dell'Asino, messia figlio di Davide, che mangia il Pane di Betlemme, nel
Quarto Segno. Ma la Stella di Betlemme non può stare
senza i Segni Universali della Redenzione Finale. Ciò è
particolarmente vero per il fatto che le pecore
smarrite della Casa d'Israele sono rimaste e, alla fine, salvate da quel
messianesimo universale; e se non vengono salvate, non c’è redenzione.
Come la benedizione di Malchitzedek non ha ridotto affatto il livello di Abramo, ma, anzi, lo ha completato per l'umanità,
così anche la rivelazione messianica non viene per ridurre la benedizione
della tradizione ebraica, ma per diffonderla nel mondo. Non è un compromesso, ma un matrimonio, in cui entrambi i coniugi
si realizzano a vicenda, ciascuno, in virtù della propria diversa
natura, creando un'unità che altrimenti non si sarebbe realizzata.
Per questo motivo Gesù
si paragonò più volte ad uno sposo. Sapeva bene di rappresentare in quel momento il connubio tra l'ebraismo tradizionale e la rivelazione
messianica. L'episodio del lavaggio delle mani era
simbolico delle due tradizioni che a quel tempo non riuscivano a trovare un
linguaggio comune per unirsi in matrimonio.
I discepoli, nell'entusiasmo del
momento, vicini a Gesù e desiderosi dei suoi insegnamenti, dimenticarono
di eseguire il rituale del lavaggio delle mani prima di prendere il pane. Anche
Yeshua non li rimproverò né li richiamò ai dettagli della "netilat yadaim". Fu un
momento messianico. La luce della Stella Messianica
santificò le loro mani, il pane ed il cibo.
I Dottori della Legge non erano in
quella luce e non vedevano alcun motivo per non osservare il rituale. Subito sfruttarono l'occasione per dimostrare che Gesù non
insegnava la tradizione ebraica.
L'incompreso Gesù, che aveva mangiato il Pane dei Segni tra gli Esseni, non aveva altra scelta che
farli arrabbiare ancora di più con una risposta vera che sicuramente non
avrebbero potuto accettare fino alla venuta del Regno. "Non
sempre lo sposo si troverà insieme con voi, e quando è presente
la gioia è molto grande".
Gesù, tuttavia, non predicava
contro la Tradizione. Le sue
risposte vanno comprese perché le sue parole erano ben misurate. In un sermone
dice: "Fate quello che dicono, ma non fate quello che fanno" (Matteo,
23,23). C'è una prova
evidente in queste parole che Gesù non predicava contro gli insegnamenti
orali dei rabbini.
Il 'matrimonio' tra la tradizione rabbinica e quella
messianica della Stella del Pane racchiudeva una felicità celestiale che
in quel momento storico non poteva essere limitata da minuzie. Anche se quella
felicità era dovuta a ciò che ne sarebbe derivato infine nella
Redenzione Finale, in quel momento si trattava di un "fidanzamento'
in vista della vera riunificazione che sarebbe avvenuta. Questo era anche il segno del concepimento prematrimoniale di Gesù.
Egli fu lo 'sposo' prima del vero Matrimonio della
Redenzione Finale.
Quella missione messianica prematrimoniale aveva uno scopo
essenziale nel disegno finale della Redenzione
Storica. La Redenzione Finale Storica non sarebbe potuta avvenire se non per i
preparativi storici mirati ad unificare la Stella di Abramo con la Stella
Messianica.
I Segni del Matrimonio Messianico
sono quindi detti cristiani perché rimasero nell'ovile cristiano, mentre
l'ebraismo rimase con le promesse profetiche senza possibilità di alcun
contatto spirituale con il mondo o con i discendenti di Esaù o con le
Dieci Tribù Perdute della casa di Efraim. L'ebraismo rimase senza moglie
e il cristianesimo rimase senza marito. La Stella di
Abramo portò il suo popolo in esilio. Il Segno della Stella di Betlemme cedette alla Stella di Cristo che
iniziò così la sua lunga missione per riunirsi in più
nazioni. Tentò di affermare la verità, ma era come donna senza marito. Era incompleta.
E cadde anche nel culto di dottrine idolatriche. Come gramigna
proliferò e fece proseliti. Era messianica ma non
poteva sostenere la pura fede di nostro padre Abramo.
L'ebraismo possedeva le verità delle sante leggi della Torà ma mancava del mazal. Senza la "stella
buona dell'universalismo messianico" non poteva portare le sue
verità alle nazioni, né poteva farsi
amare da esse. Agli occhi del mondo era un miserabile
ipocrita, incapace di riconoscere lo splendore dello sposo, pronto solo a fare
un gran chiasso per l "netilat yadaim'. Norà alilà al bnei adam.
L'unificazione non è una sintesi o un compromesso, ma l'unione di due specie di luce e di
verità che si potenziano a vicenda. Ognuno ha le proprie virtù ma
è anche carente di qualcosa e quella mancanza può essere
compensata solo dalla virtù altrui. Questo è il
valore del vero matrimonio.
Eppure, fino ad ora, il popolo
ebraico non ha trovato la moglie di buona sorte, perché non ha riconosciuto
la verità dei segni messianici della rivelazione cristiana. Lo scopo
principale del Libro di Ester 1 è quello di
fornire la conoscenza che finora mancava e di risvegliare il mondo ebraico alla
missione salvifica di Gesù, la tragica missione della Stella di Cristo
nella sua fase iniziale. Impressionante ed
imperscrutabile è il piano divino imposto all'umanità!
Quando si parla di religione il
termine “sincretismo” è sicuramente un termine inopportuno. Si pensi, ad
esempio, a come varie forme di idolatria pagana siano state introdotte ed adattate nel culto ecclesiale dei santi.
Anche il termine “compromesso” non
è auspicabile nelle questioni di fede. La vera
fede si basa sui primi Due Comandamenti; nessun compromesso può esistere
senza deviare dalla verità.
Allo stesso modo va rifiutato il
termine 'sintesi' in riferimento all'unificazione dell'Altare di Malchitzedek e
della tradizione ebraica, nella Casa della Redenzione Finale, anche se
c'è un incontro di forze nel Nuovo Matrimonio delle due tradizioni.
La “sintesi” potrebbe, in certa misura, deturpare l'ebraismo
tradizionale. Ciò sarebbe fuorviante e ovviamente
spaventerebbe gli ebrei tradizionalisti legati alla Halachà.
Bisogna invece vedere la questione in termini di unificazione degli Altari della Casa della Redenzione Finale. L'unificazione è
necessaria per la completezza della Casa di Preghiera,
una Casa di Preghiera dedicata ai bisogni spirituali e formativi di tutti i
popoli.
Il Patto Nuovo non entra nella Halachà, che è
la via della Sinagoga tradizionale. E quella parte della Nuova Legge relativa agli Altari di Giuda e di Efraim
non è in alcun modo 'compromessa' dalla Legge Universale dell'Altare di
Malchitzedek. La Grande Riforma dell'Ebraismo data dai
Segni Completi per gli Altari di Giuda ed Efraim ama l'Universalità
dell'Altare di Malchitzedek e riconosce che non può essere completa
senza di essa. Anche la missione dell'Ariete Immolato è menzionata su
tutti gli Altari, ma si tratta di una verità profetica della Torà. Non è in alcun modo un compromesso.
Infatti la grande forza del Brit
ha-Hadashà di Geremia, la forza che lega l'armonia degli Altari della
Casa della Redenzione Finale, è la Nuova Legge. Questa
Nuova Legge è data dallo stesso Dio che rivelò la Torà sul
Sinai. Seguendo questa Nuova Legge è promesso da EHEYE ASHER EHEYE
che un ebreo adempie con essa tutto ciò che gli
viene comandato dalla Torà.
Tuttavia tensioni profetiche possono essere avvertite anche
nella profezia del Patto Nuovo (Geremia 31, 32), che così recita,
secondo un ordine preciso: "Questo è il Nuovo Patto che stabilirò'
- 'Metterò la Mia legge nel loro intimo e la scriverò sul loro
cuore' - 'perché tutti Mi conosceranno dal più piccolo ai
più grande"; (ibid. 36): "se quelle leggi vengono a mancare davanti
a Me, allora anche la discendenza d'Israele cesserà di esistere al Mio
cospetto".
C’è un Patto Nuovo che
sostituisce l’Antico che i figli d'Israele di fatto hanno trasgredito. Il Patto
Nuovo, tuttavia, sarà mantenuto e amato perché sarà nel
loro intimo e scritto sui loro cuori. Eppure il Signore assicura che se le leggi non verranno a mancare davanti
a Lui anche Israele non cesserà di esistere.
Nelle "leggi", che alludono alle leggi della Torà, possiamo sentire la tensione tra il Patto
Nuovo con la Nuova Legge e l'Antica Legge della Torà; oppure la tensione
potrebbe sussistere tra il Patto Nuovo con la sua Nuova Legge e l’esistenza
stessa del popolo ebraico.
Questa apparente contraddizione tra il
Patto Nuovo (un Patto diverso dall'Antico Patto) e il Patto Antico, è
diventata una contraddizione molto reale nel Cristianesimo. Le parole di Gesù
"Non sono venuto ad abolire la Torà o i Profeti" e "neppure
una virgola o la corona di una lettera" (Matteo 5: 17-18) non avevano
assolutamente alcun significato nel cristianesimo tradizionale. In
realtà, però, si tratta solo di una contraddizione apparente, di
cui bisogna comprenderne le vere proporzioni.
Ma c'è la tensione
profetica di un'apparente contraddizione. Se l'Antica Legge rimane così com'è e nulla
viene cambiato, allora che senso ha il Patto Nuovo? E
se l’Antica Legge non è stata osservata, mentre il
Patto Nuovo sarà amato e compreso da tutti ed entrerà nel cuore
di ciascuno, si dovrà dedurre che l’Antico Patto cederà il posto
alla Nuova Legge e che esiste un grande cambiamento nel modo di riceverlo. Eppure le leggi impartite nel Patto Antico non verranno mai a
mancare davanti a Dio. In effetti, il Cristianesimo
non è stato in grado di far fronte a questa “contraddizione”. Tuttavia,
anche il Cristianesimo non è mai riuscito a
uscire dalle parole di Gesù e ha conservato la Bibbia.
Anche noi ovviamente, se non
fosse stato per i Segni Completi, non saremmo riusciti a capire l'enigma di
questa profezia né di tutte le altre profezie redenzionali e
messianiche.
La profezia del Patto Nuovo parla
di una rivelazione davvero straordinaria. Non è poco che il Patto Nuovo sarà nell'intimo e nel cuore di
ognuno, ma, cosa ancor più rilevante, la conoscenza del Dio Vivente
sarà così manifesta che non ci sarà bisogno di insegnarla.
Il profeta Geremia ricevette qui la promessa divina di
una meravigliosa rivelazione, totalmente nuova, ossia la rivelazione del Nuovo
Cuore della Redenzione Finale.
È proprio il futuro meraviglioso
e prodigioso Patto Nuovo che risolverà le apparenti contraddizioni, dato
che ha il potere miracoloso di rinnovare l’Antica Legge mantenendo allo stesso
tempo il Patto Antico; ha il potere di formare la Nuova Legge e di formulare il
Nuovo Rito, pur rimanendo entro i confini della Torà e di tutta la Tradizione
ebraica.
Sappiamo dalla Tradizione della Santa
Torà che le Tavole della Legge su cui erano scritti i Dieci Comandamenti
erano miracolose e potevano essere lette da qualsiasi angolazione.
Allo stesso modo, anche la Nuova Legge del
Patto Nuovo è un Brit miracoloso che rinnova l'Antico Patto lasciandolo
inalterato.
Il Patto Nuovo della Redenzione
Finale proviene dall'Alto. Chi potrebbe
osare assumersi la responsabilità di dichiarare che invece del
tradizionale "Shemà Israel, Adonai Eloheinu, Adonai Ehad", un
ebreo possa ora adempiere allo stesso obbligo proclamando l'Unità di Dio
con l'espressione "Grazie EL SHADDAI, EL SHADDAI è Grande, EL
SHADDAI è Uno? Né questo rito alternativo
distoglie gli ebrei che sono abituati al rito tradizionale a loro caro. Né la Casa di Preghiera viene per sostituire la Sinagoga.
La Casa della Redenzione Finale viene per coloro che
preferiscono usare il Nuovo Rito. Essa realizza e finalizza i
vari compiti redenzionali che la Sinagoga tradizionale non è in grado di
adempiere. Ci preoccupiamo di coloro che per diversi motivi si trovano
più a loro agio nella Casa di Preghiera e preferiscono pregare con il Nuovo Rito della Redenzione Finale.
Così anche tutti i riti e tutte le formule di
preghiera, come anche tutte le norme per ogni aspetto della
vita (molte delle quali devono ancora essere ricevute, se Dio vuole) ci vengono
rivelati nei sogni e attraverso segni che possiamo capire e verificare. Siamo i
primi Asini che mangiano il pane del Regno dei Cieli.
Questa è una promessa
che viene da Dio Onnipotente. Non l’abbiamo inventata di testa nostra. Infatti il segreto del Brit ha Hadasha di Geremia 31 risiede in
questa Nuova Legge dell'Altare di Giuda. Infatti, sebbene la forma sia nuova e
le leggi della Torà e della Tradizione Orale
siano filtrate attraverso il Patto Nuovo, è Ha Shem stesso, che
rivelò la Torà a Mosè e ad Israele sul Sinai, che ci
assicura che, seguendo la legge del Patto Nuovo, l'ebreo adempirà comunque
a tutti i suoi obblighi.
Né c'è motivo di dubitare di questo principio
perché lo si può evincere tramite la comprensione della profezia, che noi abbiamo ricevuto per merito del Goel
Haim. E possiamo capire che una simile Nuova Legge è presente nelle
parole di Geremia (31, 31 – 36):
"Ecco, i giorni vengono, dice il
Signore, che Io farò un Patto Nuovo con la Casa d'Israele e con la casa
di Giuda; non come il patto che stabilii con i loro padri il giorno che li
presi per mano per farli uscire dal paese di Egitto; patto che essi violarono
benché Io fossi il loro marito, dice il Signore; ma questo è il
patto che stabilirò con la Casa d'Israele, dopo quei giorni, dice il
Signore; Io metterò la Mia legge nell'intimo loro, la scriverò nel
loro cuore e Io sarò il loro Dio ed essi saranno il Mio popolo. E non
insegneranno più ciascuno il suo compagno e ciascuno
il suo fratello, dicendo: "Conoscete l'Eterno!" poiché
tutti Mi conosceranno, dal più piccolo al più grande, dice il
Signore, poiché Io perdonerò la loro iniquità e non Mi
ricorderò più del loro peccato. Così parla il Signore, che ha dato il sole per dare luce al giorno e le leggi
alla luna e alle stelle per illuminare la notte, che solleva il mare dando
voce alle onde – Colui che ha nome Adonai Tzevaot. Se quelle leggi vengono a
mancare davanti a Me, dice il Signore, allora anche la
discendenza di Israele cesserà d'essere in perpetuo una nazione al Mio
cospetto".
Nessuno dice che la profezia
sia semplice da comprendere, perché in effetti sembra contraddirsi;
pertanto deve essere analizzata e compresa.
Attenzione! Non confondeteci con il
movimento ebraico dei Reformed. Noi non stabiliamo nuove leggi di nostra testa
(o se talvolta ragioniamo su come dovrebbe essere una certa legge, basiamo il nostro ragionamento su segni ricevuti per poi aspettare
conferma dall'Alto). E, cosa più importante, non siamo
distaccati dall'ebraismo tradizionale. Noi siamo al di
sotto di esso, ma indipendenti, così da poter finalizzare i diversi
compiti redenzionali che la Sinagoga Tradizionale non è in grado di realizzare.
Anche la presenza di Sacerdotesse nella Casa della Redenzione Finale non è stata un tentativo da
parte nostra di modernizzare la tradizione o rabbonire i movimenti femministi.
Ci è stato rivelato e confermato con segni chiari dall'Alto. È voluto da Dio.
La struttura stessa degli Altari della
Casa di Preghiera è la prima indicazione di quanto sia meraviglioso il
Patto Nuovo. Non abbiamo inventato la Casa della
Redenzione Finale. La sua struttura rappresenta i "segreti" del Regno dei Cieli che scendono quando viene rivelato il Patto
Nuovo. Seguiamo in modo costante le indicazioni rivaleteci e
le riportiamo per ora nei Segni.
Siamo ancora nella fase della sua
rivelazione, perché ha uno sviluppo che va seguito da vicino,
soprattutto per i primi 12 anni. Sto scrivendo qui nell'ottavo anno e quindi
non posso parlare della forma finale. Abbiamo visto
uno sviluppo sorprendente della Casa di Preghiera
attraverso i Segni e chi era vicino ha potuto vedere cose nuove che prima non
esistevano. Non è facile raccontare questo sviluppo.
Bisogna seguire (e preparare) resoconti più
dettagliati dei sogni e dei segni di questi ultimi sette anni.
Per illustrare tale evoluzione, possiamo parlare di un cambiamento radicale avvenuto tra il sesto ed il settimo
anno. Dopo i primi quattro anni, abbiamo ricevuto indicazione che nella Casa di
Preghiera (che fino alla fine del 6° anno, cioè fino al cambiamento di
cui parliamo, era da noi chiamata Casa di Preghiera per tutte le Nazioni)
c'erano 5 Altari: Altare della Sinagoga Universale, Altare della Chiesa
Universale, Altare di Malkitzedek, Altare del Sacerdote Unto e Altare del
Profeta.
Senza spiegare i dettagli, tra il
6° e il 7° anno abbiamo ricevuto i Segni del “peso morto” che portavamo e
dovevamo eliminare, e quindi i Segni del “divorzio” dalla Chiesa Universale.
Alla fine dei 6 anni quella Correzione era praticamente
completata, cioè tutti i concetti base che dovevano essere corretti
erano scritti e tutti i segni che dovevano essere fatti erano stati fatti. La
disposizione della Sinagoga Universale e della Chiesa
Universale aveva rappresentato per quei 6 anni il bacio profetico tra Giacobbe
ed Esaù. La missione di Gesù in quel primo tragico ruolo
messianico era ora compresa sia dagli ebrei che dai
cristiani nella Casa di Preghiera per tutte le Nazioni.
Ma dopo la correzione del falso
Cristo del Cristianesimo tradizionale, l’essenza della Chiesa Universale nella
Casa di Preghiera è diventata obsoleta. Era un
peso morto che doveva sparire. La Casa di Preghiera non era una Chiesa Universale
di rivelazione cristiana. La Casa di Preghiera era il profetizzato Bet ha-Tefilà di Isaia, la Casa di
Preghiera della Redenzione Finale.
In quei 6 anni avevamo ricevuto anche tutti i segni
essenziali della salvezza del Gregge Disperso delle
dieci Tribù di Israele. Il “segreto” della
salvezza di Gesù, il primo messia della casa di Yosef, consisteva nel
fatto che le anime delle dieci Tribù perdute erano per lo più
nell’ovile cristiano. Esse erano state “salvate” per generazioni grazie alla
rivelazione cristiana, ed erano state mantenute vive
spiritualmente dalla speranza cristiana. Si tratta dei
cristiani che amano Israele ma non sanno di avere radici ebraiche. Essi
sono cristiani che amano Dio nei loro cuori e nelle loro azioni a discapito della falsa teologia del loro linguaggio. Molti di loro sono
discendenti di Giacobbe, della casa di Efraim. Sono in
attesa della loro salvezza che arriva con il secondo
avvento della Stella messianica di Cristo tramite la Casa di Preghiera della
Redenzione Finale.
Né ciò sminuisce la salvezza profetica di Gesù:
“Non sono venuto se non per salvare le pecore smarrite della Casa d’Israele”
(Matteo, 24,15). E la redenzione stessa non
avrà luogo finché non ci sarà la riunificazione della Casa di Giuda e della Casa d'Israele. Il gregge disperso ritorna alla fine alle origini e grande
è la ricompensa per le lacrime di Rachele allorquando i suoi figli, stirpe
di Giuseppe, ritorneranno entro i confini da cui erano stati cacciati. Calde sono le lacrime di gioia quando i figli sperduti di Giacobbe
riscoprono le loro origini e ritornano al Dio Vivente d'Israele che mai li
aveva abbandonati. Grande è il loro
amore per la Casa di Preghiera e per la Nuova Rivelazione che completa la loro
salvezza.
Ma la Casa di Preghiera non è esclusiva per gli
ebrei e le pecore smarrite della Casa d'Israele. La
Redenzione Finale appartiene a tutti. Il Dio d’Israele è il Dio di tutta l’umanità che ha detto “perché
la Mia casa sarà chiamata Casa di Preghiera per tutte le Nazioni” (Isaia,
56, 7).
L'Altare Universale della Casa di
Preghiera è chiamato Altare di Malkitzedek. Qui il
vino è santificato e il pane è benedetto nel nome di EL ELYON,
Dio nell'Alto. Siamo i figli fortunati del Regno dei
Cieli che hanno ricevuto queste benedizioni a beneficio delle Nazioni che
desiderano prenderne parte.
L'Altare del Sacerdote Unto
è l'Altare della Benedizione Messianica e l'Altare del Profeta è
l'Altare sul quale si annunciano le profezie della Quarta Generazione.
Con la notizia del “peso morto” della Chiesa Universale,
dopo 6 anni di Segni, la profezia dell’abbraccio e del bacio tra Esaù e
Giacobbe si realizzava con la separazione, dopo la quale ciascuno dei due
fratelli si avviava per la sua strada.
La scomparsa della Chiesa Universale
ci ha indotto a domandarci quale altare dovesse sostituirla. Allo stesso tempo,
anche il termine Sinagoga Universale aveva perso significato.
Senza la contrapposizione della Chiesa Universale non aveva
senso che la Sinagoga della Casa di Preghiera potesse definirsi Universale. Esaminando le finalità degli Altari, ci fu evidente che per
tutti i non ebrei che avrebbero voluto aderire alla Casa di Preghiera, l'Altare
di Malkitzedek fosse sufficiente, mentre per i nati ebrei e gli ebrei
convertiti fosse sufficiente la Sinagoga Universale.
La questione, però, era più complessa,
perché uno degli scopi principali della Casa di Preghiera è
quello di accogliere le pecore disperse della Casa d'Israele, e poiché esse
vi arrivavano attraverso il cristianesimo, c'era un grande divario tra il loro
ingresso ed il loro diventare ebrei aderendo alla Sinagoga Universale.
A questo punto abbiamo capito
che i veri nomi di questi Altari dovevano rappresentare l'unificazione delle
dodici tribù d'Israele. Uno è
l'Altare di Giuda che rappresenta i nati ebrei e quelli converiti secondo la
Halachà, desiderosi di sottostare alla Nuova Legge del
Patto Nuovo della Redenzione Finale. Un altro è
l'Altare di Efraim che accoglie i nuovi ebrei delle dieci tribù disperse
nell'ovile cristiano; non essendo ancora convertiti (tramite circoncisione-brit
milà e bagno rituale- mikveh) sottostanno all'Altare di Malkitzedek. I nuovi convertiti entrano a far parte dell'Altare di Efraim.
Anche loro sottostanno alla Nuova Legge per gli ebrei, che però tiene
conto del fatto che non hanno alle spalle l'ebraismo
tradizionale, per cui sussiste una diversità nella santificazione. Questo
è il motivo dei due altari ebraici ma la
differenza tra loro scomparirà con la loro meravigliosa riunificazione
futura. Grazie EL SHADDAI, EL SHADDAI è Grande, EL SHADDAI è Uno.
Sul Gnomen 100 del Sefer Ester 13
Dopo aver compreso che Gesù aveva una missione e
anche il termine “missione messianica” è nel
contesto della storia della Redenzione, domandiamoci allora: qual era il vero
nome della sua missione? Gesù fu mandato da Dio oppure
agì di testa sua?
Naturalmente, tutti i testi del Libro
che Stupisce (Sefer ha-Maflì) trattano queste domande e le risposte non
sono così semplici e richiedono una profonda riflessione. Qui intendo discutere alcuni aspetti generali per facilitare la
comprensione.
Nei Vangeli cristiani Gesù non dice mai espressamente
“Io sono il Messia”. Lo lascia intendere. Lascia che siano gli altri a dirlo. Egli
fa dei segni messianici. Parla di profezie
messianiche, facendo capire a chi ascolta che alludono alla sua persona.
Esprime scopi messianici che fa capire si realizzino in lui.
Compie miracoli e li attribuisce al potere messianico.
Egli agisce come un sacerdote messianico. Predica come
un profeta messianico. Cavalca un
asino messianico. Accetta il disprezzo come un re
messianico d'Israele ed è disposto a subire il sacrificio e a morire nel
martirio messianico.
Eppure, anche nella sua resurrezione messianica, non dice “io sono il Messia”. Perché? Era la sua una strategia messianica, che intendeva stimolare la
curiosità nei cuori delle persone? A che pro?
Non avrebbe senso. Se hai il
potere di guarire i malati, di aprire gli occhi ai ciechi, di sanare i
lebbrosi, di moltiplicare i pani, di resuscitare i morti e con tutto questo
cerchi persone che seguano la tua missione, cosa potrebbe esserci di più
vantaggioso? Non puoi dire chiaramente chi sei e dichiarare apertamente
"faccio tutto questo perché sono il
Messia"?
Per paura? Non credo proprio. Se Gesù avesse avuto paura, in primo luogo, non avrebbe
intrapreso la sua missione. Né si sarebbe sacrificato.
Avrebbe potuto facilmente rinunciarvi. Né
avrebbe fatto tutti quei prodigi che erano ben più convincenti della sua autoproclamazione di Messia, sia per i Farisei che
per i Romani.
Per modestia o umiltà? No, davvero. Gesù parlava
di Dio come suo Padre e di se stesso come suo figlio e sebbene non predicasse
una dottrina falsa, come avvenne in seguito con la teologia cristiana, così
rispondeva ai rabbini dell'epoca: "Non è forse scritto nella Torà
"Voi siete figli del Signore, vostro Dio?". Tuttavia, il modo diretto
del suo discorso nel dichiarare "Io sono in effetti il figlio del mio
Padre che è nei cieli" non era ovviamente considerato da Gesù
come immodesto o poco umile, perché faceva parte del suo insegnamento ed
era conforme al linguggio della sua missione.
Ma se tu sei il Messia inviato da
Dio, non hai forse l'obbligo di dichiararlo apertamente? Mosè
nascose forse la sua posizione? O Aharon, o Elia o i
profeti d'Israele? Anche l’Asino che mangia il
Pane della Redenzione Finale apre la bocca con gioia e dichiara senza peli sulla
lingua: “Io sono l’Asino messianico del Regno dei Cieli”. E Peretz con i segni
dell’Asino su di lui ha un grande piacere
nell’annunciare: “Il mio è il primo Segno Messianico Generale della
Quarta Generazione, anche se non sono affatto il Messia”. E in modo piuttosto
immodesto proclama: "Guardate, io sono Meshullam,
il servitore cieco e sordo di Dio" e poi si mette a quattro zampe e raglia:
"Io sono il primo Asino del Goel Haim".
Potrei forse rinunciarvi? Sono fortunato perché mi piace
farlo, ma anche se non mi piacesse, non potrei farne a meno. E l'asina di Balaam potè non aprire la bocca e parlare?
E qualcuno potrebbe credere e comprendere i miei annunci se
non li spiegassi? Tutti hanno problemi e anche a me non mancano, ma non
posso negare la verità dei Meravigliosi Segni della Redenzione Finale
che annunciano che sono nel Segno del Capo di tutti i Sacerdoti del mondo e
Portavoce di Dio per la Redenzione Finale e nel Segno del Sacerdote Unto della
Casa di Preghiera e nel segno dell'Asino con Tre occhi e anche nel segno
dell'Asino, Mashiah ben David. Potrei negare la verità
di questi Segni che sono su di me e rendermi colpevole di nascondere ciò
che i Segni proclamano? Qualcuno potrebbe indignarsi; non sarà la
prima volta. Qualcuno potrebbe non credermi; questo
è il problema. E tuttavia, nello stesso tempo
in cui parlo secondo il Segno ricevuto, non sono altro
che un rappresentante di Segni, e per quanto basso e indegno io possa essere,
devo accettare l'elevazione del Segno, per cui non posso negare il Segno.
Inoltre, nei nostri scritti ci riferiamo a Gesù con
non pochi epiteti che sono spesso collegati alla terminologia della sua missione messianica. Così, oltre a
riferirci a Gesù come al primo messia o al primo messia della casa di
Giuseppe o al primo messia tragico, ecc., a volte lo chiamiamo il primo Peretz
della rivelazione messianica che ha abbattuto le barriere della storia
precedente o il primo Asino che mangia il Pane o il primo Meshullam e
così via, a seconda dell'aspetto della missione messianica che si vuole
sottolineare. Cosa ci dà il diritto di farlo?
Un'altra domanda. Abbiamo spiegato a lungo nel Nuovo Testamento Corretto che
l'ultima importante profezia di Malachia (3, 24), in vista dell'ultimo versetto
"Egli riconcilierà i cuori dei padri con quello dei figli"....
"per timore che io venga e colpisca la terra con
la distruzione" dà luogo a due distinte missioni messianiche,
entrambe nel nome del profeta Elia: una missione tragica di distruzione quando
nella terra non ci sono meriti sufficienti e si realizza 'per non venire a
colpire' e l'altra, futura, quando avverrà la riconciliazione dei cuori.
La domanda è questa. Possiamo capire bene che la
missione della riconciliazione compiuta merita il
titolo messianico perché è positiva e risponde alle speranze
messianiche redenzionali. Ma è giusto attribuire il
termine messianico a quella missione in cui invece di riconciliazione
c'è separazione dei cuori, invece di comprensione c'è totale
incomprensione e invece di pace c'è guerra e distruzione? E poi ancora,
se la seconda è la missione profetica di pace e la prima è la
missione profetica di distruzione, per cui possiamo definire entrambe le
missioni come messianiche, perché allora il primo messia, che a sua
volta definì quella missione come missione di guerra e non di pace, non
disse apertamente che lui era il messia?
In realtà, tale profezia, che come quasi tutte le
profezie messianiche non utilizza il termine “messia”, è essenziale per
stabilire la possibilità di due missioni profetiche nel nome del profeta
Elia, di benedetta memoria, che apre l'epoca redenzionale.
L'importanza di questa profezia è nota poiché
è quella finale e racchiude in breve ciò che sarà necessario
per definire gli scopi della Gheulà
Shlemà: 1) "Ricordati della legge di Mosè mio servo",
2) l'annuncio del Giorno del Signore, 3) la riconciliazione dei padri e dei
figli.
È significativo che il
termine “messia” non venga menzionato. Questo fatto può ora essere compreso
con la consapevolezza che il Messia non è il
Goel ed è ad un livello a lui inferiore. La profezia parla della venuta del Profeta Elia che è anche il Capo dei
Figli dell'Ascesa. Elia è il promesso profeta che
annuncia la Redenzione. Non è il Messia. Ciò è importante perché la profezia non
menziona le due missioni messianiche ma piuttosto le due missioni profetiche
che vengono nel nome di Elia.
Il fatto è che Gesù non poteva dire di essere
il Messia perché non poteva dire in onestà di avere il permesso
del profeta Elia per fare gli annunci profetici che stava facendo. In realtà, non aveva tale permesso, almeno non in modo
diretto. Gesù infatti non fu mandato da Dio per compiere quella
missione, né aveva il permesso del Maestro di
Giustizia (dall'aldilà), né aveva il permesso di qualche Maestro
della Scuola degli Esseni di usare i segreti di Kabalà Ma'assit (compreso
Giovanni Battista). La missione di Gesù fu pertanto una missione
messianica compiuta senza permesso.
Eppure egli dovette svolgerla. Tutte le forze, le circostanze e i segni
intorno a lui lo convinsero a riconoscere che la missione messianica era su di
lui. Ma doveva compierla senza permesso, per cui non poteva pronunciare il nome della sua missione. Altrimenti si sarebbe trovato in
contraddizione con se stesso e non avrebbe potuto agire.
È per questo che ribadisco il
concetto che per spiegare l'aspetto particolare dell'esclusività della
missione di Yeshua, bisogna ricordare il principio del "Norà alilà
al bnei adam". Proprio per la missione di Gesù vale questo
principio, per cui ogni aspetto deve essere valutato secondo questo doppio
standard: Dio ti comanda di non mangiare il frutto ma tu,
alla fine, sei costretto a mangiarlo perché ciò rientra in un
disegno di più vasta portata, quello della redenzione storica
dell’umanità.
Tuttavia, dopo averlo spiegato, desideriamo approfondire
ancor più il concetto, per trovare, forse,
qualche intuizione che alluda all'idea che lo straordinario principio del "norà
alilà" potrebbe conformarsi a quella prima missione profetica di
distruzione.
Ecco, il Signore stesso, Benedetto
sia il Suo Nome in eterno, annuncia che prima del giorno grande e terribile del
Signore manderà il profeta Elia per annunciare quel giorno e
riconciliare i cuori. Eppure, se la riconciliazione non può avvenire,
invece della redenzione, l’ira di Dio si manifesterà
con la punizione.
Come mai ora che Dio, davanti al quale il tempo non
è un limite e il libero arbitrio degli uomini non è un segreto, manda
l'eletto profeta Elia, il promesso profeta della Redenzione, ad annunciare il
giorno del Signore e a riconciliare i cuori ? E se poi
ciò non avvenisse e la missione fallisse e si trasformasse in una sciagura?
Se il Profeta è inviato come messaggero di Dio
per annunciare e riconciliare ed egli viene e annuncia e non riesce a
riconciliare, perché l’amore di Dio per quel prescelto Profeta della
Redenzione Finale non dovrebbe salvarlo da quell’amara impresa? Non sarebbe
stato meglio aspettare fino al momento in cui si sarebbero stati meriti
sufficienti tra il popolo e poi mandare il Profeta
senza quell’amaro “perché io non venga a colpire”?
In altre parole, sembra esserci
una sorta di contraddizione nella doppia missione. È possibile che l'eletto Profeta
della Redenzione, inviato da Dio per annunciare e riconciliare, fallisca?
No, non è possibile, se parliamo di Redenzione Finale.
Dato però che la frase si conclude con “perché io non venga”
dobbiamo dedurre che c’è una missione collegata al nome di Elia che
potrebbe fallire; collegata sì, ma non direttamente, perché una
missione che potrebbe fallire non può essere direttamente nel nome del
profeta Elia, dal momento che egli è il Profeta inviato da Dio per
annunciare e riconciliare; è quindi sussiste un’apparente contraddizione
perché il versetto dice “perché io non venga” in riferimento alla
sua missione profetica.
Stiamo spiegando una possibile contraddizione alla luce di due missioni, poiché se la prima si
realizzasse, ciò porterebbe alla Redenzione Finale e non ci sarebbe
bisogno del “perché io non venga”. Se la missione fallisce per mancanza
di merito in Israele, purtroppo la seconda parte della
profezia si realizzerà mentre la prima parte verrà rinviata ad un
tempo futuro in cui sarà sicuramente coronata da successo.
Quindi quella prima missione non soddisfa le “vere”
condizioni della profezia stessa perché non riguarda
la Redenzione Finale. Mancando così le vere condizioni, essa va riferita ad altri aspetti della missione: non si realizza
il ricordo di Mosè e di tutte le leggi che egli diede a Israele, non si realizza
l'annuncio del giorno grande e terribile del Signore (perché la pienezza
di questo annuncio riguarda la Redenzione Finale) e la riconciliazione dei
cuori. La profezia tratta poi il caso in cui la
missione fallisse e si avvera il verso “perché io non venga a colpire la
terra”. Dobbiamo quindi concludere che anche l'invio da parte di Dio di quella
missione che fallisce nella riconciliazione e quella parte della
profezia dell'invio del profeta Elia da parte di Ha-Shem ad annunciare e
riconciliare sono rimandati ad un'epoca futura della storia. Se fosse stata
inviata direttamente nel nome del profeta Elia,
avrebbe portato alla Redenzione Finale.
Il piacere di Dio, per così dire, nel portare il mondo
alla sua redenzione finale, si è trasformato in collera a causa
dell’iniquità di Israele, con la conseguente distruzione del Secondo Tempio
e dell’esilio. Se non c'era il merito quella prima
missione non poteva essere inviata direttamente, anche se proveniva da Dio ed
era collegata al profeta Elia; l'evoluzione degli eventi fu enigmatica e oscura
come quella generazione alla quale era destinata. Ma nessuna
iniquità dell’uomo può ostacolare la volontà di Dio.
Ora la profezia è pienamente spiegata e può
essere compresa in profondità e il lettore
può addentrarsi nel Gnomen 100. Ribadiamo il
concetto: poiché non c'era merito in quella generazione e nessuna
missione da parte di Dio poteva essere inviata direttamente, era necessario che
qualcuno, nello zelo del suo sincero amore per la verità, interpretasse
la volontà nascosta di Dio e fosse pronto a sacrificarsi pur di portare
un po' di luce in quell'epoca oscura e iniqua. Profondo fu il
sentimento del primo tragico servitore messianico di Dio. E alla domanda "da
dove viene il diritto che abbiamo di utilizzare l'intera gamma della nuova
terminologia messianica riguardo alla missione di Gesù
?", rispondiamo che lo abbiamo ricevuto grazie al Segno della Nuova
Rivelazione della Seconda Venuta della Stella di Cristo. Questa rivelazione collega
quella prima missione messianica ai Segni della
Redenzione Finale. Pertanto ogni aspetto dell'attuale Segno dell'Asino che
mangia il Pane ha una sua corrispondenza con la missione
messianica di Gesù.
Sul GNOMEN 101
Il gnomen 101 esprime la triste realtà che l'onore
divino che il Cristianesimo tradizionale ha dato a Gesù è una
prova sufficiente di ciò che stiamo dicendo. Yeshua, è vero, non
usò il segreto allo scopo di essere onorato, ma
per compiere la sua missione, come spiegato. La forza di quell’azione proibita,
tuttavia, fece i suoi danni. Disgraziata è la missione
messianica compiuta senza permesso. Ogni azione che Gesù fece o
che avrebbe potuto fare era sbagliata e giusta allo stesso tempo.
Desidero qui rivedere
nuovamente l'ultima profezia di Malachia per chiarire la profondità che
contiene.
Malachia 3, 22-24 – "Ricordatevi
della legge di Mosè, Mio servo, al quale diedi
ordini sull'Oreb per tutto Israele, statuti e prescrizioni. Ecco, Io vi mando il profeta Elia prima che venga il giorno grande e
terribile del Signore; ed Egli riporterà il cuore dei padri verso i
figli ed il cuore dei figli verso i padri, affinché, venendo, non
abbia a colpire il paese con la distruzione".
E' risaputo che Malachia fu
l'ultimo Profeta e questa fu l'ultima profezia. Si tratta di una delle profezie redenzionali
più significative. Vediamo perché:
1) Essendo l'ultima profezia,
deve servire allo scopo di unire la profezia redenzionale e messianica alla futura
missione redenzionale.
2) Ciò significa che la futura missione redenzionale
o messianica deve poter confermare che è la missione promessa da Dio
nell’ultima profezia di Malachia.
3) Poiché, in altre profezie, è stato
promesso che al momento della Redenzione Finale ci
sarà, tra molti altri eventi miracolosi e novità storiche, una
riapertura della profezia, ecco che un nuovo spirito scenderà su coloro
che riceveranno il Regno dei Cieli, per cui ciò aprirà il mondo a
nuove profezie, che saranno collegate alla profezia di Malachia.
4) Come la missione redenzionale deve essere collegata alle
parole della profezia, così deve esserci un
collegamento con le altre condizioni stabilite da detta profezia.
5) Pertanto qui viene espressa la prima grande condizione:
“ricordate la legge di Mosè, Mio servo, al quale diedi ordini sull'Oreb
per tutto Israele, statuti e prescrizioni”. La prima condizione di quella missione
redenzionale futura è che sarà collegata agli statuti e alle prescrizioni
della Torà.
6) La condizione successiva è la promessa di Dio che
manderà il profeta prescelto Elia, di benedetta
memoria, che aprirà la Redenzione Finale.
7) Ciò significa che la missione redenzionale
potrà proclamare di essere, di fatto, sotto il
permesso del profeta Elia, essendo, pertanto, una missione voluta dall'Alto, come
dichiarato nella profezia. Nel riconoscere il
“permesso” del profeta Elia, vengono affermate due condizioni principali:
8) La missione profetica annuncerà il giorno grande e terribile del Signore prima del suo
avvento.
9) L'evento redenzionale riconcilierà i cuori dei
padri con quelli dei figli.
Ovviamente non stiamo spiegando il modo con il quale queste
condizioni vengono soddisfatte, poiché ciò è stato spiegato
nei nostri scritti sul Patto Nuovo, sui Segni Redenzionali, sui sogni
profetici, sulla relazione tra il profeta Elia ed il Goel, Capo del 36 Tzadikim
Nascosti. Qui intendiamo comprendere l'essenza della
profezia e vedere le connessioni con la missione che anticipa la promessa
redenzionale.
Finora tutto va bene e la
spiegazione delle condizioni che devono soddisfare la missione redenzionale
sembra molto chiara. Ora, però, la profezia fa un
brusco dietrofront e non possiamo che rimanere sorpresi. Dopo che siamo stati
deliziati ed emozionati dalle meravigliose promesse
profetiche della Redenzione Finale, il versetto spegne il nostro entusiasmo con
un ammonimento veramente spaventoso "affinché, venendo, non abbia a
colpire il paese con la distruzione" (il termine usato è Herem - un
anatema di distruzione totale).
È davvero un duro colpo, ma
non possiamo scansarlo, perché esso fa parte della profezia. E anche se il “pen" (affinché non) introduce un'eventualità,
non si può fuggire dalla realtà storica quando si interpreta la
profezia. Il “pen”, purtroppo, sarebbe potuto rimanere
un'eventualità se il popolo ebraico fosse rimasto nel paese dopo il
ritorno dall’esilio ed il Secondo Tempio fosse rimasto intatto dopo la sua
ricostruzione. Dopo la distruzione e l’esilio, però, quasi cinquecento
anni dopo l'annuncio della profezia, è più che chiaro a chi crede
nella profezia che è il "pen" che si è avverato
rispetto alla redenzione promessa.
Ma non possiamo limitarci a dire che l'“affinché non” sia avvenuto e con questo abbiamo spiegato la profezia.
Di sicuro la profezia non si realizzerà fino a quando
non si saranno avverate le promesse redenzionali in essa contenute. Ci
troviamo quindi ad affrontare un dietrofront imprevisto
e se siamo usciti dal passo dobbiamo rientrarvi, perché la parola del
Signore non balbetta nell'incertezza. Venite dunque voi, ebrei e cristiani e
tutti coloro che si considerano esperti nelle Scritture, e ascoltate la vera comprensione che questa profezia fornisce, poiché
la parola di Dio non favorisce gli ebrei o i cristiani ma soltanto la
verità in sé, per l'amore della Redenzione Finale che Ha Shem ha
promesso all'umanità intera.
Una volta arrivati al “pen” ci
troviamo di fronte ad un problema scritturale che dev'essere risolto. Per comprenderlo, dobbiamo prima cercare di spiegare la profezia
nel modo più semplice riflesso dal suo linguaggio (lo pshat). Poi vedremo che in effetti non è così semplice e
arriveremo al problema scritturale a cui alludevamo. Con la spiegazione
di questo problema vedremo alla fine che non esiste altra interpretazione
possibile che risolva il dilemma da ogni angolazione
possibile. Naturalmente non è dovuto ad alcun diploma
di saggezza se la nostra spiegazione sostituisce quella tradizionale dei saggi.
Ciò è dovuto al fatto che la verità della
nostra spiegazione può essere verificata alla luce della Nuova
Rivelazione della Redenzione Finale per merito dello Tzadik Haim e alla luce
della stupefacente rivelazione del Libro di Ester 1. Ma ora
veniamo allo pshat.
La prima parte della profezia dice
4 cose: 1) ricordatevi della legge di Mosè Mio servo ecc. 2) ecco Io mando ecc. 3) annuncia il
giorno del Signore (il versetto non dice 'annuncia' ma lo si sottointende dal
contesto; perché il profeta Elia viene inviato prima di quel giorno se
non per annunciarlo e avvisare il popolo a prepararsi) e 4) per riconciliare vicendevolmente
i cuori di padri e figli.
Poi arriva l'“affinché
venendo non abbia a colpire la terra” nel caso in cui le condizioni succitate
non vengano soddisfatte.
A cosa si riferisce esattamente il
“pen”? Deve riferirsi a condizioni che il popolo
avrebbe potuto soddisfare ma non lo ha fatto, quindi può riferirsi alla
riconciliazione dei cuori e al ricordo di Mosè e della Legge. Non
può riferirsi all’invio del profeta Elia o
all’annuncio del Giorno del Signore, perché ciò non è
nelle mani del popolo ma dipende da Dio soltanto.
Pertanto, a questo punto è possibile interpretare in
due modi:
1) Dio mandò il profeta Elia
per annunciare il giorno del Signore e per riconciliare i cuori dei padri e dei
figli e per istruire il popolo nella Legge di Mosè. Ma il popolo non seguì la via della Legge e non avvenne
la riconciliazione e così il Signore, invece della redenzione, mandò
la distruzione. Oppure:
2) possibile altra interpretazione - il Signore, in quel
tempo volle mandare il profeta Elia ad annunciare il Giorno, a riconciliare e
ad istruire, ma poiché il popolo non aveva alcun merito e non procedeva
lungo le vie della Torà ed era oltre ogni speranza di riconciliazione,
Dio non mandò il profeta Elia.
A questo punto non sappiamo
quale delle due interpretazioni sia valida o sia più vicina alla
verità. Ma intanto vediamo quale sarebbe la differenza tra loro.
Sembrerebbe che se la prima ipotesi fosse vera e il
Profeta fosse stato inviato, ciò avrebbe comportato che in quel momento
la missione profetica di Elia arrivò sulla terra, ma fallì, e
invece della redenzione Dio mandò la distruzione.
Se invece fosse corretta la seconda interpretazione,
significherebbe che, a causa del degrado morale di
quella generazione, non fu inviata alcuna missione profetica, né annuncio,
né riconciliazione, né istruzione.
In entrambi i casi non ci fu merito sufficiente per cui il Signore venne e distrusse il paese ed il Tempio e
mandò il popolo in esilio.
Queste due interpretazioni,
tuttavia, risolvono lo pshat di “pen”. Spiegano la distruzione, ma non la
redenzione. E poiché, come abbiamo già spiegato,
quest'ultima profezia di Malachia deve essere pertinente alla Redenzione
Promessa, non ne abbiamo ancora completato il semplice
significato.
Bisogna concludere per entrambe le ipotesi che la
Redenzione Finale promessa, non essendosi realizzata in quel frangente, sia
stata rimandata ad un tempo futuro. Con ciò non
importa se si dice che la missione profetica è stata mandata ma è
fallita o se si dice che avrebbe potuto essere inviata ma ciò non
avvenne per mancanza di merito. Ciò che non si può dire è
che il verso “affinché venendo non abbia a
colpire la terra” abbia revocato per sempre la redenzione finale, Dio non
voglia. La missione profetica del profeta Elia che
annuncia la Redenzione Finale deve realizzarsi, come tutte le profezie
redenzionali e messianiche.
Pertanto anche la semplice interpretazione di questa
profezia postula due tempi diversi della missione
profetica. Secondo la prima possibile interpretazione la missione profetica
fu mandata ma fallì e venne rinviata al tempo della
Redenzione Finale. Secondo la seconda possibile interpretazione la missione
profetica sarebbe potuta potenzialmente giungere allora, ma per mancanza di
merito fu rinviata al momento della Redenzione Finale.
Così abbiamo spiegato lo pshat (l'esegesi semplice),
che tuttavia ha la stessa valenza di un esercizio
intellettuale che affina la mente o di un cruciverba per passare il tempo,
finché non abbiamo tratto conclusioni storiche celate in questa incredibile
profezia.
Ora bisogna vedere se le due
interpretazioni non siano mancanti. Cominciamo dalla seconda che dice che in verità non
è stata mandata alcuna missione profetica. Se così fosse, allora
dove c'era un giudizio per verificare che i figli
d'Israele non avessero seguito la retta via e non avessero accettato la
riconciliazione? Perché non è la via di Dio, Benedetto sia il Suo nome in eterno, giudicare senza una prova tangibile le
Sue creature nel mondo.
Dio non sapeva forse che i
figli d'Israele non avrebbero ascoltato i Profeti? Non c'è nulla che sia nascosto
alla Sua conoscenza, passata, presente e futura. Eppure Egli
mandò loro i Profeti per avvertire, ammonire e dare la
possibilità di pentirsi dalle loro iniquità. Anche se Ha Shem
sapeva che avrebbero scelto il male invece del bene, tuttavia il giudizio
doveva giudicare la loro libera scelta, perché la conoscenza dell'Onnipotente
non è una conoscenza che impone agli uomini di scegliere in un modo o in
un altro, ma di giudicare ciò che il loro libero arbitrio ha scelto.
Pertanto ogni giudizio prende in considerazione la libera scelta di ciascuno,
anche quando è malvagio e virtualmente al di là della salvezza.
"L'affinché venendo non abbia a colpire la
terra" è in diretta contrapposizione alle condizioni della profezia, quindi è più logico concludere
che la missione profetica del profeta Elia, di benedetta memoria, fu mandata in
quel momento storico e tentò di annunciare, di istruire e di
riconciliare, ma tuttavia fallì. Se è
così, allora la seconda interpretazione cade e rimaniamo con la prima.
Ma anche qui c’è un problema, e non semplice.
Il Profeta Elia è il
Profeta eletto della Redenzione Finale che annuncia l'avvento del grande e
terribile Giorno del Signore. È possibile che Dio mandi il profeta Elia ad annunciare e riconciliare e ciò
fallisca? "Ecco, Io mando il profeta Elia"
è una frase profetica del Dio Vivente. Non può
essere revocata, né procastinata. Non è come un profeta inviato ad annunciare una promessa di Dio per il
futuro. Si tratta della promessa redenzionale di Dio. Non può fallire.
Eppoi non possiamo negare il resto
del verso che dichiara inequivocabilmente “affinché venendo”. E quindi
siamo costretti a dire che se in quel momento non c'è merito e invece
della redenzione si realizza il "non abbia a colpire", ciò
significa che non sono state soddisfatte tutte le condizioni precedenti, non il
"ricordati della legge di Mosè", né l'invio del Profeta,
né l'annuncio del Giorno del Signore, né la riconciliazione dei
cuori. Perché se l’invio si fosse avverato, sarebbe venuta
di conseguenza anche la Redenzione Finale. Ciò non avvenne 2000
anni fa e avvenne invece la distruzione del Tempio e
l’inizio della lunga diaspora di Israele. Dobbiamo quindi
abbandonare anche la prima interpretazione.
In effetti, questa stessa
profezia dichiara che se stai cercando un’interpretazione semplice (pshat), non
la troverai. Bisogna
vagliarla più in profondità. Bisogna
reinterpretare la sostanza di quel primo invio profetico affinché
corrisponda in ogni aspetto alla profezia stessa. Bisogna
infatti risolvere l'enorme contraddizione presente nella profezia. Quella prima missione profetica fallì e quindi non realizzò
la redenzione. Se fu inviata da Dio doveva sfociare
nella redenzione finale ma, in caso contrario, può forse essere chiamata
missione profetica?
È la sostanza della
profezia che ci fornisce la risposta. Il Signore intendeva realizzare in quel
momento la redenzione finale; era, per così dire, disposto a portarla,
ma il popolo non era degno di accettarlo. Non era una questione da poco. Il Signore dell'universo era disposto
a inviare una meravigliosa rivelazione e una grande salvezza
a Israele e al mondo. Tuttavia, a causa dell'iniquità generale, invece della redenzione dovette mandare la distruzione. Eppure il desiderio del Signore non diminuisce e deve alla fine
realizzarsi. Potrebbe, tuttavia, nascondersi agli occhi
dell’umanità finché Israele non sarà pronto a riceverlo.
Il Signore,
anche quando punisce Israele, non viene meno alla Sua promessa. Israele pecca e
non è degno di ricevere un bene manifesto; riceve
invece un castigo manifesto, ma la volontà nascosta del Dio d'Israele
è sempre quella di portarlo alla fine alla sua perfezione. Tutta la Torà e tutti i Profeti lo affermano, lo annunciano
e lo spiegano. La storia di Israele è la storia di questo
principio.
Del resto, non possiamo nasconderci da questo principio quando
ci sforziamo di capire il senso dell'ultima profezia
di Malachia. La differenza tra redenzione e punizione è esposta qui con chiarezza.
Se Israele avesse meritato, la volontà divina si sarebbe manifestata
apertamente nella forma della redenzione. In caso contrario,
si sarebbe manifestato il castigo e la volontà redenzionale
sarebbe rimasta nascosta.
Questa è la chiave per
comprendere questa profezia nei termini di quella prima missione profetica che
fallì. Se Israele soddisfacesse
le condizioni di ricordare la Legge di Mosè e desiderasse la
riconciliazione di padri e figli, allora la promessa di inviare manifestamente il profeta Elia verrebbe realizzata. In caso contrario,
riceverebbe la sua punizione e quella prima missione profetica non verrebbe
inviata apertamente ma solo in modo nascosto. Il
castigo si adeguerebbe alla volontà manifesta e la missione si
adeguerebbe alla volontà nascosta di Dio in vista della Redenzione
Finale.
sul GNOMEN 103
Ovviamente il Cristianesimo
tradizionale ha interpretato la profezia come realizzatasi nella missione di
Gesù e nella sua susseguente resurrezione. Per i Padri della Chiesa la redenzione finale è arrivata e tocca
solo all'umanità accettarla. Nell'Epistola ai Romani di Paolo, capitolo
11, potrebbe esserci una contraddizione, ma il Cristianesimo
tradizionale l'ha ignorata. In seguito, la Chiesa ha ipotizzato una seconda
venuta di Cristo, ma solo per porre fine alle contraddizioni storiche tra il bene e il male nel mondo. Giovanni Battista divenne
così l'Elia della profezia e la dottrina
cristiana ha ribadito le cose come stanno. Altrove ho spiegato che l'errore
principale del Cristianesimo tradizionale è
stato quello di interpretare i segni cristiani come i segni finali quando in
realtà erano solo dei segni iniziali. (Tutti gli
errori che derivano da tale interpretazione saranno spiegati, a Dio piacendo,
nel Nuovo Testamento Corretto. Lo scopo del
Libro di Ester 1 è quello di spiegare i Segni Iniziali ricevuti alla
Scuola degli Esseni).
Il giudaismo tradizionale non ha fatto di meglio
nell’interpretare questa profezia. Non è stato evidentemente in grado di
concepire alcuna prima missione (se non in senso vago dei due messia, uno della
Casa di Giuseppe che riesce solo parzialmente e dopo di lui uno della Casa di
Davide che porta a termine l'opera messianica) . L'ebraismo
crede tuttora nell'avvento della Redenzione Finale che
sarà inaugurata dal profeta Elia e realizzata dal Mashiah ben David.
Finito di scrivere il martedì
7 novembre 1995: sepoltura di Yitzhak Rabin, la pace sia con lui.