Autore: Peretz Green

Traduzione dall'ebraico: Davide Levi

 

La Questione della Torre

 

È noto che i primi due Comandamenti del Decalogo includono tutti i precetti del "fa'"e tutti i precetti del "non fare", il precetto della Fede rientra nella prima categoria e il comandamento del "non avrai altri dèi" nella seconda. E qualsiasi precetto che non abbia in sé la Fede non rientra nel comandamento e non è chiamato precetto dalla Torà, perché la cosa principale è la Fede in Dio, Lodato sia il Suo Nome in eterno. E la fede nel compiere una mitzvà deriva dalla fede nel Santo Benedetto, che desidera concedere meriti alla persona che compie la mitzvà stessa. Se uno non crede che Dio conceda meriti nel compimento di una mitzvà, la sua azione viene valutata comunque, anche se non è ispirata dalla fede. Ma se uno compie una mitzvà nell'ambito di una fede diversa, il suo atto viene considerato idolatra. In una fede idolatra, il credente indirizza il suo pensiero al suo idolo. Ad esempio, uno sciamano che fa un sacrificio cruento ad uno shed (un demone di sotto), sa che lo shed trae un grande piacere dal sangue dell'animale sacrificato. Lo stregone viene così esaudito nella sua richiesta per aver soddisfatto il demone evocato. Così avviene nella stregoneria, che non ha a che fare con la vera Fede, perché in questo caso lo stregone agisce per ottenere degli effetti pratici, non associati alla fede in Dio, ma alla fede della sua pratica idolatra, che viene trasmessa, per via iniziatica, da maestro ad allievo. Ed è risaputo che prima di diventare uno stregone o uno sciamano, l'iniziato dovrà servire il proprio maestro per più anni prima di ricevere da lui i nomi di impurità e i nomi degli sheddim da evocare e servire. Una volta ricevuta l'investitura di mago, tutto dipenderà dalla sua conoscenza, abilità e coraggio, perché ce ne vuole molto per evocare uno shed, quanto di più per vederlo e comunicare con esso; e ai giorni nostri sono pochi i veri stregoni che arrivano a tanto. In passato, ce n'erano molti di più, come il perfido Bala'am o Itrò che prima della sua conversione, conosceva ogni tipo di magia. Ci sono anche gradi minori di magia che sussistono ai nostri tempi, specialmente in India, Africa, Caraibi e Brasile, dove c'è molto kishuf (magia); va tuttavia sottolineato che la stregoneria è praticata per ricavare guadagni economici e prestigio ed ha poco a che fare con la fede religiosa. In effetti, nelle religioni idolatre vengono consumate grosse energie per ingraziarsi gli idoli che si adorano, con tanto di processioni, ornamenti e culti pubblici.

Non diverso da tali forme di idolatria, è il peccato in campo ebraico di queste ultime generazioni, che tratteremo in questo scritto, ossia il peccato dello Zohar. La fede dei seguaci dello Zohar è stata contaminata da una dottrina estranea alla Torà, che favorisce l'adempimento di nuovi riti e nuovi precetti rivolti allo Zeir Anpin (come ha spiegato nel suo libro, edito nel 1931, "Milhamot Ha Shem - Le Guerre di Dio" il saggio yemenita, il "Martello Pattish)", Yehye Ibn Shlomo El Kapah), che è l'emanazione divina ultima, chiamata anche da tutti i nuovi cabalisti Kudshe Brich Hu (Dio non voglia e ci liberi da tali peccati!).

Ed ecco che tutti i comandamenti negativi sono racchiusi nel divieto di rendere culto ad altri dèi, poiché ogni peccato origina da un'azione che nega la vera fede e introduce il credente nell'idolatria della Sitra Ahra (l'Altra Parte, l'opposto della Kedushà), come un ladro che mentre ruba non crede che il Signore Benedetto sorvegli sulle sue azioni. E diremo anche che la trasgressione del primo comandamento è contemplata anche nel secondo comandamento del Decalogo. E secondo la nostra interpretazione, "il peccato dei padri sui figli fino alla terza e alla quarta generazione per coloro che Mi odiano", include tutte le categorie di idolatria, da quella più materiale a quella più spirituale, ed un'allusione a ciò la troviamo nella profezia della Santa Torà contro ogni sistema di nuova "kabalà", che si basa sulla costruzione dei 4 mondi (si veda la spiegazione nello scritto "Igheret Ptuhà - Lettera Aperta". C'è bisogno di un accenno dalla Torà per ricusare le migliaia di allusioni scritte a nome della "Kabalà", prive di una qualsiasi vera consistenza). Anche il racconto della Torre di Babele nella Generazione della Scissione (Dor Haplagà) si adatta alla nostra interpretazione e può essere riferita al peccato dei padri, potendo includervi anche il peccato dello Zohar.

Ma analizziamo i primi quattro versi del racconto della Torre di Babele che ci forniscono utili informazioni su coloro che promossero e intrapresero la sua costruzione (Genesi 11, 1-4): 1. In tutta la terra si parlava una lingua unica e si usavano gli stessi concetti. 2. Partendo dall'oriente gli uomini trovarono una pianura nella terra di Scin'ar e là si insediarono. 3. Dissero gli uni agli altri: "Orsù, fabbrichiamo dei mattoni e facciamoli cuocere". I mattoni adoperarono come pietre e l'asfalto come calce. 4. Poi dissero: "Orsù, fabbrichiamoci una città e una torre la cui cima arrivi fino al cielo; ci faremo un nome e non accadrà che ci disperdiamo sulla faccia di tutta la terra".

La frase d'apertura "si parlava una lingua unica e si usavano gli stessi concetti" ci fornisce un'informazione generale sull'origine del peccato. Bisogna commentare l'intenzione della Torà, per cui sorge spontanea la domanda: perché non era sufficiente dire che si parlava "un'unica lingua" e la Torà ha ritenuto opportuno aggiungere "si usavano gli stessi concetti"?. E se diciamo che la "lingua unica" era la lingua santa (lashon ha kodesh) e "gli stessi concetti" era il pensiero unificato, la Torà avrebbe potuto dire "E in tutta la terra si parlava una sola lingua e c'era un'unica opinione" oppure "un unico spirito" oppure "un unico cuore" e ciò era ben più comprensibile che non la frase "si usavano gli stessi concetti", che in effetti non è del tutto chiara.

E, inoltre, vediamo che anche la punizione inflitta ai peccatori riguardò il loro linguaggio, perché Dio lo confuse del tutto. A questo proposito, si afferma che la gente di quell'epoca (prima della punizione) interpretava le espressioni linguistiche in modo tale che ognuna di esse veniva compresa in modo uniforme. Ciò nonostante, chiediamoci ancora: perché la Torà ha aggiunto "gli stessi concetti"?. La frase "Partendo dall'oriente", viene così commentata dai nostri Rabbini, di benedetta memoria: "Da Colui che antecedette il mondo" (Bereshit Rabbà, 38, 7). Così viene chiamato il Santo Benedetto, Colui che antecedette il mondo, poiché Egli è antecedente ad ogni realtà ed Egli è la Causa Prima di ogni causa. Primordiale e non c'è inizio alla Sua origine. Chi viaggia da un luogo ad un altro conosce il posto da cui è partito, e cioè  "dall'oriente", ossia, i promotori della Torre sapevano che esisteva un Dio  primordiale, ma non intendevano servirlo, preferendo servire degli enti ad esso più vicini. Un errore analogo lo aveva commesso la generazione di Enosh, in cui la gente prestava culto agli astri, pur sapendo che l'universo era opera di un unico Fattore, e pensava che fosse meglio venerare le opere più importanti di Dio, che aveva infuso in esse il suo onore, dato che Dio era trascendente ed irraggiungibile. Il verso (Genesi, 4, 26) "As uhal likrò beshem Adonai" può essere tradotto: "Allora si cominciò ad invocare il Nome del Signore" oppure "Allora si profanò il nome del Signore"; in quest'ultimo caso, la gente cominciò per errore a profanare il nome di Dio cadendo in seguito nella vera e propria idolatria. In entrambi le generazioni (quella di Enosh e quella della Torre), la gente era a conoscenza dell'esistenza del Santo Benedetto, ma profanò il Suo nome rendendo culto ad oggetti di creazione di cui non era stata comandata (nel libro "Milhamot Ha Shem" viene spiegato il peccato dei nuovi cabalisti che hanno ripetuto lo stesso errore associando i nomi del Santo Benedetto alle Sefirot e ai Partzufim creando un nuovo Pantheon con nomi ebraici). E il loro viaggio da oriente iniziò in un mondo in cui c'era un unico linguaggio e uguali concetti, e la lingua era quella con la quale il Santo Benedetto aveva parlato con Adamo, e si sapeva che Dio era Uno. E tutti i loro discorsi e dialoghi venivano detti in quell'unica lingua originale.

Tale lingua era alla base del loro sistema di comunicazione, e col tempo constatarono che da quell'unica lingua potevano passare ad altri concetti in grado di costruire e modellare sistemi lessicali ben più articolati. E conclusero che tali sistemi avevano un grande potere, e chi poteva dominare il linguaggio poteva anche convincere la gente ad agire secondo la sua volontà. Tuttavia, coloro che avevano capito il potere insito nelle parole e la saggezza del "linguaggio unico", avevano anche intuito un incombente pericolo: che sarebbe successo se ogni clan si fosse messo in proprio e si fosse staccato dalla comunità e avesse usato il linguaggio per dominare il proprio vicino? Non si sarebbe arrivati a conflitti e danni irreparabili? Pertanto, i saggi dell'epoca capirono che era necessario concentrare le forze in un unico punto, per cui iniziarono ad ideare una costruzione alla quale tutti si sarebbero rivolti e per rendere fattibile il loro progetto pensarono bene di indirizzare il loro linguaggio unico per costruire un enorme edificio, a forma di Torre, da elevare fino al cielo, per riunire intorno a sé le intenzioni e le forze di tutta la comunità.

Ed ecco che l'inizio del loro errore avvenne quando partirono da Oriente, credendo di potersi sostituire sia alla Causa Prima che aveva concesso loro un'unica lingua sia a Colui che è il vero fondamento di ogni costruzione, sia a  Colui che è al di sopra di ogni linguaggio e di ogni concetto. Colui che crea i mondi e li distrugge opera secondo la Sua volontà, sia Lodato il Suo Nome in eterno, Egli sfama ogni essere vivente poiché Eterna è la Sua Misericordia.

Gli eruditi di quella generazione arrivarono alla conclusione che col potere del linguaggio potevano accrescere il loro dominio e il loro prestigio; ogni singola parola era un mattone in grado di edificare la costruzione del loro successo. Per questo consideravano la loro lingua come la loro arma; avevano però dimenticato che Dio, che concede il linguaggio, è superiore ad ogni potere e che è Dio che concede la vera forza a chi possiede un cuore pulito, puro e privo di secondi fini. Col partire dall'Oriente, avevano abbandonato nei loro pensieri il Fattore Primo dell'Universo e avevano approffitato di un sistema che univa più parti per erigere un edificio che intendeva elevare al cielo la loro fama. Ed essi ritenevano che tale costruzione fosse superiore a Colui che aveva concesso loro le forze per idearla e costruirla. Questa è la radice di ogni forma di idolatria: idolatra è chi si allontana dalla Causa Prima e la sostituisce con una realtà del mondo terreno alla quale si sottopone. Così fu per la Torre di Babele e ancor prima con il culto agli astri, durante la generazione di Enosh. E nelle ultime generazioni assistiamo all'edificio dello Zeir Anpin dello Zohar ed al peccato del movimento Chabad, il cui falso Messia siede in cima alla loro Torre. Nel libro "Milhamot Ha Shem" il saggio yemenita El Kapah spiega come tutta la nuova Kabalà abbia purtroppo sostituito l'unità del Creatore con una molteplicità di emanazioni divine, e coloro che credono alle loro Sefirot e ai loro Partzufim, sostengono che l'unità del Creatore è rappresentata dalla congiunzione delle Sefirot, associate ai Suoi nomi. Questo è ciò che causa l'unità delle parti, con lo Zeir Anpin che congloba i quattro Partzufim, per cui da questa congiunzione risulta la forma completa di un uomo, che può associarsi e accoppiarsi con la sua controparte femminile (nel linguaggio dei cabalisti, Kudshe Brich Hu è la parte maschile e Shehinte quella femminile). Ecco pertanto la loro "lingua unica", che unisce tutti le parti del discorso, e una volta che iniziarono a chiamare il loro edificio metafisico col nome del Santo Benedetto, erano già usciti dall'Oriente, dalla Causa Prima,  e invece di unirsi al Vero Unico Dio, si erano congiunti ad una sua presunta parte, ma ciò non ha niente a che fare con la Vera Unità, così come ci è stata insegnata da Torà, Mishnà, Talmud e  Tradizione. La vera Fede della Tradizione, come chiarito dal Rambam nel suo "Morè Nevuchim" (La Guida ai perplessi), è sempre associata allo zelo e al timore di Dio; ed il concetto è stato ribadito dal rabbino Yehie El Kapah nel suo "Milhamot Ha Shem", che abbatte, ad una ad una, le colonne portanti dello Zohar, scritto da Moshe de Leon nel XIII secolo. 

Ed ecco, ogni dottrina che tratta di congiunzione di parti o di accoppiamenti, parla di una parte maschile che dà o irradia e una controparte femminile che riceve o subisce; una dottrina simile, se applicata a Dio, diventa blasfemia e non è Torà dal Sinai bensì Torà da Bala'am. Quantunque, persino il perfido Bala'am sapeva bene che il Dio di Israele detesta l'immoralità. Moshe de Leon, il filosofo eccitato da visioni sessuali impudiche, seguì il consiglio di Bala'am e, col suo libro, falsamente attribuito a Shimon bar Yochai, ha fatto cadere nella trappola il popolo d'Israele in queste ultime generazioni fino a quando tale radice malefica e odiosa verrà estirpata e la Gelosia del Signore si ritrarrà dal punire il popolo intero.

E questo è "e trovarono una pianura nella terra di Shin'ar" (ibid. 11: 2): dopo aver abbandonato il Predecessore del mondo, iniziarono a dare la massima importanza al mondo inferiore, entrarono da un intrigo all'altro evocando  pensieri di congiunzioni e accoppiamenti fino a che trovarono una pianura nella terra di Shin'ar. Essi cercavano un luogo simile, un posto basso che ricevesse il seme come l'utero femminile, in una terra di giovinezza (shin'ar), un luogo idoneo ai loro amplessi, e vollero insiedarvisi. Ed ecco, abbiamo spiegato in "Igheret Ptuhà" il fondamento de "il peccato dei padri sui figli fino alla terza e alla quarta generazione per coloro che Mi odiano" (Esodo, 20, 4), che allude  alle quattro forme generali della diffusione del sistema dello Zohar passùl (fasullo). Così come i quattro versi summenzionati in Esodo (11, 1-4), da "In tutta la terra, si parlava una lingua unica" fino a "e non accadrà che ci disperdiamo sulla faccia di tutta la terra" contiene 50 parole a fronte delle 50 parole del secondo comandamento in Esodo (20, 2-5) "non avrai altri dèi" fino a "per coloro che osservano i Miei precetti". E nella Generazione della Scissione i 4 versi de "il peccato dei padri sui figli fino alla terza e alla quarta generazione" stanno a fronte delle 4 questioni nei primi due versi: "l'unica lingua" allude ai padri, "uguali concetti" allude ai figli, "partirono da Oriente" allude alla terza generazione (abbandonarono il Fattore del mondo per aderire ad una dottrina di associazione, come quella della Trinità); "e trovarono una pianura nella terra di Shin'ar" allude alla quarta generazione per coloro che Mi odiano, e "vi si insediarono" allude all'anatema dell'odio ricaduto su loro ancor prima dell'ira esplicita di El Kanà. "E vi si insediarono" e non poterono uscire, perché erano ormai avvinti alla loro dottrina e non potevano sbarazzarsene, per cui a loro è diretto lo Herem dell'Odio dal Cielo (odiati dal Cielo, odiati dagli esseri viventi), che fa sì che essi rimangano intrappolati nelle loro cattive azioni e non possano più venirne fuori. Chi si è abituato a vivere nel male e a fare il male non potrà venirne fuori, perché non ha idea di che cosa sia il bene. Ecco che la quarta generazione che trovò una pianura nella terra di Shin'ar ritenne di aver reperito il luogo ottimale per le proprie intenzioni, un posto delimitato da quattro angoli e pianeggiante come un grembo femminile, dal momento che immaginavano il cielo come l'elemento maschile, fecondante, e la terra come l'elemento femminile, ricevente e fecondato (esattamente come nella visione dello Zohar impuro). E la Torre non era un semplice edificio ma una costruzione a base quadrangolare che avrebbe unito la terra ai cieli.

Dopo il diluvio, Dio cambiò molti ordini della natura e dispose che "finché la terra esisterà, non cesseranno la semina e il raccolto, il freddo e il caldo, l'estate e l'inverno, il giorno e la notte" (Genesi, 8, 22), e così anche gli anni di vita vennero ridotti in modo considerevole, fino ad un limite di 120. Tuttavia, dopo la Generazione della Scissione, il cui peccato fu grave e generale, per cui il mondo ne uscì indebolito, avvenne un cambiamento epocale: non si parlò più una sola lingua e le 70 nazioni, sparpagliate per il mondo, si ritrovarono a parlare 70 idiomi tra loro diversi. Il riassestamento degli ordini naturali si accompagnò alla molteplicità degli idiomi e dei territori d'insediamento dei popoli. Ed un'allusione a ciò si trova nelle 50 parole che descrivono il peccato e la distruzione della Torre analogamente alle 50 parole che descrivono il peccato e la distruzione del Vitello d'Oro. Infatti, gli ideatori della Torre intendevano con i loro malefici progetti ricavare dei benefici personali mediante quell'imponente costruzione. Una mente malvagia pensa di poter fare qualsiasi cosa ed è convinta che la sua opera abbia effetti anche su Dio che può influire dall'alto, ma, così facendo, nega che Dio stesso sia libero di fare come vuole perché non condizionato dai voleri umani. E così avvenne con il Vitello d'Oro, dove la moltitudine mista volle agire secondo i propri istinti e desideri e credette anche di poter assecondare l'Onnipotente fabbricando un idolo guida che sostituisse Mosè. Esattamente il contrario di ciò che voleva e aveva comandato il Signore. Come è noto dalla Tradizione, si cominciò con un errore di valutazione e si finì con un atto di vera e propria idolatria.       

E già i profeti misero in guardia il popolo a non considerare i sacrifici e le offerte come un beneficio per i propri fini, ma come un atto "le shem Shamaim" (disinteressato, di servizio al solo Dio), poiché non viene associato all'azione altro fine se non quello di eseguire la volontà di Dio, Benedetto sia il Suo Nome in eterno. "Se l'Eterno non edifica la casa, invano si saranno affaticati i suoi costruttori" (Salmo 127, 1), e, a causa dei nostri peccati, il nostro Tempio fu distrutto due volte. Durante il Primo Santuario regnava l'idolatria con vari culti pagani e molti fedeli, che adoravano dèi stranieri, si recavano anche a Gerusalemme per offrire sacrifici a Dio. E Babilonia è il simbolo dell'esilio, perché qui si confondeva fra culto a Dio e culto agli dèi pagani.

Dai tempi bui del Secondo Tempio sono passati quasi duemila anni, con l'esilio fra le nazioni e il dominio temporale del Cristianesimo sull'Ebraismo. E i responsabili del nostro popolo non hanno voluto assimilare i due versi "E amerai il prossimo tuo come te stesso" (Levitico, 19, 18) e "Sii semplice con il Signore, tuo Dio" (Deut. 18, 13), che rappresentano due capisaldi della fede  che il Santo Benedetto ama trovare negli esseri umani (e odia il loro opposto). Pertanto, quella classe sacerdotale era odiata sia da Dio che dal popolo, perché se uno crede di onorare Dio disprezzando, allo stesso tempo, il povero e il forestiero, non farà altro che vivere nell'errore e negare i comandamenti della Torà. E l'odio gratuito (sinat hinam) fu, purtroppo, la causa collettiva principale che portò alla distruzione del Secondo Tempio. E fu contro questo odio gratuito che Gesù predicò e la maggior parte delle sue critiche ai sacerdoti dell'epoca verteva su due punti: primo, essi fanno del marginale il principale e fanno del principale il marginale; secondo, l'odio deve essere sostituito da un amore estremo, pervaso di bontà e misericordia. 

Bisogna comprendere bene questi due punti, perché hanno un grande peso pari a quello che ha il servizio nel Bet Ha Mikdash, la Casa di Dio, che appunto fu distrutta a causa dei peccati collettivi. Poiché il Santo Benedetto non ci ha dato la Sua Santa Torà per esserne fieri e sminuire (o peggio, detestare) chi non l'ha ricevuta. Tra le virtù del nostro Maestro Mosè, la pace sia su di lui, c'erano l'amore per gli stranieri e il rispetto per ogni essere vivente. Così come Dor Haplagà eresse una costruzione contro la volontà del Signore, parimenti il peccato del Vitello fu compiuto senza alcun permesso dall'Alto. Il peccato della Generazione della Scissione è generale per le generazioni e le nazioni, mentre il peccato del Vitello è specifico per Israele, e anche se è stato espiato nel corso dei secoli, il popolo ebraico dovrà ancora purificarsi da ogni traccia di idolatria, tuttora presente e persino da ogni immagine che sta nei cieli al di sopra, dal momento che tutti i tipi di idolatria sono contemplati nel Secondo Comandamento.

E nel verso in Esodo (32, 20) è scritto: "Poi (Mosè) prese il vitello che avevano fabbricato, lo bruciò nel fuoco, lo macinò in modo da ridurlo in polvere, lo sparse nell'acqua e lo fece bere ai figli d'Israele".  E' un'allusione al fatto che il peccato del Vitello raggiunse la sua forma finale dopo 40 giorni, e, in senso lato, alla fine di 40 generazioni. Al termine della lunga e amara diaspora, il Vitello esce in una forma che si confà al suo periodo storico ed è un peccato che impedisce la Redenzione Finale; essa, infatti, potrà rivelarsi pubblicamente solo dopo che verrà espiato per sempre il peccato. Questo peccato finale racchiuderà anche il peccato della Torre e ogni forma di idolatria, e solo dopo la sua estirpazione avverrà la purificazione generale. Alla fine, nelle ultime generazioni che precedono l'avvento del Goel, una parte del popolo è ancora immersa nel peccato che soffoca lo spirito, ed il cuore di molti è pervaso da radicate dottrine mistiche che disconoscono l'Unità di Ha Shem. Abbiamo ricevuto il permesso dallo Tzadik, Capo dei Bnei Aliyà, il Morè Haim, di rivelare l'essenza di questo peccato e di come esso impedisca l'avvento della Gheulà.

Il peccato idolatra in campo ebraico è rappresentato dal libro dello Zohar, scritto in Spagna da Moshe de Leon nel XIII secolo e diffusosi con la stampa dal XVI secolo; lo Zohar ha generato una corrente di pensiero mistico ed è entrato nel canone dei libri di studio rabbinico, venendo "adottato" da tutti i movimenti chassidici, e, in particolare, dal movimento Chabad (acronimo di Saggezza-Discernimento-Conoscenza), che si è creato un metodo speciale di esegesi, che fa credere ai suoi seguaci di possedere la chiave per portare al mondo la redenzione e il Messia. Una volta diffusosi questo peccato, tutto Chabad è diventato un movimento di propaganda idolatra che si distingue per la sua superbia e la diffusione del "suo" ebraismo; i suoi adepti adorano il loro Rebbe-Messia (che in vita non ha fatto nulla per dissuaderli da tale culto idolatra) come un Dio. Essi diffondono ovunque la sua fotografia (in Israele e nelle comunità ebraiche del mondo), convincendo i correligionari che tale immagine, se esposta, porta una benedizione speciale alla casa e/o all'esercizio commerciale. Purtroppo, la maggior parte del popolo non si rende conto che tutte queste immagini sono impure e diffondono il peccato di idolatria. Il Lubavitcher Rebbe era contento e concordava, convinto che ciò avrebbe ingigantito il suo nome in tutto il mondo, ebraico e non. Chabad è un movimento missionario e messianico molto pericoloso e deleterio per l'ebraismo, e i suoi seguaci praticano l'idolatria, con uno spirito impuro che offusca loro la mente, ignara del peccato che compie quotidianamente. Chabad vive e opera in questo falso spirito e non può lasciare la città di Lubavitch, né può cessare di innalzare la sua Torre. I cosiddetti chassidim ignorano di essere odiati dall'Alto e non sanno di essere i principali latori del peccato di idolatria. Ma i loro progetti non andranno a buon fine. Vogliono convincere il popolo ebraico che solamente loro sono in grado di costruire la grande torre dell'ebraismo che arriva fino al cielo, mediante la loro saggezza, il loro discernimento e la loro conoscenza della divinità, e tramite la diffusione della loro strategia propagandistica ai quattro angoli del mondo, sono convinti di essere i veri portavoce dell'ebraismo. Ma la verità alla fine emergerà. La loro arroganza intellettuale, mascherata dalla dolcezza dei loro discorsi in pubblico, la loro ipocrisia dei doppi pesi e delle doppie misure (uno per gli ebrei e uno per i "goim"), è ben nota all'Onnipotente che conosce e giudica i cuori e le reni di ogni essere umano e sa che una fede che si basa su elementi falsi e impuri non potrà durare per sempre. La base di tanto male si trova nel sistema pagano e immondo di servire le Emanazioni tramite una fede estranea alla nostra santa Torà, che "contrae" Ha Shem nell'angusto mondo di Atzilut dello Zohar. I cabalisti lo chiamano Ha Kudshe Brich Hu e dicono che si manifesta in una forma umana, secondo il livello del suo mondo, mediante 248 organi e 365 articolazioni. E per comprendere tutte le distorsioni presenti nello Zohar, bisogna studiare ed insegnare il libro "Milhamot Ha Shem" dal saggio yemenita Yehie El Kapah, che ha esposto in modo chiaro le incongruenze, le contraddizioni, gli anacronismi e le implicazioni idolatre dello Zohar, e ora con l'aiuto del Signore su di noi, e col permesso dello Tzadik Kadosh, ha Morè Haim, dobbiamo presentare la verità perché è arrivato il tempo di ripristinare la corona pura e semplice della Fede nel nostro Unico Dio. Ed ecco che il peccato che stiamo qui trattando è quello di "non avrai altri dèi". Da un lato, non è facilmente visibile, e dall'altro, il suo effetto, che esce alla fine della sua azione, è immondo perché genera nel pensiero una molteplicità di rappresentazioni ed immagini mentali associate alle presunte emanazioni del Santo Benedetto. L'idolatria in Israele durante il periodo del Primo Tempio era visibile, mentre l'idolatria nel periodo del Secondo Tempio era, come abbiamo prima spiegato, connessa più al malcostume e al degrado morale. L'idolatria delle ultime generazioni si è manifestata con delle forme sottili, di tipo spirituale, trascendentale, mistico, e il principale responsabile di tale peccato e l'odiata costruzione della Kabalà dello Zohar, che racchiude sia il peccato della Torre che quello del Vitello d'Oro. La sottilità del peccato viene allusa nel verso che abbiamo prima riportato: "Poi (Mosè) prese il vitello che avevano fabbricato, lo bruciò nel fuoco, lo macinò in modo da ridurlo in polvere, lo sparse nell'acqua e lo fece bere ai figli d'Israele"; alla fine, il popolo d'Israele deve essere purificato dalla "polvere fine" che si trova nelle forme più sottili di "altri dèi". Ed è anche noto dalla Tradizione che il Vitello era simile al toro che i figli d'Israele videro  quando il cielo si aprì, pensando che avrebbero ricevuto il suo influsso. E, lo ribadiamo, la Redenzione non arriverà fino a quando il popolo ebraico non si purificherà del tutto dal peccato del Vitello e dal servizio ai Partzufim Superiori e dall'edificio che considerano come la Sala del Signore.

(Esodo, 32, 21) "E Mosè disse ad Aharon: Che cosa ti ha fatto questo popolo che tu lo hai indotto ad una così grave colpa?". Mosè incolpò Aharon di essere responsabile, allusione al fatto che nelle ultime generazioni, fino al tempo della Redenzione, sono colpevoli tutti quei rabbini che non hanno contrastato tale fede idolatra ed estranea, e non hanno agito per respingerla al di fuori del campo ebraico. (Ibid. 22) "E Aharon rispose: "Non si accenda la collera del mio signore; tu stesso conosci come questo popolo sia incline al male". Qui ci viene rivelata la sensazione di inferiorità di Aharon rispetto a suo fratello Mosè chiamato "mio signore", sebbene fosse minore di età, poiché solo Mosè si assunse la responsabilità di correggere il peccato del Vitello.

(Ibid. 19) "Ora quando Mosè si avvicinò all'accampamento e vide il vitello e le danze, si accese il suo sdegno, scaraventò dalle sue mani le tavole, frantumandole ai piedi del monte". Solo Mosè poteva correggere il peccato, poiché "fedele è in tutta la sua casa" ed è "il più umile di tutti gli uomini sulla faccia della terra". Fu Mosè a rompere le Tavole, a bruciare il vitello, a chiedere perdono e misericordia per il popolo, e in effetti si disse pronto a morire per espiare la colpa del popolo quando disse a Dio (Ibid. 32): "Ordunque, perdona la loro colpa o altrimenti cancellami dal libro che Tu hai scritto". Al contrario, Aharon non poteva addossarsi tutta la colpa del popolo, per cui si giustificò con suo fratello: "Tu stesso conosci come questo popolo sia incline al male", in altre parole: tu stesso sapevi già da prima di che natura è questo nostro popolo. Non è una critica implicita al fratello, tuttavia, Aharon intende in un certo senso alleggerire il peso della sua trasgressione, poiché non era al livello di reggere da solo la colpa di quel grave peccato. (Ibid. 1). Il popolo, vedendo che Mosè tardava a scendere dal monte, si radunò intorno ad Aharon e disse: "Orsù, facci un dio che proceda alla nostra testa perché di questo Mosè, l'uomo che ci fece uscire dalla terra d'Egitto, non sappiamo che cosa gli sia successo". Lo stesso è avvenuto nel corso delle generazioni, con il popolo che non vedendo Mosè, ha cercato un sostituto, e l'errore è cominciato così.

La Santa Torà ha testimoniato le grandi virtù di Mosè, l'uomo di Dio, che era la persona più umile al mondo ed era il più fedele nella Casa di Dio, per cui i figli d'Israele "credettero in Dio e in Mosè", e la Torà non avrebbe dichiarato tale fede in un uomo tranne Mosè, il cui merito rimane e rimarrà sempre a beneficio del popolo. E un'allusione a ciò è l'odioso peccato chiamato "il peccato dello Zohar", che inizia con un Vitello d'oro mentale e si conclude con un Vitello d'oro reale, rappresentato da un uomo che è investito dallo spirito impuro dello Zohar. La moltitudine mista attuale, personificata da Chabad, sostiene che il Rebbe è il Moshe Rabbenu della nostra generazione, che Dio ci preservi da tanta blasfemia, stupidità e arroganza. E non hanno timore di mentire, poiché il loro maestro, Moshe de Leon, aveva fatto altrettanto sette secoli fa quando attribuì la sua falsa opera al santo Tanai, rabbi Shimon Bar Yochai, mettendogli in bocca le sue farneticazioni, per cui gli Attributi di Ha Shem sono associati a "nuovi dèi venuti di recente" (Deut. 32, 17), Dio ci salvi.

(Ibid. 24): Allora io (parla Aharon) risposi: "Chi ha dell'oro, se ne spogli". L'espediente di Aharon non ebbe buon esito, poiché al suo ingegno si contrappose l'astuzia di Satan. (segue) "e me lo consegnarono e io l'ho gettato nel fuoco e ne è venuto fuori questo vitello".  Ed ecco che quasi tutti i rabbini delle generazioni precedenti, una volta che iniziò a diffondersi lo Zohar, capostipite e ispiratore di tutti i testi della nuova Kabalà, di Hassidut e Chabad, non si levarono nel loro sacro zelo per lavare l'onta da essi apportata contro il Signore, la santa Torà e la nostra fede, retaggio dei nostri santi antenati. E pertanto "ne è venuto fuori questo vitello". E purtroppo sono in molti ad essere caduti, perché, invece di seguire l'innocenza della fede dei Padri, hanno preferito essere sedotti dal fascino di questa bella e malvagia meretrice e deliziarsi nelle allusioni segrete dei suoi occhi accattivanti. E hanno dimenticato che (Genesi, 3, 1) "il serpente era il più astuto fra tutti gli animali del campo che il Signore Dio aveva fatto", per cui Eva rimase sedotta dalla sua voce suadente e dalla sua intelligenza, invece di osservare il comandamento di Dio. E, alla stessa stregua, i rabbini sono rimasti sedotti dalla voce suadente e dalla saggezza fallace dello Zohar, invece di rimanere fedeli al comandamente esplicito della santa Torà : "Sii semplice con il Signore, tuo Dio". L'astuzia del serpente si manifestò fin dalle sue prime parole: "Dio vi ha proprio detto: "Non mangiate di nessun albero del giardino?", lasciando uno spiraglio al dubbio su quanto ha ordinato il Signore. E anche tutta la saggezza della nuova Kabalà è pervasa da questa astuzia diabolica, dal momento che la strategia del serpente viene occultata e mescolata dai versi e dalle parole dei nostri Saggi, di benedetta memoria.   

Ma torniamo alla Torre. (Gen. 11, 3). "E dissero gli uni agli altri: "Orsù fabbrichiamo dei mattoni e facciamoli cuocere". I mattoni che usarono per loro erano come pietre e l'asfalto come calce". Questa unità di intenti viene per preparare i mezzi e realizzare lo scopo malvagio dei peccatori; lo si arguisce dal versetto "gli uni agli altri", che non compare nel verso seguente. Questo perché l'unità più forte per ottenere uno scopo malvagio consiste nella preparazione dei mezzi, e fintanto che non viene raggiunto lo scopo, l'unità rimane molto salda, ma una volta che sembra essere raggiunto lo scopo, l'unità inizia a sgretolarsi, perché ognuno pensa al proprio interesse. Per questo, all'inizio del progetto è scritto: "E usarono per loro" in quanto al momento dell'unità di intenti si pensa al bene generale, per poi passare a quello particolare, personale.  

E i quattro versi della Torre sulle intenzioni iniziali mostrano la graduale trasgressione dei peccatori, dall'inizio del loro allontanarsi dal Predecessore del mondo, fino alla costruzione finale, che culmina con un atto di idolatria, la Torre odiata dal Cielo, dal suo principio alla sua fine. E l'allusione è presente nel verso del Secondo Comandamento (Esodo, 20, 4) "che punisce il peccato dei padri sui figli fino alla terza e alla quarta generazione per coloro che Mi odiano" che va riferito ad una costruzione metafisica, divisa in quattro categorie generali, alla quale si rifanno i nuovi cabalisti. Infatti, essi in tutti i loro testi parlano di quattro mondi: Atzilut, Beriyà, Yetzirà e Asiyà, parallelamente agli aspetti (partzufim) di Aba, Ema, Zeir Anpin e Nukve dello Zohar. Ed ecco che il libro "Milhamot Ha Shem" viene per contrastare tutte le loro argomentazioni tramite la nostra sacra Torà, spiegando che l'edificio della nuova Kabalà è odiato dall'Alto perché è sconfinato nella vera e propria idolatria. Il primo verso che parla di "un unico linguaggio" e di "concetti simili" allude al loro mondo di Atzilut (Emanazione), che a detta dei cabalisti rappresenta il mondo dell'Unità. Il secondo verso "e partirono dall'oriente" allude al loro mondo di Beriyà (Creazione) che si staccò dal suo mondo precedente per assumere una realtà propria, femminile, da fecondare. Il terzo verso "orsù fabbrichiamo dei mattoni e facciamoli cuocere" va riferito alla costruzione dell'edificio, al mondo di Yetzirà (Produzione). Il quarto verso allude al loro mondo di Asiyà (Azione), il risultato finale dei loro preparativi e dei loro lavori. Tutto ciò detto in breve perché non è nostra intenzione inoltrarci nei dettagli della loro dottrina, bensì mostrare al lettore in che modo la costruzione odiata della Torre vada riferita al "peccato dei padri sui figli fino alla terza e alla quarta generazione per coloro che Mi odiano" ossia l'edificio dello Zohar con tanto di padre, madre, figlio e nuora e l'edificio dei quattro mondi summenzionati, che a detta dei cabalisti, sono associati alle lettere del Tetragramma. A noi è invece chiaro che il verso "Allora si cominciò a profanare il Nome di Dio" va riferito ai nuovi cabalisti.  Hanno cominciato per errore a comporre le loro considerazioni sul loro edificio quadrangolare, pensando di poter spiegare il segreto del Tetragramma e in questo hanno creduto di ricevere su di loro l'influsso divino benefico e salvifico. Questo è il peccato dello Zohar dei cabalisti che, mediante una "luce" immaginaria, sono usciti dall'umiltà di pensiero e hanno trasgredito il monito divino "Sii semplice con il Signore tuo Dio", dichiarando gli uni agli altri: "Orsù, costruiamoci una città e una torre la cui cima arrivi in cielo e facciamoci un nome così da poterci diffondere su tutta la terra".  Ed ecco che i quattro versi vengono per raccontare il loro peccato. Da "in tutta la terra si parlava un'unica lingua" a "sulla faccia di tutta la terra" viene raccontata la loro vicenda, mentre dal quinto verso "e il Signore scese per vedere" viene trattata la reazione di Ha Shem. E' importante sottolineare che dall'inizio del racconto non si riscontra qualcosa di peccaminoso; se si studia il racconto "al pshat" (commentandolo in modo letterale e semplice) non si evidenzia alcunché di male; solo quando è scritto "orsù facciamoci un nome" si rivela la loro intenzione che non era certo "le shem Shamaim", anzi, tutt'altro, andava contro la volontà del Signore. Inoltre, non si capisce perché il verso 3 precede il 4, quando, secondo logica, doveva essere il contrario, dal momento che i versi parlano qui di fatti reali, e, nella realtà, le loro intenzioni avrebbero dovuto precedere la preparazione dei mattoni e la costruzione della Torre. Tuttavia, la Torà viene per insegnarci che nel peccato di questa odiata costruzione non c'era in apparenza niente di losco, fino a che fu chiara la loro intenzione malefica di farsi un nome. Solo a quel punto, ci si rende conto che tutta la costruzione è detestata dal principio alla fine, una volta che l'intenzione viene allo scoperto. E un segno del loro fine spregevole è che Dio non impedì loro di costruire l'edificio, e sebbene non avessero il diritto di essere salvati, tuttavia (Genesi, 11, 6) Dio li lasciò fare, in quanto "niente impedirà  loro di fare tutto ciò che si proporranno". E fu così che eressero la città e la Torre. E solo a questo punto, l'odio dei costruttori verso Dio viene punito da Dio stesso con la regola del contrappasso (midà keneghed midà), la punizione per analogia.

Soffermiamoci ora sul racconto della Torre, così come viene esposto nel libro sacro "Sefer Hayashar" (Parashat Noah): "Ed avvenne che quando iniziarono a costruire si ribellarono al Signore, Dio dei Cieli, ed erano convinti in cuor loro di combatterLo e di poter salire su in cielo. E tutta quella gente con le loro famiglie si suddivise in tre parti. La prima disse: "Saliamo su in cielo e combattiamo Dio". La seconda disse: "Saliamo su in cielo e piazziamo il nostro dio per servirlo". E la terza disse: "Saliamo su in cielo e colpiamo Dio con archi e frecce e con spade". Da qui possiamo arguire che il loro intento malvagio era ispirato da totale stupidità, dato che quegli stolti pensavano di poter conquistare il cielo; e a loro va riferito il verso del Salmo (2, 4)' "Colui che risiede nei cieli ne riderà; il Signore si farà beffe di loro". E infatti il Signore si fece beffe di Dor Haplagà. Racconta "Sefer Hayashar": "E quando costruirono in alto, scagliarono frecce contro il cielo; e le frecce tornavano giù su di loro intrise di sangue. E, vedendo ciò, essi esultavano e dicevano l'uno all'altro: Ecco abbiamo colpito a morte tutti quelli che sono in cielo. E tutto ciò fu opera di Dio per far scomparire quella gente dalla faccia della terra".

E tutta la loro unità consisteva nel costruire l'edificio e realizzare gli intenti che si erano prefissi. Il loro amore per il prossimo era falso e menzognero, come espresso nei Midrashim e nel "Sefer ha Yashar: "E avvenne che gli uni salivano e gli altri scendevano (per costruire) durante il giorno. E se succedeva che un mattone scivolava giù dalla loro mano e cadeva e si frantumava tutti si disperavano; ma se invece cadeva dall'impalcatura e moriva un muratore la cosa passava sotto silenzio". E questo era un segno dell'odio del Cielo ancor prima che si manifestasse in modo reale. E, agli inizi, quando l'edificio era ancora in fase di progetto e c'erano unità di intenti e poco amore, gli uni parlavano agli altri di unità e poiché le loro intenzioni non erano "le shem shamaim", i loro discorsi vertevano solo sulla costruzione della Torre e su ciò che sarebbe potuto tornare utile alla costruzione.

Allo stesso modo, nelle ultime generazioni, tra i movimenti hassidici sorti dopo la diffusione dello Zohar, l'odio, l'invidia e la superbia si sono intensificati al loro interno (e specialmente nel movimento Chabad), per cui essi credono che, attraverso lo studio e l'insegnamento dei loro testi, possano condurre alla costruzione della loro Torre Zohar nella sua forma elaborata, per portare alla fine il Messia. E tutti loro studiano assiduamente e ogni giorno questi libri per innalzare e dare sfarzo alla loro costruzione dei Quattro Mondi, per cui ne sono fieri e contenti e, in ogni occasione, citano ed esaltano i loro testi di hassidut, disprezzando e oltraggiando, invece, chi li osteggia e non pensa come loro. All'interno dei gruppi stessi, regnano l'invidia, l'inimicizia e la mancanza assoluta di buona educazione (derech eretz). Poiché anch'io in passato ero Chabad, posso testimoniare in prima persona che ciò che scrivo è autentico e dettato dall'esperienza. E vorrei qui riportare un episodio di vita per me emblematico e molto significativo. Una volta, chiesi ad un importante rabbino Chabad perché mai fra i bahurim (allievi) della scuola rabbinica da lui diretta regnasse tanta maleducazione e mancanza di rispetto reciproco. Il rabbino mi rispose che tale condotta non era affatto da censurare poiché solo il Rebbe è degno di rispetto, mentre gli altri hassidim sono, al suo confronto, delle nullità e come tali vanno trattate. Naturalmente, il rabbino non avrebbe detto una cosa simile davanti ad un pubblico estraneo, ma l'avermela rivelata con tanta sincerità dimostra la stortura del pensiero che esiste all'interno di tale movimento idolatra. Con questo atteggiamento e modo di pensare viene distrutta la regola base secondo la quale "Derech eretz kadma la Torà" (le buone maniere vengono prima della Torà); costoro hanno dimenticato che senza la buona educazione e il rispetto reciproco, come dovuto fra gli esseri umani, la Torà non può sussistere. Nell'ambiente Chabad si fanno grandi onori alle persone ricche o benestanti, adulate oltre ogni limite, in quanto considerati potenziali finanziatori della Torre messianica, al cui vertice sta il Rebbe di Lubavitch. Chi non ha mezzi economici viene trattato con indifferenza e disinteresse, e la simpatia e le buone parole vanno accordate a quegli ebrei che un domani potrebbero diventare nuovi seguaci e militanti del loro "Esercito di Dio". Così l'invitare i correligionari a mettere i tefilin in pubblico oppure ad accendere i lumi di Hanukà nelle piazze delle grandi città oppure ad aprire centri Chabad di assistenza nei luoghi più disparati del mondo visitati dai giovani israeliani (in India, Sud America, Asia orientale, Australia e Nuova Zelanda) ha il solo scopo di propagandare il loro messaggio messianico, favorendo in questo modo la glorificazione del loro dio-messia in terra. E' infatti risaputo che il Rebbe da New York, dagli anni Sessanta, ha condotto e intensificato la strategia della "shelichut", la missione di Chabad nel mondo (non a caso hanno adottato come loro motto il verso in cui Dio benedice Giacobbe in Genesi, 28, 14ופרצת ימה וקדמה וצפנה ונגבה  e ti estenderai ad occidente, oriente, a nord e a sud) affidando ai suoi "shluchim" (emissari) il compito di piazzarsi ai quattro angoli del mondo per realizzare lo scopo prefisso. Logicamente, per poterlo fare sono necessari immensi mezzi finanziari, ma Chabad non ha mai avuto problemi a raccogliere fondi con il suo capillare sistema di propaganda e di "schnorr" (il chiedere soldi ai propri correligionari). Possiamo pertanto dire che l'amore per il prossimo è in funzione del sostegno alla causa; quanto più sostieni e aiuti finanziariamente Chabad tanto più sei amato e apprezzato e partecipi alla costruzione della Torre. Ovviamente, non si tratta di vero amore ma di amore condizionato dal sostegno alla Causa. Chi non vi partecipa, è considerato uno zero.

Questo atteggiamento di glorificazione della Torre e di venerazione per il suo Nimrod newyorkese e, allo stesso tempo, di disprezzo e mancanza di derech eretz verso chi non giuoca un ruolo importante nella sua costruzione, ci fa intendere che tale edificio è odiato dal Cielo e finirà per crollare. I saggi yemeniti dicevano che chi ama la Halachà e odia e disprezza la gente comune e poco erudita si comporta come la generazione che intraprese la costruzione della Torre, che si disperava se andava perso un mattone mentre rimaneva indifferente se cadeva e moriva un muratore. Tale atteggiamento è odiato da Dio, che, alla fine, giudicherà la città e la sua Torre.

Ma torniamo al racconto della Torre di Babele. Il primo gruppo che scagliava frecce in alto si diceva convinto di conquistare il cielo. Il secondo gruppo riconosceva l'esistenza di un Dio in cielo ma desiderava ribellarsi e sostituirlo. Nella loro stoltezza pensavano che avrebbero vinto la guerra una volta arrivati in vetta alla Torre. Essi ritenevano che l'edificio a base quadrangolare avrebbe raccolto gli influssi superiori e il loro re Nimrod, che dominava il mondo terreno, avrebbe assunto la supremazia di Cieli e Terra. Da qui l'idea del Figlio emanato di Dio, che può sostituirsi al suo Padre. Il terzo gruppo voleva piazzare il suo idolo in cima alla Torre per poterlo adorare ed esaltare. Le radici del peccato del Vitello d'Oro sul Sinai hanno analoga origine.

L'atto della Torre è, come affermato, generale per il mondo, ed è alla radice di ogni tipo di negazione di Dio. E l'atto del Vitello è particolare per Israele, ed è alla radice di ogni tipo di idolatria nell'ebraismo nel corso delle generazioni. Da quanto abbiamo qui esposto possiamo dire che i peccati della Torre e del Vitello rientrano nel "peccato dei padri sui figli fino alla terza e alla quarta generazione per coloro che Mi odiano"; e per quanto riguarda queste ultime generazioni, il peccato va riferito allo Zohar e alla sua falsa mistica fino al falso messia di Chabad.

L'autore di Sefer Ha Yashar racconta (Parashat Noah) in che modo Dio punì le tre categorie di ribelli: "Coloro che dissero 'saliamo su in cielo e adoriamo il nostro dio' furono trasformati in scimmie ed elefanti. Coloro che dissero 'colpiamo il Cielo con le nostre frecce' si uccisero fra di loro. Coloro che dissero 'saliamo su in cielo e combattiamo Dio' vennero dispersi ai quattro angoli del mondo. E chi non fu punito perché si dissociò dalla Torre venne comunque disperso sulla faccia della terra. Fu allora che cessarono di fabbricare la città e la Torre. E quel luogo fu chiamato Bavel (Babele) "perché là il Signore confuse la lingua di tutta la terra, sulla cui faccia Egli li disperse". E la Torre eretta fu inghiottita per un terzo dalla terra che si aprì. Dal cielo si sprigionò un fuoco che bruciò un altro terzo. L'ultimo terzo rimasto esiste fino ad oggi ed è sospeso sopra nel cielo e la sua ombra si proietta sul mondo per tre giorni alla settimana. E furono molte le persone che morirono sulla Torre in quell'anno".  

Ed ecco che in queste ultime generzioni, I rabbini hanno eretto una grande Torre alla cui cima hanno messo il libro dello Zohar con tutti i suoi Partzufim sporcati dal sangue dei sacrifici fatti ad altri dèi. Ed hanno iniziato a raccontare in che modo il Fattore Primo abbia creato il suo mondo, in che modo si sia contratto per dare vita ad altri mondi. E questi nuovi esegeti della Torà hanno scritto migliaia di libri sui Quattro Mondi, sullo Zeir Anpin che copula con Nukve in cima alla Torre. E sono caduti giovani e vecchi, e anche i dotti e i saggi con fare superficiale hanno visto che "l'albero era buono da mangiare, piacevole a vedersi e desiderabile perché faceva acquistare intelligenza" e hanno pensato che era arrivato il momento di parlare dell'essenza di Dio. Stolti ed irresponsabili, folli e profanatori come gli ideatori e i costruttori della Torre, agili come scimmie nelle loro dissertazioni e pesanti di boria come elefanti hanno ostentato le loro nuove dottrine. E chi sono loro che osano vantarsi di conoscere e descrivere Dio e, allo stesso tempo, non potrebbero fissare per più di tre secondi il sole che è uno dei servitori del Santo Benedetto? Tutte le loro parole per spiegare in che modo Dio si sia emanato, si sia contratto, si sia manifestato non valgono la carta su cui sono state scritte. E sono odiate dal Cielo! E sono simili alle frecce di allora scagliate verso l'alto, ma il Buon Dio si fa beffe di loro e gli fa credere di aver raggiunto il loro scopo; ecco, mettono il loro messia sul trono regale, in cima alla Torre e lo Zeir Anpin scende per ungere la sua testa con l'olio messianico. E sono convinti che si farà grande festa sopra e sotto, e tutte le emanazioni si accoppieranno fra loro e nuove comprensioni scenderanno nel mondo e la terra si riempirà delle immagini di Schneerson. Ma, giorno verrà, e Dio scenderà per vedere la città di Lubavitch e la Torre di Schneerson, opera malefica del Nimrod-Chabad.

E il Signore dice: "Ecco un popolo unito, che concorda su una dottrina falsa e corrotta, ecco, parla con un unico linguaggio, quello dello Zohar impuro, che ha fatto cadere grandi e piccoli". Tale odiata costruzione è iniziata con il perverso e astuto peccato del filosofo seduttore, Moshe de Leon, la cui penna era intinta nel veleno del Serpente (che possano le sue ossa ardere dentro il suo sepolcro!). Questo malvagio attribuì il suo libro al santo Tanà, rav Shimon bar Yochai (Rashbi), il quale mai conobbe, vide o persino sognò una tale opera. E proprio Rashbi nelle Massime dei Padri afferma che chi associa il Nome di Dio ad una qualsiasi entità verrà cancellato dal mondo!

Ma il Signore impedirà loro di mettere in atto le loro intenzioni. "Volevate costruire un altare per Zeir Anpin ed incoronare il vostro re per fargli far da mediatore fra El Elyon (Dio Supremo) e la terra? Ebbene, Io vi do tutto il tempo necessario per erigere il vostro edificio e incoronare il vostro re, poiché so bene che fin dal principio i vostri pensieri miravano a descrivere e servire altri Partzufim al Mio cospetto, per cui avete finito col cadere nella vera e propria idolatria venerando un essere in carne ed ossa, con i propri bisogni corporali. E Io vi concedo quattro generazioni per portare a termine i vostri piani; del resto, non potreste capire quanto Io detesti la vostra città e la vostra Torre! E affinché non diciate che non vi ho mandato un segnale per mettervi in guardia contro questa mistificazione, sappiate che qualche anno dopo la diffusione dello Zohar, si levò un ebreo, di nome Shabetai Zvi, che fu acclamato da molti cabalisti come il primo Messia dello Zohar. Costui si diceva ispirato e illuminato dalla luce dello Zohar, e tutta la sua forza spirituale proveniva, a suo dire, dallo studio di questo libro. Furono in molti a credere in lui, accompagnandolo con danze e canti, in preda a false visioni, pronti a vendere i loro beni pur di seguirlo in terra d'Israele, dove vi si insediò. Immensa fu la loro delusione quando alla fine egli si convertì all'Islam e tutto il suo movimento messianico ebbe una misera fine.           

Tuttavia, i rabbini non fecero un esame di coscienza per indagare e trovare la radice del male. Essi scaricarono tutta la colpa su Shabetai Zvi e non capirono che il suo spirito proveniva dal libro dello Zohar, uno spirito che si era impossessato della sua mente e lo allucinava con continue visioni. Nonostante la fine ingloriosa e deludente di quel movimento messianico, la gran parte dei religiosi non capì che alla radice di tanto male c'era lo Zohar, per cui non riuscì a pulire l'ebraismo da tutte le emanazioni e le associazioni mentali divine presenti nel sistema cabalistico. Purtroppo, i rabbini dell'epoca non spiegarono in modo chiaro e halachico l'essenza della pura fede e tralasciarono il fatto che è per noi proibito associare, anche solo mentalmente, il Creatore con immaginarie manifestazioni divine. E non fecero nulla per chiarire i termini di questa mistificazione e profanazione.      

E' importante qui sottolineare che più di un secolo prima della pubblicazione dello Zohar nel XIII sec. era venuta al mondo la luce splendente e meravigliosa del santo Tzadik, Capo dei Bnei Aliyà della sua generazione, le cui parole provenivano dalla vera Tradizione Orale. Ci riferiamo a Rabbi Moshe ben Maimon (Rambam), la Grande Aquila, di benedetta memoria, che aveva previsto nella sua saggezza tutte le storture, passate e future, riguardanti la Fede. E a tale proposito aveva scritto "la Guida dei Perplessi" (Morè Nevuchim), in cui al fedele vengono indicate le vie per perseguire la pura fede. L'opera è vera Kabalà e viene esposta in stile filosofico come era consono alle esigenze e agli studi dell'epoca. E poiché Maimonide aveva in precedenza scritto lo "Yad Hazakà" che tratta i precetti e i fondamenti della Torà, la Guida sarebbe dovuta bastare ai rabbini successivi quale segno manifesto che quanto in essa esposto era verità basata sulla Sacra Torà e non c'era motivo di metterne in dubbio il contenuto, anche se la veste filosofica-aristotelica avrebbe potuto generare delle perplessità sull'ortodossia di pensiero del Rambam. L'intera opera stabilisce il principio di base che la fede nella Torà è eterna e che il nostro servizio e le nostre preghiere sono destinati a Dio soltanto, che è la Prima Causa di tutte le realtà, sia Egli Lodato per sempre; Egli non è un punto intermedio che collega le entità superiori (Elionim) con quelle inferiori (tahtonim) come l'apice della Torre o il Vitello d'Oro o tutto il sistema dello Zeir Anpin che sfocia nel peccato messianico dello Schneerson (ben=son, Schner= Shin'ar), il figlio di Shin'ar. 

E tutto il peccato è uscito fuori in seguito, dato che la maggior parte dei rabbini non si era resa conto che, per tutte le questioni di difficile comprensione, il Santo Benedetto aveva già mandato un Maestro fedele che insegnasse al popolo perplesso il percorso della verità. E se avessero meritato di riconoscere la verità dell'intera opera e i nobili intenti dell'Autore, il "Morè Nevuhim" sarebbe diventato la chiave per comprendere l'essenza della Fede, come una medicina preparata in anticipo dal Santo Benedetto per prevenire o guarire la malattia, in caso di bisogno. Questo perché lo santo Tzadik, a conoscenza dei segreti del Signore, aveva manifestato chiaramente i pericoli connessi con la mistificazione degli Attributi associati a Dio. E mi preme qui sottolineare che tutto ciò che sto qui scrivendo è kabalà diretta dal mio Santo Morè, il Maestro Haim. Tutto con il suo permesso e con la sua approvazione, dato che io sono stato da giovane il suo segretario e riporto per iscritto le sue sacre lezioni adattandole alle questioni richieste dai meravigliosi segni e dalle novità che il Santo Benedetto ci manda (vedi il Libro dei Segni).

Ed ecco che l'errore che ha causato il peccato dello Zohar è nato dall'aver violato la pura fede, contravvenendo al monito della Santa Torà: "Sii semplice di pensiero (tamim) con il Signore tuo Dio". E non è 'tmimut' indagare sull'essenza di Ha Shem. Il fedele deve vivere nel timore di Dio e meravigliarsi delle Sue opere con l'innocenza della fede nel cuore. Consideriamo ciò che è scritto nella parashà di "Nitzavim" (Deut. 29, 25-28): (25) "Essi cominciarono a servire altri dèi e si prostrarono loro, a dèi che non conoscevano e che il Signore non aveva dato loro in eredità. (26) Pertanto la collera del Signore si abbattè sul paese, riversandogli contro tutte le maledizioni che sono scritte in questo libro. (27). Il Signore li estirpò dalla loro terra con sdegno, ira e furore; e li sparse in altri paesi com'è fino ad ora. (28). Le cose occulte competono al Signore nostro Dio mentre quelle rivelate appartengono a noi ed ai nostri figli in eterno, onde possiamo mettere in pratica tutte le parole di questa Torà".  E qual è il nesso fra "le cose occulte che competono al Signore nostro Dio" e la maledizione scritta nella Torà, che è riferita al servizio ad altri dèi?. Rispondiamo che il nesso si trova nel tipo di idolatria che origina dallo speculare sulle cose occulte che appartengono a Dio soltanto. E i cabalisti e i rabbini che hanno canonizzato lo Zohar hanno trasgredito al precetto della Torà (Deut. 4, 2): "Non aggiungete niente a quanto Io vi comando, e non togliete nulla, osservando i precetti del Signore vostro Dio, che Io vi comando". La frase "che Io vi comando" è detta due volte; la prima va riferita al Primo Comandamento (Esodo, 20, 2): "Io sono il Signore tuo Dio che ti feci uscire dalla terra d'Egitto, dalla casa degli schiavi"; si tratta del precetto della fede al quale non bisogna aggiungere alcunché . E la seconda al Secondo Comandamento , al quale va riferito anche Il precetto "e non togliete nulla" . Il Secondo Comandamento proibisce severamente di servire altri dèi, in quanto è scritto (ibid. 4) "poiché Io, il Signore tuo Dio, sono un Dio geloso". In tale verso viene chiarito che una qualsiasi aggiunta alla fede genera, alla fine, il suo indebolimento e il degrado verso il culto idolatra ad altri dèi. Tutto lo Zohar e i libri che ad esso si rifanno, tramite un nuovo sistema di esegesi, hanno aggiunto nuovi concetti riguardanti la Fede e ciò chiamando le Sefirot con i nomi che la Torà attribuisce al Santo Benedetto Egli sia, generando, alla fine, una dottrina di 'shituf' (associazione) e 'ribui reshuiot' (molteplicità di poteri). Pertanto tutta la costruzione e la Torre con i livelli di Asiyà, Yetzirà, Beriyà e Atzilut e le susseguenti migliaia di speculazioni cabalistiche rappresentano una chiara trasgressione al comando divino "non aggiungete niente a quanto Io vi comando". La nostra Fede va rafforzata non già con aggiunte dottrinali bensì ricordando i portenti e i miracoli che il Signore nostro Dio operò facendoci uscire dalla schiavitù d'Egitto. Ogni volta che ricordiamo il miracolo di 'Yetziat Mitzraim' rafforziamo la nostra Fede in Ha Shem; se invece il fedele dirige con intenzione il suo pensiero ai quattro Mondi, ai Partzufim, alle Sefirot, ai Nomi tramite i quali Dio si contrasse per agire nel mondo, ecco che avrà aggiunto alla sua fede un ammasso di immagini mentali che sfociano nell'idolatria. Ecco perché la Torà è molto esplicita su questo punto (Deut. 4, 15): "Preservate assai le vostre anime, poiché non vedeste alcuna immagine nel giorno in cui il Signore vi parlò in Chorev, di mezzo al fuoco". E come non vedeste allora, altrettanto non create adesso delle immagini mentali, che non sono gradite al Signore vostro Dio e causano gravi danni alle vostre anime.

La vera costruzione di cui dobbiamo andare fieri è la nostra Santa Torà, che ha le sue solide basi nelle parole del Primo Comandamento, che proclama l'essenza della nostra Fede. La Fede vera e pura ci difende realmente e preserva la nostra anima. Noi crediamo in un Dio Unico e Onnipotente, che regna il mondo che ha creato. E Dio trascende la comprensione umana, ed è perciò che il Primo Comandamento non viene espresso in forma imperativa, ma come un atto di fede che va accettato così com'è. Ecco, sembra dirci Ha Shem, dopo che avete visto tutti i portenti, i segni e i miracoli che ho fatto facendovi uscire dall'Egitto, sarete convinti che sono Io il vostro Dio che vi protegge e vi salva come allora e che la Mia potenza è assoluta ed eterna. E non dovrete domandarvi chi sono Io, poiché nessuna mente umana può saperlo. E anche se una persona riuscisse a raggiungere un milionesimo di vera conoscenza, non potrebbe sopravvivere. E chi allora ha l'ardore e l'arroganza di investigare su Colui che creò infiniti mondi e firmamenti? Un'indagine può essere fatta su realtà che si possono esaminare e classificare, ma non sulla Mia essenza, che è inconcepibile e trascendente. Solo attraverso la fede nei Miei miracoli e nelle Mie meravigliose opere, potrete accostarvi ad una comprensione generale e ognuno al mondo può ricevere segni sulle Mie opere quando osserva la realtà con gli occhiali della Fede e ha un cuore puro, uno spirito semplice e conosce i suoi limiti. Costui potrà vedere le Mie opere e sarà da Me amato. "Sii semplice di spirito con il Signore tuo Dio".     

Ed ora, miei cari lettori, sappiate che due anni fa è mancato qui a Milano lo Tzadik Kadosh, Ha Morè Haim, Capo dei Giusti Nascosti, il cui numero è noto ma non la loro identità terrena, perché è a loro proibito rivelarla. Essi soffrono a beneficio del prossimo e sono scelti per addossarsi le sofferenze per la correzione del mondo. Il numero degli Tzadikim Nistarim non viene a mancare in ogni generazione, quando uno viene preso in Alto, un altro è pronto a sostituirlo. Ed il vero significato di "Rosh le Bnei Aliyà" (Capo dei Figli dell'Ascesa) è che fra gli Tzadikim Nascosti c'è un Capo che è responsabile di tutti, sebbene tutti siano santi in sommo grado e loro parole sono veri tizzoni ardenti. Lo Tzadik Kadosh, Capo dei Figli dell'Ascesa, Ha Morè Haim, è il Goel della generazione e per merito suo e per merito della sua sofferenza sono scesi nel mondo tutti i Segni della Quarta Generazione e dell'incipiente periodo della Redenzione (vedasi Sefer Ha Simanim). E prima della sua santa dipartita, il Maestro mi ha dato il permesso di svelare, per la prima volta, una parte dei sublimi insegnamenti che riguardano la questione degli Tzadikim Veri, che possiedono la Vera Kabalà, e annunciano in modo finale l'odio del Cielo verso la Torre del misticismo cabalistico dello Zohar con il suo susseguente Vitello d'Oro. Ogni persona timorosa di Dio deve ascoltare e considerare bene queste parole poiché è per noi una grossa opportunità poter conoscere il parere dei Bnei Aliyà. Essi rifiutano nel modo più assoluto il libro dello Zohar con tutti i suoi commenti. Essi sono santi e ascendono nella loro santità e la loro Ascesa non ha niente a che fare con le dottrine esoteriche, che sono inutili, vuote e profane. Ed i Veri Tzadikim non divulgano ciò che sanno ed il loro lavoro viene fatto in silenzio e con umiltà. E in queste ultime generazioni, pur sapendo che questa gigantesca Torre, chiamata Kabalà, è una costruzione fasulla che fa credere al poveretto chi vi entra di salire i gradini che portano alla conoscenza di Dio, non hanno aperto bocca. Questo perché i Giusti Nascosti hanno lavori particolari da compiere, sia individualmente che collettivamente, e non sono tenuti ad agire per ammaestrare il pubblico, perché se così fosse, verrebbero conosciuti e riveriti in sommo grado. Ciò contrasterebbe con la loro condotta che rifugge la popolarità e ogni forma di eccessiva riverenza. Va anche chiarito che il loro lavoro è di un livello superiore e anche se fanno parte del popolo ebraico, agiscono anche per la correzione del mondo. Nella loro sofferenza, impediscono e annullano decreti pesanti sugli ebrei e sulle nazioni. Tuttavia, quasi sempre vivono nell'anonimato, in luoghi dove abitano ebrei. Pertanto, non è loro compito contrastare pubblicamente lo Zohar, ma solo questa volta, a causa di "et la'asot la-Adonai, heferu Torateha" (è tempo di agire per Dio, poiché hanno violato la Tua Torà), lo Tzadik Haim, responsabile degli Tzadikim, ci ha permesso di rivelare questa importante questione.

Pertanto è bene sapere che il peccato deprecabile che stiamo qui trattando fa parte di "niente impedirà loro di fare tutto ciò che si erano proposti (di fare)". I cieli riveleranno tutti i loro peccati, una volta diffusa nel mondo la loro Torre e alla fine Dio farà crollare tutta la costruzione della falsa Kabalà, da Moshe da Leon a ben Shin'ar (Schneerson), "U-biarta ha rà mikerbecha" (e brucerai il male al tuo interno). Ed il popolo ebraico verrà mondato da tutto il pattume dei Partzufim, dalle migliaia di commenti di un'esegesi falsa ed inutile, basata sull'unione fra Zeir Anpin e Nukve, che distrugge i fondamenti della Torà e contrae la pura e semplice fede in un "Gufa d'Malka" (Corpo del Re), con tanto di arti e organi, Dio ci salvi da tanta profanazione! Israele tornerà alla fede semplice e capirà che tutta questa mistificazione lo ha corrotto e gli ha impedito la Redenzione. Una volta bruciata tale impurità, il popolo saprà chi è il vero Goel che potrà guidare la "sheerit haplità" (la rimanenza del popolo superstite) nel Terzo Tempio Finale, che esisterà in eterno. Amen e così sia.

Dagli insegnamenti del Maestro Haim, il Goel Finale. 

Concluso in data ו' בתמוז התשמ"ד.