LE SACRE GUERRE CONTRO LA KABALA'
"MILHAMOT HA-SHEM"
del
HACHAM
YIHYE IBN SHLOMO EL-KAPAH
con
il permesso dello
TZADIK
HA-SHALEM
HA-MORI
HAIM WENNA
e
tradotto in italiano dai
suoi
Talmidim
Editrice
La Giuntina
<03>
Copyright © 1983 by Peretz Green and Davide Levi
<04>
INDICE
|
Prologo |
pag. 19 |
|
Introduzione |
" 21 |
|
Introduzione al contenuto |
" 39 |
|
Introduzione alla lettura del testo |
" 45 |
1 |
Lettera dallo Yemen ad uno dei kabalisti di Gerusalemme |
" 47 |
2 |
Prima risposta |
" 47 |
3 |
Seconda lettera dallo Yemen a Gerusalemme |
" 47 |
4 |
Seconda risposta |
" 50 |
5 |
Terza lettera di R. Shlomò El-Kapah a Gerusalemme |
" 52 |
6 |
Terza risposta da Gerusalemme |
" 59 |
<05>
SEFER
MILHAMOT HA-SHEM
1 |
Non si deve deviare dalla Kabalà dei Saggi della
Mishnà e del Talmud |
pag 69 |
|
|
2 |
Non bisogna credere a qualsiasi autore che apporta delle innovazioni
su argomenti di fede, nel nome di Elia o di atik |
" 70 |
|
|
3 |
È obbligo per ogni Ebreo "conoscere Dio", in
accordo con la tradizione dei Saggi — ognuno è fallibile |
" 70 |
|
|
4 |
Persino il Grande Sinedrio avrebbe potuto sbagliare, per questo
motivo venne creato il Trattato Horaot |
" 71 |
|
|
5 |
La nuova kabalà è del tutto estranea dalla
"via" della Sacra Torà, in merito alla conoscenza di Dio e
della Sua Unità |
" 72 |
|
|
6 |
I nuovi kabalisti fanno della maldicenza e calunniano tutti
coloro che non si comportano come loro |
" 72 |
|
|
7 |
Tratta di colui che si ritiene Saggio e ci risponde con
affermazioni infondate |
" 73 |
|
|
8 |
Risposta alla sua affermazione, per la quale la nuova
kabalà è "Halachà le-Moshè me-Sinai" |
" 74 |
|
|
9 |
Uno di essi ha detto "Tu affermi la verità, ma
perché bisogna dirlo ai Talmidim?" — egli è come il
malvagio tra i quattro figli che dice "che cos'è questo servizio
per voi?" — l'affermazione dei Saggi, per la quale "ogni
mishnà che non è studiata nella Casa di Studio di R. Hiya e di
R. Oshaya ecc. — da un antico manoscritto nel nome di R. Sa'adya Gaon |
" 75 |
|
|
10 |
Lezione dalle sue parole e da quelle di R. Yihye ibn Tam
riportate nel libro Revid ha-Zahav |
" 76 |
|
|
11 |
Le parole di Maharshal, per cui uno non deve essere più
severo del Talmud, come fanno i kabalisti; perché questo è
paragonabile a "minut" — in accordo con i Poskim che non bisogna
prendere in considerazione le opinioni dei nuovi kabalisti, allorquando
queste sono in contrasto persino con un singolo Posek — questa nuova
kabalà non era conosciuta nello Yemen dai nostri antenati, come scritto
da Mahari Zahari |
" 77 |
|
|
<06> |
|
|||
12 |
Risposta a colui che ha detto "Chi vi ha dato il permesso di
indagare ?" ecc |
pag 79 |
||
13 |
La mitzvàfondamentale dello studio della Torà consiste
nel conoscerla e nel comprendere le parole dei Saggi e della Halachà —
cosa significa la guerra della Torà |
" 80 |
||
14 |
Vengono riportate valide prove che il Signore, nostro Dio,
è la Prima Causa e non già zeir anpin |
" 82 |
||
15 16 |
Lo Zohar spiega che esiste una molteplicità di cause e di
effetti inerenti alla Divinità e che ogni causa è nominata con
gli appellativi di Ha-Kadosh Baruch-Hu — in accordo con lo Zohar fu adam
kadmon che pronunziò "Vedete, ora, che sono io", ecc.; aba
sentenziò "Sia il firmamento" ecc.; ed ema disse
"Facciamo l'uomo" ecc |
" 83 |
||
17 |
Spiegazione della Mishnà e della Beraità
"Perciò l'uomo fu creato singolo" |
" 86 |
||
18 |
Lo Zohar spiega che "bereshit" è aba, i cieli e la
terra sono zeir anpin e nukvei |
" 88 |
||
19 |
Per quale motivo i Settantadue Anziani cambiarono il testo della
Torà per Tolomeo |
" 89 |
||
20 |
Lo Zohar spiega il verso "Dio regnò" ecc. e
"E Dio nel nostro mezzo o no" — in merito ai sacrifici non viene
mai proposto il nome "El" o "Elohim" bensì
"ad Ha-Shem", per non dare motivo ... — le parole del Rambam — Lo
Zohar sul verso "Qual è il suo nome o il nome di suo figlio?"
— ogni servizio deve essere rivolto a zeir anpin — argomento dello Yalkut
contro ciò |
" 90 |
||
21 |
Lo Zohar riferisce "il timore di Dio" a nukve e
"Lui servirai" lo riferisce a zeir anpin — allorquando Shimon
ha-Amsuni arrivò al verso "il Signore, il Dio che tu
temerai" si astenne dall'interpretarlo, finché arrivò
Akiba ben Yosef, ecc |
" 95 |
||
<07> |
||||
22 |
Le parole del Sefer ha-Brit e di altri kabalisti per le quali
zeir anpin è il nostro Dio e fu Lui, Ha-Kadosh Baruch-Hu che
parlò a tutto Israele |
pag 97 |
||
23 |
Un grande fremito ecc., a causa della molteplicità di
divinità |
" 98 |
||
24 |
Il Bereshit Raba e lo Yalkut scrivono che "ogni cosa ha
generazioni e ogni cosa che ha generazioni appassisce e scompare" — in
Mishnat Hassidim è scritto che "i nostri padri" sono aba ed
ema che furono fatti schiavi del Faraone, l'Egitto è la sitrà
ahra e fu arich anpin che li redense e li liberò — parole della
Ghemarà secondo le quali quando Mosè salì per ricevere
la Torà, ecc. Sua risposta agli Angeli Servitori |
" 99 |
||
25 |
Allorquando uno pronuncia "ringraziamo, ringraziamo"
oppure "Ascolta, ascolta", lo si fa tacere subito — avvertimento
dell'autore del S. ha-Ikarim a non studiare lo Zohar ed i testi dei kabalisti.
— Cosa rispondono i Saggi a colui che chiede su ciò che precedette la
creazione |
" 102 |
||
26 |
"Vieni e ti insegnerò "i segreti del
Carro"" — il Maharsha spiega come la nuova kabalà abbia
speculato su ciò che è al di là dei segreti del Carro e
quale grave errore abbiano commesso i nuovi kabalisti ad indagare su
ciò che è al di sopra, al di sotto e dentro ecc |
" 104 |
||
27 |
Parole di Haim Vital e del libro "Oz l'Elohim" — il
Rambam nel Morè Nevuhim contro le opinioni di Vital — parole di R.
Sa'adya Gaon, S. MitzvotGadol e Yalkut contro la nuova kabalà — un re,
in carne ed ossa, viene onorato insieme agli altri importanti esponenti del
suo reame, ecc. ma Ha-Kadosh Baruch-Hu |
" 106 |
||
28 |
Citazione dello Zohar secondo cui tutti i partzufim devono essere
evocati in preghiera |
" 108 |
||
29 |
I Saggi cercarono di occultare il libro di Kohelet e la profezia
di Ezechiele — severità dei Saggi verso chiunque potesse considerare l'esistenza
di due distinti "poteri regnanti" |
" 109 |
||
<08> |
||||
30 |
Non ha senso alcuno quando dicono che "tutto è
uno" |
pag 110 |
||
31 |
Haim Vital nel libro "Etz Haim" descrive la Sua Essenza
come contenitrice di molti "mutamenti" e rappresenta i mondi di
"igulim" e di "yosher", attribuendo loro misure e limiti;
— il corpo delle sefirot, i loro indumenti e le loro anime provengono tutte
dall'Essenza dell'ein sof |
" 112 |
||
32 |
Il "Shushan Sodot" spiega che il mondo di atzilut
è composto da luci e recipienti e persino i suoi indumenti sono fatti
di "santità"; mentre i mondi di creazione, formazione e
materializzazione, dal loro "male" fino al basso, non sono di
completa "santità" — citazione dal Talmud che spiega il
verso "dalle divinità delle nazioni che sono vicine e che sono
lontane" |
" 115 |
||
33 |
La molteplicità di dèi nella nuova kabalà
è maggiore che in altre religioni — Haim Vital spiega che esistono
molti generi di ein sof e che tutto il nostro servizio è allo scopo di
far scendere l'influsso dall'ein sof che è nascosto nella
"Corona" |
" 117 |
||
34 |
Il Kissei Eliahu e Sefer Ha Brit spiegano che
"l'intenzione" delle preghiere e delle benedizioni non va rivolta
all'Essenza del Dio Uno, giacché Egli è troppo lontano |
" 120 |
||
35 |
Il Rosh in Hullin dice che ogni "tosefta" che fu
proposta dopo la chiusura del Talmud. ecc. — R. Hitar, uno dei nostri
antenati, spiega il secondo "Principio" — lo Zohar, in
parashà "va-ethanan", sulle altre fedi |
" 121 |
||
36 |
La Mishnà "ogni cosa è vista" ecc. Ha
Kadosh Baruch-Hu conosce ciò che sarà prima che avvenga |
" 123 |
||
37 |
L'errore dei kabalisti che asseriscono che uno può
compiere ciò che è l'opposto di quello che Dio sa — nel mondo
di atzilut non c'è interesse per le azioni degli uomini, siano esse
buone o cattive |
" 124 |
||
38 |
Il Rashab, in Edra, spiega che il "regno" ed il
"servizio" appartengono a zeir anpin |
" 126 |
||
<09> |
||||
39 |
Lo Zohar spiega che R. Shimon b. Yohai non voleva essere
giudicato da zeir anpin, bensì da atika kadisha, presso il quale uno
abbandona (il giudizio) sempre in uno stato di merito |
pag 127 |
||
40 |
Mishnà in Avot secondo la quale "Egli è Dio,
Egli è il Creatore" ecc. — in merito a queste false credenze R.
Tam ibn Yihia disse che i kabalisti hanno distrutto le pietre angolari della
Torà — il Mahberet ha-Kodesh e lo Hemdat Yomin non pronunciano
l'Yigdal Elohim Hai — il S. ha-Brit, per il quale la nostra fede non è
simile a quella degli ebrei sull'Unità di Dio e che zeir anpin e la
causa "percettibile" che si è rivelata sul Sinai — che la
"luce" nel suo discendere si ispessisce e si materializza — l'Oz
l'Elohim sostiene che il servizio non deve essere rivolto a zeir anpin,
bensì a malka kadisha d'kol kadishin |
" 128 |
||
41 |
L'Ari e lo Hemdat Yomin furono i soli che si opposero a
proclamare i primi quattro articoli di fede dello Yigdal Elohim Hai — Lo
Yosher Levav sul verso "per conoscere il Dio di vostro padre" —
ciò include i cinque partzufim e "per servirLo" è
riferito a zeir anpin, sebbene esso sia un oggetto di creazione |
" 132 |
||
42 |
Midrash ha-Gadol e Bereshit Rabbà su Abramo |
" 136 |
||
43 |
Il Rambam paragona l'opinione di R. Yohanan con quella di Resh
Lakish |
" 138 |
||
44 |
Lo Zohar ha completamente mutato la Emunà della
Torà — S. ha Rokeah è in accordo con la Torà |
" 141 |
||
45 |
Prove dal S. ha-Rokeah che la nuova kabalà è del tutto
estranea alla "vera via" ed è completamente eretica — nel
Medioevo essi credevano che questa nuova kabalà fosse stata scritta da
R.Shimon bar Yohai, senza che notassero le contraddizioni implicite in
ciò — l'evoluzione a catena dei partzufim |
" 144 |
||
46 |
I nuovi kabalisti sono in contraddizione con i Saggi in Bereshit
Rabbà, in Shemot Rabbà, in Yalkut, in Yerushalmi (Shabat) — S.
ha Rokeah: queste sono le categorie dei "minim", ecc |
" 145 |
||
<10> |
||||
47 |
Citazione dal S. Mitzvot Gadol per cui è proibito
immaginare che esista qualsiasi altro dio all'infuori del Signore, nostro Dio
— Rambam in Hilchot Avodà Zarà |
pag 146 |
||
48 |
La credenza dell'autore dello Zohar è analoga a quella della
generazione di Enosh |
" 148 |
||
49 |
La Ghemarà in Sanhedrin e in Succà "Chiunque
associ il Nome con qualsiasi altra entità" ecc., persino nel
pensiero |
" 149 |
||
50 |
La Ghemarà in Minahot "da Tzor fino a Cartagine"
ecc. — tale è anche l'opinione dello Zohar |
" 151 |
||
51 |
Ogni racconto menzionato nello Zohar riguardante i segreti di Dio
in possesso di R. Shimon b. Yohai non è mai stato espresso né
da lui né tantomeno da altri Hachamim — citazione dalla Mishnà
e dalla Ghemarà in Zebahim per cui i "sacrifici" venivano
compiuti in virtù di sei cose — ma non già "per provocare
l'unione di kudshè brichu con shechintei" |
" 152 |
||
52 |
Citazione dal S. Mitzvot Gadol — spiegazione in alto |
" 153 |
||
53 |
Citazione dal S. ha Ghedarim |
" 155 |
||
54 |
Ciò che è chiaramente compreso nel verso e a tutti
noto non fu mai pronunciato dai Hachamim, come anche Rambam nel suo commento
alla Mishnà — e, del resto, dalle loro risposte ai non credenti
c'è sufficiente materiale per capire il vero significato di Yihud
Ha-Shem — persino se esaminiamo il Targum alla Torà di Onkelos e il
Targum ai Profeti di R. Uziel possiamo comprendere il vero Yihud Ha-Shem —
quando uno traduce un verso così come sta, lo manomette — i kabalisti
sono andati dietro alla credenza nella Trinità come si può
vedere dalla citazione dell'Oz l'Elohim — citazione del Talmud Yerushalmi e
da Shemot Rabbà per cui il "Sigillo" di Ha-Kadosh Baruch-Hu
è "Emet" (verità) — sul verso "Io sono il Primo,
Io sono l'Ultimo", per cui non ho ricevuto il mio regno da alcun altro —
i Hachamim considerano la credenza nella trinità come idolatria,
sebbene quelli dicano che tre è uno |
" 157 |
||
<11> |
||||
55 |
Il loro libro fu nascosto sotto terra per farlo apparire antico e
così ingannare il popolo — l'intenzione delle mitzvotè quella
di abbellire le donne nominate la Shehinte Superiore e la Shehinte Inferiore.
Cosicché esse trovino grazia agli occhi dei rispettivi consorti |
pag 161 |
|
|
56 |
I Saggi amavano la Mishnà e la chiamavano il Tesoro
Nascosto di Ha-Kadosh Baruch-Hu — l'ingannevole autore dello Zohar credeva
nelle idee degli Egizi e degli antichi Caldei — lo Zohar disprezza la
Mishnà ed il Talmud e si autoincensa a dismisura |
" 164 |
|
|
57 |
Lo Zohar deride e offende la Mishnà con spregevoli epiteti |
" 167 |
|
|
58 59 |
Moshè ammise il suo peccato, cioè aver dato questa
Mishnà ad Israele e, per questo motivo, venne sepolto fuori dai
confini della Terra Santa |
" 169 |
|
|
60 |
Esempio fornito dai Saggi: una donna ha mangiato i frutti del
settimo anno ecc |
" 173 |
|
|
61 |
. Citazione del Midrash Gadol per cui Asa aveva fatto costruire
una figura mostruosa — lo Zohar invece lo chiama "la Porta del
Cielo" — se, come dicono i kabalisti, i cinque partzufim sono insieme
una singola entità, perché, dunque, bisogna pregare ad ognuno
di essi, singolarmente — essi stessi sono in disaccordo tra di loro sul
partzuf che bisogna evocare in preghiera " |
" 175 |
|
|
62 |
Come spesso siamo stati avvisati dalla Torà a non seguire alcun
profeta che ci esorta a compiere idolatria — se tutti i partzufim
rappresentano una singola unità, così come dicono, come
è possibile che atik si sia separato dagli altri, per entrare nel
Beit-ha-Midrash e inoltre come è possibile che ema si sia separata da
aba quando Adamo peccò — risposta di R. Abraham ibn Ezra a coloro che
credono nella trinità — perché i Saggi non ci hanno detto che
R. Shimon b. Yohai era un profeta — perché R. Shimon ben Yohai si
lamentò che la domestica della casa di suo padre aveva visto un angelo
per ben tre volte, mentre lui nemmeno una volta |
" 177 |
|
|
<12> |
|
|||
63 |
Citazione dal Talmud Yerushalmi in cui i non credenti chiesero a
R. Simlai quanti fossero gli dèi creatori del mondo |
pag 179 |
|
|
64 |
In Shabat raccontano i Saggi che quando Mosè salì
in alto, gli Angeli chiesero cosa mai vi facesse in quel posto un essere
mortale; risposta di Mosè agli Angeli |
" 180 |
|
|
65 |
L'avodà zarà viene chiamata anche elohim aherim
poiché essi non hanno altra esistenza se non la propria; — Il Midrash
Rabbà racconta come essi siano stati chiamati con il nome di Ha-Kadosh
Baruch-Hu — non esiste altro "dio" all'infuori del Signore |
" 183 |
|
|
66 |
È solo Dio il vero Uno — la Torà avvisa a non
considerare forma e immagine alcuna riferita a Dio |
" 185 |
|
|
67 |
Errore che hanno commesso i kabalisti ad interpretare alla
lettera i versi, come ad es. "Facciamo l'uomo a nostra immagine" |
" 187 |
|
|
68 |
I kabalisti attribuiscono a Dio una forma strutturata |
" 188 |
|
|
69 |
I kabalisti ritengono che Dio si sia emanato nei partzufim dei
mondi di emanazione, creazione, formazione e materializzazione — i kabalisti dissimulano
la loro vera credenza, al fine di fare nuovi proseliti — parole di R. Y. Albo
nel S. ha-Ikarim |
" 189 |
|
|
70 |
L'ordine e la gerarchia delle divinità secondo la nuova
kabalà |
" 191 |
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|
71 |
Primo e Secondo Principio dei 13 Attributi di Fede |
" 193 |
|
|
72 |
Midrash Rabbà, va-ethanan, "Chi è con Me nei
cieli" ecc. giacché Io non ho associato il Mio onore con alcun
altro, Io ho creato ogni entità a coppie ecc. |
" 194 |
|
|
<13> |
|
|||
73 |
Yalkut — "C'è Uno soltanto, non c'è un
secondo". Egli non ha né padre, né figlio, né
fratello, ecc. — i nuovi kabalisti credono nell'esistenza di dèi puri
e dèi impuri e, alle volte, quelli impuri dominano e rendono schiavi quelli
puri — i minhaghim dei kabalisti sono pieni di idolatria |
pag 195 |
|
|
74 |
Non fu corretto da parte dei Rabbini del Medioevo l'apportare dei
cambiamenti nei testi di preghiera, conformemente alla nuova kabalà,
abbandonando così l'usanza dei loro padri |
" 197 |
|
|
75 |
Terzo Principio — Rambam in Yesodè ha-Torà |
" 198 |
|
|
76 77 |
Quarto Principio — falsità di coloro che affermano che uno
non deve suddividere la Torà in "Principi" — Quinto
Principio |
" 201 |
|
|
78 |
Zeir anpin è un attributo di spregevolezza e dissennatezza
— e il peggio è che costoro attribuiscono a zeir anpin il più
basso dei cinque sensi |
" 206 |
|
|
79 |
Rambam e Yehudà ha-Levi trattano sui cinque sensi e sul
turpiloquio |
" 207 |
|
|
80 |
Perché mai uno dovrebbe abbandonare la terminologia della
Santa Torà per adottare le sconce espressioni dei kabalisti come
quelle del seme maschile che penetra nell'utero femminile |
" 209 |
|
|
81 82 |
Come i Saggi abbiano considerato vergognoso l'argomentare di temi
sessuali — come il poeta kabalista abbia osato rappresentare la
divinità nell'atto di abbracciare, baciare, copulare, ecc. — racconto
del Shem — ha-Ghedolim sull'origine dello Zohar — varie opinioni sulla sua
origine |
" 210 |
|
|
83 |
R. Yaakov Emdin nel suo S. Mitpahat Seforim |
" 214 |
|
|
84 |
Il Sod Yesharim tenta di negare la molteplicità attribuita
ai kabalisti — a tal riguardo, descrizione della "contrazione" e dell'evoluzione
delle sefirot — S. ha Brit ci esorta a non temere di materializzare il
Creatore |
" 216 |
|
|
<14> |
|
|||
85 |
In ogni caso, la sua tesi non ci esime dal ritenere che essi
credono in molte divinità e servono zeir anpin — rampogna del Profeta
"Quale altra nazione ha scambiato i suoi dèi che non sono poi
veri dèi", ecc |
pag 219 |
|
|
86 |
La vera opinione di Rivash — opinione dei dualisti, secondo la
quale ci sono due "attivatori" uno che opera il bene e uno che
opera il male — Israele non deve cambiare la sua pura fede con credenze
estranee |
" 220 |
|
|
87 |
Sulle false credenze, per le quali Geremia tuonò
"Essi hanno rinnegato Dio, hanno detto che Egli non è" ecc. |
" 221 |
|
|
88 |
Attraverso il testo dello Zohar, il coperchio che teneva chiuso
l'inclinazione all'idolatria è saltato e Satan una volta ancora
"balla tra di noi" |
" 223 |
|
|
89 |
Queste idee sono analoghe a quelle che fioriscono nel periodo dei
Giudici — citaz. del Talmud Yerushalmi, in Shabat, per cui il Ba'al possedeva
il membro maschile ed era adultero |
" 226 |
|
|
90 |
Questa è la prova alla quale ci ha sottoposto il Signore,
ma molti di noi hanno fallito la prova |
" 228 |
|
|
91 |
I Talmudisti e la maggior parte del popolo è priva di
conoscenze sulla nuova kabalà, per cui la loro fede rimane intatta |
" 230 |
|
|
92 93 |
Un'altra parte del popolo si rende conto della fallacità di
queste credenze, tuttavia teme le minacce dei cosiddetti "Hassidim"
e questa situazione è analoga a quella dell'adulatore |
" 231 |
|
|
94 |
Altre prove dallo Zohar e dall'Oz l'Elohim che zeir anpin
è una creazione e che l'Altissimo lega e unisce insieme le
divinità inferiori con quelle superiori — lo Zohar paragona
l'Unità di Dio alla calce che cementa le pietre di un edificio |
" 234 |
|
|
95 |
Lo Zohar e i kabalisti hanno trasgredito la proibizione di
parlare dell'Essenza |
" 236 |
|
|
<15> |
|
|||
96 |
Tesi dei kabalisti per la quale essi servono i partzufim
poiché l'Altissimo li permea sia dall'esterno che dall'interno — se
ciò è vero, anche gli eserciti del cielo e la terra sono
completamente permeati all'interno e all'esterno, come dice il verso
"Non riempio forse Io i cieli e la terra?" |
pag 236 |
|
|
97 |
In che modo le creazioni non debbono essere considerate, in alcun
modo, divinità |
" 238 |
|
|
98 |
R. Sa'adya Gaon sul tema delle false e vere credenze |
" 239 |
|
|
99 |
Rambam spiega che la rivelazione sul Sinai a tutto Israele
è una prova inconfutabile della profezia di Moshè |
" 241 |
|
|
100 101 |
Dalle sue parole concludiamo che non dobbiamo assolutamente
credere nello Zohar per scambiare il Signore, nostro Dio, la Causa Prima, con
questo piccolo-volto di zeir anpin, che avrebbe ricevuto il regno su tutti
gli altri — parole dei Saggi, per le quali ciò che il Profeta ha detto
di compiere, in accordo con la Torà, va compiuto, eccezion fatta per
il servizio ad altri idoli |
" 244 |
|
|
102 |
Gli antichi filosofi credevano che Dio fosse l'anima delle sfere celesti
e degli astri; parimenti l'autore dello Zohar lo ha considerato come l'animo
dei partzufim — egli ha chiamato i partzufim "il Carro" e il Carro
è formato da una molteplicità di divinità — tutto
ciò viene creduto senza bisogno di voci, lampi e tuoni, senza prodigi
e miracoli, come avvenne sul Sinai |
" 247 |
|
|
103 |
Dovrebbe sorgere nella mente di ognuno la domanda "Chi
disse, dunque, facciamo l'uomo?" |
" 248 |
|
|
104 |
Essi dicono che tutte le mitzvot dipendono da queste superiori forme
che essi nominano "Il Corpo del Re", alcune mitzvot sono riferite
alla sua testa, altre alla sua mano, altre ancora ai piedi, ecc. |
" 249 |
|
|
<16> |
|
|||
105 |
I Poskim hanno spiegato ampiamente le leggi e i dettagli ma la
più importante mitzvà, cioè l'Unità del Nome,
è stata abbandonata come una città sguarnita di fortificazioni
— avrebbero dovuto dilungarsi su tutte le prescrizioni riguardanti lo Yihud
Ha-Shem |
pag 250 |
|
|
106 |
Le altre nazioni usavano abbellire i loro idoli con decorazioni
di oro, argento, ecc.; i nuovi kabalisti adornano i loro partzufim con le
preghiere e le mitzvot che dedicano loro — essi credono che la preghiera sia
di grande necessità per i partzufim, ma ciò è in
contrasto con la fede della Torà, per la quale la preghiera giova a
colui che la esprime — Ha-Kadosh Baruch-Hu non ha bisogno delle creature,
sono queste che hanno bisogno di Lui |
" 252 |
|
|
107 |
Contro tutto ciò la Torà avvisò "Se dovesse
levarsi un profeta" ecc |
" 253 |
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108 |
Perché, dunque, i Saggi non ci rivelarono questa
"anima" della Torà, perché, in precedenza, Ha-Kadosh
Baruch-Hu non ci rese meritevoli di questa fede per mezzo dei Suoi Profeti? |
" 254 |
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109 |
O Dio di Abramo, che non sia nostra opera, ecc. |
" 256 |
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110 |
Essi brancolano nel buio e non fanno attenzione persino alle
più severe proibizioni della Torà |
" 257 |
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111 |
Chiunque ama Dio e la Torà con un cuore puro non
seguirà questa nuova Torà. Ha-Shem è il Primo che non ha
inizio al Suo inizio, Egli è il nostro Dio che ci fece uscire dalla
terra di Egitto, Egli ci si rivelò sul Sinai e proclamò
"Io sono il Signore" ecc. — se si levasse un Profeta che ci mostra
prodigi e fa miracoli noi osserveremmo comunque la messa in guardia della
Torà, per la quale è proibito servire altre divinità, a
maggior ragione non seguiremo lo Zohar |
" 258 |
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<17> |
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112 |
Nel Medioevo molti Rabbini furono influenzati dalle dottrine kabalistiche
— i nuovi mihaghim e i nuovi dinim distruggono le pietre angolari della
Torà e ogni ebreo deve evitare di adottarli — nella Ghemarà e
Yalkut è scritto "Come le leggi delle nazioni" ecc. |
pag 260 |
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113 |
I "segreti" della nuova kabalà sono, invero, in
contraddizione con la Torà — La Mishnà e il Talmud sono venuti
ad illuminare i nostri occhi prima dell'avvento di questa spregevole fede di
Moshè de Leon e della sua falsa profezia |
" 261 |
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114 |
Conclusione |
" 262 |
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<18> |
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PROLOGO
L’introduzione
che segue fu scritta a Milano dai Talmidim di ha-Mori Haim Wenna. Lo Tzadik
già dal giugno 1982, mese della sua sacra dipartita, aveva visto la
traduzione in inglese e aveva approvato l’introduzione che gli venne letta
compiutamente. La settimana precedente la dipartita del Santo Tzadik, ha-Mori
prese nelle sue mani la copia tradotta di Milhamot Ha-Shem con la parte
introduttiva, e pronunciò la Sua Benedizione: “Questo Sefer sarà
sacro”. Cosicché il lettore che merita di leggerlo con il cuore sincero
e la mente sgombra da preconcetti parteciperà alla benedizione che lo
Tzadik, ancora più grande nella sua dipartita che nella sua vita
terrena, ha impartito a tutti coloro che si abbevereranno dalla sorgente della
sua saggezza e si nutriranno dalla purezza della sua fede.
La traduzione
in italiano fu completata durante l’anno di lutto.
Riportiamo qui
le esatte parole dell’iscrizione incisa sulla lapide dello Tzadik:
HA-TZADIK
HA-KADOSH
HA-MORI
HAIM WENNA
Il
Giusto Nascosto
Ha-Mori
Haim Wenna
nato
a Shavuot al tempo
dei
tuoni e lampi
a
Sana'a, capitale dello
Yemen,
nell'anno 1914.
<19>
Dipartito
il 24 sivan 5742.
Amato
da Dio in tutte le sue vie
Capo
dei Figli dell’Ascesa
fondamento
dell’uomo nella sua generazione
Esperto
eccezionale in tutti
gli
ordini della saggezza
tutti
i segreti della Torah
e
tutti i segreti del mondo con lui.
Esperto
in tutti gli ordini celesti
e
tutti i segreti della natura
sono
nei suoi tesori.
Uomo
dell’umiltà e delle virtù
insegna
il giusto comportamento
ai
figli della sua generazione.
Uomo
delle potenze
che
soffriva in segreto
e ha
sofferto con grande amore
terribili
afflizioni
per
togliere i decreti sul mondo.
Raccolto
qui a Milano,
la
sua casa
per
più di vent’anni
nella
santità di Dio, il suo Signore.
<20>
INTRODUZIONE
1
Lo Tzadik e
Hacham ha-Razin, ha-Mori Haim Wenna, figlio dello Tzadik e Presidente del
Tribunale Rabbinico di Sana’a (Yemen), ha-Mori Moshè Wenna, la pace sia
su di lui, nacque a Sana’a all’alba del primo giorno di Shavuot. Ha-Mori
Moshè, vedendo che l’esatto momento della nascita del figlio coincideva
esattamente con quello del Matan Torà, lo chiamò Haim, in
virtù del verso “Haim hem le-mahasikim bà” (Vita è per
coloro che La sostengono). Come pochissimi eletti tra gli Tzadikim Superiori,
ha-Mori Haim nacque completamente circonciso. Egli, il più giovane tra
cinque fratelli ed una sorella, fu prescelto dal padre, Santo Tzadik, per
ricevere i Segreti della Torà ed i Segreti del Mondo.
Avvenne circa
dodici anni fa, che ha-Mori Haim Wenna, che vive a Milano (Italia) da
più di venti anni e che meritiamo alla luce della sua presenza per molti
anni ancora, menzionò, per la prima volta, a noi, suoi Talmidim,
dell’esistenza di un libro, estremamente importante, scritto dal Hacham
yemenita Yihie ibn Shlomò el-Kapah, intitolato “Milhamot Ha-Shem” (Le
guerre del Signore), che è l’unico testo, nel suo genere, che espone
chiaramente la verità sulle dottrine completamente eretiche contenute
nello Zohar e riprese dai kabalisti e dai movimenti hassidici. Il libro era
noto ad un gruppo ristretto di ebrei yemeniti, i Dardain, e, praticamente,
nessuna copia della sua originale ed esclusiva pubblicazione, nel 1931 a
Gerusalemme, era reperibile. Tuttavia, nel gennaio 1981, uno dei Talmidim
riuscì a trovare e ad ottenere una copia del testo da uno degli Yemeniti
Dardain di Gerusalemme, il quale lo regalò quando seppe che egli era
Talmid di ha-Mori Wenna. Siamo in debito verso lo Tzadik Haim per la
responsabilità che ci ha accordato nel pubblicare in italiano Sefer
Milhamot Ha-Shem (qui intitolato “Le Guerre Sacre contro la Kabalà).
Ha-Mori ci ha assicurato che i contenuti di <21> questo libro meraviglieranno il mondo
ebraico e, per esteso, la cultura non ebraica, a tal punto che le Guerre Sacre
contro la nuova Kabalà si desteranno e si chiariranno nel cuore degli
ebrei coscienziosi di tutto il mondo sinceramente interessati alla
conservazione del nostro Retaggio. Pertanto siamo convinti della nostra
iniziativa poiché ha-Mori Haim, la Luce Coronante di questa
pubblicazione, ci ha autorizzato a pubblicare questo testo. Ciò
significa che il contenuto sarà accettato davanti all’Onnipotente e, di
conseguenza, davanti a tutti i timorati di Dio e sarà caro agli occhi e
alle menti delle persone che perseguono la Verità e la Saggezza.
2
Gli Ebrei
yemeniti hanno vissuto più di ventisette secoli come i loro padri ed i
loro antenati. Essi vivevano “al pi ha-Torà, al pi ha-avodà, ve
al pi ha-teva”, secondo la Torà, l’operosità e l’amore della
sapienza della natura e dei suoi segreti. Nello Yemen non c’era bisogno di
medici, perché ognuno conosceva innumerevoli cure, tramandate da una
tradizione orale antica, relativa alle virtù delle erbe e delle loro
combinazioni. Si tratta di uno studio complesso, basato sulla conoscenza delle
virtù di ogni erba e delle molteplici combinazioni, ciascuna delle quali
adempie ad uno specifico scopo terapeutico. La conoscenza segreta delle esatte
combinazioni, delle proporzioni degli ingredienti e dei modi di preparazione
distinguono la tradizione yemenita da quelle di altri popoli.
Esiste anche
uno studio superiore, noto soltanto a pochi eletti, secondo il quale il Saggio
(Hacham) conosce il rapporto esistente tra le virtù delle erbe e e gli
influssi astrali, per cui egli può calcolare il momento ottimale per
ogni singolo rimedio. Come per le erbe, anche la conoscenza della virtù
delle pietre comporta una vasta, profonda e segreta cognizione, trasmessa
oralmente, con previo giuramento a non rivelare il segreto appreso dal proprio
Maestro.
Tali sono solo
alcuni esempi di conoscenza segreta della Natura noti agli Ebrei yemeniti ed
ereditati direttamente dai Saggi che vivevano a Gerusalemme prima della
distruzione del Primo Tempio.
3
Fu in quel
periodo che il Profeta Geremia profetizzò l’imminente distruzione <22> del Tempio e disse
che chi desiderava seguire la Parola di Dio avrebbe potuto mettersi in salvo
abbandonando la Terra Santa.
Il popolo non
prestò attenzione e non credette all’avvertimento del Profeta, eccezion
fatta per ottanta capifamiglia, tutti Hachamim e timorati di Dio, i quali,
raccolte le loro famiglie ed i loro averi, abbandonarono Gerusalemme, venti
anni prima della distruzione del Bet ha Mikdash. Essi si diressero verso sud,
attraverso la penisola arabica, fino ad un punto, situato ai piedi di una
piccola montagna, dove fu loro mostrato un segno dalle stelle (delle quali
avevano una conoscenza molto vasta). Seppero così che in quel luogo si
sarebbero stabiliti. Ad esso posero il nome di “Gibel el Negum” (Montagna delle
Stelle).
Il fatto che la
tradizione yemenita risalga direttamente al periodo precedente la distruzione
del Primo Tempio è estremamente significativo. Infatti questa è
l’unica tradizione che non ha sperimentato i periodi di caos, persecuzione,
disperazione e dispersione associati al primo e al secondo Horban ha-Bait
(Distruzione del Santuario).
È
altresì significativo che questi Hachamim rifiutarono l’ordine di Ezra
di ritornare in terra di Israele. La loro risposta all’Igheret di Ezra è
ben nota a tutti gli Ebrei yemeniti: “Noi non abbiamo assistito alla
distruzione del Primo Santuario e non desideriamo assistere alla distruzione
del Secondo Santuario. Verremo alla volontà di Dio in tempo per il Terzo
e finale Santuario, che mai più sarà distrutto”. Cosicché
la loro Tradizione fu ininterrotta e non fu mai toccata dalle sofferenze
dell’esilio. Questa fu la Mishnà trasmessa direttamente da Moshè
a Yehoshua. La Kabalà dello Yemen è dunque la Tradizione Orale
più antica che esista. Ciò è vero sia per l'originale
Mishnà che per la Tradizione Segreta, tramandata ad una singola persona,
in ogni generazione.
In genere,
questo è il segreto della Berachà con la quale Ha Kadosh Baruch
Hu benedì Abramo, il quale, a sua volta, benedì Isacco e costui
il figlio Giacobbe. Con essa, Israele benedì le dodici Tribù e
trasmise loro molti Segreti, mentre il Segreto della Berachà vero e
proprio fu trasmesso al figlio Levì. Fu in grazia di questo segreto che
la Tribù di Levi fu l’unica a non essere toccata dai decreti della
schiavitù in Egitto. Mosè ricevette questo Segreto (rivelato da
Dio ai Patriarchi col Nome di El Shaddai), insieme ai comandamenti della
Torà stessa, per mezzo della diretta Rivelazione di Dio, nel Nome di
Ha-Shem. Mosè Lo tramandò a Giosuè, il quale, suo tramite,
poté ordinare al sole di rimanere fermo nel suo sentiero per un giorno
intero. Il Segreto fu tramandato in ogni generazione fino a quando lo troviamo
menzionato nel Libro dei Re e con esso il profeta Elia compì
innumerevoli miracoli fra i quali il far ritornare <23> l’anima nel corpo. Al tempo di Elia,
esisteva anche la Scuola dei Profeti, che erano suoi allievi; anch’essi
possedevano Segreti (in particolare le modalità per prepararsi alla
profezia), ma solamente uno singolo, in ogni generazione, avrebbe potuto
ricevere tale originale Berachà. Infatti, vediamo che soltanto il
profeta Elisha (Eliseo) ricevette da Elia; tutti i Profeti ammisero, infatti
che “lo spirito di Eliahu si posò su Elisha”.
4
Tra gli ottanta
Hachamim che condussero le loro famiglie fuori dalla Terra d’Israele vi era
anche il diretto ricevitore di questa Tradizione. Egli era l’antenato diretto
dello Tzadik ha-Mori Moshé Wenna, la pace sia su di lui, il quale, dopo
aver insegnato i Segreti al figlio, ha-Mori Haim Wenna, gli trasmise la
Berachà grazie alla quale tutte le cose segrete vengono conosciute.
Questi sono i Segreti della Sacra Torà ed i Segreti del mondo, noti
solamente agli Tzadikim Nascosti di ogni generazione, i quali sono i ricevitori
della Tradizione Orale nascosta. Ad essi soltanto va riferita l’espressione talmudica
“Gli Uomini dell’Ascesa sono pochi”. I Segreti in loro possesso non vengono mai
scritti, né, del resto, se si potesse scriverli, potrebbero essere
compresi. Questi sono i Retti Pilastri del mondo, per il cui merito
l’Onnipotente non distrugge il Suo mondo. Infatti allorquando la cattiveria
abbonda sulla terra e tutte le stolte vie vengono lodate come saggezza, la
preziosa natura del mondo è violata, e le malefatte individuali si
accumulano nel calice dell’ira, allora, Dio ci salvi, vengono pronunciati decreti
ineluttabili di distruzione sul mondo. E così come il Signore
rivelò ad Abramo il Decreto Superiore che si sarebbe riversato sulle
cinque città di Sodoma, così pose anche degli Tzadikim in ogni
generazione, i quali, in virtù del Segreto che possiedono, sono in grado
di elevarsi ad un “livello generale” e di conoscere le disposizioni della
Volontà Divina, imminenti a riversarsi, Dio ci scampi, su una grande
città, su di un paese o sul mondo intero. Così i Giusti si levano
in preghiera davanti al Misericordioso ed accettano su di loro il doloroso
onere di quel decreto, affinché esso non si riversi sulle moltitudini.
Perciò, essi soffrono in silenzio e lodano Dio per ogni respiro vitale.
Grande è la loro Santità e la loro Umiltà ed immenso
è il potere del loro Segreto.
Tuttavia,
nonostante la loro elevazione e la loro Santità non possono entrare
nella “Camera della Responsabilità” che è il retaggio di un
singolo Tzadik in ogni generazione, su di lui è Scritto: “Tzadik yesod
olam”. <24>
5
Soltanto loro conoscono
il Segreto dell’Ascesa e sopportano il peso e la sofferenza dei “peccati
generali”. È necessario comprendere bene che se non per i poteri della
Kedushà in suo possesso, lo Tzadik non sarebbe in grado di sopportare
più della porzione che gli spetta come singolo. Ed è anche in
virtù di ciò che i Segreti Superiori non possono venire
consegnati ad altri, siccome la loro conoscenza implica necessariamente la
responsabilità, che è in rapporto al livello generale dal quale
derivano. Ciò è quanto si può esprimere a parole sul
Segreto degli Tzadikim sofferenti in ogni generazione, il cui numero non
può mancare in qualsiasi momento. Se non per il loro intervento e la
loro intercessione, i decreti (ghezerot) cadrebbero sulle masse, Dio ci salvi,
ed il mondo tornerebbe nel caos.
Tuttavia, qui,
per il nostro scopo, c’è un punto fondamentale da considerare riguardo a
questi preziosi e rari insegnamenti: ha-Mori Haim ci ha svelato il contenuto di
questa introduzione solamente perché “è il momento di agire per amore
di Dio, poiché hanno violato la Tua Torà”. Se la letteratura
kabalistica contiene i segreti della Kedushà ed i segreti dell’universo,
Dio ci salvi, che ne è della responsabilità richiesta dalla loro
conoscenza? E che cosa possono mai compiere con questa saggezza? Un tentativo
di tradurre in italiano le frequenti parole dello Tzadik Haim risulterebbe come
segue:
“Tutti costoro
insieme, usando tutti i loro libri e tutti i ‘Nomi’ e le ‘Kavanot’ menzionate
in essi, non sarebbero in grado di sollevare un bicchiere da un tavolo di un
solo centimetro”. Ma la persuasione di questi testi li convince che il costante
e continuo studio e meditazione li conduca dentro alle “Camere Occulte” e
soddisferà, infine, la sete delle loro anime languenti. Il malefico potere
di attrazione, presente in questi libri e che ne è la loro origine,
illude la loro speranza ed il loro desiderio di credere di essere oramai
prossimi a raggiungere l’inizio della loro destinazione desiderata. Ma, invece,
raggiungono soltanto la successiva idea e la successiva meditazione, mentre il
desiderio inappagato li fa piombare nell’abisso di speranze infondate e nella
loro spirale senza fine di costruzioni fantasiose. Giorno dopo giorno, anno
dopo anno, e perfino per l’intero arco della loro vita, l’ispirazione malefica
che permea l’imbroglio spirituale di Moshé de Leon non permette loro di
intuire e di realizzare che essi si trovano al punto di partenza. Al contrario,
tutto ciò li conduce a credere in cose false e illusorie. Queste speculazioni
gli danno un’immagine falsa di sé e lo distolgono dal suo comportamento
normale e dalla giusta ‘derech erez’. <25> Tutti i suoi pensieri diventano sproporzionati e non ha
più alcuna comprensione delle stesse parole che si è abituato a
proferire.
6
I Segreti della
Torà ed i Segreti del mondo sono due categorie estremamente generali ed
inclusive. Una categoria di Segreti della Torà, ad esempio, include la
vera conoscenza degli eventi trascorsi, in che modo essi si sono invero svolti.
Questa conoscenza è simile, in sostanza, alla ‘Luce’ tramite la quale
Ha-Kadosh Baruch-Hu mostrò a Moshè Rabbenu tutte le future
generazioni e tutti i futuri avvenimenti in Israele. Comunque, esiste una
categoria corrispondente, nei Segreti del mondo, che include la conoscenza
degli eventi delle passate generazioni attraverso le stelle. Questa saggezza
straordinaria e occulta era nota ad alcuni dei Saggi antichi, ed è
rimasta retaggio esclusivo di ha-Mori Haim. In genere, lo Tzadik conosce
ciò che è al di sopra, ciò che è di sotto e
ciò che è nel mondo. Tuttavia, non abbiamo il permesso di
trattare delle categorie appartenenti a livelli superiori. Ecco alcuni esempi
di categorie segrete conosciute dallo Tzadik:
— la conoscenza
delle anime (neshamot), che comprende, tra l’altro il segreto di sapere quante
volte la neshamà è stata nel mondo in precedenza (ghilgul),
quando, dove e cosa ha fatto, come è stata giudicata, ecc…
— la conoscenza
degli spiriti (ruhot), che comprende il segreto di vedere e di parlare con gli
spiriti dei defunti. Altresì, comprende la conoscenza di come
esorcizzarli dal corpo di una persona che ne è stata posseduta.
— la conoscenza
degli sheddim (tradotta approssimativamente démoni, ossia gli abitanti
dei sette mondi inferiori — Shiv’a adamot — ognuno dei quali è abitato
da una diversa categoria di sheddim), che comprende il segreto di come
evocarli, di parlare con loro, di comandarli, di sapere a che livello
appartengono e, se necessario, di sapere il motivo per il quale hanno avuto il
permesso di entrare per possedere determinate persone.
Spesso, noi
Talmidim, abbiamo avuto il privilegio di assistere all’esorcismo di sheddim da
persone possedute, compiuto dal Morè Haim.
Queste
succitate sono soltanto alcune delle categorie generali di segreti note al vero
Tzadik, senza parlare dei livelli superiori, delle conoscenze che appartengono
ai segreti della Creazione o a quelli del Sacro Carro o a quelli degli Angeli
ecc. In merito a questi segreti, non c’è il permesso di parlarne,
né tanto più di pubblicarli per iscritto, dal momento che sono
fuori dalla natura di questo <26>
mondo. Cosicché qualsiasi tentativo di spiegarli o di descriverli
(ipotizzando che ciò fosse possibile) con il linguaggio di questo mondo,
sarebbe inutile. Peggio ancora, qualsiasi tentativo di spiegazione condurrebbe,
inevitabilmente, alla confusione e al malinteso e, infine, alla credenza in
qualcosa che è contrario alla verità, Dio ci salvi.
Il punto
essenziale da considerare in questa esposizione è che ha-Mori Haim ci ha
concesso lo zechut di ascoltare, in alcune occasioni, le sue sante parole in
merito a questi argomenti. Egli ci ha spiegato che tutti i veri Segreti possono
essere conosciuti soltanto attraverso il potere della Kedushà. La loro
conoscenza non consiste in un’esposizione speculativo filosofica di una
qualsiasi categoria. È la vera conoscenza (il potere di essere su quel
livello) di quel segreto. Come, dunque, potrebbe essere descritta in un libro?
Nessuna conoscenza del genere e nessun tale potere potrebbero mai venire
espressi, descritti e pubblicati in un libro.
Abbiamo, ad
esempio, menzionato la conoscenza delle neshamot e di quante volte una
particolare neshamà è stata in questo mondo, quando e dove (e, in
genere, ogni tipo di informazione desiderata dallo Tzadik, relativa al ghilgul
precedente o alla situazione della neshamà stessa, come ad esempio il
particolare scopo per il quale quell’anima è stata mandata nel mondo e
fino a che livello quello scopo è stato raggiunto). La capacità
di conoscere questi segreti non proviene da alcun libro! Esso è un
segreto della Kedushà, che può essere trasmesso soltanto agli
Tzadikim Nascosti.
Se, però
qualcuno studiasse il Sefer ha-Ghilgulim di R. Haim Vital anche per tutta la
sua vita, non si troverebbe più vicino alla conoscenza di questo segreto
di quanto non lo fosse al principio. È innegabile che questo
componimento kabalistico, come pure tanti altri, sia il risultato di una
ispirazione e, infatti, ogni ispirazione ha il suo ‘ruah’. Tuttavia, quando la
sorgente di quel ‘ruah’ non è stata verificata, in alcun modo, per
ciò che concerne la sua origine dalla Kedushà è proibito
ad ogni ebreo, amante e fedele alla Sacra Torà, accettarlo come qualcosa
di vero.
7
Nel periodo in
cui ha-Mori Haim viveva al Cairo (città nella quale soggiornò per
venti anni, prima del suo trasferimento a Milano, nel 1961), avvenne, una
volta, che una giovane ebrea fosse posseduta da uno spirito. I suoi genitori,
dopo essersi rivolti invano ai più noti medici della capitale e aver
perciò <27>
speso ingenti somme di denaro, decisero di chiedere l’aiuto di alcuni
conosciuti kabalisti del Cairo, al fine di liberare la figlia da quel ruah. I
tre kabalisti che vennero in soccorso erano religiosi e pii ebrei, conoscitori
del Talmud e pur anche dediti allo studio dello Zohar e di altri testi
kabalistici. Una volta entrati nella casa della sfortunata ragazza, presero a
pronunciare nomi, combinazioni di nomi, orazioni speciali reperibili nei testi
kabalistici. Il ‘ruah' della giovane, non appena iniziò l’esorcismo di
costoro, cominciò a sgridarli, poi a schernirli, quindi ancora a gettare
oggetti contro di loro e, infine, a colpirli. Uno di loro venne ferito al viso,
prima che potesse fuggire dalla stanza insieme ai suoi due compagni. Fu allora
che uno dei parenti stretti della famiglia, conoscendo ha-Mori (il quale,
allora, lavorava alla Comunità Ebraica del Cairo, durante il Rabbinato
di R. Haim Nahum), chiese il suo intervento, dal momento che la situazione
peggiorava sempre più e la famiglia era oramai piombata nella disperazione.
Ha-Mori acconsentì di intervenire la mattina seguente. Quando
arrivò, trovò un piccolo gruppo di persone, tra i quali
notò i tre kabalisti, che, con i genitori della giovane erano in attesa.
Ha-Mori entrò nell’anticamera nella quale stava seduta la ragazza ed
ella in sua presenza si alzò subito, mentre il suo capo reclinava
leggermente. Quindi, ha-Mori evocò il ruah. L’espressione sul volto
della giovane mutò immediatamente ed i suoi occhi uscirono dalle orbite.
“Come ti chiami, rashà?” ingiunse ha-Mori. Dalla bocca della ragazza
uscì una voce, distintamente maschile, che rispose alle domande di
ha-Mori Haim e gli disse il suo nome come morì il luogo della sua
sepoltura (più tardi verificato), il motivo della sua punizione e
l’errore compiuto dalla giovane, per mezzo del quale aveva ottenuto il permesso
di possederla. Il ruah poi cominciò a piangere e ad implorare ha-Mori di
non cacciarlo via; ha-Mori rispose che la giovane era già stata
sufficientemente punita, per cui ordinò allo spirito malefico di
abbandonarla, dando ai presenti un segno visibile della sua uscita. Quando il
ruah se ne andò via si levò un terribile vento nella stanza fino
a che ha-Mori ingiunse: “Basta!”. Il vento terminò e tutto si
calmò. La ragazza tornò alla sua natura, si ridestò come
da un sonno e non intese il motivo della sua presenza in quel luogo e dello
stupore generale; non realizzava cosa fosse successo e quanto tempo fosse
trascorso.
I tre kabalisti
chiesero ‘mehilà’ (perdono) ad ha-Mori, che rispose che sarebbe stato
meglio per loro abbandonare tutte quelle stoltezza, giacché era
pericoloso e proibito esorcizzare un ruah se non si sa quello che si fa e,
inoltre, tale conoscenza non era reperibile nei libri. Disse loro: “Non a me
dovete chiedere perdono, giacché sono un uomo come voi, bensì al
Santo Benedetto <28>
Egli sia, poiché avete trasgredito al comandamento della Torà che
impone di preservare la propria vita, inoltre avete pronunciato dei Nomi,
menzionati in quei libri, che è illecito persino pensare. Inoltre, avete
sprecato del prezioso tempo che, altrimenti avrebbe potuto essere usato per lo
studio della Torà”. Sia ben chiaro che lo Tzadik, anche se in uno stato
di indigenza, non accetta mai un soldo per quello che compie. Le sue azioni ed
i suoi interventi sono ‘le shem Shamaim ule shem mitzvà” (per il solo
scopo di adempiere alla Volontà di Dio e compierNe i comandamenti).
8
Non dai libri
deriva questa conoscenza! Non dal combinare insieme migliaia di nomi o dal
recitare preghiere e brani dello Zohar!
“Il Segreto di
Dio è per coloro che Lo temono”. Lo Tzadik è perfetto nel suo
Timore di Dio, nel suo amore per tutto ciò che è buono e nella
sua avversione per tutto ciò che è malvagio. Egli è
completo nel ‘derech erez’ e nel giusto rispetto dovuto ad ogni persona. Egli
ama l’umiltà ed odia la superbia e la vanità. Egli predilige la
gentilezza e la buona disposizione d’animo, e odia i cuori contorti dei
malfattori. È in grazia di codeste virtù che egli può
ricevere i Segreti.
Come, dunque,
potrebbero essere tali, i segreti, se fossero pubblicati sulla carta stampata e
diventassero accessibili alla lettura di ognuno? Sarebbe dunque sufficiente
padroneggiare la lingua ebraica per essere inclusi nella categoria di coloro
che conoscono i Segreti del mondo? “Il Segreto di Dio è per coloro che
Lo temono”. L’Onnipotente ed Onnisciente invero sa chi Lo teme e chi no. Sa chi
vive nella Sua Emunà. Sa a chi rivelare i Suoi Segreti, come e quando.
Questo
insegnamento profondo di ha-Mori Haim Wenna è tale da essere accolto nel
cuore e meditato nella mente più di ogni altro, se uno intende
comprendere giustamente questo argomento. È una parola così
semplice e così vera che quando qualcuno la ascolta si meraviglia di non
averla mai considerata. Ebbene, se i Segreti di Ha-Kadosh Baruch-Hu fossero o
potessero essere accessibili alla lettura e allo studio di tutti, come sarebbe
dunque possibile chiamarli ‘segreti’?. È forse segreto ciò che
tutti sanno?
9
Ha-Mori Haim ci
ha spiegato che anche i segreti della vera magia, <29> che è severamente proibita dalla
Torà e non possono essere appresi da testi scritti. Anche se uno
leggesse o studiasse il vasto repertorio di libri sull’argomento non sarebbe
più vicino ai segreti di quanto non lo fosse prima di inoltrarsi in tale
lettura. Coloro che praticano la magia (kishuf) possiedono una tradizione orale
(le-avdil le-elef avdalot) che, generalmente, viene trasmessa ad un unico
allievo, dopo anni di sottomissione e apprendistato col mago-maestro che la
impartisce. La vera magia fa sempre ricorso ai ‘nomi impuri’ (scemoth
ha-tum'à), per mezzo dei quali gli sheddim vengono evocati e ‘delegati’
ad eseguire la volontà del mago, che deve essere estremamente preciso e
coraggioso, giacché l’apparizione di uno shed è fuori dalla
dimensione naturale e fisica di questo mondo. Il 'mehashef' (mago, stregone)
potrebbe vedere, ad esempio, che il muro davanti a lui si apre e lo shed entra,
oppure che si presenta sotto forma di gigante. Ai nostri tempi, però,
chi pratica la magia non ha il potere di vedere uno shed, che si presenta senza
farsi vedere, giacché egli sa che colui che lo ha evocato morirebbe
dallo spavento oppure impazzirebbe, cosicché non intende perdere la sua
porzione sacrificale.
I motivi per i
quali la Torà ha proibito la magia sono principalmente di due ordini. Il
primo è che il mago deve ricompensare lo shed, commissionato a svolgere
un determinato servizio, con un sacrificio, che il più delle volte
è il sangue di un gatto o di un coniglio. Si tratta, pertanto, di un
atto di avodà zarà (idolatria). Va ricordato che il sangue
è una grande ‘delicatezza’ per lo shed; questo era il vero motivo dei
sacrifici umani e animali cruenti nei culti pagani. I sacerdoti di quei culti
erano 'mehashfim che facevano dei prodigi tramite gli sheddim evocati, i quali,
d’altra parte, per eseguire la richiesta del mago, esigevano un sacrificio di
loro scelta. Avveniva così che il sacerdote, così come era
sottomesso alla volontà dello shed, parimenti vedeva il suo potere
maggiorato dai ‘benefici’ dello shed. Ciò comprendendo, il lettore
attento potrà rendersi conto del perché i sacerdoti
dell’antichità avessero un potere così assoluto, e, similmente,
perché l’idolatria fosse così diffusa. La gente che aveva una
qualche richiesta poteva essere esaudita, a condizione che il sacerdote
ottenesse per i suoi servigi una ricompensa pecuniaria e la sottomissione alle
sue volontà. Ecco perché la Torà ha proibito il consumo di
sangue che è l’alimento preferito degli sheddim.
Il secondo
ordine consiste nel fatto che i nomi impuri non possono essere pronunciati da
chi si trova in uno stato di purità. Il mago, infatti, per svolgere le
sue arti, deve rendersi impuro cospargendosi <30> di urina e/o dei propri escrementi e/o
di seme maschile e/o di sangue mestruale; pertanto, la Torà proibisce
ogni forma di magia, giacché l’impurità ne è la ‘conditio
sine qua non’ e ciò contrasta nettamente con la purità e la
Kedushà richieste ad ogni ebreo.
10
Se non per
questi due succitati motivi, l’evocazione degli sheddim non sarebbe proibita,
troviamo, infatti, nel Talmud che i Saggi usavano impiegare un particolare
‘shed’ che li serviva in caso di necessità. Così anche lo Tzadik
può chiamare in servizio uno shed per commissionargli una mansione.
È per necessità che lo Tzadik deve conoscere i segreti di ogni
‘kishuf’. Può succedere, infatti, che il ‘kishuf’ di qualche mago debba
essere annullato per beneficiare chi ne è stato vittima. È
necessario conoscere le esatte modalità con le quali si compie una magia
per poterla poi annullare completamente.
Noi Talmidim
abbiamo avuto il privilegio di essere testimoni di casi di persone, vittime di
kishuf (che nessun rimedio avrebbe potuto salvare), che sono state liberate,
grazie all’intervento dello Tzadik Haim. Per ha-Morì era sufficiente
guardare la persona per conoscere il tipo di magia e chi lo aveva messo in
pratica. Possiamo qui menzionare il caso raccontatoci dal Morè, quando
viveva in Egitto, di una giovane ebrea, molto bella ed intelligente, della
quale si era invaghito un giovane e ricco arabo. Costui si era rivolto ad un
noto mago egiziano per far sì che la ragazza corrispondesse al suo amore
e lo seguisse. Il mago accettò e richiese una cospicua somma di denaro,
dal momento che il kishuf era molto forte e richiedeva numerose e precise
preparazioni. Trascorsi solo alcuni giorni, la ragazza, proveniente da una
famiglia tradizionalista, decise d'un tratto di abbandonare gli studi
universitari e frequentare il suo corteggiatore arabo. Per fortuna di questa
famiglia, un amico intimo del padre della ragazza conosceva lo Tzadik Haim che
acconsentì ad intervenire, a condizione, però, che la cosa
restasse segreta. In breve, lo Tzadik andò a trovare a casa sua la
ragazza e vide subito che era stata fatta oggetto di un kishuf difficile, in
cui un particolare nome, scritto sulla pelle di un gatto con sangue mestruale
in un determinato modo ed in un tempo prescritto, viene posto sotto il teschio
di una persona sepolta in cimitero. Ha-Morì si <31> recò direttamente dal mago e,
pena la totale distruzione dei suoi poteri, gli ordinò di disfare il
kishuf. Ha-Mori gli spiegò che egli stesso avrebbe potuto in un attimo
annullare la magia, tuttavia desiderava che fosse lui stesso ad affaticarsi nel
farlo; lo stregone fu costretto a distruggere la magia e la ragazza poté
tornare alla normalità. Tornò ai suoi studi e lasciò il
suo spasimante.
11
Sarà
difficile per il lettore immaginare quanto coraggio e quanta forza siano
necessari per entrare in tali realtà. Ha-Mori Haim, una volta, ci
raccontò in quale modo suo padre, la pace sia su di lui, gli
insegnò a non avere paura. “La parola paura, per me, è soltanto
una parola. So che esiste, ma non l’ho mai sperimentata per sapere cosa
significhi veramente. Quando avevo sette anni e nello Yemen pascolavo il gregge
paterno, avvenne una volta che al mio ritorno di sera, mio padre, ha-Mori
Moshe, mi chiamò dentro la sua stanza privata e mi chiese che cosa
vedevo. Risposi che vedevo degli strani tipi di uomini e di animali con forme
che cambiavano costantemente. “Sai chi sono?” mi domandò. “No,
papà”. “Sono sheddim. Osservali bene perché un giorno avrai
bisogno di loro”.
12
Anche gli
antichi adoratori delle stelle (Ovdei kochavim u-mazalot oppure Ba’alè kesamin)
possedevano segreti che venivano tramandati per via iniziatica. Ha-Mori Haim ci
spiegava che se il ‘kosem’ non era più che esperto nella sua scienza di
ottenere benefici dalla stella che venerava, l’influsso desiderato, avrebbe
potuto mettere a rischio la sua vita. La sua scienza implicava, tra l’altro, la
conoscenza esatta delle condizioni in virtù delle quali veniva recepito
l’influsso astrale; le condizioni, infatti, variano da stella a stella.
Pertanto, non va sottovalutata da un lettore moderno la conoscenza degli
antichi adoratori di astri, come gli Egizi e i Caldei. Tra i segreti che
trasmettevano c'erano formule estremamente precise e cognizioni relative alle
caratteristiche di ogni stella. Il 'kosem' si rendeva servo di una particolare
stella dalla quale scendeva l’influsso desiderato. Egli doveva inchinarsi ad
essa e <32>
venerarla. Per questo motivo, la Torà proibisce tali pratiche idolatre
che prevedono il culto di un oggetto di creazione. Soltanto il Creatore,
Benedetto Egli Sia e Benedetto il Suo Nome, è degno di ogni servizio e
lode.
Non è
però vietato conoscere gli influssi, i poteri e le funzioni di
particolari stelle; è soltanto che questa conoscenza è segreta ed
è trasmessa in un modo del tutto dissimile da quello degli antichi adoratori
di stelle e non può essere tramandata a chi non sia sotto la protezione
della Kedushà. Lo Tzadik, per mezzo del suo potere e della sua occulta
conoscenza, può dominare questi influssi astrali, ma se non in casi rari
e particolari non lo farà mai. Il motivo è che lo Tzadik, nel suo
vero livello, è al di sopra delle stelle. L’influsso astrale è,
in ogni caso, in diretto rapporto con la natura di questo mondo per cui lo
Tzadik non la condizionerà se non c’è un motivo valido per farlo.
Tuttavia, questo è un argomento complicato ed esula dallo scopo di
questa introduzione. Va comunque sottolineato che lo Tzadik non va mai contro
natura; il potere in suo possesso trascende la natura fisica di questo mondo,
per cui ha la facoltà di dominare i vari influssi. Un eventuale
cambiamento di influsso è tuttavia benefico e nessuna ripercussione
negativa al ‘ricettore’ di simile influsso avverrà, come, invece,
sarebbe stato nel caso in cui la natura fosse stata distorta o violata. Dio ci
salvi. Infatti, quando lo Tzadik usa questo potere, il risultato è
ciò che comunemente viene chiamato ‘miracolo’. Questo significa che il
naturale influsso celeste viene sovrapposto da un influsso superiore, che
è al di sopra delle leggi naturali che governano il normale corso del
mondo fisico.
13
Il Talmud ha
evitato di trattare per esteso questo argomento. Tuttavia, in esso vi è
un’espressione concisa, molto nota, che racchiude molto e cioè: “Banei,
haiei u-mezonei ba-talya miltà” (i figli, gli anni di vita e gli
alimenti dipendono dalla stella). Questo significa che queste tre importanti
categorie per ogni individuo, ossia la prole (il loro numero, il loro sesso,
ecc…), la durata della vita e lo stato di salute, ed il modo di sostentamento
dipendono dall’influsso della propria stella, che è stabilito alla
nascita.
Ha-Mori Haim ci
spiegava che l’influsso della stella, a volte, può venire impedito dalle
cattive azioni della persona od anche dalle caratteristiche negative
‘acquisite’ (mentre il carattere naturale dipende direttamente dalla <33> stella). Il motivo
per il quale le azioni negative possono precludere l’influsso stellare dipende
dal fatto che le azioni individuali derivano dal libero arbitrio, una
facoltà concessa all’uomo, la cui origine si trova al di sopra delle
stelle create. Il libero arbitrio è il meraviglioso dono che
l’Onnipotente ha concesso all’uomo, per cui esso è al di sopra delle
contingenze dei figli, degli anni di vita e della parnassà. Le scelte
che sono veramente libere, sono quelle compiute per servire Dio e per operare
il bene. Tuttavia, la libertà concessa all’uomo può far sì
che scelga di agire male; per questo l’individuo è soggetto al giudizio
e, conseguentemente, alla ricompensa o alla punizione giacché è
libero nelle sue decisioni e nelle sue azioni. Pertanto, le questioni relative
al numero dei figli, alla longevità ed al lavoro non rientrano nella
categoria del libero arbitrio, né tantomeno per esse l’individuo viene
giudicato o punito. Del resto, le azioni compiute con la libertà di
scelta saranno o premiate o punite anche in questo mondo, dato che, anche se
l’influsso derivante da essi è al di sopra di quello particolare della
stella, tuttavia è con essa che scende. Una persona, con un proprio
lavoro ed un proprio guadagno (concessi dal mazal) può, tramite le sue
buone o cattive azioni, essere soddisfatto o meno di se stesso. Tale stato
d'animo è più importante e superiore alla situazione materiale in
sé. Per afferrare meglio questo concetto profondo e complicato, che ha
interessato le menti più elevate di ogni generazione, ossia del rapporto
esistente fra il destino della persona (mazal o goral) e il libero arbitrio,
del dove termina la predestinazione ed inizia la libera scelta, sarebbe bene
fare un esempio: la stella può, ad esempio, destinare ad un individuo
cinquanta milioni di dollari all’anno. Tuttavia, non è ‘scritto’ in che
modo questo individuo userà tale somma (specialmente per ciò che
riguarda i soldi rimasti dopo le sue spese necessarie). Con i soldi egli
è libero di beneficiare altri, di spenderli esclusivamente per
sé, di dilapidarli, di impiegarli per fare del male e così via.
L'impiego del denaro non è più sotto l’influsso stellare
individuale, ma è in rapporto con il libero arbitrio. È anche possibile
che azioni negative impediscano l’influsso della propria stella. Supponiamo, ad
esempio, che questa persona abbandoni il suo lavoro per qualche stolto motivo.
Potrebbe trovarsi con meno di cinquanta milioni di dollari all’anno. Ha-Mori
Haim paragonava questa situazione all’acqua piovana che rimane bloccata <34> sulla grondaia per
qualche ostacolo che la trattiene: allo stesso modo, l’influsso potrebbe
scendere, ma viene trattenuto da decisioni ed azioni indegne ed inopportune.
14
La sapienza
degli astrologi riguarda le tre summenzionate categorie. La conoscenza ricavata
dai dodici segni zodiacali, tuttavia, tratta gli influssi generali,
giacché ogni segno si occupa delle generalità di un mese. Questo
tipo di informazione, pertanto, è generale e spesso approssimativo. Informazioni
specifiche (come ad esempio il nome della persona che incontrerai per la prima
volta tra cinque giorni) non possono essere conosciute da costoro.
Nell’antichità, tuttavia, esisteva una scienza occulta, nota soltanto
agli astrologi ed ai maghi di livello superiore; essa era conosciuta anche da
un numero ristretto di Hachamim, prima che venisse distrutto il primo
Santuario. L’esimio Hacham, citato in precedenza tra le ottanta famiglie, la
portò con sé nello Yemen dove fu tramandata in ogni generazione
fino ad arrivare a Mori Haim. Questa è la conoscenza della stella
individuale, sotto la quale è nata la persona; tale stella segue e
governa l’individuo dal momento della nascita fino al giorno della morte. La
stella è differente per ogni persona ed è in relazione al luogo ed
al momento esatto della nascita. La precisione di quel momento può
infatti essere conosciuto per mezzo di tale segreta conoscenza.
Nell’ebraismo,
la conoscenza astrologica risale a nostro padre Abramo il quale, come è
noto, ne era esperto. Fu per mezzo di questa sapienza che sapeva che sua moglie
Sara non avrebbe potuto generargli dei figli. Ha-Kadosh Baruch-Hu, tuttavia,
gli ordinò di abbandonare la città di Haran e di insediarsi in un
luogo che gli avrebbe indicato (un cambiamento di luogo, infatti, comporta un
cambiamento di mazal, ossia di influsso astrale individuale). Ha-Shem disse ad
Abramo di uscire dal suo calcolo astrologico, dal quale, appunto, Abramo aveva
visto che lui e sua moglie Sarai non avrebbero potuto avere figli. Sebbene il
suo calcolo fosse esatto, tuttavia, Ha-Kadosh-Baruch-Hu "meshaded
hama’arahot" ossia cambia i decreti celesti, secondo la Sua
volontà. Infatti, Dio cambiò il nome di Abram in Abraham ed il
nome di Sarai in Sara e, per mezzo di questo mutamento, il mazal cambiò.
Similmente, la
sapienza dell’astrologia era nota nell’antico Egitto. Il faraone non disse
forse a Moshè: ”Guarda ora che la stella Ra’à (che richiede il
sangue di <35>
coloro che si trovano sotto il suo influsso) vi segue nel deserto”? Faraone era
infatti preciso nel suo calcolo; tuttavia, non poté certo calcolare che
Ha-Kadosh-Baruch-Hu avrebbe fatto sì che tutta Israele si circoncidesse
sicché il sangue del brit-milà avrebbe sostituito il sangue
altrimenti richiesto dalla stella Ra’a.
15
Con questa
nostra breve introduzione abbiamo inteso risvegliare l’attenzione del lettore
su alcuni punti fondamentali. I Segreti degli Tzadikim vengono tramandati
segretamente ed il modo della trasmissione e della ricezione fanno parte essi
stessi del segreto. Tutto ciò avviene oralmente e non per iscritto. I
veri segreti implicano una responsabilità che è pari al livello
del segreto stesso. Tutti i cosiddetti 'segreti’ riportati nello Zohar, nei
Tikkunim e nei testi kabalistici e hassidici sono frutto di immaginazioni
ispirate e non hanno niente a che fare con la sapienza superiore dei veri
Tzadikim, conosciuti nel loro numero, per merito dei quali il mondo esiste.
Essi sono gli Uomini dell’Ascesa (Bnei Aliyà), che soffrono per i
peccati della gente e la cui sofferenza è compensata soltanto dalla loro
immensa ed occulta sapienza. Costoro sono i veri Servi di Dio che procedono con
umiltà tra la gente, rifuggono gli onori e i soldi. Fanno la
volontà di Dio nel mondo. Con l’eccezione dei loro Talmidim, la loro
identità non è conosciuta in pubblico. Tuttavia, a volte, in
qualche particolare frangente della storia, lo Tzadik può sapere che
è giunto ‘il momento di agire per Dio, poiché hanno trasgredito
la Tua legge’. È per questo motivo che ha-Mori Haim, Capo degli Uomini
dell'Ascesa nella sua generazione, ci ha dato il permesso di rivelare il suo
nome in questa introduzione. Di necessità, la forza tremenda con la
quale questo libro intende risvegliare le menti può essere fornita solo
da uno Tzadik, che conosce la Verità che riguarda i segreti della
Torà e del mondo. Il breve repertorio di argomenti qui trattati,
sarà di ausilio a chi teme Dio ed ai lettori perspicaci e privi di
preconcetti che potranno fare la conoscenza con questo capolavoro di R.
Shlomò El-Kapah che denuncia così ardentemente ed acutamente un
movimento che ha falsato la vera Fede da più secoli.
Il nostro
timore è per Dio soltanto. La verità può rimanere nascosta
anche per migliaia di anni, ma, alla fine, ciò che è falso
svanirà nell’oblio e ciò che è vero emergerà chiaramente
come la luce del giorno. Perciò ha-Mori Haim si è assunto la
grande responsabilità di rivelare il suo nome, al fine di autorizzare la
<36>
pubblicazione del libro ‘Milhamot Ha-Shem’. Ogni principio espresso in questo
sacro testo di R. Shlomò El-Kapah è vero ed è saldamente
fondato sull’Unità del Nome, così come è stata affermata
ed insegnata dalla Sacra Torà. Non abbiate timore, dunque, di inoltrarvi
nei suoi capitoli e di considerare e studiare le profonde ed essenziali
verità qui espresse.
Il tempo
è maturo ed esistono, in sufficiente numero, buone, intelligenti e
sensibili menti che sono in grado di riconoscere il subdolo e terribile errore,
che, Dio ci salvi, si è radicato e ha infestato il pensiero ebraico.
Poco o niente
è conosciuto dalla maggior parte degli Ebrei sulla ‘kifrut’ che è
presente nelle dottrine kabalistiche dei movimenti ortodossi che si rifanno
allo Zohar. Esistono, tuttavia, nell’Ebraismo tradizionale, degli elementi sani
che intuiscono l’errore di fondo di queste dottrine; essi, però, sono
privi di argomenti validi per controbattere e mettere a nudo la falsa
impostazione di fondo dello Zohar e dei testi che ad esso si rifanno. Questo
libro viene in aiuto a costoro e provvede a fornire loro gli argomenti idonei a
comprendere le basi sulle quali è stata edificata la nuova
Kabalà. L’autore ha ingegnosamente intrecciato il suo libro con le
citazioni dei nuovi kabalisti, dimostrandone il contenuto idolatra e blasfemo.
Per ognuna di tali citazioni l'Autore riporta la contrapposta citazione della
Torà, della Mishnà, del Talmud, dei Hachamim, dei Gheonim e dei
Rishonim. Ne risulta che il lettore comprenderà la vera natura del
sistema cosmogonico dei kabalisti e gli sarà chiaro e semplice capire la
distinzione esistente tra la Kabalà della Legge Scritta ed Orale e le
dottrine della nuova Kabalà. Se il lettore rimarrà sorpreso, a
prima vista, da questa preponderante dicotomia, presto si renderà conto
dell’incredibile perspicacia con la quale R. Shlomò El-Kapah ha
focalizzato i principi di fondo del sistema kabalistico e le sue implicite
contraddizioni con la Kabalà dei Saggi di benedetta memoria.
<37>
<38 bianca>
INTRODUZIONE
AL CONTENUTO
1
I kabalisti
considerano il Dio esistente e il Dio Fattore come due distinte entità, di
cui il secondo è un'esistenza "emanata" nella forma di un
"uomo spirituale" che regna e governa sopra tutti i mondi.
Così come un suddito si rivolge ad un re per essere esaudito, allo
stesso modo le preghiere dei fedeli devono essere indirizzate al Re del Mondo e
non alla Causa Prima di tutte le esistenze.
Il mondo di
"atzilut" è un’emanazione, in sostanza, più spirituale
del mondo di "berià" (creazione), che è già
sceso per diventare un'esistenza a sé. Tuttavia il mondo di
berià, di natura ancora spirituale, si deve manifestare nei livelli del
mondo di "yezirà" (formazione) e di "assiyà"
(azione), prima che si possa parlare di mondo materiale e fisico. Questi sono
pertanto i quattro mondi di cui parlano i kabalisti. Essi sono quattro
categorie generali e corrispondono nell'uomo all'azione, al linguaggio, al
sentimento e all'intelletto. Ogni mondo ha poi dieci "sefirot",
generalmente nominate nel modo seguente: Hochmà (Saggezza), Binà
(Comprensione), Da'at (Conoscenza), Hesed (Benevolenza), Ghevurà (Severità),
Tiferet (Splendore, indicata anche con il termine di Rahamim - Misericordia),
Netzah (Vittoria), Hod (Maestà), Yesod (Fondamento), Malchut (Regno). A
volte, le dieci sefirot vengono elencate dal Keter (Corona) o il potere di
Ratzon (Volontà), nel qual caso Da'at non viene contata. Le dieci
sefirot rappresentano i dieci "poteri d'anima" dell'Uomo Spirituale
di ogni mondo. L'Uomo Spirituale ha un corpo nominato "Gufa di Malka"
(il Corpo del Re), strutturato con 248 membra e 365 vasi e nervi.
Ogni mondo viene
poi classificato in cinque "partzufim" (volti, aspetti), in base
all'aspetto che è dominante. I cinque partzufim di ogni mondo sono:
1: Keter (Corona), a sua volta diviso in un aspetto esteriore di
"Razon" ("volontà") e in un aspetto interiore di
"Ta'anug" (Piacere); <39>
2: Aba (Padre), correlato con Hochmà (Saggezza)
3: Ema (Madre), correlato con Binà (Comprensione)
4: Zeir Anpin (Piccolo Volto) correlato con le sei sefirot dei
sentimenti e cioè Hesed, Ghevurà, Tiferet, Netzah, Hod, Yesod,
5: Nukve (Femmina) la controparte femminile di Zeir Anpin,
correlata con l'ultima sefirà, Malchut.
Il partzuf di
keter rappresenta il Re Incoronato, il piacere del quale consiste nel conoscere
i "Segreti Superiori", mentre il Re Inferiore, rappresentato da
Malchut, si compiace di comandare i suoi sudditi, per vedere realizzata la sua
Volontà.
Il partzuf
dominante della creazione è Aba, il Padre Saggio, mentre il partzuf di
Ema esegue i comandi di Aba, eccezione fatta per la creazione dell'uomo, nella
quale Ema si assunse la responsabilità di procrearlo anche contro il
buon consiglio di Aba.
Il partzuf Zeir
Anpin è il figlio di Aba e di Ema, il "cuore" di Atzilut, che
riceve dagli attributi dell'intelletto sopra di Lui ed è chiamato uomo.
I cinque partzufim insieme assumono anche una forma umana, ossia Adam Elion
(l'Uomo Superiore), mentre zeir anpin forma un partzuf completo dentro alle
ristrette "midot" (attributi, misure), che lo delimitano.
Pertanto,
secondo i kabalisti, i cinque partzufim insieme sono rappresentati da Erech
Apaim (il Longanime) — per lo Zohar Arich Anpin (il lungo volto) — mentre il
Ristretto Uomo di Zeir Anpin (che significa volto ristretto e perciò
"impaziente") ha il compito di ricompensare i meritevoli e di punire
i malvagi.
Quando Zeir
Anpin è in un rapporto d'amore con Nukve-Malchut, quest'ultima riceve un
buon influsso che origina la "Elohut", la Divinità, una forma
più rivelata con conseguenti miracoli visibili. Se, però, Zeir
Anpin e Nukve sono separati l'uno dall'altra, l'influsso che scende nel mondo,
per mezzo di Malchut, non viene concesso volontariamente, cosicché i
miracoli non sono visibili e domina la severità della natura.
Il mondo di
Emanazione, generalmente, viene considerato come l'ultima manifestazione della
Divinità, la quale non è separata dalla sua Essenza. L'ultima
emanazione del mondo di Atzilut è Zeir Anpin, che deve essere
però congiunto con Malchut per diventare Dio del mondo.
Le Mitzvot (i
Precetti) sono i sentieri segreti che ne derivano e sono connesse con i corpi e
con le membra di Zeir Anpin e di Malchut. Pertanto, quando Israele osserva e
adempie i Precetti e le Leggi comandate, fa si che i corpi e le membra
superiori si congiungano in virtù delle sue buone azioni, mentre le sue <40>
"intenzioni" (kavanot) permettono che gli "Spiriti
Superiori" siano in amorevole armonia. Per questo motivo, tutti i
precetti, i servizi e le preghiere di Israele devono essere diretti alla
Divinità, manifestatasi nella forma spirituale di un uomo, cioè
Zeir Anpin, congiunto con la sua controparte femminile Malchut, ora denominata
Sh'hinte. Infatti, i Kabalisti prima di adempiere una mitzvà, dicono
"In grazia dell'amore che unisce Kudshe Brich Hu a Sh'hinte".
2
Il sistema kabalistico
considera l'uomo come il centro di tutta l'esistenza. I livelli infiniti e
superiori di divinità sono accessibili solo dopo che si sono emanati nel
Dio-Uomo di Atzilut. A questo livello è posta la superiore ed elevata
"Immagine di Dio" (Tzelem Elohim) alla quale si riferisce il verso in
Genesi. Le azioni fisiche, i sentimenti, i poteri dell'intelletto, ecc. sono
connessi alle azioni, sentimenti e poteri della "Divina Immagine" di
Atzilut. Così dunque Zeir Anpin, l'espressione divina del mondo di
Emanazione è il Dio al quale il fedele deve rivolgersi per essere
esaudito nella sua preghiera.
Così il
sistema cosmogonico dei kabalisti viene rappresentato nella forma di una sfera
vuota, all'interno della quale fuoriesce una linea di luce, che dall'esterno,
si porta verso il centro della sfera. La linea scende piano piano e, dopo un
breve tragitto, disegna una nuova sfera, inclusa in quella precedente. Tale
processo si ripete di continuo fino al punto centrale della sfera, dentro il
quale l'ultima sfera inferiore è così ristretta da collegarsi
alla linea stessa. Quest'ultima, quindi, continua con i cerchi interiori
corrispondenti ai livelli circolari già formatasi. La linea, tuttavia,
non tocca la superficie interiore dell'altra parte, ma si arresta prima di
essa. In questo modo, si può dire che la linea che prima è
discesa dalla superficie interiore è la sommità, mentre la fine
di quella linea che non tocca è il fondo. Tutte le sfere interiori
incluse "guardano" verso il centro della sfera. Così i kabalisti
vedono, sommariamente, la costruzione dei mondi. Il punto medio rappresenta per
loro il punto culminante dell'emanazione (Atzilut).
Per quanto
riguarda le sfere concentriche, il punto di unione tra la linea e la sua
corrispondente parte sferica è il centro esatto; esso è
estremamente ristretto nello spazio e perciò viene denominato Zeir Anpin
(aspetto ristretto). Esso è il punto centrale della linea stessa. Nukve
è il punto centrale formato dal livello circondante quello spazio
ristretto. Pertanto, Zeir Anpin è l'elemento maschile, il cui punto
mediano finisce in una linea retta, mentre Nukve è l'elemento femminile,
la cui parte mediana si arresta in una forma <41> circolare. Tale è la
rappresentazione cosmogonica dei kabalisti.
Ora, è
ben chiaro che ciò è in netto contrasto con la Fede della Santa
Torà e della Tradizione Orale.
Il punto
mediano, ancorché teorico, è determinato dalla sua posizione.
Esso è un'Unità, che è in relazione a tutto ciò che
la circonda. Ma l'Uno, al quale noi ci riferiamo, ossia il Nome di Dio, non
può essere in relazione con qualsiasi altra entità. Infatti,
qualunque esempio che cerchi di esprimere, raffigurare o indicare tale rapporto
è per noi blasfemo, perché limitante, e non farà altro che
causare una pericolosa confusione nella mente di chi lo studia.
3
R. Yihye ben
Shlomò El-Kapah dimostra in questo libro che in ogni punto della nuova
kabalà si riscontra "shituf", cioè associare Dio ad
un'altra entità, sia essa fisica o spirituale. Ed è proprio tale
"shituf" che è severamente proibito dalla Torà e dalla
Tradizione Orale e distingue la fede mosaica da quella di altre religioni.
Oltre ad
esporre e ad inficiare le dottrine kabalistiche, l'Autore ha prodotto anche una
meritevole opera, in quanto ci ha chiarito, in una forma pura, semplice e
comprensibile, il significato dell'Unità di Dio. E noi siamo convinti
che ci sia riuscito in un modo completo, come ben pochi altri nella storia
dell'Ebraismo.
L'Assoluto ed
Indivisibile Uno trascende ogni emanazione ed ogni manifestazione, per cui, la
stabilità, la verità e l'unità della Fede in Ha-Shem
dipendono dalla stabilità, verità ed unità della Rocca
presso la quale il fedele ebreo si rifugia.
La via verso
Ha-Shem è un rapporto diretto con l'Unico Uno che è tutto e tutto
governa. Qualsiasi speculazione relativa alla Sua Essenza, oltre ad essere
blasfema, è anche falsa e conduce all'errore.
L'Unità
dell'Onnipotente non ha assolutamente niente a che vedere con il senso di
unità, immaginato dalla mente umana.
L'Amore di Dio
si esprime tramite la meditazione delle Sue opere e non attraverso la
speculazione intellettiva di "luci" che nessuno ha mai visto. Ed in
merito ai pochi Eletti che sono entrati nella vera Luce, è certo che non
hanno mai riferito né tantomeno descritto tali esperienze, dato che
"Sod Ha-Shem <42>
le-yereiav u-beritò leodiam" ("Il Segreto di Dio è per
coloro che Lo temono e a costoro Egli fa conoscere il Suo Patto). Non
già a coloro che lo rivelano ad altri! "Ciò che è
occulto è per il Signore nostro Dio, e cio che è manifesto
è per noi e per i nostri figli".
4
R. Shlomo El
Kapah (1850-1932) fu allievo dello Tzadik ha-Mori Haim Gorah.
Nell'introduzione
al S. Milhamot Ha-Shem, l'Autore racconta alcuni avvenimenti che precedettero
il suo carteggio con alcuni noti kabalisti di Gerusalemme. Il testo fu scritto
in risposta alla sesta lettera del carteggio. Rav El Kapah spiega che la
disputa tra coloro che avevano adottato lo Zohar e i Dardain (che lo avevano
rifiutato e rigettato), era presente già da molto tempo. All'epoca in cui
visse l'Autore, il governo ottomano, che allora imperava anche nello Yemen,
aveva concesso il permesso e il sostegno per costruire una yeshivà ed
una scuola per ovviare al metodo disordinato delle lezioni che allora vigeva e
si teneva in case di privati, spesso malsane. Quando la yeshivà fu
costruita e iniziò a funzionare, si decretò che i
"bahurim" (gli scolari) ricevessero anche lezioni di turco,
matematica e geografia. La decisione fu accolta. Gli allievi riuscivano bene
nei loro studi religiosi e secolari. Soddisfatti ne erano anche gli insegnanti
e gli ufficiali ottomani. In seguito, giunse da Gerusalemme un gruppo di
Rabbini, che voleva verificare le cognizioni degli allievi sui testi talmudici.
Tuttavia le domande proposte ai giovani yemeniti si rivelarono così
difficili ed oscure, che costoro non seppero rispondere. Questo fu il pretesto
per una serie di calunnie (da parte dei Rabbini di Gerusalemme) che
culminò con la chiusura della scuola. Il governatore turco dispose,
oltre alla chiusura dell'edificio scolastico, anche l'imprigionamento del
rabbino El Kapah e degli insegnanti della yeshivà. Essi furono
incarcerati per ben due volte, per più di trenta giorni. Si comprese
allora che il vero motivo della calunnia era che nella yeshivà non si
studiava lo Zohar, perché rifiutato da questi ebrei yemeniti. I rabbini,
tornati a Gerusalemme, decretarono pubblicamente che questi Dardain erano
"minim" e "kofrim" (negatori di Dio), per cui bisognava
recarsi al cimitero e spargere il capo di cenere, in segno di lutto,
poiché queste anime yemenite avevano deviato dalla Kabalà di
tutto Israele e avevano rifiutato di credere nelle sacre parole dello Zohar. <43>
Pertanto, fu
questo episodio che spinse il Hacham El Kapah a scrivere questo accorato
componimento. Che peccato avevano commesso col rifiutare di credere a tali
astruse dottrine attribuite falsamente al Tanai R. Shimon ben Yohai? Quale
prova esisteva della sua autenticità? Perché mai tali dottrine
venivano esposte in un modo del tutto diverso dal resto della letteratura
ebraica? "E contro coloro che si immergono giorno e notte nello studio
della Torà, della Mishnà e del Talmud, con la loro Fede
nell'Unico Dio Vivente, che voi state conducendo questa battaglia?
Perché non "cinguettiamo" come fate voi i versi dello
Zohar?"
Fu così
che rav Shlomo EI Kapah decise di non "cinguettare" i versi dello
Zohar, bensì di studiarlo in profondità, così come i suoi
commentatori, al fine di comprenderne meglio la dottrina, per meglio
contrastarlo con l'arma della vera Torà. Egli si meravigliò che
la gravità del loro "peccato" avesse causato la chiusura della
loro yeshivà. Considerò anche che il rifiuto delle nuove dottrine
kabalistiche dello Zohar si fosse accompagnata a calunnie così
virulente, da parte di persone "rispettabili". Il Hacham El Kapah
concluse che, in passato, non si era fatto abbastanza per smascherare le idee
di "shituf" contenute nella nuova kabalà; egli si rese conto
che anche molti yemeniti, in buona fede, erano rimasti ammaliati dall'incantesimo
di questo testo, per cui sentì l'obbligo morale di fare presente ai
propri fratelli la pericolosità di questa continua insidia.
La
"Temimut" e la "Emunà" degli ebrei yemeniti erano
state contagiate da un'epidemia di astruso misticismo e i responsabili della
loro conservazione non avevano affrontato il nemico in modo adeguato, per cui
avevano subito una cocente sconfitta. Era arrivato, quindi, il momento di
difendere il puro e vero monoteismo ed il significato incorrotto dello Yihud
Ha-Shem e della vera Kabalà. <44>
INTRODUZIONE
ALLA LETTURA DEL TESTO
Le sei lettere
introduttive del carteggio tra l'Autore ed un noto kabalista di Gerusalemme,
trascritte nel testo originale in ebraico, vengono qui compiutamente tradotte (eccezion
fatta per la fine della sesta lettera che è stata abbreviata a motivo
della sua prolissità). Il lettore che ha qualche familiarità con
questi soggetti troverà interessante questo carteggio, poiché
sintetizza quasi tutti gli argomenti che verranno discussi in seguito
dall'Autore. Il lettore, invece, che non conosce questa materia (e noi
supponiamo che sia la maggioranza) può in un primo tempo tralasciare o
quanto meno leggere superficialmente il contenuto del carteggio e inoltrarsi
direttamente nella lettura del componimento vero e proprio. Ultimata la
lettura, potrà comprendere a pieno il significato di questo scambio
epistolare ed apprezzarne il contenuto.
In merito poi
alla lettura del componimento, suggeriamo che il libro venga letto lentamente ed
attentamente.
Il libro si
prefigge due scopi principali: primo, negare tutte le teorie kabalistiche;
secondo e in relazione di contrasto al primo, affermare ed insegnare la vera
fede dello Yihud Ha Shem (Unità di Dio).
In una nota
introduttiva dell'edizione originale, si fa menzione a come l'Autore abbia
ammesso di aver scritto il componimento in uno stato di ispirazione, dal
momento che le parole uscivano dalla sua penna in un modo naturale, perfetto,
profondo. L'Autore consigliò altresì di leggere il testo con cura
e con intenzione, spiegando che la profondità del Sefer non può
venire intesa da una singola lettura.
È da
considerare anche che l'autore ha messo in rilievo il fatto che dopo Maimonide,
di benedetta memoria, le leggi governanti il giusto modo di credere
nell'Unità di Dio è rimasto come "una città
incustodita". Egli si è così premurato di spiegare le esatte
modalità della fede monoteista rivelate dalla Torà,
affinché questa grave lacuna fosse colmata in un modo consono ai dettami
di Ha-Shem. <45> Per raggiungere questo scopo era
necessario mettere a nudo tutti i tipi di credenza che rientrano nella
categoria di "shituf", l'associare a Dio, Prima Causa di tutte le
esistenze, qualsiasi altre entità e dimostrare il loro netto contrasto
con la vera Tradizione dei Saggi.
Concludiamo,
augurando al lettore di apprezzare il puro contenuto del libro e di goderne i
frutti perennemente.
<46>
1
PRIMA
LETTERA DI DOMANDA DALLO YEMEN A GERUSALEMME
Uno dei
Talmidim chiese: "che il nostro maestro ci spieghi, dunque, a chi
appartengono il nostro servizio e le nostre preghiere — alla Causa delle Cause,
Benedetto Egli sia, oppure ad una delle Sue emanazioni (zeir anpin),
(così come R. Salam ibn Daud, che ha viaggiato da qui alla Terra Santa,
ci ha spiegato alla nostra presenza, per cui in conformità alla vera
fede, come spiegato in Sefer "Matzref ha-Emunà" e in Sefer
"Olat ha-Tamid", colui che serve l'Infinito (Ein Sof) non sta
servendo il vero Dio né sta facendo onore al Dio della Giustizia),
affinché si possa sapere chiaramente chi dobbiamo servire. Per cortesia,
siate solleciti nel rispondere. —
2
PRIMA
LETTERA DI RISPOSTA DA GERUSALEMME ALLO YEMEN
La risposta
alla vostra domanda si trova spiegata nel Sefer "Kisei Eliahu" da
pagina 13 a pagina 18. "Che il saggio ascolti ed aggiunga sapienza".
La Kabalà ci insegna che il servizio (avodà) va rivolto all'Unico
Dio al fine di far scendere da Lui l'influsso sulle dieci sefirot, come scritto
in Sefer "Lehem Shlomò". —
3
SECONDA
LETTERA DALLO YEMEN A GERUSALEMME
La vostra
risposta ci è pervenuta oscura e in essa è presente la sola
indicazione <47>
di leggere il S. Kisei Eliahu. Tuttavia, non ho inteso la vostra opinione e
tantomeno la vostra intenzione. Ciò che avete ricevuto come
Kabalà è in accordo o in contrasto con le parole del Kisei
Eliahu? Infatti, dopo aver letto ed esaminato con cura le pagine da voi
indicate, non vi ho trovato ciò che cercavo. Al contrario, l'autore del
testo considera l'Unità del Creatore come altre entità di
"uno". Scrive infatti:
— è come
una casa che nella sua totalità viene chiamata casa, ma quando entri in
essa vi trovi molte stanze, grandi e piccole, ecc. e ciascuna viene descritta
con un nome, ecc. o come un muro costruito con pietre, ciottoli, terra, acqua,
calce, ciascuno è un'entità fine a sé ecc. — Solo dopo che
il muratore con la sua arte ha unito insieme le varie parti, una dentro
all'altra, una vicino all'altra ecc...solo allora esso diventa un muro. E
così è nel nostro caso, ecc.
— (a pagina 28, 29 egli lo paragona) ad un
corpo umano che ha in sé unite ossa, arterie, carne, testa, occhi, naso,
bocca, mani, piedi ecc., mentre tutti insieme vengono chiamati con un singolo
nome Reuben, Shimon ecc. —
— (a pagine 25,
26, 27, scrive) il principio generale da dedurre da queste considerazioni
è che la Causa Prima, riferita da tutti i kabalisti come l'Ein Sof che
si cela dentro zeir anpin, per cui questo diventa il Regnante su tutte le
creazioni. Egli le governa, le alimenta, le sostiene per mezzo del potere
dell'Ein Sof, presente in Lui". Perciò Egli è il nostro Dio
e noi siamo la Sua nazione, giacché le nostre anime sono la Sua porzione
e Lui dobbiamo servire. Egli è il Dio dei nostri padri, che governa
tutti i mondi per ciò che riguarda il premio e il castigo. Se, tuttavia,
uno rivolge la sua preghiera all'Ein Sof o ai partzufim che sovrastano zeir
anpin e nukve e prega ad essi individualmente (senza pregare zeir anpin),
oppure, rivolge la sua preghiera all'anima che si nasconde in essi, costui
pregherà invano e non verrà esaudito. Anzi, coloro che pregano in
questo modo saranno puniti. Poiché è in virtù della
volontà della Causa Prima che zeir anpin dirige la sua "influenza"
(shefa) su tutti i livelli inferiori, per cui non esiste altri all'infuori di
Lui —
Queste parole
del Kisei Eliahu sono in netto contrasto con quelle del Rambam, di benedetta
memoria, nel suo commento alla Mishnà, nello Yad ha-Hazakà e nel
Morè Nevuhim; inoltre, contrastano sia con gli insegnamenti del
"Hovot ha-Levavot" (Sha'ar ha-Yihud), sia con quelli di R. Sa'adya
Gaon nel Sefer "Emunot ve-Deot" sia con quello del Sefer ha-Rokeah.
Nei testi
succitati viene chiaramente spiegato che l'Unità di Dio, Benedetto Egli
sia, non è un'unità congiunta, né un'unità di
specie. Non è come un uomo che è suddiviso in tante unità
e neppure è l'unità di un elemento semplice, ecc. Infatti, questi
tipi di unità possono suddividersi in un numero infinito di <48> suddivisioni.
Ha-Shem Baruch-Hu, invece, è Uno in un modo di Unità Assoluta che
non ha pari con qualsiasi altra unità.
Il "Kisei
Eliahu" scrive, inoltre, che l'Ein Sof è l'anima (neshamà)
di atik, di arich anpin, di aba e di ema, di zeir e nukvei. I nostri Saggi, e
tra loro quelli summenzionati, hanno invece scritto che "egli non ha
corpo, né ha alcunché di corporeo" (un'entità
cioè che agisce dentro un corpo). Secondo costoro, però, Egli
è un'entità (neshamà) in un corpo (atik, arich, ecc.).
Il "Kisei
Eliahu" scrive, poi, che arich anpin, aba ed ema, precedettero zeir anpin,
che è nostro Dio e costui è il figlio di aba e di ema ecc.
I nostri
Hachamim hanno invece affermato che Egli è il Primo e precede tutto
ciò che esiste. Egli è "Kadmon" (il Primo Eterno e
Assoluto) ad ogni esistenza.
Il "Kisei
Eliahu" sostiene anche che l'Ein Sof non ha un servizio che gli
appartiene, né si può evocarlo in preghiera. Non gli si
può attribuire nessun nome, mentre il Tetragramma, il nome di Adonai
ecc. vanno riferiti solamente a zeir anpin e nukve nel mondo di atzilut
(emanazione). Questi nomi non vanno ascritti neppure ad arich anpin, ad aba ed
ema, a zeir e a nukve che si trovano nei mondi superiori a quello di
emanazione.
Perché
si abbandonano, dunque, tutti i partzufim sopra il mondo di atzilut per servire
soltanto zeir e nukve del mondo di emanazione? E che ne è di tutti gli
atik, gli arich anpin, gli aba e le ema, che precedettero zeir anpin nei mondi
superiori e sono più vicini all'Infinito?
Forniteci,
dunque, risposte comprensibili, affinché possiamo seguire il nostro Dio,
il nostro Creatore e il Creatore di tutto l'Universo. Ma non angustiateci con
indegne parole, Dio ci scampi. Infatti, chi come voi ha raccolto nel suo pugno
l'incanto e la raffinata comprensione di intendere e di conoscere Dio per mezzo
di questo studio occulto? Chi come voi salirà alla Montagna di Dio e
sosterrà nel luogo della Sua Santità? Io, invece, sono uno stolto
tra gli uomini e la comprensione non fa parte del mio possesso.
Ma la Rocca,
però, conosce le intime recondite intenzioni del cuore ed Egli cerca
ogni cuore. Io non ho dato riposo ai miei occhi e il sonno è stato tolto
alle mie palpebre perché potessi trovare le soluzioni. E colui che viene
per purificarsi è aiutato dall'Alto, sicché possa trovare una
Guida, che gli mostri il sentiero della Santità con chiaro intelletto e
cristallina conoscenza. Come l'infante che viene alimentato è come il
bambino che viene istruito. Forse tra i vostri Saggi della Verità (1)
, intelligenti ed esperti come Etan ed Heman (2), c'erano alcuni
Rabbini che erano privi di questa saggezza e ci hanno così elargito
squallide falsità, Dio ci salvi — A voi, però, sono stati svelati
i segreti ed i tesori nascosti di questa <49> sapienza, con la quale riempite le menti
dei vostri allievi fino a quando essi sono sazi e possono così
apprezzare il gusto della vostra benevolenza. È quindi nostro dovere
ricompensare le vostre buone azioni, per cui non trattenete la bontà da
coloro che la richiedono. Vi prego, davanti al Dio dei Cieli, di far
risplendere il vostro volto su di noi e così potrete chiarirci con
limpida esposizione ogni questione richiestavi. Allora saremo vostri servitori
e le nostre labbra potranno esprimere la magnificenza della vostra
generosità. Così non saremo svergognati né in questo mondo
né in quello futuro. Solo allora torneremo a nutrirci tra le rose nel
segreto dei Saggi e di coloro che intendono.
1) Hochmei ha-emet, usato per indicare coloro che studiano la
kabalà.
2) Famosi saggi dell'antichità, al tempo dei Patriarchi.
4
SECONDA
LETTERA RISPOSTA DA GERUSALEMME ALLO YEMEN
Ho letto tutto
ciò che è stato da voi scritto in modo erudito, simile ad un
albero con molti rami alti, come le cime dei cedri. Perdonate il ritardo della
risposta, ma il mio tempo è faticosamente occupato. Ma, ogni ritardo
è a fin di bene.
Esaminando la
vostra lettera, scorgo che avete spesso aperto la vostra bocca per menzionare
la parola "dèi". Pensate forse che le vostre parole sono
contro di noi? "Chi siamo noi che ci portate le vostre lagnanze"? Del
resto, tale disonore non appartiene a noi, bensì ai Saggi di Israele, il
più piccolo dei quali è più largo dei vostri lombi e sui
quali (Saggi) tutto Israele si appoggia e in grazia dei quali esiste il mondo.
È disdicevole per voi proferire tali sentenze indegne. Palesate una
semplicità sotto la quale, invece, si trova una grande astuzia. Il
giudizio sul vostro conto è comunque già stato espresso da coloro
che possiedono sapienza.
Ebbene, per
quanto riguarda la vostra affermazione secondo la quale il Kisei Eliahu (pagina
3) paragona l'Unità di Dio ad altre "unità", voi
brancolate nel buio, giacché a pagina 20, è spiegato che queste
similitudini vanno riferite a "Luci Sacre" (orot kedoshim) che non
hanno forma o sembianza che possano essere percepite dall'intelletto umano, in
modo alcuno. È solo perché l'intelletto stesso possa considerarle
che ci è stato permesso fare tali similitudini. A pag. 4, è <50> scritto anche che
gli epiteti (kinuim) e gli attributi descrittivi (to'arim) sono esempi relativi
alle sefirot emanate ed alle luci sacre, ma per quanto riguarda il Signore, non
esiste né similitudine, né forma, né percezione di Lui
nella mente umana, in qualsiasi modo.
In quanto alla
vostra domanda "perché si abbandonano tutti i partzufim sopra il
mondo di atzilut per servire soltanto zeir anpin, con il potere dell'ein sof
che è in esso ecc. — questo è stato spiegato a pagina 25 e
cioè "quando noi evochiamo zeir anpin, contemporaneamente,
evochiamo in un'unità tutti i partzufim, insieme alla neshamà che
si cela in essi".
Per quanto riguarda
la vostra domanda "perché si abbandonano i partzufim che sono
più vicini all'ein sof per evocare zeir anpin" — questo è in
virtù del fatto che gli "attributi interiori" (midot ha
p'nimiot) sono o di "severità" (din) o di
"misericordia" (rahamim). Zeir anpin, invece, consiste in tutti
quanti. E per questo motivo che il Creatore ha voluto seguire tutte le Sue
opere attraverso questo recipiente.
Se volete
porre, poi, delle domande sulle similitudini delle Luci Superiori (cosa che non
avete permesso di fare neanche nel pensiero, quanto di meno burlarvene)
perché non ve la prendete con il corpo materiale che svolge tutto il suo
lavoro, mentre la testa rimane al di sopra a non far niente? O anche la
facoltà del linguaggio, orgoglio dell'uomo su tutte le altre creature
viventi, — perché dunque la bocca non fu posta sopra gli occhi?
Così è stato decretato dalla Sua Saggezza. E se voi ritenete di
avere un'idea migliore, ebbene, andate dal vostro Creatore e prestategli
consiglio!
In quanto, poi,
all'affermazione che le parole del Kisei Eliahu sono in contrasto con quelle
del Rambam e degli altri Hachamim ecc., perché essi hanno scritto che
Egli non è il potere di un corpo, mentre, secondo il Kisei Eliahu, Egli
è il potere di un corpo — ebbene, tutti i kabalisti sono in pieno e
completo accordo sul fatto che chiunque consideri le sefirot in un senso
fisico, così come avete fatto voi, costui è un "kofer"
e non ha retaggio con il Dio di Israele! Se si riferiscono ad esse come
"luci sottili" è per il semplice fatto che bisogna "dare
all'orecchio ad intendere qualcosa".
Allo stesso
modo, ci chiediamo il senso delle parole del Rambam laddove scrive: "la
persona deve disporre il suo cuore verso la Divina Presenza (Shechinà) e
poi deve pregare". Nel Morè è invece scritto che la Shechina
è una "luce creata" (or nivrà). Ancor di più su
ciò che scrive a proposito della "Gloria di Dio" (Kevod
Ha-Shem) che anch'essa è creata. Se così fosse come poté
Israele lasciare l'uscio delle proprie tende per inchinarsi ad una creazione? E
Rambam scrive anche che ogni <51>
forma (tzurà) che videro e descrissero i Profeti, era un "luce
creata". Ciò significa forse, che non abbiamo profezia dal
Creatore, bensì dalle creazioni soltanto? E se noi affermassimo che
questa creazione si attacca (dabek) al Creatore, questo significherebbe per voi
forse, che Egli è il potere di un corpo?. Attendiamo una vostra
risposta, con impazienza.
5
TERZA
LETTERA DALLO YEMEN A GERUSALEMME
Il mio spirito
desiderava sentire parole purificate, simili ad uno specchio uniforme, parole
ispirate dai cieli, in alto. Io, infatti, sono povero di ogni sapienza e anelo
all'ombra del ricino. Ma, invece di rispondere, mi avete chiamato in causa (1)
. Dalle copiose acque, per me così amare, vorreste abbeverarmi. Mi
vorreste porre guardiano di un orto di cetrioli. La mia anima, tuttavia, rimane
sbigottita dalle profane lodi di cattiveria, simili alle benedizioni del
malvagio Balaam. Avete chiuso la vostra lettera con parole di calunnia, come
persona priva di educazione, come orso male addestrato.
Per amore della
verità, tale non è la via della Torà. Le vie della Sacra
Torà sono vie piacevoli — Ama il tuo prossimo come te stesso —
Ciò che ti è odioso non farlo al tuo prossimo. Non era forse
questa una sentenza di Hillel?
Avete iniziato
la vostra lettera affermando che ho spesso aperto la bocca per disprezzare i
Saggi d'Israele e che ho usato parole indegne nei loro confronti. Non mi
permetterei mai di svergognare il mio prossimo, Dio ci salvi, appartenga esso
alla nostra nazione o a qualsiasi altra nazione. Non riconosco nelle mie frasi
parole che abbiano potuto esprimere tale spregevole sentimento.
Tuttavia, se il
fine è quello di obiettare a coloro che portano delle affermazioni
contrastanti a quelle dei Hachamim, ebbene, in questo non esiste proibizione
alcuna. Nel Talmud stesso, le obiezioni vengono usate dai Rabbini per
controbattere le asserzioni dei Saggi maggiori di loro e in questo riportano
delle prove per sostenere le loro obiezioni, come quando è scritto
"l'obiezione (ti'ubta) del tale Rabbino" ecc. oppure "l'opinione
di questo Rabbino è sbagliata ("baduta" o come si legge
nell'Aruch "baruta", rigettata). In Sanhedrin e in Berachot è
scritto: "Noi affermiamo che quando una persona vede l'arcobaleno deve
chinare il capo, in <52>
base al verso "come la visione dell'arcobaleno che comparirà nella
nube" ecc. e "l'ho visto e mi sono chinato"; all'ovest,
tuttavia, maledicevano questa affermazione (2) ecc. — R. Abahu ne
parlò con disprezzo, ecc. —
Nella vostra
lettera, invece, ho scorto molta animosità e molte accuse, ma non vi ho
trovato risposta alcuna. Sono stato forse io a chiamare "déi"
questi partzufim? Invero, sono i kabalisti che così li hanno chiamati!
È sufficiente esaminare le "intenzioni" (kavanot) (3)
delle berachot e della tefilà, per scoprire chi è il nostro Dio
(Elohenu) e chi il Dio dei nostri Padri (Elohei avotenu)! O è
sufficiente considerare la domanda dello Zohar "Qual è questo
elohim"? (man elohim da). Dopodiché elohim viene riferito ad uno
dei partzufim! I kabalisti spiegano che esistono miriadi di mondi, tutti
emanati, creati, plasmati e compiuti, i quali, a causa della loro immensa
segretezza e della finezza delle
loro luci, non hanno potuto rivelare. Essi sostengono che ognuno di questi
mondi contiene dieci sefirot e che ogni singola sefirà contiene dieci
sefirot individuali, come nel mondo di emanazione. Essi si presentano in due
categorie generali; "igulim" (sferoidali), uno dentro all'altro, e
yosher (diritto) nella forma di un uomo in posizione eretta, strutturato con
248 arti. Ciascuno di questi mondi contiene entrambe le categorie (igulim e
yosher), sia in senso generale che in senso particolare. Tutte le spiegazioni
dei kabalisti, comunque, devono essere riferite al solo mondo di atzilut
(emanazione), poiché questo ha già acquisito
"densità" e si è rivelato in maggior misura. Essi
descrivono in questo mondo di atzilut cinque partzufim generali, ossia arich
anpin, aba ed ema, zeir e nukve.
Sono loro
stessi che hanno spiegato che l'atzilut è divenuto un mondo con una
propria densità e con delle proprie entità rivelate, a cui hanno
associato i Nomi di Dio, per cui questo partzuf è il "nostro
Dio", quest'altro è il "Dio dei nostri Padri" e
così via. Sono loro che hanno insegnato il livello particolare partzuf-sefirà-Nome,
indicato per ogni singola parola usata nelle benedizioni e nelle preghiere.
Pertanto, la
vostra accusa per la quale ho inteso le sefirot in un senso fisico chiamate
"déi" non ricade su di me, bensì sui kabalisti! Per cui
la domanda rimane al suo posto. E cioè: perché abbandonare l'ein
sof con tutte le sefirot dei mondi superiori di arich anpin, aba ed ema per
servire zeir anpin e nukve? E perché dobbiamo proclamare che lo zeir
anpin è il nostro Dio e noi siamo la Sua nazione ed i suoi servi, Egli
ci ha creato e noi Gli apparteniamo?
L'asserzione
riportata nella vostra missiva, per la quale la scelta di zeir anpin tra tutti
gli altri partzufim è dovuta al fatto che esso contiene ambedue gli
attributi interiori di severità e di misericordia ecc. — dimostra
chiaramente <53>
che ammettete che il servizio e la preghiera non appartengono alla Causa di
tutte le Cause, bensì a zeir anpin soltanto.
Pertanto,
è necessario che ci chiariate come risolvere questa contraddizione tra
l'opinione dei kabalisti, per la quale servizio e preghiera appartengono a zeir
anpin e alla sua anima e l'opinione della Sacra Torà, sia scritta che
orale, per la quale servizio e preghiera vanno rivolte esclusivamente alla
Causa Prima.
Per quanto
riguarda, poi, la vostra collera e il vostro sdegno per aver io inteso le
sefirot in un senso fisico, mi sembra che siano del tutto infondate,
giacché io ho citato le espressioni dei testi kabalisti. Questi
sostengono che il mondo di atzilut contiene corpo, anima, indumento, luci spirituali,
che a questo livello sono già più dense e si manifestano.
Ciò implica che le sefirot in questione sono "qualcosa" e sono
relativamente "materiali" in rapporto ai mondi superiori.
Sapreste forse
spiegarmi chi governa tutti i mondi celati, che non sono stati rivelati dai
kabalisti? Chi li alimenta e chi li sostiene? È forse zeir anpin di
atzilut, al quale anch'essi devono prostrarsi o forse è l'Ein Sof che
è il loro Dio, mentre noi terreni dobbiamo servire esclusivamente zeir
anpin? Infatti, se zeir anpin alimenta e sostiene i livelli inferiori e
l'Infinito è il Dio dei livelli superiori, ciò significa che
esistono due poteri regnanti separati, Dio ci scampi!
I nostri Saggi,
invece, hanno spiegato (4) che allorquando Dio concesse la
Torà aprì i sette cieli superiori e i sette mondi inferiori e
disse ad Israele "Considerate i livelli superiori ed i livelli inferiori e
sappiate che non esiste altro Dio all'infuori di Me, non in alto e non in
basso, Io sono il Signore, vostro Dio".
Nel Midrash
Rabbà, parashat Yitrò, sta scritto "Io sono il Signore"
— R. Abahu disse: Un re, ad esempio, può avere un padre, un fratello o
un figlio. Ha-Kadosh Baruch-Hu disse: Io non sono così, poiché
"Io sono il Primo e Io sono l'Ultimo" ecc. — che non ho un figlio, e
"all'infuori di Me non c'è altro dio" — che non ho fratelli —
Il libro Etz
Yosef commenta: Un re in carne ed ossa se ha un padre deve onorarlo; se ha un
fratello, potrebbe dover condividere con lui qualche onore; se ha un figlio,
gli concederà l'onore di diventare principe e alla fine gli
erediterà la sua carica. — Il significato del verso "Io non ho
padre" significa che Egli è la Causa Prima; "Io non ho
fratello" significa che Egli è Singolo e non esiste un secondo; "Io
non ho un figlio" significa che tutto ciò che da Lui deriva non si
manifesta in un modo esistente in natura, come il processo naturale per cui un
figlio esce da suo padre, come sostenuto da alcuni (5). Se
così fosse, ne conseguirebbe che Egli non ha il potere di cambiare le
cose ed il Suo regno non è completo (infatti sarebbe limitato dal dover
condividere l'onore con i suoi parenti). Però, il <54> Santo Benedetto
Egli Sia disse "Io sono il Signore vostro Dio" poiché è
in virtù del Suo potere che Egli li ha tratti fuori dalla terra
d'Egitto, dimostrando così che il Suo regno è assoluto e nessuno
può limitarLo —
In merito al
verso in Daniele "(disse Nabucodonosor) il quarto che vedo sembra un
figlio di Dio" spiegarono i Saggi del Talmud, in Shabbat (6):
R. Reuben disse "In quel momento, scese un angelo, schiaffeggiò
quel malvagio sulla bocca e gli ingiunse "Correggi la tua parola. Ha Egli
forse un figlio?". Dopo di ciò troviamo che Nabucodonosor disse
"Benedetto sia il Dio di Shadrah Meshah e Avid Nego, che ha inviato il Suo
angelo ed ha salvato i Suoi servitori" — non è scritto
"figlio" bensì "angelo".
Ciò
significa che Nabucodonosor considerava gli angeli come entità
"emanate" che scendono da Dio, in modo naturale, come un figlio esce
da suo padre. Simile è l'opinione dei kabalisti in relazione alle sefirot
di tutti i mondi e alle loro neshamot. Per questo motivo lo schiaffeggiò
sulla bocca fino a che il re mutò la sua parola e disse
"angelo".
Infatti, tutto
ciò che esiste fu creato da Dio "yesh me-ain" (ex nihilo),
dalla creatura più complessa fino all'insetto più piccolo. Non fu
emanato dalla Sua essenza in un modo simile a quello di un figlio generato
dalla potenza fecondatrice del seme paterno.
La conclusione
di questo ragionamento è che non si deve servire alcuno
"partzuf" o aspetto o forma esistente tra tutte le creazioni, sia
superiori che inferiori. Dio soltanto, nella Sua Unità, deve essere
servito, onorato e pregato. Dalla semplicità più pura della fede
fino ai concetti più sublimi, raggiungibili dalle menti bene istruite,
regna assoluto il precetto e il monito della Torà "Io sono il
Signore vostro Dio" e "non avrai altri dèi".
Maimonide, di
benedetta memoria, scrive che esistono cinque categorie di "minim" (7):
— coloro che affermano che non esiste Dio e non c'è alcuno che governa
il mondo. — coloro che affermano che il mondo ha un conduttore rappresentato da
due o più entità. — coloro che sostengono che esiste un Dio, ma
che Egli ha un corpo e una sembianza. — coloro che affermano che Dio non
è l'unico Primo e non è l'unica Rocca (fondamento di tutto). —
coloro che adorano qualsiasi altra entità, che fa da mediatore tra Dio,
Signore del mondo e l'individuo — Ognuno di essi è considerato un
"min" —
Il Lehem
Mishnà commentando la quarta categoria cita il Ravad, che scrisse:
Questo è come colui che dice "Il vostro Dio è veramente un
grande Artista, sebbene Egli abbia trovato dei meravigliosi materiali coi quali
lavorare: confusione e caos (tohu va-vohu), oscurità, acqua e aria. Egli
li usò e fece ciò che fece". — Il Lehem Mishnà
commenta l'aggiunta del Ravad alle categorie elencate <55> dal Rambam; anche se uno ammette che
nessun'altra "causa" precedette Dio, ma che Egli la creò da
un'altra entità esistente (yesh me-yesh), anche costui è un
"min". —
Ai fini della
nostra trattazione, è sufficiente considerare che la dottrina di fede,
spiegata da tutti gli autori della nuova kabalà, è, a nostro
avviso, (così come secondo l'avviso di molti illustri Hachamim che
l'hanno rigettata del tutto) una credenza in una molteplicità di
entità emanate; ein sof, adam kidma'a, adam kadmon, atik, arich, arich
anpin, aba, ema, zeir anpin e nukve. Secondariamente, tali entità, che
presentano dei corpi celesti di luce, sono in rapporto con l'ein sof,
così come l'anima con il corpo. Terzo, il loro servizio non è
rivolto alla Causa Prima (nominato, con la loro terminologia, Ein Sof),
bensì ad una sua emanazione, zeir anpin, l'ultimo di una catena di
cause. Quarto, questo zeir anpin è un "mezzo" (emtzaì)
attraverso il quale l'influenza scende dai livelli superiori di atik, arich,
aba ed ema; esso viene chiamato "figlio" di aba ed ema nel mondo di
atzilut e "padre" o keter (corona-arich e atik) nel mondo della
creazione (berià) (negli ordini della catena dei mondi nei quali
credono).Così ho letto anche nella vostra lettera e perciò ho
riportato tutto questo per calpestarlo sotto i piedi!
Avevo chiesto
per quale motivo si doveva abbandonare l'ein sof ed i partzufim superiori, che
sono ad esso più vicini. Mi avete risposto che zeir anpin racchiude gli
attributi di severità e di misericordia, per cui il Creatore ha optato
eseguire le Sue azioni tramite questo recipiente. Ad esempio di ciò, lo
avete paragonato ad una mano, che esegue ogni tipo di lavoro, mentre la testa
rimane al suo posto, inoperosa, oppure al linguaggio che è l'orgoglio
della persona ecc. Tutto ciò è assai curioso. Io avevo chiesto in
merito all'affermazione che zeir anpin è il Dio della nostra adorazione,
e voi mi avete risposto sulle azioni che vengono eseguire dalla volontà
del Fattore. Dobbiamo, pertanto, servire tutte le forze attive che per la loro
volontà agiscono su di noi e nominarle Dio? Anche il sole compie per noi
molte benefiche azioni; ci illumina, scalda l'aria e la terra, affinché
la vita vegetale abbia il suo corso e la frutta possa maturare a tempo.
Dobbiamo per questo venerarlo? Anche la luna e le stelle agiscono su ciò
che è sottostante, per volontà del Creatore. Così pure la
terra e l'acqua sono elementi indispensabili alla vita e alla crescita del
mondo fisico. Il fuoco, poi, è necessario per la cottura dei cibi ecc.
Dobbiamo per questo servire questi elementi vitali?
Che la
volontà di Dio si manifesti per mezzo di messaggeri è principio
espresso chiaramente nelle Sacre Scritture — "Che le acque abbondino con
una moltitudine di esseri viventi", "che la terra produca creature
vive", "che la terra <56>
produca germogli, erbe che facciano seme", "Egli fa dei venti i Suoi
messaggeri e del fuoco ardente i Suoi servitori" e così via.
Ciò
nonostante, Ha-Shem Baruch-Hu ci ordinò di servire soltanto Lui e ci
avvertì a non venerare altri all'infuori di Lui. In quell'istante
pregiatissimo, nel quale Si rivelò sul Monte Sinai, Egli proclamò
"Io sono il Signore, vostro Dio" e "Non avrai altri dèi
al Mio cospetto". E così "Io sono Ha-Shem, questo è il
Mio Nome e la Mia Gloria non darò ad altri".
Sia voi che il
sottoscritto siamo stati davanti all'Artigiano, che ci ha creato, e, da Lui,
abbiamo sentito che è proibito servire un altro dio (come il vostro zeir
anpin), persino se costui va riferito ad un messaggero inviato per compiere
qualche attività. Perché, dunque, non dobbiamo obbedire
all'Altissimo e servirLo unicamente, invece di zeir anpin, questo corpo emanato
di luci, entro il quale risiede l'Infinito?
Ora, è
mia intenzione replicare alla vostra domanda in merito alle parole del Rambam,
per cui "la persona deve disporre il suo cuore verso la Shechinà e
poi deve pregare" e che, come scritto nel Morè Nevuchim, "la
Shechinà è una luce creata". ecc. E bene premettere,
però, che vi siete rivelati saggi ai vostri occhi e privi di istruzione
su questioni di buona educazione. È forse garbato ritorcere la domanda a
chi sta chiedendo? Tuttavia, non tratterrò la mia penna dal rispondervi.
È ben
noto a coloro che sono eruditi nella sacra letteratura di Israele che il termine
"Shechinà" si riferisce a tre cose; primo, si riferisce a Dio
(come annota Rambam nelle "Leggi di Penitenza": "Grande è
la penitenza, poiché essa riavvicina l'individuo a Dio"
[Shechinà] — Tale è l'immenso beneficio della penitenza — ieri,
era separato dal Dio di Israele, ecc., oggi aderisce alla Shechinà, come
è scritto "Voi siete attaccati al Signore, vostro Dio" —
l'individuo implora e subito viene esaudito, come è scritto "Ancora
prima che essi chiamano, Io risponderò"). Secondo, si riferisce alla
"rivelazione" della Shechinà (Ghilui ha-Shechinà) (come
quando Abramo procedeva verso il monte Morià per sacrificare Isacco,
dove è scritto "Ed egli vide il luogo da lontano". I Saggi
spiegano che vide da lontano una "luce" sul monte Morià e il
Poeta così espresse "ed egli vide un'immagine dell'Onore, dello
Splendore e della Gloria". Questa è la "luce creata" di
cui parla il Rambam. Similmente, in relazione al roveto ardente è
scritto in Shemot "Ed Egli (Mosè) si avvide che il roveto ardeva
per il fuoco". E all'inizio del verso è scritto chiaramente
"Un inviato del Signore gli apparve attraverso una fiamma di fuoco di
mezzo ad un roveto". Questa è una "luce creata".
L'espressione esatta del Rambam è la seguente: "qualora si faccia
menzione alla" rivelazione <57> della Shechinà ci si riferisce ad una "luce
creata"). Terzo, si riferisce alla Provvidenza di Dio (Ashgahà) su
di noi, nominata anche Shechinà. (come dissero i Saggi "Quando
vennero esiliati in Babilonia, la Shechinà li accompagnò" —
questo significa che la Provvidenza li sorvegliava, come, infatti, promette la
Torà "Anche quando saranno in una terra non loro, non li
disprezzerò, né li odierò, si da distruggerli o da
annullare il Mio Patto con loro, giacché Io sono il Signore, il loro
Dio"). Pertanto in tutti i riferimenti di Shechinà è
implicito uno di questi tre sensi.
In merito, poi,
alla vostra domanda "Ancor di più su ciò che egli
(Maimonide) scrive a proposito della "Gloria di Dio" (kevod Ha-Shem)
che anch'essa è la luce creata; se così fosse, come poté
Israele lasciare l'uscio delle proprie tende per inchinarsi ad una
creazione?"
Ebbene, vi
rispondo io, essi non si inchinarono alla "Gloria" visibile,
bensì a Colui che fece sì che questa Gloria si manifestasse. La
Gloria che ivi apparve fu un segno di approvazione, un segno che Dio desiderava
il Tabernacolo come propria "dimora". Allo stesso modo noi preghiamo
Dio con il viso rivolto al Tempio da Gerusalemme "Poiché Dio scelse
Sion e lo desiderò come dimora".
Maimonide aveva
in precedenza spiegato che il termine "Kevod Ha-Shem" a volte
è riferito ad una "luce creata" che il Signore fa risiedere in
un luogo, come è scritto "E la Gloria di Dio dimorò sul
monte Sinai ed Egli la ricoprì in una nube" ecc.; a volte, invece,
è riferito all'Essenza e alla Verità di Dio, come è
scritto "Mostrami, Ti prego, la Tua Gloria". A questa implorazione di
Mosè seguì la risposta del Signore "Poiché nessuno Mi
può vedere e rimanere in vita". Questo significa che la Gloria qui
indicata va riferita a Dio stesso. Parimenti, troviamo nelle parole dei Saggi
che il Nome Elohim è da associarsi, alle volte ai "giudici",
alle volte agli "angeli" e alle volte con Dio, così come la
Shechinà viene associata con i significati testé spiegati.
Pertanto
siccome ho notato che vi ritenete saggi, vi chiederò nuovamente di
rispondere, con argomentazioni valide, alle parole dei Saggi del Talmud. A voi,
infatti, sono stati rivelati "i segreti". Una percezione superiore ed
uno spirito rinnovato sono il vostro retaggio. Mostrateci, dunque, come sia
possibile conciliare tutte queste contraddizioni. Farete così giustizia
a voi stessi e, da parte nostra, riceverete grande onore.
1) Con doppio senso, "invece della vostra umiltà vi
farete grandi sopra di me".
2) Talmud Gerosolimitano. <58>
3) Ciò che si deve intendere nel pensiero quando enuncia le
benedizioni ed elenca le diciotto benedizioni della "Amidà".
4) Riportato in Menorat ha-Maor, prk. 143.
5) Questa è infatti l'opinione dei kabalisti per cui zeir
anpin è figlio di aba ed ema, mentre è padre di ciò che da
lui deriva. Egli ha anche delle sorelle (ahajot nukvin)
6) Talmud Gerosolimitano, perek. ba-me-íshà.
7) Miscredenti o coloro che credono in una falsa dottrina,
specialmente per ciò che riguarda i fondamenti della fede.
6
TERZA
LETTERA DI RISPOSTA DA GERUSALEMME ALLO YEMEN
"Un uomo
sistema i pensieri nel suo cuore, ma il Signore decide ciò che la sua
lingua pronuncerà". Sono rimasto stupefatto e sbalordito nel
leggere la vostra lettera. Come osò il vostro animo indagare sul retaggio
di simili grandi menti e giudicare coloro che mostrano fedeltà alla
Torà e le cui genealogie familiari risalgono al seme dei Patriarchi?
Come osate sfidare tanti Paskanim, Darshanim primi e ultimi e Hachamim
dell'oriente e dell'occidente, sefaraditi, ashkenaziti e yemeniti, e tutte le
sacre comunità che originano dal seme santo dei fedeli? La Torà
è l'oggetto della loro delizia, più dell'oro e delle pietre
preziose. Potrebbe mai tale pietra di inciampo derivare dagli eruditi Giusti e
dai Saggi, da uomini che possiedono comprensione, che temono Dio e si astengono
da ogni male e che con la loro sapienza hanno abbattuto molti nemici, che in
ogni generazione si levano contro di noi? È forse la loro kabalà
mescolata con stoltezza e capriccio? Quanti di essi sono diventati illustri per
il loro intelletto come kabalisti e come autori di opere di filosofia, di
logica, di medicina, di geometria piana e di astronomia. Essi sono uomini che
meditano giorno e notte, uomini di pace, che nella loro serenità mangiano
i frutti delle loro buone azioni, frutti freschi e maturi. Quanto avete
scritto, non può essere creduto, né tantomeno salire nel
pensiero, se non di quegli sciocchi che credono in tutto oppure si appoggiano
sulla loro intelligenza!
Sarebbe giusto
che non vi rispondessi del tutto. Perché chi sono io per addentrarmi in
faccende che è proibito persino considerare nel proprio pensiero? E
sarebbe meglio non rispondere ad una siffatta lettera. Ma solo poiché
è tempo di agire in nome di Dio vi risponderò con ciò che ho
trovato tra gli insegnamenti dei Saggi, di benedetta memoria. Che il loro
merito sia di sostegno e non sia affatto di ostacolo! <59>
Ebbene, in
merito alla vostra affermazione per cui non avete mostrato disonore ai Saggi,
ci sono molti che testimoniano il contrario. E voi non potete negarlo. Siete
stati condotti a ciò quando avete attribuito a loro un grande errore e
li avete considerati "miscredenti". Una persona deve stare molto
attenta, giacché non venga arsa dai loro tizzoni ardenti, poiché
"i Giusti nella loro morte sono ancora più grandi che nella loro
vita".
In merito alla
prova che portate per dimostrare la contraddizione esistente tra le parole
più autorevoli dei Rabbini (kabalisti) e il Talmud, ebbene, questa prova
non ha niente a che vedere con l'argomento trattato. Dove troviamo una prova
riportata per contraddire una legge di Mosè dal Sinai (halachà
le-Moshè me-Sinai)? Gli stessi kabalisti sostengono che la Kabalà
l'hanno ricevuta tale da Mosè. Chi, allora, vi ha dato il permesso di
indagare e confutare le loro affermazioni?
In merito alla
vostra affermazione che noi chiamiamo "dèi" i partzufim, Dio
ci salvi, e che tale è anche l'espressione usata da tutti i kabalisti,
così come avete scritto "è sufficiente esaminare le
intenzioni delle berachot e della tefilà" ecc., essi hanno
già spiegato che la "Causa di tutte le cause si misura in questa e
in quest'altra sefirà, con questo e con quel nome, per ogni
sefirà".
In merito alla
vostra domanda per la quale "i kabalisti spiegano che esistono miriadi e
miriadi di mondi" ecc., esistono pure miliardi di mondi, ma essi dicono,
alla fine, che il loro Creatore è Uno e che Egli dà vita a tutti.
Ebbene, che cosa non va bene in tale affermazione?
In merito alla
vostra asserzione che "essi si presentano nel mondo di "yosher"
nella forma di un uomo in posizione eretta", è già stato
spiegato "grande è il potere dei Profeti, in quanto hanno
paragonato l'Onnipotente in Alto ad una forma umana".
In merito alla
vostra affermazione per cui ogni sefirà di yosher è strutturata
con 248 arti ecc., i kabalisti hanno chiarito cosa siano questi 248 arti: sono
le 216 lettere del nome "Av" (ain, bet) sommate ai 32 (lamed, bet)
sentieri della saggezza. Tale somma allude ad alcune delle forze divine (kohot
elohiim).
In merito alla
vostra asserzione per la quale io avrei ammesso che nessuna preghiera
appartenga alla Causa di tutte le cause, ebbene, questa è una menzogna.
Quando in precedenza, mi avevate chiesto sulle parole del "Matzref
Emunà", io vi avevo risposto che dovevate consultare il "Kisei
Eliahu", in cui è scritto "ma la nostra kabalà è
che la nostra preghiera è diretta all'Ein Sof per <60> attirare
l'influsso dentro alle dieci sefirot", come è scritto, del resto,
anche nel "Lehem Shlomò". La ragione per la quale vi avevo detto
di consultare il Kisei Eliahu era per capire che le parole del
"Matzref" sono blasfeme, per cui tale testo deve essere bruciato. Del
resto, noi non troviamo le sue parole in qualsiasi altro testo kabalistico, Dio
ci salvi, mentre le parole del Kisei Eliahu son ben altre. Il Kisei Eliahu
spiega che zeir anpin è soltanto un recipiente per le azioni del
Creatore. Vi è scritto a pag. 25 "quando noi evochiamo zeir anpin,
contemporaneamente, evochiamo in un'unità tutti i partzufim, insieme
alla neshamà che si cela in essi"; ciò non significa che la
preghiera non va diretta all'Ein So, significa semplicemente che l'elevazione
di questa preghiera all'Ein Sof si attua tramite questo attributo. A comprova
di ciò, leggiamo a pag. 17 "ciò che è scritto sulle
intenzioni delle preghiere e delle benedizioni, per cui bisogna concentrare,
per ogni benedizione, un'intenzione particolare ad una sefirà
particolare, non significa che bisogna pregare la sefirà stessa, Dio ci
salvi, poiché questo sarebbe considerato "kifrut". È
proibito tenere il pensiero su una qualsiasi forza particolare o su una
qualsiasi sefirà individuale. Tutto fa parte dell'Ein Sof, Benedetto
Egli sia, l'Uno generale di tutte le forze (kohot) unite". E ancora il
Kisei Eliahu scrive a pag. 25 "tutte le nostre preghiere sono dirette
all'Ein Sof, sebbene non si possa attribuire ad esso alcun epiteto o attributo.
E per questo motivo che noi preghiamo per mezzo delle sefirot, in quanto tutti
gli epiteti e gli attributi sono riferibili ad esse. Infatti, tutti gli epiteti
e gli attributi sono relativi alla Sua essenza, così come si disseminano
nelle sefirot". A pag. 26, continua "e se essi non fanno così
e, unificano la loro preghiera a zeir anpin, non verranno esauditi".
Tutti i
kabalisti concordano su queste regole generali. Perciò, se trovassi
scritto, in qualsiasi libro, che la preghiera deve essere rivolta ad una
sefirà particolare, direi che è profano prenderlo alla lettera.
La vera intenzione consiste nell'elevare la preghiera all'Ein Sof, per mezzo di
una sefirà particolare.
Ho
puntualizzato tutto affinché fossero chiarite le parole del Kisei
Eliahu. Ma la mia kabalà è quella da me già menzionata. Da
questo si può arguire che il motivo della vostra indagine non è
al fine di ricercare la verità, come avete scritto, bensì al fine
di trovare qualche pretesto contro di me. Chi sono io, che mi possiate
considerare un kabalista? Poiché "Io sono uno stolto privo di
sapienza" e tutte le mie preghiere sono inferiori al cinguettìo di un
uccello. Gli uccelli sono alimentati senza difficoltà e non sono
costretti alla sottomissione del regno in cui vivono. Forse anche il loro
cinguettìo è ben inteso. Ma in quanto a me, il giogo del tempo e
la ricerca del pane vengono a disturbare la mia mente ed i <61> miei pensieri. Inoltre,
io non ho "ricevuto" da un Hacham della kabalà in modo
diretto, da bocca a bocca. Magari il Signore mi avesse alleviato dai fardelli
del tempo e del cibo e mi avesse destinato un Maestro della kabalà, che
mi conducesse per le vie dirette, così da poter essere nel nòvero
degli "Uomini dell'Ascesa"!
Tornando alla
vostra lettera, mi scrivete che non siete stati voi a concepire le sefirot in
un senso fisico (magshim ba-sefirot) e aggiungete "perciò egli
sarebbe un potere in un corpo" e che "la luce ha un corpo fine".
Ebbene, io vi avevo già scritto che la ragione per la quale vengono
chiamate "luci" è perché "l'orecchio ascolti e
intenda". Tutti questi dubbi sono entrati in voi, perché voi vi
siete fatti dei concetti materiali.
In merito alla
vostra domanda "chi governa tutti i mondi celati" — Colui che li ha
creati e che li mantiene in esistenza.
In merito alla
vostra considerazione per cui "zeir anpin sarebbe il dio dei livelli
inferiori" — ebbene, non vi avevo scritto che zeir anpin è soltanto
un recipiente delle azioni del Creatore?
In merito alla
vostra affermazione che i veri Hachamim spiegarono che “allorquando Dio
concesse la Torà ecc. (riportato in "Menorat ha-Maor"), e,
poi, alla vostra citazione del verso in Midrash Rabbà "Io sono il
Primo ed Io sono l'Ultimo" ecc. e "non ho né padre, né
fratello, né figlio, — ebbene, chi ha mai detto che Egli ha un padre o
un fratello o un figlio? Siete voi che calunniate i Saggi accusandoli di aver
proferito simili frasi! I kabalisti spiegano che tutti gli epiteti e gli
attributi descrittivi si trovano nelle sefirot, per permettere così
all'orecchio di intendere qualcosa. Fareste bene a leggere l'introduzione del
nostro Maestro e Rabbino Ghiktalia nel suo "Sha'arè Ora" o i
testi kabalistici di rav Recanati e rav Haim. Quest'ultimo scrive "Laddove
ti imbatti in parole che non sarebbe ortodosso riferire al Creatore, come, ad
esempio, "shiur komà" (la misura della statura). ecc., sappi
che esse vengono riferite alle sefirot. Invece, laddove ti imbatti in parole di
lode e di esaltazione, sappi che queste vengono riferite al Creatore, che
è in esse e fuori di esse, poiché non esiste alcunché che
lo possa limitare; perciò non è giusto riferire al Creatore
limiti quali destra, sinistra, fronte, dietro".
In merito alla
vostra asserzione per cui i kabalisti ritengono che le sefirot si evolvano
così come, in natura, un figlio esce dal padre — è davvero
blasfemo interpretarlo così. Al contrario, i kabalisti sostengono che
non bisogna credere né pensare, Dio ci salvi, che le sefirot siano una
parte dell'ein sof o che esse si siano evolute da esso, cioè da causa a
causa. È infatti peccaminoso <62> pensare così, perché l'Ein Sof non si
divide in parti, non ha aggiunte né perdite, ma è, invece,
un'Esistenza sempre in esistenza, priva di qualsiasi cambio. E Lui che le ha
create completamente dal nulla.
In merito alla
vostra considerazione per cui zeir anpin sarebbe il figlio di aba e di ema e il
padre del mondo di berià e che avrebbe una moglie ed una sorella —
ebbene, tutti questi antropomorfismi sono "termini prestati" in
riferimento alle sefirot.
In merito alla
vostra asserzione che non si deve servire partzuf alcuno — questo è ben
noto a tutti i kabalisti, i quali non hanno bisogno dei vostri moniti.
In merito alle
cinque categorie di "minim" descritte dal Maimonide e da voi citate —
ebbene, chi ha mai detto che non esiste Dio o che ce ne sono due o che Egli ha
un corpo o che Egli non è l'unico Uno o che si deve servire qualche
altra entità mediatrice o che Egli aveva già dei bei colori coi
quali lavorare o che Egli ha creato il mondo da qualcosa, Dio ci salvi? Il
fatto è che un pensiero impuro è entrato nel vostro cuore! Voi
leggete i testi di kabalà e poi li interpretate in modo letterale,
basandovi sulla vostra comprensione. Avete dimenticato, però, quello che
il Saggio dei saggi ha detto "Non appoggiatevi sulla vostra
comprensione". Siccome, però, mi avete fatto intendere che voi
capite, risolvete i quesiti che in precedenza vi avevo posto e che ancora vi
porrò.
In merito alla
vostra asserzione per la quale molti grandi Hachamim, sia dei tempi trascorsi
che dei tempi presenti, si sono separati da questo studio — questo non è
vero. Dio ci salvi che esista un qualsiasi Hacham che si sia separato da tale
studio! Ma se ce ne sono, allora lo fanno perché ammettono di non essere
all'altezza di tale sapienza.
In merito alla
vostra affermazione che Rivash e Havot Ya'ir hanno scritto ecc. — ebbene, voi
mentite sul loro conto. Essi, infatti, sono due validi testimoni che voi siete un
bugiardo! In breve, così si esprime il Rivash: — "R. Peretz ha
Cohen non voleva né trattare, né considerare le sefirot. Aveva
anche sentito, direttamente, R. Shimshon di Kinon così esprimersi a
riguardo: "Io prego con la mente di un bambino". Questo era detto per
dissociarsi dal metodo di preghiera dei kabalisti, che, alle volte, si
rivolgono ad una sefirà, e, alle volte, ad un'altra. Anche nella
preghiera delle "18 benedizioni" (Amidà), essi dirigono ad
ogni singola benedizione un'intenzione per una sefirà particolare. Tutto
ciò è infatti molto strano per chi non è kabalista come
loro; poiché potrebbe pensare che questo metodo comporti il credere in
una molteplicità. Costui aveva anche sentito uno dei filosofi che
biasimava i kabalisti <63>
ed era solito dire che i Cristiani credono a tre, mentre i kabalisti credono a
dieci. A questo proposito, rav Peretz ha Cohen si era rivolto ad un anziano
Hacham, Don Yosef ben Shushan, talmudista e kabalista, molto pio e scrupoloso
nell'osservanza delle mitzvot: "Perché voi kabalisti — gli chiese —
rivolgete il vostro pensiero ad una sefirà particolare per ogni singola
benedizione? E dunque, la divinità dentro alle sefirot, che uno deve
pregare?" Egli rispose: "No, Dio ci salvi, che la preghiera vada
rivolta a qualcun'altro se non ad Ha-Shem, la Causa delle Cause. Questo si fa
soltanto perché uno intende con il suo pensiero attrarre l'influenza
dentro a quella sefirà che corrisponde all'oggetto della sua richiesta.
Per portare un esempio chiarificatore, quando un kabalista pronuncia la beracha
"Al ha-Tzadikim" ecc. (per i Giusti, ecc.) egli tiene in mente la
sefirà di Hesed, ossia l'aspetto di misericordia ecc". — Allora
l'altro gli rispose: "Va bene. Io, comunque, non dedico il mio tempo a questo
studio, perché non l'ho ricevuto da un Hacham Mekubal. E anche se ho
letto spiegazioni di "segreti" (sodòt) del Nachmanide,
tuttavia per uno che ne rivela ne nasconde mille altri". — Egli aggiunse,
anche, che un Hacham aveva interpretato la kabalà in un modo differente
dall'opinione del Nachmanide (Ramban), per cui sarebbe stato meglio se si fosse
astenuto dalle sue interpretazioni. E concluse col dire che è
impossibile appoggiarsi su questo studio se non con l'ausilio di un Hacham
Mekubal.
Questa è
la prova. Rivash si astenne da questo studio perché non lo aveva
ricevuto oralmente, da bocca ad orecchio, e non già perché aveva
in cuor suo dei dubbi al riguardo, come asserite voi.
Ed ora è
mia intenzione portarvi la seconda testimonianza (per la quale avete mentito) e
cioè quella del Gaon, autore di Hovot Ya'ir. In breve: — A colui (al
Gaon) si rivolse un Hacham, che aveva dedicato tutti i suoi giorni allo studio
del Talmud e dei Poskim, fino a quando era entrato in lui uno spirito che lo
aveva spronato a studiare la kabalà, la quale, per la sua
sublimità, è considerata l'anima della Torà. Questo Saggio
aveva letto molti versi dello Zohar "senza i quali sarebbe stato
impossibile salire al cospetto del Santo Re" ma che, tuttavia, non erano
citati nel Talmud. Al contrario, la Mishnà avverte a non inoltrarsi in
questo tipo di studio, poiché è scritto "Non indagherai su
ciò che è troppo elevato per te". Fu dunque per questo che
si rivolse al Gaon di Hovot Ya'ir, affinché gli chiarisse questo argomento,
per lui confuso. Tale fu dunque la risposta del Gaon: — Guai a me se ti avessi
consigliato di distogliervi da essa; infatti, non vorrei essere causa di
scoraggiamento e mettere un ostacolo a questa Saggezza, <64> che è, senza dubbio, la
Neshamà della Torà ed il fondamento della fede. Indubbiamente,
chi ne ha meritato lo studio fa parte degli "Uomini dell'Ascesa";
costui è beato e buona è la sua parte e piacevole il suo
retaggio. Egli è amato dall'Alto. ecc. —
Il Gaon
prosegue e riporta le parole di Yashar da Candia, il quale, dopo aver raccolto
molti fogli con le opinioni di coloro che lo precedettero, scrisse a lungo
contro il S. Behinat ha-Da'at, un testo che corrompeva le masse. Costui
asserì di aver trovato "un chiodo infisso in un pilastro di ferro,
posto in un luogo sicuro" che affermava che la ricompensa per essersi
separato da essa (dalla kabalà) era maggiore dello studio stesso. Questo
era reperibile nel libro di suo padre "Shemen La-Maor" che, in breve,
citerò: — Questo è quanto scrisse nel nome di R.M. Gabbai:
"Chiunque non abbia ricevuto i Segreti della Torà (Sitrei
Torà) dal suo Maestro e crede di essere in grado di "pensarli"
con la propria mente trasgredisce al precetto "non ti farai immagini
scolpite". — Mi sono impegnato qui a chiarire alcuni atteggiamenti della
nostra generazione. — Ho sentito, infatti, coloro che non hanno ancora visto la
luce, così vantarsi "Ho visto la luce e l'ho guardata". In
loro c'è una cattiva natura, sono simili ai pulcini i cui occhi non sono
ancora bene aperti ecc. — Tuttavia, anche i "più grandi" che
sono intelligenti e sono esperti nelle "Camere" della Torà,
non hanno il potere intellettivo di raggiungere le "Camere" della sua
luce... — Eccezion fatta per colui che ha ricevuto dalla bocca di un Maestro
anziano, "venuto negli anni".
Riportiamo qui
l'affermazione del Ramban, dell'introduzione al suo commento della Torà:
— Lo affermo come un patto fedele, come un consiglio valido per colui che
consulta questo libro; uno non si deve creare delle opinioni personali su tutte
le allusioni (remazim) che ho riportato in relazione ai segreti della
Torà. Affermo incontestabilmente che le mie parole non possono essere
comprese da qualsiasi mente o intelletto, bensì soltanto per mezzo delle
spiegazioni fornite da un Hacham Mekubal, che le trasmette all'orecchio di un
Talmid assennato. Altrimenti, tutte le supposizioni che lo sprovveduto suppone
a proposito saranno delle distorsioni, foriere di gravi danni ... ecc. (fin
quì Ramban) —
— (riprende
Shemen la-Maor) Se mi chiedeste perché ho scritto un commento al commento
del Ramban, risponderò che è per chiarire le sue parole che sono
succinte e allusive, mentre gli altri testi della kabalà si sono
dilungati nelle loro spiegazioni. Vedi, ad esempio, il S. Sha're Ora, nel
quale, ad ogni pagina, l'autore spiega "ora alluderò a" ...
ecc. Così anche nel S. Behiye l'autore usa dire "ve ha-maskil
iavin" (e l'iniziato capirà). Ancor di più nello Zohar,
così recondito <65>
e segreto. Ecco l'esposizione introduttiva dell'Etz Haim: — Sebbene sia convinto
che le generazioni future saranno nutrite da questa composizione (lo Zohar),
tuttavia è indubbio che le "acque" di questa
"saggezza" non saranno svelate al lettore per mezzo dell'intelletto
umano, bensì soltanto per mezzo dell'influenza divina che scende su di
lui. Infatti, se persino l'ultimo dei kabalisti si spinse a dire che le parole
dello Zohar non possono essere comprese, come potrebbe dunque uno immaginare
che, per mezzo soltanto del suo intelletto naturale, sarà in grado di
capire e di percepire la Voce del Dio Vivente, nelle parole di R. Shimon b.
Yohai, che sono come fiamma di fuoco e i cui significati reconditi sono
sigillati con mille sigilli? ecc. (fin qui l'Etz Haim) —
— Pertanto, uomini di cuore, non continuate a
leggere testi dei Rabbini Posteriori, che si basano e sono costruiti
sull'intelletto umano. Sono convinto che se uno pecca, con qualche pensiero,
nel mondo di atzilut, il suo peccato sarà maggiore di quanto
potrà sopportare. E nonostante molti kabalisti posteriori abbiano esortato
i fedeli a studiare la kabalà, avvertendo, altresì, che chi se ne
astiene, viene "espulso dal suo compartimento" e "perde il suo
mondo", tuttavia, non mi sembra che ci sia contraddizione tra queste due
tesi. Infatti, certamente la può studiare colui che la riceve
direttamente da un santo mekubal, che gliene rivela il significato, come fece
l'Arì con i suoi discepoli, benedetta sia la sua porzione. E sebbene ci
siano dei Rabbini Posteriori che hanno permesso di studiarla direttamente dai
testi, in base alla comprensione soggettiva, tuttavia le unghie dei Saggi
Anteriori sono migliori degli occhi dei Saggi Posteriori ecc ... "Rimanere
nel proprio posto e non far nulla" è comunque preferibile. Infatti,
dal momento che noi siamo severi in relazione agli eventuali pericoli per la
salute fisica, a maggior ragione dovremmo esserlo con i potenziali pericoli per
la salute mentale. Non dobbiamo indagare i segreti arcani, bensì
dobbiamo studiare e comprendere il significato semplice dei versi della Torà,
al fine di ricavarne insegnamenti morali che giovino al giusto e corretto
comportamento e al cammino diritto per le vie dei Giusti. Ma dei segreti arcani
la nostra sapienza è povera. — (fin qui la citazione del Shemen La-Maor,
che concorda con l'idea di non inoltrarsi in questo tipo di studio).
— Sebbene ti
abbia svelato la mia opinione, non fare affidamento su di me, né tu
né chiunque altro, giacché non sono in grado di giudicarla —
Potrei paragonare questo studio del "Sancta Sanctorum" ad un viaggio
in Terra Santa. La grande importanza di questa mitzvà è ben nota.
E qui le "tosafot" nel nome di R. Haim aggiungono: "Ora non
è una mitzvà vivere in Israele, perché ci sono numerose
"mitzvot" riguardanti la Terra Santa che ora non possiamo adempiere;
inoltre esiste il pericolo del viaggio, esiste la povertà dei mezzi
ecc." — Così <66>
anche, chi potrebbe negare l'inestimabile sublimità di questa
"saggezza superiore"? A condizione, però, che uno abbia
meritato di studiarla direttamente da un mekubal, che, a sua volta, l'abbia
ricevuta dal suo maestro. È vero, comunque, che dubito dei testi,
scritti dai Rabbini Posteriori, che citano versi dello Zohar e pongono domande
su di esso, rispondendo, poi, in base all'interpretazione fornita dal proprio
intelletto. Chi ha mai dato permesso all'intelletto naturale di inventarsi
l'esistenza di "tre teste" oppure "di tre luci pure"?
Infatti, è spiegato nello Zohar che esiste un luogo, a proposito del
quale nessuna domanda può essere formulata. Né esiste una prova
dallo Zohar o dal Sefer Yezirà, giacché essi l'hanno ricevuta per
bocca di saba d'sabin e di Eliahu e così anche per gli
"yenukei" (scolari della kabalà) dello Zohar; lo spirito di
Dio fu in loro e la Sua parola fu sulle loro labbra. Anche per l'Ari e per i
suoi "leoncelli", che da lui la ricevettero oralmente, le parole
provengono "dall'alto". Ma noi quando le studiamo non dobbiamo
pensare ad altro se non alla lettura testuale delle parole. Ma i Rabbini
Posteriori che le hanno spiegate, in base alle loro interpretazioni, non si
sono attenuti a questo consiglio. — Per cui, caro amico, potrai capire il
valore dell'esempio fatto con il viaggio in Terra Santa. Giacché la
grande distanza che esiste da quel luogo di Ha-Shem, in cui è dato
capire "i segreti", è dovuta alla breve misura
dell'intelligenza umana, da una parte, e dalla grande profondità di
questi concetti e dal grande numero di prerogative essenziali per acquisire
questa saggezza (la Kabalà), dall'altra. Anche l'autore del libro
"Pardes Rimonim", in virtù della sua santità e della
sua devozione, fu molto severo nell'ammonire il kabalista a non crearsi falsi
pensieri di "separazioni" o di "limitazioni" ecc.
Così anche diciamo che uno spirito dall'Alto ci sorvegli,
affinché si possa percepire e comprendere, senza allontanarsi dalla
verità e dalle fondamenta della nostra fede — Pertanto, si considera
regola generale laddove non esiste diversità di opinione tra i testi
kabalisti e, quindi, non bisogna indagare per comprenderla, ma bisogna
semplicemente accettarla nella forma in cui viene espressa — "E le
legherete come segnali sulle vostre mani e saranno come frontali per i vostri
occhi". E anche se capitasse che le parole che leggi siano o meravigliose
o dubitevoli e ti sembri, Dio ci salvi, contengano "numero" o
"separazioni" o "materializzazione" o
"cambiamento", ebbene, tu dovrai accettarle come farebbe un servitore
fedele e convincerti che la tua intelligenza e la tua capacità di
comprensione sono troppo limitate per sondare la profondità dell'argomento.
Così non cadrai nel dubbio, Dio ci salvi, su uno qualsiasi dei principi
della Fede, così come viene espresso nell'Yigdal Elohim Hai.
Poiché anche questi principi non possono essere capiti nella loro
essenza dall'intelletto naturale. ecc. — <67>
— Ora, vi ho
svelato i veri pensieri del mio cuore. E tu, da parte tua, per mezzo del tuo
approfondito scrutinio e della tua vasta sapienza, informami delle tue vie e
non prendere in considerazione quella che sarà la mia reazione alle tue
opinioni — (Firmato Yair Haim).
Questa è
una chiara dimostrazione su come l'Autore di "Hovot Yair" fosse
timoroso e guardingo nella sua opinione, per la quale è bene separarsi
dallo studio della kabalà. Egli provò un conforto nelle parole
del Shemen La-Maor, ma, tuttavia, ebbe il timore di proibirlo (lo studio)
palesemente, sicché in molti si sarebbero scoraggiati dall'intraprendere
lo studio di questa sacra sapienza. Osserva, dunque, quanto egli lodi questa
saggezza, specialmente per coloro che hanno meritato di riceverla dalle labbra
di un mekubal. Egli, altresì, ammette che chiunque tralasci questo
studio, uno volta intrapresolo e una volta ricevutolo, “viene espulso dal suo
compartimento". Inoltre, egli ammette che uno che si occupa di
kabalà, anche se si imbatte in parole che lo fanno dubitare, tuttavia,
deve accettarla in buona fede, riconoscendo in ciò la limitatezza della
sua comprensione.
Così dunque, i due antagonisti, da voi
menzionati, il Rivash e Hovot Yair, testimoniano, invece, che vi siete
inventati tutto di sana pianta. Da dove si deduce che essi si separarono da
tale occupazione, come avete scritto? Non è forse Hovot Yair che dice
"Magari uno spirito dall'Alto si svegliasse" ecc. Vi potrei
dimostrare, ancora, che egli stesso meritò di studiare la kabalà.
Concludendo,
nessuno è in disaccordo con la kabalà, non i Rabbini anteriori,
non i Rabbini posteriori, non le moltitudini e neppure i singoli individui.
Tutti concordano sul fatto che chiunque abbia il merito di studiare la
kabalà, da bocca ad orecchio, ha avuto un grandissimo "zechut"
(merito) e così anche non e concesso indagare al riguardo. Se uno
desidera studiarla, deve accettarla in buona fede e non deve interpretarla con
il proprio raziocinio. Qualora si imbattesse in (apparenti) contraddizioni,
deve considerare che ciò è da attribuirsi alla sua mancanza di
conoscenza e non già considerare che si tratti di concetti materiali.
Concludo con le parole del più umile tra gli umili "E tornerai ad
ascoltare la Voce di Dio".
<68>
RISPOSTA DI YIHIA BEN SHLOMÒ EL-KAPAH
Prego
l'Onnipotente affinché mi guidi per sentieri diritti, affinché mi
salvi da parole false, da lingua mendace. Mostrami, o Dio, le Tue vie e
camminerò nella Tua verità. Sottometti il mio cuore al timore del
Tuo Nome. La Tua Luce e la Tua Verità siano per me guida, sicché
possa rispondere ad ogni parola con chiara esposizione. Togli da me qualsiasi
vergogna e disonore, dal momento che ho custodito i Tuoi precetti. Anche se i
potenti si riuniscono per tendermi insidie, il Tuo servitore esporrà
apertamente le Tue leggi. Allora non verrò svergognato, poiché
non avrò abbandonato il sentiero dei Saggi, di benedetta memoria, autori
della Mishnà, del Talmud e dei veritieri Midrashim e così anche
dei Poskim che hanno seguito le loro orme. Tutto Israele si appoggia su di
Loro, poiché sono essi gli eredi della vera Kabalà, ricevuta da
Moshè, nostro Maestro, la pace sia su di lui. Queste sono le leggi
generali ed i dettagli della Torà per i quali Moshè rimase
quaranta giorni e quaranta notti sul monte Sinai. Moshè li
tramandò poi a Yoshua; questi agli Anziani e così via.
1
Anche per noi
è un obbligo sacro seguire le loro orme, per ciò che riguarda le
cose proibite e le cose permesse, le cose impure e le cose pure. A maggior
ragione quando si tratta dell'Unità di Dio (Yihud Ha-Shem),
poiché questo è il principio primo sul quale si fonda
l'accettazione che riguarda il compimento di tutte le mitzvot.
Nel caso in cui
si presenti un qualsiasi autore, che venga ad aggiungere alcunché alle
parole dei Saggi, o peggio ancora, venga per distoglierci dalla Vera <69> Fede della Sacra
Torà, noi non lo ascolteremo. Anche se costui compisse dei miracoli in
cielo e in terra, noi non ci distoglieremo dal Signore, nostro Dio, come ci
viene insegnato dalla Tradizione (Masoret) e dalla Kabalà, ricevuta dai
Saggi della Mishnà, del Talmud e continuata dai Poskim.
2
A maggior
ragione non gli crederemo quando dice che il Profeta Elia gli si è
rivelato oppure che Saba d'Sabin o Atika Kadisha della Corona Celeste (Keter Elion)
sono scesi a lui per svelargli i segreti nascosti. Egli è certamente un
falso profeta per il quale la punizione da infliggere è lo
strangolamento (1).
1) Rambam, comm. à Mishnà, introd. a Seder Zeraim.
3
In
verità, le parole iniziali della tua lettera si presentano in un modo
stolto e malvagio, "Come oso ricercare e indagare su ... ecc.".
Perché no? Al contrario, l'opposto è più logico. Siccome
quelli dicono che dobbiamo servire zeir anpin, che è una creazione,
diventa, pertanto, per noi e per ogni individuo del popolo d'Israele un obbligo
assoluto sapere che è Dio il Creatore e non già un oggetto della
Sua creazione; inoltre, bisogna servirLo, come è scritto "E
riconoscerai questo giorno e imprimerai nel tuo cuore che l'Eterno è il
Signore in alto nel cielo e in basso sulla terra e non vi è altri
all'infuori di Lui ecc." e così anche "Conosci il Dio di tuo
padre e di tua madre".
In merito, poi,
alla tua meraviglia "Come avrebbero potuto sbagliare?", questa non
è giustificata. Sono forse questi recenti kabalisti che, a volte nella
loro buona fede hanno seguito i comandamenti dell'autore filosofico dello
Zohar, falsamente attribuito a R. Shimon b. Yohai, R. Elazar suo figlio e al
loro gruppo, migliori del Grande Sinedrio? E a proposito del Sinedrio, la
Torà ha scritto "Quando si presenta una questione di giudizio che
per voi è troppo <70>
difficile da dirimere ecc." "vi alzerete e andrete al luogo che il
Signore, vostro Dio, avrà scelto ecc." "e farete quello che vi
diranno" ecc. Ciò nonostante, la Torà ha comandato che nel
caso in cui il Grande Tribunale abbia commesso un errore e, in seguito ad esso,
tutta la nazione abbia peccato, è necessario presentare un sacrificio.
Se l'errore commesso è quello di idolatria (avodà zarà),
oltre al relativo insegnamento al popolo, ogni Tribù doveva presentare
un giovenco come olocausto e un capro espiatorio (korban hattat). Questa
imposizione deriva dal verso, in Numeri (1) "E se avveniva che
all'insaputa della congregazione un errore fu commesso...ecc.". Se l'errore,
invece, riguardava un qualsiasi peccato, punibile con il "karet"
(estirpazione), oltre al relativo insegnamento al popolo, ogni Tribù
doveva espiare con un giovenco (korban hattàt). Questa imposizione
deriva dal verso, in Levitico (2) "E se l'intera comunità
di Israele ha commesso un errore e qualcosa è stato nascosto agli occhi
della congregazione... ecc.".
1) Numeri 15:24.
2) Levitico 4:13.
4
Sarebbe dunque
il potere dei Rabbini, autori della nuova kabalà, maggiore di quello del
Grande Tribunale e il loro livello di sapienza superiore a quello del Grande
Sinedrio? Già la Torà aveva previsto che sarebbe stato possibile
un loro errore persino nel permettere ciò che è proibito, anche
nel caso relativo all'idolatria. L'uomo, ancorché di elevato livello, ha
origine dalla terra per cui è soggetto a sbagliare. Ciò
nonostante, entro i limiti della nostra comprensione, siamo in grado di
discernere la grande differenza che esiste tra i precedenti Saggi e la Loro
Fede in Dio nel giusto modo che comprende l'Unicità, conformemente alla
Torà (1) e le nuove credenze, riportate nei testi della nuova
kabalà. La fede di costoro, che origina nella Spagna del tredicesimo
secolo, da cui, poi si è diffusa, coinvolge una molteplicità in
Dio (come dimostrerò spesso in questo libro) e si basa sul fallace
fondamento che tutto il nostro "servizio" e tutte le nostre preghiere
devono essere rivolte all'ultimo "partzuf" del mondo di
"emanazione", nominato zeir anpin. <71>
1) Come viene spiegato da R. Behiya in Hovot ha-Levavot; R. Yehuda
ha-Levi in Kuzari; R. Sa'adia Gaon in ha-Emunot Ve ha-Deot: Rambam, in Yad
Hazakà, nel suo commento alla Mishnà e in Morè ha Nevuhim;
R.Eliezer di Garmisa in S. Ha Rokeah e in S. Mitzvoth ha-Gadol; R. Yosef Albo
in S. ha-Ikarim; R. Meir Aldabi in S. Shvilei Emunà.
5
Questa nuova
dottrina è del tutto estranea alla Torà scritta ed alla
Tradizione orale. E appunto per questo motivo che vi abbiamo chiesto di
indicare dalle parole dei Tanaim e degli Amoraim come sia possibile conciliare
la parola dei kabalisti con quella dei Saggi. La vostra risposta, però,
è stata formulata con inganno e in modo accusatorio.
Nella terza
lettera, la vostra risposta s'addiceva al "malvagio" tra i quattro
figli che domanda "che significato ha questo servizio per voi?" — "per
voi" non per lui. Come se non fossimo anche noi comandati dalla
Torà "E riconoscerai questo giorno e imprimerai nel tuo cuore che
l'Eterno è Iddio, ecc." — e da altri innumerevoli versi della
Torà, dei Profeti, dalle Sacre Scritture e dalle parole dei Saggi, i
quali ci insegnano il giusto termine di tale sapienza.
Ed ancora una
volta avete dimostrato di appartenere a quella categoria di persone che fanno
maldicenza e così anche la ricevono. A tale proposito, avete affermato
di avere già molti testimoni contro di noi, per il fatto che
disprezziamo i Saggi e non abbiamo più la possibilità di negarlo.
Ma la nostra Legge è chiara: non si può accogliere una
testimonianza se non alla presenza dell'accusato.
6
Ritorciamo a
voi la vostra domanda. Come ha osato il vostro cuore raccogliere la maldicenza
di stolti ciarlatani, accettare le loro parole come testimonianza vera,
valutare i vostri fratelli che studiano la Torà scritta e la Torà
orale come "negatori" e "miscredenti"? Non è forse
noto a tutti che questa è una generazione deteriore e falsa
(specialmente i loro capi), in cui ognuno si compiace di dileggiare il suo
prossimo? <72>
Voi avete
attizzato il vostro odio contro chi trascorre la notte e il giorno nello studio
della Torà, affinché questa non sia dimenticata dal popolo
d'Israele! E per quale motivo? Per un'illecita congrega di testimoni calunniosi
che vanno in cerca di scandali! Voi avete creduto alle loro parole, avete
accettato le loro bugie e per di più alla presenza di un solo giudice, essendo
assente l'accusato! Non avete investigato i testimoni, anzi, vi siete
compiaciuti delle loro menzogne a tal punto che avete decretato nei nostri
confronti "e non potrete più negarlo"! Ma ciò non vi
è bastato. Dopo che il regime vigente nello Yemen ci ha messo in
prigione, a causa della falsa calunnia da voi pronunciata nei nostri riguardi,
avete ordinato a tutti di recarsi al cimitero per spargere cenere sulle proprie
teste! E perché tutto ciò? Non già per aver omesso qualche
mitzvà o per aver trasgredito qualche comandamento, Dio ci salvi, ma
solo perché abbiamo seguito il "minhag" dei nostri Padri, col
fissare lo studio della Mishnà, del Talmud, di Rambam, dello Shulhan
Aruch, al fine di studiare, insegnare, custodire e mettere in pratica tutto
ciò. E così anche perché ci rifiutiamo di studiare questo
infido libro dello Zohar, come invece è vostro minhag!
7
Ed ora, con
l'aiuto di Dio, torniamo alla domanda principale — Avevamo chiesto a voi
kabalisti "a chi è diretta la nostra preghiera e le nostre benedizioni,
a chi è rivolto il nostro servizio, a chi chiediamo perdono?".
Voi ci avete
risposto, però, come il maldicente che ha in animo la sola vendetta. Si
chiese sull'orzo e fu risposto sul frumento. Avete negato ciò che
è scritto chiaramente nei libri a tutti manifesti, comportandovi come
uno che giura su un uomo che è una donna o viceversa o che un pilastro
di marmo è d'oro.
Vi siete
adirati contro il "Matzref Emunà". Lo avete ricoperto di
ridicolo. Così facendo, avete svelato che siete voi, in verità, i
dileggiatori dei Hachamim!
La nostra
domanda era questa: se, a detta dei kabalisti, zeir anpin è il nostro
Dio ed è lui che ci sostiene ed è lui che dobbiamo servire, chi
è dunque colui che "sostiene" e "nutre" tutti i
mondi al di sopra del mondo di atzilut? Forse egli dal di sotto innalza il loro
"influsso" e il loro "sostentamento", affinché essi
lo possano servire e a lui si possano prostrare? O forse il Dio del loro
sostentamento è la causa prima che essi servono, mentre noi siamo
costretti a servire zeir anpin? Se così fosse, il Dio dei livelli
superiori non è il Dio dei livelli inferiori, <73> Dio ci salvi!
Questa è
la contraddizione che vi chiedevamo di chiarire. La vostra risposta, invece, fu
"la vostra risposta non appartiene a questo argomento"! Quando mai
troviamo che bisogna portare una prova per contraddire una legge di Mosè
dal Sinai? Poiché sono i kabalisti stessi che l'hanno ricevuta tale da
Mosè".
8
Ci stupiscono
davvero le vostre parole. È forse "halachà le-Moshè
me-Sinai" credere in una molteplicità in Dio oppure servire
alcunché all'infuori della Causa Prima, del Fondamento di tutto? Egli
soltanto è la Causa di tutto il creato.
L'inganno
contenuto nelle vostre risposte ha successo con le persone dal cuore distorto.
Sembrerebbe che ad esse abbiate mostrato le vostre lettere per ascoltare le
lodi sul vostro acume e sul vostro discernimento nel rispondere alle nostre
domande. Nonostante ciò, tutte le vostre risposte sono impregnate di
menzogne, mistificazione e sotterfugi. Come se non aveste capito la base sulla
quale fu posta la domanda!
È
spiegato chiaramente nei principi generali dei Poskim (1) che, nel
caso esista una discrepamza tra la Kabalà (tradizione mistica) e il
"psak" (decisione legale della Halachà) bisogna seguire il
psak. Questo è un principio ben noto.
Se, allora,
come sostenete voi, questa kabalà è halachà
le-Moshè me-Sinai, come mai verrebbe rifiutata dall'opinione di un Tanai
o di un Amorai o a maggior ragione, da uno dei Poskim Posteriori? Siete dunque
voi che dovete fornire una prova che ci chiarisca laddove un Tanai o un Amorai
abbia mai osato contraddire o insegnare il contrario di una halachà
le-Moshe me-Sinai, cioè una legge ricevuta da Moshè, il nostro
Maestro, la pace sia su di lui. Solo uno sciocco, un malvagio o uno squilibrato
si comporterebbe in tal modo!
Invece,
l'espressione che è comune sulle labbra dei Saggi è la seguente:
se è halachà (le Moshè) l'accetteremo, ma se invece
è una legge (rabbinica) argomenteremo su di essa.
1) Vedi Keneset ha-Ghedolà, Radvaz e Shahaz. <74>
9
Le vostre
parole sono esagerazioni offensive, sufficienti a spaventare persino gli stolti
e i dissennati. Parlate in malo modo, senza comprensione. Rifiutate, in modo
ingannevole, di riconoscere Dio, come disse il Profeta Geremia "con il
nome di Dio vi sedete con inganno e con inganno si sono rifiutati di
conoscerMi, parola dell'Eterno".
Uno dei
detrattori tra di voi ha detto: "Sappiamo che avete ragione, ma a che
giova rivelarlo e farlo sapere ai Talmidim, è meglio lasciarli nel loro
errore". Tale atteggiamento è proprio del figlio
"rascià" (malvagio) di cui parla l'Aggadà che dice
"cos'è questo servizio per voi ecc.".
Un'ulteriore
prova che parlate con inganno è che scrivete apertamente nella vostra
lettera che l'autore del libro "Matzref Emunà" è un
"miscredente" ed un "negatore di Dio". Dio ci salvi! Avete
rinominato il libro "Matsref Emunà" (non il "crogiuolo
della Fede" bensì "colui che brucia la Fede"). L'autore,
comunque, procede nella sua buona fede, dal momento che non ha scritto
alcunché che contrasta con le parole dello Zohar, del Mikdash Melech,
del Kisei Eliahu, di Rashab, di Yosher Levav, del Sefer ha-Brit, di Etz Haim,
di Nahalat Yosef e di tanti altri.
Comincerò
ora, con l'aiuto di Dio, a portare alcune prove che questa kabalà non
è halachà le-Moshè me-Sinai.
In Erubin i
Saggi dissero:
— Qualsiasi
"mishnà" che non venne studiata nella Casa di Studio di R.
Hiyà e R. Oshayà non è considerata
"mishnà" ed è divieto apprendere alcunché da
essa, dal momento che è corrotta. —
Deduciamo
così che qualsiasi "mishnà", non inclusa nello studio
svolto nel Beit ha-Midrash di R. Hiyà e R. Oshayà, non solo non
è halachà le-Moshè me-Sinai, ma anche è proibito
trattarla per motivi di studio da parte di un Amorai.
È
scritto nel Talmud di Gerusalemme:
— Aba gli
disse, nel nome di R. Shimon G. Lakish: Qualsiasi "mishnà" che
non è entrata nella "haburà" (gruppo di studio) non
è degna di affidamento. —
Ho poi trovato
scritto in uno dei manoscritti dei nostri antenati, nel nome di R. Saadia Gaon:
"Non ci si può fidare del libro Shiur Komà, perché
non viene menzionato nella Mishnà o nel Talmud. È obbligo
considerare le parole di R. Ishmael che <75> pronunciò "La verità
sulla paternità di un libro deve essere comprovata, perché
esistono numerosi libri attribuiti falsamente ai "Grandi
Luminari"". —
10
Dalle parole
del Gaon possiamo capire come molti libri siano stati falsamente attribuiti a
grandi personaggi per motivi di lucro personale che l'autore ne ricavava.
Oltre a
ciò, abbiamo qui il "principio" per il quale ogni cosa non
menzionata o chiaramente spiegata nella Mishnà o nella Ghemarà o
che è in opposizione a quello che è decretato od implicito nel
Talmud, non possa essere considerata "kabalà" e su di essa non
si possa fare affidamento.
E per questo
motivo che non possiamo basare alcuna halachà su una "legge" o
"implicazione di una legge" che si trova nel Midrash allorquando essa
è in disaccordo con il Talmud. Anche il Talmud di Gerusalemme non ha
status legale se è in contrasto con il Talmud Babilonese, il quale
è stato accettato come "definitivo" da tutta Israele.
Studiate bene,
ora, la seguente citazione di R. Tam ibn Yihia (1) — Ai nostri tempi
la conoscenza non esiste ed i segreti della Torà sono celati agli occhi
di tutti, perché nessuno conosce più questa "sapienza"
(hohmà). Pertanto, chi cerca di impossessarsene reca danno a se stesso e
corre il pericolo di perdere la sua parte con il Dio d'Israele.
— L'ammonimento
dei Saggi "Non indagare su ciò che è al di sopra del tuo
livello di comprensione e non inoltrarti su ciò che ti è
occulto" venne appunto espresso per costoro.
— Gli
insegnamenti dei Hachamin sono sufficienti. A loro appartiene la vera
Kabalà, la Torà Orale che spiega la Torà e i precetti
secondo la Tradizione orale tramandata direttamente da un individuo all'altro,
fin dal tempo di Mosè. Fu per ricevere questa tradizione che Mosè
salì in alto e vi rimase quaranta giorni per studiare i
"principi" e i "particolari", in accordo con i <76> metodi di
interpretazione a lui rivelati. Ed è con questi che noi siamo obbligati
ad occuparci "perché essi sono la nostra vita e la lunghezza dei
nostri giorni". E non dobbiamo sbagliare persino in uno di essi
perché "colui che trasgredisce le parole dei Saggi è
ritenuto colpevole".
— Ma le
allusioni nascoste, i segreti della Torà ed i concetti superiori con i
quali i "maestri" della Kabalà spendono i loro giorni non sono
affatto obblighi incombenti su di noi. È vero che nel passato si sono
avuti "individui scelti" (yehidei segulà) ecc. — però
"non chiunque che è desideroso di "concepire" il Nome
è in grado di farlo" — dal momento che questi sono i
"segreti" relativi al mondo.
— Nei nostri
giorni, però, questa nuova "sapienza" non deve essere
considerata giusta; al contrario, essa abbatte le "pietre angolari"
della Torà sradicandone i suoi fondamenti! Coloro che la seguono sono
come ciechi che non hanno modo di essere illuminati. Come i ciechi brancolano
nel buio, senza poter trovare l'entrata — invece di trarre giovamento, come
essi ritengono, si danneggiano con incurabili ferite. Così molti di
essi, sebbene ignoranti, cominciano a vantarsi "Noi conosciamo i segreti
occulti, nostra è l'eredità delle "acque superiori" —
non già voi che seguite il Talmud e la Mishnà e brancolate nel
buio". Non si rendono conto di quello che dicono. I loro occhi sono
chiusi. Sono saggi nella loro autodistruzione, perché cercano di
comprendere ciò che la loro intelligenza non può afferrare.
Desiderano salire da un livello all'altro, sicuri di ottenere la loro meta.
Alla fine, però, cadono tutti nella trappola. Abbattono i recinti della
Torà e ne distruggono le mura. Si vantano di ciò in cui non hanno
comprensione alcuna e finiscono per arrivare alla negazione, dopo aver
estirpato, nel loro errore, le radici e le fondamenta della Torà. In
questo modo si allontanano dalla Sua volontà e dalla Sua vicinanza.
Meglio sarebbe stato per loro non venire al mondo ...
1) Riportato in Revid ha-Zahav, Hilchot Pesah.
11
Medita, dunque,
prezioso lettore, su come R. Tam ibn Yehia si sia pronunciato contro la nuova
kabalà e tutti coloro che la studiano: in che modo essi <77> abbiano abbattuto
i recinti della Torà e sradicato le basi dello Yihud ha-Shem; in che
modo essi pensavano di avvicinarsi al Nome, mentre, invece, deviavano dalla
retta via e arrivavano ad una credenza politeista (1).
Tutto questo
è dovuto al fatto che si sono erroneamente basati sul presupposto che lo
Zohar è d'attribuirsi all'esimio Tanai, R. Shimon b. Yohai.
A seguito
però delle approfondite indagini e alle prove reali, compiute dai
Hachamim interessati, è stato chiarito da quale penna, in realtà,
queste parole furono scritte ed in quale periodo fu composto questo testo.
Ebbene, fu provato con chiarezza che l'autore dell'intera opera fu uno dei
Rabbini posteriori, certo Moshe de Leon, vissuto nella Spagna del tredicesimo
secolo. Le idee espresse in questa opera non sono assolutamente da attribuirsi
a R. Shimon b. Yohai. Molti dei concetti concernenti questioni "essenziali"
della "Emunà" della Sacra Torà, riportati dallo Zohar,
sono in netto contrasto con le parole di R. Shimon b. Yohai, così come
con le parole del Talmud, con i Midrashim dei Saggi, noti a tutto Israele.
Lo Zohar non
può essere assolutamente considerato una base di appoggio e di
affidamento per qualsiasi 'minhag' del popolo d'Israele (2).
Fu altrettanto
improprio per i Saggi del Medioevo operare dei cambiamenti nei testi di
preghiera, secondo lo Zohar e le opinioni dei nuovi kabalisti. Tali
cambiamenti, infatti, conducono a "minut", cioè ad una falsa
credenza in molti "poteri regnanti" (reshuiot) e al servizio per
altri dei, come sarà spiegato dettagliatamente più avanti.
1) Vedi R. Albo, s. ha-Ikarim, prk. 28, in accordo con R. Yihia. Il
libro Revid ha-Zahav riporta anche il Maharshal, nella sue "risposte"
ed il Yad ha-Shlomò per ciò che concerne coloro che si vantano
dei loro "hidushim", dedotti dai libri della kabalà ecc., e
conclude che "dopo la chiusura del Talmud uno non deve rendere la Legge
più severa rispetto alla Ghemarà" e che ciò è
simile a "minut" — Spiegato a lungo in Hok Ya'akob, siman 489, siman
katan 11.
2) Il Revid ha-Zahav menziona anche Beit Yosef che
"prestò attenzione allo Zohar soltanto quando le sue parole non
furono in contrasto con la Ghemarà". Il Ramà spiega che
"anche quando la Ghemarà non menziona il contrario, uno non deve
deviare dalle parole dei Poskim e non deve prestare attenzione alle parole
dello Zohar" — Egli riporta anche il Raam ed altri Poskim, per i quali
"uno non deve accettare le parole dei kabalisti in contrasto con un
Posek" — Vedi, allora, come i Poskim menzionati nella "risposta"
di Revid ha-Zahav (Yosef Caro, Radvaz, Knesset ha-Ghedolà, Mahari
ha-Levi, Maharash ha-Levi, R. Alkabuly, R. Tam ibn Yihia, Hok Ya'akov,
Maharshal e Maharam Elshaker) sono tutti d'accordo sul fatto che nessuna
attenzione debba essere accordata allo Zohar e ai kabalisti in contrasto con
Talmud e coi Poskim, persino contro uno di essi. Come prova lampante a quanto
detto puoi considerare che ciò che avete scritto sono halachà
le-Moshè me-Sinai" è assolutamente falso e tale frase
evidenzia la vostra completa ignoranza. <78> Un'ulteriore prova lampante, che non si
tratta di kabalà da Mosè, consiste nel fatto che troviamo
innumerevoli divergenze e discrepanze tra gli stessi kabalisti, sia nella forma
che nella sostanza. Rambam, in Hilchot Ma'amarim, prk. 15, scrive che "non
ci sono differenze d'opinione (mahlokot) su questioni di kabalà; e
qualora ce ne fossero, puoi star sicuro che non si tratta di kabalà da
Moshè Rabbenu" — Siccome dunque, tutte le nostre prove sono
ricavate dal Talmud e dai veri Midrashim, come pure dai Gheonim e dai Poskim,
come potete argomentare contro i ricettori della vera Kabalà "chi
vi ha dato il permesso di fare una ricerca critica sulla nuova
kabalà?" — Il Hacham ha-Mahary Zahary, yemenita vissuto nel
Medioevo, scrisse: "Adesso citerò qualcosa della nuova
kabalà, uscita di recente" — Vedi come testimonianza le numerose
leggende nel Midrash ha-Gadol di R. Amram da Aden e Mahari Bashiri in S.
Segulat Israel, S. Nur el Zalam, ha-Hefetz di R. Yehia ha-Rofè.
12
L'argomento da
voi espresso contro di me "chi vi ha dato il permesso di interrogare e di
indagare le loro parole" mi meraviglia assai.
Fu, dunque,
concessa la Torà affinché la si leggesse come farebbe un
pappagallo o un animale schiamazzante?! E inconcepibile! Chi studia in tal modo
è chiamato "scriteriato" e "malvagio". Come cita la
Ghemarà (1) :
— R. Ola disse:
Cosa dobbiamo dire di uno che ha studiato Torà e Talmud ma che non ha
però aiutato i Talmidè Hahamim (2)?
— R. Eliezer
disse: Egli non è erudito (am ha-aretz).
— R. Shemuel
bar Nahmani disse: Egli è un ignorante (bur).
— R. Yanai
disse: Egli è un samaritano (kutì).
— R. Aha b.
Ya'akov disse: Egli è un magus (seguace di Zoroastro).
— R. Nahman b.
Yitzhak disse: L'opinione di R. Aha b. Ya'akov è la più
verosimile, perché è la più comune tra la gente che dice
"il magus biascica parole di cui ignora il significato". È la
stessa cosa vale per chi studia, senza sapere cosa sta studiando. —
Se, per
ipotesi, qualcuno vi consegnasse due lettere che si contraddicono fra di loro
su della merce ricevuta, voi le esaminereste bene per controllarne la
veridicità al fine di non avere una perdita in denaro. Non le
accettereste entrambe in buona fede.
Alla stessa
stregua, dovreste accettare in buona fede ciò che contraddice la
Emunà della Torà, senza distinguere tra il bene e il male?
L'aspetto fondamentale <79>
dello studio della Torà consiste nel conoscere i suoi comandamenti e le
sue leggi! Come disse il re Davide, alav hashalom, quando implorò Dio:
"Dammi la comprensione affinché possa studiare i Tuoi
precetti". Ed ancora "Insegnami buoni ragionamenti e sapienza,
poiché ho creduto nei Tuoi comandamenti" (3). In tutte
le mitzvot della Torà è necessario che l'individuo vi presti la
massima attenzione, al fine di capire le leggi e, in tal modo, non permettere
ciò che è proibito e proibire ciò che è permesso.
Così ammoniscono i Saggi (4): "State attenti con il
vostro studio, perché un errore nello studio viene considerato
"intenzionale".
A maggior
ragione quando si tratta del precetto di "conoscere" Dio e di
"comprendere" la vera essenza della Sua Unità, in accordo con
il comandamento della Torà (Deut. 4, 39): "E riconoscerai questo
giorno e imprimerai nel tuo cuore che Ha-Shem è Dio in alto nei cieli e
in basso nella terra e non vi è altri all'infuori di Lui".
Così anche Davide comandò a Salomone: "Conosci il Dio dei
Tuoi Padri e serviLo" (5). Il Profeta Geremia pronunciò
"Non si vanti il saggio della sua saggezza, né il valoroso del suo
valore, né il ricco della sua ricchezza. Ma, invece, chi si vuole
vantare si vanti di questo: del fatto che egli comprende e conosce Me e sa che
Io sono il Signore che opera con bontà, ecc." (6).
Quanto di
più è dunque incombente su di noi conoscere chi dobbiamo
veramente servire!
1) Soteh, pag. 22.
2) Chi studia la Torà in una scuola rabbinica.
3) Salmi 119 vs. 73 e 66.
4) Pirkè Avot.
5) Re 1 (28, 9).
6) Geremia: 9. 22.
13
La grande
capacità di indagare e spiegare la Torà, in accordo con la
Kabalà dei Saggi, ci è stata tramandata dai Saggi stessi. Come
disse un Tanai (Avot 5, 22): "Voltala (la Torà) e rivoltala ancora,
perché Essa contiene tutto". Se una persona studia ma non si sforza
di capire chiaramente, il "segreto" e <80> il vero significato dello stesso non gli
verrà svelato e alla fine non avrà compreso nulla. Nel primo
capitolo di Berahot (6, 72) è scritto: "Ognuno dovrebbe sempre
affrettarsi a compiere una mitzvà, persino di Sabato, così come
è detto "Essi seguono Dio come un leone ruggente". R. Zira
disse: "La ricompensa per una seduta di studio consiste nel
"correre" dietro ad essa". Rashi spiega: "La principale
ricompensa per chi "corre" ad ascoltare le parole di un Hacham
consiste proprio nell'essere corso a seguirle, dal momento che i più non
sono in grado di comprendere lo studio in sé e di ricordarlo in seguito.
La ricompensa per lo studio, invece, consiste nell'essersi formato un parere,
per esempio quando la persona si affatica molto nello studio per capire il
perché delle cose".
In Sanhedrin
(42) è scritto: "Poiché con abili strategie (tahbulot) tu
devi condurre la tua guerra". R. Aba e R. Hanina nel nome di R. Assi nel
nome di R. Yohanan spiega: "Chi sono coloro che sostengono la guerra della
Torà? Coloro che tengono nelle loro mani fardelli (havilot) di
mishnaiot". Rashi spiega: "Per guerra della Torà si intende
l'affaticarsi a comprendere le Sue leggi su di una base chiara e solida; non
come colui che è molto perspicace e abile nel formulare opinioni, ma che
non ha studiato molte mishnaiot e beraitot. Da dove, pertanto, verrà
rivelato il segreto e il significato vero dello studio? Esso verrà
rivelato soltanto a colui che ha studiato molte mishnaiot, cosicché
quando egli deve ricercare la ragione di qualcosa in un punto, può
trovarla in un altra mishnà, oppure se ricerca una questione in una
mishnà può trovarne la soluzione in un'altra ancora".
In
Haghigà (3, 72) è scritto: "Le parole dei Saggi sono simili
a pungoli, ecc."Ba'alei asufot" sono i Dotti che si riuniscono in
gruppi per studiare la Torà: alcuni di essi affermano che una cosa
è impura, altri che è pura, alcuni considerano una cosa proibita,
altri permessa e così via. Affinché uno non dica: "Come
è possibile, dunque, studiare la Torà?". Sappi, pertanto,
che tutte (le parole) furono date da un unico Pastore, un Unico Dio le concesse
tutte, il Signore che è al di sopra di ogni cosa che esiste, Benedetto
Egli sia, come sta scritto "E Dio proferì tutte queste parole,
dicendo ecc. — Così anche voi fate il vostro orecchio simile ad un
imbuto e acquistate un cuore pieno di comprensione per distinguere le parole di
coloro che dicono puro, impuro, vietato, permesso, ecc.". Rashi spiega:
"Un Unico Dio le concesse tutte — nessuno di coloro che discutono potrebbe
portare una prova dalla legge di un altro dio, ma solo prove dalla Torà
di Ha-Kadosh Baruch-Hu; nessuno di loro potrebbe portare una prova dalle parole
di un profeta che venisse a contraddire le parole di Moshe Rabbenu. —
"Fate il vostro orecchio <81>
simile ad un imbuto" — siccome il cuore di ciascuno di loro è
rivolto a Dio, fate in modo che il vostro orecchio ascolti, studi e conosca
tutte le opinioni e quando saprete distinguere ciò che è corretto,
stabilite conformemente la legge".
14
È ora
mia intenzione dimostrare, con prove inconfutabili e veritiere dalla
Torà scritta e dalla Tradizione orale, che Ha-Shem, Benedetto Egli sia,
nominato nella Sacra Torà con il Tetragramma (1) e con il nome
Adonai e nel linguaggio dei Saggi con Ha-Kadosh Baruch-Hu è la Causa
Prima ed Egli soltanto esiste di necessità. Questo è in palese
contrasto con quanto è scritto in Yosher Levav (2) e nel nome
di Yitzhak Luria, che con lo Zohar ha creato una nuova corrente filosofica,
secondo cui il nome va riferito a zeir anpin.
Le prove della
Torà sono basate su alcuni versi, quali "La dimora del Dio del
passato remoto" (meonà Elohei Kedem) (3) che si
riferisce al fatto che Dio è la Causa Prima di tutte le creazioni superiori
e inferiori e che è nostro obbligo servire soltanto Lui (4).
Ed è pure scritto: "Io sono il Primo e Io sono l'Ultimo e non
v'è altri all'infuori di Me" (5). E re Davide disse:
"Perché chi è Dio all'infuori di Ha-Shem, chi è la
nostra Rocca all'infuori del nostro Dio ?" (6). E come scrive
il Rambam: "Poiché Egli, Benedetto il Suo Nome, è la Causa
ed il Principio di tutto il resto e non vi è altra Causa che lo
precede" (7). E R. Ha Hasid in Hovot ha-Levavot scrive (8):
"È necessario concludere che tutto ciò che esiste ha
un principio, che non è preceduto da alcun altro principio. Fu Egli che
formò il tutto e lo plasmò dal nulla; non lo creò da o su
qualcosa di esistente, come è scritto "Io Sono Dio che opera ogni
cosa, che stende i cieli per Mio volere e così la terra". E disse
Giobbe: "Stende il nord sul caos (tohu) e fa si che la terra penda sul
nulla" (bli mah) ecc. Egli precede il tutto (kadmon) e non v'è
inizio al Suo Inizio, né tantomeno c'è fine al Suo eterno Inizio,
come è scritto "Io sono il Primo e Io sono l'Ultimo".
Perciò gli Uomini della Grande Assemblea stabilirono nelle preghiere:
"In verità, Tu sei il Primo e Tu sei l'ultimo". <82>
1) Il Tetragramma, Yod, Heh, Vav, Heh, spesso letto "Shem
Havayà".
2) Riportato in S. Ha Brit.
3) Deuteronomio 33, 27.
4) Spiegato da Rambam nel suo commento alla Mishnà e
altrove; così anche da R. Sa'adya ha-Gaon e R. Yehudà ha-Levi.
5) Isaia 44, 6.
6) Samuele 2, 22, 32.
7) Morè Nevuhim, cap. 16.
8) Sha'ar ha-Yihud.
15
Aprite bene le
vostre orecchie e udite le risposte della vera Torà di Moshè
Rabbenu, alav hashalom, che rendono onore al Vero Dio.
Ciò che
mi avete scritto su ciò che essi chiamano i cinque partzufim
"divini" è un paraocchi alla vostra vista, dal momento che non
avete letto le parole dello Zohar (1) : "E Dio disse
"Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza". "Il segreto
di Dio è per coloro che Lo temono". L'Antico degli Antichi (saba
d'sabin) aprì e parlò: "Shimon, Shimon, chi è questo
Elohim?". Ciò detto, scomparve e non fu più visto. Ma
poiché R. Shimon udì che lo aveva chiamato "Shimon,
Shimon" e non Rabbi Shimon, disse ai compagni: "Certamente costui era
Kudshe Brich Hu", su cui è detto "L'Antico dei Giorni (atik
yomin) si sedette" (2). E arrivato dunque il tempo di svelare questo
segreto, che prima era vietato rivelare. Così apri e parlò: Un re
aveva molte costruzioni da edificare. E il suo artigiano (umana) non faceva
alcunché senza il suo permesso, conformemente a quanto è scritto:
"sarò fedele (emun) a Lui (Ha Shem)". Il Re allude alla
"Sapienza Superiore" (hochmà ila'a). Il "Pilastro
Medio" è il Re inferiore (malka le-tata). Elohim è
l'artigiano superiore, ossia la "Madre Superiore" (ema ila'a). Elohim
è anche l'artigiano inferiore (umana le-tata) ossia Shechintà, il
quale non ha il permesso di agire senza il consenso di suo "marito".
Per tutte le costruzioni che furono nella "via" di Atzilut, aba disse
ad ema "così sia" e immantinente fu; così come sta
scritto "Elohim" disse "sia la luce". Il Padrone <83> della costruzione
lo ordinò e l'artigianato eseguì. E così a riguardo di
tutte le costruzioni nella "via dell'Emanazione"; egli disse
"sia il firmamento", "siano i luminari" e immantinente
furono. Quando si arrivò al "mondo della separazione" che
è il "mondo dei poteri separati", Umana disse alla costruzione
"Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza". Il Padrone della
Costruzione disse allora: "Sarebbe certamente un'opera buona da compiersi,
però, in futuro, egli peccherà contro di Te, giacché egli
è un figlio stolto, come sta scritto "un figlio saggio
renderà felice suo padre, ma un figlio stolto addolorerà sua
madre". Ema gli rispose "Poiché il suo peccato dipende da me e
non da te (aba), desidero crearlo a mia somiglianza"; infatti il verso
dice "E Dio lo creò a sua immagine". Aba però si
rifiutò di partecipare. Così quando l'uomo peccò, cosa sta
scritto? (3) "Per le tue trasgressioni venne cacciata via tua
madre". Malka disse ad ema: "non ti avevo forse detto che lui
peccherà?". In quel momento Egli lo cacciò via (dal Gan
Eden) insieme a sua madre. Questa è la ragione per la quale è
scritto "un figlio saggio renderà felice suo padre".
Ciò allude all'uomo del mondo di atzilut. Il "figlio stolto"
va invece riferito all'uomo della creazione. —
Così lo
Zohar spiega come Ha-Kadosh Baruch-Hu venga chiamato atik. Egli si
rivelò a R. Shimon nella sua casa di studio nelle vesti di un uomo
vegliardo, per cui R. Shimon lo chiamò "saba d'sabin". Ha
Kadosh Baruch-Hu è qui atik e fu lui che concesse il permesso a R.
Shimon di rivelare questo segreto, cioè che Ha Kadosh Baruch-Hu,
nominato ema, disse a Kadosh Baruch-Hu, nominato aba "facciamo l'uomo a
nostra immagine".
Così
dunque atik è nominato sia Kudshe Brich Hu che aba. Ema è
nominata Elohim, così come Elohim è il nome di aba (oltre appunto
a quello di Kudshe Brich Hu). In tutta l'opera della creazione, aba disse ad
ema "sia così e così" e "così fu". Ma
a proposito dell'uomo ema disse ad aba "facciamo l'uomo". Aba però
non volle questa creazione, cosicché ema gli disse "che differenza
ti fa se egli peccherà? È contro di me che pecca, non contro di
te", come il verso "un figlio stolto addolorerà sua
madre". E quando Adamo peccò con l'Albero della Conoscenza Dio
cacciò sia ema che Adamo, perché "per le tue trasgressioni
fu cacciata via tua madre". —
Haim Vital
spiega inoltre (4) che quando i "sette attributi
inferiori" (midot) furono emanati non era stato ancora creato nel mondo
Adamo (Adam ha-Rishon), mentre zeir anpin e nukvei erano in una posizione di dorso
contro dorso, per timore che i Hitzonim (le cose esterne) potessero
"prendere nutrimento" da loro. Infatti, se essi si fossero trovati
faccia-a-faccia, "i gusci" (kelipot) avrebbero potuto afferrare il
punto della loro congiunzione. Ma quando invece il Primo Uomo fu creato e
compì alcuni precetti positivi avvenne che si girarono faccia a faccia. <84>
1) Bereshit, 22.
2) Il commento "Derech Emet": — l'Antico degli Antichi
è riferito a "Keter Elion" ma il Mikdash Melech lo riferisce
ad Atik, poiché aba ed ema sono nominati anziani, mentre atik e arich
sono nominati l'Antico degli Antichi.
3) Lo Shevilei Noga commenta che da qui si deduce che Ha-Kadosh
Baruch-Hu stesso non era d'accordo, per così dire, alla creazione
dell'uomo, ma solo la Shechinà inferiore. Il Mikdash Melech commenta che
il "figlio saggio" va riferito ad "Adam ha-Atzilut",
cioè zeir anpin di atzilut, mentre Adam di Berià va riferito al
Primo Uomo. — Ema disse ad aba "facciamo l'uomo" ma per gli altri
"sia" della creazione fu aba a dirlo ed ema — binà,
poiché aba dice ed ema esegue.
4) Sha'ar ha Nekudim: vedi "ad locum" tutta la
spiegazione che è in completo contrasto con lo Zohar, che sostiene che
Adam ha-Rishon fu colpevole di questo peccato e che ema fu scacciata a causa
sua. Da ciò potete comprendere che questi nuovi kabalisti si
contraddicono tra di loro e ognuno di essi inventa ciò che gli fa
comodo.
16
Nello stesso
Zohar è scritto: "R. Shimon aprì e disse: "Or dunque,
considerate che soltanto Io sono il Signore e non vi è altro dio con
Me". Egli disse: "Ascoltate le parole dell'Antico che ho in animo di
rivelare, poiché dall'alto ho ricevuto il permesso di parlare. Chi
è colui che disse "Or dunque guardate soltanto Io sono il
Signore"? Costui è la Causa di tutte le Cause, nominato "ilat
ha-ilot", ossia la causa di tutte quelle cause che non possono agire se
non dopo aver ricevuto il permesso da chi sta sopra di loro. E come abbiamo
stabilito a riguardo del verso "Facciamo l'uomo", si tratta
certamente di una coppia. Così, qui troviamo che una "causa"
ha detto alla causa che la sovrasta che non si può agire fino a quando
non si è preso il permesso dalla causa superiore, così come
quest'altra causa a lei superiore e così via di seguito ... Però
quella nominata "La Causa di tutte le Cause" non ha alcuna causa che
la sovrasta, cosicché non esiste sotto di essa alcunché che le
assomigli, così come è scritto "El mi tedamiuni?" ( = a
chi Mi renderete simile e a chi potrò essere comparato? parola
dell'Eterno). Ed è anche scritto "Or dunque considerate che
soltanto Io sono il Signore e non vi è altro dio con Me", da cui
prendere consiglio, dissimile da colui che disse "Facciamo l'uomo".
Etz Haim (1)
e Mikdash Melech (2) nel nome di Yitzhak Luria scrivono: "La
Causa di tutte le cause" va riferita ad Adam Kadmon, cioè la Causa
sopra tutte le altre cause. Spiegazione: quando diciamo "Causa delle
cause" ci <85>
riferiamo ad ogni partzuf e viene così nominata perché essa
è la causa delle altre cause al di sotto di essa. Ma quando diciamo
"La Causa di tutte le cause" ci riferiamo ad adam kadmon, la prima
causa di tutti i partzufim".
Così
viene spiegato dall'esegesi dello Zohar e dai suoi commentatori in che modo Dio
diede il permesso a R. Shimon b. Yohai di parlare su ciò che è
proibito persino pensare, cioè una molteplicità in Dio e di
proferire che Ha-Kadosh Baruch-Hu è nominato Atik. Egli, però,
non è colui che disse ai figli d'Israele "Or dunque considerate
soltanto Io sono il Signore", dal momento che colui che pronunciò
questa sentenza è adam kadmon che è, invece, la prima causa di
tutti i partzufim, che non riceve permesso da alcuno. Similmente, colui che
disse "Sia la luce" e "Sia il firmamento" e "Si
riuniscano le acque" ecc. è aba; mentre chi sentenziò
"Facciamo l'uomo a nostra immagine" è ema. Quando ema disse ad
aba "Facciamo l'uomo", Ha-Kadosh Baruch-Hu (aba) non era d'accordo
con questa creazione, ma ema replicò "Che differenza fa per te? Se
egli peccherà, sarà contro di me che pecca e non contro di te".
Per questo motivo è scritto "Un figlio stolto angustierà sua
madre" e non già te". Per questo motivo è scritto
"Un figlio stolto angustierà sua madre" e non già sua
padre ... Pertanto, fu creato contro il volere di aba (3), e, come
spiega lo Shevilei Noga: "Se aba avesse acconsentito a questa creazione
non avrebbe cacciato anche lei dal Gran Eden insieme a lui quando peccò;
ma siccome non era d'accordo cacciò pure lei".
1) Sha'ar atik. prk. 2.
2) Sefer ha-Likutim.
3) Zohar — parole citate "La ba'ei Le'ishtatfà" (=
egli non volle partecipare).
17
Ogni ebreo
sarà scosso da un profondo fremito quando ascolterà le parole di
questo filosofo e la sua delirante descrizione dei Dieci Ordini della creazione
in divinità distinte! Leggiamo infatti in Sanhedrin (1):
"Per questo motivo l'uomo venne creato come singola entità,
affinché i "minim" non potessero sostenere che esistono
numerose "reshuiot" (poteri regnanti) (2) "nei
cieli" ecc. (Rashi spiega: e che ciascuno ha creato il proprio) (3).
— <86>
E nella Braita
(38): "Perché l'uomo fu creato singolo? R. Yehudà disse:
"Quando Dio volle creare l'uomo, Egli creò prima una
"classe" di Angeli Servitori a cui domandò: "Avete
piacere che facciamo l'uomo a nostra immagine?". Essi allora domandarono:
"Quali saranno le sue azioni?". E Dio rispose: "Le loro azioni
saranno così e così". Essi allora dissero al Suo cospetto
"Cos'è l'uomo che Tu lo possa ricordare?". Allora Ha-Shem
stese il Suo mignolo e li bruciò. La stessa cosa avvenne con la seconda
classe di Angeli. La terza classe di Angeli disse: "Padrone del mondo, a
quale scopo la prima classe di Angeli si espresse così al Tuo cospetto?
Tutto il mondo Ti appartiene e in esso puoi operare come Ti aggrada".
Allorquando, invece, si arrivò alla "generazione del diluvio"
e a quella della "torre di Babele", gli Angeli dissero: "Padrone
del Mondo, non era forse giustificato ciò che disse la prima classe di
Angeli al Tuo cospetto?". Dio rispose "Fino alla vecchiaia sono Io;
finché i suoi capelli incanutiscono lo sopporterò" (4).
E nella stessa
Braita è scritto: R. Yohanan disse: "Laddove trovi le
argomentazioni dei "minim (5) trovi anche la risposta nel verso
susseguente: "Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza".
"E Dio creò l'uomo a Sua immagine". "Scendiamo e
confondiamo il loro linguaggio". "E Dio scese per vedere la
città e la torre" ecc.
Ma lo Zohar
summenzionato afferma "poiché certamente si tratta di una
"coppia"". Spiega che ema disse ad aba "facciamo
l'uomo" e che essa operò secondo il suo proposito e creò
l'uomo senza il di lui consenso.
Non è questa la medesima opinione dei
"miscredenti", ricordati prima, che cercarono di ricavare delle prove
dalla Torà per giustificare le loro false credenze idolatre?
1) Cap. 1, dinei mamonot.
2) Anche "mondi di padronanza" dove ciascun padrone
avrebbe il permesso di agire come vuole.
3) Il senso è: se Adamo ed Eva fossero stati creati
separatamente, uno avrebbe potuto pensare che il creatore di Adamo non fosse lo
stesso di Eva; perciò furono prima creati come unità e, in
seguito, separati (nota del tr.).
4) Vedi Maharsha ad locum — I primi Angeli, nel loro zelo, non
avrebbero potuto sopportare l'azione dell'uomo, perciò dissero
"cos'è l'uomo che tu lo possa ricordare?". La terza classe
capì <87>
che questa risposta fu la causa della loro distruzione, per cui disssero:
"tutto il mondo Ti appartiene" ecc. Quando, invece, videro le cattive
azioni di quelle due generazioni chiesero se la prima domanda non era poi
giustificata, ma Ha-Kadosh Baruch-Hu rispose che Egli è longanime e
aspetta fino a che i loro capelli incanutiscono, forse si pentiranno delle loro
cattive azioni. (N. del tr.).
5) I "miscredenti" (minim) sostenevano che da qui si
evince una molteplicità in Dio e tentarono di portare una prova dal
plurale "facciamo", ma laddove troviamo questo plurale troviamo
immediatamente espresso, nel verso seguente, il Nome di Dio, con lo stesso
verso al singolare. (N. del tr.).
18
Ancora troviamo
scritto nello Zohar (Bereshit, 17): "In principio Dio creò i
cieli". In questo "principio" (reshit) Egli creò quel
"livello nascosto non conosciuto" (Stimà d'la ityada) per
questo palazzo (hehala), ecc.
Il Mikdash
Melech spiega: il "principio" è riferito ad aba; colui che
creò quel "livello nascosto" è arich; il "non
conosciuto" è riferito ad atik; "questo palazzo" è
ema, nominato anche "elohim".
Nello stesso
libro viene addotto un altro commento: "In principio Dio creò i
cieli e la terra". Questo significa che, attraverso il potere di aba, Egli
creò Elohim che è "binà"; in altri termini
elohim (binà) creò, tramite il potere di aba, i cieli e la terra
che sono zeir anpin e nukve.
In entrambe le
spiegazioni aba è nominato il "principio" (reshit) ed ema (nel
secondo commento nominato binà) è nominato "elohim".
Nello Zohar, in
parashat Bo, è scritto (2): "I cieli" , questa
è la mano destra di "kudshè brich hu"; "la
terra" è la mano sinistra; poiché kudshè brich hu
stese la sua mano destra e creò la terra.
Haim Vital
spiega: "Hassadim" (gli elementi di misericordia) rappresentano zeir
anpin mentre "ghevurot" (gli elementi di severità)
rappresentano nukve; come sta scritto "Anche la mia mano fondò la
terra e la mia destra stese i cieli. Io li chiamo ed essi stanno insieme".
Cosa significa "ed essi stanno insieme?". Non come avresti potuto
pensare riferito ai cieli e alla terra. In realtà, si riferisce alla sua
mano destra e sinistra, ecc. — <88>
Commenta il
Mikdash Melech: "Anche la mia mano fondò la terra" — fu
binà a pronunciare questa frase; lo avresti potuto pensare riferito ai
cieli e alla terra ma non si può affermare "ed essi stanno
insieme" (va-ya' amdu yahdav) perché ciò implica "in
eterno" e tale condizione non si addice a loro, poiché nukve a
volte è separata da zeir anpin in "esilio" (galut) (1).
—
Chi intende
vedrà e riconoscerà e capirà quanto l'autore filosofico dello
Zohar sia in completo contrasto con tutti i metodi di interpretazione usati dai
nostri Hachamim di benedetta memoria.
1) Cioè, quando Israele è in esilio non c'è
"unione" tra zeir anpin e nukve,corrispondenti al cielo e alla terra.
Così essi non sempre stanno uniti poiché essendo in esilio zeir
anpin è separato da nukve. Osservate bene in che modo i kabalisti
distruggono e distorcono il senso letterale del verso, per il quale il cielo e
la terra obbediscono costantemente ai comandi del Creatore.
19
In che modo,
allora, lo Zohar e il Mikdash Melech giustificherebbero il mutamento che fecero
i Settantadue Anziani quando tradussero la Torà per Tolomeo? Come
leggiamo in Meghilà (9, cap. 141): "Avvenne che il re Tolomeo
ordinò che i Settandadue Anziani fossero condotti insieme. Egli li mise
in settantadue diverse abitazioni, senza rivelare loro perché li avesse
convocati. Poi, entrò in ogni abitazione e comandò a ciascuno di
loro: "Traduci per me la Torà di Mosè, vostro Maestro".
In seguito, avvenne che Dio ispirò il medesimo pensiero in ogni singolo
Anziano, per cui tutti ebbero lo stesso spirito e scrissero "Dio
creò in principio i cieli e la terra".
Rashi commenta:
"apportarono questo mutamento affinché non venisse detto che
"principio" (bereshit) è un nome (di Dio) e che si tratta qui
di due regnanti, uno avendo creato l'altro". —
Il Maharsha su
questo commento di Rashi spiega che Tolomeo non avrebbe accettato ciò
che è riferito in Sanhedrin, per cui laddove trovi le argomentazioni dei
miscredenti là trovi anche la risposta appresso — "Facciamo
l'uomo" e subito <89>
dopo "Egli fece" ecc. Perché, allora, (chiede la
Ghemarà) è scritto la prima volta "facciamo"? Risponde
R. Yohanan: "Ha-Kadosh Baruch-Hu non prende decisione alcuna se non si
è prima consultato con il Suo Tribunale Celeste" (Pamalya shel
ma'ala)".
Rashi spiega
che qui si vuole mettere in risalto il fatto che un aspetto dell'Umiltà
è quello per cui uno più grande chiede l'opinione di uno
più piccolo. Nel Morè Nevuhim (cap. 6) il Rambam riporta e
chiarisce due distinte versioni: " Dice la prima: Ha-Kadosh Baruch-Hu non
fa cosa alcuna se non previa consultazione col suo Tribunale Celeste. Tale
opinione è simile all'affermazione di Platone per la quale Dio guarda
nel mondo delle intelligenze e influisce su tutta l'esistenza, attraverso loro.
Dice la seconda: Ha-Kadosh Baruch-Hu non fa cosa alcuna se non previa decisione
nel suo Tribunale Celeste (pamalya shel ma'ala); in greco "pamalya"
significa "potere".
Il Bereshit
Rabba e il Midrash Kohelet commentano il verso "ciò che Egli non ha
già fatto" (asuhu; con la forma al plurale): siamo qui informati
che questa forma al plurale indica "Egli e il Suo Tribunale che decidono
su ogni singola parte del corpo, mettendola in grado di funzionare nel modo con
la quale fu preposta" come sta scritto "Egli la fece secondo la sua
destinazione".
In Breishit
Rabà è anche scritto: "Laddove trovi scritto "ve
ha-Shem" (e Dio) significa Egli e il Suo Tribunale (Bet
Dinò)".
Ma l'intenzione
di tutte queste affermazioni non consiste nel pensare, come fanno gli stolti,
che Dio possieda parole e pensieri, che Egli abbia bisogno di consigli, oppure
mediti, oppure venga aiutato dall'opinione altrui! Invece, l'intera questione
qui discussa ci indica come persino le spartizioni dettagliate di tutte le
creature viventi, fino ad ogni singolo membro, alla sua funzione e alla sua
essenza, dipendano dall'opera dei Malachim, gli angeli, poiché tutte le
forze sono angeli (1). (Ma la cecità e la stupidità
ancora più dannosa si ha quando questi stolti vengono considerati Saggi
nel nostro popolo!).
Potrete
comprendere, pertanto, come i nostri Saggi, di benedetta memoria, si siano
rifiutati di attribuire a Dio qualsiasi necessità alle sue creazioni
oppure qualsiasi aiuto da parte loro. Così anche non hanno attribuito
agli Angeli, Suoi messaggeri, qualsiasi azione creativa, poiché tutta
l'esistenza dipende e appartiene a Dio soltanto.
Non così
l'autore filosofico dello Zohar, il quale chiama aba il Creatore e <90> pone ema come
l'artigiano che esegue la volontà del padrone; egli non attribuisce la
creazione alla Causa Prima ma ad aba oppure ad arich, tramite aba. Come se il
Creatore fosse debole e avesse bisogno di un sostegno nella creazione!
Tornando ora
alla vostra pretesa che questi kabalisti abbiano ricevuto questa kabalà
da Mosè, perché allora i settantadue Anziani avrebbero dovuto
cambiare l'ordine della frase nella traduzione di Tolomeo? Avrebbero dovuto
lasciarla com'era e spiegare che "Bereshit", cioè aba,
creò Elohim (binà) e che il motivo di "facciamo l'uomo"
è dovuto al dialogare di una coppia. Perché avrebbero dovuto
raggirare le Scritture inutilmente, quando potevano benissimo spiegare gli
stessi versi in accordo con la vostra halachà le-Moshè me-Sinai?
Le loro parole sarebbero state ben accolte da Tolomeo, che, in ogni caso, era
politeista. Potevano anche spiegare che Bereshit è un nome (aba per lo
Zohar) e fu lui che ordinò "Sia la luce" ecc. e così
anche potevano spiegare come i cieli e la terra fossero i nomi sacri di zeir
anpin e nukvei.
In netto
contrasto a tutto ciò, il Talmud in Haghigà (perek Ein dorshim)
riporta (2): "R. Ishmael chiese a R. Akiva mentre passeggiavano per la
strada: "Tu che per ventidue anni hai servito Nahum ish Gamsu, colui che
ha interpretato tutti gli -et della Torà, quale interpretazione diede
all'-et ha-Shamaim ve et- ha-aretz (il cielo e la terra)"? Gli rispose:
"Se fosse scritto solo "ha-Shamaim ve ha-arez" avrei potuto dire
che questi siano Nomi di Ha-Kadosh Baruch-Hu, ma poiché è scritto
"et-ha-Shamaim ve et-ha aretz" deduco che "ha-Shamaim"
significa propriamente il cielo e "et ha-aretz" la terra. —
1) Questa affermazione che è estremamente importante ed
essenziale è, in verità, una delle chiavi per comprendere
l'errore di base dei nuovi kabalistì e cioè che le forze ed i
poteri di tutta la creazione siano Angeli ed essi, nonostante la grandezza del
loro livello, non debbano essere né serviti, né venerati
perché essi stessi sono oggetto della creazione (nota del tr.).
2) In Bereshit Rabbà: chi ha interpretato tutti gli
"ach" ( = ma, invero) e i "rak" ( = soltanto), sa che essi
vengono ad escludere qualcosa mentre tutti gli -et e i -gam ( = anche) vengono
ad includere qualcosa. Se era scritto "shamaim va-aretz" avrei detto
che "shamaim" e "aretz" sono divinità. Vedi
Maharshà e Etz Yosef per capire che tale, infatti, è l'opinione
dello Zohar, perché, secondo loro, zeir anpin e nukve sono il Signore,
nostro Dio. <91>
20
Lo Zohar (1)
interpreta il verso "Dio regna, Dio regnò, Dio regnerà in
eterno" come segue: "Dio regna" — di sopra, "Dio
regnò" — nel mezzo, "Dio regnerà" — di sotto.
Il Mikdash
Melech commenta: "Dio regna" — Arich Anpin; "Dio
regnò" — "Aba" ed "Ema"; "Dio
regnerà" — "Zeir Anpin e Nukvei".
Riguardo al
verso: "È Dio fra di noi o no ( = im ain)?" (2)
chiede lo Zohar se i figli d'Israele fossero veramente così stolti da
porre una simile domanda. Spiega, infatti, che volevano sapere se
"atikà stimà" nominato "ain" o "zeir
anpin" nominato "Ha-Shem" erano fra di noi. Per cui non è
scritto "im lo" ( = o no), come, ad esempio, nel verso "se egli
camminerà a secondo della mia legge o no (im lo)", ma dissero:
"Se è questo chiederemo in un modo, ma se è quello
chiederemo in un modo diverso". —
R. Lupis spiega
che l'intenzione dello Zohar è sapere se i nostri antenati volevano
conoscere "chi" fosse colui che li conduceva e compiva per loro tutti
quei miracoli, se era Ha-Kadosh Baruch-Hu, nominato "zeir anpin"
(Ha-Shem col tetragramma) oppure "Ain", nominato Atik. La loro domanda
era stata formulata per sapere quale fosse il giusto servizio da attuare, se
riferito a "zeir anpin" o ad "atik", dal momento che
esistono delle differenze in ogni tipo di servizio e anche un'intenzione
(kavanà) diversa per ognuno di essi. Così rimasero nel loro
dubbio fino a quando fu loro rivelato che era riferito a "zeir
anpin". —
E in Menahot (3)
è scritto: R. Shimon b. Azai disse: "Venite a vedere cosa è
scritto nella sezione relativa ai "Sacrifici": non c'è scritto
il nome "El" o il nome "Elohim" ma soltanto
"Ha-Shem". Ciò è per non "aprire la bocca" di
un accusatore, che riporta un'opinione diversa.
E Rashi
commenta: "Questo accusatore non dica che esistono poteri (reshuiot)
distinti e, in base a ciò, affermi che uno, il cui nome è tale,
ha ordinato di portare il sacrificio "minhà", mentre un
secondo, il cui nome è tal'altro, ha ordinato di portare un sacrificio
di giovenchi e di montoni".
L'opinione
dell'autore dello Zohar, però, è che esistono
"divisioni" e "differenze" nella divinità e
perciò i nostri antenati cercavano di conoscere quale Dio li stesse
conducendo, se "atik" nominato "ain", il cui servizio
è da compiersi in un modo, oppure "zeir anpin" il cui servizio
è da compiersi in un altro modo. Questa loro richiesta non ebbe
chiarimento fino a quando non fu concessa la Torà, che chiarì
loro che si trattava di "zeir anpin" ...
Rambam spiega,
nelle "Leggi sull'idolatria" (4): "Gli idolatri
avevano molti <92>
tipi di servizio per ogni tipo di immagine e di forma e ogni servizio era
diverso l'uno dall'altro". —
Pertanto come
l'autore filosofico dello Zohar può asserire che tutto è Uno?
Perché il servizio per "atik" si differenzia da quello per
"zeir anpin", se tutto è uno? Ma certamente egli crede in
diverse divinità, per cui il servizio e il rito varia per ciascuno,
similmente agli idolatri che avevano un servizio distinto per ogni immagine!
Noi, invece,
che crediamo nella Sua Unità, che non ha niente di simile in tutte le
altre entità di "Uno", respingiamo fermamente le loro parole
menzognere e a sostegno di ciò portiamo la Ghemarà in Menahot,
testé menzionata. Da tutte le asserzioni riportate dallo Zohar e dai
suoi commenti deduciamo che esso chiama ciascun "partzuf di atzilut"
con il "Nome tetragrammato", con "Adonai", con
"Elohim" e con Ha-Kadosh Baruch-Hu. Però, esso ha scelto come
divinità da servire l'ultimo "partzuf", cioè "zeir
anpin". Lo Zohar afferma anche che l'"ein sof" e tutti gli altri
"partzufim", che da esso si emanarono, non devono essere serviti o
pregati, a motivo della loro elevazione superiore; a maggior ragione lo sono
quei "partzufim" dei mondi sopra il "mondo di atzilut", di
fatto immensamente "segreti". Soltanto "zeir anpin"
può essere servito e chiamato nel "momento del bisogno",
poiché è il "pilastro di mezzo", che congiunge tutte le
forze superiori e inferiori. Egli fu allevato da "aba" ed
"ema" e gli venne dato il "Regno" su tutte le creazioni, le
quali, a loro volta, furono ordinate di servirlo e di benedirlo. E, a loro
dire, costui sarebbe Ha-Shem Elohenu. Dio ci salvi!
Vediamo, ora,
come lo Zohar (5), per mezzo del commento del "Mikdash
Melech", commenta il verso: "Chi trattiene il grano sarà
maledetto dal popolo" (Mone'a bar ikvùù leom). Il
"segreto" è qui connesso a ciò che è scritto a
proposito del verso "Qual è il suo nome e qual è il nome di
suo figlio che lo potresti sapere?" — Il suo nome è uno. Adonai
Tzevaot è il suo nome (ossia aba); il nome di suo figlio è
Israele (ossia zeir anpin) come è scritto "Mio figlio, il mio
primogenito Israele"; tutte le chiavi della fede dipendono da questo
Israele; fu infatti lui che disse: "Dio mi disse: tu sei mio figlio"
(commento: "zeir anpin" disse che "aba", nominato Adonai
Tzevaot, mi disse: "tu sei mio figlio"). È certamente così,
poiché "aba" ed "ema" lo incoronarono e lo benedirono
con tante benedizioni e con ciò ordinarono a tutti "Fornite il
grano, affinché non si adiri"; in altre parole, consegnatelo a
questo figlio: per così dire, hanno dato il potere regnante a lui, <93> affinché
venga servito da tutti; "affinché non si adiri" (6)
significa che, siccome l'hanno incoronato sia con la
"severità" (dina) che con la "misericordia"
(rahamè), chiunque merita la severità la riceverà e
chiunque merita la misericordia altrettanto. Tutte le benedizioni dall'alto e
dal basso salgono e diventano corona per quel figlio, ma chiunque trattiene le
benedizioni da questo figlio, i suoi peccati saliranno davanti a "ema
kadisha" (la sacra madre) che è la sua "vera" madre (ema
binà). Così vediamo come lo Zohar chiami Adonai Tzevaot
"aba" e "zeir anpin" il figlio di "aba" ed
"ema". Questi ultimi gli concessero il "potere regnante" su
tutte le creazioni, ordinando loro di servirlo. Tutte le benedizioni e le
preghiere diventano "corone" per "zeir anpin" e devono
essere dirette esclusivamente a lui; non ad "aba" o "ema",
né ad "arich anpin", né ad "atik", né
ad "adam kadmon" (che loro chiamano "la Causa di tutte le
Cause"), né ad "adam kidmà" (entro le cui sefirot
furono creati tutti i mondi sopra il mondo di atzilut), né certamente
all'ein sof che è lontano e immensamente al di sopra di tutto il resto,
per cui è fuori dall'essere servito o pregato. La Shechinà su
tutte le azioni dei "livelli inferiori" appartiene solo a "zeir
anpin". Egli concede la giusta ricompensa agli Tzadikim e punisce i Reshaim
(malvagi). I partzufim che sono in alto con l'ein sof, che sovrasta il tutto,
non "guardano" le azioni dei livelli inferiori e non distinguono tra
il bene e il male, né tantomeno possono salvare la persona che li
supplica nella sua preghiera.
Dio, dunque, ha
abbandonato il cielo e la terra, hass ve halila, e ha lasciato il comando nelle
mani di questa "piccola faccia", oggetto di creazione!
Leggiamo invece
l'interpretazione dei Saggi: "Chi è salito in cielo?" Questo
è Ha-Kadosh Baruch-Hu, come è scritto "Dio è salito
con grande strepito"; "è disceso" come è scritto
"E Dio scese sul Monte Sinai"; "Chi ha raccolto il vento nel
palmo delle Sue mani?", come è scritto "Poiché nella
Sua mano è l'anima di tutto ciò che esiste": "Chi ha
riunito le acque nella Sua veste?" come è scritto: "Egli
riunisce le acque in una densa nube"; e così il verso "Chi ha
stabilito tutte le estremità della terra?" come è scritto
"Dio fa morire e fa rivivere"; qual è il Suo nome? Tzur
(Rocca) è il Suo nome, Shaddai è il Suo nome, Adonai Tzevaot
è il Suo nome. "E qual è il nome di Suo figlio?"
Israele, come è scritto "Mio figlio, il Mio primogenito,
Israele".
Israele viene
denominato "figlio", come nella Mishnà "I figli
d'Israele" vengono chiamati "Figli di Dio" (banim la-Makom)
questo perché, per mezzo di Israele, Dio si è manifestato nel
mondo. Non già col nome di "zeir anpin" che l'autore dello
Zohar ha chiamato "ben" ( = figlio)! <94>
Concludiamo,
ora, il nostro discorso rammentando che lo Zohar e tutti i suoi seguaci hanno
asserito che tutte le nostre azioni e preghiere debbano essere rivolte a
"zeir anpin", Dio ci liberi!
1) Bereshit, pag. 34.
3) Parashà Beshalah, pag. 64.
3) Cap. Harei alei issaron (110)
4) Hilchot avodà zarà cap. 3.
5) Balak p. 191.
6) "Nashkù bar pen yi'naf" — Lo Zohar interpreta
"bar" come "figlio" (come in aramaico).
21
Lo Zohar, in
parashat va-yerà scrive (1) : "Venite a vedere come non
è scritto "Abbi timore del Signore tuo Dio", bensì
"Temerai il Signore tuo Dio" ("et" Ha-Shem, con la particella
dell'accusativo "et"). Cos'è questo "et"? Questo
è il primo livello (dargà kidm'a) del timore di Dio;
perciò è scritto "Temerai" perché è
appunto a quel "livello" che uno deve temere il proprio Dio e,
cioè il "Tribunale" (Bet dinò); "e Lui
(otò) servirai" questo è il livello superiore (dargà
ila'a), che sovrasta il livello inferiore; l'"et" e
"otò" sono congiunti fra di loro e sono inseparabili. Cosa
significa "e Lui"?. Questo è il "livello" del
"Patto Sacro" (Ha Berit) (2), un "segno" eterno;
poiché in nessun servizio -et deve essere servito ma bensì temuto
— Il "servizio" invece, è di sopra, perciò sta scritto
"e Lui servirai" (commento: "servizio" appartiene a zeir
anpin) — a Lui si congiunge "Shechinte" (malchut).
Il senso reale
di quanto è scritto dallo Zohar è il seguente: il verso non dice
"Abbi timore e servi il Signore tuo Dio" bensì "-et il
Signore tuo Dio temerai e servirai". L'-et viene certamente per includere
qualcosa e, a parere dello Zohar, si tratta di "malchut", la
controparte femminile di zeir anpin, nominata <95> anche
"nukve", che è anch'essa degna di timore. In altre parole, il
comandamento di temere il Signore include anche l'obbligo di temere
"nukve" e, a conferma di ciò, sta quell'-et in più.
D'altra parte, è scritto "e Lui servirai", da cui si evince
che il verso viene ad escludere qualcuno (come per dire servirai Lui e non
qualcun' altro), cioè "malchut", perché è zeir
anpin che deve essere servito. Concludendo, "Malchut" viene esclusa
dal servizio, ma inclusa nel timore.
Se questa
è kabalà da Moshè, perché allora Shimon Ha-Amsuni
si è trattenuto all'interpretare le "inclusioni" di ciascun
"-et" della Torà, quando è arrivato al verso
testé citato? Leggiamo infatti nella Ghemarà (3) :
Shimon Ha-Amsuni (e alcuni dicono Nehemia ha-Amsuni) era occupato ad
interpretare ogni -et della Torà. Quando arrivò al verso
"-et il Signore tuo Dio temerai e Lui servirai" evitò di
interpretarlo. Allora i suoi allievi gli chiesero "Che ne sarà allora
di tutti gli altri -et che hai interpretato?". Rispose loro
"Così come ho ricevuto ricompensa per averli interpretati,
parimenti riceverò ricompensa per essermi astenuto dall'averlo
interpretato". Finché Akiba ben Yosef interpretò che esso
viene ad includere i "Talmidei Hachamim".
Commenta Rashi:
Quando raggiunse questo verso si domandò cosa avesse potuto includere
questo "Lui" che è da servire. A tal riguardo, evitò le
altre "inclusioni" ( = ribbuim) che in precedenza (4)
aveva interpretato; fino a quando Akiba ben Yosef interpretò questo -et
come inclusione riferita ai Talmidè Hachamim, affinché "il
timore per il Tuo maestro sia pari a quello per il Cielo. (5)
Ma se voi
affermate che tale è Kabalà di Mosè dal Sinai, per quale
motivo Shimon ha-Amsuni si astenne? Non sapeva forse che tale -et viene ad
includere la moglie di zeir anpin che è il Signore Nostro Dio, come voi
dite? Perché anche Akiba b. Yosef, il Maestro di Shimon b. Yohai, disse
che viene per equiparare il timore per i Tamidè Hachamim, che sono solo
carne e sangue, al timore per il Cielo? Perché non incluse la moglie di
zeir anpin oppure "aba" ed "ema"?!
1) pag. 112.
2) commento riferito a Malchut (Ra-shab).
3) cap. "Kol Sha'à"
4) Se questo -et non poteva essere interpretato, allora non poteva
venire accettata come regola generale quella per cui ogni -et viene ad
includere qualcosa o qualcuno, fino a quando Akiba <96> b. Yosef ... (N. del Tr.).
5) Pirkè Avot 80, 4.
22
Lo Yosher Levav
afferma che: (1) Il nome "Ha-Kadosh Baruch-Hu" che siamo
abituati a pronunciare e il Tetragramma con cui Lo nominiamo sono riferiti al
partzuf di zeir anpin. La sua "anima" (neshamà) è
nascosta al suo interno da quei partzufim che sono più interiori ad esso
(a zeir). Costui è, infatti, la Causa Prima ed è lui che noi
serviamo. Il principio generale, dunque, è che la Causa Prima, nominata
da tutti i kabalisti "ein sof" ha creato il tutto "ex
nihilo" e circonda il tutto dall'esterno. In quella parte
"eletta", però, l'"eletto dei Padri", chiamato
"zeir anpin" si nasconde come una stanza dentro ad un'altra stanza,
come un'anima dentro un corpo, dandole vita. Perciò questo eletto zeir
anpin regna sopra tutte le creazioni, le governa e le alimenta. Egli è
il nostro Dio e noi siamo il suo popolo. Le nostre anime sono la Sua parte.
Egli deve essere esaltato con tutte le lodi menzionate nella Torà, che
ci è stata data in retaggio e per mezzo della quale tutti i segreti
occulti ci vengono svelati".
L'autore
continua, poi, a fornire prove dallo Zohar e dai Tikkunim, per le quali tutto
il nostro servizio è rivolto a zeir anpin, il "pilastro medio"
che congiunge tutto.
Scrive nel nome
di Yizhak Luria (2) riguardo al verso "Fidatevi in Dio per
sempre, poiché Yah, Ha-Shem è la Rocca Eterna":
perciò quando uno dirige la propria intenzione a zeir anpin soltanto,
ciò è sufficiente, siccome qui si trova anche arich anpin.
Anche in Etz
Haim di Vital è scritto: (3) Moshè disse ad Israele
prima di entrare nella Terra Promessa "E voi che siete attaccati al
Signore, vostro Dio, tutti voi viventi in questo giorno" — Questo è
riferito a "zeir anpin" e "nukvei" ecc.
E ancora nel
suo Sefer Ha-Kavanot sui "minhaghim" (usanze) di Luria: Quando
pronunci il Tetragramma devi mettere la tua kavanà ( = intenzione) su
zeir anpin, nel modo seguente; le prime tre lettere sono per zeir anpin, l'ultima
lettera è per malchut e così devi considerare che qui il <97> nome viene
completato, ecc. —
In S. Mahberet
ha-Kodesh (seder musaf shabat) scrive: Gli angeli di sopra pongono una
"corona" su zeir anpin, che è il Signore, nostro Dio (4)
ecc.
Anche il Mikdash
Melech scrive: (5) Elaha Rabraba (il Grande Dio) può
riferirsi solo a zeir anpin, mentre in Hochmà, il suo nome è
Haham (il Saggio), ecc. — ma l'ein sof, per la sua grandezza, non ha né
nome, né punto entro il quale può essere limitato e qualsiasi preghiera
rivolta a lui non è una preghiera; è permesso pensare a lui solo
quando si investe dei suoi attributi.
1) In S. ha-Brit, Parte 1, ma'amar 20, cap.15, l'autore di Mishnat
Hassidim scrive nel S. Yosher Levav.
2) In Likkutei Tanach.
3) Sha'ar ha-clalim.
4) Ibid. p. 40.
5) pag. 12 parole che cominciano Elaha Rabraba.
23
Vediamo
chiaramente così che lo Zohar e i suoi commentatori, il Mikdash Melech,
Kisei Eliahu, Mishnat Hassidim, Yosher Levav, Matzref Emunà, Etz Haim,
S. ha-Kavanot, Mahberet ha-Kodesh, S. ha-Brit, S. ha-Likkutim, Nahalat Yosef
nel nome di Luria (per citare solo i principali), affermano che l'ein sof,
l'Infinito o la Causa Prima, non deve né essere servito, né
essere pregato. Solamente "zeir anpin", l'ultimo aspetto dell'intera
emanazione, che, a loro dire, lega insieme tutti i "partzufim" e
alimenta tutte le creazioni, deve essere evocato nel momento del bisogno e
servito in ogni momento.
L'autore di
Kisei Eliahu, comunque, quando pregava, considerava necessario pronunciare,
insieme a "zeir anpin" anche gli altri "partzufim" sopra di
esso, perché così facendo, veniva esaudito più velocemente
(1): "E' necessario, però, "congiungerli" nel
modo indicato sopra; quando si prega zeir anpin bisogna pronunciare i nomi dei
partzufim superiori, perché c'è <98> bisogno di loro. Se, però, uno non
fa così e prega esclusivamente zeir anpin non verrà esaudito
così velocemente ... ecc. (conclude con l'affermare) ... che anche se
uno prega solo zeir anpin non è che sia danneggiato in ciò,
solamente non viene esaudito rapidamente. (2)
Il lettore
amante e devoto alla Sacra Torà ed esperto nella Tradizione orale della
Mishnà, del Talmud, e dei Midrashim resterà esterrefatto leggendo
tali affermazioni. Ancor di più se ha conoscenza del Hovot ha-Levavot di
R. Yehudà ha-Levi, di R. Sa'adya Gaon, del Rambam, di R. Eliezer
me-Garmiza (Worms), del S. Mitzvot Gadol, del S. Mitzvot Katan, del S.
ha-Ikkarim, ed altri, che trattano dell'Unità di Dio, in accordo con la
vera Kabalà dei nostri Saggi. Si spaventerà e trasalirà
quando leggerà di tale pantheon con tanti dèi, che si sono
moltiplicati e prolificati in Israele, a partire dal tredicesimo secolo.
I kabalisti
credono in più cause, sistemate gerarchicamente una sopra l'altra.
Quando una di esse vuole creare qualcosa deve consigliarsi e prendere permesso
dalla causa che la sovrasta direttamente. Lo Zohar spiega chiaramente che
ognuna di queste cause (ilot) prende permesso dalla causa (ilà)
soprastante; malchut da zeir, zeir da ema, ema da aba, aba da arich, arich da
atik, e atik da adam kadmon, che governa tutti i "partzufím di
atzilut". Quest'ultimo è l'unico che pronunciò "Ora
vedete che Io solo sono Dio e che non v'è altro dio accanto a Me".
Questo lo può pronunciare solo adam kadmon, perché non ha bisogno
di prendere permesso da adam kidma'a che lo sovrasta. — In tutto l'atto della
creazione, il Creatore fu "aba", nominato nello Zohar anche
"malkà ila'a" (il Re Superiore), ma, al momento della
creazione di Adamo, aba non voleva crearlo, perché sapeva che avrebbe
peccato. Ema rispose che il suo peccato sarebbe dipeso da lei soltanto, come
è scritto "Un figlio stolto addolora sua madre" ecc.
1) p. 26.
2) Anche Yosher Levav, bait 2, heder 3,
prk. 7.
24
Questa
affermazione è davvero difficile da capire. Perché mai adam
kadmon non deve avere permesso da adam kidma'a e da ein sof che sono sopra di
lui? Lo <99>
Yosher Levav summenzionato sostiene, però, che Ha-Kadosh Baruch-Hu e il
Tetragramma, che le nostre labbra sono solite evocare, vanno riferiti a zeir
anpin. (1)
Vediamo
ciò che scrive il Bereshit Rabbà (2): "Ogni cosa
ha generazioni (toledot). Il cielo e la terra hanno generazioni, come è
scritto "Queste sono le generazioni del cielo e della terra quando furono
creati". I monti hanno generazioni, come è scritto "Prima
ancora che sorgessero i monti". La pioggia ha generazioni, come è
scritto "Ha la pioggia un padre?" La rugiada ha generazioni, come
è scritto "E chi ha creato le gocce di rugiada?". Abbiamo
già studiato nella Mishnà: Tutto ciò che ha generazioni,
muore, appassisce, perché è oggetto di creazione, ma non
così il Creatore. Pertanto, ciò che non ha generazioni non
perisce, non appassisce, e non è oggetto di creazione". Questo
è un fondamento vero e chiaro.
L'Etz Yosef
commenta che "perire" e "appassire" sono due categorie
diverse: la prima è una fine assoluta, mentre la seconda avviene quando
è ancora in esistenza. Perché tutto ciò che esiste
è in uno stato continuo di degrado naturale, se non che Ha-Kadosh Baruch-Hu,
nella Sua bontà, rinnova costantemente, ogni giorno l'Atto della
Creazione. — "Tutto ciò che non ha generazioni" — non
c'è altri all'infuori di Ha-Kadosh Baruch-Hu ecc. Da ciò dobbiamo
concludere che, siccome i partzufim menzionati dallo Zohar e dai kabalisti
hanno "generazioni", come pure "gravidanze" e
"allattamenti", parimenti è del tutto falso e impossibile
chiamare aba o qualsiasi altro partzuf Dio o Creatore. Un altro modo per
spiegare "tutto ciò che ha generazioni" consiste nel ritenere
che c'è una "causa" alla sua esistenza e perciò viene
chiamato "possibile esistenza" (siccome non esiste per
"necessità assoluta della propria esistenza" che, infatti, si
può riferire solo a Dio. Tutto il resto però, fu
"voluto" e perciò "messo in esistenza"). Tutto
ciò, del resto, che è di "possibile esistenza" ha la
possibilità di perdere quell'esistenza. Solo Dio, Benedetto Egli sia,
non ha nessun altra causa che Lo precede, poiché Egli soltanto è
la Causa Unica di tutte le creazioni (3). Questa spiegazione
è sostenuta dal fatto che il Midrash parla delle generazioni dei monti,
della pioggia, ecc. Pertanto è del tutto falso chiamare i partzufim Dio
o Creatore, dal momento che ciascuno di essi possiede "una causa" che
lo precede.
Il
"Mishnat Hassidim" (testo kabalista) nella sua interpretazione della
Aggadà di Pesah scrive: <100>
"Il Signore, nostro Dio, ci fece uscire" questi sono aba ed ema ecc.
"E se Ha-Kadosh Baruch-Hu non ci avesse liberato" questo è
arich anpin che ha liberato i nostri padri, aba ed ema dall'Egitto, ecc.
Il S.
ha-Ghedarim, sul termine "Adam" afferma che i kabalisti chiamano
Ha-Kadosh Baruch-Hu "adam kadmon". Non solo, ma chiamano anche ogni
"partzuf" col nome di Ha-Shem Tzevaot col Tetragramma, con Adonai,
con Ha-Kadosh Baruch-Hu e con tutti gli altri nomi e le altre espressioni che
indicano Ha-Shem Baruch-Hu. Chiunque legge le citazioni contenute in questo
libro o chiunque ha studiato con intelligenza i loro libri vedrà che
è sicuramente cosi.
Inoltre, dicono
che aba ed ema, che sono i nostri padri, furono salvati in Egitto da arich
anpin dalla mano del faraone (che è la "sitrà
ahrà", nominato "el aher" o "altro dio").
Credono infatti nell'esistenza di un "altro dio", in contrasto alla
credenza di tutti i Saggi. Aggiungono anche che gli "altri dei"
regnavano su zeir anpin e nukve fino a quando non vennero redenti da arich
anpin. Per capire quanto siano insignificanti e false queste innovazioni dei
nuovi kabalisti, è sufficiente leggere la Ghemarà in Shabbat:
Akiba b. Yosef disse: Quando Mosè sali per ricevere la Torà, gli
Angeli Servitori dissero davanti a Ha-Kadosh Baruch-Hu "Che cosa fa qui
questo essere umano, nato da donna?" Rispose loro "È venuto
per ricevere la Torà" (fino a che) ... Dio disse a Mosè
"Rispondi loro". E Mosè disse davanti al Signore: "Temo
che mi brucino con l'alito delle loro bocche". Egli disse: "Afferra
il Trono della Mia Gloria e rispondi loro". Poi, Ha-Kadosh Baruch-Hu stese
un raggio della Sua Presenza (Shechinà) su Mosè, che disse:
"Padrone dell'Universo, nella Torà che tu consegni, non è
forse scritto "Io sono il Signore tuo Dio che vi ha fatto uscire dalla
terra d'Egitto". Per cui disse agli Angeli: "Siete forse voi scesi in
Egitto? Eravate forse voi schiavi del faraone? Per quale motivo avete bisogno
della Torà? ecc.
Per i nuovi
kabalisti, invece, anche aba ed ema, zeir anpin e nukve furono schiavi del
faraone (la "sitra ahrà"). Il Mishnat Hassidim scrive
chiaramente che zeir anpin si trovava in grave pena e in una condizione di
"esilio" come un feto nel grembo della madre.
Le loro parole
sono contradditorie, perché dicono che zeir anpin è colui che ha
dato la Torà ed è colui che pronunciò "Io sono il
Signore vostro Dio che vi ha fatto uscire dalla erra d'Egitto". In realtà,
arich anpin, che è Ha-Kadosh Baruch-Hu, ha fatto uscire i nostri padri,
cioè aba ed ema, mentre zeir anpin era <101> sofferente in
esilio.
Né tanto
meno possono controbattere all'affermazione dei Saggi che "quando sono
andati in esilio nella terra d'Egitto, la Shechinà li
accompagnò"; come è scritto "Per voi fui mandato in
Babilonia", ecc. Né tanto meno all'affermazione che Ha-Kadosh
Baruch-Hu per così dire, si rattrista quando Israele si trova in
difficoltà come è scritto "Io sono con lui nelle avversità".
Tutto ciò può essere inteso dal senso di questo verso
"poiché non desidero la morte del perituro, bensì che il
peccatore si penta delle sue azioni inique, affinché viva".
Anche l'Eterno,
per così dire, deve mantenere la Sua promessa verso di noi in esilio,
come è scritto "pur trovandosi nella terra dei loro nemici non li
ho presi in odio e disprezzati sì da distruggerli completamente"
ecc. Dal momento che la Sua Provvidenza ci protegge anche nell'esilio in modo
che i nostri nemici non possano mai annientarci.
1) Non ho riportato qui il Mazref Emunà, sebbene sia in
totale accordo con questa opinione. E pensare che voi avete denunciato questo
testo come eretico (kofer)! Questo è dovuto alla vostra ignoranza in
materia, dal momento che siete in palese errore.
2) Parashà 12, riportato yalkut, remez 18.
3) Rambam, Hilchot yesodei ha-Torà, il 4° principio per cui
bisogna credere che l'Uno è il Primo Assoluto e che tratta l'altra
esistenza non è Primo. Due dei nostri antenati, R. Hitar e R. Zacharia
ha-Rofè scrissero a proposito: il Primo (kadmon) è colui che non
ha inizio; mentre ciò che è pervenuto in esistenza (mehudash) ha
un suo inizio. Il Primo non è pervenuto in esistenza da un altro, mentre
il "mehudash" fu creato e posto in esistenza da un altro, in tal modo
viene spiegato che Dio è il Primo Assoluto.
25
È ben
nota la severità dei Saggi verso colui che dice "modim, modim"
("ringraziamo, ringraziamo") oppure "Shemà,
Shemà". Tale persona viene fatta tacere (1).
Tutti i
commentatori spiegano che il motivo di tale severità è da
ricercarsi nel fatto che si potrebbe dedurre che esistano due poteri oppure si
potrebbe credere a due distinte divinità. In Berachot (14, 2) è
scritto: Avvenne che un individuo stava pregando alla presenza di Rabà, <102> che lo
sentì pronunciare "emet, emet" (verità, verità).
Disse Rabà: "Chiunque dica "emet, emet" deve essere
zittito". E in "Ain Ya'akov" spiega il motivo: "Nello
stesso modo in cui non si può pronunciare "ehad, ehad" (Uno,
Uno), perché sembra volere indicare più unità, allo stesso
modo non si deve pronunciare "emet, emet" dato che la Verità
è una soltanto". Comprendiamo così la spiegazione di
Rabà, che sostiene che "il suo grande fervore (di chi pronuncia due
volte "emet") nell'affermare la verità lo ha fatto agire. Egli
crede di rafforzare le sue parole pronunciando la verità di Ha-Shem
Baruch-Hu con tale aggiunta, ma, in realtà, la sminuisce. (2)
Abbiamo
così visto come i Saggi fossero scrupolosi verso le parole che potevno
far pensare a due regni (reshuiot) (3). A maggior ragione dobbiamo
combattere le affermazioni dello Zohar, come quella che abbiamo citato
"Dio regna, Dio regnò, Dio regnerà in eterno" e
cioè "Dio regna" di sopra, (arich anpin), "Dio
regnò" nel mezzo, (aba ed ema), "Dio regnerà" di
sotto (zeir anpin e nukve). Questo significa che quando uno dice "Dio
regna", riconosce il regno di arich anpin; quando dice "Dio
regnò" riconosce il regno di aba ed ema e quando dice "Dio
regnerà in eterno" riconosce il regno di zeir anpin e nukve.
Ebbene,
c'è forse una credenza in molti "regni" maggiore di questa? E
dal momento che riconosce il regno di questi tre re quando pronuncia il
succitato verso, come poi può mentire a se stesso quando pronuncia
"Avinu Malkenu" "Padre nostro, Re nostro, non abbiamo altro Re
all'infuori di Te"?! In verità, ha già coronato tre re. Chi
dei tre incoronerà, lasciando gli altri senza regno?
L'autore di
S.ha-Ikarim, aveva ragione quando avvertì che non bisogna studiare lo
Zohar e tutti gli altri libri della kabalà(4) : "Questa
è una regola generale: siate estremamente guardinghi e attenti a non
cadere nelle loro trappole e a non rimanere impigliati nei lacci da loro tesi,
perché essi hanno abbandonato la retta via per inoltrarsi in sentieri
bui, senza rendersi conto di brancolare nel buio. Tali sono coloro che studiano
la kabalà per propria decisione; ciò non va riferito,
però, a chi riceve la Kabalà vera direttamente da un Hacham, che,
a sua volta, l'ha già ricevuta".
Pertanto, chi
ama Ha-Shem e aderisce alla Torà ed alla Tradizione Orale, che venne
tramandata nella Mishnà e nel Talmud, si terrà ben lontano da
questa nuova kabalà e non sarà preda di questa tentazione;
così facendo, non devierà dalla vera fede, purificata sette volte
tanto dai Tanaim, Amoraim e Poskim. <103>
1) Berachot, cap. Ein omdim, cap. Ha-korè 25.
2) Vedi anche Succà, cap. Ha-halil.
3) Così anche i Poskim proibirono la ripetizione della
parola "Shemà" o "Modim" appunto perché
sembrano riferiti a due "reshuiot".
4) Ma'amar, 2, fine cap. 28.
26
Il lettore che
ha studiato qualcosa dello Zohar e dei testi kabalisti sa che le
"sefirot" e i "partzufim" ivi citati originano prima della
creazione del cielo e della terra e di ciò che vi è in essa. Come
spiega Vital in "sha'ar shevirat ha-kelim" (la rottura dei recipienti)
nel suo Etz Haim (cap. 83): "Ora spiegherò l'ordine dei
"re", cominciando da da'at (sapienza). Quando il recipiente non fu
più in grado di contenerla, si infranse e scese nel mondo di
"berià" (creazione). Questo significa che scese nel luogo in
cui poi venne creato il mondo di "berià", che non era stato
ancora formato. Questo recipiente, pertanto, cadde laddove, in seguito, si
sarebbe formato la sapienza di berià".
Da ciò
deduciamo che l'errore dei nuovi kabalisti consiste nell'aver cercato
spiegazioni su "ciò che è al di sopra, ciò che
è al di sotto, ciò che è prima e ciò che è
dopo" (o ciò che è dentro e ciò che è dietro).
Nei due Talmud, comunque, come pure nel Midrash Rabbà, in Tanhuma, ecc.,
si proibiscono tali speculazioni. E in Haghigà è scritto (1):
"Chiedete, dunque, sui primi giorni". Avrei potuto pensare che si
possa chiedere su ciò che era prima della creazione del mondo, ma il
verso indica "dal giorno che Dio creò l'uomo sulla terra":
ancora avrei potuto pensare che uno non può chiedere sui sei giorni
della creazione, ma il verso ci indica "chiedete, dunque, sui primi
giorni"; avrei potuto pensare che si può chiedere su ciò che
è di sopra, ciò che è di sotto, ciò che è
prima, ciò che è dopo", ma il verso ci indica "da
un'estremità dei cieli all'altra", Ciò significa che da
un'estremità dei cieli all'altra puoi chiedere, ma non puoi indagare su
ciò che è di sopra, ciò che è di sotto, ciò
che è stato prima e ciò che sarà".
Nel suo
commento alle Hagadot, il Mahareshà riporta la storia di R. Elazar al
quale R. Yohanan disse: "Vieni e ti insegnerò "Ma-asè
Merkavà" (I Misteri<104>
del carro). Rispose: "Non sono abbastanza anziano". Quando
invecchiò, R. Assì gli disse: "Vieni e ti insegnerò
Ma'asè Merkavà". Rispose: "Se l'avessi meritato lo
avrei studiato da R. Yohanan, il tuo maestro"; in questo modo si astenne
dallo studiare questo argomento, sia in gioventù che in vecchiaia.
Il
Mahareshà, ad locum, è sensibile al fatto che la nuova
kabalà tratta del Ma'asè Merkavà, mentre questo argomento
dovrebbe rimanere celato e non dovrebbe essere insegnato pubblicamente. Io,
invece, sostengo che è proibito, in qualsiasi modo, sia studiarlo per
sé che insegnarlo in pubblico, perché, a tale riguardo, i Saggi
non hanno mai permesso, neppure ad un Haham, in grado di capire dai "rashè
prakim", di oltrepassare la questione di "Hashmal". Su
Ma'asè Merkavà è vietato persino parlare. Tale è la
Kabalà dei Saggi e tale il loro avvertimento e chiunque trasgredisce le
parole dei Saggi è colpevole.
I nuovi
kabalisti hanno sbagliato troppo su questo punto e, volgarmente, hanno creduto
nelle proprie opinioni e sensazioni, speculando su questioni e argomenti che,
in verità, i Saggi avevano vietato di trattare. Pertanto i loro stolti
cuori si sono creati la falsa idea che, avvicinandosi il tempo della Redenzione
(Gheulà), tale proibizione non fosse più valida e fosse
così permesso insegnare ciò che, in origine, era proibito (2).
Perché non hanno preso in considerazione l'avvertimento dei Saggi, per
il quale "tutte le halachot" della legge orale non si invalidano mai?
(3) Il non aver considerato le parole dei Saggi li ha fatti cadere
in errore e ha fatto loro credere che esistano più entità emanate
da Dio e associate ad Ha-Kadosh Baruch-Hu e, così facendo, hanno violato
il principio di R. Shimon b. Yohai, che ammoniva "chiunque associa a Dio
qualsiasi altra cosa viene estirpato dal mondo".
Alla fine del
trattato Pesahim leggiamo: "A cosa si riferisce il verso
"Le-mechasè atik" (4) (l'indumento scelto)? Si
riferisce a colui che copre (tiene segrete) le parole che l'Antico dei Giorni
ha tenuto occultate; e quali sono? Sono i segreti della Torà. (Rashi: i
Misteri del Carro, i Misteri della Creazione); altri interpretano: è
colui che rivela ciò che l'Antico dei Giorni ha tenuto celato; e cosa
è stato rivelato? I motivi (te'amim) della Torà".
Ciò
significa che chiunque rivela Ma'ase Merkavà non meriterà quella
bontà nascosta che spetta ai Giusti. Peggio ancora se egli rivela
ciò che è sopra al Ma'asè Merkavà, dal momento che
di tali segreti è proibito persino parlare. Fu permesso rivelare
soltanto i motivi della Torà, mentre fu proibito svelare e insegnare
pubblicamente i segreti della Torà. È proibito insegnarli <105> nel Beit-Midrash persino ai Talmidè Hachamim.
Quanto di più alle masse che non hanno sapienza e comprensione di tali
argomenti! Poiché sicuramente essi si formeranno delle false credenze e
colmeranno i loro pensieri con tante divinità, come abbiamo avuto modo
di vedere coi nostri occhi.
È
altresì profano pensare che il Tanai R. Shimon b. Yohai abbia
trasgredito a questa restrizione, parlando di Ma'asè Merkavà su
ciò che precedette l'Atto della Creazione (Ma'asè Bereshit).
Né qualsiasi altro Tanai o Amorai avrebbe mai detto che Dio gli si
rivelò e gli diede il permesso di insegnare ciò che è
proibito. Questo sarebbe stato considerato, senza ombra di dubbio, "falsa
profezia" e la pena a tal riguardo è la morte per strangolamento. (5)
1) Cap. "Ein dorshim".
2) Come la decisione legale (psak), presa da R. Izhak Daltash,
stampata all'inizio dello Zohar. Questo è uno sbaglio che ha fatto
contrapponendo l'halachà dello Zohar a Mishnà, Talmud e Poskim;
non ci si può basare assolutamente su tale psak.
3) Come scrive Rambam, alla fine di "Hilchot
Meghilà".
4) Isaia 23:18 — La Ghemarà riferisce qui "Atik"
(letteralmente vecchio e perciò scelto o copertura scelta) ad "Atik
Yomin" nelle visioni di Daniele (capitoli 7 e 8), l'Antico dei Giorni
è interpretato "Mechasè" (letteralmente copritore) come
un indumento.
5) Come Rambam, introduzione a "Seder Zeraim"; un profeta
non apportare delle innovazioni.
27
Haim Vital,
invece, nel suo Etz Haim, osò trattare ed insegnare ciò che era
"in origine" e di spiegare i suoi "rashei prakim".
Tentò così di spiegare il motivo per il quale il mondo fu creato nel
suo momento e non prima, scrivendo: "prima della creazione del mondo, Dio
si occupò di creare i "mondi superiori"; ma non ebbe il tempo
sufficiente per concluderli per cui arrivò il momento di creare questo
mondo".
Dio, dunque,
non aveva il "tempo libero" per creare questo mondo, perché
era tutto preso a creare i mondi superiori e ciò certamente richiese
parecchio tempo! Vital non era cero a conoscenza di ciò che il Rambam,
alav ha shalom, scrisse alla fine del capitolo quindicesimo del Morè
Nevuhim: "Se volessi dire, per esempio, che Dio aveva creato molti mondi
prima <106> di
questo mondo ... e che ciascun mondo era rimasto in esistenza per molti anni,
tuttavia, quando paragoni questo evento con la Sua esistenza, che è
infinita (mentre i mondi creati sono limitati), potresti pensare che Dio abbia
creato il mondo ieri. Ma una volta che abbiamo stabilito che il principio di
esistenza avviene "ex nihilo" non c'è differenza se parli di
centinaia e migliaia di anni oppure se parli di un tempo recente".
Ma il testo
kabilistico "Oz I'Elohim" ha osato esprimersi in questi termini (1)
"Dal tempo che "Malka Kadisha" iniziò ad esistere, Egli
creò i mondi. Perciò ha risolto il problema del perché li
creò adesso e non prima, perché appunto li creò dopo che
iniziò ad esistere". —
Da queste
parole uno deve concludere che il Creatore è soltanto cinque giorni
più anziano del primo uomo! Dio ci liberi da tutte queste assurde
farneticazioni!
Mahary Zahary
nel nome di R. Saadya Gaon ha spiegato (2): "Anche se tu vedi
che i cieli sono estremamente immensi nelle loro dimensioni (come è
stato provato dai Maestri della geometria piana per i cieli e la terra),
tuttavia, non pensare che fu richiesto molto tempo per crearli,
"poiché Io li chiamo ed essi si formano". Questo significa che
l'atto della creazione avvenne nell'unità di tempo più breve
possibile, senza fatica e senza peso, senza sforzo alcuno, come è
scritto "Egli non si stanca, né si indebolisce e non v'è
limite alla sua comprensione". (3)
In Bereshit
Rabà (4), i Saggi chiesero quando vennero creati gli Angeli:
"R. Yohanan disse: "Nel secondo giorno" (della creazione) come
è scritto "Egli raffredda con acqua le camere superiori" e
subito dopo "E rende i Suoi Angeli venti". R. Hanina disse: "Nel
quinto giorno furono creati" come è scritto "E i volatili
voleranno (ye-ofef) sulla Terra" e così anche "E con due ali
ha volato (ye-ofef, riferendosi all'angelo)" — R. Luliani nel nome di R.
Yitzhak disse "Che sia valida l'opinione di R. Yohanan o quella di R.
Hanina, tuttavia, entrambi sono d'accordo sul fatto che gli Angeli non vennero
creati nel primo giorno, affinché nesuno sostenga che l'Angelo Michael
stava stendendo la parte meridionale del firmamento, l'Angelo Gabriel quella
settentrionale e Ha-Kadosh Baruch-Hu la stendeva al centro, bensì
è scritto "Io sono il Dio che opera il tutto, Io solo stendo i
cieli e stendo la terra, Io soltanto". Ed è scritto altresì
"Mi-itì" (chi è con Me?), cioè, nessuno partecipò
con Me all'atto della creazione del mondo (5).
In Yalkut
Tilim, sul verso "E fu sera, e fu mattina. Un giorno" (6),
spiega: <107>
"Il giorno del suo essere Unico nel mondo, perché non esisteva
alcun altro nel mondo, all'infuori dell'Onnipotente, come è detto
"Tu sei il Signore, Dio, Tu soltanto". Altra spiegazione fornita: —
"Poiché Tu sei grande e fai miracoli" (7) —
È consuetudine nel mondo che un re di carne e d'ossa venga onorato nel
suo paese con i suoi dignitari, dal momento che anch'essi condividono con il re
l'ònere del regno. Non così Ha-Kadosh Baruch-Hu, poiché
Egli da solo creò il mondo, Egli solamente viene onorato nel Suo mondo
ed Egli solamente viene esaltato e lodato nel mondo. R. Tanhuma disse:
"Poiché Tu Sei Grande e fai miracoli" questo perché
"Tu Sei Dio, Tu soltanto e Tu soltanto hai creato il mondo" (8).
—
1) Beit Kodesh Kodashim, cap. 31, pg. 67 — "se non ti soddisfa
la risposta del Behira (commento), vi risponderemo che dal tempo ...".
2) Bereshit — 7° argomento.
3) Isaia, 40, 28.
4) Cap. 1 e cap. 3, anche Yalkut Bereshit remez 5.
5) Similmente Rashi in cap. "Yom Tov shel Rosh
ha-Shanà" scrive che gli Angeli furono creati nel secondo giorno,
concordando con l'opinione di R. Yohanan. Anche S. Mizvot Gadol, introduzione
ai precetti positivi segue l'opinione di R. Yohanan.
6) "yom ehad" e non "yom rishon" (il primo
giorno). N. del tr.
7) Salmo 85, 10.
8) Ho visto che "Melamed ha-Talmidim", parashà
Yitrò, sostiene che gli Angeli furono creati prima del cielo e della
terra, ma questa è la sua opinione personale (riportata in Menorat
ha-Maor, cap. 93), è non in consonanza con quella dei Hachamim. In ogni
caso, non dobbiamo tirar per le lunghe una discussione su di una Aggadah che
non ha un'applicazione pratica. Il nostro scopo, in questo libro, consiste
nello spiegare la vera essenza dello Yihud-Ha-Shem, in accordo con la Santa
Torà e con la Kabalà dei Saggi, affinché uno possa avere
la giusta conoscenza di ciò che proclama due volte al giorno e
cioè "Ascolta Israele, l'Eterno è il nostro Dio, l'Eterno è
Uno". E il Signore mi aiuti ad esaudire questa aspirazione.
28
Questa,
prezioso lettore, è la vera Fede tramandata dai Saggi, che a loro volta
la ricevettero in origine da Mosè, per la quale Ha-Shem Baruch-Hu
è la Causa Prima. Egli solo creò il tutto senza essere aiutato da
creazione alcuna. Contro questa verità va l'autore filosofico dello
Zohar, che crede che una moltitudine di cause, loro stesse oggetti di
creazione, si aiutino a vicenda nella <108> creazione, ognuna
prendendo permesso dalla causa che la sovrasta. Così sarebbe possibile
affermare che Atik stende il firmamento nel Sud, Arich Anpin, lo stende al
Nord, Aba all'Est, Ema all'Ovest, Zeir Anpin e Nukve agli angoli e Adam Kadmon,
il più grande di tutti, lo stende al centro. Esattamente come un re
umano che viene onorato con i suoi dignitari affinché anch'essi ne
condividano l'ònere! Così si sono espressi il falso profeta dello
Zohar e il resto dei kabalisti, a riguardo dell'onore al Nostro Padre in Cielo,
in modo che tutti i partzufim da loro inventati, vengano onorati insieme a Lui!
Così adam kadmon, il maggiore tra loro, è onorato per aver detto
"Vedete, ora, che Io sono Dio, Io sono colui che fa morire e fa
rivivere" ecc. (non avendo altra causa dalla quale prendere permesso). Aba
viene onorato per aver detto "Sia la luce" e "Si raccolgano le
acque" ecc. Ema viene onorata per aver detto "Facciamo l'uomo".
Atik viene onorato per aver detto "Entro i suoi anni Egli lo fa
vivere" (1). Zeir Anpin ha il grande onore per aver detto
"Io sono il Signore, tuo Dio che ti ha fatto uscire dalla terra
d'Egitto" (2). E, infine, Malchut non è privata del suo
onore, poiché ha detto "Queste sono le "forze" (-elohim)
che hanno percosso l'Egitto". A dir loro, fu Malchut, con l'aiuto di
Binà (Ema) che riversò sugli Egiziani le piaghe.
E stato
sufficientemente espresso come i kabalisti, lodando i partzufim con l'onore
dovuto al Re dell'Universo, pensino che questi debbano condividerne anche
l'onere, Dio ci salvi e liberi da questa falsa credenza!
1) Spiegato nel Iorat Na'asé che si riferisce ad atika
kadisha.
2) Sefer ha-brit; vedi Nahalat Yosef p. 61-62.
29
Conosci
già, prezioso lettore, ciò che i Saggi dissero in Haghigà:
R. Yehuda nel nome di Rav disse: Ricordate quell'uomo con buon ricordo, il cui
nome è Hananyà b. Hizkiyà, perché se non fosse
stato per lui, il libro di Ezechiele sarebbe stato occultato dal momento che le
sue parole contraddicevano quelle della Torà. Cosa fece? Si fece portare
trecento ampolle di olio, si appartò nel suo abbaino e lo studiò
(il libro). Rashi: "contraddicono quelle della Torà" ad
esempio "Il cadavere di un <109> animale ed un animale impuro non devono essere
mangiati dai Sacerdoti" potevano dunque essere mangiati da Israele?
oppure, "Così farete nel settimo giorno del mese" ecc. dove
troviamo tale sacrificio menzionato nella Torà? Dobbiamo interpretare
questi versi, invece, come furono interpretati in Menahot, che siccome la
"melikà" (distacco della testa per mezzo di un'incisione nella
nuca) di un uccello fu permesso ai Sacerdoti nel caso di un sacrificio
espiatorio (hattat), fu necessario così ammonirli a non usare la
"melikà" per le macellazioni profane, ecc.
Giudicate da
ciò. Ezechiele fu considerato vero Profeta. Egli aveva già visto
la resurrezione dei morti nella vallata di Dora. Il suo libro è incluso
nelle Sacre Scritture e si fa obbligo salvarlo dal fuoco anche di Sabato.
Nonostante tutto ciò, i Hachamim cercarono di "occultarlo"
perché alcune parole sembravano contraddire la Torà, in merito ad
una proibizione (1). A maggior ragione si deve fare con lo Zohar,
che, in modo palese, contraddice la Torà scritta e la Tradizione orale
per ciò che riguarda una proibizione concernente l'idolatria, punibile
con la lapidazione e l'espiazione! Non solo, ma si fa beffa della Mishnà
e del Talmud laddove li definisce "kelipà" e "sela
ah'ra".
In
verità, è proibito leggere lo Zohar, dal momento che ci sono
Hachamim e uomini di sapienza che hanno già smascherato la sua
fraudolenza e il suo inganno e che sanno bene che la dottrina filosofica
contenuta contraddice quella della Torà, dei Saggi, dei Gaonim e dei
Poskim.
1) Vedi anche cap. ba-me-Madlikin, come i Saggi cercarono di
occultare Kohelet per lo stesso motivo e usavano leggere solo i Proverbi. Shir
ha-Shirim (il Cantico dei Cantici) e Kohelet (Ecclesiaste) furono infatti
esclusi fino a quando gli Uomini della Grande Assemblea non li spiegarono e
canonizzarono.
30
Meditate bene
le parole di R. Tam ibn Yehia, già citata (1), per le quali
la "Mishnà ed il Talmud sono la vera Kabalà, concordati in
ogni senso". Questo significa che non ci sono dubbi al riguardo. <110>
La nuova
kabalà, invece, non è degna d'affidamento per qualsiasi
"din" o "halachà" e, quanto di più, per
ciò che tratta l'Unità di Dio Onnipotente. Come spiega Rambam, la
domanda presente nella Mishnà "perché lo Shemà
precede ve-haià im shamoa?": Perché lo
"Shemà" contiene il comandamento dell'Yihud ha-Shem, insieme
all'Amore per Ha Shem e allo studio della Torà. Questo Yihud ha-Shem
è il Grande Principio sul quale tutto si basa. Ho già spiegato,
in precedenza, in che modo i Saggi fossero severi verso una qualsiasi parola
che potesse essere intesa come due poteri regnanti separati, a tal punto che
costrinsero il fedele a stare zitto. E così a cosa gioverà se uno
esprime che tutto è uno, dopo aver già espresso e considerato
molte cause, una sopra l'altra? È come se fossimo comandati a
pronunciare Uno con le nostre labbra, mentre coi nostri cuori considerassimo
più dei. Osserviamo, a tal proposito, quanto scrive la Grande Aquila, il
Rambam, nel suo Morè Nevuhim (2): "Sappi, pertanto, che
la fede (emunà) non è ciò che viene espresso a parole, ma
ciò che viene concepito nell'anima (ha-mezuiar ba-nefesh), cioè
quello che uno crede di aver veramente concepito. È sufficiente
considerare la persona che parla di opinioni vere o da lui ritenute tali, senza
per questo credere in ciò che dice, per capire che questa è una
cosa vana. Così, infatti, troverai molte persone stolte, che hanno delle
convinzioni, senza per questo poter dedurre da esse concezione alcuna ... se,
invece, il tuo cuore aspira ad elevarsi ad un livello superiore, nominato il
"livello di meditazione" (iyún)(3), potrai
constatare in te che Ha-Shem, Benedetto il Suo Nome in eterno, è Uno e
tale la sua vera Unità, per la quale non esiste alcun elemento correlato
e non esiste assolutamente nel tuo pensiero un concetto di suddivisione; devi
sapere che Dio non possiede alcuna qualità descrittiva, né forma
qualsiasi. Così come è impossibile che Egli sia materiale,
così è impossibile che Egli abbia qualsiasi attributo umano ...
pertanto, se una persona crede che Egli è Uno ma che possiede
qualità descrittive (4), a parole ha detto uno, ma nel suo
pensiero ne concepisce molte. Così è per i Cristiani, per i quali
Egli è Uno ma anche Trino e Trino è Uno. Così è per
la persona che afferma che Egli è Uno, ma possiede molte qualità
per cui Egli e le sue qualità sono un tutt'uno, se solo togliamo il
senso materiale e crediamo nella sua semplicità assoluta (5);
come se il nostro scopo e la nostra intenzione fossero ciò che dobbiamo
dire a parole e non già ciò che dobbiamo credere. Esiste,
infatti, una sola forma di vera fede quella che è simile a quella
concepita dall'intelletto; se,<111>
dunque, il fedele possiede una tale fede che sarà impossibile cambiare
in qualsiasi modo, non esisterà nel suo intelletto una ragione che la
rifiuti o la stimi tale da poter essere cambiata, solo così e a queste
condizioni sarà una fede vera ... Quando ci si spoglia dai desideri
fisici e dalle aspirazioni comuni e si arriva alla comprensione, per mezzo
della meditazione (iyun) (ciò che verrà trattato nei capitoli
seguenti) che riesce ad eliminare tutti gli attributi descrittivi, a quel punto
la verità verrà fuori per forza e si sarà in grado di
concepire lo Yihud ha-Shem, non come chi lo pronuncia con la sua bocca senza
capirne il vero significato. Di costui è scritto "Tu sei vicino
alle loro bocche ma lontano dai loro lombi (intenzioni)". Uno deve invece
concepire la Verità e capirla anche se non ne parla. Poiché
così hanno comandato i Distinti col verso "Pronunciatelo nei vostri
cuori sui vostri letti e zittite. Sela".
1) Vedi qui cap. 10.
2) cap. 50, della prima edizione del Morè Nevuhim.
3) A meditazione interiore oppure visione chiara di un concetto.
4) o attributo.
5) Spogliato di tutti gli attributi.
31
Da ciò
possiamo dedurre che tutti i nuovi kabalisti sono in errore, poiché
concepiscono e descrivono Ha-Shem con innumerevoli forme, attributi, linee, aspetti,
ognuno diverso dall'altro, uno superiore, uno inferiore e così via.
Tutto ciò malgrado la Kabalà dei Saggi, secondo la quale è
severamente proibito fare tali speculazioni o immaginare simili fantasticherie,
riguardanti ciò che è sopra, sotto, dentro e dietro. Quegli
stolti affermano che in principio Dio riempì il vuoto dell'Universo. Poi
si contrasse e si restrinse intorno ai lati e mutò forme per dare posto
e spazio in ogni mondo.
Così
scrive Vital (1) : "Dopo la contrazione viene a crearsi uno spazio
vuoto e un aere nel mezzo della luce dell'Infinito (ein sof), che dà
vita alle <112>
emanazioni, creazioni, formazioni e materializzazioni. Poi, dalla luce dell'Ein
Sof, una linea retta (kav), dalla luce della propria sfera esteriore (igul), si
espande verso il basso, discendendo fino all'interno dello spazio vuoto. Il
punto più elevato di quella linea deriva quindi dall'Ein Sof e lo tocca,
mentre la parte terminale della linea ne rimane staccata e non tocca l'Ein Sof
nella sua parte inferiore. Ed è in questo margine che Egli si
emanò, creò, formò e realizzò tutti i mondi. Questa
linea di luce può essere paragonata ad un sottile tubo, attraverso il
quale le acque della luce superiore dell'Ein Sof vengono fatte discendere su
tutti i mondi. E, secondo l'indagine dei kabalisti, esiste un inizio ed una
fine alle Sefirot. Questo perché la parte più alta della linea
tocca la luce dell'Ein Sof dal di sopra, mentre la parte terminale della linea
non si espande laddove l'Ein Sof circonda i mondi inferiori. Perciò
possiamo dire che c'è una testa, un'inizio (rosh) ed una fine (sof). Ma
se le due estremità avessero ricevuto entrambe la loro influenza
dall'Ein Sof, allora sarebbero state nella categoria di "testa",
equivalendosi tra loro; similmente, se l'Ein Sof si fosse esteso ai lati di
quello spazio vuoto, non ci sarebbe stato né sopra, né sotto,
né dentro, né dietro né i quattro punti cardinali. Siccome
però la luce dell'ein sof è fatta discendere tramite una linea ed
un sottile tubo, esiste, allora, sopra, sotto, dentro, dietro, a nord, a sud,
ad est ad ovest (2). La luce dell'Ein Sof scende sotto la forma di
una linea retta entro il vuoto (halal) che si espande di sotto molto lentamente
e diventa come una sfera tutt'intorno. Questa sfera non è però
legata all'Ein Sof che la circonda da tutti i lati, perché se lo fosse,
tornerebbe al suo stato originale e verrebbe annullata dalla luce dell'Ein Sof
stesso. Il suo potere non sarebbe riconoscibile e rimarrebbe soltanto la luce
dell'Ein Sof come era in origine (3). Cosicché questa sfera
è vicina all'ein sof ma ne è staccata, dato che l'emanazione
dall'Ein Sof avviene esclusivamente tramite la linea retta. L'Ein Sof circonda
la sfera ad una distanza pari da tutti i lati. È uno stato necessario
che la luce dell'Ein Sof, che risplende nelle emanazioni, si realizzi
esclusivamente tramite la linea, perché se la luce fosse stata fatta
discendere anche nella sfera, le emanazioni sarebbero nella categoria
dell'Emanatore, illimitate e immisurabili. D'altra parte, la linea è
estremamente fine, cosicché la luce che penetra nell'emanazione è
limitata. Per questo motivo, le emanazioni vengono chiamate le dieci
"midot" (4) oppure le dieci "sefirot" (5)
poiché hanno una misura e un numero fisso. Così, la prima sfera
(igul), che è più aderente all'Ein Sof, prende il nome <113> di
"keter" (corona) di adam kadmon. Dopo questa, la linea scende per un
altro tratto, diventa nuovamente circolare e questa sfera si compenetra in
quella precedente. Questa è la sfera della "hohmà"
(saggezza) di adam kadmon. La linea continua a scendere, diventa circolare e il
terzo "igul" che si compenetra nel secondo, viene nominato
binà (comprensione) di adam kadmon. Ciò continua fino alla decima
sfera, quelao di malhut (regno) di adam kadmon, ecc; è stato spiegato
come esistano molti tipi di mondi emanati, creati, formati e realizzati; tutti
questi mondi, migliaia di migliaia, sono posizionati in quel vuoto, che nulla
ha al suo esterno. Ogni mondo ha le sue dieci "sefirot", ed ogni
"sefirà" ha, a sua volta, dieci sefirot individuali in esso
incluse.
Ora spiegheremo
la seconda categoria delle dieci sefirot, quella di Yosher, che si presenta
nella sembianza di un'"uomo superiore" (adam elion). La stessa linea,
che si era espansa per dare forma alle sfere, assume poi una direzione diritta
(yosher), dall'alto verso il basso, dalla "testa del tetto superiore"
del cerchio superiore, fino al punto di chiusura in basso del termine di
compenetrazione delle dieci sfere. Ciò consiste di dieci sefirot appartenenti
al segreto di "immagine" (tzelem) di un uomo eretto con 248 membra,
ecc. È questa seconda categoria che viene chiamata "l'immagine di
Dio" e alla quale il verso allude quando dice "E Dio creò
l'uomo a Sua immagine". Quasi tutte le parole dello Zohar e dei Tikkunim
trattano questa categoria di "yosher".
Similmente
Vital spiega (6) come le dieci sefirot del mondo di atzilut non
siano né le prime, né le più elevate, ma che sono state
precedute da altri mondi di emanazione, creazione, formazione e
materializzazione. Data però la loro grande segretezza, lo Zohar e i
Tikkunim non ne vollero parlare, se non con qualche nascosta allusione. Vital
spiega altresì il livello al quale arrivano i "piedi" di adam
kadmon, di atik yomin, di arich anpin, di aba e di ema, di zeir anpin e di
nukve; egli definisce aba ed ema "corti": la misura della loro
statura va dalla gola all'ombelico di arich anpin (7).
1) Etz Haim, sha'ar igulim va-yosher, anaf
2.
2) Le sue parole non hanno senso. Forse ha giustificato un inizio e
una fine ma non in che modo dentro, dietro e i quattro punti cardinali siano da
esso derivati.
3) Sembra una contraddizione alle parole seguenti, per le quali
questa luce circondante fa da indumento alle sefirot. Perché allora non
aderisce alle sefirot stesse? Caso nel quale esse, con i loro indumenti,
diventerebbero una cosa sola e il recipiente verrebbe annullato e la luce
interiore e quella esteriore verrebbero mescolate del tutto.
4) Attribuiti, lett. qualità misurate. <114>
5) Interpreta "sefirà" da "mispar"
(numero).
6) Anaf 3, 4.
7) Spiegato similmente in sh'aar hakdamot in Kisei Eliahu e Mikdash
Melech, parashat Bereshit.
32
Da tutto
ciò è chiaramente spiegato in che modo le sefirot scesero e si
emanarono dall'Ein Sof tramite una linea sottile (kav dak). E così anche
per i livelli circolari (igulim) ed i livelli diretti (yosher). Secondo questa
concezione, il corpo delle sefirot, parimenti alla luce interna che è
presente nella loro essenza e alla luce esterna che le riveste, proviene da un
unico Ente, l'Ein Sof che si espande e discende. Come il Shushan Sodot esprime
chiaramente (1) : "Sappiate che le dieci sefirot non sono
oggetto di creazione, bensì si sono emanate dall'Essenza del Creatore e
non sono da Lui separate, poiché Egli si trova sempre in esse;
similmente alla lumaca la cui corazza fa parte del suo corpo, ecc. —
Ed il Ramaz
scrive (2): "I recipienti di atzilut sono nella categoria di
divinità (elohut)".
E il Mishnat
Hassidim (3): "L'intera atzilut, sia nelle sue luci che nei suoi
recipienti e indumenti si trova nella categoria di divinità assoluta
(elohut gamur), mentre i mondi di beriyà, yetzirà e assiyà
dal livello del loro ruah (spirito, binà — discernimento) non sono nella
categoria di divinità assoluta".
Precedentemente
(4), ho riportato la citazione dello Zohar che spiega come ciascuno
dei partzufim venga nominato la Causa delle Cause (il'at ha-il'ot),
giacché ognuno è la causa delle cause sottostanti; mentre adam
kadmon è nominato la causa di tutte le cause, poiché egli è
la prima causa di tutti i partzufim, ecc.
Ecco dunque la
risposta alle vostre parole, con le quali avete negato la verità,
scrivendo "Dio ci salvi che i kabalisti abbiano detto così! Al
contrario, <115>
essi hanno detto che uno non deve né credere né pensare che le
sefirot siano parte dell'Ein Sof, Benedetto Egli sia, essendosi evolute da
causa a causa, ecc.". Ma, ecco, le vostre parole sono in palese
contraddizione con lo Zohar, con Haim Vital, con Shushan Sodot, con Ramaz, col
Mishnat Hassidim, che spiegano come le sefirot si siano emanate dall'Ein Sof e
siano di natura divina. Persino voi concordate che tali parole siano blasfeme.
Ho anche mostrato prima in che modo lo Zohar chiama aba ed ema il Dio delle
Schiere (ha-Shem Tzevaot), mentre zeir anpin è figlio di aba ed ema.
Esso spiega come il servizio e la preghiera vadano dirette a zeir anpin. Tutti
i kabalisti sono d'accordo su ciò (5) e affermano che tutte
le lodi e le benedizioni vanno dirette esclusivamente a zeir anpin. Non
già all'ein sof o ad altri partzufim sopra a zeir anpin nel mondo di
atzilut, nè tanto meno ai partzufim sotto di esso nei mondi di
beriyà, yetzirà e assiyà. Ed anche quando affermano che
ciascuno di questi mondi contiene tutti i partzufim, che sono nel mondo di
atzilut, poiché furono creati dalla stessa materia, cioè
dall'essenza dell'ein sof (dalla quale furono fatti scendere ed evolvere
attraverso una linea sottile), ciò nonostante, essi non sono
"elohut gamur", tali cioè da essere pregati e invocati nel
momento del bisogno. Fu a proposito di tale credenza che i Saggi così si
espressero in Sanhedrin (6): "Dagli dèi delle nazioni
che vi circondano, quelli vicini a voi e quelli lontani". (domanda la
Ghemarà):"Che differenza fa se sono vicini o lontani?"
(risposta): Dalla natura di quelli che sono vicini puoi comprendere la natura
di quelli che sono lontani. Con ciò i Saggi hanno insegnato un metodo
per discernere le immagini degli idolatri : ossia, dalle caratteristiche di
quelli che sono vicini si possono conoscere le caratteristiche di quelli che
sono lontani.
Confrontate e
giudicate da ciò la natura dei partzufim. Dicono che in ognuno dei
quattro mondi sono presenti tutti i partzufim, ma, ciò nonostante, il
nostro servizio vada diretto soltanto a zeir anpin del mondo di atzilut. Nello
stesso modo in cui quelli a noi vicini nei mondi di creazione, formazione e
materializzazione sono privi di sostanza e non sono divini, così
dovrebbe essere anche per quelli lontani, cioè zeir anpin di atzilut che
non ha sostanza per cui non esiste Dio all'infuori di Ha-Shem Baruch-Hu
Benedetto sia il Suo Nome in eterno! Una volta constatato che tutti i nuovi
kabalisti concordano sul fatto che tutte le preghiere, le lodi e le benedizioni
sono dirette a zeir anpin diventa evidente che tutte le vostre lamentele nei
nostri riguardi e le vostre smentite sono il vano respiro di uno spirito in
frantumi, pari a colui che afferma che un uomo è donna o che <116> un pilastro di
marmo è d'oro.
Con la vostra
risposta vi siete comportati come lo stolto citato nella frase del Tanai (7)
per cui "ci sono sette qualità nel Saggio ed il contrario sono
nello stolto" e tra di esse è detto che "il Saggio chiede
secondo la legge e risponde in conformità alla materia trattata, ma chi
agisce in contrasto a ciò è un ignorante". Tale è il
vostro caso. Vi avevamo chiesto in modo appropriato e in conformità alla
legge "chi dobbiamo servire, secondo la nuova kabalà? Atik, arich
anpin, aba, ema, ecc." E voi avete risposto in modo offensivo, non pertinente
alla domanda e avete affermato che la vostra tradizione è così e
così...come se vi avessimo chiesto a riguardo della vostra tradizione?!
Poi vi siete
dilungati sui remazim (allusioni) e le ghematriot (combinazioni dei valori
numerici delle lettere) del libro Havot Yair, che non aveva inteso le parole di
suo padre e come aveva menzionato remazin che ognuno avrebbe potuto inventare
anche senza kabalà, come fece Rav Shemuel, che per dimostrare la sua
grande capacità nel combinare lettere e numeri scrisse in una sola notte,
da solo, senza kabalà, un libro, chiamato Koah ha-Shem, che è
zeppo di tzerufim (combinazioni di lettere), ghematriot e remazim. Così
continuate a citare remazin dall'autore del S. Menorat ha Ma'or. Però a
ciò che vi venne chiesto non avete risposto, né tanto meno
è scemata la debolezza delle vostre labbra. Giusto come la pochezza
dello stolto, menzionato in precedenza dal Tanai, che non seppe rispondere alla
domanda fattagli.
1) In Seder ha-Tefilà ed anche in Seder Sciva'at yemei ha
Pesah.
2) A fianco dello Zohar, Behar, p. 109.
3) Così anche è l'autore di Hechal ha-Berachà,
Vayikrà, in Otzar ha-haim, pag. 7.
4) Vedi qui, cap. 16.
5) Come sopra nel nome di Mikdash Melech, Rashab, Yosher Levav, S.
ha Brit, Etz Haim, S. ha-Likutim nel nome di Luria, Kissei Eliahu, Matzref
Emunà e Nahalat Yosef.
6) 61, B.
7) Ultimo cap. di Avot.
33
Vediamo, dunque, che i nuovi kabalisti hanno
descritto l'Ein Sof, spiegando <117>
come, dopo la contrazione, divenne "circondante" e simile ad
"una sfera vuota" nella quale ci sono milioni di mondi emanati dalla
sua essenza. Poi c'è un numero infinito di partzufim di yosher che si
espandono e si sviluppano dalla sua essenza, tramite una linea sottile. Essi si
espandono da adam kidma sopra il mondo di atzilut, fino alla fine dei partzufim
di tutti i mondi di emanazione, creazione, formazione e materializzazione.
Su di loro
cadono le parole del nostro Grande Maestro, il Rambam: "Perché Tu
sei vicino nelle loro bocche, ma lontano dai loro lombi". Con le loro
bocche dicono Uno ma i loro cuori e i pensieri della loro mente immaginano
tanti partzufim e tanti livelli. La loro fede non è dissimile da quella
delle altre nazioni (1) . I Cristiani dicono che Dio è trino
e tre sono uno. I kabalisti dicono che Dio è cinque nel mondo di atzilut
e che i cinque si ridividono in dodici e che tutto ciò è uno. I
kabalisti hanno paragonato Dio ad un uomo che ha 248 membra e 375 arterie e
vene e viene chiamato con un nome, Reuven, ad esempio; oppure Lo hanno
paragonato ad una casa, costruita con molti mattoni, con legno ed argilla,
avente molte stanze, ecc., ma pur sempre chiamata casa. Anche nella Prima
Causa, che loro chiamano Ein Sof, hanno trovato una molteplicità, come
scrisse Vital nel libro "Arba meot shekel kesef" (2):
"È giusto che sappiate che tutta l'esistenza dell'Ein Sof che noi
chiamiamo "Atik d'kol Atikin" (l'anziano di tutti gli anziani) ha lo
scopo e il proposito di svelarci un barlume della sua luce, che è
nascosta nella Corona (keter); è risaputo, infatti, che che l'Ein Sof si
cela nella Corona. Tuttavia, dovete sapere che esiste un altro Ein Sof che
è molto al di sopra di quello precedente, a tal punto che "nessun
pensiero lo può concepire" e "chi può esplorare la sua
profondità"? Perciò, in vari punti dello Zohar, troverete
vari differenti tipi di Ein Sof a tal punto che uno potrebbe mettere in
pericolo la sua vita se non avesse familiarità con le
"introduzioni" che gli permettono di nuotare indenne in questo grande
mare. E a proposito di questo Ein Sof inferiore, studiate lo Zohar in Edrat
Na'assè, poiché qui quando l'Ein Sof si trova nel "segreto
delle tre teste" assume il nome di "Atik d'kol Atikin". Tale
è il significato segreto dello Zohar quando dice "questo Atika
Kadisha è presente con tre teste". Ciò significa che la
parte essenziale di Atika Kadisha è l'Ein Sof, allorquando esso si
è ammantato nelle tre teste e solo allora le tre teste si chiamano atika
kadisha".
Ciò
significa che il riferimento e l'indirizzo della preghiera non deve essere
rivolto al primo Ein Sof estremamente profondo e circondante tutti i mondi.
Esso <118>
è talmente profondo e distante che nessun pensiero lo potrebbe mai
concepire. Tutte le preghiere devono essere rivolte a zeir anpin, che riceve
l'influsso da aba e da ema, così come dall'Ein Sof, che è
nascosto nella sua corona, affinché possa venirci svelato un barlume
della sua luce. L'Ein Sof precedente, però, non può essere
concepito da pensiero alcuno e se qualcuno non sa questo potrebbe eventualmente
sbagliare nell'indirizzargli la propria preghiera e, così facendo, rischiare
la vita, perché la sua preghiera non verrà esaudita e, peggio
ancora, sarà punito, come è spiegato nel Kissei Eliahu.
Tutto questo
è l'opposto di quanto avete scritto nel nome di Lehem Simlà.
Questo libro non è qui reperibile e pertanto non mi è dato
consultarlo, ma non escludo la possibilità che mi stiate ingannando con
una falsa interpretazione del suo autore, così come avete fatto con il
Kissei Eliahu. In ogni caso, le cose non stanno come voi dite, in quanto
c'è assoluta convergenza tra i kabalisti sul fatto che l'Ein Sof, che
è la Prima Causa, non è per niente collegato con le preghiere e
le benedizioni, per cui esse possono soltanto influire sull'Ein Sof, celato
nella corona. Perché non possiamo rivolgere le nostre preghiere all'Ein
Sof superiore che circonda tutta l'esistenza? Perché mai egli dovrebbe
adirarsi contro di noi se ci rivolgiamo a lui in preghiera? Perché
Mosè, l'uomo di Dio e il fedele della Sua Casa non ce lo ha fatto sapere
nella Torà scritta e nella Legge orale tramandato di bocca in bocca?
Anche i Profeti che si sono levati in Israele dai giorni di Mosè fino al
periodo di Malachi (l'ultimo dei profeti canonici), ci hanno messo in guardia:
"Ricordate la Legge di Mosè, Mio Servo, poiché ho comandato
in Horev leggi e statuti" (e non combinazioni e riparazioni d\ei mondi!).
Perché non ci hanno fatto conoscere tutto questo? Perché hanno
permesso a tutte quelle passate generazioni di essere le vittime della loro
innocenza, ignorando il Dio della loro salvezza? Sarebbe stato loro compito
informare il popolo che non è all'Altissimo ed Onnipotente Dio che
bisogna pregare, data la Sua grandezza e infinità, inconcepibili alla
mente umana. Avrebbero dovuto spiegarci che bisogna rivolgersi alla sua
manifestazione favorita, cioè all'impaziente zeir anpin, figlio di aba e
di ema, che ha già acquisito spessore ed è divenuto comprensibile
ai sensi (3).
La nostra
accusa è rafforzata dal fatto che ci sono molti tipi di ein sof e vari
partzufim e che ognuno agisce per se stesso. Questa è una credenza in
molti "poteri regnanti" nell'universo. <119>
1) Il Rivash nel nome di "uno dei filosofi". Ma ricordo
di aver letto nel S. Bet Yehudà che il Rivash, per timore di essere
perseguitato da coloro che amano il proprio onore, aveva attribuito ad altri quella
che era la sua propria opinione. Egli sosteneva che non avrebbe speso il suo
tempo nello studio della nuova kabalà, poiché la
"vecchia" Kabalà della Mishnà e del Talmud erano per
lui sufficienti.
2) Pag. 68.
3) Le parole succitate del Kissei Eliahu hanno lo scopo di
mostrarvi l'errore che avete commesso nel tentare di giustificare le sue
parole. Sarà sufficiente una brezza per spazzare via tutte le vostre
argomentazioni poiché chiara è l'opinione dell'autore, per la
quale bisogna pregare zeir anpin in unione con i partzufim sopra d'esso.
34
Comunque, con
tutta la vostra smoderata insolenza e vanagloria, e la vostra smania di rendere
pubblica alle moltitudini la Dimora del Re dei Re, Benedetto Egli sia, avete
dimenticato di dirci quale ein sof pregate. Non solo non avete risposto alla
nostra domanda, ma le vostre parole contraddicono il pensiero dello Zohar, dei
kabalisti e del Kissei Eliahu, che scrive chiaramente (1):
"Quando noi parliamo di benedizione (berachà) in congiunzione a
Lui, la nostra intenzione non è riferita all'Essenza dell'Unico, Dio ci
salvi, dal momento che Egli viene esaltato al di sopra di ogni
benedizione".
Ed il Sefer ha
Brit scrive (2): "Per quanto riguarda l'Ein Sof nella sua forma
più semplice, i filosofi (aristotelici) avevano ragione quando
affermavano che nessun servizio o preghiera Lo concerne, dal momento che in
questa categoria Egli viene elevato sopra ogni benedizione e lode, per cui sono
nullificate le Mitzvot e tutta la Torà". Dato che la kabalà che
voi menzionate contraddice lo Zohar e i kabalisti, l'unico termine che vi si
addice è "stolto". E allora perché con la vostra
calunnia e maldicenza conducete questa polemica contro chi studia la
Torà? Per quale motivo lo insultate? Forse perché non
"cinguetta" le parole dello Zohar come fate voi? O forse
perché si basa esclusivamente sulla Mishnà, sul Talmud e sui
Poskim? È soltanto per malafede che avete proclamato pubblicamente che
noi siamo "minim" e "kofrim", dal momento che ci rifiutiamo
di studiare lo Zohar e i Tikkunim! <120>
Dalle vostre
risposte, però, ci è ora chiaro che voi siete ignoranti della
letteratura ebraica e del Midrash e che non avete nessuna comprensione del
Talmud! E come scrisse R. ibn Tibbun (3): "Uno che crede di
essere saggio ma non possiede saggezza alcuna è simile all'asino che
gira continuamente intorno al pozzo ma rimane sempre allo stesso posto!".
Guai ai cattivi pastori, che con le loro menzogne fanno sbagliare il popolo,
mentre si vantano di essere saggi! La vostra saggezza consiste nel nuocere e
nel profanare il Nome di Ha-Shem Baruch-Hu e la Sacra Torà! E
così fate commercio con le dottrine della Verità la cui vostra
conoscenza è superficiale; il vostro vanto (di essere saggi) è
per voi "una pala con cui scavare" (4); scavare pozzi
infranti che non contengono una goccia di acqua! Come disse il Profeta (5):
"Così ha parlato l'Eterno contro i falsi profeti che fanno
sbagliare il Mio Popolo, che predicono pace solo quando gli si dà
qualcosa da mettere sotto i denti, mentre proclamano guerra contro chi non
mette loro nulla in bocca".
1) pag. 15.
2) Ma'amar bet.
3) Introduzione a Sha'ar 2 di Hovot nel nome di Mivhar ha-Pninim —
ivi trovi anche la citazione "non dire lo so su ciò che non sai,
affinché non sii sospettato anche in ciò che sai".
Così i Hachamim hanno detto "uno che è ignorante ma crede di
essere saggio è doppiamente solto".
4) "Kardom Lahpor bo" ( = una pala con cui scavare in
esso). Metafora usata per esprimere il guadagno che si può ricavare
dall'occuparsi di cose sacre; il riferimento è qui espresso per i molti
libri di kabalà che venivano venduti a prezzi molto alti; all'acquirente
veniva promesso di venire a conoscenza dei segreti occulti e di acquisire
santità così facendo.
5) Micha 3, 5.
35
Allontanati,
dunque, prezioso lettore, da queste credenze immaginarie e medita su quanto
scrisse in Massehet Hullin (1) il Rosh, di benedetta memoria, uno
dei pilastri dell'erudizione sulla quale si basa Israele: "Concludiamo
così affermando che qualsiasi opera aggiunta (toseftà), che non fu
conosciuta fino al termine della Ghemarà, non è degna di
affidamento, dal momento che i Hachamim volendo creare un'opera di
verità perenne,<121>
hanno esaminato ed indagato tutti i testi attribuiti ai Saggi, per essere
sicuri che fossero degni di affidamento". (2)
Se voi credete
veramente che tutte le nostre preghiere e il nostro servizio sono diretti alla
Causa Prima, il vero Dio che non ha principio al Suo principio, che ha redento
i nostri Padri dalla terra di Egitto, che svelò la Sua Gloria sul Sinai,
quando concesse loro la Torà, proclamando "Io sono il Signore
vostro Dio, non avete altri dèi all'infuori di Me", perché
allora insultate e offendete coloro che hanno la vostra stessa fede e che
studiano la Mishnà e il Talmud, giorno e notte? Perché li chiamate
"miscredenti" ed "eretici" mentre le vostre peccaminose
mani attribuiscono falsamente a R. Shimon bar Yochai lo scritto dello Zohar,
prodotto dalla mente idolatra di Moshè da Leon ?
Chi non
è in grado di intendere che il profeta mendace dello Zohar ha adottato
altre credenze, a noi estranee, come la trinità cristiana, mescolandole
con la Emunà della Torà, invertendo l'ordine delle nascite,
arrivando a credere che esista un padre, un figlio e uno spirito santo?
Osservate come lo Zohar e il Mikdash Melech hanno interpretato il verso
"Ascolta, Israele, l'Eterno è nostro Dio, l'Eterno è
uno". "Ascolta, Israele". R. Yeishà disse: Questo
è "Israel Saba"; R. Itzhak disse(3): la Ayin grande
(della parola shemà) rappresenta i settanta nomi che sono testimoni di
tutto (questo e il segreto di Binà che ha settanta nomi e Malchut li
riceve dalla Ayin). "Ascolta, Israele" come sta scritto
"Ascoltate, o cieli". Anche qui "Ascolta, Israele" è
lo stesso (zeir anpin). Ha-Shem (la prima menzione dell'Eterno) è il
Principio di tutto, nella luce di Atika Kadisha e viene nominato Padre (aba che
riceve dalla Yod di Arich), "Nostro Dio" (Elohenu) questo è la
"Valle Profonda" dalla quale sgorgano le sorgenti e i fiumi che
scendono al tutto (Ema). "Ha-Shem" (la seconda menzione dell'Eterno)
è il "Corpo dell'Albero" completo con le sue radici (Zeir
Anpin). "Uno" (ehad) questo è "Knesset Israel" (la
alef e la het sono le nuove Sefirot di Zeir, la Dalet è Malchut di Zeir)
e tutto è una cosa completa, ciascuno legato con l'altro, in modo che
non esiste separazione alcuna".
Lo Zohar
considera i tre nomi menzionati come tre "partzufim" distinti:
Ha-Shem-aba, Elohenu-ema, Ha-Shem-zeir anpin. La parola "ehad" (uno) include
zeir anpin e nukve, uno ed inseparabile, e i cinque partzufim come uno. Questa
interpretazione segue la dottrina espressa in Bereshit, dove considera
l'Essenza del Creatore aba, l'artigiano ema, zeir anpin il figlio (di aba ed
ema). I Cristiani, d'altronde, considerano l'essenza del Creatore, arich, che
chiamano <122>
Padre, la sefirà di hochmà (saggezza) il Figlio e la
sefirà di binà (ema) lo spirito santo (4).
Chi dunque
è abbastanza saggio per intendere e spiegarmi la differenza tra coloro
che credono nella Trinità e quella dei nuovi kabalisti che credono in
cinque o dodici emanazioni?
1) Perek ha-Shohet, portato in Mavò ha-Talmud.
2) Vedi qui cap. 9 e 10 in cui R. Saadya Gaon concorda col Rosh
così come con il Rambam.
3) La lettera ayin equivale al numero 70. La ayin di
"Shemà" è tradizionalmente scritta grande.
4) Questo è lo "Spirito della Vita" riferito nello
Zohar a Elohim Haim (il Dio vivente).
36
In Pirkei Avot (1)
è scritto: "Tutto è visto, il permesso è stato
dato" ecc. Rambam spiega: "Tutto ciò che esiste è noto
al Creatore e da Lui percepito sia per il passato che per il futuro. Non devi
però considerare che, sapendo il Creatore ciò che un individuo
farà, sia questi costretto nelle sue azioni a comportarsi bene o male.
Poiché gli è stata data la facoltà di scegliere fra il
bene o il male; non v'è alcunché che lo costringe in qualche
modo". Alla fine degli Otto Capitoli, Rambam scrive: "Il sapere di
Ha-Shem, benedetto Egli Sia, (noi usiamo il termine "sapere" nel
senso a noi percepibile) è soltanto in associazione all'idea di
conoscenza. Ma nello stesso modo in cui non abbiamo la capacità di
sapere e di conoscere la Sua vera Essenza, come è scritto "Anche se
indaghi su Dio, Lo troverai? Anche fino all'estremità di Shaddai, potrai
concepirLo?", alla stessa stregua non abbiamo la capacità di
concepire la Sua Conoscenza. Poiché Egli e la Sua conoscenza sono
un'unica cosa, mentre nell'uomo Egli e la Sua conoscenza sono due cose
distinte, come sta scritto "Poiché i miei pensieri non sono simili
ai vostri pensieri" (2).
L'argomento qui
esaminato spiega come Dio non sia limitato nel tempo, <123> poiché il tempo stesso
è stato da Lui creato ed Egli ne conosce la realtà,
passato-presente-futuro. Niente è a Lui celato, come gli Uomini della
Grande Assemblea stabilirono nel Mussaf di Rosh Ha-Shanà, "Egli
scruta e osserva fino alla fine di tutte le generazioni". Questo significa
che passato, presente, futuro sono per Lui intelliggibili. Benedetto Egli Sia.
Perciò i Saggi parlarono di ciò usando i termini
"scrutare" e "osservare" invece di "conoscere"
per insegnarci, appunto, che tutto è ordinato, sistemato e noto a Lui e
che, per così dire, Egli lo osserva. Del resto, la concisa affermazione
di Rambam, per la quale non possiamo intendere la Sua vera Conoscenzaa, intende
farci capire che l'uomo può percepire soltanto il presente, non il
futuro.
1) 3:19.
2) Vedi anche Hilchot Teshuvà, cap. 5, oppure Morè
Nevuchim, 20; anche Sa'adya Gaon in "Ha-Emunot ve ha-Deot", ma'amar
4, vedi Tosafot Yom Tov, che spiega a lungo questa Mishnà.
37
Dopo che avete
considerato i capitoli precedenti, vi dimostrerò ora, con l'aiuto di
Dio, come i nuovi kabalisti abbiano minimizzato la "conoscenza" di
Ha-Shem Baruch-Hu per ciò che concerne il futuro e in che modo abbiano rimosso
la Provvidenza (Hashgahà) dell'Altissimo Re dell'Universo per
trasferirla unicamente su zeir anpin. Essi hanno affermato che non c'è
distinzione tra bene e male per i partzufim superiori, cioè aba, ema,
arich, atik, adam kadmon, e così anche per l'ein sof. Il fattore del
bene è simile al fattore del male. I giusti sono come i malvagi. La
questione viene trattata nel libro "Arba meot shekel kesef" di Vital (1)
: "Il famoso e santo kabalista R. Abraham Munzuz, della città di
Tapinal, pose questa domanda all'Ari, di santa memoria. Ho una domanda
difficile da fare: abbiamo studiato nei libri della Kabalà e nello
Zohar, nel S. ha-Madà e nel S. ha-Kanè, che quando Dio si accinge
a creare, nel mondo di berià, non sa, ma quando Egli è nel mondo
di emanazione (atzilut), sa. Questo significa forse che la prescienza di Dio
implichi la costrizione all'azione delle persone ed è reperibile nel
mondo di atzilut? Se così fosse, questo sarebbe in contrasto con la
concezione dei Saggi, per ciò che riguarda il verso "E Dio disse a
Mosè: Parla ai Cohanim, i figli di Aharon" ecc. <124> (Mosè
domandò a Dio): "Il primo Re che si leverà in Israele
morirà di spada?" Dio gli rispose: "Perché lo chiedi a
Me? Chiedilo ai Cohanim, figli di Aharon, dato che egli (Saul) ucciderà
tutti nella città di Nob, la città dei Cohanim". Significa
forse (chiede Manzuz) che Saul fu costretto ad agire dalla prescienza di Dio,
poiché, in ogni caso, nel mondo di berià o di atzilut veniamo
costretti ad agire?. (Riprende Vital): Il mio Maestro, Ari, di santa memoria,
gli rispose così: "E’ pur vero che in atzilut c'è la
preveggenza, però l'individuo può agire come vuole, come sta
scritto: "Ecco, Ho dato a voi in questo giorno la vita e il bene, la morte
e il male e sceglierete la vita, affinché possiate vivere voi e la
vostra discendenza". Pertanto, da una parte, c'è la coazione di
Saul, dall'altra, nel verso "sceglierete la vita" c'è la prova
che esiste il libero arbitrio". Ed anche i Saggi dissero: "Il male
non scende dal cielo". Ciò è dovuto al fatto che sopra, nel
mondo di atzilut, tutto è nella sua forma più semplice e la
conoscenza di Dio non scende per costringere la persona ad agire. Poiché
qui non c'è né ricompensa, né punizione, né libero
arbitrio, né volontà". Questo è il segreto del verso
"Non è Esaù fratello di Giacobbe, parola dell'Eterno? Ed
Egli amò Giacobbe". Sta forse affermando il Signore che Esaù
è come Giacobbe? La Torà ha già dato prova che Giacobbe fu
di cuore puro e "risiede nelle tende", mentre Esaù praticava
l'idolatria. Il primo era Tzadik (giusto) mentre il secondo era rashà
(malvagio). E poiché Dio sceglie i Giusti, cosa significa "ed Egli
amò Giacobbe"? Questo vuol dire che, sopra, nel mondo di atzilut,
Giacobbe ed Esaù sono considerati alla stessa stregua, perché qui
non esiste ricompensa né punizione". Questo è il segreto del
verso "Non è Esaù fratello di Giacobbe, parola
dell'Eterno?". Questa Parola dell'Eterno (neum ha-Shem) è atika
kadisha. Come viene spiegato in Edrà: "Perciò il verso
significa "devi ascoltare la Mia voce a ricevere il Mio Regno,
perché ho scelto Giacobbe, anche se Egli è simile ad
Esaù". Anche se dicessimo che la preveggenza è coercitiva,
non ci sarebbe bisogno della Torà e delle mitzvot, perché tutte
le azioni della persona sarebbero di necessità, come chiarisce
l'affermazione di R. Hania b. Hakashia "Ha-Kadosh Baruch-Hu voleva dar
merito ad Israele, per cui concesse loro Torà e mitzvot". Se
però la Sua conoscenza di sopra è di necessità, non ci
sarebbe bisogno né di Torà né di mitzvot. Ciò
significa, allora, che, sopra, nel mondo di atzilut c'è la preveggenza,
però la coercizione a fare le cattive azioni non scende di sotto; rimane
di sopra e la persona ha la libera facoltà di agire come vuole.
Perciò la Torà ci ha ordinato di osservare le mitzvot e di aderire
alla Torà, perché, così facendo, portiamo il bene su noi
stessi, dal momento che il <125>
male non scende da solo, dal di sopra, se non che la persona lo trascina su di
sé. Con tutto ciò, possiamo comprendere l'affermazione per la quale,
prima di scendere nel mondo, Dio fa firmare all'anima "Sii giusto e non
essere malvagio". Se noi dicessimo che tutto è già previsto
si tratterebbe di un falso giuramento, perché Dio sa che la persona tale
peccherebbe, una volta che è al mondo. Tale affermazione, come tante
altre, dimostra che nel momento della Creazione, Egli non ha la preveggenza.
Diciamo quindi che la conoscenza nel mondo di atzilut è
"semplice" e non influisce sul libero arbitrio dell'uomo, sul quale
è scritto "è simile al suo Padrone, poiché ha libera
scelta"; e così il verso "poiché è Giacobbe che
Egli ha scelto, ed Israele per la sua virtù speciale". Egli associa
anche Israele con Se Stesso come è scritto "Santi siate
poiché Santo sono Io, vostro Dio" oppure "Ed Egli li chiama miei
fratelli, miei amati, miei figli" (2).
1) pag. 91 b.
2) Levitico, 19. 2.
38
Ora, prezioso
lettore, presta attenzione e intendi in che modo i nuovi kabalisti abbiano
falsato la conoscenza di Colui che scruta e osserva fino alla fine di tutte le generazioni,
e conosce in anticipo ciò che avverrà in futuro. Questi stolti
hanno paragonato la Sua conoscenza a quella umana, andando contro, così
facendo, all'insegnamento dei nostri Padri e Saggi di benedetta memoria, degli
Uomini della Grande Assemblea, che stabilirono e ordinarono le nostre preghiere
e benedizioni; i kabalisti negano ciò che disse il grande Tanai (Pirkei
Avot 3, 15): "Tutto è previsto (passato, presente, futuro) ma la
facoltà di scegliere viene data " e ciò che insegnarono R.
Sa'adya Gaon, nel suo S. ha-Emunot ve ha-Deot, e il Rambam nel S.
Ha-Madà, nel suo commento alla Mishnà e così anche nel
Morè Nevuhim.
La conoscenza
del Dio dei kabalisti è ambigua, dal momento che un individuo, che
possiede il libero arbitrio, potrebbe scegliere il contrario di ciò che
l'Onnisciente sa. E il fatto di aver paragonato la Sua conoscenza alla loro,
Dio ci salvi, che li ha portati all'errore! Non hanno fatto proprie le parole
del Profeta "poiché i Miei pensieri non sono come i vostri".
Non solo, ma hanno rimosso dalla Causa Prima la Sua Provvidenza su tutte le
creazioni inferiori! Essi hanno osato pronunciare "Dio conosce il futuro
perché non c'è la conoscenza in alto". <126> In alto, non ci
sarebbe differenza tra il giusto e il malvagio, Giacobbe è pari a
Esaù e chi fa il bene è simile a chi fa il male! A loro dire, la
Provvidenza appartiene solo a zeir anpin! È lui che giudica, che
retribuisce l'individuo, a seconda delle sue azioni, come viene esposto
nell'Edrà: "A proposito di zeir anpin, sta scritto:
"Poiché il Signore è il Dio di ogni conoscenza (El Deot
ha-Shem) (1) e in Lui viene annoverato tutto ciò che
accade"; (2) perché esso (zeír) è di due
tipi: il primo dice "Tutti gli avvenimenti sono annoverati (nella forma al
plurale), ma per quel che riguarda atika kadisha s'tima non vengono annoverati.
Perché dunque sono annoverati da zeir? Perché ha ricevuto due
porzioni..." Il Rashab spiega che questa è anche l'opinione dello
Zohar, in parashat Balak, in cui è scritto "Diede il suo potere
regnante a lui (zeir anpin) su tutte le creature, affinché queste lo
servissero, poiché fu lui che venne incoronato con la severità
(dina) e la misericordia (rahamè); chi merita severità la riceve,
chi merita misericordia, altrettanto".
Da ciò
si deduce che lo Zohar e i kabalisti credono che le emanazioni superiori non
tengono in considerazione le creazioni inferiori. Quanto di più quando
si tratta della Causa Prima. Solo in zeir anpin tutti gli avvenimenti sono
annoverati, ma, al di sopra di esso, gli eventi sottostanti non vengono presi
in considerazione!
1) Letteralmente, il Dio delle Conoscenze (al plurale) è
Ha-Shem. Lo Zohar interpreta questo plurale come due tipi di attributi,
cioè severità e misericordia.
2) Samuele 1, 2:3.
39
Fu su questo
fondamento inconsistente che l'autore dello Zohar (1) edificò
un castello di storielle, secondo cui R. Shimon b. Yohai, nei suoi ultimi
giorni, scelse di venir giudicato da atika kadiska, e non da zeir anpin,
nominato anche "bet din" ( = tribunale): "Allorquando R. Shimon
b. Yohai si ammalò, si presentarono a lui R. Pinhas, <127> R. Hiya, R. Aba,
che gli dissero: "Chi è presente nell'aldilà?". Rispose
loro: "Non è il Tribunale Superiore (zeir anpin) che è in
procinto di giudicare la mia persona, poiché io vedo che non mi consegneranno
all'Angelo e ai Giudici Superiori, dal momento che io non sono simile agli
altri uomini. Invece è Ha-Kadosh Baruch-Hu che mi giudicherà,
senza l'attributo di severità. Ciò è come disse Davide:
"Giudicami Dio e perora per me". Anche Salomone disse: "Esegue
il giudizio del Suo servo". Egli solo e nessun altro. Poiché
abbiamo studiato che quando una persona giace malata al suo capezzale, il
Tribunale Superiore esamina il suo caso. I difensori che perorano la sua causa
elencano i suoi meriti, mentre gli accusatori giudicano con severità ed
elencano i suoi peccati. Il giudizio finale, però, non è come uno
si aspetta. Chi, però, viene giudicato dall'Alto Re, che su tutto regna,
riceve solo il bene, perché da quel giudizio non si esce assolti nel
bene. Per quale motivo? Perché le forze dell'Alto Re tendono
costantemente verso il merito e questo è interamente il "Lato della
Fede" (Tzad d'emunà). Ed Egli può respingere i peccati e le
maledizioni, come sta scritto "Poiché con Te è il perdono,
sì che Tu possa essere temuto". Con Te e con nessun'altro.
Perciò prego l'Onnipotente affinché sia il mio Giudice si che
possa entrare per i tredici "Portoni" dell'aldilà".
L'Autore
afferma così che R. Shimon b. Yohai scelse di essere giudicato da atika
kadisha, che essi nominano anche "rav'av de' ra'vavin" (la
volontà delle volontà), il quale è Misericordioso, tende
al perdono e giudica a secondo dei desideri della persona e non tiene in
considerazione le azioni sottostanti, siano esse buone o cattive, Giacobbe
è simile ad Esaù. Nessuno lascia il suo giudizio se non in uno
stato di merito. Non così zeir anpin, nominato Bet Din, che non giudica
a seconda dell'opinione espressa dal Giudice. Chi è degno di
severità viene punito, chi è degno di misericordia viene assolto.
C'è forse una credenza in molti "poteri regnanti" (reshuiot)
maggiore di questa?!
1) Zohar Hadash, riportato alla fine dello Zohar, nell'appendice.
40
L'autore dello
Zohar ha dimenticato una mishnà intera in Avot (4, 22) : <128> "Conoscere,
far conoscere e capire che Egli è Dio, Egli è il Creatore, Egli
è il Fattore, Egli è l'Intenditore, Egli è il Giudice, ora
e in futuro, Benedetto Egli sia, alla cui presenza non c'è né
inganno, né dimenticanza, né favoritismo, né
corruzione".
Similmente i
Saggi dissero (1): "Chiunque afferma che il Signore tende a
lasciar correre nel giudizio, possano sciogliersi le sue viscere; Egli è
comunque longanime prima di giudicare". Ed è anche scritto che
Ha-Kadosh Baruch-Hu è scrupoloso nel giudicare i Suoi pii come lo
spessore di un pelo". E nel Talmud gerosolimitano (Shavuot 39) è
scritto: "Egli perdona la colpa di coloro che si pentono, ma non di coloro
che non tornano a Lui". È contro le nuove false credenze,
così contrarie alla Sacra Torà, che R. Tam ibn Yihia (2)
si espresse, quando affermò che coloro che si occupano di questa nuova
kabalà demoliscono le pietre angolari della Torà, abbattendone i
suoi pilastri. Le sue parole vanno riferite anche a ciò che venne
scritto nei nome di Yitzhak Luria (3), per cui non bisogna recitare
l'Yigdal Elohim Hai (Glorificato sia il Dio vivente (4)). A
spiegazione di tale divieto, viene addotto il fatto che costoro credono che
nessun servizio, preghiera e lode debbano essere attribuiti a Dio quale Causa
Prima, dal momento che è del tutto privo di qualsiasi forma o sostanza.
Questa convinzione origina dai pagani che credevano che l'Onnipotente fosse
trascendente e quindi al disopra anche delle lodi e delle benedizioni; Egli,
nella sua infinita grandezza, è indifferente a lodi, culti e preghiere.
A loro dire, anche quando si emana nelle sefirot degli innumerevoli mondi,
sopra il mondo di atzilut, queste sono troppo "sottili" e
"spirituali" per poter essere concepite o percepite. Anche adam
kadmon di atzilut, come pure atik yomin, arich anpin, aba ed ema non possono
essere serviti o pregati, a causa della loro "sottilezza" e
"segretezza". Solamente l'ultimo partzuf di atzilut, zeir anpin (e
nukve), può essere servito e pregato perché ha già
acquisito un minimo di "densità". Osservate ora la spiegazione
di Sefer ha-Brit: "A proposito di ciò, fratello mio, devi sapere
che la nostra fede è diversa da quella dei filosofi (metafisici) e degli
Ismaeliti per ciò che riguarda l'Unità del Creatore. Essi,
infatti, non hanno conoscenza alcuna del glorificato e meraviglioso
Tetragramma. Essi credono soltanto in quell'Esistenza Necessaria <129> nella sua forma
più semplice, di principio precedente la Creazione. La nostra fede,
invece, è incomprensibile a qualsiasi altro e ad essa non si può
neppure accennare. A riguardo di questa categoria di fede, però, i
filosofi intuirono, a ragione, che nessun servizio o preghiera la possa
concernere, poiché essa trascende ogni benedizione o lode. Come spiega
R. Meir Gabai "Tutta la Torà e tutte le Mitzvot non hanno qui alcuna
corrispondenza". "Colui che, però, medita bene, capirà,
indubbiamente, che qui non c'è posto per tutto questo servizio, se non
tramite le Sefirot". "Non così il popolo del Dio di Abramo,
che crede nella Sua Esistenza Necessaria, come essa viene a vestirsi dei suoi
attributi. Questo è il segreto del Tetragramma, nella categoria del
"dopo la creazione", "percepito" dalla Casa di Giacobbe.
Esso fu rivelato a Mosè sul monte Sinai, ci trasse dalla terra d'Egitto,
diede la Torà ai nostri padri, la generazione del deserto, "faccia
a faccia". Ed è a questa categoria che bisogna rivolgere i nostri
servizi, i nostri sacrifici, le nostre preghiere e tutte le mitzvot menzionate
nella Torà. Fu questo glorificato e meraviglioso Nome, Ha-Shem Eloheha
(zeir anpin) che Mosè ci esortò a temere".
Similmente
Vital, nel suo Etz Haim (5) spiega: "La luce che scende da Adam
Kadmon è estremamente pura; tuttavia, durante la sua discesa ed il suo
allontanamento dalla fonte, acquista sempre più densità. Ecco spiegato
in che modo: La luce che scende dall'orecchio è estremamente pura ma
quando viene aspirata nel naso, ne esce con una certa densità. Via via
acquisisce densità e materialità, dopo esser uscita dalla sua
sorgente. Quindi viene fatta scendere fino alla bocca e, una volta uscita da
essa, aumenta di nuova densità" (6). La ragione per la
quale servizio e preghiera si addicono soltanto ad un Dio che è
percepibile e possiede una certa densità è perché
l'individuo può immaginarlo in una forma organica e materializzata.
L'ein sof, però, oppure adam kidma e adam kadmon e persino atik ed
arich, che non hanno raggiunto densità e non si sono ancora
concretizzati, non possono essere associati a servizio alcuno. Non sono,
cioè, abbastanza, densi o materiali per essere rappresentati e
immaginati nel pensiero. Cosicché tutto il nostro servizio è
rivolto a questo "piccolo naso" di zeir anpin che, a detta dei
kabalisti, è il nostro Dio (Dio ci salvi), e tale si manifestò a
Mosè nel roveto ardente ed ai nostri padri sul Sinai! Tali stolti hanno
dimenticato che la Torà esprime chiaramente che fu un angelo che apparve
nel roveto, come è scritto (Esodo, 3, 2): "E gli apparve un angelo
di Dio in una fiamma di fuoco all'interno del roveto". E per quanto
riguarda il Sinai è scritto (Deut. 4, 15): "Poiché <130> non vedeste
immagine alcuna il giorno in cui Dio parlò con voi". Non videro
dunque un'immagine "percettibile" con 248 membra e 365 vene ed
arterie, come, farneticando, essi affermano! Simile è la spiegazione
dell'Oz l'Elohim (7): "Chiunque creda che l'ein sof sia la
divinità essenziale è un miscredente. Su di loro tuonò il
Profeta Isaia (29, 15): "Guai a coloro che si immergono nelle
profondità di Ha-Shem e distruggono il buon consiglio". Costoro
sostengono che la divinità essenziale (elohut) è il Tetragramma,
per cui ciò che possiede un nome e delle lettere possiede anche una
statura misurabile (shiur komà). Ma noi diciamo invece che il nome di
una cosa è anche il suo limite. Così, ad esempio, il nome di una
persona si riferisce alla persona stessa, dal momento che la limita. Tutti i
nomi associati all'uomo gli appartengono, mentre i kabalisti credono
erroneamente che la divinità essenziale sia l'ein sof". Da
ciò vediamo come l'Oz l'Elohim sia in disaccordo con Vital e gli altri
kabalisti, i quali ritengono che Tiferet (lo Splendore) sia zeir anpin nel suo
attributo "nostro Dio". L'autore di Oz l'Elohim è invece
convinto che il nostro servizio e le nostre preghiere vadano a "malka
kadisha d'kol kadishin" (il Santo Re di tutti i Re) che splende nel cuore
di zeir anpin (8). Così scrive (9): "In
qualsiasi caso, non è come tu dici che tiferet è la
divinità essenziale. Se così fosse, perché dovremmo
servire tiferet che riceve da aba e da ema? Perché non servire arich
anpin o keter, che sono sopra di lui? Se, d'altronde, affermi che la
divinità essenziale è l'ein sof, come è possibile dire
"Benedetto sii Tu, o Signore" ecc. Da chi riceve la benedizione o
l'influsso?". Discorrendo a lungo, il S. ha-Brit (10) scrive,
nel nome di molti kabalisti: "Chi crede di servire l'Altissimo, che
è al di sopra di tutte le altezze ed è immutato dalla Creazione,
per associarlo o combinarlo con le sue emanazioni ed evoluzioni, è in
errore sul principio generale e nega l'essenziale, glorioso e meraviglioso Nome
e "Dio cancellerà il suo nome da sotto i cieli".
1) Talmud Yerushalmì, shekalim, 65.
2) Vedi qui, cap. 10.
3) S. Mahberet ha-Kodesh, p. 28 b; S. Hemdat yomin e cap. 6 di
Tikkunei Shabat.
4) Sia esaltato il Dio vivente e glorificato
Egli esiste e
non v'è tempo alla Sua Esistenza
Egli è
Unico, la Sua Unità non ha pari <131>
Incomprensibile
e Infinito nella Sua Unità
Non ha forma
alcuna, né corpo
Nulla
può paragonarsi alla Sua Santità
Anteriore ad
ogni cosa creata
Egli è
il Primo e non c'è inizio al Suo inizio, ecc.
5) Sha'ar ta'amim, nekudot, raghin, otiot,
fine prk. 2.
6) Così anche Sha'ar ha-nekudim che scrive che quanto
più la luce scende tanto più diventa "riconoscibile",
"percepibile" e "rivelata".
7) Beit kodesh ha-Kodoshim p. 26.
8) Prk. 19 p. 59.
9) Pag. 26.
10)
Ma'amar 20, prk. 15.
41
Vedi dunque,
prezioso lettore, che i loro cuori si sono colmati di cattive intenzioni
perché si sono espressi contro i Saggi d'Israele e hanno estirpato le
quattro fondamenta della Sacra Torà, pronunciate nel "Yigdal"
(1). Il S. Hemdat Yomin, ne spiega il motivo: (2) "Dopo aver dato prova in
"va-ichulù" (3) del costante rinnovamento del mondo, è
diventata consuetudine recitare di sabato il "piut" (composizione
liturgica) "Yigdal Elohim Hai". È bene recitarlo con
intenzione a casa propria. E sebbene si sappia che l'Ari (Yitzhak Luria) si
rifiutò di recitarlo, tuttavia, lo faceva solo con i primi quattro
principi, che non concordano con la "vera via". Lo Zohar, infatti, in
parashat terumà, permette che si reciti soltanto ciò che è
vera kabalà. "È permesso recitare tale piut da
"Hinò Adon Olam lechol notzar" (Padrone dell'Universo di ogni
cosa creata) in avanti". Questa spiegazione è molto chiara. I primi
quattro principi dell'Yigdal Elohim Hai non sono considerati da loro vera
kabalà. Capite dunque come R. Tam ibn Yihie avesse ragione quando
affermò che costoro distruggono i recinti della Torà e finiscono
col rinnegarla. A loro dire, la Kabalà dei Saggi, valida per tutto
Israele, non solo è di secondaria importanza, ma persino falsa, Dio ci
salvi! Essi pervennero a questa considerazione poiché videro che
Hachamim, quali R. Sa'adya Gaon, il Rambam, Yehudà ha-Levi, R. Behiye
(in Hovot ha-levavot) <132>
si rifacevano spesso alle parole dei filosofi, per riportare prove valide sulla
verità dell'Unità di Dio, e, così facendo, chiudevano la
bocca ai miscredenti, che criticavano la Sacra Torà. Sbagliavano a
pensare che, siccome tali prove si basavano sulle parole dei filosofi, non
fossero allora vera Kabalà. Le nuove idee dell'autore filosofico dello
Zohar, invece, espresse nella sua esegesi (usando il metodo del
"significato esteso" per il senso letterale di ogni termine, per cui
"la mano di Dio", "gli occhi di Dio" ecc. vanno intesi
prima letteralmente e dopo a livello metafisico) furono falsamente attribuite a
R. Shimon b. Yohai ed ad altri Tanaim ed Amoraim vissuti in periodi posteriori
e accettate come vera Kabalà. Fu per questo motivo che si rifiutarono di
recitare l'Yigadal Elohim Hai. convinti che il servizio e la preghiera debbano
essere rivolti solamente a zeir anpin. Prima della creazione, però, zeir
anpin non esisteva ancora; per questo l'Ari si rifiutava di leggere le prime
quattro frasi. Infatti, come avrebbe potuto affermare "Egli esiste ma non c'è
tempo alla Sua esistenza" se zeir anpin aveva un tempo definito alla sua
esistenza, cioè dopo la creazione e non prima, oppure da Abramo in poi
(essi affermano (4) che fino ad Abramo, zeir anpin non si era ancora stabilito
fissamente, per cui non era logico servire un dio ancora mancante). Luria,
dunque, avrebbe espresso una vana lode se avesse pronunciato "Egli esiste
e non c'è tempo alla Sua esistenza", poiché zeir anpin prima
non esisteva e non era ancora degno di essere servito o lodato. Cosi anche lo
infastidiva proclamare "Egli è Uno e non c'è unità
alcuna pari alla Sua", che non era da lui considerato articolo di fede.
Abbiamo già riportato, in precedenza, l'esempio (usato spesso dai nuovi
kabalisti) di una casa a più stanze, costruita con legno, pietre,
sabbia, calce ecc. in cui il costruttore è colui che nella sua saggezza
li amalgama insieme, per farne un'unica entità. Ciò significa
che, per loro, l'Unità di Dio è formata da altre entità di
"uno", che combinano e uniscono insieme singole unità, che,
alla fine, hanno un unico nome che le comprende tutte (casa, appunto). Come
avrebbe potuto proclamare "Egli è Uno e non c'è unità
alcuna pari alla Sua" se teneva a mente una simile concezione di
unità ? Inoltre, l'Ari si rifiutava di dire "Egli è nascosto
(ne'elam) e non c'è termine alla Sua Unità". Questo
perché, a suo dire, ci sono più mondi emanati, creati, formati e
materializzati sopra al mondo di atzilut. A motivo, però, della loro
immensa segretezza non si provò a rivelarli o spiegarli. Così nello
Zohar, adam kadmon viene menzionato solo con alcuni vaghi accenni. La loro
opinione generale considera che tutti i partzufim, sovrastanti il mondo di <133> atzilut, a causa
della loro segretezza, raffinatezza e spiritualità non possano venire
serviti e invocati nella preghiera. Solo i partzufim che hanno acquisito
densità completa o parziale e in particolare zeir anpin (l'ultimo di
essi nel mondo di atzilut che a maggior misura è diventato denso e
sufficientemente rivelato da essere comprensibile) possono essere serviti e
invocati nella preghiera. Cosicché non possono dire "Egli è
nascosto e non c'è termine alla Sua Unità", perché
questa non è una vera lode a zeir anpin. Similmente si rifiutava di proclamare
"Egli non ha forma corporea e non è corpo" poiché in
contrasto col fatto che zeir anpin ha la forma di un corpo con 248 membra ecc.
Come è noto dai loro testi, i cinque partzufim del mondo di atzilut
hanno tutti 248 membra e 365 arterie e vene.Una volta compreso il motivo per il
quale Luria evitò di pronunciare "Egli non ha forma corporea e non
è corpo", è necessario comprendere anche l'infondatezza
della loro replica per la quale Egli non è un corpo materiale
bensì un corpo di luce. A tale proposito, però, la forma (d'mut)
rimane tale (cioè di un corpo con 248 membra ecc.) (5). Inoltre non
sanno forse essi che anche il fuoco e la luce hanno una loro consistenza
materiale, sebbene più "sottile" e "spirituale"?
Essi stessi affermano che l'essenza dei partzufim di atzilut comprende
un'anima, un corpo e un indumento. La sefirà è il corpo, la luce
interiore è l'anima e la luce che la riveste è l'indumento.
Così anche in molti tratti dello Zohar si parla di "gufa
d'malka" (il corpo del Re). Per questo motivo si sarebbero contraddetti se
avessero pronunciato "Egli non ha forma corporea ed Egli non è
corpo" perché tale articolo di fede non è una lode attinente
ai partzufim. Così anche si rifiutavano di dire "Egli è il
Primo e non c'è inizio al Suo inizio", poiché, secondo la
loro kabalà, ci sono molti inizi di zeir anpin sul quale è
incentrato tutto il loro culto, Dio ci salvi! Inoltre, c'erano moltissime cause
che precedettero zeir anpin, come l'ein sof, adam kidma'a, adam kadmon, atik,
arich, aba, ema. Per tale motivo, si rifiutarono di lodare zeir anpin con quella
lode specifica per la quale egli regna sopra tutte le creazioni. Egli viene
così associato al Tetragramma, egli è il Primo e non ha altro
inizio che precede il suo, siccome tutto questo è in contrasto con la
nuova kabalà. E perciò è scritto nello Zohar, parashat
terumà, che è lecito recitare solo quelle lodi che sono
"vera kabalà"! La nostra vecchia Kabalà, invece, per la
quale Ha-Shem Baruch-Hu è il Primo e non c'è inizio al Suo
inizio, non è vera Kabalà, e così hanno evitato di
proclamare i primi quattro articoli di fede dell'Yigdal Elohim Hai. Pertanto,
da "hinò Adon olam" si può recitare, poiché sono
lodi attribuite a zeir anpin e <134>
quindi considerate vera kabalà e non tali da provocare lo sdegno
dell'Ari, come le prime quattro strofe. L'orecchio capace di intendere,
potrà capire il grande errore dei Rabbini, autori della nuova
kabalà, che hanno divelto quattro principi basilari della nostra Sacra
Torà. Lo Yosher Levav scrive in modo manifesto (6): "Conoscete il
Dio dei vostri padri" — ciò include cinque partzufim; "e
servitelo" — questo è zeir anpin, "anche se è oggetto
di creazione tuttavia in questo modo servite la sua anima senza la quale non
c'è esistenza" ecc. L'affermazione per la quale zeir anpin è
un oggetto di creazione è reperibile anche nell'Edra Raba: "Dio ti
ha fatto, entro gli anni Egli lo fa vivere" — questo fu detto ad atik
yomin; "ha fatto chi? zeir anpin; a chi dà vita? A zeir anpin, la
luce intera del quale proviene l'Anziano dei giorni". E anche se è
un oggetto di creazione è obbligo servirlo! Se avessero fatto loro le
parole dei Saggi, per le quali "tutto ciò che ha generazioni"
ecc. non sarebbero caduti in questo volgare errore di servire una creazione!
(7)
1) Spiegato in S. ha-Kavanot, per cui l'Ari non recitava l'Yigdal,
vedi Mahberet ha-Kodesh. p. 28 b, vedi qui cap. 40.
2) Fine cap. 6 di Tikunei Shabat.
3) È furono "completati" i cieli e la terra e
tutti i loro "eserciti".
4) In S. ha-Berit, Kissei Eliahu, Oz l'Elohim, in S. Hayei Shalom
di R. Yihia ha-Cohen, parashat Hayè Sarà, che anche dopo la
creazione fino ad Abramo, zeir anpin non era ancora "fissato" e tutte
le precedenti generazioni ricevevano il loro influsso da aba ed ema.
5) Anche Etz Haim, sha'ar igulim ve-yosher, secondo cui la
"linea" che si estende dall'ein sof, nella categoria di yosher, si
trova nella forma di un uomo con 248 membra, ecc., nel segreto di "Tzelem
Elohim" (immagine di Dio); vedi Ravad, cap. 4, Hilchot teshuvà, su
ciò che ha scritto il Rambam, per cui "colui che crede che
c'è soltanto un Dio ed egli ha un corpo è un
"miscredente" — chiede Ravad "perché chiamarlo
"miscredente"? Molti uomini insigni e più grandi di lui hanno
seguito questo pensiero, in base a ciò che hanno visto nei versi, ecc.
6) Pag. 138 b.
7) Il fatto che nel Medioevo molti seguaci della nuova
kabalà recitavano I'Yigdal non significa niente. Il loro "leggere
lo Zohar" era la tipica lettura pappagallesca (praticata fino ai giorni
nostri), del tutto superficiale, senza comprensione e senza raziocinio. Non si
rendevano <135> conto che le "pietre angolari" della Sacra
Torà, i suoi principi e le sue basi venivano stravolti. Così
recitavano l'Yigdal Elohim Hai e poi nuovamente si occupavano della lettura
dello Zohar, senza rendersi conto della contraddizione nella quale erano
caduti. Se avessero capito il vero contenuto o avessero ben conosciuto i
concetti di base di questa nuova dottrina, sei ne sarebbero tenuti ben lontani.
42
Ora riprenderò, mi nutrirò tra le rose, le parole
cioè dei Saggi del Talmud e dei Midrashim. Nota è la santità
dalla quale derivano. Non contengono dubbi. Custodirò le loro parole,
più preziose dell'oro e dei diamanti, a riguardo dell'Unità di
Dio, un'Unità Assoluta, priva di congiunzioni, di combinazioni o di
associazioni con altre creazioni ed emanazioni. Egli, Lodato Sia, per fare
conoscere le Sue vie, scelse i Patriarchi e disse "E l'ho conosciuto,
affinché comandi ai suoi figli e alla casa della sua discendenza di
custodire la via di Ha-Shem". Così fu, infatti. Abramo
inculcò ai suoi figli, Isacco e Ismaele, la fede della Sua Unità,
per la quale Egli è il vero Uno, che non esiste altro vero Uno
all'infuori di Lui, che Egli precede tutta la creazione, Egli è il
Primo, il cui inizio non ha altro inizio. Vediamo ora quanto riporta il Midrash
Rabbà: "Terah, il padre di Abramo, era abituato a servire gli idoli
che egli stesso costruiva con le sue mani. E avvenne che il malvagio Nimrod,
divenuto re, si proclamò Dio. E tutte le nazioni venivano e si
prostravano a lui. Fino a quando iniziò a splendere una forte e grande
luce nel mondo, nostro padre Abramo. E quando nacque Abramo, gli astrologi, i
maghi e i sapienti del regno dissero a Nimrod: "Oggi è nato un
bambino che, in futuro, erediterà tutto il mondo e distruggerà
molti regni e, inoltre, ti spodesterà dal tuo trono. Se lo desideri,
affrancalo da suo padre per una casa di oro e di argento e tòglilo dal
mondo!" Terah, che era presente, disse: "Le vostre parole sono simili
a quelle di colui che disse al mulo "prendi questa soma di cereali e poi
ti mozzerò la testa". A cosa serviranno i cereali se gli si taglia
la testa? La stessa cosa vale per colui il cui figlio viene ucciso. A che gli
gioverà una casa di oro e di argento?" Allora essi gli risposero
"Dalle tue parole si capisce che il neonato è tuo". E Terah:
"Non posso negare che mi sia nato un figlio, ma purtroppo è
già morto". Dissero: "Non stiamo parlando di uno morto,
bensì di uno vivo e vediamo anche la sua stella in cielo. Ora vai e
portalo qui!" Terah uscì, prese Abramo con la sua levatrice e li
nascose in una grotta, per la <136>
durata di tre anni. Quando Abramo lasciò la grotta, tornò alla
casa paterna. Nel suo cuore Abramo rifletteva sulla creazione del mondo e sulle
sfere celesti per sapere come servirle e come poter distinguere tra loro ed il
vero Dio. Osservò la luna, che con la sua luce faceva chiarore alla
notte, circondata dagli eserciti delle stelle. Disse in cuor suo "Questo
è Dio". La notte passò. Alla mattina, al levar del sole,
vide che la luce della luna scemava e il suo potere si indeboliva. Allora
pensò "Il sole è il vero Dio". All'imbrunire,
però riapparvero la luna e le stelle. Allora Abramo considerò
"certamente c'è chi governa questi luminari" ecc. In seguito,
quando Abramo venne salvato per miracolo dalla fornace di Nimrod, rivolse tutti
i suoi pensieri al Cielo e pronunciò "Benedetto il nome del Santo
Dio Unico a cui il sole, la luna e tutte le stelle si inchinano". Uno
potrebbe pensare che Abramo ebbe un maestro, ma non fu così. Dio aveva
donato ad Abramo due reni che erano come due fontane, che gli fornivano
saggezza, come sta scritto "Desideri la verità, fammi conoscere le
vie sicure e saggezza segreta".
Il Midrash,
inizio di parashat Lech-Lechà, riporta: Sta scritto nei Salmi (45, 8):
"Hai amato la giustizia ed hai odiato l'iniquità, perciò il
Signore, tuo Dio, ti ha unto con l'olio della gioia sopra gli altri".
Questo verso va riferito ad Abramo, nostro padre, che amava Dio e si
avvicinò alla Presenza Divina. Così, nella stessa misura, odiava
l'idolatria. Nella casa di suo padre venivano costruiti idoli e Abramo aveva il
compito di venderli al mercato. Cosa fece? Quando si presentava un cliente
desideroso di un idolo, Abramo prendeva un martello, colpiva la testa
dell'idolo, staccandogliela, e poi chiedeva "È questo che desideri?".
Ciò vedendo, l'acquirente se ne andava senza comprare niente. E Abramo
rifletteva: "Ma fino a quando dovremo inchinarci all'opera delle nostre
mani? Non sarebbe più giusto inchinarci e venerare la terra che produce
i frutti e ci alimenta?". Quando considerava, però, che anche la
terra necessita dell'acqua e che se non si aprono i cieli per far scendere la
pioggia, anche la terra non può produrre, cambiò opinione e
pensò: "Allora è più giusto rendere culto ai soli cieli".
Osservò poi il sole, che illuminava il mondo e dava vita alle piante.
Disse allora in cuor suo: "E giusto prostrarsi soltanto al sole".
Osservò però che anche il sole tramonta e scompare, per cui
disse: "No, il sole non è il vero Dio". Osservò poi la
luna e le stelle, che rischiarano la notte e pensò: "Forse è
giusto adorarli". Ma quando spuntò l'alba e scomparvero disse:
"Certo, questi non sono dei". E aggiunse: "Certamente esiste un
Dio che li governa, che fa si che uno tramonti e l'altro sorga, vicendevolmente".
A cosa è simile la cosa? Ad un uomo che procedeva per la sua strada e
arrivò <137>
ad un grande castello. Cercò di entrarvi e dopo averla circondato
tutt'intorno non vi trovò l'entrata. Chiamò più volte ma
non gli fu risposto. Alzò lo sguardo e vide della lana scarlatta stesa
su di un terrazzo. Passate alcune ore, vide del lino bianco steso sullo stesso
terrazzo. Quando si fece sera vide delle torce accese. Pensò allora:
"Certamente c'è qualcuno nel castello che mette a stendere e poi
rimuove le cose". Quando il padrone del castello vide il viandante
così assorto nei suoi pensieri, gli si mostrò e gli disse
"Sono io il padrone della città". Similmente avvenne con
Abramo, nostro padre ecc. fino a quando Ha-Kadosh Baruch-Hu gli disse:
"Sono Io il Padrone del Mondo". In Bereshit Rabà e Yalkut Shim'oni
sul verso "poiché Abramo ascoltò la mia voce": R.
Yohanan e R. Haninà dissero: Abramo aveva 48 anni, quando riconobbe il
suo Creatore". Etz Yosef scrive: Da questo si comprende che tutti
concordano sul fatto che Abramo iniziò a conoscere il Signore
all'età di tre anni e pervenne alla completa maturità di pensiero
a 48 anni".
43
Il Rambam, di
benedetta memoria, spiega (1): "Dopo essere stato svezzato ed
essere cresciuto, Abramo cominciò a porsi delle domande ed a riflettere giorno
e notte. Si domandava come fosse possibile che questo mondo alternasse il
giorno e la notte se non per una Guida, che lo rendesse possibile. Ma chi
faceva ruotare il mondo? Certo non poteva ruotare di moto proprio. Abramo non
aveva un maestro, né tantomeno qualcuno che lo istruisse, dal momento
che abitava tra gli stolti idolatri di Ur Kasdim. Anche i suoi genitori, il suo
parentado, la sua gente era idolatra. Il suo spirito però era in
fermento e il suo intelletto era così attivo che <138> arrivò da solo a percepire
la verità. Fu allora che comprese che esiste un solo Dio che governa il
mondo e alterna il giorno alla notte. Egli è il Dio che aveva creato il
tutto e non c'era altri all'infuori di Lui. Abramo capì che l'intera nazione
era nell'errore perché venerava gli astri del firmamento e adorava gli
idoli che essa stessa costruiva. Egli aveva 40 anni quando conobbe il suo
Creatore e, una volta conseguita questa conoscenza, iniziò a combattere
l'idolatria a Ur Kasdim e a fare proseliti nella nuova fede. Quando la gente si
raccoglieva ad ascoltarlo, Abramo insegnava loro, ciascuno a secondo della sua
capacità, la verità, fino a quando li convinceva a credere in un
unico Dio. Furono in tanti ad abbracciare la sua fede monoteista. Furono
costoro gli uomini della "Casa di Abramo", ai quali egli
insegnò il grande principio dell'Unità di Dio. Abramo scrisse
libri e li insegnò a suo figlio Isacco. Costui si sedette e li
studiò; a sua volta, li insegnò al figlio Giacobbe e a lui
ordinò di farli imparare a tutti coloro che erano al suo seguito.
Così Giacobbe li insegnò e li trasmise ai suoi figli e
separò il figlio Levi, nominandolo capo, affinché custodisse
costantemente questo studio secondo le vie di Ha Shem. Giacobbe comandò
ai suoi figli di non lasciare mai vacante questa occupazione dei figli di Levi,
cosicché lo studio non venisse meno. Fu così che i figli di
Giacobbe e quanti erano al suo seguito crebbero e si moltiplicarono e divennero
una grande nazione nel mondo, "la nazione che conosce" Ha-Shem. Col passare
degli anni, però, in terra d'Egitto, ripresero le usanze idolatre dei
pagani, ma non così la tribù di Levi, che non abbandonò
mai il comandamento dei Patriarchi e mai si macchiò di idolatria".
Nelle
"Leggi sulla lettura dello Shemà", scrive il Rambam:
"Quando Israele fu in punto di morte, raccolse i suoi figli e
comandò loro di seguire la strada dello Yihud Ha Shem come avevano fatto
Abramo e suo padre Isacco. E domandò loro: "C'è qualcuno tra
di voi che si è reso indegno e ha deviato dall'Unità del Padrone
del mondo?". Tutti risposero all'unisono "Ascolta, Israele, l'Eterno
è il nostro Dio, l'Eterno è Uno" (confermiamo ciò che
abbiamo ascoltato dal nostro padre Israele, che il Signore è il nostro
Dio ed Egli è Uno). Allora il loro anziano genitore pronunciò:
"Benedetto sia il nome della Gloria del Suo Regno in eterno". Vediamo
così che il nostro padre Abramo, la pace sia su Lui, insegnò al
mondo la vera fede monoteista. Egli scrisse anche libri che fece conoscere ai suoi
figli e ai suoi proseliti. Anche Ismaele venne incluso perché la
tradizione ci insegna che egli fece "teshuvà". Forse la
ricompensa del pentimento di Ismaele è che la sua discendenza, dopo
tante generazioni, meritò di diventare monoteista, poiché
Maometto la apprese dagli Ebrei. Per i discendenti di Giacobbe, <139> invece, non ci fu
mai interruzione e la fede nell'Unità di Dio rimase con i Leviti e con
una rimanenza di individui delle altre tribù, fino al tempo del nostro
grande Legislatore, Padre di tutti i Profeti e Capo di tutti i Hachamim,
Moshè Rabbenu, la pace sia su Lui. Fu a lui che l'angelo di Dio si
rivelò nel roveto ardente, in adempimento alla promessa che Dio fece ad
Abramo. Tramite la guida di Mosè, il Santo Benedetto redense i nostri
antenati dall'Egitto, li portò sul monte Sinai, li coronò con i
precetti, insegnò loro l'essenza della Sua Unità e
prospettò loro delle severe punizioni nel caso avessero commesso
idolatria. Quando fu vicino il tempo della morte di Mosè, Ha-Kadosh
Baruch-Hu gli rivelò ciò che sarebbe avvenuto alla fine del
periodo di esilio: "Adesso giacerai con i tuoi padri; questo popolo
però si allontanerà e si prostituirà alle divinità
delle altre nazioni presso le quali dimorerà" (2).
Così
è successo a noi. Siamo stati ingannati dallo Zohar, libro scritto da
Moshè de Leon e falsamente attribuito a R. Shimon b. Yohai, che ci fa
abbandonare il nostro Dio per sostituirLo con una falsa credenza in molteplici
divinità emanate. La grande maggioranza dei Rabbini e dei Hachamim,
però, non si è fatta scrupolo di indagare la fonte di quelle
mendaci parole e di quei concetti idolatri. Come ciechi e come pecore condotte
al macello hanno caricato su di loro la soma del suo vuoto fardello, credendo,
in buona fede, che R. Shimon b. Yohai l'avesse davvero scritto. E per questo
motivo che non si sono capacitati di riconoscere le trappole tese da questo
insidioso inganno. I Rabbini sbagliarono e le moltitudini furono ingannate.
Sottilmente, ma efficacemente, lo Zohar ha stravolto la pura fede con un
modello intricato ma sistematico di emanazioni "divine". Si tratta
invece di una credenza estranea alla Torà quanto le religioni vediche
dell'India. Ma la sua attrazione è molto forte perché le nuove
dottrine non furono rigettate e respinte a suo tempo. La prostituta si era
ormai infiltrata nel campo e nessuno era riuscito a fermarla o a trattenerla
dalla sua infame professione. Piano piano al suo inizio, ma con passo poi
sicuro, la falsa kabalà era divenuta la "Matrona", mentre la
vera Kabalà, trasmessa oralmente ed ininterrottamente da Moshè a
Rabì, a R. Ashi, a Rabina e a R. Yohanan di Israele, era diventata (Dio
ci salvi e ci perdoni) una disgustosa serva, sotto la quale la terra
mostrò la sua collera. E così siamo disonorati e la vergogna ci
ricopre, poiché abbiamo abbandonato l'inadulterata fede per sostituirla
con il pantheon dello Zohar. Gli Ismaeliti, però, sono rimasti fedeli
all'Unità di Dio. così è stato anche <140> spiegato da molti
Hachamim, tra i quali il Rambam, nella sua risposta ad un convertito, che i
musulmani credono all'Unità di Dio come noi. Per cui l'affermazione dei
nuovi kabalisti secondo cui la nostra fede dell'Unità di Dio è
dissimile da quella degli Ismaeliti è falsa. È la
"loro" fede che è differente, dal momento che consiste
nell'adorazione di un livello associato e di una creazione manifesta simile, in
sostanza, alla Trinità dei Cristiani.
1) Prima sezione di "Hilchot avodà zarà".
2) Deut. 31:16.
44
Con l'aiuto di
Colui che insegna la sapienza all'uomo, esaminiamo ora le parole di alcuni Saggi
che insegnano le illuminate Leggi, secondo le quali noi viviamo e per mezzo
delle quali entriamo nella saggezza della Torà e dei suoi precetti.
Abbiamo già riportato alcune parole del Rambam sull'argomento e
riportiamo ora quelle di R. Eliezer, autore di S. ha-Rokeah (1) :
"Quando si menziona il Nome in "Baruch Attà Ha-Shem"
(Benedetto sii Tu, o Signore) non bisogna pensare alla Gloria che apparve nei
cuori dei profeti, né tantomeno alla visione del Trono. Bisogna invece
pensare solo a Dio che è nei cieli, in terra, nell'aria, nel mare, e
ovunque; il Dio dei nostri Padri è Onnipresente, come sta scritto
"Ho sempre posto Ha-Shem davanti a me". Per quanto concerne
l'Unità di Dio, scrive: "A Te si addice ogni lode. Tu non sei
simile a tutti i Tuoi servi. Chi ha visto e conosce il Tuo segreto? Davanti a
Te è tutto chiaro e chi ha saggezza nel suo cuore deve conoscere i
fondamenti dell'Unità di Dio. Non esiste facoltà, né modo
che possa esprimere il segreto del Creatore e la Sua Essenza, poiché
tutto ciò che ha vita non Lo può vedere, né angelo,
né profeta. Egli creò tutto e tutto plasmò. Egli è
Uno e Uno soltanto. Egli non deve essere immaginato in forma alcuna, in
apparenza alcuna, dato che ciò che ha un aspetto ha anche uno scopo e un
limite, ma il Creatore non ha scopo, né sopra, né sotto,
né nelle quattro direzioni del mondo. Non c'è inizio né
fine alla Sua saggezza e alla Sua Onnipotenza. Solamente che "la potenza
delle Sue azioni rivelò alla Sua nazione" <141> per far conoscere la Gloria del Suo
Regno. Contemporaneamente, in un attimo, tutte le creature Lo chiamano e Lo
invocano, ciascuna turbata nel suo cuore da qualche avversità. Egli
risponde e ascolta tutti, poiché "vicino è a coloro che Lo
invocano". Pertanto, chi è saggio e intelligente, presterà ascolto
alle mie parole e non si affaticherà cercando di indagare sulla Sua
Essenza. Poiché nulla si può sapere del Creatore in quanto Egli
non è oggetto di creazione. "A chi Mi potresti paragonare e rendere
simile?" detto del Signore. Tutte le forme delle creature sono opera Sua.
Tutto ciò che può essere paragonato o immaginato nella creazione
non è possibile con il Creatore, poiché "Tu sei Dio e Tu
solo hai creato il mondo". "Poiché Tu Sei Grande e fai meraviglie".
"In principio Dio creò" senza fatica o lavoro. "Con la
parola di Dio i cieli furono creati". Comprendi nella tua saggezza che
Egli tutto riempie, nessuno può vederLo ed Egli non ha fine. Nulla che
è in te Gli è nascosto poiché è scritto "Io
riempio i cieli e la terra". La dimora della Sua Gloria è nei cieli
di sopra e la dimora del Suo potere è nelle Altezze Superiori. Egli
è il nostro Dio e non vi è altri all'infuori di Lui. "Se io
salgo ai cieli, Tu lì ti trovi. Se io mi trovo in fondo al pozzo Tu mi
sei vicino e la Tua mano mi solleverà". Il mondo con tutto
ciò che contiene non può contenerLo e a volte Dio parla tra i
capelli della testa (cioè la piccolezza che rivela la grandezza).
"Io riempio i cieli e la terra": Ecco l'amore per Israele, quando
Egli rivelò la Sua Gloria tra i due Angeli Cherubini. "E Dio vide
tutto ciò che aveva creato": Tutto ciò che è di sopra
e di sotto con un solo sguardo, sia questo mondo che quello a venire. Egli
è Uno. Egli creò il mondo senza altri mezzi. Soltanto con la Sua
volontà. Egli lo desiderò e così fu. Egli decretò
ed i cieli furono. Il Creatore non ha bisogno né di spazio, né di
posto, poiché Egli è esistito prima di tutte le esistenze. Non ci
sono limiti o separazioni davanti a Dio. Benedetto sia il Creatore, il Fattore
di tutto, Meraviglioso, il Nascosto e Occulto. Davanti al Creatore tutto
è privo di valore. Egli non ha né misura, né numero
delimitante. Egli è privo di lunghezza, larghezza, forma, volume
corporeo. Egli non ha congiunzioni, né membra, né ombra, né
luce, né vortici. A secondo della Sua Volontà, Egli fa che la Sua
voce sia sentita davanti alla Sua Gloria, il Creatore è Onnipresente.
Egli è privo di forma, di volume, di movimento, di massa corporea, di
associazione, di vincolo. Egli non necessita di alcunché. Egli è privo
di dimora e di spazio. Egli riempie i cieli, la terra, il mare, l'aria e tutto
il creato. Egli non ha né postura, né incedere, né
movimento, né affaticamento. Egli è privo di recipienti e non ha
strumenti con i quali lavorare. Egli crea tutto senza sforzo e senza lavoro.
Né gli occhi dei Profeti né di alcun altro essere hanno mai visto
Dio. Il Creatore precedette tutte le esistenze. Egli è <142> il Primo Vivente,
Grande, Onnipotente, Meraviglioso, Degno di Lode, Re esaltato ed encomiato. Da
Lui nulla può essere tolto o aggiunto. Egli non diminuisce, né
s'incrementa e non c'è termine alla Sua esistenza. "Anche se cerchi
il Tuo Dio lo troverai?" Scoprirai forse l'estremità di Shaddai?
Non c'è limite alla Sua comprensione e non c'è indagine alla Sua
Grandezza. Egli è l'Unico Creatore. Egli mostra la Sua Gloria quando e
come vuole; la visione della Gloria di Ha-Shem (2) come fuoco
divoratore o la visione di una luce informe sono impossibili a vedersi per
qualsiasi creatura. Soltanto la Voce è sentita ed una visione
meravigliosa viene percepita dal Profeta che esclama "Ho visto
Ha-Shem" (3). Egli mostra la forma della Sua Gloria come
decreta la Sua Volontà. A volte nelle sembianze di un uomo oppure in
altre forme. A volte Egli mostra la Sua Gloria sotto forma di grandi Eserciti,
che si uniscono uno con l'altro (Ha-Shem Tzevaot) oppure che si presentano con
corpi separati (Ha-Shem Elohei Ha Tzevaot). Fu da questa visione della Gloria e
dello Splendore che la Sua Voce veniva sentita. Ma, a tale proposito, non
immaginare e non pensare fallaci pensieri. Sii estremamente prudente con te
stesso, affinché il tuo corpo non cada nel peccato affermando che Egli
è suddiviso in membra, Dio ci scampi! "Con quale immagine Lo
potresti paragonare?". "Poiché non avete visto nessuna
immagine". (4) R. Shimon b. Yohai disse: "Persino gli
Angeli Servitori, la cui vita è lunga come il mondo non possono vedere
la sua Gloria". R. Eliezer continua ancora a lungo e conclude: "Il
Creatore ci comandò di proclamare la Sua Unità due volte ogni
giorno, "Dio è il nostro Signore. Dio è Uno". Questa
è la fede che deve essere appresa nel cuore e non semplicemente intesa
dalle orecchie. Con queste parole noi riconosciamo Ha-Shem come il nostro Dio.
Egli è Uno ed Egli ed il Suo nome sono tutt'Uno. "E lo riconoscerai
oggi e lo imprimerai nel tuo cuore che Ha-Shem è Dio nei cieli di sopra
e sulla terra di sotto e non vi è altri all'infuori di Lui". Egli
è il Primo ed è la Vita di tutte le creature. Non c'è
alcuno insieme a Lui. Egli è Uno e non deve essere immaginato in forma o
concezione alcuna. Osservate fino al fondo delle vostre anime
"poiché non avete visto immagine alcuna". "Con quale
immagine Lo potresti paragonare?" Poiché non esiste niente che sia
in qualsiasi modo simile all'Onnipotente Dio dell'Universo, Benedetto Egli sia
e Benedetto il Suo Nome in eterno.
1) Shoresh zechirat Ha-Shem.
2) A volte nominato Shechinà (Presenza Divina). <143>
3) "et Ha-Shem; et per includere la Sua Gloria (kavod).
4) Anche se è scritto "videro il Dio di Israele",
la Torà avverte in modo categorico "poiché non avete visto
immagine alcuna", poiché ciò che hanno visto era la
rivelazione della Sacra Gloria (kevod Ha-Shem).
45
Medita,
prezioso lettore, le parole di R. Eliezer sul vero Yihud Ha-Shem e sulla vera
fede, purificata da tutte le idee fallaci e immaginarie. Tali parole sgorgano
da una sorgente fedele, cioè la Tradizione dei Saggi del Talmud e dei
Midrashim. Esse sono in completo accordo con le parole del Rambam, di R.
Sa'adya Gaon, di Yehudà ha-Levi, di R. Behiye, ecc. i quali affermano
che il Glorificato è Uno e non c'è altra unità simile alla
Sua, che tutto ciò che può essere immaginato nel pensiero non ha
riscontro nel Creatore e che tutte le forme create non si trovano nel Fattore.
Dio non possiede aspetti, né tantomeno "partzufim", come i
nuovi kabalisti sostengono. Non è lecito evocare un simile pensiero,
né meditare sul Suo Essere o indagare sul Suo operato. Dicono infatti i
Saggi: "E non seguirete i vostri cuori" questa è negazione
(minut). Esiste infatti negazione maggiore di questa, credere cioè che
il Creatore possieda aspetti distinti, che hanno nomi distinti, attributi
distinti ed azioni distinte e che per mezzo della loro congiunzione essi diano
origine a nuove generazioni, ad anime di angeli, ad Israele e ad altre nazioni?!
Dopo aver descritto i vari partzufim, attribuendo loro i nomi dell'Eterno, a
cosa servirà poi mentire con la bocca, proclamando che Egli è
Uno? Le loro labbra hanno già espresso i pensieri del loro pensiero.
Anche se dopo li raggruppano in un'unità, può forse una parola
cancellare le intenzioni del loro pensiero?
La vera
Kabalà, accettata dal nostro popolo di generazione in generazione,
proclama che il nostro Dio, Benedetto Sia il Suo nome, non ha misura, né
limite, né lunghezza, né larghezza, né forma, né
corpo. Né tantomeno possiede una consorte che lo supporta!
Giacché l'Onnipotente non ha bisogno di aiuto. "Non c'è
indagine alla Sua Grandezza e non c'è fine alla Sua
Immensità". Egli è il Primo e non c'è inizio al Suo
inizio. Questa è l'essenza della nostra fede e della Kabalà
ricevuta direttamente da Moshè Rabbenu e da Abramo, il Primo Patriarca.
Non è dissimile alla fede <144> degli Ismaeliti che l'hanno ricevuta da Israele. Essa
deriva dalla stessa sorgente, da Abramo. Al nostro popolo fu però data
grande dimostrazione d'amore, perché il Signore ci ha condotti sul Sinai
e qui si rivelò a tutto il popolo. In tal modo permise a tutti i
presenti di ascoltare la Sua Voce che proclamava i primi due comandamenti.
"Io sono il Signore Dio vostro" e "Non avrai altri dèi al
Mio cospetto". E come nostra parte ci ha dato la Torà, i Precetti e
gli Statuti.
46
La
verità è nelle parole dei Saggi per cui Dio è Uno e non
esiste altra Unità simile alla Sua. Osserviamo ora in che modo il S.
ha-Rokeah elenchi le varie categorie di "miscredenti" (minim) (1)
: "Colui che afferma che il mondo opera da solo e non esiste un Dio che lo
governa".
"Colui che
afferma che il Creatore non precede tutto il resto". Così sostiene
anche l'autore dello Zohar, che crede che atik si rivelò a R. Shimon b.
Yohai e gli diede il permesso di rivelare il segreto per cui Dio è
composto da molte cause ed effetti, uno sopra all'altro; inoltre, aba è
il creatore che pronunciò "Sia la luce", "sia il firmamento",
"siano i luminari", ecc., ma fu ema che disse "facciamo
l'uomo" e adam kadmon disse "Vedete ora come Io Sono il Signore"
ecc.".
"Colui che
afferma che Dio ha una forma o un'immagine, come, ad es., un uomo con un
corpo" A tale riguardo, considera come i kabalisti spieghino il significato
recondito del verso "e Dio creò l'uomo a sua immagine" (2).
"Colui che
associa un attributo a Dio (shituf)". La dottrina dei kabalisti è
una dottrina di associazione, nella quale l'Eterno si manifesta tramite
emanazioni come un'anima in un corpo; questo è già stato spiegato
a proposito del loro rifiuto di recitare i primi quattro articoli di fede
dell'Yigdal Elohim Hai.
"Colui che
sostiene che la profezia nel mondo non deriva da Dio".
"Colui che
nega la Torà di Moshè Rabbenu, anche trattandosi di una singola
parola o di un singolo dettaglio".
"Colui che
sostiene che il Creatore non conosce i pensieri dell'uomo". <145>
"Colui che
afferma che una persona non viene giudicata in base alle sue azioni". Tale
è anche la credenza dei kabalisti che spiegano che i perzufim di atik e
di arich, più quelli che li sovrastano, non giudicano la persona in base
alle sue azioni e nessuno esce dal loro giudizio in uno stato di colpevolezza;
come il malvagio, così il giusto; tutto quello che una persona opera non
viene preso in considerazione da loro, poiché il giudizio spetta
esclusivamente a zeir anpin.
"Colui che
sostiene che non esiste l'aldilà e che non esiste ricompensa".
Tutti costoro
sono miscredenti e negatori che devono essere sottomessi ed umiliati fino a quando
non avranno fatto penitenza.
1) Shoresh ha-Teshuvà.
2) Come pure la loro credenza che ogni partzuf ha la sua
controparte femminile e la credenza nell'esistenza distinta di dieci sefirot di
kelipà, nominate "el aher" (altro dio). —
47
In S. Mitzvot
Gadol, sui precetti negativi, è scritto: "La prima mitzvà
consiste nel non credere che esista un qualsiasi dio all'infuori di Ha-Shem
Baruch-Hu, come sta scritto "Non avrai altri dèi al Mio
cospetto". Chiunque associa il nome di Dio ad una qualsiasi altra
entità viene estirpato dal mondo, come sta scritto "A Dio
soltanto", tale verso si presenta per punire (colui che non lo adempie),
mentre quello precedente si presenta come avvertimento".
Il Rambam,
sull'idolatria (1) scrive: "Per quanto concerne l'idolatria, il
comandamento essenziale consiste nel non servire alcuna creazione, né
angeli, né sfere celesti, né stelle, né uno dei quattro
elementi fondamentali, né tutto ciò che proviene dalle loro
associazioni. Anche se colui che li serve sa che Ha-Shem è Dio e
persiste in tale servizio, come la generazione di Enosh al suo inizio,
è, tuttavia, uno che pratica l'idolatria (avodà
zarà)". Nella generazione di Enosh, i popoli persistevano in un
grave errore, perché credevano che poiché Dio aveva creato le
stelle e le sfere celesti (galgalim) per condurre il mondo, le avesse messe in
alto affinché fossero oggetto di lodi, onori e adorazione, essendo esse
serve di Dio. <146>
E quindi Dio avesse piacere che le sue opere fossero magnificate, esaltate e
venerate, similmente ad un re che ha piacere a vedere onorati i suoi sudditi,
dato che l'onore loro è anche l'onore del re".
In Yalkut (2)
è scritto: "Non avrai altri dèi" ecc. R. Yossi disse:
"Perché sta scritto "altri dèi"?". Questo
è per chiudere la bocca alle nazioni del mondo, affinché non
dicano "se costoro (i loro dèi) fossero stati chiamati con il Suo
Nome (Elohim), allora sarebbero stati necessari e utili". Poiché,
infatti, furono chiamati con questi nomi "elohim aherim" (altri
dèi), sebbene non avessero sostanza? Quando avvenne che in verità
venivano chiamati con il Suo Nome? Avvenne durante la generazione di Enosh,
figlio di Shet, come sta scritto "Allora cominciarono a profanare il Nome
di Dio" (3). Fu allora che salirono le acque degli oceani e
inondarono un terzo del mondo".
In Midrash
Hefez di R. Zacharia ha-Rofè è scritto (4): "Non
ti farai alcuna scultura" (pessel); avrei potuto pensare che una scultura
scolpita sia proibita, ma non una informe; perciò poi dice
"né immagine alcuna" (temunà); forse non va riferito ad
una pianta; perciò dice: "non pianterai una asherà" (5);
forse non va riferito al legno, perciò dice: "qualsiasi
albero" (etz); forse non va riferito alla pietra, perciò dice:
"qualsiasi immagine scolpita nella pietra" (even mas'hit); forse non va
riferito all'oro, perciò dice: "qualsiasi divinità costruita
con l'oro"; forse non va riferito ai metalli, quali il bronzo, il ferro,
il piombo ecc., perciò dice: "non ti farai immagini di metallo
fuso". Potrei pensare che sia proibito costruirli ma non già
rappresentarli nella mente, perciò dice: "non avrai altri
dèi al Mio cospetto".
Similmente il
Rambam spiega (6) che chiunque trasgredisce questo precetto negativo
di "riconoscere" un qualsiasi altro dio, anche se nel solo pensiero,
ha negato Dio, giacché è questo il principio fondamentale sul
quale tutto il resto si appoggia". La halachà viene così
chiarita: chiunque immagina nel suo pensiero che esista un altro dio
posizionato "sotto il Dio superiore", anche se non ha compiuto azioni
idolatre, tuttavia, egli è considerato un miscredente ed eretico
(kofer).
1) Hilchot avodà zarà, inizio cap. 1 . 2.
2) Parashat Yitrò.
3) Genesi 4:26 — "Uhal" racchiude entrambe le accezioni
di "cominciare" e "profanare". <147>
4) Parashat Yitrò.
5) L'asherà era un albero che veniva adorato nei culti
antichi.
6) Hilchot Yesodè ha-Torà, cap. 1
48
Il lettore
intelligente capirà facilmente, da quanto abbiamo riportato, che le idee
dei nuovi kabalisti sono simili a quelle della generazione di Enosh, in cui i
fedeli pregavano i loro oggetti di culto con il nome di Dio. I nuovi kabalisti
chiamano ogni partzuf con un nome di Ha-Kadosh Baruch-Hu e affermano che le
preghiere e le benedizioni, stabilite dagli Uomini della Grande Assemblea,
debbano essere rivolte a zeir anpin, in congiunzione con i partzufim superiori,
nonostante siano essi stessi oggetto di creazione. Essi credono che la palese
contraddizione presente nella loro dottrina sia risolvibile, in quanto, a loro
dire, servono l'anima che è nei partzufim. La verità è
che, invece, essi hanno abbandonato la vera fede, quella espressa in tutte le
Sacre Scritture, tramandata con la Legge orale, per cui il nostro Dio,
Benedetto il Suo Nome, non è corpo, né anima di un corpo. Essi
teorizzano molti corpi e molti indumenti di Dio, descritti nei minimi
particolari, in cui vengono soffiate le "anime" dal loro Ein Sof,
trascendente e irraggiungibile alla preghiera dei mortali. Tutte le mitzvot ed
i racconti della Torà sono in rapporto con il "Corpo del Re"
(gufa d'malka) e le sue mani, i suoi piedi, ecc. Essi sostengono che anche
quando si parla del corpo della sefirà, o della sua anima o del suo
indumento, si tratta comunque di un'entità completa, perché tutti
i partzufim derivano dall'essenza dell'ein sof, come "una chiocciola il
cui guscio fa parte del corpo". Così si sviluppa la catena, come un
figlio da suo padre, per cui zeir anpin viene chiamato figlio di aba e di ema.
E lui che regna sopra tutte le creazioni e le alimenta, in ottemperanza ai
comandi di suo padre e di sua madre!
Chi ha un buon
orecchio non potrà che inorridire. Ma il Creatore che ci ha fornito gli
orecchi ci ha dato anche uno spirito di comprensione e di discernimento per
capire che il loro pensiero è analogo a quello della generazione di
Enosh, che teneva in grande onore i parto della propria immaginazione e
attribuiva loro il nome <148>
di dio, servendo tali creazioni fantasiose, convinti di attirare l'influsso del
Dio Superiore! E se uno volesse sostenere che la generazione di Enosh era
veramente idolatra perché si prostrava ad immagini materiali create
dalle loro stesse mani, mentre i kabalisti si guardano bene dal servire idoli
materiali, ma parlano solo di aspetti simbolici, noi gli risponderemo che
è esattamente la stessa cosa. Ma è l'idea di base che li
accomuna. I nostri Saggi ci hanno spiegato che la proibizione non riguarda solo
colui che costruisce con le sue mani un idolo, ma anche colui che lo ha
partorito nel suo pensiero, perciò è scritto "Non avrai
altri dèi al Mio cospetto". Tale è anche il significato del
verso "affinché tu non alzi gli occhi al cielo ed, ecco, vedendo il
sole, la luna, le stelle, tu elevi il pensiero" ecc. Tutto è qui
incluso. Anche pensare a "divinità" e "poteri regnanti"
di qualsiasi creazione ed emanazione. Vengono tutti inclusi nella categoria di
"Schiere Celesti", per le quali la Torà ci ha severamente
proibito il servizio. Anche se non li si chiama con il nome di Dio, essi hanno
sostanza. Dio ha creato gli elementi, non perché siano venerati, ma
perché il mondo proceda secondo la Sua Volontà. Essi sono
servitori che stanno davanti al Re, pronti ad eseguirne la volontà.
Così è scritto "Migliaia di moltitudini Mi servono e
innumerevoli Mi stanno davanti". Essi non devono essere oggetto di culto,
perché il servizio va solo ad Ha-Shem, la nostra Rocca. Egli solo
è il potente Creatore dell'Universo ed Egli solo è vicino a
coloro che Lo invocano con sincerità d'intenti. Ed anche se tutte le
creazioni Lo chiamassero contemporaneamente, il Glorificato, in quello stesso
momento, ne ascolta la preghiera e risponde ad essa, esaudendo la richiesta se
la persona lo merita, in base alle sue azioni. Poiché soltanto le
cattive azioni della persona impediscono che la richiesta venga esaudita, come
è scritto "Concedi all'uomo secondo la sua intenzione, secondo il
frutto delle sue azioni", ed è anche scritto "poiché i
vostri peccati vi separano dal vostro Dio".
49
In Sanhedrin (1)
, sul verso in cui Israele proclama la lode al vitello d'oro "Questi
è il vostro Dio (i vostri dei), o Israele, che vi hanno fatto salire
(he-elucha con la "vav", al plurale) dalla terra di Egitto",
è scritto: "R. Yehudà disse: Se non per la "vav"
di he'elucha tutti i nemici di <149>
Israele sarebbero stati distrutti; R. Shimon b. Yohai gli rispose: (in tutti i
casi) chiunque associ il nome di Dio con qualsiasi altra cosa viene estirpato
dal mondo, come sta scritto "a Dio solo". Che cosa viene ad
insegnarci, dunque, la parola "he-elucha" ? Che desideravano molti
dei. R. Yehudà ritiene che la "vav" o segno plurale di
he'elucha (rendendo così eloheha, i vostri dèi) indica la loro
credenza in una pluralità di divinità, mentre se il vitello fosse
stato inteso al singolare avrebbe potuto essere associato ad un unico dio.
Pertanto il loro peccato sarebbe stato meno grave e Israele avrebbe meritato la
distruzione di tutti i suoi nemici. E R. Shimon b. Yohai ritiene, d'altro
canto, che il loro peccato sarebbe stato meno grave perché si tratta di
associazione e chiunque "associa" non merita la distruzione dei suoi
nemici.
Distinguete
bene tra la vera Kabalà dei Saggi e quella dei nuovi kabalisti. Questi
ultimi sostengono che Ha-Kadosh Baruch-Hu, nella Sua più elementare e
semplice Essenza, non è l'oggetto delle nostre preghiere e così
l'intenzione delle nostre azioni non va rivolta a questo aspetto di assoluto.
Egli da solo non è in grado di aiutare, né ha la facoltà
di redimere alcuno, se non si è prima congiunto con i partzufim e in
particolare con zeir anpin. Solo allora si può parlare di servizio, di
preghiera e di benedizione. E necessario però congiungere zeir anpin con
la sua controparte femminile, come pure con gli altri cinque partzufim. In
questo modo la preghiera sarà esaudita, perché viene attuato il
giusto modo di combinare Dio con i suoi attributi. Questo è vero e
proprio "shituf"! Perché, secondo loro, Dio da solo non
è in grado di operare se non si è prima congiunto con i
partzufim. Non c'è "associazione" maggiore di questa! E
proprio a R. Shimon b. Yohai, che nella vera Kabalà del Talmud era stato
il più esplicito ad avversare le associazioni e le congiunzioni,
è stata attribuita la falsa kabalà dell'autore mendace dello
Zohar! Ma la fede pura e incorrotta consiste nel credere, in modo assoluto, che
Dio solamente ha il potere e il regno sopra tutte le creazioni ed è
grazie alla Sua Bontà che queste sono entrate in esistenza. Nelle
preghiere, nelle azioni e nelle mitzvot comandateci, la nostra unica intenzione
deve essere rivolta ad Ha-Shem, alla Causa Prima priva di congiunzioni o di
associazioni di alcun genere. Poiché tutto ciò che esiste ha
bisogno di Dio, ma Dio non ha bisogno delle Sue creazioni. Ho sentito poi
qualche stolto argomentare che l'associazione si attua solo quando uno la
esprime a parole; questo è falso, perché quando uno pronuncia una
<150> benedizione
o una preghiera e menziona il Nome, mentre la sua vera intenzione è
quella di associarLo con un altro potere e un'altra emanazione, egli, in
realtà, sta compiendo un atto di idolatria. Leggiamo quanto è
scritto in Kiddushim (2): "Ciò che è scritto:
"Affinché tu ricerchi la Casa di Israele dentro ai loro cuori"
va riferito al pensiero di idolatria. Perché è sufficiente che
uno lo pensi per essere considerato tale anche nell'azione. Cosicché
chiunque si rivolge a zeir anpin pratica l'idolatria. È su di lui che
vanno riferite le parole del Rambam "Tu sei vicino nelle loro bocche, ma
lontano dai loro lombi (pensieri)".
1) Cap. Dalet mitot.
2) Kidushin 39 e Hullin 142.
50
Leggiamo ora la
Ghemarà in Menahot (1) : "R. A. ben Yitzhak ed alcuni
dicono R. Yehudà disse nel nome di Rav: "Da Tiro a Cartagine
riconoscono Israele ed il loro Padre in cielo, ma da Tiro ad ovest non
riconoscono né Israele, né il loro Padre in cielo". R. Simi
b. Yihia risolveva una contraddizione davanti a Rav. Sta scritto "Dal
levarsi del sole fino al suo tramonto (2)". Gli altri
chiamavano il Dio d'Israele il "Dio degli Dèi". Il Maharsha
spiega questa passo: menziona prima Israele, poiché è tramite
Israele che la conoscenza dell'Onnipotente veniva resa nota al mondo e
così Egli è il Dio d'Israele la cui Provvidenza sovrasta tutta la
terra, così come il loro Padre in cielo; ma da Tiro verso ovest, siccome
non riconoscono Israele, non hanno conoscenza del loro Padre in cielo, la cui
conoscenza è in questo mondo; credono invece che Egli è il Dio
degli Dèi (Elohei ha-elohim), che trasmette alle divinità
sottostanti il potere e il regno, mentre Egli stesso non scruta il mondo
inferiore.
Rivolgete il
vostro cuore, preziosi lettori, alla vera sapienza dei Saggi. Aprite i vostri
occhi per vedere la luce e così vi convincerete che l'opinione dei
kabalisti secondo cui l'Eterno è al di sopra di ogni pensiero
concepibile per cui bisogna pregare solo zeir anpin (che ha ricevuto il potere
regnante) e chi si rivolge
<151> a Dio Altissimo (da loro nominato Ein Sof) non viene
esaudito, concorda esattamente con l'opinione summenzionata delle popolazioni
ad occidente di Tiro e ad oriente di Cartagine. E coloro che sono dell'opinione
che il Nostro Padre nei Cieli è troppo in alto, per scendere ad interessarsi
degli eventi dei livelli inferiori, ragiona come i nuovi kabalisti, che hanno
spiegato che i cinque partzufim hanno delegato a zeir anpin il potere regnante
e lui si occupa degli avvenimenti umani. Ben si adatta la rampogna del profeta
Isaia ad Israele "È troppo corta la Mia mano che Io possa redimere?
Non ho forse la potenza per salvare?"... se non che venga aiutato dai
partzufim che sono sotto a me? O li abbia delegati al posto Mio? Ma la Causa
Prima comandò chiaramente di non servire altre creazioni. Egli non
è il potere dentro ad un corpo come sostengono i nuovi kabalisti (3).
1) Cap. Harei alai issaron, pag. 110.
2) Per indicare che tutto il mondo riconosce Dio.
3) Zohar, Balak, 191 e Ha'azinu, 292.
51
Così bisogna
proclamare manifestamente che l'intera dottrina dello Zohar, relativa a Dio,
contrasta con la fede di R. Shimon b. Yohai, che disse "Chiunque associa
il Nome di Dio ad una qualsiasi altra cosa viene estirpato dal mondo".
È una volgare profanazione ritenere che il pio Tanai, R. Shimon b.
Yohai, o chiunque altro tra i Saggi, abbia mai pensato o affermato che si debba
servire zeir anpin, congiungendolo nel pensiero ad Ha-Shem Elohenu, che sarebbe
l'anima di questi partzufim; inoltre, le preghiere ai partzufim andrebbero a
questa "neshamà" che è parte dell'ein sof; che ognuno
dovrebbe unire i partzufim maschili e femminili, rappresentati nel Tetragramma
("Yod", hochmà nominato aba; la prima "he", binà
nominata ema; "vav", tifferet cioè zeir anpin; l'ultima
"he", malchut cioè nukve); che la prima menzione del Nome in
"Shemà Israel" va riferita ad aba, Eloheinu ad ema, mentre la
seconda menzione del Nome va riferita a zeir anpin (tiferet) e Uno sarebbe
malchut; infine, che bisogna <152>
congiungerli e legarli insieme, cosicché i quattro diventano uno. (1)
Per loro Yihud (unità) significa congiungere e combinare nel
pensiero le diverse categorie immaginate e disegnate nella loro fantasia come
"luci separate", finché diventano un'unità. Per questo
dicono "Per l'amore di congiungere Kudshe Brich Hu con Shechinte, per
unire il nome "yod" con la "he" ecc. (2). Quando
il fedele pronuncia questa frase deve tenere in mente aba, ema, zeir anpin e
nukve, indicati nel Tetragramma, insieme con arich e atik, accennati nel
"punto della yod". Quando i Saggi dissero che un sacrificio veniva
portato per sei motivi e cioè il sacrificio in sé, per colui che
lo presenta, per Ha-Shem, per il fuoco, per il profumo e per il piacere (la
Ghemarà spiega che il piacere è quello di Dio in quanto viene
adempiuta la Sua Volontà), perché non inclusero anche la formula
"per l'amore di Kudshe Brich Hu e Shechinte?". Il motivo è
semplice: i Saggi ritenevano che Ha-Shem Baruch-Hu fosse Unico, di
un'Unità Assoluta, dissimile da qualsiasi altra unità. Non
c'è bisogno di unirLo da parti separate, né tantomeno
congiungerLo e associarLo con i differenti partzufim. È pura blasfemia
permettere a tali idee di entrare nel cuore e nel pensiero, perché sono
del tutto estranee alla Sacra Torà. Mai siamo stati comandati di unire,
congiungere e associare ha Shem ad un'altra creazione; la nostra fede ci impone
di credere e riconoscere che Egli è Uno, come sta scritto "E tu
riconoscerai questo giorno e lo imprimerai nel tuo cuore che Ha-Shem è
il nostro Dio nei cieli di sopra e sulla terra di sotto, né vi è
altri con Lui".
1) Zohar va-ethanan, 263 A.
2) Questa espressione è persino entrata nei testi di
preghiera, a seguito dell'influenza dei kabalisti che pronunciano tale formula
prima di iniziare un rito o una preghiera.
52
In S. Mitzvot
Gadol è scritto (1): "È un precetto positivo
credere e ascoltare (ricevere su di sé) che Dio è <153> Uno nei cieli e
sulla terra e nelle quattro direzioni del mondo, come è scritto
"Ascolta, o Israele, il Signore nostro Dio, il Signore è Uno".
"Ascolta" significa "ricevere", come in "Tu ascolterai
i Cieli" ecc. (nel senso "tu riceverai su di te il giogo del
cielo"). Questo è differente da ogni altro "uno"; un re
è uno nel suo paese ma non è uno in tutti i sensi; ci sono
infatti uomini nel suo paese simili a lui e così anche ce ne sono in
altri paesi; se un angelo scendesse sulla terra, ci sarebbe un angelo nella
terra, ma non è uno in tutti i sensi, dal momento che esistono altri
angeli nei cieli che gli sono simili. Ha-Shem Elohenu, invece, è Uno in
tutti i sensi. R. Sa'adya Gaon rispose ai miscredenti che sostenevano che Egli
è due o tre. "Se uno non può fare qualcosa senza l'aiuto di
un altro, tutt'e due sono deboli; se uno, invece, è in grado di
sopraffare l'altro, entrambe sono costretti; se ambedue sono liberi di fare
ciò che vogliono, allora quando uno desidera la morte di un uomo, per
fare un esempio, e l'altro ne desidera la vita, sarebbe logico che lo stesso
mortale vivesse e morisse contemporaneamente; e se uno dei due fosse in grado
di celare una cosa all'altro, sarebbero costantemente in azione e si
affaticherebbero (perché uno deve annullare l'azione dell'altro)".
Il Gaon continua nella spiegazione, ma a noi è sufficiente comprendere
che tutto Israele possiede questa fede, impressa fermamente nei cuori, per la
quale il Fattore di tutto è Uno, come è scritto "Dio
è Uno" e così anche "Vedi ora che sono Io, Io sono Dio
e non c'è altri con Me". Osserva e medita, prezioso lettore, le
succitate parole del S. Mitzvot Gadol e di R. Sa'adya Gaon. Ai loro occhi la
nostra fede è un dato di fatto semplice ed è estraneo a qualsiasi
idea innovatrice. La nuova kabalà, invece, rende l'idea di Uno diversa
da quello che è. Un paio significa due. I nuovi kabalisti credono che
Dio contenga e includa in sé più partzufim, prima cinque e dopo
dodici nel mondo di atzilut, non considerando pure gli innumerevoli partzufim
sopra i mondi di creazione, formazione, azione e materializzazione. Ciascuno di
questi partzufim viene associato alle lettere del Tetragramma, ad Adonai, ad
Elohim, a Ha-Kadosh Baruch-Hu. I loro livelli sono divisi e distinti l'uno
dall'altro. Ogni partzuf non può creare, dare la vita o la morte, se non
ha prima preso il permesso dal partzuf sovrastante; come gli ufficiali di un re
che danno ordini ai sottoufficiali, i quali, a loro volta, li trasmettono ai
graduati minori e infine a tutto l'esercito; e ognuno opera a seconda del suo
ruolo, mentre trattandosi di decisioni importanti ci si attiene solo ai decreti
dei superiori. Essi chiamano questo Re Superiore adam kadmon; fu lui che
pronunciò "vedete, ora, che sono Io, Io solo il Dio e non
c'è altro dio con Me" e anche "Io faccio morire e faccio
rivivere", siccome questo <154>
adam kadmon è l'inizio dei partzufim di atzilut e non c'è nessuno
sopra di lui che rifiuti la sua decisione. È davvero strano che adam
kadmon non abbia bisogno di prendere permesso da adam kidma'a, che lo sovrasta
e lo spazio del quale è colmato da innumerevoli mondi, oppure dall'Ein
Sof, il Dio Superiore, che tutti sovrasta.
Abbiamo
così visto che fino al tempo del S. Mitzvot Gadol la fede di tutto
Israele era esclusivamente nell'Unità che non ha pari e questa, senza
dubbio, è l'opinione della Sacra Torà, sia scritta che orale, e
di tutti i Saggi del Talmud. Diversa è però l'opinione dei nuovi
kabalisti che mentono quando proclamano che Dio è Uno, ma, nei loro
cuori, credono che Egli sia composto da molte cause ed evoluzioni che si
susseguono e che ogni causa viene chiamata Ha-Kadosh Baruch-Hu, Dio ci salvi!!
1) Precetti positivi.
53
Il Ram, autore
di S. ha-Ghedarim, sul significato di "emunà" scrive:
"Emunà (fede, credenza) è quella immaginata nell'anima, tale
come lui la rappresenta, sia essa vera o falsa, dal momento che il credente
desidera immaginarla così". "Vera emunà" è
tale quando uno crede che la cosa da lui immaginata nel pensiero esista nello
stesso modo fuori dal suo intelletto; poiché il credere non è
ciò che uno esprime con il linguaggio bensì ciò che uno
afferra e immagina nel pensiero e nel sentimento (il credere segue ciò
che si è già formato nel pensiero). Se questa credenza è
tale, che risulta impossibile cambiarla in qualche modo, essa è una fede
vera e duratura, perché concorda con la realtà e non può
venir scambiata con qualsiasi altra cosa, opposta ad essa. È allora che
egli crede nella verità". (1) Il commento a lato riporta
le seguenti spiegazioni: — "Emunà è quella immaginata
nell'anima" — ciò viene ad escludere <155> l'opinione secondo la quale la fede non
è qualcosa da poter essere "afferrata" nella mente,
perché essa non è tale (la fede infatti deve essere compresa,
giacché uno deve capire ciò in cui crede. — vera emunà —
ciò si rifà alle parole del Rambam nel Morè Nevuhim, che
scrive: "La vera fede comporta tre elementi, che devono essere tra loro in
completo accordo: la forma nel pensiero, la fede nel cuore, la realtà;
come, ad esempio, quando uno immagina nel suo pensiero la forma di un leone e
crede nel suo cuore che tale sia nella realtà delle cose, fuori di se stesso;
dal momento, però, che l'anima non si soddisfa con la fede, se non alla
condizione che l'intelletto sia d'accordo, diventa incombente sulla persona
rafforzare la nostra fede e le nostre convinzioni, relative alla Torà,
per mezzo dell'indagine intellettuale e la concordanza con altri studi,
parallelamente allo studio della Torà. Poiché, una volta
combinatisi insieme, l'anima si rafforza nella sua fede. Così la
verità e la fede si appoggiano vicendevolmente e insieme raggiungono la
perfezione e per sempre saranno unite nel cuore". Continua il Ram:
"Ci sono però alcuni sedicenti saggi che sostengono che la fede
sublime sia quella che è in antitesi con l'intelletto. Essi sono stati
influenzati dalla dottrina cristiana. Ma questa, tuttavia, non è
l'eredità di Giacobbe, poiché la nostra fede non viene traviata
dall'intelletto; come è scritto: "Non paragonare Israele con le
altre nazioni, che non sono uscite dalla confusione e che nelle loro opinioni.
cadono in contraddizione". Così nel Kusari è scritto
(ma'amar 6): "È una profanazione attribuire a Dio qualcosa di
falso, dire che Egli ha incluso nella Torà qualcosa che l'intelletto
respinge e considera fallace. La persona istruita capisce chiaramente che la
maggioranza delle mitzvot non fu concessa affinché venisse studiata solo
dalla Torà scritta ma anche dai chiarimenti dei Saggi di benedetta
memoria nella Tradizione orale. La mitzvà che riguarda l'Unità
è quella di credere che Ha-Shem Baruch-Hu è il vero ed
indivisibile Uno. A questa fede si arriva, dopo aver negato tutti i casi, gli
attributi e gli antropomorfismi (2). È il credere nella
assoluta necessità del Suo Essere Unico senza mutamento alcuno. Esistono
anche concetti non spiegati nella Torà scritta ed orale, i quali, se uno
crede in essi in un modo non corretto, rendono impossibile la completezza della
fede".
Così
scrive anche il Hovot ha-Levavot "Solamente il Profeta o il vero e
completo Hacham è capace di servire la Causa Prima". Pertanto
è una mitzvà per noi studiare nei libri di filosofia e di
teologia quei passi che chiariscono tali mitzvot, al fine di non errare nella
nostra fede". <156>
1) Dunque il rapporto emunà-fede, emet-verità.
2) Hagshamot: il senso non è soltanto
"antropomorfismo" ma anche l'attribuire a Dio una qualsiasi
qualità presente nel mondo materiale.
54
Quanto in
precedenza espresso secondo cui la mitzvà dell'Unità di Dio viene
inclusa nella categoria di "concetti" non spiegati nella Torà
scritta ed orale appare strano ai miei occhi per vari motivi. È noto che
il metodo usato dai Saggi della Mishnà e del Talmud era quello di
menzionare ciò che si sarebbe potuto dubitare per quel che riguarda la
cosa proibita (assur) e quella lecita (mutar). Quando, però, non
esisteva dubbio alcuno, il Tanai non la menzionava. Ecco quanto spiega il
Rambam (1) : "Soltanto le cose che potevano essere messe in
dubbio, in relazione al loro essere proibite o permesse, vennero spiegate nella
Mishnà; il proibire qualcosa che uno avrebbe potuto pensare fosse
permesso o il permettere qualcosa che uno avrebbe potuto pensare fosse
proibito. Le cose ben conosciute, però, non vennero menzionate nella
Mishnà. È per questo motivo che quando la Mishnà tratta di
una cosa ben conosciuta, la Ghemarà domanda sempre: ma questo non
è semplice (peshità)? E dopo: "Cosa ci viene ad insegnare (
= Mai k'mashma lan)? È già stato chiarito dalle parole del S.
Mitzvot Gadol che l'Unità di Dio (almeno fino al tempo in cui
uscì quel libro) era fermamente radicata nei cuori di tutto Israele.
Quanto di più all'epoca dei nostri Saggi della Mishnà e del
Talmud. Peraltro, il concetto viene ribadito in molti punti della Torà,
dei Profeti e nelle Sacre Scritture: "Ascolta, o Israele, il Signore,
nostro Dio, il Signore è Uno". "E riconoscerai questo giorno e
lo imprimerai nel tuo cuore che Ha-Shem è Dio nei cieli di sopra e sulla
terra di sotto, né vi è altro dio". "Non c'è
altro dio all'infuori di Lui". "Vedi, ora, che sono Io, Io sono Dio e
non c'è altro Dio con Me". "Dio governa da solo e non vi
è un altro dio con Lui". "Io ho steso i cieli da solo, chi era
con Me quando stesi la terra, chi Mi ha preceduto?". Ci sono in
verità, molti versi che trattano la Sua Unità e il Suo Essere <157> Primo. Questa
convinzione era ben radicata nella nazione di Israele e pertanto non c'era
bisogno di spiegazioni. Inoltre la negazione di un qualsiasi pensiero materiale
o antropomorfico viene espressa in più punti nella Torà scritta:
"Poiché non avete visto immagine alcuna". "Avete
ascoltato la Voce, ma nessuna immagine avete visto". "Con chi Mi
potresti paragonare o confrontare?". "A chi Mi renderesti
simile?" Così anche la negazione di un qualsiasi cambiamento in
Ha-Kadosh Baruch-Hu, nel verso: "Io sono Iddio, non sono cambiato".
I Saggi,
tuttavia, si sono permessi di citare, nel Talmud e nei Midrashim, le domande
dei miscredenti e dei negatori della nostra fede, riportando così le
loro risposte, per cui c'è materiale a sufficienza per insegnare il
giusto modo dell'Yihud Ha Shem. Più tardi questi argomenti furono
discussi da R. Sa'adya Gaon, Rambam, R. Behiya, R. Eliezer di Garmiza, R.
Yehudà ha- Levi ed altri. Inoltre i Saggi cercarono di minimizzare, per
quanto possibile, l'uso di nomi descrittivi, che potessero far pensare a due
poteri regnanti, così, ad esempio, colui che dice "Ascolta,
ascolta" oppure "ringraziamo, ringraziamo" viene subito zittito.
(2) Troveremo ulteriori spiegazioni della vera Kabalà,
relativa all'Unità del Nome, studiando con attenzione i Targumim
tramandati dai Saggi, ossia il Targum di Onkelòs, il proselita che
tradusse la Torà grazie alla tradizione diretta di R. Eliezer e R.
Yehoshua; e anche il Targum di Yonatan b. Uziel, l'allievo più anziano
di Hillel, che tradusse i Profeti rimanendo fedele alla tradizione ricevuta da
Hillel. Essi hanno inculcato al popolo la vera Fede e hanno fissato le giuste
interpretazioni dei versi, affinché non sorgesse qualche dubbio nella
tradizione trasmessa e accettata. (3) Ed a tale riguardo i Saggi si
espressero: "Colui che traduce un verso alla lettera ne falsifica il
significato" poiché il verso si esprime con un linguaggio lato,
associato, sincopato, preso in prestito (da altri aspetti), anacronistico.
Perciò deve essere tradotto esattamente come è stato trasmesso e
ricevuto dai Saggi. Nel Talmud si racconta che quando Yonatan b. Uziel terminò
di tradurre i Profeti "una voce (bat kol) scese e disse "chi ha
rivelato questi segreti ai figli di Adamo?". Anche R. Yosef aveva spesso
affermato: se non per il Targum di questo verso non ne avremmo compreso il
significato.
Nel Midrash
ha-Gadol <158> sul
verso "Videro il Dio di Israele" (4): R. Eliezer disse:
Colui che traduce il verso alla lettera lo falsa e colui che aggiunge
alcunché al verso è blasfemo e schernitore; ad esempio, se uno
traduce il verso "Videro il Dio d'Israele" alla lettera lo ha falsato,
perché Dio vede ma non è visto; se, però, lo traduce
"Videro lo Splendore (Yekar) della Presenza Divina (Shechinà) del
Dio d'Israele" è blasfemo perché, così traducendo,
hanno formato una trinità (yekar, shechinà, el)." (5) Contro
la credenza della Trinità, proposta nel periodo mishnaico dai discepoli
di Gesù, i Saggi spiegavano il verso "Io sono il Signore, tuo Dio
che ti ha fatto uscire" ecc. (6): Ha-Kadosh Baruch-Hu disse: un
re di carne e sangue ha un padre o un fratello o un figlio, ma Io no, poiché
"Io sono il Primo" per cui non ho un padre e "Io sono
l'Ultimo" per cui non ho un figlio e "all'infuori di Me non
c'è altri" per cui non ho un fratello".
Ma ecco che
anche i nuovi kabalisti hanno adottato la credenza cristiana del Padre, del
Figlio e dello Spirito Santo, come si può capire dalle parole dell'Oz
l'Elohim: (7) "Dal momento che malka d'kol kadishin non
è mai separato da esso e splende nel cuore di zeir anpin, il cuore di
atzilut, viene anch'esso chiamato "la luce scura" (buzina d'kardinuta),
che risplende nel cuore di zeir anpin di atzilut. Così, quando viene
chiamato con questo nome, il riferimento va all'anima e non al suo indumento,
come avviene con gli altri nomi. È lui che è chiamato Re dai
figli d'Israele. Egli è il nostro Re e noi siamo i suoi sudditi ed a Lui
vanno le nostre preghiere e le nostre intenzioni; persino aba ed ema sono
scrupolosi nell'onorare questo figlio e lo temono perché Egli è
il Re che regna su tutto; e sebbene questo Sacro Figlio sia originato da aba ed
ema, spiegheremo in seguito che Egli è fondamentale; per adesso vi porto
un esempio. Se c'è un re che ha un padre e una madre, chi è
giusto servire? Certamente il re, ed anche suo padre e sua madre hanno bisogno
di lui, perché è lui il re. È su di lui che fu pronunziato
il verso "nashkù bar pen ye'enaf" (8) (spiegato
nello Zohar) "Bacia le mani di questo Figlio Sacro" poiché a
lui fu concesso il regno su tutti ecc. Perciò anche aba ed ema hanno
bisogno di lui".
Quanto
riportato è in netto contrasto con il Midrash summenzionato e con quanto
è scritto nel Talmud Yerushalmì (9): Qual è il
sigillo (hotam) di Ha-Kadosh Baruch-Hu? R. Babi nel nome di <159> R. Reuben:
"Emet" (verità). Cos'è la verità? R. Bun disse:
Che Egli è il Dio Vivente e il Re dell'Universo; Reish Lakisk disse:
"Alef" è la testa dell'alfabeto, "Mem" è nel
mezzo dell'alfabeto, "Tav" è l'ultima lettera dell'alfabeto (10):
questo ci insegna che "Io sono Ha-Shem, il "Primo" che non ha
ricevuto da nessun altro"; "all'infuori di Me non c'è altro dio
che non ha alcun socio"; "l'Ultimo sono Io" che non lo
darò mai (il mio onore) ad un altro.
Nella versione
di Shir ha-Shirim Rabbà si legge: (11) Reish Lakish disse:
"Cos'è la verità? Che non ho ricevuto il Mio regno
(malhutì) da un altro; che non esiste un secondo ecc. L'Etz Yosef spiega
che questi tre fondamenti, l'essere Primo, l'essere Uno e l'essere Eterno,
appartengono solo a Dio.
Vediamo quindi
che lo Yerushalmì, il Shir ha-Shirim Rabbà e Shemot Rabbà
sono in completa concordanza con i principi della Sua Unità che,
più tardi, vengono ripresi dal Rambam. Lo Zohar ed i kabalisti, invece,
contraddicono questi principi, perché influenzati dalla credenza nella
trinità! Siccome al tempo dei Saggi Israele era fermamente radicato
nella fede dell'Unità del Nome, non c'era bisogno di spiegare nella
Mishnà e nel Talmud che chiunque considerasse l'esistenza di emanazioni
originate dal Creatore e affermasse che esse fossero "Uno" con il
loro Emanatore, stesse compiendo un atto di idolatria. Tale infatti fu il concetto
che si affermò in seguito con la fede cristiana del Messia. Tuttavia,
già dapprima si era espresso in tal senso R. Shimon b. Yohai quando
disse: "Chiunque associ al Nome di Dio una qualsiasi altra entità
viene estirpato dal mondo". Pertanto S. Mitzvot Gadol scrisse che non era
necessario dilungarsi, perché tutto Israele era radicato fermamente
nella sua Fede dello Yihud Ha-Shem.
1. Commento alla Mishnà, cap. 7 Berachot.
2. Vedi qui cap. 25.
3. Spiegato da Rambam e R. Sa'adya Gaon. Vedi introduzione generale
di R. Adler, autore di Netinà la-gher.
4. Shemot Rabà, parashat Mishpatim.
5. Vedi riferimento in fine meghilà sull'espressione di R.
Nissim. In ogni caso, la giusta traduzione è "Videro lo splendore
del Dio di Israele". —
6. Midrash Rabbà, parashat
Yitrò.
7. Beit kodesh ha-Kedoshim.
8. Vedi qui.
9. Dinei mamonot.
10. Di "emet" alef-mem-tav.
11. Vedi Talmud, avodà zarà, cap. Ein rna'amidim
riguardo ai "minim" e Yerushalmì, cap. Shemonà sherazim
— di Ben Dama che fu morso da un serpente ecc. — vedi Rambam, cap. 9,
Avodà zarà.
<160>
55
L'autore di S.
ha-Ghedarim sulla parola "Yihud" spiega: Yihud, che deriva da yahid
(singolo, unico), indica la vera Unità che non contiene in sé
congiunzione (harkavà) alcuna. Tale concetto può essere capito
soltanto da un Hacham, avvezzo alla riflessione, che conosce i modi di
negazione dei concetti materiali. L'ignorante, però, non li conosce e lo
stolto non li comprende. La mitzvà di riconoscere l'Unità del Suo
Nome deriva dal verso "Ascolta, o Israele, il Signore, nostro Dio, il
Signore è Uno".
È noto
che le leggi relative ad una mitzvà non devono essere decretate
esclusivamente dalla Torà scritta, ma devono avere il supporto della
Tradizione orale che le spiega. Sul comandamento, però, di Yihud Ha-Shem
non troviamo il chiarimento dei Saggi; è comunque indubbio che esso fu
tramandato oralmente con la Kabalà, perché non è possibile
che la prima e fondamentale mitzvà della nostra fede in Dio sia priva di
chiarimenti. Ora, però, che questa spiegazione è stata
dimenticata dal popolo è obbligo studiare questo precetto con lo studio
dei filosofi della Sacra Torà. Così facendo, non sbaglieremo e
non correremo il rischio di inoltrarci (come fanno i nuovi kabalisti) in credenze
dualistiche e idolatre, servendo un falso dio. Tale è l'intenzione
dell'autore di Hovot quando scrive che "soltanto il Profeta della
generazione, oppure un saggio di straordinaria intelligenza, sarà in
grado di servire la Causa Prima, mentre gli altri serviranno altre
entità". Le parole di questo Hacham sono vere, perché
esistono molte combinazioni di due elementi che vengono descritte comunemente
con un solo nome (1) ma l'Unità di Dio non ha
"combinazioni" o "congiunzioni" (2). I nuovi
kabalisti, invece, parlano di aspetti e di livelli, ognuno col rispettivo nome,
e li congiungono, col linguaggio e col pensiero, all'Ein Sof che si è
emanato e poi osano dire che tutto è uno. Servono il suo corpo e la sua
anima insieme mentre, a parole, insistono nel dire che loro servono la sola
anima. Leggiamo quanto riporta l'Oz l'Elohim (3): "Se dici che
si serve l'anima senza il corpo, Dio ci salvi, è una profanazione; <161> ma, come è
già stato spiegato, il partzuf di malka kadisha e shechinte sono uniti
alla neshamà, poiché essa stessa è atika kadisha d'kol
kadishin che, con l'anima, è un'unità singola; per questo noi
pronunciamo "Egli e il Suo nome sono Uno" e sono inseparabili. Se,
però, uno servisse l'anima senza malka kadisha farebbe una separazione
tra anima e corpo". (4)
Per quanto
concerne l'affermazione del S. ha-Ghedarim per la quale "non è
possibile che la prima e fondamentale mitzvà sia priva di
chiarimenti" ho già spiegato che essa venne tralasciata
perché i Saggi contavano sul fatto che fosse già ben radicata nel
popolo. Furono i Rabbini della Ghemarà che trattarono e chiarirono la
Mishnà, esponendo i problemi che si erano creati ai loro tempi, per cui
stabilirono nuove leggi e norme, in conformità alla Torà. Quello
che però era noto alla grande maggioranza del popolo non era menzionato
nel Talmud. Invece, le idee e i concetti della nuova kabalà erano
sconosciuti agli ebrei di quei tempi e sarebbero stati indubbiamente respinti,
perché considerati estranei alla Sacra Torà. La dottrina di
Emanazione dei nuovi kabalisti fece la sua prima comparsa nel sedicesimo secolo
e fu influenzata dai testi, considerati mistici, dello Zohar e dei Tikkunim. A
sua volta Moshe de Leon subì l'influsso delle dottrine mistiche del
dualismo e della trinità. Tali nuove idee furono mescolate ed
intramezzate con le parole e i nomi della Torà, al fine di carpire le
menti e i cuori dei Rabbini. E così avvenne. Questi Hachamim, privi
ormai di hochmà, si incamminavano al macello ad occhi bendati, convinti
e fiduciosi che R. Shimon b. Yohai li avesse illuminati. Del resto, è
indubbio che Moshè de Leon trasse profitto e onori dall'aver attribuito
la sua opera all'illustre Tanai. Un esame approfondito, però, delle
parole e degli insegnamenti di R. Shimon b. Yohai, presenti nella
Mishnà, mette in risalto la completa estraneità e discordanza del
Tanai con le farneticazioni dello Zohar. Quella di R. Shimon è una vera
e propria dottrina; egli è esplicito nell'affermare che chiunque associa
il Nome con qualsiasi altra entità viene estirpato dal mondo. Inoltre,
afferma che bisogna impegnarsi costantemente nello studio della Torà
orale, giacché "lo studio della Torà era il suo
mestiere". La colpa di quei rabbini consiste nell'aver creduto in buona
fede che lo Zohar fosse davvero opera di R. Shimon; essi non investigarono
sull'autenticità del testo, non si chiesero se fosse lecito trattare
argomenti occulti, non si resero conto del contrasto stridente tra la fede pura
nell'Unità del Nome e i nuovi vaneggiamenti mistici dello Zohar. Essi
furono ingannati dall'astuto miscuglio presente nello Zohar, che aveva
intercalato tra le falsità della <162> nuova dottrina, numerose affermazioni
dei Hachamim e aveva insistito sulla rigorosa osservanza delle mitzvot e dello
studio della Torà scritta, che poteva ora essere realizzato secondo una
nuova esegesi mistica. In questo modo, raffinato e subdolo, lo studio dello
Zohar sostitutiva quello della Mishnà e del Talmud. I nuovi millantatori
sostenevano infatti che Mishnà e Talmud fossero una mescolanza di bene e
di male, mentre la nuova dottrina rappresentava la vera tradizione orale, del
tutto positiva. L'importante era ora adempiere le mitzvot per l'amore di kudshe
brich-hu e shechinte, in alto (aba ed ema) e kudshe brich-hu e shechinte, in
basso (zeir e nukvei). La nuova dottrina dirige i suoi seguaci ad una fede
idolatra rappresentata da una moltitudine di emanazioni, al cui centro
c'è la figura di zeir anpin. Per la maggior parte delle mitzvot,
l'intenzione consiste nell'abbellire e adornare (lekashet) le figure femminili
(shechinte di sopra e shechinte di sotto), affinché esse trovino grazia
agli occhi dei loro mariti (aba di sopra e zeir anpin di sotto) e questi siano
stimolati ed eccitati ad accoppiarsi (5). In tal modo vengono
concepiti e generate le anime degli angeli e le anime nuove per Israele! (6)
Il servizio e l'osservanza alle mizvot, le benedizioni e le lodi, il tutto per
l'amore di zeir anpin!
E' con questa
aberrante chiave che interpretano i passaggi biblici che usano una terminologia
enigmatica, metaforica ed allusiva o laddove il linguaggio è affettuoso;
secondo la loro esegesi il senso letterale di ciascuna parola rimane tale.
Così la "mano" di Dio, gli "occhi" di Dio, il
"naso" di Dio, il "fumo" salì nel suo
"naso", a nostra "immagine" e "somiglianza",
siete "figli" al Signore vostro Dio, miei "fratelli" e miei
"amati", essi "videro" il Dio d'Israele,
"dèstati" perché "dormi" o Signore, il
"Guardiano" di Israele non "si assopisce" e non
"dorme", vanno interpretati nel loro senso letterale. Questo è
in netto contrasto con il parere dei Saggi, per i quali, "chiunque traduce
un verso con il suo significato letterale lo falsifica". (7)
1. Vedi kelim, cap. 13
2. Poiché tutto il resto è composto.
3. Bet Kodesh ha-Kodashim, cap. 18, pag. 56 b.
4. Vedi qui, cap. 32.
5. Come il Mishnat Hassidim, Tikkum Hazot. In che modo deve essere
fatto? Uno deve sedersi a terra, vicino alla mezuzà della porta, che
allude alla "hè", deve rimanere a piedi nudi e spargere
cenere. Così facendo, zeir anpin si riscalda e la desidera (nukve). <163>
6. Zohar, Yitrò 89 b. Contro il Bereshit Rabbà,
riportato qui, cap 24, per spiegare tutto ciò che ha generazioni.
7. Come Sa'adya Gaon in Emunot ve-Deot, ma'amar Ahdut, anche
Rambam, Morè Nevuhim, helek 1.
56
Riporterò,
ora, prezioso lettore, alcune affermazioni che dimostrano l'amore e l'onore che
i Saggi attribuivano alla Mishnà e al Talmud, considerate la parte
principale della Tradizione Orale, rivelata a Mosè sul Sinai.
Dopodiché, esporrò ed elencherò alcune citazioni del falso
profeta e filosofo dello Zohar, che gettano onta e discredito sulla
Mishnà e sul Talmud e calunniano lo stesso Moshè Rabbenu,
accusato di aver trasmesso questa tradizione di sua spontanea volontà e
punito perciò con la morte e la sepoltura in terra straniera, fuori
dalla Terra Santa. È ben assodato come i Rabbini del Talmud, data la
grande importanza che attribuivano alla Mishnà, ne pesassero le parole e
il loro ordine con il metodo di interpretazione precisa (dikdukim), usato anche
nella spiegazione dei versi della Torà. Questo perché i Saggi non
dubitavano minimamente che le Leggi contenute nella Mishnà fossero le
medesime che Mosè ricevette sul Sinai, allorquando vi rimase quaranta
notti e quaranta giorni per studiarne i principi generali e i dettagli particolari,
e, in tal modo, il popolo potesse meritare la vita nel mondo a venire. A tal
riguardo, infatti, i Saggi affermarono che chi studia con cura le halachot
potrà essere certo di meritare la vita nell'aldilà. R. Ami, ad
esempio, pregava soltanto tra i pilastri del Beit ha-Midrash, luogo in cui
venivano studiate. Nel trattato Horaiot (1) si racconta di R. Meir e
R. Nathan, che erano in vivace disaccordo con Rabban Shimon b. Gamliel, quando
costui stabilì la legge, sul fatto che quando il Nassì (il capo
del Grande Sinedrio) entrava, ogni presente doveva alzarsi in suo onore; quando
l'Av Beit Din (il capo del Tribunale) entrava, si dovevano formare due schiere
ai suoi lati; se era un Hacham ad entrare, bisognava alzarsi e ci si poteva
sedere quando si era seduto. I summenzionati Rabbini sostenevano che bisognava
spodestare Rabban Shimon b. Gamliel dalla sua carica, poichè avendogli
chiesto di insegnar loro il trattato Oktzin, egli rispose di non averlo
studiato. Quando fu poi in grado di rispondere gli domandarono: "Chi
può proclamare la lode dei poteri di Dio? Chi è in grado di
raccontarne l'intera lode." Cioè, chi può proclamare la lode
dei poteri di Dio? Solo colui che è in grado di raccontarne l'intera lode.
<164> Da questo
racconto deduciamo che i Saggi consideravano la Mishnà come "lode
del potere di Dio". È scritto infatti in Midrash Tanhuma (2):
R. Yehuda b. Shalom disse: "Mosè chiese che anche la Mishnà
fosse messa per iscritto, ma Ha-Kadosh Baruch-Hu vide che, nel futuro, le altre
nazioni avrebbero tradotto la Torà, l'avrebbero letta in greco e poi
avrebbero proclamato "noi siamo Israele". Disse allora Dio a
Moshè: "Io scriverò soltanto i principi fondamentali della
Mia Torà e così per gli altri sarà considerato
strano".(3) Perché il Glorificato si espresse
così? Perché la Mlshnà contiene i segreti di Ha-Kadosh
Baruch-Hu, che concede soltanto agli Tzaddikim, come è scritto "il
segreto di Dio è per coloro che Lo temono". (4) In
questo modo la Mishnà fu amata dai Saggi e fu preziosa ai loro occhi a tal
punto che la consideravano tra i segreti che Ha-Kadosh Baruch-Hu concede ai
soli Tzaddikim. (5)
In Babà
Metzia è scritto (6): Coloro che studiano la Mikrà
(Torà scritta) prendono una misura incompleta; coloro che studiano la
Mishnà prendono una misura per la quale c'è ricompensa; ma non
c'è misura maggiore per coloro che studiano il Talmud. Correte sempre
alla Mishnà più che al Talmud. Chiede la Ghemarà: non
è questa una contraddizione? Se è detto che non c'è misura
maggiore per il Talmud, perché uno dovrebbe correre più alla
Mishnà che non al Talmud? Rispose R. Yohanan: Ai miei tempi, quando Rav
insegnava questo passo tutti usavano abbandonare la Mishnà per studiare
solo il Talmud. Perciò insegnò che uno deve correre maggiormente
alla Mishnà".
Lo
Yerushalmì riporta l'insegnamento di R. Shimon b. Yohai (7):
L'affermazione secondo la quale la Mishnà ha la precedenza (dello
studio) sulla Torà scritta è confortata da R. Shimon b. Yohai,
che insegnò: Colui che studia la Mikrà prende una misura
incompleta; colui che studia la Mishnà prende una misura per la quale
c'è ricompensa; non c'è misura maggiore per chi studia il Talmud.
Correte sempre alla Mishnà più che al Talmud. R. Yossi figlio di
R. Bun disse: Le tue parole vanno riferite al periodo che precede il termine in
cui Rabbi fissò la maggior parte delle mishnaiot, dopo di esso, si corre
al Talmud più che alla Mishnà. In Shabbat è scritto:(8)
La lettura dello Shemà nel suo momento giusto è come lo studio
della Mishnà; se la lettura dello Shemà non è nel suo
momento giusto è come uno che legge la Torà e il cui merito
è minore, per non aver studiato anche la Mishnà. Questo è
in accordo con quanto insegnò R. Shimon b. Yohai per cui <165> chi studia la
Mikrà prende una misura incompleta; i Saggi stabilirono però che
la Mikrà è simile alla Mishnà. In Yalkut è scritto:(9)
R. Haninà disse: Gli Ebrei della Diaspora si riuniscono insieme solo per
merito della Mishnà, come è scritto "Anche quando sono
dispersi tra le nazioni, di là li radunerò insieme".
Queste sono
soltanto alcune affermazioni dei Saggi che dimostrano la grande considerazione
per la Mishnà, l'essenza della Torà orale che Mosè
ricevette sul Sinai. Considera con attenzione le parole del Tanai R. Shimon B.
Yohai, in entrambi i Talmud. Egli concesse maggiore importanza alla
Mishnà che alla Mikrà, mentre il Talmud che spiega i motivi delle
leggi mishnaiche è superiore ad entrambi. Lo Yerushalmì,
però, stabilisce che la frase "corri sempre alla Mishnà
più che al Talmud" sia da riferirsi al periodo precedente la
fissazione della Mishnà da parte di Rabbi. In quel periodo c'erano molte
mishnaiot e beraitot, note oralmente ai talmidim, ciascuna nel nome di chi le
aveva pronunciate. Rabbi, nel codificare la Mishnà, escluse molte mishnaiot
e beraitot. Egli ne incluse altre senza citare però i nomi dell'autore,
perché era d'accordo con l'opinione contenutavi, che stabilì poi
come "halachà". Così fu rovesciato il senso della
precedente citazione e si stabilì "corri sempre al Talmud
più che alla Mishnà". Da ciò si può ben capire
in quale grande considerazione fossero tenuti Talmud e Mishnà e, in
particolare, nell'insegnamento di R. Shimon b. Yohai. Questa è
un'ulteriore prova che lo Zohar non fu un parto di questo esimio Tanai. Fu
scritto invece da un filosofo impostore che aveva studiato la saggezza di
Israele nei due Talmud e nei Midrashim, ma che era attratto dalle dottrine
degli antichi caldei, in antitesi con la Fede del nostro patriarca Abramo.
Costoro sostenevano, infatti, che esistevano due cause originarie, ciascuna
operante in modo opposto all'altra. Tale idea venne ripresa da Moshe de Leon
che chiamò la Causa che opera il bene "sitra d'kedusha" (adam
kadmon, keter elion, ed il resto dei partzufim e degli elementi derivanti) e la
Causa che opera il male "sitra d'kilipà" (adam belial, keter
elion d'kelipà, con il resto dei partzufim e degli elementi delle dieci
sefirot d'kelipà derivanti), chiamata anche con il nome di "el
aher" (altro dio). Egli credeva nella reale esistenza di altri dèi,
esattamente come i Caldei e gli antichi Egizi. Con il suo subdolo linguaggio e
i suoi artifici letterali è riuscito a carpire la mente e il cuore di
molti cosiddetti saggi, li ha condotti ad adottare una credenza idolatra e ha
fatto sì che essi sottovalutassero la Mishnà e il Talmud. Tale,
infatti, era la sua intenzione, cioè mettere nel dimenticatoio le leggi
della <166>
Tradizione Orale. E questo è ben riassunto nella frase esplicita dello
Zohar "Alla fine dell'esilio tutti saranno sostenuti da questa composizione".
1. pag.13.
2. Parashà va-yerà.
3. I nostri antenati R. Hitar e R. Zacharia ha-Rofè nel loro
commento ai Tredici Principi (Principio otto) spiegano che Ha-Shem disse a
Moshè che le altre nazioni avrebbero eventualmente preso la Torà
scritta da Israele ma non quella orale che non dipende dai testi ma dagli
insegnanti. Poiché se essi avessero potuto prendere anche la Torà
orale avrebbero potuto portare la prova che sono loro il vero Israele.
4. Vedi Ma-ahary di Dobna nel suo importante libro "Ohel Ya'akov"
fine Bamidbar.
5. Vedi anche Hemot Rabbà, parashà 46, ghittin, cap.
ha-berakim, Rambam, introduzione "Yad hazakà", meghilà
22, dove la halachà viene nominata la "Corona della
Torà" e Midrash Rabbà, parashat Korah.
6. Cap. mezià.
7. Cap. Col kitvè.
8. Cap. 1.
9. Inizio parashat "Tzav".
57
Riporterò
ora alcune citazioni dello Zohar, che dimostrano come esso disprezzi la
Mishnà e il Talmud e le dispute (shakla ve-taria) dei Saggi. Tali
dispute, a detta dello Zohar, provengono dalla "sitrà
ahrà", nominata anche "Mitzraim" (cioè
l'attivatore del male), che asservì i Saggi e li oberò con molte
domande e contraddizioni. Ciò considerando, il lettore intelligente
comprenderà l'intenzione dello Zohar allorquando racconta (1)
, nel nome di Saba d'Sabin (atik), che si rivelò a R. Eliezer e ai suoi
colleghi come lo stesso R. Eliezer riferì a suo padre che Saba d'Sabin
avesse loro spiegato in che modo i quattro che erano entrati nel
"Pardes" (2) dovevano studiare "i segreti delle
pietre di marmo bianco puro", che derivano da aba e da barta (figlia) e
rappresentano il livello delle prime Tavole (luhot). Essi avevano studiato
soltanto la Mishnà e il Talmud, che derivano dalle seconde Tavole e come
tali contengono sia il bene che il male, cioè ciò <167> che è
permesso e ciò che è proibito. Perciò erano in pericolo di
vita. Akiba ben Yosef, il quarto, aveva però studiato i segreti
incorrotti, purificati da tutto il male e per questo fu in grado di entrare e
di uscire incolume dal Pardes. E oltre a ciò li relega nella categoria
dell'Albero della Sapienza del Bene e del Male. Ciò contrasta con quanto
è scritto nei Sacri Testi "Poiché vi ho dato una buona
porzione, non abbandonate la Mia Legge" e anche "l'Albero della Vita
è per coloro che lo afferrano". Non "l'albero della sapienza
del bene e del male"!
I
"segreti" escogitati e rivelati nello Zohar provengono dall'Albero
della Vita, cioè zeir anpin di atzilut e qui le "kelipot" (3)
non hanno tenuta. Qui non esiste né disputa, né difficoltà
da risolvere, come è il caso della Halahà (Mishnà e
Talmud), che deriva da "Matatron" del mondo di Yetzirà. Questo
è zeir anpin di Yetzirà e fu in questo luogo che entrarono in
tre, Ben Azai, Ben Zomà ed Elisha b. Abuya. Qui, però, c'è
posto per la tenuta delle "kelipot", perché questo è l'Albero
della Sapienza del Bene e del Male. Il bene consiste in ciò che è
lecito, usufruibile e puro. Il male in ciò che è proibito, non
usufruibile e impuro (4). Lo Zohar, nel nome di Marei Matnitim
(Maestri della Mishnà) continua poi a dimostrare il basso livello della
Tradizione orale contenuta nella Mishnà e nel Talmud. "E
amareggiarono la loro vita" (gli Egizi, cioè le kelipot) "con
lavoro duro" (be-avodà kashà) questa è l'obiezione
(kushià) (5); "con la calce" (be-homer), questa
è la deduzione da minore a maggiore (kàl va-homer); "con
mattoni" (balevenim), questo è il chiarimento della legge (libbun
hilhità); "con ogni lavoro di campo" questa è la
beraità (6); "tutto il lavoro che furono costretti a
compiere con immenso travaglio", questa è la Mishnà. Se essi
si pentono di ciò, sta scritto al riguardo "E se Dio mostrò
loro un albero; questo è l'Albero della Vita, con il quale le acque si
addolcirono (7), costui e Mosè, su cui è scritto
"e la verga (mattè) del Signore era nella Sua mano""; la
verga è "Matatron", che ha da un lato la "Vita" e
dall'altro lato la "Morte". Quando egli diventa "verga"
egli è dal lato del bene e diventa "ezer" (aiuto). Se invece
diventa "serpente" egli va contro, per cui è scritto "e
Mosè fuggì da ciò": Ha-Kadosh Baruch-Hu lo mise nella
mano di Mosè e questa è la Torà orale, che contiene
proibizioni e permessi (8). —
Ecco chiarito,
prezioso lettore, il modo con il quale l'autore dello Zohar attribuisce la
Mishnà e il Talmud a Matatron e non già ad Ha-Shem. Chi si
è inoltrato nello studio della Mishnà e dal Talmud ha commesso un
grave peccato e, a loro dire, deve pentirsene e purificarsi studiando i segreti
dello Zohar, che sono dalla parte del bene. In tal modo, le acque
"maledette" e "amare" della Mishnà verranno
addolcite poiché non potranno più distinguere tra ciò che
è <168>
puro e ciò che è impuro, sacro e profano.
D'altronde, noi
abbiamo esperimentato proprio il contrario. Coloro che occupano tutto il loro
giorno nello studio di questi "segreti" e non dedicano più
tempo e interesse al Talmud e ai Poskim finiscono con l'essere incapaci di
distinguere tra puro e impuro, kasher e taref, permesso e proibito (9)
e, nello loro ignoranza, cadono in molte trappole. Le loro menti si sono
abbeverate ad una fonte falsa di parole pietose (hassidut), come, ad esempio,
servire i partzufim ed innalzare le sefirot. Farneticano sui "cervelli di
grandezza" e sui "cervelli di piccolezza", sull'unirsi in
matrimonio tra partzufim, sulle gocce che fuoriescono dai partzufim maschili
per penetrare nei grembi delle loro consorti e concubine! Per cui è
logico che non ci sia più posto, nelle loro menti insane, per le
"piccole" questioni, riportate nella Mishnà e nel Talmud, su
ciò che è permesso e su ciò che è proibito, in
accordo con i comandamenti della Torà.
1. Zohar Bereshit, Pag. 26-27.
2. Il "giardino mistico": viene anche interpretato come
un acrostico delle 4 parole peshat- remez - drush - sod, che corrispondono ai
quattro livelli di interpretazione e cioè il significato semplice,
quello allusivo, quello ermeneutico e quello occulto.
3. Letteralmente: involucro, buccia.
4. Questa è la maschera dietro la quale si nasconde l'odio
dell'autore dello Zohar per la Halachà.
5. Una difficoltà o contraddizione a ciò che è
stato precedentemente riportato nella Ghemarà.
6. La Mishnà è esterna come il campo è esterno
rispetto alla casa o alla città.
7. Mikdash Melech spiega: prima usavano studiare il significato
semplice della Torà, cioè la Mishnà, la Ghemarà e
le Beraitot. "Amareggiarono la loro vita" perché non
ricevettero l'influsso di zeir anpin di atzilut. In seguito però, si
pentirono e tornarono a studiare i segreti della Torà e ricevettero
l'influsso dal nome "Ma", il "tronco dell'albero",
l'aspetto interiore di zeir anpin.
8. Mikdash Melech spiega: siccome la legge orale deriva da Matatron
nel quale convivono
bene e male, che sono issur (proibizione) ed
"hetèr" (permesso).
9. Come alcune sette di fanatici, che proibiscono quasi tutto
perché non sono più in grado di distinguere. Ciò è
contro la Torà perché è scritto "non aggiungerai
né toglierai da essa".
58
L'autore dello
Zohar, dopo aver gettato discredito sulla Mishnà e sul <169> Talmud, attizza
il fuoco del suo livore contro coloro che si sforzano nello studio della
Mishnà, da noi considerata "l'albero della vita per coloro che la
afferrano". A detta di Vital, la nuova kabalà è la
"Matrona" (Malchut) e coloro che se ne occupano e la studiano sono
figli di re, mentre la legge orale che Mosè ricevette da Matatron e insegnò
ad Aharon, ai suoi figli, agli Anziani e a tutto Israele (1)
è la "serva" (shifhà). A suo dire, se solo Israele
l'avesse meritato, avrebbe ricevuto da Mosè una mishnà che non
contiene proibizioni, né leggi d'impurità e di castigo. Tutto
sarebbe stato permesso, puro e usufruibile. Per l'aver dato ai figli d'Israele
tale Mishnà, Mosè fu punito con la morte e con la sepoltura fuori
della Terra Santa. "E nessuno conobbe il luogo della sua sepoltura",
significa che nessuno conobbe il motivo della punizione per la quale fu
così sepolto. Vital è così "gentile" da svelarci
che il motivo della punizione fu l'aver dato ad Israele la Mishnà! Egli
arriva all'assurdità di dire che coloro che studiano la Mishnà e
i Maestri che la insegnano al popolo fanno parte dell'"erev rav"(2);
la Mishnà è la serva stessa che ha osato governare sulla
"Matrona" (malchut), causandone così la separazione dal suo
Re. Scrive infatti: "Il Re e sua moglie (Matronìta) sono separati a
causa di tre motivi, per i quali "la terra riceve su di sé la
collera"; "per la serva che regna" — ciò è
riferito alla serva nota (matronita) che diede questa mishnà a
Mosè; "per la serva che eredita la sua signoria" — questa
è la Mishnà; "per una persona insensata che si sazia col
pane" (il pane della Mishnà) — questo è l'erev rav (il
grande miscuglio) che studia la Mishnà; "una nazione insensata e
non saggia" (3). Fino a quando l'erev rav non sarà
distrutto non ci sarà l'unificazione dei partzufim e coloro che la
studiano provocando la separazione tra il Re e le sue concubine".
In parashat
"Ki-Tetzè" Vital loda la sua nuova dottrina chiamandola
Kabalà e coloro che la studiano sono chiamati "uomini". Chi
invece studia la Mishnà riceve l'appellativo di "pesce" o
"volatile"; è ai primi che va riferito il verso "e
governeranno sopra i pesci del mare e i volatili del cielo" (4).
In altre parole, coloro che studiano la nuova kabalà sono superiori ai
Tanaim, agli Amoraim, sui quali la Sacra Torà si espresse: "E
governeranno sopra i pesci del mare" ecc. Tale è la lode e l'onore
che tributano a se stessi i seguaci di questa nuova dottrina, che sprofondano
nell'adulazione, che scende fino alle viscere intestinali. Come disse Salomone
"Le parole dell'oppositore scendono nelle viscere intestinali" (5).
Con ancor maggiore impudenza si esprime nel nome del Pastore Fedele (6):
"C'è rocca e rocca; c'è pietra e pietra, c'è una
pietra nel nome di quattro <170>
lettere (si riferisce alla sua Torà, ricolma di partzufim e forme che
alludono a questo nome), sulla quale è detto che ha distrutto l'immagine
ed è diventata una grande montagna; e c'è una pietra con figura
scolpita (even maschit) che non ha sorgente di saggezza, né di parola,
poiché essa è una pietra chiamata ... (il testo dello Zohar è
stato qui censurato, ma l'intenzione ovvia dell'autore era quella di calunniare
ulteriormente la Mishnà, nominandola anche "even neghef" ed
"even michshol" cioè pietra di inciampo)".
Ti è
dunque facile capire, prezioso lettore, fino a che punto egli tiene in
considerazione la sua nuova Torà chiamandola "la pietra che
distrugge l'immagine". La parola "immagine" (tzalmà) va
riferita alla Mishnà e al Talmud che egli, subdolamente, annovera con
l'immagine degli idolatri (tzalmè ha-elilim). Egli schernisce i nostri
testi di studio, chiamandoli "pietra con figura scolpita che non ha
sorgente di saggezza". Da ciò si intuisce come egli voglia
allontanare il lettore dalla Mishnà, perché è infatti
scritto "Non erigerai una pietra di figura scolpita nella tua terra,
sì da inchinarti ad essa". In seguito, riprende il suo infame
discorso appellando la sua Torà "la Rocca" (sela), dalla quale
sgorga tutta la saggezza. Paragonò la Mishnà al duro guscio della
noce, dal quale i Saggi di ogni generazione cercano di estrarne acqua,
riuscendo a stento a farne uscire qualche goccia. Non ancora soddisfatto da
queste facilonerie, continua a deridere la Mishnà, nominandola
"serva" e "l'altra pietra" (sela ahra - kelipà).
Essa è la moglie di un giovane schiavo su cui è detto "Lo
schiavo non verrà istruito". Da lei uscirono e poi vennero abolite
molte leggi, perché non sgorgano dalla sorgente della Saggezza. Invece
la nuova kabalà è "la figlia del Re" (barta d'malka) di
cui fu detto "E parlerai alla roccia" con parole dolci e tranquillizzanti,
come s'addice ad una principessa. Racconta poi che Moshè confessò
il suo peccato (l'aver dato la Mishnà). Fu a cagione di questo trascorso
che si decretò la morte al Sommo Profeta, poiché, spiega lo
Zohar, chi rifiuta la Matrona deve morire. A maggior ragione se ha offeso la
figlia del Re! Così si decretò che non entrasse nella Terra
Promessa e fosse sepolto in terra straniera!
1. Vedi Erubin, cap. Cheizad me'abrin
2. Sono gli Egizi convertiti da Moshè che si unirono al
popolo d'Israele.
3. Proverbi.
4. Genesi 1:26.
5. Proverbi.
6. Nel nome di Ra'aya Ne'emna (pastore fedele). <171>
59
Rifletti,
prezioso lettore, sulle loro parole e considera come esse offendono la Sacra
Torà nella sua totalità e profanino ciò che l'intera nazione
ha ricevuto e accettato come santificato. La sua perfida intenzione fu quella
di allontanare i figli d'Israele dalla Mishnà e dal Talmud,
affinché la sorgente del "pozzo delle acque viventi", dal
quale sgorgano le leggi della Tradizione orale, venisse a seccarsi per sempre (1).
Egli voleva introdurre la credenza in molte divinità maschili e
femminili e sostituire lo studio della Mishnà e del Talmud con quello
dello Zohar e dei Tikkunim. Persino quando un ebreo studia la Torà, per
imparare a distinguere fra puro e impuro, come sta scritto "per
distinguere l'animale commestibile da quello proibito", non viene da loro
considerato "per l'amore di servire Ha-Shem". Il loro "amore
proprio", infatti, sa già quali sono i sacrifici da presentare. Per
i nuovi kabalisti, l'unica categoria considerata "per l'amore di
Ha-Shem" è quella di congiungere gli dèi maschili con le dee
femminili (aba con ema, zeir con nukve), in modo che diventino "una
carne" (tale è la loro intenzione per i precetti come la lettura
dello Shemà, i tefillin, gli tzitziot e altri). A questo riguardo i
kabalisti stabilirono che, prima di ogni mitzvà, bisogna pronunciare
"Le-shem ihud kudshe brichu u-shechinte" (per l'amore di unire kudshe
brich hu con shechinte). Le parole di questo filosofo scorrono come miele e
ricamano una nuova dottrina, completamente estranea alla Santa Torà. In
questo modo, usando una menzogna storica, hanno attratto i cuori di molti
fedeli e li hanno fatti peccare con la fede nei partzufim, considerati come entità
divine separate, le cui "anime" sono "scolpite" dal Dio
Superiore, che concede loro una "porzione" del suo
"essere". I loro corpi, le loro anime, i loro indumenti, originano da
una sorgente (l'Ein Sof), che non possiede nome, né punto di riferimento
e poiché non può essere compresa da pensiero alcuno, non
può anche essere servita e invocata durante la preghiera. L'Ein Sof non
potrà rispondere, perché ha già delegato i partzufim a
fare tutto il lavoro della creazione. Egli ha creato aba affinché fosse
il creatore e ordinasse ad ema "sia così' e "così
fu". Ema, a sua volta, ha eseguito gli ordini, come l'artigiano, che attua
con fedeltà la richiesta del suo padrone; inoltre aba ed ema comandarono
a zeir anpin e a nukve di usare "provvidenza" sopra tutte le creazioni
inferiori, per cui "man d'zaché l'dinà, l'dina" (chi
merita la punizione, la riceve) e "man d'zaché l'rahamei,
l'rahamé" (chi merita la misericordia, la riceve). Tutto avviene
secondo la volontà di zeir anpin. Le concezioni di questo autore si
basano su una filosofia molto antica, il <172> cui aroma e la cui fragranza si erano
già dispersi al tempo della Rivelazione di Ha-Shem Baruch-Hu sul Monte
Sinai, quando Egli proclamò "Io sono il Signore vostro Dio" e
"non avrai altri dèi". Fu dopo Giosuè e gli Anziani che
tornarono in voga tali vane speculazioni e si riprese il culto idolatra dei
Bealim e delle Ashtarot, che si credeva attirassero sui fedeli gli influssi
astrali benefici.
1. Chiaramente espresso da Yitzhak Daltash, stampato all'inizio
dello Zohar e anche in Zohar Hadash; le parole che cominciano con
ve-ha-maskilim, dove è scritto che kudshe brich hu e shechinté
concordavano su questa composizione, ecc.; vedi introduzione a Tikkunè
Zohar, 3b — "Molta gente verrà sostenuta dalla vostra composizione
alla fine dei giorni"; vedi anche Tikkunè Zohar Hadash, pp. 6, 7,
10 "che lo studio della Mishnà e del Talmud non è tale per
servire Ha-Shem. Coloro che Io studiano sono come cani che latrano e
perciò erediteranno il Ghe'enam".
60
L'autore dello
Zohar raccolse queste nuove credenze e le mescolò con quelle della Sacra
Torà, manipolando il significato e lo stile del linguaggio biblico e
delle parole dei Saggi, uscendo dai metodi di esegesi tradizionali trasmessi
dai nostri Hachamim. Volle infatti comprovare l'esistenza di altri dèi,
in contrasto alla testimonianza della Sacra Torà, che si esprime
chiaramente "Non c'è Rocca (Tzur) all'infuori del nostro Dio".
Le parole che Moshe de Leon attribuì a Moshè Rabbenu, la pace sia
su Lui, per cui fu punito perché consegnò questa Mishnà ad
Israele ed egli stesso ammise il suo peccato, Dio ci scampi, sono una volgare
menzogna. Sono in flagrante contrasto con le parole dei Saggi della
Ghemarà e con il Midrash Rabbà in molti punti: (1) R.
Yehuda portò questo esempio: è come un re che decretò che
chiunque raccogliesse e mangiasse i frutti del settimo anno venisse punito con
l'essere condotto ed esposto nella piazza reale. Avvenne che una donna di
onesta famiglia raccolse e mangiò i fichi del settimo anno. Saputa la
cosa, le guardie del re la arrestarono e la condussero in piazza; la donna
implorò il re e disse: "Mio signore, appendi questi fichi intorno
al mio collo, affinché nessuno pensi che abbia commesso un peccato di
adulterio o di stregoneria. Infatti, chi vedrà i fichi appesi al mio
collo, capirà il motivo della punizione". Allo stesso modo,
Mosè implorò l'Altissimo: "Signore del mondo, deh, scrivi
nella Tua Torà il <173>
perché non posso entrare nella Terra Promessa affinché non ci sia
qualcuno che dica che ho falsificato alcunché della Torà Scritta (2)
o abbia aggiunto alcunché che non è stato comandato (dalla
Torà Orale)". Ha-Kadosh Baruch-Hu rassicurò Moshè:
"Sta tranquillo che scriverò nella Torà che fu a motivo
delle acque soltanto. Perciò sta scritto "quando Mi disobbediste
nel deserto di Tzin". (3)
In tal modo viene avvalorato il fatto che la Torà e la Mishnà di
Mosè sono vere e furono pronunciate da Dio, non da questo Matatron, che
gli tramandò una Mishnà infarcita di bene e di male! Anche la
congregazione di Korah che si ribellò e calunniò Mosè e
perciò scese viva nella Sheol, ammise il proprio peccato dicendo
"Mosè è vero e vera è la sua Torà, mentre
siamo noi i falsificatori". È perciò cosa profana per chi
ama la Torà di Mosè e crede nella Tradizione dei Saggi, credere
nello Zohar e nelle sue fandonie. Moshè de Leon ingannò e fece
peccare Israele, pronunciando il falso contro la tradizione orale ricevuta da
Moshè Rabbenu, infangandone il nome con la volgare insinuazione che essa
mescolata col bene e col male, per cui esorta Israele a pentirsi dell'errore,
ad abbandonare la Mishnà e il Talmud per dedicarsi allo studio dello
Zohar e dei Tikkunim. Così facendo, la Vera Unità di Dio
sarà dimenticata da Israele e al suo posto subentrerà una
credenza idolatra in divinità che evolvono e si ramificano tra loro, Dio
ci scampi! Così una chiama l'altra e dice "sia così!" e
l'altra ne esegue la volontà. A volte, però, la divinità
sottostante chiede permesso a quella superiore, che se è contraria,
riceve il rimprovero "Cosa ti interessa se egli pecca? È contro di
me che pecca, non contro di te"!
Meditate su
queste assurdità che fanno sbagliare il popolo d'Israele e lo rimuovono
dall'Onnipotente Dio, la Vera Assoluta Causa Prima di tutto ciò che
esiste. Vogliono che Israele creda nell'esistenza di molte cause e in
particolare serva quel "piccolo nasuto" ed impaziente dio, che loro
chiamano zeir anpin, insieme alla sua controparte femminile; Israele dovrebbe
rivolgere le preghiere e l'adempimento dei precetti a costoro coi Nomi di
Ha-Kadosh Baruch-Hu, come la generazione di Enosh che iniziò a invocare
i suoi idoli coi nomi di Ha-shem, fino a che l'Onnipotente non fece traboccare
le acque degli Oceani, inondando un terzo del mondo (4).
1. Citazione da Midrash Rabbà, va-yikrà, parashà
31; vedi anche Yalkut, va-ethanan.
2. Etz Yosef. <174>
3. Vedi Yoma 86.
4. Spiegato dai Saggi; qui cap. 47.
61
Questo fu il
rimprovero che pronunciò Mosè contro Israele quando, ispirato da
Dio, profetizzò "Ha abbandonato il Dio che l'ha fatto, ha disprezzato
la Rocca della sua salvezza" (1). "Ha abbandonato il Dio
che l'ha fatto" va riferito alla Causa Prima. "Ed ha disprezzato
(va-yenabel) la Rocca della sua salvezza", dato che lo considerano come
una foglia secca (nabel) che non può soccorrere chi lo invoca. Nel
Midrash ha-Gadol sul verso "ha abbandonato il Dio che l'ha fatto"
è scritto: (2) Questo è, in sostanza, simile al verso
"Due mali ha commesso il mio popolo, ha abbandonato Me, Sorgente delle
acque viventi e Mi ha lasciato" ecc. Dio disse loro: "Nello stesso
modo in cui vi siete comportati con Me, così Mi comporterò con
voi", come sta scritto "Ho abbandonato la Mia casa e ho lasciato la
Mia porzione" e sta anche scritto: "Egli ha abbandonato il Santuario
(mishkan) di Shiloh e ha disprezzato le tende di Giuseppe" e anche
"Tu hai abbandonato la Tua nazione, la casa di Giacobbe, ed essi verranno
irretiti da divinità straniere" (be-zarim). Ciò viene ad
insegnarci che furono irretiti con atti abominevoli (zarut), come sta scritto:
"Ed anche Ma'aha, madre del re Assa, rimosse Magbirà, che aveva
eretto una figura mostruosa (miflezet) per la Asherà ". Cosa rappresentava questa figura
mostruosa? R. Yehudà disse: "Si abbandonavano ad atti
immorali". R. Yosef disse: "Eressero per lei la figura del sesso maschile".
(3) Analogamente, l'autore dello Zohar ha creato mostruose figure
per i suoi bealim e le sue ashtarot; tali, infatti, sono i partzufim, parti
fantasiosi della sua immaginazione che, a suo dire, devono essere serviti. Ecco
quanto scrive lo Zohar (4): "E Dio fece germogliare"
ciò va riferito ad aba ed ema; "ogni albero desiderabile"
questo è "tzadik" (yesod (5) di zeir anpin);
"buono da mangiare" questo è il pilastro di mezzo, ecc. E
così in parashat va-yetzé (6) nomina yesod di malhut e
yesod di zeir "la <175>
Porta del Cielo": Ed egli rimase
sbigottito ed esclamò: "Quanto è venerabile questo
posto!" ciò va riferito a due cose: la prima è il posto di
cui abbiamo parlato in precedenza (malchut (7)), la seconda è
il Segno del Patto (ot ha-brit, il membro circonciso, lo yesod) che è
indelebile. E sebbene siano due aspetti distinti, in realtà sono
un'unità. Questa è certamente la "Casa di Dio" che non
verrà cancellata e non dovrà trovarsi sola; il suo Patto (yesod)
è la Casa di Dio (beit Elohim), che deve essere utilizzata per produrre
i suoi frutti e spartire in essa le benedizioni provenienti da tutti gli altri
organi del corpo; poiché essa è la "porta" dell'intero
corpo, come sta scritto "questa è la porta del Cielo", ossia
è la porta dell'intero corpo attraverso la quale le benedizioni scendono
verso il basso, come sta scritto: "Questa è certamene la Casa di
Dio"; per questo Giacobbe "rimase sbigottito" ed esclamò
"come è venerabile questo posto"; e, ciò nonostante, la
gente non è cauta nell'onorare questo luogo, poiché in esso viene
fatta la pace in alto e in basso ... ecc. (8)
Riconosci,
dunque, fino a che grado di sconcezza arrivino questi concetti evanescenti e
come vengano evocate mostruose figure, per cui gli organi della copula di
questi immaginari partzufim siano nominati la "Casa di Dio" e
"la Porta del Cielo"! C'è forse bestemmia maggiore di questa?
Nel Yalkut e nel Midrash ha-Gadol, sul verso "ed essi sacrificarono ai
demoni (sheddim) e non a Dio" è scritto (9): "Altri
servirono il sole, la luna e le stelle, che sono una necessità per il
mondo, che da essi ne trae beneficio; pertanto la "gelosia divina"
non fu troppo severa con loro; costoro, invece, servirono degli elementi
sconosciuti anche alle altre nazioni, nuove immagini di stampo recente;
cosicché, quando un individuo di un'altra nazione vide ciò, disse
"questa è l'idolatria dell'ebreo". E sul verso
"sacrificarono ai demoni" il Ralbag commenta: "non solo
adoravano le stelle e i segni dello Zodiaco, ma anche le fantasie della loro
immaginazione".
È
risaputo che, nel periodo di Enosh, le prime popolazioni caddero nell'errore di
venerare le stelle, le costellazioni, la luna, il sole e gli altri eserciti
celesti (10). Dopo di loro, sorsero altri popoli che credevano in
due entità, una che opera il bene e l'altra che opera il male. Vennero,
poi, coloro che credono in una Trinità, il Padre, il Figlio e lo Spirito
Santo. La dottrina delle dieci sefirot come viene proposta dai nuovi kabalisti
è un derivato della dottrina trinitaria. Essi infatti sostengono che i
cinque partzufim costituiscono gli elementi di un'entità <176> singola che essi
nominano l'Uno. Se, però, nella loro integrità sono
"uno", ciò significa anche che ognuno dei cinque partzufim,
preso nella sua individuale unità, è una frazione di uno;
infatti, se solo i cinque partzufim, uniti insieme, costituiscono
l'Unità, parimenti la loro singola entità è solo un quinto
del Dio completo. E, dunque, perché mai nelle preghiere si deve tenere in
mente solamente uno dei cinque, cioè zeir anpin? Tale infatti è
la convinzione della maggior parte dei kabalisti. Uno di essi, però,
l'Oz l'Elohim, dissente e sostiene che le nostre preghiere debbano essere
rivolte a malka kadisha d'kol kadishin, il Re Santissimo.
Chiunque ha
intelletto rimarrà sbalordito. Come è possibile che questi
kabalisti, che si rifacevano tutti al loro "testo sacro" dello Zohar,
non fossero in grado di trovare un accordo, proprio sulla questione
fondamentale di chi bisogna pregare? Infatti uno prega e invoca zeir anpin e le
sue concubine, mentre l'altro prega e invoca malka kadisha d'kol kadishin e la
sua consorte! Guai a tale ignominia e disonore! Come è scritto "Il
bue riconosce il suo padrone e l'asino la stalla del suo padrone, mentre
Israele non ha conosciuto il suo Dio". Non ha saputo a quale forma e a
quale partzuf, tra quelli proposti dallo Zohar, dovesse pregare! Ha abbandonato
il Dio che l'ha creato, la Causa Prima, la Rocca e il Fondamento di tutto. Ha
fatto propri nuovi idoli di stampo recente, che neppure le altre nazioni
conoscevano!
1. Deut. 32,15.
2. Parashà Ha'azinu.
3. Talmud.
4. Bereshit 26.
5. Secondo i kabalisti, va riferito agli organi della copula,
maschili e femminili.
6. Zohar 150 b.
7. Commento di Shvilei Noga.
8. Genesi 28,17.
9. Deut. 32,17.
10. Spiegato nei Midrashim,
vedi Rambam inizio Hilchot avodà zarà.
62
Il vero motivo
è che il Signore, nostro Dio, ci sta mettendo alla prova, come <177> è scritto
"Poiché il Signore, vostro Dio vi sta mettendo alla prova, per
sapere se amate il Signore, vostro Dio" (1). Persino ai Profeti
non fu lecito cambiare alcunché della Torà (2) e anche
se una "bat kol" (voce dall'Alto) scendesse e decretasse
"Ascoltate ciò che dice il Profeta", noi non la ascolteremo
per deviare dai precetti del nostro Dio o per trascurare i Principi della
Torà. A maggior ragione, non ascolteremo questo tentatore, il quale,
senza alcun segno o miracolo, si è permesso di estirpare quattro dei
Principi fondamentali della Sacra Torà, espressi compitamente dal
Rambam, di benedetta memoria.
E tornando alle
menzogne dello Zohar, se i partzufim rappresentano un'unità, come fu
possibile che "atik" si separò da "arich anpin" e
dagli altri partzufim e scese da solo nella casa di studio di R. Shimon b.
Yohai, domandandogli: "Shimon, Shimon, chi disse: "ed Elohim disse
facciamo un uomo"?". Quale Elohim lo disse (3)? In che
modo, quindi, poté separarsi e manifestarsi da solo, se è legato
agli altri quattro?.
Per rispondere
a ciò, ci avvaliamo delle parole di Abraham ibn Ezra, di benedetta memoria
(4): Esiste chi afferma che Dio è trino. In altre parole,
Egli è uno ed Egli è tre e non esiste separazione. Chi sostiene
ciò, ha, però, dimenticato il verso "E due angeli vennero a
Sodoma" (5). La spiegazione di ciò è che esistono
alcuni che credono nella Trinità, per cui Dio è tre (Padre,
Figlio, Spirito Santo) e tre sono uno. A comprova di tale affermazione
riportano il verso "E Dio apparve a lui" ed anche "ecco, tre
persone" in cui, secondo le loro esegesi, le "tre persone" sono
il Dio menzionato nel verso precedente che "non può venire
separato". R. Abraham ibn Ezra spiega, invece, che i tre si separano,
poiché è scritto, in seguito, "ed i due angeli vennero a
Sodoma".
E così
risponderemo anche all'autore dello Zohar che scrive "e tutto è uno
e non si separano mai" (ve kula had ve-la mitparshim le-almin). Come ha
potuto allora saba d'sabin, che è atik, distaccarsi e recarsi da solo
nella casa di studio di R. Shimon? Quando, inoltre, sostengono che fu ema che
disse ad aba "facciamo l'uomo" e la sua mano era forte a sufficienza
per generarlo, contro il volere di aba e, per tale motivo, venne cacciata dal
Gan Eden con Adamo quando peccò, dobbiamo domandare loro perché
ema fu separata da aba se, come viene detto, sono inseparabili?
E ipotizziamo
pure che saba d'sabin si manifestò a R. Shimon b. Yohai o a <178> suo figlio R.
Eliezer, perché allora lo stesso R. Shimon si lamentò dicendo:
"alla domestica della casa di mio padre un angelo è apparso per ben
tre volte e a me neanche una volta"?
Perché i nostri Saggi non ci hanno rivelato in passato che
R. Shimon b. Yohai era maggiore in profezia di tutti gli altri Profeti? Infatti
atika kadisha era abituato a manifestarsigli, mentre stava in mezzo agli altri
nella sua casa di studio! Perché i Saggi affermarono che Hagai, Zaccaria
e Malachia furono gli ultimi Profeti e dopo di essi cessò la profezia in
Israele? Osservate bene e meditate. Questi bugiardi hanno l'impudenza di
sostenere che R. Shimon b. Yohai profetizzò dopo la distruzione del
Tempio e rivelò che il nostro servizio va rivolto al figlio di Dio, zeir
anpin. Tutti gli altri Profeti, da Mosè a Malachia, non ne fecero
menzione, fino a che ciò fu rivelato nel Medioevo!
1. Deut. 32:17.
2. Spiegato nel cap. 41.
3. "man hu hai elohim": Zohar, bereshit 22, e altrove che
saba d'sabin usava manifestarsi a R. Eliezer.
4. A proposito della Trinità, vedi suo commentario, inizio
parashat va-yerà.
5. Genesi 18:1 e 2.
63
Nel Talmud
Yerushalmì è riportato (1) : "I miscredenti
domandarono a R. Simlai: Quanti dèi crearono il mondo? Rispose: A me lo
chiedete? Rivolgetevi ad Adamo, il primo uomo, come sta scritto "Chiedete,
dunque, sui primi giorni, allorquando Dio creò Adamo sulla terra" (2)
(il verbo barà — creò e al singolare). R. Simlai spiegò:
Laddove i miscredenti argomentarono i loro dubbi, la risposta (ai loro dubbi)
sta appresso. Gli domandarono ancora: Perché c'è la forma al
plurale nel verso "facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza"?
Rispose loro: Non è scritto "Ed essi crearono l'uomo a loro
immagine" bensì "E Dio creò l'uomo a sua
immagine". Incalzarono i suoi discepoli: Costoro (i miscredenti) hai
buttato giù come un fuscello, però a noi cosa rispondi? Disse
loro: Nel passato Adamo fu creato dalla terra ed Eva fu creata da Adamo; da
allora in poi "a nostra immagine e somiglianza" <179> è
cioè impossibile per l'uomo (procreare) senza la donna e viceversa ed
è impossibile per entrambe senza la Presenza Divina. Chiesero ancora:
cosa significa "poiché Egli è il Santo Dio" (Elohim Kedoshim)?
Rispose: non sta scritto "loro" bensì "Egli", come
anche "Egli è un Dio geloso". Dissero i suoi discepoli
"Nostro Maestro, quelli (i miscredenti) hai buttato giù come un
fuscello, ma a noi cosa rispondi?" Rispose: Egli è Santo (Kadosh)
in tutti i modi di Santità, come sta scritto "Chi è come Te,
Glorioso nella Tua Santità". Chiesero ancora: cosa significa il
plurale nel verso "Chi è come questa grande nazione il cui Dio le
è vicino" (Elohim Kerovim) (3)? Rispose: Non sta scritto
"Come ha-Shem, nostro Dio, qualora li invochiamo" bensì
"qualora Lo invochiamo". Dissero i discepoli "Maestro, questi
hai buttato giù come un fuscello, ma a noi cosa rispondi? Rispose: Egli
è vicino in ogni modo di vicinanza; come R. Pinhas disse nel nome di R.
Yehudà b. R. Shimon: "L'idolatria sembra essere vicina, ma, in
realtà, è lontana". Per quale ragione? "Essi lo
(l'idolo) portano sulle loro spalle, lo posano" ecc. alla fine, l'idolatra
ha il suo idolo a casa, ne invoca l'aiuto fino alla morte, ma il suo idolo
è sordo e non lo può salvare dalle sue disgrazie. Kadosh
Baruch-Hu, invece, sembra essere lontano, ma, in verità, niente è
più vicino di Lui; come disse R. Levi: Egli è esaltato al di
sopra del mondo e, nonostante ciò, una persona, quando entra nel Tempio
e si nasconde dietro ad una colonna per pregarLo sussurrando, viene ascoltato
da Kadosh Baruch Hu, come sta scritto "Ed ecco, essa parlava dal suo cuore
e si muovevano soltanto le labbra" (4) e Dio esaudì la
sua preghiera. Parimenti è per la preghiera di ognuno, come sta scritto
"La preghiera del povero quando si rivolge a Dio e versa le sue
parole" (5) come uno che sussurra nell'orecchio dell'altro e
viene ascoltato. C'è dunque cosa più vicina di Dio alle sue
creature, come la bocca all'orecchio?
1. Cap. Ha-roeh.
2. Deut. 4, 32.
3. Deut 4, 7.
4. Samuele 1, 1:13.
5. Salmi 102.
64
Ogni persona
intelligente, che ama Dio e crede nella Torà scritta e orale, <180> sarà in
grado di comprendere fino a che punto gli autori della Mishnà e del
Talmud furono scrupolosi nello spiegare i versi che parlano di Ha-Shem al
plurale. Non solo (spiegavano) che la risposta ai miscredenti sta appresso al
verso, per cui Egli è il vero Uno, ma anche che la forma al plurale
viene messa in quanto "Egli nonostante dimori nelle altezze superiori,
lontano da tutto, tuttavia, è vicino in ogni modo di vicinanza ed
è Santo in ogni modo di santità". L'opinione dello Zohar,
invece, considera "facciamo" come due entità distinte, per cui
ema disse ad aba "facciamo l'uomo" e quando Adamo peccò, sua
"madre" fu cacciata insieme a lui e perciò rimase separata da
aba. Dio ci liberi da queste farneticazioni! Ben s'addice lo sdegno del Profeta
"Il numero delle vostre città era pari ai vostri dèi, o
Israele". Poiché quelli credevano che Dio contenesse molti livelli
e possedesse innumerevoli forme, che evolvevano l'una dall'altra, figli,
figlie, nipoti, mogli e concubine. Adoravano le "cause" che erano
già divenute "dense" e avevano assunto una loro forma. Non
prestarono certo attenzione all'insegnamento di R. Yehoshua b. Levi:
"Quando Mosè salì in alto, gli Angeli Servitori dissero al
Suo cospetto: "Dio dell'Universo, che ci fa qui tra noi un uomo nato da
donna?" (fino a quando) Mosè replicò loro (agli Angeli): "Non
è forse scritto "Onora tuo padre e tua madre"? Avete forse voi
un padre o una madre (da onorare)"? Comprendiamo così da questa
domanda "avete forse un padre o una madre"? che Mosè prevalse
sugli Angeli con la sua argomentazione. Essi, infatti, sono i servitori che
eseguono la volontà di Ha Shem. Non sono nati da umani. A maggior
ragione se gli Angeli non hanno genitori è impensabile che Dio, nel Suo
Essere, abbia un padre, una madre, un figlio, una figlia! Nelle assurde
fantasie dello Zohar c'è invece tutto questo! In Sefer Shevilei Emunà
è scritto: (1) "Ho scelto la via della fede e le Tue
leggi ho messo davanti a me". (2) I filosofi (hachmei
ha-mehkar) hanno spiegato che solo il "Profeta" della generazione,
per sua natura, oppure un grande Saggio, che ha acquisito tale grandezza,
è in grado di servire in modo reale la Causa di tutte le Cause. Quando,
infatti, uno raggiunge questo livello di comprensione ottiene una "buona
ricompensa" e lo scopo della creazione viene realizzato in lui, come sta
scritto "Colui che viene chiamato nel Mio nome, per onore Mio l'ho
creato". In conformità a questo principio, il primo dei Dieci
Comandamenti proclama "Io sono il Signore tuo Dio". Ciò
significa che devi prima credere nel tuo <181> cuore alla verità della Sua
esistenza. Dopo di ciò, potrai accettare su di te il "giogo"
del Suo regno (ol malchut); dato che l'accettare questo giogo del Suo essere Re
non sarà vero se uno non crede prima nella Sua esistenza. Per questo
è scritto "Il Signore Tuo Dio" perché Egli è il
Primo. Tutto proviene da Lui ed è in accordo alla Sua onnipotente
Volontà. Egli è il nostro Dio e noi siamo obbligati a servirLo.
Continua poi (il primo comandamento) "che ti trassi fuori dalla terra
d'Egitto", perché il fatto che Egli ci ha tratto fuori evidenzia la
Sua esistenza e la Sua volontà, poiché fu per mezzo della Sua
conoscenza e della Sua provvidenza che poterono uscire i figli d'Israele.
Dimostra anche il "rinnovamento" (hidush) della creazione,
perché se il mondo fosse sempre esistito nulla avrebbe potuto cambiarlo
dalla sua natura. Inoltre, dimostra la Sua onnipotenza e la Sua unità,
come sta scritto "affinché tu possa sapere che non esiste pari a Me
su tutta la terra". Questa mitzvà non è stata espressa sotto
forma di comandamento, giacché non sarebbe stato giusto comandare
qualcosa a uno che non conosce colui che lo sta comandando, di modo che possa
credere fermamente nella verità di ciò che segue. Perciò
"Io sono il Signore tuo Dio" non viene proclamato come comandamento
ma come un'affermazione di fede. Dopo averci resa nota la verità della Sua
esistenza e i modi del Suo operato nel mondo, Ha Shem ci comanda che
all'infuori di Lui non esiste altra entità degna di essere servita o
adorata. Dal momento che tutto ciò che esiste è in grazia della
Sua Parola. Cosicché nell'accettare il giogo del Suo regno non è
lecito includervi alcuno dei Suoi servi, affinché non si faccia
confronto alcuno tra la Sua Gloria (kavod) e quella delle Sue creazioni. Per
questo motivo il secondo comandamento proclama la verità della Sua
esistenza, perché una credenza che comporta il servizio di un'altra
entità all'infuori di Lui, comporta la negazione della Sua esistenza.
Cosicché è detto "Non avrai altri dèi al Mio
cospetto". Uno, però, non deve credere o immaginare alcuna forma o
pensiero, per cui "non avrai altri dèi" ne ammetta
l'esistenza. Giacché il termine "elohim" (dèi) va qui
riferito al pensiero di coloro che li servono, come nel verso "E gli
uomini li inseguirono" ecc. (ma, in verità, inseguirono soltanto i
loro pensieri). Il termine "aherim" (altri) significa "poteri"
derivati da "altri", cioè poteri che non hanno di per
sé valore se non in funzione di ciò che li crea e li governa dal
di fuori. E tutto ciò che non possiede alcun potere che esiste in
virtù di se stesso, non è degno di essere servito e non è
lecito che il suo nome venga usato in giuramento. In verità, il giusto
servizio va all'Unico Uno, che "governa" e tiene in esistenza <182> tutte le
creazioni nel loro ordine. Nella loro finalità ciascuna di esse si
rifà a Dio, Benedetto Egli Sia, che, a sua volta, non è governato
o portato in esistenza da alcun'altra entità esistente. Benedetto sia il
Suo Nome e lodata la Sua menzione.
1. Inizio netiz 1.
2. Salmi 119:30.
65
La spiegazione
per la quale sono chiamati "altri dei" (elohim acherim), in quanto non
esistono se non in virtù di altri, deriva da una sorgente degna di fede (1).
Nel Midrash Rabbà è scritto: (2) R. Yehuda disse: Gli
idolatri stanno sopra ai loro dèi. Il Faraone sognò "ed,
ecco, stava sopra al Nilo". Per quel che concerne gl Tzadikim, invece,
è Dio che li sovrasta "ed, ecco, Ha-Shem stava sopra di lui"
(nitzav alav) — (Commento: "stare sopra" significa qui la Sua
Provvidenza (hashgahà) che lo salva da un pericolo o da un’afflizione.
R. Yehudà vuole significare che gli idolatri devono "stare
sopra" ai loro dei per salvaguardarli. Il Dio dei Giusti, invece,
"sta sopra" di loro per custodirli e preservarli).
Nel Yalkut (3)
è scritto: Elohim aherim: ci sono forse altri dèi? Al contrario,
sta scritto "Ed Egli brucerà i loro idoli nel fuoco, poiché
essi non sono dèi". Perché allora è scritto
"elohim aherim"?. Perché essi "fanno tardare"
(meaherim) l'arrivo del bene nel mondo. Un altro motivo è che
"fanno tardare" coloro che li servono, come sta scritto: "ecco,
lo chiama e lo invoca, ma egli non gli risponde né lo salva dalla sua
afflizione". Un ulteriore motivo è che rendono diversi (aherim) (4)
coloro che li servono. R. Yossi dice: Perché sta scritto "elohim
aherim"? Ciò è per non permettere alle altre nazioni di
affermare che se (i loro dèi) fossero stati chiamati col Suo Nome
sarebbe stato necessario servirli. Qui, però, erano chiamati col suo
Nome (elohim), pur senza avere sostanza. Quando, infatti, venivano chiamati col
Suo Nome? Nel periodo di Enosh, figlio di Shet, come è scritto:
"Cominciarono allora a profanare l'invocazione nel nome di Ha-Shem". <183> Allora Ha-Kadosh
Baruch-Hu disse: "avete costruito opere nuove e le avete chiamate con il
Mio Nome. Anch'Io opererò una cosa nuova e la chiamerò con il Mio
Nome". Fu allora che salirono le acque dei mari e inondarono un terzo del
mondo. A tal riguardo è scritto "Colui che chiama le acque del mare
e le versa sulla faccia della terra, Ha-Shem è il Suo Nome". R.
Elazar di Mod'a spiegò: Elohim aherim — perché costruivano ogni
giorno nuovi dèi. In che modo? All'inizio, si forgiavano idoli d'oro.
Dopodiché lo usava (l'oro) in caso di bisogno. Allora passarono
all'argento; ma ne ebbero bisogno anche di quello. Così passarono al
bronzo, e poi al ferro, come sta scritto "Nuovi dèi di stampo
recente".
Vi sarà
chiaro da tutto ciò l'errore dei rabbini della nuova kabalà che
credevano veramente nell'esistenza di "elohim aherim", ognuno dei
quali associato a dieci sefirot e cinque partzufim di kelipà in
contrapposizione alle dieci sefirot e ai cinque partzufim di
"kedushà". Così, infatti, interpretano il verso
"Uno in contrapposizione all'altro (zé le'umat zé) li
creò Dio"; le "camere" (heichalot) di impurità in
contrapposizione alle "camere" di purità in ogni partzuf (5).
Essi ritengono che così come ha emanato, creato, plasmato e realizzato
"elohim kedoshim", così anche ne ha fatti di "elohim
aherim". Come nella kedushà ci sono, nella parte destra, adam
kadmon, atik e arich, aba ed ema, zeir e nukve, così in antitesi, nella
parte sinistra, c'è adam beli'al (uomo malvagio) di sitra ahrà.
Se
approfondisci questa concezione, ti renderai conto, prezioso lettore, che
l'origine è da ricercare nella dottrina dei dualisti, che credono in due
entità, una che opera il bene e una che opera il male. Tale dottrina
venne spiegata dai primi commentatori e da essi stessi fermamente rigettata.
Soltanto la nuova kabalà l'ha ripresa, e nel tentativo di coprirne la
falsità l'ha rivestita con il linguaggio della Sacra Torà. Ma
è a noi chiaro che essa è del tutto estranea alla fede dell'Yihud
Ha Shem, né può, tantomeno, entrare nella congregazione di
Ha-Shem. Non si tratta di kabalà, giacché ammette l'esistenza di
un "el aher" che è in contrasto con le parole della Torà:
"Poiché Ha-Shem è il Dio nei cieli di sopra e sulla terra di
sotto, non vi è altri all'infuori di Lui" o come "Tu solo sei
Dio". È soltanto in conformità al pensiero di coloro che li
servono che la Torà avvertì "Non ti prostrerai a nessun
altro Dio" e "Non avrai altri dèi aI Mio cospetto". La
Torà aveva già messo in guardia a tenersi lontano da tali
credenze. Non già che Ha-Shem Baruch-Hu abbia creato due distinti tipi
di divinità, uno santo e l'altro impuro, Dio ci scampi! Giacché
"non c'è alcun Dio all'infuori di Lui". Concludendo, non si
trova in tutta la Torà o nelle parole dei Saggi alcunché che sia
da riferirsi ad un "el aher", santo o impuro esso sia. Viene
menzionato solo <184>
il Signore, nostro Dio, Benedetto Egli sia. Tutti gli altri riferimenti vanno
ai servi che eseguono la Sua Volontà. La Torà ha menzionato
"altri dèi" soltanto in riferimento al pensiero dei pagani,
che avevano scelto, come oggetto di culto e di preghiera, una creazione di Dio.
E ad essi, considerati dèi o intermediari di dèi (6)
che presentavano i loro sacrifici. Alcuni scelsero il sole, altri la luna,
altri le stelle, altri le costellazioni, altri ancora il fuoco o l'acqua. Ed
è in relazione a loroche l'Eterno ci ammonì e pronunciò
"Non avrai altri dèi al Mio cospetto" e non prostrarti ad un
altro dio. Fu per questo motivo che R. Sa'adya Gaon nella sua tradizione della
Torà in arabo, tradusse "elohim aherim" con il termine
"ma'abud ahar" (altri tipi di servizio) e non "elaa ahar"
(altri dei).
1. Come Midrash Rabbà in molti punti, Yalkut, va-yerà
e miketz, Midrash ha Gadol, mikez ecc.
2. Con commento di Yafè Toar ed Etz Yosef.
3. Parashà Yitrò.
4. Con senso dispregiativo.
5. Mishnat Hassidim, Massehet hechalot
ha-kelipà e anche Mahberet ha Kodesh, sha'ar Rosh Hodesh, 47 B.
6. Spiegato dal Rambam, cap. 1. Hilchot avodà zarà.
66
Lo Shevilei
Emunà continua poi a provare che la Sacra Torà fu concessa da
Dio, che è Uno e Unico, dissimile da qualsiasi altro uno, e che tutte le
altre "unità" non sono il vero Uno. Poiché il vero Uno
non è suddiviso in parti, che nella loro congiunzione, si chiamano uno.
Lo Zohar e i suoi seguaci, invece, sostengono che tutti i partzufim generali
rappresentano un'unità. Si contraddicono, poi, quando affermano che
anche l'Ein Sof è un'unità, che, sua volta, si divide (mithalek),
si espande (mitpashet) e si riveste (mitlabesh) in tanti partzufim. Sostengono
anche che l'Ein Sof nel mondo di berià non è "uno",
come lo è nel mondo di atzilut. Essi includono e congiungono con la sua
"unità" i cinque partzufim che, a loro dire, sono oggetti di
creazione, come viene spiegato nello Zohar ed espresso chiaramente nello Yosher
Levav (1) "e servirLo" allude a zeir anpin, sebbene sia
una <185>
creazione, perché è la sua anima che stai servendo".
Spiega lo
Shevilei Emunà: Ha Shem Baruch-Hu è la Causa di tutte le Cause e
nulla di ciò che fu emanato o creato Lo precedette. Non c'è
inizio al Suo inizio. Non ha corpo, né potere corporeo. Tutti i termini
usati in riferimento al Creatore sono "termini prestati", come hanno
detto i Saggi "la Torà parlò col linguaggio degli uomini".
Affinché l'insensata credulità dell'ignorante non pensi che Dio
sia in qualche modo come potrebbe apparire dall'espressione biblica, la
Torà ci avvertì a considerare il Creatore privo di forma ed
aspetto alcuno, per cui è scritto "Siate estremamente cauti,
poiché non vedeste forma alcuna" ecc. Così anche i Profeti
ci ammonirono a non immaginarLo o paragonarLo a pensiero alcuno, come sta
scritto "A chi potresti paragonare Dio o quale forma Gli potresti
attribuire?". (2) Tutto ciò deve essere noto a chiunque
abbraccia la nostra fede, affinché sia in grado di distinguere tra il
Creatore e tutto il resto, per proclamare la Sua assoluta unità.
Infatti, se uno non è in grado di intendere questa distinzione, non
potrà proclamare l'Unità del Nome nel senso giusto. Se uno riesce
a conoscerla nel modo opportuno si avvicina alla verità del Suo
Creatore. La sua anima si avvicina alla comprensione della Sua esistenza e si
eleva in proporzione a tale comprensione. Infatti, la sua anima ed il suo
intelletto si elevano per mezzo del piacere immenso che deriva da tale
comprensione. L'anima, quand'è occupata da tali ragionamenti ne è
ulteriormente stimolata, perché anch'essa origina dalla
"sorgente" dell'intelletto, sicché essa langue e aspira
fortemente a "confrontarsi" (3) con il suo Creatore, per
non essere separata da Lui e per essere vincolata a Lui con un legame costante.
Ed è a proposito di tale legame che la Torà si espresse: "E
sarai strettamente unito a Lui" (u-bò tidbak). Ed è anche
scritto: "Iddio è vicino a tutti coloro che Lo chiamano".
Siccome il Creatore non è un corpo, nè una forza corporea,
è impossibile che Egli sia vicino o lontano dall'anima. Quest'ultima
è lontana, a causa della "cortina di separazione" (mehizà
ha-mavdelet), cioè l'ignoranza dell'anima (della persona) nella
conoscenza della verità. Egli è vicino all'anima tramite quella
conoscenza e quella comprensione. Perciò colui che ha un'anima (4)
deve ricercare di conoscere il giusto modo per comprendere la verità
dell'esistenza del Creatore. Questo è un principio basilare della nostra
fede. Per questa ragione la Torà ci ordinò "E riconoscerai
questo giorno e lo imprimerai nel tuo cuore che Ha-Shem è il Signore nei
cieli di sopra e sulla terra di sotto e non c'è altro" ecc. — <186>
1. Parashà nasei, su "e Dio ti fece" cioè
atik fece zeir anpin.
2. "Tedamiun" — "immaginare nel pensiero".
3. Tramite le virtù di bontà e di misericordia ecc. —
come Egli è misericordioso, così tu devi essere misericordioso,
ecc.
4. Colui che si preoccupa del beneficio della sua anima.
67
Dalle citazioni
dello Shevilei Emunà si può comprendere il motivo per il quale i
nuovi kabalisti caddero in errore. Nel momento in cui credettero vere le parole
del falso profeta dello Zohar, non prestarono più attenzione al severo
mònito della Torà "siate estremamente cauti poiché
non vedeste forma alcuna" e non ascoltarono l'avvertimento del Profeta
"a chi Mi potresti paragonare e rendermi simile?". Essi, invece,
hanno speculato sui versi che utilizzano un linguaggio enigmatico, figurativo,
metaforico, interpretandoli letteralmente. Così espressioni quali
"a nostra immagine e somiglianza" ecc. vengono interpretate
contrariamente all'esegesi dei Saggi e dei Gaonim. Per questo sono caduti nel
gravissimo errore di servire una creazione, cioè zeir anpin o (secondo
l'Oz l'Elohim) malka kadisha d'kol kadishin. Hanno poi inventato ogni genere di
allusione (remez) e allusione alle allusioni (rimzei remazim), che non hanno
alcun riscontro con la realtà, che non corrispondono neppure al numero
delle lettere o al loro contrario, o al contrario dei loro contrari o alle
parole scritte a piene lettere. Prendi, ad esempio, "ma tizak elai"
(perché Mi invochi?), che hanno stravolto per ottenere "ma-azal
ha-atik" (l'Emanatore di atik), trovando, in questo modo, un'allusione per
cui si deve invocare zeir anpin, mentre include con se il partzuf di atik
yomin, per poi unire i cinque partzufilm con atik. Questa farneticazione
è riportata nel Kissei Eliahu. Ciò deriva sia dalla scarsa
attenzione riservata alle parole dei nostri Saggi, sia dalla stolta
credulità, che ha fatto credere loro che lo Zohar sia opera del pio
Tanai, R. Shimon b. Yohai. Quando l'incantesimo di Moshè di Leon li
ammaliò non si preoccuparono più di verificare
l'autenticità dell'autore.
Precedente alla
citazione summenzionata, lo Shevilei Emunà aveva spiegato che il
Creatore, Benedetto Egli Sia, non può venir descritto con attributi e
qualità: ciò significa che Egli non possiede alcuna
qualità attribuibile (eichut), <187> dato che è impossibile possedere una
qualità se non in virtù di quello che può venir
qualificato. Ciò è dovuto al fatto che la
"qualità" è "accidentale" (cioè
può cambiare o essere cambiata) e ciò che è
"accidentale" non può stare insieme con ciò che
è "essenziale" (cioè che non cambia mai).
Cosicché il Creatore è privo di qualità. Similmente tutto
ciò che possiede qualità presenta anche attributi (toarim); Dio,
però, non possiede attributo alcuno, ecc. (1) Più
avanti, scrive:
"Che non entri nel tuo pensiero che tu possa percepire Dio,
cercando di studiare e di indagare la conoscenza della sua Essenza o della Sua
Verità essenziale. Questo, infatti, è impossibile. Al contrario,
colui che tenta di inoltrarsi in questo studio, oltre ad essere stolto,
è anche blasfemo ed oltraggioso. Poiché ogni cosa che è in
esistenza non può comprendere ciò. Quanto meno l'uomo che si
trova in un corpo materiale. Perciò i Saggi, di benedetta memoria, ci
hanno messo in guardia, severamente: "Non indagare su ciò che
è troppo elevato".
1. Morè Nevuhim, cap. 52 della prima edizione.
68
I tuoi occhi
possono vedere, prezioso lettore, come i nuovi kabalisti, seguendo ciecamente
l'ingannatore, sono caduti nell'errore di parlare della Sua Essenza,
descrivendola come "una luce risplendente ed abbagliante" (or tzah
umetzuhtzah), che subisce diversi cambiamenti. Così descrissero che in
principio Egli colmò tutto lo spazio. Poi si contrasse intorno ai lati
per far posto alle Sue creazioni, similmente ad una sfera con l'interno vuoto.
Quindi lasciò che si sviluppasse una linea diritta, come un tubo
stretto, che scendeva piano piano e assumeva via via una forma sferoidale, per
formare così le sefirot circondanti. Dallo stesso tubo originarono le
sefirot rette nella sembianza di un uomo ben strutturato con 248 arti e 365
arterie e vene. Non era per loro sufficiente aver descritto tale immagine, tale
forma strutturata, tale somiglianza (1). Vi aggiunsero anche
numerosi partzufim, uno sopra l'altro, disposti gerarchicamente anche nei loro
rapporti reciproci. Ognuno
<188> di essi era la "causa" del dio sottostante, mentre
adam kadmon veniva nominato la causa prima, dal momento che non c'è
qualcuno sopra di lui che lo comanda. Fu costui che proclamò
"Vedete ora che sono Io, il Signore, e non c'è altro dio con
Me". Uno scalino più in basso e troviamo atika kadisha, con annessi
il maschio e la femmina nel suo partzuf. Poi, c'è arich anpin, anch'esso
col maschio e la femmina, ma disposti diversamente, in quanto possiedono
angolazioni davanti e dietro, uno a destra, l'altra a sinistra. Dopo aba ed
ema, troviamo zeir e nukve, due partzufim separati, che, a loro volta, vengono
suddivisi in dodici partzufim specifici, ciascuno dei quali viene chiamato col
nome di Ha-Kadosh Baruch-Hu, con il Tetragramma, e con il nome Adonai.
Questi sono i
dodici partzufim: atik e nukve, arich e nukvei, aba ed ema (ila'in), israel
saba e tevunà, zeir e nukve, Ya'akob e Lea (2). Ogni partzuf
ha una misura e un limite. Uno raggiunge in altezza il petto del partzuf
sovrastante; un altro si misura fino all'ombelico e cosi via, con descrizioni
pertinenti la funzione e la qualità di un corpo.
Affermando che
fu adam kadmon che disse "vedete, ora, che sono Io" ecc. e che non ha
superiori che lo comandano, i kabalisti hanno però dimenticato le
miriadi di partzufim, presenti nei mondi superiori, ciascuno con il suo mondo
di atzilut, berià, yezirà ed assià. Perché mai adam
kadmon non deve essere ordinato dall'emanazione superiore alla sua?
Perché non hanno dato il potere regnante ad adam kidma'a, che lo
sovrasta, oppure all'ein sof che è al di sopra di tutti? Non è
forse empio e blasfemo descrivere Dio come una luce? Non è forse
"minut" nominare ogni causa con i Nomi di Ha-Kadosh Baruch-Hu?
1. Vedi qui cap. 74.
2. Etz Haim, sha'ar ha-tikkun, cap. 1.
69
Non fu loro
sufficiente numerare queste divinità nel mondo di atzilut. Le stesse
combinazioni numeriche si trovano anche negli altri mondi di emanazione,
cioè berià, yezirà e assià. A loro dire,
però, l'Ein Sof che si investe in essi non è "uno" con
essi, come avviene nel mondo di atzilut.(1) Nonostante ciò,
li lodano e li <189>
esaltano e li considerano come il loro dio. Così troviamo nel libro di
preghiera, Hesed le Avraham, nella spiegazione del "piut" "Ein
ke Elohenu" (Non c'è come il nostro Dio): "Non c'è come
il nostro Dio (malchut di assyà); non c'è come il nostro Signore
(zeir di assyà); non c'è come il nostro Re (ema di assyà);
non c'è come il nostro Salvatore (aba di arich di assyà); chi
è come il nostro Dio (malchut di yezirà)?; chi è come il
nostro Signore (zeir di yezirà)?; chi è come il nostro Re (ema di
yezirà)?; chi è come il nostro Salvatore (aba ed arich di
yezirà)?; lodiamo il nostro Dio (malchut di berià); lodiamo il
nostro Signore (zeir di berià); lodiamo il nostro Re (ema di
berià); lodiamo il nostro Salvatore (aba ed arich di berià);
Benedetto è il nostro Dio (malchut di atzilut); Benedetto è il
nostro Signore (zeir di atzilut); Benedetto è il nostro Re (ema di
atzilut); Benedetto è il nostro Salvatore (aba ed arich di atzilut); Tu
sei il nostro Dio (la corona di arich); Tu sei il nostro Signore (la testa di
atik yomin); Tu sei il nostro Re (adam kadmon); Tu sei il nostro Salvatore (la
luce interiore e la luce circondante che si investono in essi)".
Da qui è
chiaro che essi ricevono su di loro come Dio, Signore, Re e Salvatore ogni
partzuf individuale, anche quelli che si trovano nei mondi di separazione!
Considerato
tutto ciò, è davvero curiosa la guerra che state facendo contro
di noi, con tanto di insulti e di offese e con il vostro tentativo di soffocare
la nostra vita. Noi, infatti, sopportiamo tutta questa violenza soltanto per
l'onore del nostro Padre, nostro Re, Unico e Assoluto. E per quale motivo ci
schernite in tal modo? Non è forse perché ci siamo dissociati
categoricamente dall'accettare la vostra falsa fede? Del resto, voi cadete in
contraddizione e nascondete le vostre vere cedenze, affinché non siano a
tutti manifeste. Nelle vostre risposte vi sforzate, inutilmente, di occultare
le vostre discrepanze. Siete come il ladro, che opera soltanto nel buio della
notte per non essere riconosciuto. Così facendo, nascondete la vostra
vera natura idolatra. È per fedeltà all'Onnipotente che sentimmo
l'obbligo di smascherare le falsità delle vostre affermazioni e delle
vostre smentite, come quando scriveste nella vostra risposta "chi ha mai
detto che l'Ein Sof è divisibile?" Fu necessario che riportassimo
per esteso le citazioni dai libri dei nuovi kabalisti per contrapporle alle parole
dei nostri Saggi; in questo modo, abbiamo messo a nudo i vostri errori e i
vostri inganni, coi quale cercate di occultare la natura blasfema delle vostre
credenze, avvolgendole nel manto della preghiera. Negate ciò che
è a tutti chiaro e non perseguite la Verità. Perché non
ammettete di aver ricevuto su di voi il servizio dei tanti partzufim emanati?
Non è forse per onore e perché <190> desiderate acquistare fama tra le masse
ignare e male istruite? Vi piace essere adulati e così convincete gli
ignoranti che state combattendo a favore di Dio e della Torà!
R. Y. Albo
scrisse nel suo S. ha Ikkarim (2): "L'affermazione della Sacra
Torà, per la quale si deve seguire la maggioranza (delle opinioni —
ahrè rabim le-hatot) è valida, ma a condizione che la maggioranza
sia formata da Hachamim e non da gente non istruita. Poiché le masse e
gli individui non istruiti possono venire ingannati a credere ciò che
è falso, a tal punto che lo potrebbero anche testimoniare.
Cosicché non è giusto portare come prova la conformità
d'opinione delle masse, giacché molto spesso concorderanno su ciò
che è l'opposto della verità. Nei giorni di Achab e di
Menashè, ad esempio, tutti commettevano idolatria, eccezione fatta per i
Profeti e i loro allievi. Sarebbe dunque stato giusto considerare peccatori
Elia e i cento Profeti, condotti nel nascondiglio di Ovadia, perché
erano una minoranza, e considerare meritevoli le masse idolatre? È
chiaro che il potere decisionale viene tramandato ai soli Hachamim,
poiché la saggezza è un dono di Dio, come sta scritto
"poiché Dio dona saggezza e dalla Sua bocca sapienza e
comprensione". Cosicché la Torà rimane completa in ogni
generazione e non viene a mancare in modo alcuno".
1. "lav ihu had be-hon", come in
Kissei Eliahu, p. 21 A.
2. Ma'amar 3, cap. 23.
70
Numerose sono
le menzioni dei loro dèi nei testi di preghiera, e in numerose
"tefilot" e "berachot" viene persino precisato quale
partzuf bisogna evocare. Comunque, il grande numero di divinità da
pregare non saziò certo il loro appetito idolatra. Esistono infatti
moltitudini di emanazioni superiori, che, a causa della loro segretezza, non
possono venire evocate nella preghiera. Così adam kadmon e adam
kidmà non possono essere oggetti di preghiera e non devono essere
assolutamente considerati nelle intenzioni del fedele, in virtù,
appunto, della loro segretezza. A maggior ragione ciò vale per le
miriadi di partzufim <191>
presenti sopra il mondo di atzilut. I kabalisti accennarono ad essi soltanto di
sfuggita. Chissà se essi contengono tutti quei partzufim ricordati nei
mondi inferiori? Infatti questo "segreto" non ce lo hanno svelato,
cosicché siamo all'oscuro della loro natura.
Soltanto il
Mikdash Melech osò svelare che "la parte circondante che è
vicina a "teharà" (la purità) è nominata adam kidmà
stimà (occulta) per distinguerla da adam kadmon: questa parte si
trasforma nelle dieci sefirot, una interna all'altra ed in ognuna di esse
vengono edificati numerosi mondi" ecc.
Per riassumere,
dunque, la disposizione di questo Pantheon, troviamo prima l'ein sof, che
circonda tutti i mondi, contenuti, a loro volta, all'interno del suo vuoto
(halal). Poi c'è adam kidmà stimà e poi adam kadmon, che
pronunciò "vedete, ora, che sono Io, Io sono Dio e non vi è
altro dio con Me" per il fatto che non deve sottostare agli ordini di adam
kidmà e dell'ein sof. Poi viene atik yomin e subito dopo arich anpin,
che, a loro dire, ha creato i cieli e la terra, tramite i poteri di aba e di
ema. In seguito aba disse "Sia la luce", "si raccolgano le
acque", ecc., mentre ema, l'artigiana, eseguì, la sua
volontà, eccezion fatta per il "facciamo l'uomo" ecc. (tale
era la convinzione della madre, mentre il padre prevedeva i futuri errori e non
era d'accordo, ecc.). Seguono a queste gerarchie zeir anpin con sua moglie. E a
lui che tutte le lingue devono rivolgersi in preghiera ed è lei che
tutti i cuori devono temere! I nuovi kabalisti hanno spiegato che lo Zohar ed i
Tikkunim non hanno argomentato sui partzufim superiori (se non per sfuggevoli
accenni) a causa della loro segretezza. Così valga per le preghiere e il
servizio nei loro confronti. Solo un partzuf che ha già acquisito
densità e può essere percepito può essere evocato e
servito! (1)
C'è
davvero da rimanere sbalorditi ascoltando simili ragionamenti. Poiché il
Signore, nostro Dio, che è la Causa Prima ed è Colui che i nostri
antenati e i nostri Padri hanno sempre servito con devozione, è
completamente occulto e segreto. Persino gli Angeli e Haiot ha-Kodesh chiedono
"Dov'è il luogo della Sua Gloria?". E nonostante ciò,
il verso dice "Quale nazione è così grande da avere Dio
così vicino, come lo è il Signore nostro Dio, allorquando Lo
invochiamo?".
1. Spiegato in S. ha Berit e da Vital — vedi qui cap. 41. <192>
71
Riportiamo ora
alcuni dei "tredici Principi" del Rambam nel suo commento alla
Mishnà, così come vengono riportati nello Shevilei Emunà: (1)
— Primo
Principio (ikkar): Crediamo che il Creatore, Benedetto Egli Sia, esiste di
un'Esistenza Assoluta; Egli è la causa dell'esistenza di tutto
ciò che esiste; da Lui deriva la conservazione di tale esistenza. Se noi
immaginassimo l'assenza della Sua esistenza, l'esistenza di tutto il resto
verrebbe annullato e non ci sarebbe creazione alcuna. Se, al contrario,
immaginassimo l'assenza di tutto ciò che esiste all'infuori di Lui, la
Sua esistenza non ne verrebbe annullata, né tantomeno ne risentirebbe.
Dato che il Creatore, Benedetto Egli sia, è "ricco", in quanto
non deve dipendere da altro. Tutte le altre esistenze, come le "conoscenze"
(2), le sfere celesti (galgalim) e ciò che in esse è
racchiuso, necessitano di Lui per la loro esistenza, mentre Egli non necessita
di loro. Questo principio si deduce dalle parole "Io sono il Signore, tuo
Dio". —
— Secondo
Principio: riguarda la Sua Unità. Dobbiamo sapere che la Causa di tutto
è Unica. Non si tratta di un'unità generica di specie, come
l'umanità, ad es., che comprende molti uomini; né di
un'unità specifica di specie, come, ad es. un uomo in particolare che
possiede 248 membra; né si tratta di un'unità combinata, che
può essere scomposta in molte altre unità; né si tratta di
un'unità semplice, che è singola nel numero, ma può
contenere un numero infinito di divisioni e suddivisioni. Queste unità
vengono nominate singole solo in senso traslato, dal momento che tutte le
entità "raccolte insieme" sotto un nome sono simili in un
aspetto particolare, ma non sono unità nel vero senso della parola. Il
vero Uno, infatti, è il Creatore, Benedetto Egli Sia, al quale non
è associata unità alcuna. Questa è la parola di Dio, come
sta scritto "Ascolta, Israele, Dio, il nostro Signore, Dio è
Uno".
Questa è
la vera Kabalà che abbiamo ricevuto da Mosè, nostro Maestro, e da
Abramo, nostro Padre, secondo cui l'Unità di Dio è dissimile da
qualsiasi altra categoria di uno, è eterna, è e sempre
sarà immutabile (3). Non come sostengono i nuovi kabalisti
che la Causa Prima è l'ein sof, scomponibile in emanazioni, che subisce
una quantità di mutamenti, né tantomeno è una luce
infinita dalla quale originò un'immensa sfera che si contrasse (4).
1. Cap. Helek.
2. Oppure "intelligenze", cioè gli Angeli che
Rambam denominò "le intelligenze separate". <193>
3. Vedi anche Hidushei Gaonim in "Ain Ya'akob", cap. 3,
Nedarim, sulla questione della circoncisione e della frase "Uno era
Abramo".
4. Confronta qui, cap. 31.
72
Nel Midrash
Rabbà, sul verso "Ascolta, Israele, Dio, il nostro Signore, Dio
è Uno" è scritto: "Questo è come sta scritto nel
verso (1) "Chi è con me in cielo tranne che Te? Io non
voglio altri che Te in terra". Rav disse: Ci sono due cieli ecc. R. Elazar
disse: Ci sono sette cieli ecc. e Ha-Kadosh Baruch-Hu li aprì tutti per
Israele. Ciò fu per far conoscere a Israele che non esiste altro Dio,
all'infuori di Lui. L'Adunanza di Israele proclamò davanti all'Onnipotente:
"Chi è con me nei cieli, all'infuori della Tua Gloria. Nello stesso
modo che non ho alcuno nei cieli all'infuori di Te, così anche non ho
voluto alcun altro nella terra. Perciò ogni giorno entro in sinagoga e
testimonio che non c'è nessun altro Dio tranne che Te e proclamo
"Ascolta, Israele, Dio, il nostro Signore, Dio è Uno".
In completo
contrasto a ciò è l'opinione dei nuovi kabalisti, per la quale
quando uno proclama "Ascolta, Israele" ecc. e con ciò accetta
su di sé il giogo del cielo, deve congiungere nel suo pensiero e nella
sua intenzione aba ed ema, zeir e nukvei (2). Peggio ancora, se uno
prega la Causa Prima, la sua preghiera non è tale. Infatti, deve
rivolgersi soltanto a zeir anpin, combinato con la sua consorte, mentre nel
pensiero deve mettere insieme aba ed ema, arich e atik, affinché la sua
preghiera venga esaudita in modo più sollecito (3)!
Tornando al
Midrash Rabbà: "Ascolta, Israele" ecc. Dissero i Rabbini: Ha
Kadosh Baruch-Hu disse "Di tutto creai una coppia; il cielo e la terra sono
una coppia, così anche il sole e la luna, Adamo ed Eva, questo mondo e
l'aldilà; ma la Mia Gloria (kavod) è Unica nell'universo",
come leggiamo "Ascolta, Israele, Dio, il nostro Signore, Dio è
Uno".
1. Salmi 73:25.
2. Spiegato nello Zohar, ve-ethanan; confronta qui cap. 35. <194>
3. Confronta qui cap. 23.
73
Chiunque abbia
studiato la filosofia dei nuovi kabalisti sa che essi credono nell'esistenza,
accanto alle schiere degli dèi puri, di molti dèi impuri. Tali
sono gli dèi "cattivi", ognuno con dieci sefirot ed essi
operano il male nel mondo. Spesso, però, hanno il sopravvento sulle
divinità buone, le dominano e le sottomettono in schiavitù con la
forza, come spiega il testo "Mishanat Hassidim" (1): E se
Ha-Kadosh Baruch-Hu (arich anpin) non avesse redento i nostri padri (aba ed
ema) dalla Terra d'Egitto (adam bli'al), in quanto si era bloccato nella gola
di arich anpin, eliminandone l'influsso verso zeir anpin, quest'ultimo sarebbe
rimasto in esilio con insopportabile sofferenza, come un feto nel grembo
materno.
Ho già citato (2) alcune spiegazioni del
Maharshal (3). Ecco la continuazione e la conclusione delle sue
parole: "Ho conosciuto molte persone che sono estremamente precise
(medakdekim) su questioni insignificanti e prive di valore, che mettono i
filatteri del braccio (tefilin shel yad) rimanendo seduti. Questi innovatori di
recente stampo si compiacciono di definirsi kabalisti e si occupano di
midrashim segreti. Hanno la vista debole e perciò non sostengono la luce
dello Zohar (4). Non sanno dove questo testo fu reperito, né
da dove proviene, né tantomeno le sue recondite intenzioni. Sanno
soltanto che l'autore è R. Shimon b. Yohai. Sappiate bene che tutti i
miei Maestri, che avevano studiato e servito grandi Gheonim, non si
comportarono mai in tal modo. Tutti seguirono le parole e l'insegnamento del
Talmud e dei Poskim".
Aprite bene i vostri occhi e
considerate il fatto che se verità alcuna ci fosse nelle loro (dei
kabalisti) affermazioni, non è possibile che non sia stato ricordato da alcun
autore o per lo meno menzionato nel Talmud Babilonese o Gerosolimitano, in
Sifrà o nei libri di she'elot e pesikta (questioni e decisioni legali).
Infatti colui che viene introdotto ai "segreti" nel modo sbagliato
arriverà a credere in convinzioni blasfeme. Perciò, prezioso
lettore, non camminare lungo le loro vie e non occuparti di cose occulte.
Lascia perdere coloro che si vantano delle loro innovazioni, come se
conoscessero e <195>
capissero veramente i segreti della Torà e le sue intenzioni recondite.
Magari conoscessero almeno quelle manifeste! Sia ben chiaro che chiunque
apporta tali cambiamenti ha lasciato che le sue mani cadano verso il basso,
mentre le nostre mani rimangano in alto.
È bene
che il lettore presti particolare attenzione a queste parole del Gaon Maharshal
ed alle allusioni qui presenti. Ha detto che la loro vista è debole, per
cui non vedono chiaramente. Non sanno dove lo Zohar fu trovato, né da
dove fu portato. Non ne conoscono le "intenzioni" e qui Maharshal
allude al fatto che il testo ha una sua "propria" intenzione, diversa
da quella della Torà (cioè di condurre Israele ad una fede
politeista. Dio ci scampi!). Con l'esortazione "aprite bene i vostri
occhi" ecc. arriva alla logica considerazione, che "se ci fosse
verità nelle loro affermazioni" secondo cui fu opera di R. Shimon
b. Yohai, egli stesso Hacham della Mishnà, come mai non se ne fa accenno
alcuno nei due Talmud o nel Sifrà? Come mai nessun Hacham del suo tempo
sentì mai dalla sua viva voce almeno una parola di tutto ciò che
gli viene attribuito nello Zohar e nei Tikkunim? Ciò dimostra che si
tratta di una volgare menzogna! Il Maharshal spiega anche che quando uno
è ignorante della Sapienza della Torà, tale come viene insegnata
nel Talmud e nei Poskim, arriverà a delle credenze blasfeme, cioè
idolatre, come sta scritto "Lo stolto crederà in tutto, ma una
persona con discernimento indagherà a lungo per la sua
comprensione"! Conclude il Maharshal che "Dopo la chiusura del Talmud
non si deve rendere la legge più severa, in disaccordo con la
Ghemarà" (5).
È a
tutti noto, invece, che i seguaci dello Zohar e i nuovi kabalisti hanno
apportato un grande numero di nuove proibizioni (issurim) e nuove
severità legali (humrot), hanno formulato nuovi riti, in base alla loro
credenza in molti partzufim.
Il Maharshal si
accorse di questa nuova estraneità di rito, dal momento che i suoi occhi
vedevano e le sue palpebre distinguevano; egli comprese che queste nuove idee
provenivano da una radice pagana e il motivo con il quale giustificavano questi
nuovi fardelli di proibizioni e di severe interdizioni non esisteva nello
spirito del Talmud. Siccome, però, i loro contemporanei, quali R. Tam
ibn Yihie, R. Yosef Albo, il Maharshal ed altri, temevano di essere molestati e
perseguitati da questi zeloti di falsità, come avvenne ad Elia con
Jezabel, preferirono attribuire l'errore solo a coloro che studiavano lo Zohar
ma li ammonivano a non inoltrarsi in quel terreno infido. Conoscevano,
però, l'amara verità e sapevano che tali "humrot"
costituivano "minut" e "kifrut". <196>
Meditate bene
su quanto scrive un testo kabalista, il Mishnat Hassidim, massechet "leil
Pesah" (6): "Quando si dice nell'Aggadà
"Sangue, fuoco, nubi di fumo" e quando si pronunciano le dieci piaghe
individualmente, bisogna versare il vino dal bicchiere in un recipiente rotto,
che rappresenta la "kelipà", nominato "arur"
(maledetto). In tal modo il sangue mestruale di malchut cessa il suo flusso, al
fine di essere pronta all'accoppiamento e sufficientemente pulita per ricevere
il seme; il vino che rimane è un "vino che rende allegri"
(yain ha-messameah), è sangue puro che in futuro diventerà grasso
(heleb)".
Qualsiasi ebreo
con un minimo di saggezza potrà capire da queste aberranti parole che
questa è un'offerta sull'altare dell'idolatria. Egli (il kabalista) fa
una libagione dal suo bicchiere di vino alla kelipà di nome
"arur" per riparare "malchut". Il suo vino, dunque, non va
assolutamente bevuto, in accordo con la legge della Torà come spiegato
nel Talmud (7).
1. Massechet Leil Pesah, cap. 7, mish. 3.
2. Vedi qui cap. 10, 11 (nota).
3. Riportato in Revid ha-Zahav, di Mahari Mizrahi.
4. Gioco di parole, "zohar" significa anche "luce
splendente".
5. Vedi qui cap. 11 (nota 1).
6. Cap. 11.
7. Sanhedrin, cap "arba mitot", 60 b.
74
"I Suoi
servi si chiedono tra loro "dov'è il posto della Sua Gloria?"
ecc., come spiegato nel Talmud, neppure gli Angeli conoscono il posto della Sua
Gloria" (1). È da più di duecento anni che sotto
l'influenza dei nuovi kabalisti questo verso (basato sulla versione degli
uomini della Grande Assemblea) viene limitato alla sola Kedushà di
mussaf-shabbat. Il Mishnat Hassidim (2) ne spiega il motivo:
"giacché zeir e nukve non possono elevarsi al di sopra del posto da
cui <197> furono
emanati, come invece è loro permesso di Sabato, così il verso
"i Suoi servi si chiedono tra loro dov'è il posto della Sua Gloria
?" non deve essere recitato (se non di Sabato), poiché i Suoi servi
ne conoscono il posto".
Comprendiamo da
ciò che i nuovi kabalisti ritengono che l'Onnipotente sia nascosto ed
invisibile agli occhi dei Suoi servi, fino al punto che devono chiedere
"dov'è il posto della Sua Gloria?" soltanto il Sabato, quando
Egli si eleva al di sopra della dimora usuale della Sua Gloria. Infatti, quando
i Suoi servi vedono che la Sua dimora usuale è vacante, si rammentano di
formulare la domanda. Durante gli altri giorni, però, Egli rimane nella
Sua sede, cosicché non hanno bisogno di domandarlo perché sanno
dov'è!
Deduciamo da
queste farneticazioni, il grave errore che commisero nel Medioevo molti
rabbini, che abbandonarono lo studio della Mishnà e del Talmud, per
dedicare il loro tempo allo Zohar e alla sua lettura. Lettura senza
comprensione, come i pappagalli! Apportarono molte modifiche ai testi di
preghiera, crearono nuovi riti, inventarono numerose norme rigorose, mai prima
sentite, che, a lungo andare, hanno distrutto l'equilibrio anche degli
intelletti migliori.
Non è
senza ragione che la Mishnà dichiarò (3): "Se uno
dice "Mi rifiuto di fungere da "hazan" (officiante in sinagoga)
quando sono vestito con indumenti colorati" non può fungere da
hazan anche se indossa indumenti bianchi. Oppure se dice "Mi rifiuto ecc.
quando calzo sandali" non può fungere da hazan anche a piedi nudi,
ecc". Il Tosafot Yom Tov commenta tale citazione: "Se uno è
severo (impone su di sé usanze severe) sulle consuetudini per le quali
non vige la severità tra i figli d'Israele, noi sospettiamo che qualche
pensiero folle sia entrato in lui e abbia preso a seguire false credenze".
1. Come la versione del Rambam — Gli Yemeniti, infatti, dicono
"ayei mekom kevodò" nella Kedushà di ogni
tefilà.
2. Masechet rosh-hodesh, cap. 3, mish. 9.
3. Cap. Ha-korè 'omed.
75
Il terzo
Principio enunciato dallo Shevilei Emunà è quello di negare ogni <198> corporeità
in Kadosh Baruch-Hu. "Il Dio Unico non ha né corpo, né
potere corporeo. Tutte le percezioni e gli attributi corporei, quali il
movimento o la postura eretta, non possono esserGli attribuiti, non nella Sua
essenza né tantomeno in senso traslato. Perciò i Saggi presero le
distanze dall'attribuirGli qualsiasi nome, che potesse indicare congiunzione o
separazione e dissero: "In alto, non esiste né postura, né
statura eretta, né separazione, né congiunzione". Il Profeta
disse: "A chi Mi potreste paragonare e renderMi simile?". Se Egli
avesse un corpo sarebbe in qualche modo simile a tutti gli altri corpi; invece,
se troviamo riportato nella Torà qualche attributo descrittivo, di tipo
antropomorfico, ciò è una semplice metafora, come dissero i
Saggi: "La Torà ha parlato col linguaggio degli uomini".
Questo è il terzo principio che viene espresso nella Torà:
"poiché non vedeste nessuna immagine (temunà)".
Ciò significa che non avete percepito in Lui nessuna immagine,
perché Egli non ha corpo, né potere corporeo".
Riportiamo ora
la spiegazione di Rambam nelle leggi delle Fondamenta della Torà (1):
"Questa esistenza è il Dio del mondo, il Signore di tutta la terra.
Egli dirige il globo (galgal) con un potere illimitato, infinito e incessante,
ecc. La conoscenza di ciò è un precetto positivo, come sta
scritto "Io sono il Signore, tuo Dio". E chiunque pensi che ci sia un
altro dio, ha trasgredito ad un precetto negativo, come sta scritto: "Non
avrai altri dèi al Mio cospetto" ed è uno che nega il
principio più fondamentale (kofer ba-ikar — nega Dio). Poiché
è questo il Grande Principio sul quale tutto si fonda. Dio è Uno,
non doppio o triplo; il Suo essere Uno è dissimile da qualsiasi altra
unità esistente nell'universo; non è come l'uno di specie, che
include molte unità, né come un corpo che è suddiviso in
molte parti ed estremità. La Sua Unità non ha analogia con le
altre unità esistenti. Se esistessero molti dèi, essi avrebbero
dei corpi, poiché ogni cosa che è memorabile nella Sua esistenza
non può essere distinta da un'altra, se non in virtù di accidenti
che occorrono ai corpi. Se dunque il Creatore avesse un corpo, la Sua natura
sarebbe finita e limitata, dal momento che non è possibile che esista un
corpo che non ha limite; e siccome un corpo ha limite e fine, così la
sua forza è limitata e finita. Invece, il nostro Dio, Benedetto il Suo
Nome, la cui forza è illimitata e perenne (il galgal infatti gira
perennemente), non ha alcun potere corporeo. E siccome Egli non è corpo,
tutti gli accidenti e gli attributi corporali, come l'essere divisibile e la
separazione, non Gli appartengono. La conoscenza <199> di ciò è un precetto
positivo, come sta scritto "Ascolta, Israele, il Signore, nostro Dio, il
Signore è Uno". Viene spiegato nella Torà e nei Profeti che
Ha Kadosh Baruch-Hu non ha corpo, come sta scritto: "Poiché il
Signore vostro Dio è il Dio nei cieli di sopra e sulla terra di
sotto". Un corpo, però, non può essere (contemporaneamente)
in due posti; è scritto anche: "poiché non vedeste immagine
alcuna" e anche "A chi Mi potresti paragonare e renderMi
simile?". Se, invece, avesse un corpo Egli sarebbe simile ad altri corpi.
Stando così le cose, perché allora la Torà usa espressioni
quali "sotto i Suoi piedi" o "scritto con il dito di Dio" o
"la mano di Dio" o "gli occhi di Dio" o "le orecchie
di Dio" e simili? Queste espressioni vengono impiegate per l'intelletto
umano, che riconosce soltanto corpi. La Torà si espresse con un
linguaggio umano. Tali frasi sono metaforiche, come ad esempio "ho
mostrato la lama della Mia spada". Ha forse Dio una spada o uccide forse
con una spada? Si tratta soltanto di un esempio figurato. E tutto, in
riferimento a Lui, è un esempio figurato. Un'ulteriore prova la
ricaviamo dal Profeta che afferma di aver visto Ha Kadosh Baruch-Hu ammantato
in una tunica bianca come neve, mentre un altro (Profeta) Lo vide con un
indumento colorato. Moshè stesso Lo vide nel Mar Rosso nelle sembianze
di un uomo valoroso che combatte in guerra. Ma Ha Shem non ha né forma,
né immagine e questi riferimenti sono tali nella visione profetica. La
loro verità, però, non può essere intesa, né
percepita, né approfondita dall'intelletto umano. Perciò è
scritto: "Se cerchi Dio, Lo troverai? Fino all'estremità di Shaddai
Lo reperirai?". E siccome è stato chiarito che Egli non ha corpo e
altresì chiaro che nessun attributo corporeo Gli si confà:
né congiunzioni, né separazioni, né luogo, né
misura, né ascesa, né discesa, né destra, né
sinistra, né davanti, né dietro, né postura, né
erezione. Né Egli rientra nella categoria di tempo per cui si può
dire che abbia un inizio o una fine o un'età. Egli è immutabile,
poiché non esiste alcunché che possa causare qualche cambiamento
in Lui. Egli non ha né morte, né vita, come la intendiamo noi.
Egli non ha intelligenza o sapienza come intendiamo noi. Egli non dorme,
né sta sveglio, non tace e non parla come lo intendiamo noi. Dissero
infatti i Saggi: In alto non c'è né postura, né statura
eretta, né separazione, né congiunzione" (fino a qui la
citazione di Maimonide).
R. Sa'adya Gaon
scrisse nel suo commento al Sefer Daniel (2): "Il giudizio si tenne e i
libri furono aperti": questo è riferito al Giorno del Giudizio e
del Ricordo, a quel giorno futuro in cui tutte le azioni degli uomini vivi e
morti saranno giudicate. A riguardo del verso precedente "E un vegliardo
si sedette", chiunque affermi di aver visto Dio con i propri occhi
è un <200>
peccatore, perché attribuisce una forma a Dio, il quale è privo
di forma, come sta scritto "A chi potresti renderMi simile?";
così anche chiunque affermi di aver visto l'Angelo (ossia Dio nelle
sembianze di un angelo) rientra nella categoria dei dualisti e di coloro che
dicono "Egli è piccolo" o "Egli è grande",
dato che il Giudice dell'universo è solo Dio, come sta scritto
"Davanti a Dio, poiché Egli è venuto per giudicare la
terra". Né potrà un angelo fungere da Giudice, poiché
"migliaia di miriadi Lo servono". Sappiate, dunque, che Daniele vide
tutta questa visione in un sogno e non con i propri occhi, da desto. Ed ogni
sogno ha la sua interpretazione, giacché è un esempio (mashal).
Così anche le visioni dei Profeti che videro "sotto i Suoi piedi un
tizzone ardente" o "e nella visione dai suoi fianchi in su, Egli
è assiso su di un Trono elevato e sublime", non Lo videro, in
verità, poiché al Creatore non appartiene sembianza alcuna.
Né Egli apparve sotto le spoglie di un angelo. Bensì nel momento
in cui si rivelò mostrò loro distinte visioni. Ed ogni sembianza
che vedevano aveva una sua spiegazione, "Un ramo di mandorlo
(sheked)" poiché "Io mi affretto (shoked) ad eseguire miriadi
di meraviglie ed il numero delle Mie opere è infinito" — Quando
Micha, nello spirito della sua visione profetica, vide "tutti gli eserciti
del cielo schierati alla Sua destra e alla Sua sinistra" non significa che
si debba immaginare una destra o una sinistra in relazione al Creatore, dato
che nessuna creazione Gli può stare davanti. Tutte queste espressioni
hanno un semplice significato figurativo e metaforico, preso a prestito dal
linguaggio umano.
1. Cap. 1.
2. Daniele, 7:10.
76
Il quarto
principio è ha-kadmut, il Suo essere Eterno. Si deve credere che Dio
è Eterno in un senso assoluto, mentre tutto il resto dell'esistenza non
è eterno in confronto a Lui. Le prove di questo principio sono riportate
in numerosi testi e il suo riferimento nella Torà lo si trova
nell'espressione (1) "Iddio che dall'antico è il tuo
rifugio" (me'unà Elohei kedem). Abbiamo già spiegato che i
kabalisti si rifiutarono di accettare i primi quattro principi dell'Yigdal
Elohim Hai come articoli di fede. Alcuni di essi, <201> però, respinsero tale presa di
posizione e spiegarono che il motivo era diverso, in quanto non bisognava
applicare Principi (ikarim) alla Torà. In altre parole, ogni
mitzvà è un principio a sé stante, cosicché ogni
parte della Torà è un principio a sé.
Noi rifiutiamo
questo ragionamento stolto, che dimostra come essi non abbiano capito i
principi generali. Ciò che hanno affermato è di per se stesso
incluso nell'ottavo Principio. In esso, infatti, si esprime chiaramente come
l'intera Torà provenga da Dio. Mosè ne fu lo scriba. Ciò
che il Signore Benedetto pronunciò fu registrato fedelmente da
Moshè Rabbenu. Egli scrisse sulle generazioni precedenti, sugli eventi
passati più significativi ed elencò tutte le mitzvot. A tal riguardo
Mosè viene nominato "ha-mehokek", colui che registra la legge;
pertanto, non c'è differenza tra i versi quali "E i figli di Cam
erano Kush e Mitzraim" ecc. oppure "Ed il nome di sua moglie era
Mehatbeel figlia di Matrad e Timna ne era concubina" e versi come "Io
sono il Signore tuo Dio" oppure "Ascolta, Israele" ecc. — Tutto
è "mi-pì Ha-Ghevurà" (per bocca
dell'Onnipotente). Tutto è Torat-Ha-Shem perfetta, pura, sacra nella sua
verità. Colui che si è reso degno al cospetto del Signore
meriterà di comprenderne i concetti più elevati, così come
dice il Salmista "Apri i miei occhi e mostrami le meraviglie della Tua
Torà". Tutto fu ricevuto da Mosè sul Sinai, come dimostra il
verso "Con ciò saprai che Dio mi ha mandato per operare tutte
queste azioni, giacché non è da me stesso" ecc.
Da questo
arguiamo che la loro asserzione per la quale non bisogna applicare principi
alla Torà è falsa, giacché, come detto, è essa
stessa inclusa nell'ottavo Principio, che sostiene che tutto ciò che
è scritto nella Torà si trova nella categoria della "Legge
della Verità concessa da Dio al Suo popolo" per mano del Suo
profeta ecc. L'importante è, comunque, il loro rifiuto a pronunciare i
primi quattro articoli di fede dell'Yigdal, in accordo con l'opinione di Luria,
giacché contraddicono la loro fede in zeir anpin; gli altri principi,
invece, sono stati accettati perché si possono riferire a zeir anpin!
Il quinto
principio afferma che il nostro Dio, che è Uno ed Unico e precede tutto
ciò che esiste, è Colui che deve essere servito e lodato.
È a Lui soltanto che si deve levare la voce in preghiera e in lode ed
è Lui soltanto che bisogna servire. Tali manifestazioni sono proibite
per qualsiasi altra entità in esistenza come gli Angeli, le sfere
celesti, i quattro elementi fondamentali o le loro combinazioni. Essi, infatti,
sono limitati nella loro essenza, nelle loro azioni, nelle loro <202> funzioni, in
proporzione alle limitazioni di quella natura con la quale sono stati creati.
Non possiedono perciò un vero "potere regnante" (reshut),
né hanno un proprio arbitrio, se non quello di adempiere compiutamente
la volontà di Ha Shem. Così anche nessun intermediario deve
essere frapposto tra noi e Lui. Tutti i pensieri relativi all'adempimento del
loro fine devono essere rivolti a Lui e nessun cuore deve prestare la sua
attenzione a qualsiasi altra entità. Essi, invece, hanno abbattuto
questo principio fondamentale e hanno preferito rivolgersi a quel dio dal
piccolo naso!
1. Deuteronomio 33:27.
77
Trattiamo ora del
nome che i nuovi kabalisti hanno attribuito al loro dio favorito tra quelli
presenti nel pantheon zoharistico. L'hanno nominato, infatti (con modo poco
appropriato e disdicevole) "piccolo-nasuto" o
"viso-stretto", cioè un dio che è di cattivo umore ed è
impaziente (1). È a noi noto, invece, che la Sacra
Torà e tutti i libri dei Profeti, come pure i Saggi nel Talmud, nei
Midrashim e nella liturgia, si siano sempre capacitati di scegliere i
sostantivi e gli aggettivi più sublimi e raffinati per descrivere e
riportare le lodi di Ha-Shem Baruch-Hu. Rambam scrive nel Morè (2):
"Tutto ciò che viene da noi considerato completo può venire
attribuito al Nome, per indicare che Egli è completo in ogni modo di
completezza e non esiste in Lui mancanza alcuna di quella perfezione. Tutto
ciò, del resto, che viene concepito dagli uomini come qualcosa di
incompleto o mancante, non può essere attribuito a Dio. A tal riguardo
non si possono attribuire a Dio azioni quali il mangiare, il bere, il dormire e
simili. Tuttavia, quello che gli uomini considerano perfetto può essere
ascritto a Dio, sebbene ciò rappresenti la perfezione solo in relazione
al nostro concetto, mentre, rispetto a Dio, tutto ciò che da noi viene
valutato come perfetto, è, in verità, un'imperfezione
assoluta".
R. Sa'adya Gaon
chiarì quale fosse il significato del verso "Ed essi benedicono il
nome della Tua Gloria, Esaltato sopra ogni benedizione e lode". Egli
spiegò che in relazione a tutto ciò che viene espresso su Lui e ad
ogni lode usata <203>
per lodarLo, Egli viene esaltato in Alto".
Lo Shevilei
Emunà chiarisce: "È per necessità che siamo costretti
ad usare termini "materiali" quando ci riferiamo al Creatore, con un
linguaggio umano. Questo è per avere un qualche "appiglio"
alla comprensione dell'esistenza del Creatore, con un mezzo comune alle menti
dei mortali. Siccome non esiste, in nessun idioma, una singola parola che
indica la vera esistenza del Creatore è per necessità che
esprimiamo tale concetto con più di una parola. La molteplicità
di attribuiti, usata in relazione al Creatore del mondo, non deve essere intesa
come una descrizione della Sua vera esistenza, mai sia! giacché non
esiste mezzo linguistico appropriato per esprimerlo a parole. Così le
parole che indicano "azioni" divine sono tali in associazione alle
azioni umane. I Saggi, infatti, permisero tale linguaggio, al fine di insegnare
la conoscenza e aumentare la comprensione della Sua esistenza, per poterLo
servire. E perciò questa categoria di attributi, riferiti a Dio, viene
ampiamente utilizzata dalla Torà e dai Profeti. Questi ultimi infatti,
allo scopo di attuare un effetto immediato sul popolo, si esprimevano spesso
con termini antropomorfici e, in tal modo, le visioni profetiche venivano intese
dagli uditori. Se, invece, si fossero espressi con una terminologia
"spirituale"(3), non avremmo potuto comprenderne il
messaggio e non avremmo potuto così servire Colui del quale non abbiamo
conoscenza alcuna".
Tale citazione
ci insegna che, in nessun caso, ci si può riferire ad Ha-Shem con un
termine indicante incompletezza o imperfezione, come quello stolto appellativo
di zeir anpin, che significa, come detto, "piccolo nasuto" oppure
"impaziente".
Analizziamo ora
gli attributi descrittivi (te'arim) e i termini che il Santo Benedetto Egli sia
fece conoscere a Mosè ed al popolo di Israele. Essi sono (4):
Ha-Shem (il Nome), El (Dio), Rahum (Misericordioso), Hanun (Pieno di grazia),
Erech Apaim (Longanime), Rav Hesed (di grande Benevolenza), Emet
(Verità), Notzer Hesed le-elafim (Riversa la Sua bontà su
migliaia), Nossè avòn (Perdona il peccato), ve-pesha (e la
ribellione), ve-hatta'a (e il trascorso), ve-nakè lo-inakè (che
non lascia impunito il reprobo) (5).
Nei Salmi,
Davide sentenziò (6): "Fece conoscere le Sue vie a
Mosè e le Sue opere ai figli di Israele. Misericordioso e benevolo
è Iddio, lento alla collera e di grande benignità". E i
Saggi in Sanhedrin: "Quando Mosè salì in alto, vi
trovò Ha-Kadosh Baruch-Hu assiso; mentre scriveva "Erech
Apaim" (Longanime). Gli chiese "Padrone dell'Universo, è
questo riferito ai Giusti (Tzadikim)?". Rispose: "(è <204> riferito) anche
ai malvagi (reshaim)". Disse al Suo cospetto: "Che i malfattori siano
distrutti". Disse: "adesso vedrai che è necessario".
Allorquando Israele peccò, Iddio disse a Moshè "Non mi avevi
detto che doveva essere riferito ai soli Tzadikim?". Rispose Moshè
"Padrone del mondo, non mi avevi detto che è anche per i
malvagii?". Ciò è come sta scritto: "E adesso sia
manifesta la grandezza del potere di Dio, in conformità con Ha-Shem
Erech Apaim". (7) Similmente tutti i Profeti ascrivono al
Signore gli attributi di "Erech Apaim". Il Profeta Nahum (8):
"Ha-Shem è lento all'ira è di grande forza" ecc. Il
Profeta Giona nella sua preghiera dice: "Tu sei un Dio misericordioso,
pietoso, lento all'ira, di grande bontà e cambi i decreti
stabiliti"(9). E il Profeta Gioele: (10)
"Tornate al Signore vostro Dio, poiché Egli è misericordioso
e pietoso, lento all'ira e pieno di bontà". Gli Uomini della Grande
Assemblea, nelle preghiere che istituirono, scelsero le parole del Profeta
Nehemia: "Tu sei il Dio del perdono, benevolo e misericordioso, lento
all'ira — e Tu non ci hai abbandonato. (11) Nell'Ecclesiaste,
Salomone sentenziò: "Lo spirito paziente (erech riach) val meglio
dello spirito arrogante" (12). Rashi spiega: "erech
ruah" è colui che prolunga la sua collera e non è facile
all'alterco.
Così nei
Proverbi è scritto: (13) "Colui che è impaziente
(katzer apaim) compirà azioni dissennate". Rashi spiega:
"Katzer apaim" è colui che si affretta a vendicare la sua
collera. Il "Kav Nakì" commenta che "Katzer apaim"
è l'opposto di "Erech apaim". L'individuo che si affretta a
dar sfogo alla sua collera e a vendicarsi compirà tutte le sue azioni in
modo stolto e insano. Anche l'autore dello Shevilei Emunà nel lodare la
virtù della pazienza scrive "Colui che è paziente è
grande nella comprensione, mentre colui che è impaziente cade nella
stoltezza". I commentatori spiegano che chi è longanime e trattiene
la sua collera è un individuo che si sa dominare ed è
perciò grande di comprensione (rav tevunot), mentre chi è
irascibile ed impaziente non sa dominarsi e perciò "prende su di
sé la stoltezza della terra che lo innalza, la pone sul suo capo e la
mostra a tutti coloro che non lo conoscono". E nei Proverbi (14)
è scritto: "L'uomo paziente è superiore all'uomo forte e
colui che si domina è più valoroso di colui che espugna una
città". Spiegano i commentatori: "La persona paziente sa
dominare il suo istinto e la sua sete di vendetta; egli è più
valoroso dell'uomo forte che si vendica del nemico; infatti colui che domina il
suo istinto ha superato il nemico interno, mentre la forza del valoroso
è servita solo a superare il nemico esterno". Abbiamo così
visto che il termine "katzer apaim" (l'equivalente linguistico di
zeir anpin) è un attributo di stoltezza e debolezza morale. Invece R.
Behya, <205> R.
Y. ha-Levi, Rambam, R. Sa'adya Gaon, R. Y. Albo, e altri convergono tutti sul
fatto che nessun attributo descrittivo possa venir ascritto a Dio se non
è un termine di lode, che indica la perfezione. Ma Egli non può
venir descritto con attributi che indicano incompletezza o imperfezione e
quanto di meno con un termine che indica stoltezza, bassezza e volgarità
di spirito!
1. In aramaico "zeir anpin"; in ebraico "katzer
apaim".
2. Prk. 26 della prima edizione.
3. Il senso di "ruhanì" spirituale, non è
figurativo bensì metafisico. (Nota del tr.)
4. Esodo 34:6; noti anche come i Tredici Attributi della
Misericordia (Shlosh-esré Midot ha-Rahamim)
5. Per non distruggere completamente.
6. 103: vv. 7-8; vedi anche Salmi 86:15 ed anche 145:8.
7. Esodo.
8. Nahum 1:ì.
9. Giona 4:2 non porta il disastro profetizzato se la città
fa la giusta penitenza.
10. Gioele 2: 12-13.
11. Nehemia 9:7.
12. Kohelet 7:8.
13. Proverbi.
14. Proverbi 16:32; vedi anche 15:18.
78
Da tutto
ciò comprenderai maggiormente l'abissale errore nel quale sono caduti i
nuovi kabalisti. Non solo essi attribuiscono a Dio qualità reali e livelli
concatenati, ciascuno col suo tempo e il luogo di potere regnante,
gerarchicamente strutturato; non solo attribuiscono il servizio e la preghiera
all'ultimo di questi livelli, nominandolo Ha-Kadosh Baruch-Hu e affermando che
tale livello è il Signore, nostro Dio e noi siamo il Suo Popolo; ma,
invero, essi hanno coniato quel disdicevole appellativo di zeir anpin, termine
aramaico che sta per katzer apaim, colui che "è corto di
pazienza".
Come hanno
descritto il loro dio in modo sconveniente! È come Eliahu ben Brachiel
di Boz disse nella sua metafora: "Chi osa dire al re: "tu sei
indegno" e indica come malvagi coloro che hanno un animo generoso... che
non mostra del favoritismo verso i suoi sudditi superiori...". Ciò
significa che il Re dell'Universo non ha parzialità. Così anche
R. Abraham Farizol spiega: "Come è possibile attribuire
l'ingiustizia al Giusto e Virtuoso Re, il Signore, nostro Dio, che non mostra
parzialità verso i "nobili" e gli "ufficiali"
superiori, al fine di <206>
rendere loro onori speciali e favori nel giudizio, dal momento che al Suo
cospetto non c'è differenza di giudizio tra nobile, ricco o povero,
poiché tutti quanti sono opera delle Sue mani e sono uguali davanti a
Lui?".
Giudica da
questo, prezioso lettore, e considera in che modo si sia osato attribuire al
Signore, nostro Dio, questo infame attributo di zeir anpin, impaziente. Come
abbiamo già detto, gli attributi con i quali si può descrivere il
Re dell'Universo devono essere sublimi ed assolutamente puri e non già
tali da associare idee di stoltezza e bassa levatura morale!
L'intelligenza
limpida arriverà presto alla conclusione che quella dei nuovi kabalisti
non è vera Kabalà e che tale dottrina non ha nulla a che spartire
con la Mishnà ed il Talmud. Chiunque crede nella Torà di
Moshè Rabbenu non può credere in questa profanazione del Nome. I
nostri Saggi, che sono ben conosciuti per la loro illuminata saggezza e per la
profondità del pensiero, percepirono la verità della pura fede e
asserirono categoricamente "chiunque associa il Nome dell'Altissimo con
qualsiasi altra entità verrà estirpato dal mondo!".
79
Né si
sono fermati qui. Hanno continuato nella loro profanazione fino al punto di
attribuirGli il senso più indegno e più basso dei cinque sensi
presenti, cioè quello dell'atto sessuale! E ben nota la spiegazione del
Rambam nel Morè Nevuhim (1): "Dei cinque sensi, la vista, l'udito,
l'odorato, il gusto e il tatto, soltanto i primi tre sono usati come
"terminologia metaforica" riferita al Signore Iddio; è infatti
scritto "e Dio sentì" e "Dio vide" e "Dio
odorò". Il gusto ed il tatto, invece, non vengono mai usati in
riferimento a Dio. Sono, infatti, assenti espressioni quali "Dio
gustò" o "Dio toccò". il motivo è stato
spiegato in precedenza, in quanto tutto ciò che viene concepito dai
mortali come un'imperfezione, non può essere immaginato nel Creatore,
Benedetto Egli sia. E, a tal proposito, queste espressioni non furono usate
neppure nei libri dei Profeti. Così anche lo Shevilei Emunà
scrive: "Questa, infatti, è la via che è stata seguita dai
Rabbini della Mishnà e del <207> Talmud, da coloro che hanno codificato le preghiere,
dai poeti liturgici (paytanim) quali R. Sa'adya Gaon e Yehuda ha-Levi, i quali,
per mezzo dei loro piacevoli versi, risvegliarono l'amore, il timore e la
vicinanza per il Signore. Vediamo quanto sono gradevoli i versi di
Yehudà ha-Levi (2):
Aguzza
la tua mente e medita
rifletti
tra i tuoi segreti.
Considera,
dunque, ciò che sei
e la
provenienza del tuo fondamento.
Chi
ti fa comprendere,
Chi
ti dà la forza di muoverti.
Considera,
ora, il potere di Dio
e
risveglia il tuo rispetto,
ricercaLo
nelle Sue operei,
ma
non tendere la tua mano
per
indagare sulla fine o sull'inizio
per
scrutare ciò che è troppo rimosso o troppo arcano.
Se i nuovi kabalisti
avessero fatto proprio questo ammonimento dei Saggi non sarebbero caduti
nell'inganno dello Zohar. Non avrebbero certo indagato su ciò che
è troppo rimosso e troppo arcano e, così facendo, non sarebbero
rimasti invischiati nella trappola. Il Rambam, di benedetta memoria, scrive nel
Morè: "Questo è particolarmente valido a riguardo dell'atto
sessuale, che non deve essere menzionato del tutto ... Conosci già
quanto è stato spiegato sul Profeta Elia, che fu chiamato santo
(kadosh), appunto perché non pensava a ciò, fino al punto di non
avere mai avuto perdite notturne di seme. Conosci anche la severa proibizione
che abbiamo a riguardo dell'uso del linguaggio osceno, come viene riferito in
Ketubot: "Sta scritto: "Perciò il Signore non gioirà
per i Suoi giovani e non avrà misericordia dei Suoi orfani e delle Sue
vedove, giacché tutto è falsità e cattiveria ed ogni bocca
si esprime con volgarità; nonostante ciò, la Sua collera è
trattenuta e la Sua mano è ancora aperta (al pentimento)". R. Hanan
b. Aba disse: "Ognuno conosce il motivo per il quale la sposa si marita,
ma chiunque usa parole volgari e si esprime con oscenità sappia che,
anche se gli sono stati decretati settanta anni di vita buona,essi gli verranno
rovesciati in malo modo". E nel capitolo "bamé madlikin"
è scritto: "Per il peccato di lussuria molte distruzioni terribili
sono decretate ed <208>
attuate nel mondo. Per questo muoiono molti giovani di Israele, mentre orfani e
vedove piangono senza essere esauditi, come sta scritto: "Perciò il
Signore non gioirà per i Suoi giovani" ecc. "Poiché
tutto è falsità e cattiveria ed ogni bocca si esprime con
oscenità" ecc. "ma la Sua mano è ancora aperta".
R. Hanan b. Aba disse nel nome di R. Hisda: "Se uno usa un linguaggio
osceno sprofonda nel "ghe'enom", come sta scritto "Un pozzo
profondo è la bocca di oscenità e il Signore farà che la
maledizione si riversi su costui".
La ragione di
tutto ciò consiste nel fatto che il linguaggio è la prerogativa
speciale dell'uomo, che l'Onnipotente gli ha fornito per la sua completezza,
separandolo in ciò da tutti gli altri animali, così come è
scritto "che diede il linguaggio all'uomo". Anche il Profeta
sentenziò: "Il Signore Dio mi ha concesso una lingua
istruita". Cosicché non è giusto che questa immensa
bontà che Ha-Shem ci ha concesso per la nostra perfezione, per lo studio
e per l'insegnamento, venga usata per uno scopo indegno, disdicevole e turpe.
Altrimenti saremmo simili a quegli stolti delle altre nazioni, che, nelle loro
poesie e nelle loro ballate popolari, trattano sempre questi infimi argomenti e
in più se ne vantano e si deliziano di tali vergognose oscenità.
Ma questa non è l'eredità di Giacobbe, come sta scritto:
"Voi sarete per Me un reame di sacerdoti ed una nazione santa".
Chiunque usi il suo pensiero o il suo linguaggio, tranne che per motivi di
necessità, per trattare l'argomento dell'accoppiamento o, peggio ancora,
per creare ballate o poesie oscene, sappia che avrà abusato del
meraviglioso dono del Signore, usando termini di assoluta bassezza e avrà
così trasgredito al divieto del Signore ed è a lui che va
riferito il verso "Argento ed oro concesse loro in abbondanza, ma essi li
usarono per costruire il loro ba'al" (fine citazione del Morè
Nevuchim (3).
1. Cap. 47, prima parte.
2. Fine seliha che comincia "Ha-Shem, shimchà
aromimchà".
3. Cap. 8, terza parte.
80
Impariamo da
tutto questo che, tranne in caso di necessità, è cosa disdicevole
<209> parlare di
rapporti intimi. È infatti vergognoso soffermarsi su questo argomento,
trattare i tempi e le modalità della copula, sia in relazione a
ciò che fanno gli altri, sia in relazione a se stessi. Ogni dettaglio
descrittivo dell'atto procreativo è riprovevole. Chi, allora, oserebbe
riferirsi al Re dell'Universo in modo così turpe e a descrivere in Lui,
Dio ci scampi, l'atto procreativo, la gravidanza e la nascita?! Chi ha osato
tanto sarà estirpato da questo mondo e dal mondo futuro, ne avrà
mai una parte con il Dio d'Israele! Come hanno osato costoro attribuire a Dio,
che noi onoriamo e serviamo, una concubina e Lo hanno rappresentato con delle
pudenda, nominando "yesod" (fondamento — la nona sefirà) il
fallo maschile e i due testicoli, che fanno germinare il seme, con la
cavità anale che espelle l'escremento, che diventa il cibo di el aher
(1)?! Come hanno osato arrivare a tali farneticazioni, se non perché
privi del timore di Dio?
In tutta la
Torà e nelle parole dei Profeti e dei Saggi del Talmud e dei Midrashim,
non troviamo mai che l'influenza di Ha-Shem venga riferita in termini di
maschile o di femminile o tanto meno come il risultato di un accoppiamento.
Troviamo, invece, espressioni quali "dare" (netinà) o
"aprire" (petihà); "Che il Signore ti dia";
"Egli ti conceda la forza per diventare forte"; "Che il Signore
apra per te il Suo tesoro"; "Egli dà il nutrimento ad ogni
essere vivente"; "Apri le tue mani e sazia il desiderio di ogni
vivente"; "Tu dai la vita a tutti loro" ecc. Perché
dovremmo mai abbandonare le espressioni monde usate dalla Torà per
sostituirle con frasi immonde di entità maschili e femminili, che si
accoppiano tra loro, in cui il seme fuoriuscito dal maschio entra nell'utero
femminile e qui vi si trattiene? Anche questo non fu sufficiente all'autore
corruttore dello Zohar. Osò persino denominare le pudenda con termini quali
"Casa di Dio" (beit Elohim) e "La porta del cielo" (sha'ar
ha-shamaim), il Signore ci scampi e liberi da tale abbominio!
1. Zohar, va-yetzè, 150 b; anche be-har 109 e fine idra 296
a.
81
Persino i testi
di preghiera sono stati contaminati dalle loro rappresentazioni <210> erotiche:
mentre
con il suo fondamento
le
provocò godimento,
simile
al pestello nel mortaio"
(Malachi 1, 6):
"Un figlio onora suo padre ed un servo onora il suo padrone. Se Io sono un
padre, dov'è l'onore che Mi spetta e se Io sono il Signore dov'è
il timore per Me?". Fa dunque onore al padre spiegare come egli abbraccia
sua moglie, facendola godere di piacere, mentre la penetra come un pestello nel
mortaio? È questo il timore del servo per il suo padrone, che si esprime
con descrizioni così oscene e vergognose? Perché mai l'onore che
voí mostrate verso aba ed ema, zeir e nukve, che credete essere il
Signore, vostro Dio, che si rivelò sul Sinai e diede la Torà, è
minore dell'onore che si deve mostrare verso il proprio padre? Come potete dire
"Santo, Santo, Santo è il Dio degli Eserciti" e poi delirare
con queste immagini oscene? Sappiate bene, indicibili nuovi kabalisti, che la
Torà Sacra non ha mai usato il senso del tatto in relazione
all'Altissimo, anche nei suoi aspetti più sublimi. Quanto meno in
quell'aspetto basso riferito alle pudenda durante l'atto
dell'accoppiamento!". È forse in base a tali scurrilità che
le nazioni del mondo dovrebbero chiamare Israele "una nazione saggia e
intelligente è questo grande popolo?". Sono forse queste le Leggi,
sulle quali, re Davide proclamò (Salmi 119, 46): "Parlerò
delle Tue leggi davanti ai re e non mi vergognerò?". Al contrario,
saremmo ricoperti di onta e coronati di biasimo se dovessimo raccontare tali
oscenità ad un musulmano o ad un cristiano!
* *
*
In
Shem-ha-Ghedolim di R. Azulai, sotto la voce "Zohar" è
scritto: "Ho visto scritto da R. A. Revigo quanto segue: Ho trovato in un
vecchio manoscritto dello Zohar, appartenente al mio Maestro, Maharam Zachut,
quanto segue: "In verità, il Capo dei kabalisti, Nehunia b.
Hakanà scrisse il Sefer ha-Bahir. Dopo di lui R. Shimon b. Yohai compose
lo Zohar ed aggiunse ad esso qualche sua altra composizione, come i Tikkunim.
Allorquando R. Shimon b. Yohai, R. Eliezer e tutta quella generazione
lasciarono questo mondo, la saggezza della kabalà andò perduta;
fino a quando Dio fece sì che un re, tra i re dell'oriente,
ordinò di scavare in un certo luogo per cercarvi uno scrigno e invece fu
trovato uno scrigno contenente il Sefer ha-Zohar. Questo re convocò i
Saggi di Edom, ma essi non furono in grado di comprenderlo. Chiamò
allora dei Giudei i <211>
quali, esaminato il libro, sentenziarono: "Questo libro è opera di
un Sapiente, ma, invero, è molto profondo e noi non siamo in grado di
capirlo". Disse il re "Non c'è dunque un solo ebreo al mondo
che lo possa capire?". Risposero: "Sì, esiste nel paese di
Tuletula, nella Spagna". Allora il re spedì il libro con i suoi
messi fino a Tuletula e quando i Saggi del posto lo videro gioirono
immensamente e inviarono al re innumerevoli doni. Fu da allora che la
kabalà si diffuse in Israele". Così trovai scritto da R.
Revigo.
È con
questo fondamento di sabbia mobile che eressero il castello delle loro
credenze?! Ma il leone non ruggirà in eterno, né il popolo di
Israele rimarrà in silenzio per sempre "poiché ogni cosa in
esistenza ha la sua fine, ma solo il Tuo comandamento è infinitamente
esteso". Nella loro vana gioia, non si accorsero di un'ovvia
contraddizione: in che modo possono rivendicare una tradizione orale
ininterrotta dal Sinai, se la "saggezza della kabalà" è
andata perduta per ben quindici secoli, racchiusa in uno scrigno e sepolta
sotto terra?
82
In precedenza,
abbiamo spiegato che la nuova kabalà era sconosciuta prima del sesto
millennio (circa il 1300) e che la sua origine non si conosce con esattezza.
L'unica fonte di informazione che R. Hida ebbe presente fu quella storiella,
testé riportata, del re orientale. Pare che alcuni Hachamim di
Gerusalemme accettarono questa versione, riportata da Shem ha-ghedolim.
Esistono, infatti, dei commenti a latere nei testi gerosolimitani, i quali
cercano di giustificare le credenze dei nuovi kabalisti, smentendo e negando
tutti i concetti antropomorfici e materiali delle sefirot, le forme e i
partzufim menzionati nello Zohar e nei testi dei suoi epigoni. Se essi
ritengono, però, di averci salvato dalle volgari materializzazioni, non
ci hanno comunque salvato dal credere di servire una divinità di luce, a
mezza strada tra spirituale e materiale! Giacché essi stessi ammettono
che tutti <212>
questi "livelli" sono "cause create", in cui ognuna
è il motivo e la causa del livello sovrastante. Essi li considerano
però come poteri spirituali di una luce emanata. Ed essi accettano e
lodano questa emanzione di zeir anpin come loro dio. Come se la Torà ci
permettesse di servire una creazione, pur considerandola come un potere
spirituale! A loro dire, bisogna negare ogni pensiero "materiale" e
immaginare l'entità come una "luce" (non sapevano forse che
anche la luce e l'aria possiedono materia, seppure fine e sottile? Vital stesso
asserisce che "la luce nella sua discesa acquista densità e
spessore" ecc.). Come detto, tutti questi commenti gerosolimitani
apportano sofisticate giustificazioni (che un venticello può spazzare
via) al fatto che si debba negare ogni materialità a queste emanazioni
divine; in tal modo, "maschile" è ciò che dà il
suo influsso (hashpaà), mentre "femminile" è ciò
che lo riceve. Cosicché i loro atti sessuali non devono essere presi
alla lettera, giacché essi vogliono solo rappresentare il momento in cui
avviene il contatto d'influssi. È strano però che questi avvocati
difensori non ci abbiano spiegato perché fosse necessario far ricorso a
parti anatomiche, come "yesod", il fallo maschile, "be'in
d'ahora", i testicoli, "yesod d'nukve", la vagina, "nekev
ha-ahoraim", la cavità anale. Che cosa videro in tali
"luci" quando le spogliarono dai loro indumenti? Nella tradizione
ebraica, siffatta terminologia non fu mai usata e anzi fu proibita severamente.
Ancor più grave è che considerano come loro dio queste molteplici
cause create che, a loro dire, sono la parte essenziale della divinità.
Per questo motivo si sono permessi di nominare ogni partzuf col nome di Adonai
o Elohim Tzevaot, considerando tale partzuf un dio emanato. Tuttavia, il
servizio principale va a zeir anpin, al quale attribuiscono il Tetragramma e
una volta esser stato messo in esistenza dai partzufim superiori, aba ed ema,
va incoronato poiché gli fu concesso il regno e l'onore su tutti gli
esseri superiori e inferiori. Rammentiamo, a tal riguardo, l'esempio offerto
dall'Oz l'Elohim, secondo il quale anche i genitori di un re terreno sono
obbligati ad onorarlo, al pari di tutti gli altri sudditi. La parola di Dio, però,
rivelata per bocca del Profeta, fu "Ed il Mio onore non concederò
ad altri". Nel S. Shoshelet ha-Kabalà del Raavad è
riportato, nel nome di S. Yuhshin, quanto segue: "Nell'anno 1290 circa,
esistevano alcuni gruppi di individui che affermavano che le parole dello Zohar
in aramaico fossero da attribuire a R. Shimon b. Yohai, mentre quelle in
ebraico non fossero sue. Altri sostenevano che il Ramban (R. Moshè ben
Nachman) trovò lo Zohar in Israele e lo portò con sé,
prima in <213>
Catalogna e poi in Aragona, dove arrivò nelle mani di Moshè di
Leon. Altri ancora affermavano che Moshè di Leon fosse estremamente
intelligente e fu lui stesso che ideò l'intera opera, e a fini di lucro
personale la attribuì a R. Shimon ben Yohai e alla sua scuola (e
così facendo molti Hachamin pagarono grosse cifre per ottenerne il
testo)". Con le loro stesse parole dimostrano di non rispettare affatto
quanto affermò lo stesso Ramban "è impossibile capire le
parole della Kabalà da qualsiasi testo scritto, ma soltanto dalla bocca
di un Hacham, che l'ha ricevuta da bocca ad orecchio". Essi ammettono, del
resto, che dopo la morte di R. Shimon b. Yohai e di suo figlio R. Eliezer e di
tutta quella generazione, lo Zohar venne sepolto e dimenticato e così la
conoscenza della Kabalà andò perduta. Nessuno ne seppe più
nulla fino a quando fu nuovamente rivelata in terra di Spagna, nel Cinquecento,
e quindi si diffuse. La sorgente della Kabalà è lo Zohar.
È proprio questo, a parere di Ramban, che li ha fatti cadere in errore e
ha estirpato le radici della Sacra Torà, mentre la povertà della
loro comprensione ha fatto si che credessero ciecamente nelle Emanazioni e
associassero il Nome di Dio a più entità.
83
Una nota a
latere dello Shem ha-Ghedolim, nel nome di R. Yashar, dal suo S. Matzref le-Hochmà,
riporta quanto quell'autore aveva udito: "Nell'anno 380 del sesto
millennio (1620), quando gli Spagnoli saccheggiarono la città di
Heidelberg, portarono via dall'Accademia alcune migliaia di libri, tra i quali
vi erano testi religiosi, scritti su pergamena, tra i quali c'era anche lo
Zohar con il commento sui 24 libri della Torà".
Questa notizia
udita da R. Yashar è falsa, in quanto lo Zohar era già stato
stampato nell'anno 318 (1558).
Il Gaon, R. Y.
Emdin, nel suo S. Mitpahat Sefarim scrisse nel nome di R. Yizhak di Acco,
quanto segue: "Nell'anno 1295 Moshè di Leon viveva ad Avila
(Moah-el-Hagra). Per amore della verità storica riporterò
ciò che ho trovato per iscritto: <214> "R. Yitzhak di Acco vi si
recò per far un'indagine accurata sul S. ha-Zohar, giacché gli
sembrava che le sue parole fossero meravigliose e provenissero da una fonte
sublime. Le parole in aramaico gerosolimitano, considerava vera kabalà
mentre reputava che le parole in ebraico non fossero autentiche. Egli racconta
che chiese ai Talmidim, che erano in possesso dello Zohar, quale fosse
l'origine. Le loro risposte, però, erano inconsistenti. Alcuni
asserivano che Ramban lo avesse trovato nella Terra Santa e lo avesse spedito
in Catalogna; da qui il vento lo condusse in Aragona, dove pervenne nelle mani
di Moshè di Leon. Altri sostenevano che non fosse opera di R. Shimon b.
Yohai e che Moshè de Leon, conoscendo il
"nome-segreto-dello-scrivere", fu in grado di scrivere cose
straordinarie. Fu al fine di ricavare elevati compensi che lo attribuì
al grande Tanai, R. Shimon ben Yohai ed al suo figlio, ecc. (continua R.
Yitzhak). Giunsi poi nella città di Valladolid e qui vi trovai
Moshè de Leon, che mi giurò solennemente che il libro di R.
Shimon b. Yohai si trovava nella sua yeshivà di Avila e me lo avrebbe
mostrato, non appena vi ci si fosse recato. Sul punto di tornare a casa,
però, morì ad Aribal. Fui io, allora, che mi recai ad Avila e qui
trovai un vecchio rabbino, David Rassan, parente di Moshè di Leon. Trovai
favore ai suoi occhi e lo feci giurare di rivelarmi la verità su
ciò che conosceva sullo Zohar. Egli rispose che sapeva per certo che
Moshè de Leon lo aveva composto interamente, tramite il
"nome-segreto-dello-scrivere". Il motivo di tale convinzione era
basato sul fatto che Moshè di Leon usava scrivere meravigliosi segreti
per i ricchi di quel paese e, in cambio, riceveva doni in oro ed argento. Egli
era però uno spendaccione, perché delapidava subito il ricavato
dei suoi guadagni. E a testimonianza di ciò, spiegò che non lasciò
nulla in eredità e la moglie e i figli vagavano sempre affamati,
perché privi di sostentamento. Mi raccontò altresì che,
appresa la morte del parente, si recò subito da R. Yosef di Avila, che
era molto ricco ed era stato molto prodigo con Moshè. Egli gli fece
balenare l'idea di consegnarli un libro importantissimo. Gli spiegò che
lo avrebbe ottenuto dalla mano della vedova, ma che prima le dovesse mandare
una copertina, di bella fattura, poiché il libro ne era sprovvisto. R.
Yosef inviò subito la propria consorte alla vedova di Moshè, la
quale, però, giurò solennemente che il marito non aveva mai
posseduto un simile libro e tutto ciò che aveva scritto in vita era
opera del suo cuore e della sua mente. Spiegò che spesso aveva chiesto
al marito perché mai attribuisse la sua opera ad un altro Hacham. Non
sarebbe stato meglio per lui ammettere che gli scritti erano di suo pugno e
così ricavarne lode e beneficio. Ella poi ammise che Moshè le
rispondeva che se avesse detto la verità, gli altri non avrebbero dato
importanza alla sua opera e non avrebbero pagato somme cospicue, cosa che
invece facevano grazie all'artificio <215> che aveva escogitato di attribuire i suoi scritti a R.
Shimon b. Yohai. (segue)... Parlai poi con la figlia di Moshè di Leon la
quale confermò il racconto della madre. Le loro versioni combaciavano.
Queste sono dunque le parole che mi riferì il rabbino David Rassan, ecc.
(fin qui dal Sefer Yihussin).
È dunque
questa la base sulla quale Israele ha osato poggiarsi! Questi i mistici da strapazzo
che l'hanno fondata! Tale è la base di una dottrina di fede, che, con le
sue insulse gerarchie divine, ha soppiantato il fondamento della nostra storia!
È forse questa la saggezza per la quale il popolo di Israele si è
distinto?! Sia, però, ben chiaro questo e fin d'ora: coloro che
rimarranno ostinati a credere in queste improbabili storielle, in questi
palazzi di cristallo e castelli di sabbia, verranno distrutti e annullati,
presto ai nostri giorni! Poiché non esiste altra fede che possa rimpiazzare
la vera e pura Emunà dell'Yihud Ha Shem. E sia fatta la volontà
che la semplicità di fede di coloro, che hanno un cuore pulito, non
venga mai contagiata da queste deleterie e inutili speculazioni metafisiche!
Non lasciarti
ingannare, prezioso lettore, dalle loro labbra mellifue, allorquando ti
esortano al timore di Dio, mentre, d'altro canto, insistono a che tu ti inoltri
nello studio di questa nuova Torà, che essi chiamano la figlia del Re.
Considera bene che il loro scopo principale è di fare nuovi accoliti e
di sottomettere alla loro dottrina quante più anime possibili.
Carpiscono i cuori e le menti, promettendo di mostrare i piaceri della
meditazione su atik, sulla "saggezza" di aba, sulla
"comprensione" di ema e sulla "saggezza" che li vincola
insieme. Plagiano le menti, accompagnandole subdolamente nei vicoli ciechi
della logica dissennata. Distruggono l'equilibrio del pensiero normale. Alla
fine, coloro che vengono plagiati ripetono, come pappagalli, le stesse
farneticazioni. Innocenti e privi d'istruzione credono di aver trovato il Gan
Eden in terra, mentre, in verità, sono usciti dalla realtà, per
entrare nel regno della suggestione.
84
Nello scritto,
pervenutoci da Gerusalemme, si fa riferimento alla nostra calunnia nei vostri confronti
e viene riportato, nel nome del "kuntress" (fascicolo di commento)
Sod Yesharim, che l'esistenza di entità maschili e femminili tra le <216> sacre
divinità, venerate dai nuovi kabalisti, deve essere negata. Chiunque
asserisce che Dio abbia una consorte è un miscredente e verrà
maledetto. La Shechinà è, invero, una "luce creata" da
Dio, insieme a molte altre luci sacre e spirituali. Esse sono superiori agli
angeli e vengono chiamate "sefirot" ecc. La Shechinà è
una "luce creata" estremamente spirituale. Non ha forma né
immagine e non è possibile che l'individuo ne possa comprendere
l'essenza, così come gli è impossibile immaginare quale sia
l'essenza dell'anima nel corpo. Questa "luce" è relativa a Dio
e perciò viene denominata "la luce di Dio", come sta scritto
"Casa di Giacobbe vai e camminiamo nella luce di Dio", ecc. Queste
parole di discolpa sono in contraddizione però con quanto è
testualmente riportato dallo Zohar, da Haim Vital e dagli altri testi
kabalisti. Se è così come dice il kuntress Sod Yesharim,
perché, allora, i nuovi kabalisti hanno avuto bisogno di scrivere
così tanti libri per descrivere le loro idee e le loro considerazioni
sulla natura delle emanazioni divine? Perché era necessario
rappresentare nei minimi dettagli forme e partzufim, per poi negare il tutto,
svestendo la nostra mente da ogni tipo di immagine, forma, similitudine e
aspetto relativo alle sefirot, che sono solo "luci create"? E forse
questo il rispetto dovuto al Creatore? È a tal proposito che i Saggi
sentenziarono: "Chiunque non mostri il dovuto rispetto al Suo Creatore,
sarebbe meglio che non fosse venuto al mondo". Comunque, nonostante le
vostre giustificazioni e discolpe di tipo filosofico, è un dato di fatto
che queste nuove dottrine, presenti nella recente saggistica kabalistica, hanno
formato nelle menti dei lettori ogni tipo di rappresentazione mistica, con
immagini, misure, forme, divisioni, livelli, aspetti, entità maschili e
controparti femminili a volte congiunte e a volte separate, come la consorte di
zeir anpin che lo precedette nella discesa sul Sinai, per poi congiungersi a
lui, in unione felice, al suo arrivo! Stando alle parole del Sod Yesharim, non
avremmo dunque guadagnato nulla dalla sapienza della contrazione (tzimtzum) o
dall'evoluzione a catena (hishtalshelut) o dei livelli circondanti dei
partzufim (igulim) o dell'emanazione diretta (yosher)! Abbiamo soltanto
trasgredito le parole del Salmista "Chi è come il Signore, nostro
Dio, che si alza per sedersi e si abbassa per vedere i cieli e la terra" oppure
"Pronunciatelo nei vostri cuori, sui vostri giacigli e tacete, sela".
La parola del Profeta sarebbe stata più che sufficiente "Vai e
camminiamo nella luce di Dio" (1) Perché dovremmo
inoltrarci in questi tipi di speculazione se come risultato, si arriva
all'idolatria mentale, mentre il Signore ci ha fornito un'intelligenza
"diritta"? Egli, nella Sua bontà, ci ha dato la Torà,
ci ha mostrato <217>
la Sua gloria e la Sua maestà e ci ha detto "Poiché non
vedeste immagine alcuna". In relazione, poi, a quanto argomenta lo Sod
Yesharim, per cui la Shechinà è stata creata insieme ad altre
luci sacre e spirituali, superiori agli angeli, dette sefirot, ecc. sono forse
anch'esse incluse nelle "Schiere Celesti"? Esse sono parte della creazione,
per cui è proibito servirle, così come qualsiasi altra
entità, oggetto di creazione. La loro natura, sia essa materiale o
spirituale, tuttavia, non deve essere concepita come un'entità che
può combinarsi, congiungersi, associarsi od unirsi al Creatore,
sì da formare un'entità a sé nella Creazione. Ciò
è "shituf" (associazione) e con ciò si vìola il
precetto di servire Iddio soltanto, la Causa Prima. Invano i nuovi kabalisti
hanno descritto ed elencato tutte queste forme ed immagini, concettualizzandole
come partzufim. In realtà, tutto proviene dalla Volontà del
Creatore e quando Egli lo desidera, mostra la Sua gloria ai Profeti o nel
Tabernacolo o nel Tempio, al fine di infondere nei nostri cuori una fede ancora
più salda, così come è scritto "Al fine di mettervi
alla prova è venuto il Signore, affinché il timore di Lui sia
presente nei vostri volti, sicché non abbiate a peccare". Non
esiste, però, qualcosa di "fisso" o di "noto" in
questa luce, considerata come partzuf particolare, che, messa al confronto con
gli altri partzufim, è più piccola, più lunga, più
alta, più bassa, con i piedi che congiungono l'ombelico di un'altra,
ecc. In realtà, il Signore, Benedetto Egli Sia, può mostrarci
ciò che Egli vuole, come e quando vuole. Nel "ghilayon"
succitato vengono anche riportate alcune affermazioni dell'autore di S.
ha-Brit, il quale "rafforza i nostri cuori ed esorta i nostri
spiriti" a non temere per la Gloria di Dio né per la Sua Grandezza
anche quando lo abbiamo materializzato. Giacché "colui che è
esperto in chirurgia ben saprà asportare gli strati di luce".
Così non deve preoccuparsi per il rispetto al suo Creatore, dal momento
che nessuno di questi concetti antropomorfici gli sarà d'ostacolo. E
anche lo studioso della nuova kabalà, sebbene immagini nel suo pensiero
ed esprima a parole ogni genere di attributo fisico o di funzione corporea
riferiti a Dio, tuttavia è in grado, poi, di rimuovere ogni concetto
materiale. Così facendo, "tutto sarà come se nulla vi fosse
stato e così come è entrato tale uscirà". Ma in
verità, cosa ha guadagnato da tutto ciò? Ha soltanto sprecato il
suo tempo (e talvolta i suoi soldi), ha messo in pericolo il suo equilibrio
mentale, si è affaticato invano con speculazioni vane e ha distrutto il
suo buon senso meditando invano sulle gerarchie divine e sulle dimore celesti.
Tutto ciò perché non ha rispettato il suo Creatore. <218>
1. In verità, la luce qui menzionata è quella della
Torà, come è scritto "Il comandamento è una candela e
la Torà è la luce". Questa è la luce che
"splende" sulla persona per aiutarla a correggere le sue vie, ecc. Le
luci spirituali, però, non "splendono", né possono dare
una nuova Torà.
85
Per quanto
riguarda il "psak-din" di Ravad (1), per il quale
"colui che crede che Dio sia un corpo" ecc. va riferito a chi crede e
immagina nel suo pensiero che Dio, che è la Causa Prima, abbia un corpo
o una forma. Noi, però, stiamo trattando di una malattia pericolosa per
la quale non esiste rimedio, e, cioè, quella di colui che rende servizio
a delle cause create, come i cinque partzufim e non rende servizio alla Causa
Prima. Costui prega zeir anpin e afferma che questa emanazione contiene anche i
cinque partzufim. La Causa Prima, però, nella sua Essenza pura e
semplice, informe ed incorporea, non deve essere invocata. Tutto il servizio
deve essere diretto soltanto a quella porzione di luce manifesta, la quale,
scesa già nelle forme di emanazione diretta e circondante, ha assunto
l'aspetto di un "uomo spirituale" con i suoi "aspetti
spirituali" corrispondenti e questo al fine di essere percepito dal
pensiero umano. Le "luci circondanti", però, così come
l'ein sof, che tutto abbraccia, sono al disopra di quel livello che viene
considerato "Elohut" (Divinità). La categoria principale di
Divinità è rappresentata dai partzufim di yosher e perciò
i Dieci Detti della creazione vengono attribuiti ai partzufim, che sono
suddivisi in base a ciò che pronunziarono. La giustificazione del S. ha
Brit, per la quale non dobbiamo temere i pensieri materiali riferiti a Dio, non
ci esonera dal considerare la molteplicità di dèi manifesti, che
compiono le loro azioni aiutandosi a vicenda. Anche l'autore di questo
componimento kabalistico concorda sul fatto che bisogna servire il sacro zeir
anpin, che egli nomina "Elaha Ravrabà" (il Dio Grande) che
è il pro-pro-pronipote di "El Elyon" (il Dio Superiore). Ed
è in riferimento a quest'ultimo che lo Zohar scrive "E Tu non hai
corpo, non hai arti, non hai la femmina, Tu sei Uno e Immutabile" ecc. I
commentatori kabalisti spiegano che i versi delle Scritture e le parole dei
Saggi, che indicano l'assoluta Unità, vanno riferiti a questo Dio
Superiore (ha-Elohim ha-Elyon), che è, per così dire,
"Lodato in sé" soltanto e non risponde a preghiera alcuna. Per
venire esauditi bisogna rivolgersi alla Sua emanazione "irascibile"
del mondo di atzilut, nel quale è stato <219> coronato con due corone da suo padre e
da sua madre.
Fu, prevedendo
tali idee idolatre, che il Profeta Geremia (2) levò la sua
voce, simile ad uno shofar suonato a pieno fiato, e, nel nome di Dio,
pronunciò "Quale iniquità hanno trovato i vostri padri in
Me, che si sono allontanati da Me?". E più avanti: "Passate
dunque nelle isole dei Kittim (3) e guardate! Mandate a Kedar e
osservate bene e guardate se avvenne mai qualcosa di simile; esiste forse una
nazione che ha cambiato i suoi dèi, quantunque non siano dèi? Ma
il Mio popolo ha cambiato la Mia Gloria per ciò che non giova a
nulla", "Poiché il Mio popolo ha commesso due gravi peccati:
ha abbandonato Me, la Sorgente d'Acqua Viva e si è scavato delle cisterne,
cisterne crepate che non tengono l'acqua!" (4).
Non fu questa,
forse, la credenza degli antichi filosofi delle nazioni idolatre che "non
riconobbero Israele e il loro Dio, ma si riferivano ad esso come il dio degli
dèi? (5). Essi credevano che il Dio Superiore avesse dato il
potere ed il regno agli dèi inferiori. Allo stesso modo i kabalisti
hanno scritto che il potere e il regno sono stati concessi ad atik, arich, aba
ed ema e questi ultimi l'hanno trasmesso a zeir anpin e alla sua consorte, affinché
provvedessero ai mondi inferiori.
1. Secondo il Ravad e S. Ha Ikarim, chi crede che Dio abbia una
sembianza, come la faccia di un re con un corpo, ecc., non viene chiamato
"min", dal momento che egli sbaglia solo nel modo di studiare e di
interpretare i versi.
2. Geremia 2:4, 9, 10.
3. Vedi primo cap. Ta'anit — i Kittim adoravano il fuoco, a Kedar
adoravano l'acqua e pur sapendo che l'acqua spegne il fuoco, tuttavia non
abbandonarono il loro culto idolatra. (N.d.t.).
4. Geremia 2:13.
5. Menahot — vedi qui cap. 50.
86
Fu così
che alcuni veri Hachamim, quali R. Tam ibn Yihia, R. Peretz, R. Shimshon di
Kenun, Rivash e Maharshal intuirono la stranezza della nuova kabalà e
mantennero le dovute distanze. Ricordiamo Rivash, il quale "non
fissò un tempo per studiarla" ecc. Percepì, dunque, la
stranezza di queste nuove idee <220>
ma, nonostante ciò, non vi si scagliò contro, bensì vi si
dissociò, in modo pacato, come quando chiese "Sono dunque
divinità le sefirot?". Anche l'esempio apportato da Don Yosef ibn
Shushan non gli piacque e sapeva bene che era come un paraocchi. Non volle
offenderlo pubblicamente e perciò disse "Sarà così
come l'hai detto ...".
Se il Rivash
evitò di intraprendere lo studio della kabalà, poiché non
lo aveva ricevuto da un Hacham Mekubal, allora lo avrebbe potuto ricevere da
Don Yosef ibn Shushan! Ma si dissociò, appunto perché capì
che tutto quello che studiò era il frutto dell’immaginazione e della
fantasia di uomini, i quali, per aver fissato troppo a lungo le loro dita, incominciarono
a scorgervi alte montagne e profonde valli. Nel Midrash ha-Gadol (1),
sulle parole "Vino e bevanda inebriante non bevete" è scritto:
R. Hiya aprì: "I comandamenti di Dio sono retti e rallegrano il
cuore". Come il vino rallegra lo spirito, così anche le parole
della Torà. E come col vino, se uno ne abusa sta male e vomita tutto,
così con le parole della Torà, se uno vi si occupa troppo e pensa
troppi pensieri, alla fine cadrà in eresia. Tornando al Rivash, egli
fece intendere la sua vera opinione quando domandò "Sono dunque
divinità le sefirot?". E si espresse "Io stesso non la
(kabalà) studio". Parimenti R. Tam ibn Yihie e Maharshal, ricordati
nel S. ha-Zahav, e R. Y. Albo nel S. ha-Ikarim non manifestarono tutti i loro
pensieri a riguardo; però, dall'attento esame delle loro parole se ne
potrà capire la vera intenzione.
1. Parashà Sheminì.
87
In precedenza,
abbiamo riportato l'opinione dei nuovi kabalisti, secondo la quale zeir anpin
si rivelò ai nostri antenati sul Sinai e pronunciò le parole
"Io sono il Signore tuo Dio" ecc. Come può concordare tutto
questo con la spiegazione data dai Saggi in Shemot Rabbà sul verso
"Io sono il Primo, Io sono l'ultimo" che non ho né padre,
né figlio, né fratello?. A loro dire "Io sono il Signore tuo
Dio" fu pronunciato da zeir anpin. Come si può esaltare questo Dio
in cielo <221>
se, come riferito a zeir anpin, egli ha un padre, una madre, un figlio e una
sorella? I Saggi, comunque, ci illuminarono a riguardo e, affinché non
cadessimo in questi errori, chiarirono che Colui che pronunciò "Io
sono il Signore Dio tuo" è lo stesso che affermò "Io
sono il Primo", — che non Ho un padre — "Io sono l'Ultimo" — che
non ha un figlio e "all'infuori di Me non c'è altro dio" — che
non ho fratelli. Questo è il Signore nostro Dio, la Causa Prima; Egli
stesso, dall'alto, fece sentire la Sua Voce, quando, nel secondo comandamento,
ci avvertì "Non avrai altri dèi al Mio cospetto". Fu
Egli che pronunziò "Vedete, ora, che Io sono il Signore e non
c'è altri con Me" ed anche "Io sono l'Unico Dio". Lo
Zohar, al contrario, afferma che il Dio che pronunciò "Io sono il
Primo" è l'ein sof (l'infinito); colui che disse "Vedete, ora,
che Io sono il Signore" ecc. è adam kadmon; colui che disse
"Sia la luce" è aba, mentre fu ema che pronunciò
"Facciamo l'uomo". Attribuiscono, poi, i nostri servizi, le nostre
preghiere e le nostre invocazioni soltanto a zeir anpin in unione col partzuf
che lo sovrasta e, così, quando chiamiamo zeir anpin è come se
avessimo evocato il Dio Superiore, che non ha nome! Se non ci rivolgiamo a Lui,
con il Tetragramma, non ci risponderà, dal momento che i nomi furono
attribuiti a quei partzufim emanati e creati da Lui. In particolare, il
Tetragramma viene da loro messo in associazione con zeir anpin. E contro tali
credenze così estranee e così lontane dalla via della Sacra
Torà e dei nostri Saggi, di benedetta memoria, che il Profeta Geremia si
scagliò quando disse (1) "Hanno rinnegato l'Eterno"
e dicono "Egli non esiste" — "Rinnegano l'Eterno" come sta
scritto "O Signore, nel Tuo uscire davanti al Tuo popolo e nel Tuo
procedere per Yeshimon, sela, la terra tremò, i cieli fremettero al Tuo
cospetto. Questo è il Sinai davanti al Signore, Dio di Israele"
come sta scritto "Il Signore venne dal Sinai e splendette da Seir".
Essi hanno
pronunciato "Egli non esiste" non è Lui (ve-lo-Hu),
bensì zeir anpin, che scese sul Sinai per congiungersi con la consorte
in sacro matrimonio. La moglie lo aveva preceduto ed egli la seguì per
unirsi insieme in un'unione felice!
Essi si riferiscono
a Lui persino con il segno della negazione (ein), sottintendendo che non
esiste. Giacché egli non ha nome, né punto che lo limita,
così "non esiste". Alle volte congiungono questo aspetto con
la parole "sof" (fine) rendendolo "ein sof" (senza fine).
In verità, l'ein sof è simile, come idea, al targum della frase
"ein heker le tevunatò" (non esiste indagine al Suo
intelletto). Yonathan ben Uziel traduce: "Le sof lesahlenutè".
I kabalisti ripresero questa espressione eliminando <222> la parola del Profeta
"le-tevunatò" (la Sua comprensione). Ma è proprio in
virtù di questa parola che la frase vuole, significare che Dio
creò tutto il creato con meravigliosa saggezza, come sta scritto
"Come sono grandi le Tue opere, o Signore, tutte creasti con
saggezza".
Infatti Dio
è conosciuto soltanto attraverso le Sue opere, come proclamò il
Profeta "Levate verso l'alto i vostri occhi e guardate chi ha creato tutto
questo". E così re Davide scrisse nei Salmi "Quando osservo i
Tuoi cieli, l'opera delle Tue dita". Ma, invece, quei miscredenti hanno
ritenuto che, siccome è impossibile percepire la Sua Essenza, Egli non
esiste, Dio ci salvi! Così tutti i nomi menzionati nella Torà e
nei Profeti e nel linguaggio dei Saggi come Ha-Kadosh Baruch-Hu (il Santo
Benedetto Egli Sia) e Ribbonò shel olam (Padrone del Mondo)
attribuiscono a quella porzione della loro immaginazione denominata "gufa
d'malka" (il corpo del Re).
1. Geremia, 5:12.
88
Una volta
irretiti dalla smania di altri dèi, come la generazione del deserto che
disse: "Questi sono i tuoi dèi, o Israele", essi affermarono
che il Dio Superiore, nominato "ein", pose in esistenza molte cause
ed effetti, che scendono a diversi livelli, influenzandosi a vicenda. A
ciascuno di essi attribuirono un nome di Dio, preso dalla Torà, come la
loro interpretazione del verso (in Proverbi): (1) "Qual
è il suo nome o il nome di suo figlio, se lo sai?". "Qual
è il suo nome?" — Ha-Shem Tzevaot è il Suo Nome, ossia, aba;
"qual è il nome di suo figlio?" — zeir anpin è il suo
nome. Tuttavia, i nostri servizi e le nostre preghiere vanno rivolti a questi
dèi inferiori emanati dal Dio Superiore, dal momento che Egli non
può esaudire alcuno, poiché il Suo nome è "ein".
La preghiera deve essere diretta esclusivamente a zeir anpin, congiungendo nel
pensiero i partzufim sovrastanti, dal momento che l'anima di zeir anpin fa
parte del Dio Superiore. Va riferita a ciò la rampogna del profeta
Geremia quando inveì contro Israele e <223> disse: "Hanno negato Dio" (2).
Hanno negato ciò che l'Eterno disse a Mosè: "Parla
così ai figli d'Israele: Ha-Shem, il Dio dei vostri Padri, il Dio di
Abramo, il Dio di Isacco ed il Dio di Giacobbe mi ha mandato. Questo è
il Mio Nome in eterno, così devo essere ricordato da generazione in
generazione". Hanno negato Colui che ci benificia e ci protegge. Solamente
il viso stretto di zeir anpin osserva ed esaudisce le nostre preghiere e viene
nominato il Re Santo, degno di ogni lode, giacché suo padre e sua madre
gli hanno concesso il potere-regnante. Non così è il Dio Superiore
che solo unifica, vincola e lega tutti gli dèi inferiori cosicché
le loro anime possono venire considerate un'unità. Evoca, dunque, zeir
anpin ed è come se avessi evocato il Dio Superiore! E quando proclamiamo
"Ascolta, Israele, l'Eterno, nostro Dio, l'Eterno è Uno"
stiamo congiungendo aba ed ema, i quali insieme formano il Re Superiore (malka
ila'a), con zeir anpin e nukve, che insieme formano il Re Inferiore (malka
teta'a) cosicché alcuna separazione si attua tra queste doppie entità
e tutto risulta uno.
Ahinoi! Poveri
noi! Quale deplorevole livello di fede per i figli di Israele, il popolo eletto
dal Signore per la sua particolare missione! Ha-Shem ci ha concesso la
Torà di verità che Moshè Rabbenu, alav ha shalom,
ricevette sul Sinai, la Torà scritta e la Torà orale. Quaranta
giorni e quaranta notti vi rimase per studiarne i dettagli, i motivi e le
generalità. Questa Torà trasmise poi a Giosuè che, a sua
volta, la tramandò e così via fino agli Uomini della Grande
Assemblea, i quali catturarono l'inclinazione all'idolatria (yizra
d'avodà zarà) la gettarono in un calderone, chiudendola e
sigillandola con un coperchio di piombo. Quest'ultimo, però, fu rimosso
dal suo posto, allorquando quell'impostore spagnolo consegnò il suo libro
ai Saggi di Valladolid (Tulitula), nella Spagna. Satana era arrivato e poteva
ballare tra di noi! Fu dunque vana l'opera degli Uomini della Grande Assemblea,
che lavorarono alacremente e faticosamente e invocarono Ha-Shem contro
l'inclinazione all'idolatria per tutto il tempo che era rimasta in loro potere?
Con grande saggezza e acume riuscirono ad annullare la tentazione
dell'idolatria, tramite l'incessante studio della Torà e dei suoi
commenti, che insegnavano al popolo la vera e giusta via. Questi erano gli
insegnamenti con i quali si occupavano dalla mattina alla sera, assieme agli
uomini e alle donne, che erano in grado di comprendere, come sta scritto
"Ed i Leviti spiegarono la Torà al popolo e davanti ad esso
leggevano il Libro della Legge di Dio, in conformità all'interpretazione"
(cioè la Legge orale) e in questo modo aumentarono nel popolo
l'intelligenza "che permetteva loro di capire la Torà". <224> Furono loro che
stabilirono le preghiere e le benedizioni per tutta Israele e fecero in modo di
formare molti Talmidim. Così facendo, riuscirono a cancellare
l'inclinazione malevola dell'idolatria e la Corona rimase al suo posto,
annullando i nomi di altri dèi e distruggendo tutti i falsi culti e
credenze, che conducevano alla negazione. Leggiamo in Yomà: (3)
"Ed essi salirono sulla pedana dei Leviti, Yeshua ed i suoi figli, Kadmiel
ecc. e levarono un alto grido al Signore". (chiede il Talmud): Che cosa
dissero? R. Yehuda, nel nome di Rav (e altri dicono nel nome di R. Yohanan)
dice: Ohi, ohi! È dunque proprio lo stesso (Satan) che ha distrutto il
Beit ha-Mikdash e ha dissacrato l'Heichal e ha ammazzato i Tzaddikim ed ha
esiliato Israele dalla sua terra, che ancora danza tra di noi?! Non lo
conducesti forse Tu tra di noi affinché potessimo meritare una
ricompensa? Ma noi non lo vogliamo, né vogliamo la ricompensa! Cadde
allora dal cielo un segno, in cui era scritto "Emet" (verità).
R. Hanina disse: "Dobbiamo capire il segno, poiché "Emet"
è il sigillo di Ha-Kadosh Baruch-Hu". Digiunarono così per
tre giorni e per tre notti e, infine, venne loro consegnato lo Yetzer di
avodà zarà (l'inclinazione all'idolatria). Avvenne subito un
"prodigio", quando un fuoco, sotto forma di un leoncello, si
sprigionò dal Kodesh ha-Kodashim. E il Profeta disse loro: "Questo
è lo yizrà d'abodà zarà" come sta scritto:
"Questa è la donna malefica". Subito lo catturarono, ma uno
dei suoi peli cadde ed egli levò un urlo potente che si estese per 400
parsini. Allora si chiesero: "Che cosa facciamo adesso? Forse il Cielo avrà
misericordia di lui?". Rispose il Profeta: "Gettatelo in un calderone
e chiudetelo con un coperchio di piombo, cosicché venga attutita la sua
voce" come sta scritto: "Questa è la donna malefica ed egli la
gettò dentro una fornace e la chiuse con una pietra di piombo".
Poi, dissero: "Se il momento è così propizio, invochiamo il
Signore, affinché ci consegni anche l'inclinazione al peccato"
(yizrà d'averà). Pregarono Iddio e anch'essa venne loro
consegnata. Allora il Profeta li ammonì: "Fate attenzione,
poiché se la uccidete il mondo perirà". Essi, allora, la
nascosero per tre giorni. Ma avvenne, però, che quando uno cercava un
uovo fresco, anche per un malato, non lo trovava in tutta la terra di Israele.
Dissero: "Che cosa possiamo fare, adesso? Se la uccidiamo, il mondo sarà
distrutto e se chiediamo un compromesso non saremo esauditi, perché in
Alto non si fanno compromessi". Alla fine, coprirono i suoi occhi con
"khal" e la mandarono via, soddisfatti del fatto che da allora
nessuno si innamorò più dei parenti stretti (4).
1. 30:4 — "Chi è mai salito in cielo ed è poi
risceso? Chi ha raccolto il vento nel suo pugno? Chi ha racchiuso le acque
nella sua veste? Chi ha stabilito tutti i confini della terra? Qual è il
suo nome e il nome di suo figlio? Lo sai forse tu?". <225>
2. 5:12 — "notare il testo in ebraico" Con la extra vav
permettendo così una doppia lettura "Essi hanno negato Dio",
dicendo "È a lui" come in questo caso che la loro negazione di
Dio consiste nel fatto che servono zeir anpin, ma dicono che — è a lui —
ed il lettore perspicace capirà.
3. Cap. Ba lo.
4. Beit ha-Mikdash — il Tempio; Hechal — La Navata del Tempio —
Kodesh ha-Kodashim: la parte più interna e sacra del Tempio. Parsin, un
miglio persiano, circa 1 km.; Non potevano trovare uova, perché venne a
mancare anche l'istinto sessuale. Khal, cosmetico blu per tingere le palpebre
usato nell'antichità.
89
In tutta
umiltà, credo che questa "aggadà" in Yomà
sarà compresa più facilmente se prima avremo compreso il fondamento,
sul quale i Saggi basarono l'interpretazione del verso "E non andrete
seguendo le seduzioni del vostro cuore e dei vostri occhi". Dissero i
Saggi: "vostro cuore" — questa è minut (negazione);
"vostri occhi" — questa è z'nut (trasgressione sessuale);
poiché il cuore e l'occhio sono due mediatori del peccato. Per intendere
meglio la relazione esistente tra la negazione o qualsiasi credenza in false
dottrine e la trasgressione sessuale, è necessario comprendere quale
potente attrazione avessero le credenze nei be'alim e nelle ashtarot, durante
il periodo dei Giudici e di Yerovoam ben Navat ed il resto dei monarchi di
Israele e di Giudea durante la prima lega. I be'alim erano divinità
maschili e venivano così nominati perché considerati
"mariti" delle divinità femminili (ashtarot) come riporta il
Talmud: (1) "R. Huna, nel nome di Rav, disse :" il ba'al
possedeva la sua virilità e commetteva adulterio e quei popoli
stipularono un patto con lui proclamandolo loro dio". Pertanto, questo
idolo maschile fu nominato ba'al, in virtù delle sue prestazioni
sessuali e del suo comportamento indecente; inoltre, è noto che gli
idolatri dell'antichità si costruivano delle forme e delle immagini, in
base a ciò che supponevano esistesse nelle sfere celesti e, così
facendo, ritenevano che l'influsso delle forme superiori scendesse su quelle
inferiori (e a tale <226>
riguardo i riti orgiastici di fertilità venivano compiuti alla presenza
dei loro idoli). Un altro motivo del loro chiamarsi "ba'al" (padrone)
consisteva nel fatto che gli idolatri li consideravano i loro padroni, a cui
erano assoggettati (2). Le ashtarot, come detto, erano le
controparti femminili dei be'alim.
L'idea che
esistessero in Alto delle entità divine maschili e femminili, che si
accoppiavano, proveniva dal culto idolatra degli antichi Caldei. Inoltre,
esistevano credenze e culti pagani analoghi tra i popoli confinanti con
Israele. Per molte generazioni essi rappresentarono una grande insidia per i
figli d'Israele. Molti, inoltre, speculavano sulle genealogie celesti e
formulavano delle leggi, secondo le quali era possibile ricevere gli influssi
celesti desiderati. Così forte era l'attrazione idolatra del popolo, che
i Profeti dovettero intervenire e scagliarsi contro tali pratiche di idolatria;
leggiamo in Isaia: (3) "Guai ai legislatori che emanano leggi
di iniquità e redigono leggi di falsità. La parola di Dio
è per loro un comando ad un comando, un comando ad un comando (tzav le
tzav), una linea ad una linea, una linea ad una linea (kav le kav), là un
po', là un po' (zeir sham, zeir sham)". Così anche la
dottrina dello Zohar è un comando ad un comando, aba ad ema, ema a zeir;
ed è una linea ad una linea, come sta scritto nell'Etz Haim di Vital (4)
che "le sefirot di yosher sono nella forma di tre linee, con sembianza
umana"; "zeir sham, zeir sham" è chiara l'allusione al
loro zeir anpin, come sta scritto "essi hanno abbandonato Dio per servire
i be'alim e le ashtarot". E tutto ritorna al grave errore della
generazione di Enosh che, come spiega il Rambam, considerava che Iddio, data la
Sua immensità, avesse delegato ad altri il potere regnante.
Confrontate
ciò con quanto scrive l'Oz l'Elohim: "Kodesh ha Kodashim è
chiamato malka kadisha; Kudshè Brich Hu, il Santo Benedetto Egli Sia,
è così chiamato, perché egli è benedetto da
ciò che lo sovrasta. Questo non è il caso dell'Ein Sof,
poiché esso non ha da chi ricevere benedizione e perciò non
può venire chiamato Kudshe Brich Hu". L'Ein Sof non li custodisce e
perciò non è degno di lode. Solo zeir anpin, che ha ricevuto la
benedizione dall'alto è degno di tutte le lodi. Così è
spiegato nei testi kabalisti che caddero nella trappola insidiosa dello Zohar.
Tutti i
fondamenti della nuova kabalà, così estranei alla Sacra
Torà, originano dalle dottrine pagane di altre nazioni. Essi sono
ritornati per mettere alla prova la fede di Israele, come avvenne nel periodo
dei Giudici e anche in seguito, quando Israele fu mandato in esilio, dopo la
distruzione <227>
del primo Tempio.
1. Yerushalmi, avodà zarà; kol tzelamim.
2. Vedi Radak e Kelè Yakar.
3. Isaia 28.
4. Sha'ar Igulim ve-Yosher.
90
Al loro ritorno
dall'esilio, gli Uomini della Grande Assemblea fecero molte preghiere al Santo
Benedetto Egli sia, affinché li aiutasse ad estirpare lo "yizra
d'abodà zarà", dato che avevano capito che l'idolatria aveva
causato la distruzione del Santuario. Alla fine, furono aiutati dall'Alto con
lo stabilire Case di Studio e con la nomina di Hachamim e Nevonim che
istruissero il popolo, secondo le vie della Santa Torà. Essi agirono per
estirpare tutte le dottrine pagane fino a quando "un fuoco nella sembianza
di un leoncello, uscì dal Kodesh ha-Kodashim"; così fu
rimosso anche il fervore e il desiderio di inoltrarsi nei "segreti"
dei cosiddetti culti mistici che avevano così tanto contaminato il
Tempio e lo studio della Torà, che insegna la vera sapienza di
"conoscere Dio e di amarLo e di temerLo con semplicità di
fede". Allora, erano molti che avevano tentato di trovare nella
Torà ogni genere di "appoggio" e di "allusione" per
dare vita a sistemi di interpretazione del tutto differenti dalla vera e
ininterrotta Kabalà, che ci insegna la vera Emunà, secondo cui il
Creatore, Benedetto sia il Suo Nome in eterno, è Uno, in un senso
assoluto e distinto da tutte le altre unità. Egli è il Primo ed
Egli è l'Ultimo, al di sopra di tutte le limitazioni del tempo e dello
spazio. L'intelligenza umana, limitata da un corpo materiale, non è in
grado di percepirLo. Egli è sempre stato. Egli è Eterno ed
Infinito. La Sua eternità, sia in termini di passato che di futuro,
viene espressa dal Profeta Isaia "Io sono il Primo, Io sono
l'Ultimo". Onkelos, sul verso "Ed Io dissi “Io sono il Dio Vivente in
eterno” (le-olam, letteralmente, per la durata del mondo)" traduce
"Kajam Ana le-almin" (Io esisto in eterno). Ciò significa che
Dio esiste in un unico e in un medesimo modo, senza mutamento alcuno e senza
molteplicità. Questo è vero <228> prima che il mondo fu creato e dopo che
il mondo terminerà di esistere, secondo la Sua volontà.(1)
Egli è il Dio che proclamò "Vedete, ora, che sono Io il Dio
e non c'è altri con Me". Questo significa che il Signore è
stato e sarà in eterno, anche dopo che i cieli saranno scomparsi. Egli
esiste in eterno nello stesso modo, immutabilmente. Egli è la Causa
Prima e Lui soltanto è giusto servire e pregare e proclamarNe la
Grandezza, osservandoNe i precetti. Ed è proibito fare altrettanto con
qualsiasi altra creazione, sia materiale che spirituale. Questi sono i concetti
più elevati e più puri della fede che possono essere espressi.
Non così
le concezioni di questi nuovi kabalisti che indeboliscono i pilastri della
nostra fede e abbattono le colonne portanti della Tradizione orale nel momento
che invitano i nostri correligionari a pregare e a servire il loro zeir anpin,
Dio ci salvi!
Ma torniamo ora
alla nostra spiegazione: "e quando lo catturarono, un pelo cadde da
lui", ciò significa che catturarono coloro che stavano sbagliando e
facendo sbagliare il popolo con i loro falsi commenti della Torà. Li
catturarono per le loro barbe e li fecero pentire per le loro menzognere
interpretazioni, che conducevano alla negazione e alla fede politeista. Un pelo
però cadde dalle loro barbe, al momento della loro cattura,
giacché erano delle persone che cercavano di apparire venerabili con il
farsi crescere la barba. Così il loro onore venne offeso e la loro fama
diminuì e perciò levarono alto il loro lamento che si estese fino
a quattrocento parsin; infatti, tutta Israele, che si estende per quattrocento
parsin venne a conoscenza della loro indegnità. Gli Uomini della Grande
Assemblea si domandarono poi "come dobbiamo agire, adesso?". Forse
costoro potrebbero avere ancora dei meriti per aver studiato la Torà,
sebbene l'abbiano usata per trovare un appoggio alle loro false e idolatre
argomentazioni. Forse sarebbero stati commiserati dalla misericordia divina,
come nel caso di Elisha ben Abuya, il quale, in virtù della Torà
che aveva studiato, fu aiutato a tal punto che dal cielo sentenziarono
"Non lo puniremo per merito della Torà che ha studiato".
Quindi il Profeta disse loro "Gettatelo in una fornace e chiudetelo con un
coperchio di piombo cosicché la sua voce rimanga soffocata". Il
Profeta Zaccaria li rassicurò e disse loro di non preoccuparsi per il suo
potente lamento; ordinò loro di rimuovere dai propri cuori quei falsi
insegnamenti, gettandoli nel calderone di piombo e lasciandoli negli abissi,
così come sta scritto: "Allora furono sommersi come piombo nelle
acque portentose" (Cantico del mare).
"Le acque
portentose" — sono la vera Torà, ricevuta da Mosè. Furono
esse a fornire loro la forza di stabilire Case di Studio in ogni città e
<229> villaggio,
procacciando allievi in grande numero, come scrissero nel primo capitolo di
Avot gli Uomini della Grande Assemblea "Siate tolleranti nel giudicare,
procacciate molti allievi e fate una siepe intorno alla Torà".
Questo terzo principio significa che la Torà non deve essere
interpretata a vanvera, bensì e solo in conformità alle regole
generali di interpretazione che furono consegnate a Moshè Rabbenu sul
Sinai.
E questo
è il significato di "lo coprirono con il piombo"— essi
chiusero le bocche di quei sedicenti saggi e non permisero loro di spiegare la
Torà per mezzo delle loro speculazioni, evocando gli spiriti dei morti per
venire a raccontarcene i "segreti". "Con piombo"
giacché questo metallo soffoca la voce — affinché le loro insulse
interpretazioni non vengano più ascoltate.
In tal modo,
con l'aiuto dell'Onnipotente, l'inclinazione dell'idolatria fu messa a tacere.
Gli Uomini della Grande Assemblea continuarono la loro opera e abolirono i nomi
di molteplici divinità, immaginate da coloro che credevano
nell'esistenza di una serie di cause ed effetti che scendono uno dopo l'altro,
collegati da permessi e proibizioni, in grado di creare ciò che
desiderano. Ma i pensieri dei nuovi kabalisti sono analoghi a quelli che furono
con tanta fatica cancellati dagli Uomini della Grande Assemblea, di benedetta
memoria.
1. Vedi Morè Nevuhim, pag. 17 ed anche l'introduzione
generale di R. Nathan Adler in "Netinà la-gher".
91
Fu a tal
riguardo che i nostri Saggi affermarono che gli Uomini della Grande Assemblea
avevano rimesso la Corona al Suo precedente posto quando stabilirono la
preghiera "Ha-El Ha-Gadol, Ha-Ghibor, ve Ha-Norà" (il Signore
Grande, Onnipotente e Temibile). Furono essi che spiegarono che qualsiasi
evento fosse accaduto ad Israele, nel bene e nel male, derivava dalla Sua
Potenza e dalla Sua Grandezza. Tutto proveniva da Elohim Elyon, che è
Uno e la cui Unità non ha pari. Questa cristallina fede nell'Yihud Ha
Shem era diffusa tra tutti gli ebrei e perdurò durante il quarto e
quinto millennio e per breve parte del sesto. <230> Successivamente, Ha Shem mise alla prova
il popolo d'Israele con questo libro (lo Zohar), falsamente attribuito a R.
Shimon b. Yohai. Purtroppo, però, molta gente (e tra loro rabbini e
saggi) fu vittima delle falsità quivi esposte e iniziò a
divulgare una nuova tradizione orale, mentre la Mishnà e il Talmud
venivano messi da parte e calunniati. Questi eruditi non superarono la prova e,
convinti delle parole dello Zohar, presero a scrivere nuovi commenti e libri,
cosicché il numero di chi si occupava di misticismo crebbe a dismisura.
Arrivarono così a far credere che, nelle questioni di fede, le loro nuove
idee avessero lo stesso valore della Mishnà e del Talmud, per cui, alla
fine, non si potè più distinguere l'abissale differenza esistente
tra di loro. I talmudisti, d'altra parte, fedeli come sempre al Talmud ed ai
Midrashim, così come la maggior parte degli ebrei tradizionalisti, non
volevano inoltrarsi nella conoscenza di questa nuova kabalà. Essi
rimasero integri nella loro pura ed incorrotta fede. Coloro che erano in grado
di capire ed apprezzare gli scritti di Sa'adya Gaon, del Kuzari o del Rambam
rimasero inamovibili nella loro pura fede dell'Yihud Ha Shemo. La Corona rimase
e ancora rimane nel posto che le compete, come ai giorni della Grande
Assemblea. Però, la spina dolorosa è ancora conficcata nelle
carni del popolo. Sono molti, infatti, che credono che i testi dei nuovi
kabalisti siano sacri, e contengano concetti segreti ed elevati, che essi
stessi non sono in grado di comprendere, ma ritengono, pur tuttavia,
conciliabili con la vera fede. Essi non si rendono conto del veleno di serpe
racchiuso in questi libri e delle insidiose trappole che minano le basi e le
colonne portanti della Sacra Torà, Dio ci scampi! Molti Saggi e molti
Rabbini, purtroppo, sbagliarono ed il loro errore fu un'enorme pietra di
inciampo per le generazioni successive.
92
Esiste anche
un'altra classe di individui bene istruiti, che hanno esaminato questi testi e
sanno bene quanto essi siano completamente estranei alla Fede della Torà
e dell'Unità del Nome. Tuttavia, costoro riferiscono il loro disaccordo
soltanto in privato, perché hanno timore dei cosiddetti Hassidim, che
sono tali (pii) nel loro sfrenato amore di onore e di gloria, Dio ci scampi!
Questi, nelle loro fantasie, pregano la Regina del Cielo e le delegano un posto
recondito nel <231>
mondo. A nulla giovarono, nel loro caso, le orazioni e le "takanot"
degli Uomini della Grande Assemblea. Infatti, l'unico principio che hanno
ritenuto valido è quello di abolire ogni immagine di oro, di argento, di
legno o di pietra, che sono opera manuale di un artigiano. L'autore dello Zohar
apre infatti, col verso "maledetto l'uomo che si costruisce un'immagine
scolpita". Nella loro mente, tuttavia, esistono molte immagini e be'alim e
ashtarot, ai quali essi si inchinano riverenti e pregano "in purità"
e le associano ai Nomi di Dio! Tuttavia, coloro che hanno delle riserve
più che fondate sulla nuova kabalà e credono fermamente
nell'Yihud Ha Shem e distinguono il vero dal falso e, costantemente, studiano
la Torà scritta e orale, temono, tuttavia, di pronunciarsi e di
proclamare la verità, dal momento che hanno paura di venire emarginati e
essere considerati "eretici", con tanto di "herem" o
"niddui" (scomunica) da parte loro. A causa di tali minacce e
ricatti, essi hanno paura di votarsi, anima e corpo, alla causa della
Santità di Dio (Kedushat Ha-Shem), di Dio Onnipotente, i cui giudizi si
realizzano in tutta la terra. Essi hanno dimenticato le azioni dei nostri
antenati che, pur di santificare il Nome, non esitarono a morire. Ricordiamo
Abramo, gettato nella fornace dal perfido Nimrod, o Daniele, scaraventato nella
fossa dei leoni. Ricordiamo i tanti Tzaddikim e Uomini pii, menzionati nel
Talmud e nei Midrashim, che sacrificarono la loro vita per la Santificazione
del Nome (Kidush Ha Shem). Alcuni di essi vennero perseguitati e immolati per
espiare i peccati della loro generazione.
93
Purtroppo,
questi "hachamim" e "maskilim" non si sono sacrificati alla
Santificazione del Nome e all'Onore della Torà, dal momento che si sono
preoccupati più del proprio onore. Non hanno messo a repentaglio la loro
presunta reputazione dall'offesa di questi falsi scomunicatori, al fine di
mantenere inalterata la loro fama e la loro importanza. Non hanno considerato
l'Onore di Ha-Shem, il cui Nome è stato profanato, <232> Dio ci salvi, da
questa nuova kabalà! Esiste forse profanazione maggiore di questa, di
servire un altro dio creato e non già Ha-Shem, nostro Dio, che fece
conoscere le Sue vie a Mosè?! Perciò apprendiamo dalla
Mishnà: (1) R. Shimon b. Halafta disse: "Dal giorno in
cui l'arma della falsa adulazione si è rafforzata, i giudici hanno
falsato i loro verdetti e tutto è andato in rovina". R. Elazar
disse: "Chi usa la falsa adulazione fa scendere l'ira sul mondo,
così come è scritto: "Colui che mantiene la falsa lusinga
nel proprio cuore fa scendere l'ira". Non solo, ma le loro preghiere non
vengono ascoltate, così come sta scritto: "La loro preghiera non
verrà esaudita, poiché sono ipocriti". R. Elazar disse
ancora: "Chi usa la falsa adulazione verso il suo prossimo, cadrà
nelle sue mani o nelle mani del di lui figlio o nipote ecc.". I nostri
Saggi classificavano i falsi adulatori tra le "quattro classi di individui
che non ricevono la Divina Presenza" ossia gli schernitori, i bugiardi, i
falsi adulatori e i calunniatori. I falsi adulatori, in base al verso:
"Poiché i falsi adulatori non verranno al Mio cospetto". Tale
è il dolore nei nostri cuori. Come è stato possibile che il
popolo di Israele, la nazione eletta dal Signore per amarLo e per servirLo e
per proclamarNe l'Unità, ogni giorno, nelle preghiere "Con tutto il
cuore e con tutta l'anima e con tutta la forza", senza
"associazione" con qualsiasi altra creatura superiore o inferiore,
abbia fatto in modo che la sua fede venisse contaminata da tanta idolatria?
Come è possibile che abbiano abbandonato il Dio dei loro Padri e abbiano
scambiato l'onore del Grande, Portentoso e Terribile Dio con altre
entità, dalla forma di un uomo con il viso stretto, delegato dai suoi
genitori a condurre e sostenere tutti i mondi?!
Gli Uomini
della Grande Assemblea riuscirono a sopraffare l'inclinazione al peccato
(yizrà d'averà), in quanto l'indebolirono a tal punto, che essa
non poté più insidiare i figli d'Israele con le relazioni
incestuose. Essi riuscirono in questo difficile intento, grazie ai decreti e alle
leggi che stabilirono, così come viene spiegato dalla grande sorgente di
luce, Maimonide (2). Questa importante separazione nei rapporti
familiari fu espressa dai Saggi con le parole "Ed essi misero khal (3)
nei suoi occhi e rimasero soddisfatti, poiché una persona non poteva
più innamorarsi del proprio parente stretto".
1. Sotè, elu ne'emarim.
2. Hilchot Issurei bià.
3. vedi qui cap. 88.
<233>
94
Già le
vostre orecchie e i vostri pensieri sono stati riempiti dall'idea che i kabalisti
servono una creazione. Come scrive lo Yosher Levav: (1)
"Conosci il Dio dei tuoi padri e servilo". "Conosci il Dio dei
tuoi padri" questo include i cinque partzufim; "e servilo",
questo è zeir anpin, nonostante sia un oggetto di creazione, giacché,
in tal modo tu stai servendo la sua "anima" (neshamà), senza
la quale non esiste alcunché. Perciò non sta scritto
"dà Elohei avicha" bensì "dà et Elohei
Avicha" (2). Lo Yosher Levav asserisce, pertanto, che la
particella "et" è qui posta per sottintendere l'anima di zeir
anpin.
In tutta la
Torà, però, non troviamo che una parola, intesa come un'aggiunta
(ribbui), venga inserita per rimuovere il precetto fondamentale espresso in
quello stesso verso. L'aggiunta deve essere collegata all'idea principale oppure
deve "partecipare" con la proibizione principale di quel verso. Come
i Saggi interpretano: (3) "Onora tuo padre e tua madre"
("Kabed et avicha ve et imecha") — "et avicha", questo
"et" viene posto per includere la moglie di tuo padre (anche quando
essa non è tua madre); "ve et imechà", questo viene ad
includere il marito di tua madre (anche quando esso non è tuo padre).
Similmente i
Saggi commentano: "E lascerai la frutta incirconcisa" (per i primi
tre anni) (ve-araltem orlatò ve et piryò); "et
piryò", questo viene ad includere ciò che è
secondario alla frutta stessa e cioè le bucce, i semi che anch'essi sono
proibiti per i tre anni di orlà, come la frutta stessa.
Al contrario, i
nuovi kabalisti hanno inteso "et" come la parte principale,
affermando che essi servono l'anima e anche il corpo (che essendo oggetto di
creazione è secondario), cosicché servono entrambi
contemporaneamente (4) !
L'associazione
a Dio con un'entità creata comporta la trasgressione alle parole di R.
Shimon b. Yohai, che affermò che chiunque associa il Nome con una
qualsiasi altra entità verrà estirpato dal mondo.
Tra le
molteplici prove, presenti nello Zohar (5), che zeir anpin sia una
creazione emanata, prendiamo quella che si trova nell'Edra Rabbà (6)
: "Dio ti ha fatto entro gli anni, Egli lo fa vivere" — chi lo
fa vivere? — costui è Atik Yomin (l'Anziano dei giorni); chi ha fatto?
costui è zeir anpin. A <234>
chi ha dato la vita?; — a zeir anpin, le cui luci provengono dai due
"anziani" che lo precedono, aba ed ema. È quindi chiaro che
zeir anpin viene creato ed è appunto questa creazione, che, l'autore
dello Zohar e la maggior parte dei kabalisti, considera oggetto di culto e di
servizio.
L'Oz l'Elohim (7),
però, sostiene che tutto il servizio appartiene a "malka kadisha
d'kol kadishin" (il Re Santissimo), nominato anche "liba d'kol
libin" (il cuore di tutti i cuori), la cui presenza è all'interno
di zeir anpin: "Nonostante egli derivi da aba ed ema, Egli è
l'essenziale e anche suo padre e sua madre devono onorarlo come un re, in carne
ed ossa, che regna sopra una nazione e deve essere rispettato anche dai suoi
genitori, giacché è lui che ha il potere sul regno. Così
le nostre preghiere vanno rivolte a Lui, poiché Egli è il nostro
re ed il nostro Signore. Chi, infatti, prega ad El Elyon, la Causa Prima,
sappia che la sua preghiera è vana. Infatti, come sarebbe possibile
pronunciare Baruch Attà Ha-Shem (Benedetto sei Tu, o Signore)? Da chi
potrebbe Egli ricevere la benedizione o l'influsso celeste?
Lo Zohar (in
Rayà Mehemna) spiega che El Elyon non ha né corpo, né
arti, né una controparte femminile e si limita a congiungere in
un'entità le divinità inferiori, che hanno corpi maschili e
femminili. Lo Zohar paragona il Dio Superiore alla calce, che cementa le pietre
di una casa, oppure, alle doghe di ferro, che congiungono il legno della botte,
affinché risulti unita. Lodato e Glorificato sia il Nome del Signore, al
di sopra di tutte queste stolte farneticazioni!
1. Yosher Levav pag. 3.
2. La particella "et" che viene posta davanti ad un
oggetto definito (come sostantivo accusativo) viene spesso interpretata dai
Saggi come un'aggiunta all'idea principale o al precetto principale, esposto
nel verso.
3. Ketubot.
4. Vedi quì, cap. 32 e 55.
5. Vedi Bereshit 16 e come è spiegato in Mikdash Melech che
zeir anpin è oggetto di creazione. Così anche Zohar 26. Qui
confronta cap. 18.
6. Pag. 38.
7. Cap. 19, pag. 59.
<235>
95
Ordunque, il
falso filosofo dello Zohar concentrò tutti i suoi pensieri su
"ciò che è al di sopra e ciò che è al di
sotto", disobbedendo, in tal modo, alla proibizione menzionata nella
Mishnà. Egli spiegò come il cerchio dell'ein sof si contrasse per
diventare un'entità contornante dal di sopra. Ed anche se
rassicurò che "esiste un luogo che non è dato
indagare", tuttavia, è chiaro che lo scrisse per ingannare il
lettore facendogli credere che la proibizione doveva essere rispettata. Ma noi
sosteniamo che egli trasgredì il divieto divino poiché
speculò sull'Essenza di Dio e spiegò come Essa si contrasse,
diventando paragonabile ad una sfera vuota. Se si permise di parlare dell'ein
sof, che è al di sopra di tutto, come mai speculò anche su
ciò che è al disotto? Infatti, rivelò la sua vera
opinione, quando asserì che ogni proibizione (issur), ogni cosa che non
si può più usare (pissul) ed ogni cosa impura (tamè),
menzionate nella Mishnà, derivano dallo Yetzer ha-rà, dalla
"parte del male", cosicché egli disdegnò questa severa
proibizione e speculò sull'Essenza del Creatore, sulla sua forma, sulla
sua dimora, su come creò corpi e sembianze ognuna differente nel numero,
nella qualità e nel luogo (una inferiore, una lunga e una corta). Egli
contaminò e stravolse la vera Emunà di Israele. E molti Ebrei,
purtroppo in buona fede, credettero che fu il santo Tanai, R. Shimon b. Yohai a
scrivere questo testo, che rimase poi sepolto per secoli. Essi avrebbero dovuto
considerare alcuni importanti punti. Come fu possibile ricevere una nuova
Torà dalle mani di un re idolatra? Come fu possibile che il testo rimase
occultato in uno scrigno per essere portato alla luce dai sudditi di quel re?
Come fu possibile che fu rivelato da R. Shimon b. Yohai a suo tempo, per poi
restare secretato e nessun altro ebreo ne fosse a conoscenza? Pertanto è
una profanazione, per chiunque si occupa della Sacra Torà, credere che
le parole dello Zohar siano uscite dal calamo di R. Shimon b. Yohai o di altri
Tanaim o Amoraim, che, come noto, si tenevano ben lontani da simili
speculazioni e accettavano la vera Kabalà, che vieta di inoltrarsi in
"ciò che è al di sopra e ciò che è al di
sotto".
96
Qualcuno
potrebbe argomentare, conformemente alla mistica kabalista, <236> che il Dio
Superiore è presente nell'anima dei partzufim creati, cosicché
è la sua neshamà che noi preghiamo; essi sostengono, infatti, che
Dio si emana e colma tutte le sefirot. L'autore dello Zohar scrive: "Io
sono al di fuori di tutto e all'interno al tutto, io mi trovo in ogni lato e
sopra a tutto". "Egli è all'interno delle dieci sefirot, dalle
quali tutte le cose derivano e dipendono. Egli si trova in ogni sefirà,
per la sua lunghezza e per la sua larghezza, in alto e in basso e tra
sefirà e sefirà. Egli è Colui che porta Kudshe Brich Hu
vicino a Shechinte in ogni sefirà e nelle sue ramificazioni".
Fu con simili
parole che ingannò il cuore dei suoi lettori. Essi ritenevano, infatti,
che queste spiegazioni correggessero le affermazioni blasfeme, secondo le quali
il Dio Superiore, dissimile tra tutti gli altri dèi, colleghi e
congiunga soltanto le sefirot, nominate Kudshe Brich Hu e Shechintè. Ma
i Saggi, di benedetta memoria, rifiutarono di accettare questa idea insulsa e
infondata. Eppoi, una volta che i kabalisti ammisero l'idea che la
neshamà avesse una sua forma e un suo corpo, con 248 membra e 365
arterie e vene ecc., ne conseguiva che anche la neshamà di una
neshamà avrebbe avuto membra e forma, essendo ogni neshamà
l'anima e la vita di quel corpo pur se più raffinata e spirituale. (1)
Un'ulteriore contraddizione è presente nella loro stessa spiegazione: se
tutti i partzufim derivano ed entrano in esistenza dalla Sua Essenza (inclusi i
loro corpi, le loro anime, i loro indumenti) (2) e sono pertanto
oggetto di creazione in cui El Elyon risiede dentro di loro, come è
possibile, poi, unificarli e servirli alla stessa stregua del loro Creatore? (3)
La spiegazione della proibizione, per la quale non è lecito associare al
Nome una qualsiasi entità creata (anche se Egli vi risiede all'interno)
è la seguente: Ha Shem Baruch-Hu ci comandò, per mezzo di
Mosè, di edificare il Santuario (il luogo della Sua dimora), l'Arca
Santa, la Cortina, i Kerubim e tutti gli altri arredi ed utensili sacri,
così come sta scritto "Ed essi costruiranno per Me un Santuario ed
Io dimorerò tra di loro". Quando il Mishkan fu completato, la
Gloria del Signore si manifestò nel Santuario, come sta scritto "E
la Gloria del Signore riempì il Santuario". E quando Mosè
penetrava nella Tenda della Sacra Radunanza udiva la Voce che gli parlava. Ma,
nonostante ciò, non ci è permesso associare (le-shatef) o unire
(le-ahed) il Santuario o gli utensili Sacri o il Tempio con la Gloria del
Signore che vi risiede e affermare altresì che il Santuario o il Tempio
sono il nostro Dio oppure che l'Arca Santa o la Kaporet o i Kerubim sono il
nostro Dio, dato che l'Onnipotente li desiderò come propria dimora. Ci
è proibito prostrarci oppure pregare il <237> Signore, nostro Dio, che in esso vi
risiede, senza tema di "associare" quel posto. Non possiamo
congiungerli e affermare che tutto è uno! E Dio disse: "E
riconoscerai oggi che il Signore è il tuo Dio nei cieli di sopra e sulla
terra di sotto". Il Profeta Geremia disse: "Se il fuoco si trovasse
in luoghi reconditi, non lo vedrei forse? detto del Signore, i cieli e la terra
Io riempio, detto del Signore". Ed è anche scritto: "Tutta la
terra è colma della Sua Gloria". Gli Uomini della Grande Assemblea,
nelle preghiere che stabilirono, proclamarono che la Sua Gloria e il Suo
Splendore riempiono l'intero universo. Ha Shem riempie le stelle e tutti i suoi
sentieri, il sole, la luna, la terra, gli oceani, i fiumi, le valli, le grotte,
le foreste, ecc. E ciò nonostante, ci è forse lecito affermare
che una stella oppure il sole, la luna ecc. sono il nostro Dio? Ci è
forse permesso congiungerli con la Sua Gloria che risiede in essi? Mai potremmo
affermare tale eresia, Dio ci liberi! E, allora, come osarono costoro parlare
di aba e di ema, di Kudshe Brich Hu e Shechinte inferiori e affermare che il
piccolo nasuto è il nostro Dio, il Re degno di ogni lode!? Perché
mai dovremmo evocare queste forme e questi partzufim, inventati dallo scaltro
autore dello Zohar e associarli ai nomi di Ha Shem, menzionati nella
Torà? I Nuovi kabalisti, a loro discolpa, argomenteranno che il Dio
Superiore riempie tutti i partzufim all'interno e all'esterno. Però,
risponderemo loro come il Santo, Benedetto Egli Sia, pronunciò per bocca
del Suo Profeta "I cieli e la terra Io riempio, parola del Signore".
Fu il Signore che ci mise in guardia, esplicitamente, nella Torà a non
servire creazione alcuna e a non associare entità alcuna al Suo Nome,
non "ciò che è al di sopra né ciò che è
al di sotto".
1. Oz l'Elohim; "necessariamente la neshamà ha una
forma ed un corpo, con 248 membra e 365 arterie e vene, similmente ad un uomo
ed essa si diffonde per tutte le membra; e se c'è un arto in più,
la neshamà non si espanderà su di esso. Così l'anima di
un'anima avrà tutti i partzufim ecc.
2. Spiegato nel Shushan Sodot e in "Sha'ar 'Igulim ve-yosher
di Vital e così in 'sha'ar hakdamot" (sempre di Vital).
3. Vedi Rambam, Hilchot Avodà Zarà, il comandamento
principale concernente l'idolatria, ecc. Qui vedi cap. 47.
97
E il kabalista
controbatte sostenendo che le creazioni inferiori sono distanti dal <238> Creatore e quindi
non possono venire chiamate "divine", mentre quelle vicine al Dio
Superiore (la Causa Prima) sono divine (elohut). Ma Dio disse: "Io sono
vicino, parola del Signore". Egli non è distante. Egli governa sia
i regni superiori che quelli inferiori, che sono scrutati con un unico sguardo,
senza differenza alcuna. Fu Ha Shem che pronunciò "Io non consegnerò
il Mio onore ad altri". Egli non ha delegato il Suo mondo ad altri,
giacché "Egli parlò e fu, Egli comandò e rimase nella
Sua esistenza". E così qualsiasi creazione non può cambiare
la sua funzione per la quale Dio l'ha creata e l'ha comandata. Dicono infatti i
Saggi (1) : "Il Signore chiama la luce e le ordina di vegliare
sul giorno. Egli chiama l'oscurità e le ordina di governare la
notte". Nessuna creazione, tuttavia, può essere nominata tale,
anche quando è piena della Gloria di Dio, sia essa vicina o lontana. Chi
infatti è più basso e distante di noi, che popoliamo questo
mondo? Tuttavia, la Torà proclamò: "Quale popolo è
così grande che ha l'Eterno così vicino, come lo è il
Signore, nostro Dio?" Giacché Egli è vicino in ogni modo di
vicinanza. Come dissero i Saggi: "Uno sta dietro alla colonna della
Sinagoga e prega sottovoce, tuttavia, Dio lo ascolta". Ed è anche
scritto: "Graditi sono i cantici di lode di Israele. Chi è pari al
Signore, nostro Dio, posto sopra ogni dimora, che si abbassa per scrutare i
cieli e la terra?" Senza differenza di vicinanza o di lontananza,
poiché tutto è noto a Lui e tutto Lo servono, per eseguire la Sua
volontà e il Suo desiderio, che Egli soltanto può cambiare, a Suo
piacimento".
E, così,
nessuna creazione può essere nominata Dio, in nessun modo, poiché
"Egli mai diede e mai darà il Suo onore ad altri". E a
comprova di ciò sia sufficiente menzionare l'uscita dall'Egitto, la
divisione del Mar Rosso e tutti i miracoli che vi ebbero luogo. Poiché i
nostri pensieri non sono i Suoi pensieri e le nostre vie non sono le Sue vie e
mai potremo comprendere la Sua Essenza, chi Egli è o il modo della Sua
Eterna Esistenza.
1. Pesahim, cap. 1.
98
R. Sa'adya
Gaon, nell'introduzione al S. Emunot ve-Deot scrive: <239> "Il saggio veramente
encomiabile è colui che fonda i suoi ragionamenti su basi vere e ragiona
conformemente ad esse; tramite la sua saggezza, si fida soltanto di ciò
che è certo ed è cauto su ciò che richiede cautela. (Commenta
lo Shevilei ha-Emunà: questo significa che un individuo saggio, in
virtù della sua saggezza, teme ciò che la Sacra Torà ha
decretato, anche quando ciò è in contrasto con la sua
comprensione. Egli si fida piuttosto su ciò che è degno di fede
ed è circospetto su ciò che va preso con cautela; infatti,
intuisce chiaramente che esistono concetti sui quali bisogna essere cauti,
nonostante egli abbia raggiunto il livello per comprenderli; così
facendo, elimina dal suo cuore tutti i dubbi e la verità gli si
manifesta esplicitamente). Lo stolto, invece, è colui che fonda i suoi
ragionamenti su opinioni soggettive e crede che la verità delle cose
consegua da tali opinioni; a causa della sua stoltezza si fida di ciò
che dovrebbe essere temuto e teme ciò che è degno di fede, come
sta scritto nei Proverbi: (1) "Il saggio ha timore e si
allontana dal male, ma lo stolto si fida e trasgredisce".
Il Gaon Sa'adya
si è premurato di rispondere alle varie categorie di pensatori e alle
scuole di filosofia, che sbagliano e corrono dietro alla vanità. Il suo
scopo fu quello di evitare che tali opinioni si confondessero con la pura fede
della Torà. Così scrive: "La prima categoria ritiene che il
Creatore sia (composto) di materia estremamente fine e spirituale e abbia punti
molto sottili come la polvere. (2) La seconda categoria ritiene che
il Creatore delle cose materiali le abbia create da sé stesso (in altre
parole, Egli separò parte di sé stesso e in quella parte
creò il mondo). Ho scoperto che questi pensatori non negano il Creatore,
ma la loro intelligenza rifiuta di ammettere che qualcosa sia stato creato dal
Suo essere non esistente, e, dal momento che nulla esiste al di fuori del
Creatore, essi credono che abbia creato tutte le cose da se stesso. Questa
seconda categoria è più stolta della prima e ho ritenuto
opportuno esporre i loro errori, elencandoli in tredici punti, ecc. (3).
Nel suo
commento al "Shir ha-Shirim", sul verso "Il re Salomone si
è fatto una lettiga di legno del Libano", il Nahmanide (Ramban)
spiega che anche Salomone, figlio di Davide, cadde in errore e credette in una
materia primordiale che si sprigionò dalla Sua Essenza, come, ad
esempio, l'argilla nelle mani dell'artigiano o il ferro nelle mani del fabbro,
ognuna plasmata secondo la forma impartitale. Parimenti, credettero che il
Creatore plasmò da questa primordiale emanazione i cieli e la terra e
tutto ciò che vi è in essa, cosicché il crearsi di una <240> cosa da un'altra
nulla detrasse al Primo Fattore.
Ciò
è in contrapposizione con la vera Kabalà (accettata da tutto il popolo),
per la quale Ha Kadosh Baruch-Hu creò tutto dall'assoluto nulla (yesh
me-ain, ex nihilo).
"Un'altra
categoria (continua il Gaon Sa'adya (4) ) sostiene che una minima
parte di Dio ha corpo e spirito. Costoro affermano che ogni cosa creata
è parte del Creatore e asseriscono che il corpo e lo spirito sono
oggetti di creazione ed in essi si trova un altro spirito del Creatore. Questo
significherebbe che tale corpo creato verrebbe ad essere chiamato Dio, in
congiunzione con quella parte divina che è in esso. Essi paragonano
ciò alla manifestazione della Sua Gloria sul Sinai, nel roveto ardente e
nella Tenda del Tabernacolo. Tuttavia, questo li obbliga a credere che la
Tenda, il roveto e il monte Sinai siano anch'essi Dio e, così facendo, aggiungono
male al loro errore, ecc."
Da queste
parole del Gaon, potrete capire la verità di quello che ho scritto in
precedenza, poiché le mie parole seguono i pensieri ed i dettami della
Sacra Torà e della vera Kabalà dei Saggi. I Poskim sentenziarono
che tutto ciò che fu espresso nel nome di un Gaon deve da noi essere
accettato, giacché le loro parole sono il prodotto di ininterrotta
Kabalà.
1. Simile al proverbio inglese "Gli stolti entrano laddove i
saggi temono d'entrare" (Tr).
2. Spiegato nel "ma'amar alef".
3. Vedi, ad locum, le parole del Gaon e la profondità delle
sue risposte utili a farci comprendere le origini dell'errore dello Zohar e dei
suoi seguaci, poiché, senza dubbio, le loro opinioni derivano da queste
infondate scuole di pensiero.
4. Ma'amar Ahdut.
99
Rambam, in
Hilchot Yesodè ha-Torà, scrive: (1) "Israele non
prestò fede a Mosè a causa dei portenti (otot) che mostrò
loro. Poiché uno che basa la sua fede sui portenti potrebbe riservare
nel suo intimo un pensiero inopportuno, che, cioè, il portento sia stato
compiuto per mezzo di un trucco o di una magia. Per quale motivo, allora,
credettero nella Rivelazione sul monte Sinai? Perché "noi lo
abbiamo visto coi nostri propri <241> occhi" e non con gli occhi di un altro e
"noi lo abbiamo udito con le nostre proprie orecchie" e non con le
orecchie di un altro. Il fuoco, lo strepito, i lampi, Mosè che entrava
nella nube e la Voce di Dio che gli parlava, mentre noi prestammo attenzione e
udimmo pronunciare "Mosè, Mosè, va' e parla" ecc. Come
sta scritto "viso a viso Dio parlò con Te" e "non
soltanto con i nostri avi il Signore stipulò il Patto ma con noi
tutti". E da dove sappiamo che la Rivelazione sul Sinai può
considerarsi profezia, la verità della quale è irrefutabile? Da
quanto è scritto "Io vengo a Te dentro una spessa nube,
affinché il popolo ascolti, allorquando parlerò con Te, e
così, anche in Te crederanno per sempre". Questo dimostra che prima
il popolo non credeva in Mosè con una fede che dopo la Rivelazione sarebbe
durata in eterno. Era quella precedente una fede debole contaminata da falsi
pensieri. Ma coloro che Dio inviò a Suo nome (i Profeti) sono testimoni
che la profezia è vera ed essi non hanno bisogno di prodigi,
giacché unico è il loro pensiero. Ciò si può
paragonare a due individui che testimoniano dopo aver visto la stessa cosa;
ciascuno testimonierà la verità e nessuno ha bisogno della prova
dall'altro. Così avvenne con Moshè Rabbenu, poiché tutto
Israele fu testimone della Rivelazione sul Sinai e non c'era bisogno che egli
mostrasse loro dei prodigi a riguardo. (Continua il Rambam) Pertanto, se si
levasse un profeta e mostrasse dei portenti e compisse dei grandi miracoli, ma
negasse la profezia di Mosè (anche in un singolo dettaglio, sia di
aggiunta o di detrazione a qualsiasi comandamento), costui non è degno
di fede; noi sappiamo, per certo, che costui ha compiuto quei portenti per
mezzo di magia o di inganno. Infatti, la profezia di Mosè non fu attuata
per mezzo di prodigi che potessero essere confrontati con altri. Noi l'abbiamo
vista con i nostri occhi e udita con le nostre orecchie, l'abbiamo vissuta come
Mosè stesso la visse. A cosa si può paragonare? A dei testimoni
che testimoniano diversamente dalla testimonianza di uno che giura di aver
visto una cosa coi suoi propri occhi. Quest'ultimo si dissocerà dalla
loro testimonianza e affermerà che stanno testimoniando il falso. E, fu
a tal riguardo, che la Torà comandò che anche se un prodigio
è avvenuto e quel miracolo si è compiuto, tuttavia, non si
può credere in quel profeta se viene a negare ciò che i nostri
occhi hanno visto".
Leggiamo anche
nell'interpretazione ai Precetti, in S. Mitzvot Gadol: "Quando
l'Onnipotente volle concedere la Torà, rovesciò i diversi strati
di cieli sul monte Sinai, con grande strepito e con lampi di fuoco straordinari
e <242>
meravigliosi. Egli poi chiamò il Suo eletto, Mosè, e gli disse:
"Ecco, sto per presentarmi a te in una densa nube, affinché il
popolo ascolti quando parlerò con te e così anche in te
crederanno per sempre". Perché fu necessario ciò? In
precedenza, sul mar Rosso, sta scritto: "Essi credettero in Dio e in
Mosè, Suo servo". Ma, il verso va così inteso: Dio disse a
Mosè "Voglio che Israele creda in te anche per quel che concerne il
passato, che tu sei un Profeta per i portenti e i prodigi che hai compiuto. Ma,
per quanto riguarda la Torà che Mi appresto a dare, non voglio che
Israele creda in te, per mezzo di un portento o di un prodigio, bensì
che ascolti con le sue proprie orecchie, allorquando parlerò con
te". La ragione, per la quale il Signore si espresse in tali termini, sta
nel fatto che, allorquando il popolo d'Israele sarebbe andato in esilio, i
Cristiani e i Musulmani avrebbero tentato di convincerlo ad abbandonare la
Torà mostrandogli segni e prodigi, ma Israele avrebbe risposto loro:
"Anche se ci mostrate miracoli e portenti come fece Mosè, figlio di
Amram, noi non vi crederemo e non cambieremo la nostra Torà; lo faremo
soltanto se sentissimo con le nostre orecchie che Dio parla con voi come
parlò con Mosè. Persino il nostro Profeta eletto non permise che
credessimo in lui per ciò che riguarda la Torà, se non per il
fatto che lo ascoltammo mentre l'Onnipotente gli parlava". Dopo aver dato
la Torà, il Signore disse: "Voi avete visto che dal cielo vi ho
parlato. Questo significa che non dovete credere ad alcuno, che vi chiede di
sostituire questa Torà con un'altra, se non che sono Io che ve lo ordino
dal cielo". E siccome non dobbiamo prestare fede ad alcuno (anche se
mostra miracoli e prodigi), la Torà ci spiega su come sia possibile che
avvenga un miracolo o un prodigio; infatti è scritto: "Se si
levasse tra di voi un profeta o un sognatore ecc." "dato che il
Signore, vostro Dio, vi sta mettendo alla prova" ecc. Ciò significa
che il segno o il prodigio non viene compiuto per mezzo del potere
dell'idolatria, ma è il Signore stesso che lo attua per mettere alla
prova il Suo popolo. Dopo Mosè, i Profeti parlarono al popolo con
espressioni spesso enigmatiche o metaforiche e perciò le altre nazioni
dichiararono che i Profeti si erano espressi a favore della loro nuova
religione. Fu così che Dio mandò al popolo d'Israele un ultimo
profeta, Malachia. Egli pronunciò due frasi al termine della sua
profezia, che concludono tutte le precedenti profezie, ossia: "Ecco, Io vi
mando Elia, il profeta, prima che venga il giorno dell'Eterno ecc.".
Ciò significa che Malachia è l'ultimo dei Profeti e dopo di lui
non ci sarà altro profeta fino al profeta Elia. E quindi "Ecco, Io
vi dico, ricordatevi la Torà del Mio servo Mosè al quale Io diedi
in Horev, per tutta Israele, leggi e prescrizioni". <243> Ciò
significa che nessuno deve pensare che i profeti che lo precedettero
profetizzarono alcunché diverso dalla Torà di Mosè,
poiché tutti vennero soltanto per rafforzare la Torà (2).
1. Cap. 5.
2. Queste spiegazioni in S. Mitzvot Gadol sono simili in sostanza a
quelle del Rambam, vedi anche Midrash ha-Gadol, parashat va-yishlach, sul verso
"Shuvi, shuvi, ha-Shulamit".
100
In base agli insegnamenti
di questi due grandi luminari, Rambam e S. Mitzvot Gadol, possiamo formulare un
chiaro giudizio, conforme ai dettami della Torà, per il quale è
proibito credere nelle idee idolatre dello Zohar, che considera il Creatore
come un'entità che racchiude ogni genere di causa e di effetto. Esso
vorrebbe che scambiassimo la Gloria dell'Onnipotente, di cui è detto
"Non c'è inizio al Suo inizio", con questa emanazione divina,
nominata zeir anpin, che, a suo dire, ricevette il potere e il reame delle
"cause" sovrastanti a lui e va servito e venerato con la sua
controparte femminile! Non possiamo credere che R. Shimon b. Yohai abbia
scritto tale libro, paragonabile ad un nuovo tipo di Torà orale, che ci
esorta a pentirci dello studio della Mishnà e del Talmud, dai quali
questa nuova dottrina si dissocia, chiamandoli la serva, la scorza
(kelipà), l'altra rocca, la pietra con immagine scolpita! Chiunque
studia questi nuovi testi perderà la mitzvà di studiare la
Torà, ma sarà simile a un cane che abbaia ed erediterà il
ghe'enam. Ed è anche cosa empia ritenere che il grande e pio Tanai abbia
tentato di ingannare i nostri cuori tramite il raggiro della mistica, dato che
l'autore dello Zohar ha astutamente miscelato detti ed espressioni dei nostri Saggi
con le sue nuove dottrine e, così facendo, ha traviato molti fedeli
dalla via indicata dal nostro Padre in Cielo, come una donna lusingatrice,
dalla quale il re Salomone ci mise in guardia "Fate attenzione alla donna
lusingatrice, poiché le sue parole sono seducenti ecc.", "essa
lo carpisce con le sue moine e con la falsità delle sue labbra lo fa
cadere". È cosa profana credere che Ha-Shem Baruch Hu abbia
"corpi di luce", Dio ci salvi, dai quali dipendono tutti i
comandamenti e se non per essi non esisterebbero <244> né la Torà, né le
Mitzvot, per cui tutte le nostre azioni, benedizioni, preghiere e lodi, con le
quali usiamo esaltare l'Onnipotente vanno rivolte ai cinque partzufim, a loro
volta suddivisi in dodici entità, e in particolare a zeir anpin e alla
sua controparte femminile. Costui è il re degno di ogni lode,
poiché suo padre e sua madre ordinarono di servirlo, pregarlo e
nominarlo Dio! E cosa infamante pensare che qualcuno tra i Tanaim o gli Amoraim
abbia mai creduto ad altre antiche filosofie. Essi avevano tutti, dal primo
all'ultimo, una fede pura e non avevano niente da spartire con queste impure
correnti di pensiero e sicuramente non cercarono di mescolarle con la Sacra
Torà e di apportare nuove e assurde interpretazioni. Hanno accolto
queste nuove idee senza alcuna disamina, seguendo i fantasiosi racconti sulla
rivelazione di Atika Kadisha e sulle neshamot di Mosè ed Elia e sulle
anime dei Tanaim, Amoraim e Gaonim, che ancora non esistevano al tempo di R.
Shimon b. Yohai. Queste storielle furono inventate di sana pianta e sono prive
di fondamento. Come potremmo, pertanto, ascoltare queste menzogne, che ci
esortano a sostituire il Vero e Unico Dio con questo zeir anpin, che ha la
forma di un uomo terreno e si sazia del pane dell'idolatria?! Leggiamo di Sanhedrin:
(1) Abahu disse, nel nome di R. Yohanan: "Se un Profeta ti dice
di trasgredire ad un comandamento della Torà (temporaneamente),
trasgredisci qualsiasi comandamento, tranne quello di idolatria, e anche se
fermasse il sole in mezzo al cielo non obbedirgli". Nella Beraità,
Yossi ha-G'lilì disse: "Guardate fino a che punto arriva
l'idolatria, che anche se uno fermasse il sole in mezzo al cielo, non dovresti
prestargli ascolto. Perché? Perché è il Signore, tuo Dio,
che ti sta mettendo alla prova".
1. Elu hen ha-nehnakin.
101
Se è
proibito, dunque, prestare ascolto alle parole di un profeta se viene ad
esortarci a sostituire la Torà o persino una sua singola mizvà, a
maggior ragione ci è proibito prestar fede alle parole dello Zohar, che
vorrebbero farci <245>
scambiare il Signore con i cinque partzufim e, in particolare, con zeir anpin e
la sua controparte femminile. È assolutamente proibito proferire o
pensare che costui sia il nostro Dio! Dobbiamo invece renderci conto, nel
nostro cuore e nel nostro pensiero, che Ha Shem Baruch Hu ci sta mettendo alla
prova, come è spiegato nella Torà: "Se si levasse tra di voi
un profeta" ecc. "Ed egli vi mostrasse un prodigio e compisse un
miracolo" ecc. "sappiate che il Signore, vostro Dio, vi sta mettendo
alla prova per sapere se voi amate il Signore, vostro Dio!". Maimonide
spiega: (1) "Se si levasse": Costui si esalta con la sua
profezia e mostra segni e prodigi per convincervi con le sue parole. Sappi,
però, che questa è la Volontà di Dio, per rendere nota
alle altre nazioni la grandezza della tua Fede nella Verità della
Torà ed anche il tuo livello di comprensione nel Vero Dio. Considerando
ciò, non potrai essere ingannato, né perderai la tua fede in Dio
e, pertanto, chiunque ricerca la verità si rivolga a questa Fede. Egli
potrà esaminare quelle credenze che sono vere e fondate su di una solida
base e non avrà bisogno di rivolgersi ad un prodigio. Giacché
colui che tenta gli altri, per mezzo di prodigi e portenti, affinché
seguano la direzione opposta alla Torà, sta chiedendo ciò che non
è possibile e nessun miracolo lo aiuterà, siccome il profeta
profetizza ciò che è possibile (secondo la Torà)".
Guai a noi, in
quanto Dio ci ha provato con questo Zohar e noi non abbiamo superato la prova e
siamo stati ingannati dalla malizia dell'autore servendo altri dei! Ci ha preso
in giro spiegandoci come zeir anpin riceva la propria influenza da atik! E poi
ha lodato la sua "mercanzia" usando espressioni del tipo
"Benedetta sia la porzione di chi si comporta così e
così". Come un invasato che scaglia frecce mortifere, costui ha
degradato l'onore della Mishnà e del Talmud, magnificando, invece, la
sua nuova Torà e annunciando che, in futuro, alla fine dei giorni,
"essi abbandoneranno la Mishnà ed il Talmud" e "verranno
sostenuti dallo Zohar" e "saranno redenti da questa opera"!
Fu con queste
parole che è riuscito a carpire il cuore di una grande moltitudine di
ebrei, per condurli al servizio di nuovi dèi strutturati con corpi
umani, forti e potenti, puri e illuminati, descrivibili ancor di più
dalla fantasia del lettore E ha osato chiamarli coi Nomi di Dio! Dio ci
perdoni!
1. Morè Nevuhim, pag. 24.
<246>
102
È dunque
obbligo per tutti coloro che temono la parola di Dio e cercano la comprensione
della Torà evitare questo inganno, insinuatosi astutamente nei meandri
del cuore, onorando partzufim e zeir anpin. I kabalisti affermano che queste
emanazioni provengono dall'Essenza del Dio Superiore, il quale staccò
una porzione della sua saggezza per infonderla come un'anima alla Hochmà
e così una parte della sua comprensione per infonderla come un'anima
alla Binà di ema. Una parte della sua grandezza la infuse come anima
alla Ghedulà e così via... Queste porzioni diventarono le anime
delle Sefirot e così i "corpi superiori vuoti" furono creati
per diventare anime dentro i corpi sottostanti. Essi presero a servirli,
convinti di servire l'anima che è in essi, ossia la Causa Prima! Tale
credenza proviene da quella corrente di pensiero, che considera (1)
che la divinità sia l'anima delle sfere celesti e delle stelle,
cosicché è giusto venerarla, dal momento che, in verità,
uno sta servendo una parte dell'anima divina, Dio ci salvi! Fu questo
Moshè de Leon ad ideare i partzufim, dall'uomo originale (adam kidmà)
fino a zeir anpin e nukve, facendoli evolvere dalla Causa Prima, che si
contrasse, salì in alto e quindi si emanò in basso nel mondo di
atzilut. In seguito, sprigionò una linea che evolse attraverso tutti
loro, come un'anima. La stessa concezione era presente in alcuni antichi
filosofi metafisici che giustificavano il culto degli astri e delle
costellazioni.
Moshè di
Leon chiamò, poi, tutti i partzufim "ma'asè
merkavà" (i segreti del carro celeste) e asserì che i santi
Haiot (2) del Carro Celeste sono divini, in virtù della
porzione divina che è in essi, poiché emanati da Dio. Da questa
porzione, attraverso un sottile tubo, evolsero tutti i corpi con le sfere
esteriori, le anime interne e gli indumenti! Costoro sono diventati simili a
Dio e quindi vengono menzionati coi Nomi di Dio, presenti nella Torà. Il
Dio Superiore, tuttavia, non ha nome, giacché Egli è al di sopra
di ogni lode e di ogni benedizione e quindi non esiste un'entità suprema
che lo può benedire. E quindi inutile rivolgersi a lui in preghiera,
poiché non può rispondere! Dio ci scampi!
1. Morè Nevuhim, 29, prima edizione.
2. Categoria di Angeli.
<247>
103
Tutte queste
nuove credenze sono state accettate senza la Voce (di Dio), senza i tuoni,
senza i lampi di fuoco, senza la Nube, senza lo strepito dello shofar, senza neppure
un segno o un prodigio. Neppure un segnale abbiamo visto o udito, neppure una
voce dal cielo ci ha confermato che è così. Soltanto
dell'inchiostro nero su carta bianca, l'invenzione fantasiosa che ci racconta
che atika kadisha si rivelò a R. Shimon e gli spiegò il verso
"E Dio disse "facciamo l'uomo""! Come è possibile
credere che qualcuno abbia interferito sui Dieci Detti della Creazione (Asseret
Ma'amarot)? Chi li disse? È possibile che alcuni fossero detti da uno, e
altri da un altro?! Chiunque sia un vero Talmid della Santa Torà non
crederà certo a queste storielle e a tante altre, riportate nel nome di
Eliahu, il pastore fedele, o di altri pii Tanaim ed Amoraim. Tale allievo si
farà beffe di questi racconti, tuttavia, rimarrà sconcertato e
meravigliato. Come è possibile abbandonare ciò che ascoltammo sul
monte Sinai? È scritto, infatti, "Egli lo stabilì come
testimonianza per Giacobbe e concesse la Torà ad Israele, per farla
conoscere a loro ed ai loro figli, con voci e tuoni e lampi di fuoco e dense
nubi e con il Signore che parlava dal fuoco". Con nessun'altra nazione
Egli si comportò così. Con una Voce potente e temibile, Egli ci
parlò viso a viso e pronunciò "Io sono il Signore tuo Dio
che ti ho tratto" ecc., e così anche "Che non ho padre,
né fratello, né figlio" e così anche "Guardate,
ora, che Sono io il Signore e non v'è altro dio con Me". Come
è possibile abbandonare questa fede per seguire un impostore idolatra,
che afferma che Dio emanò da se stesso cinque partzufim e diede loro il
regno sull'Atto della Creazione e costoro, a loro volta, promossero zeir anpin
ad unico governante sopra tutte le creature e comandarono a tutti di servirlo?!
Lui sarebbe il nostro Dio e noi la sua nazione! Dio ci perdoni! E se tutto
ciò fosse vero e venisse dalla Sua volontà, perché allora
Egli non è sceso nuovamente su qualche montagna di Sua scelta e ci ha
parlato, per una seconda volta, spiegando "Ora, dopo tutto questo tempo mi
sono stancato e così ho delegato zeir anpin di regnare e governare al
posto Mio"? Mai sia! E mai avvenga in Israele che si scambi il nostro Dio,
che ci fece conoscere le Sue vie, per mezzo di Mosè, il Dio Paziente e
Misericordioso con un dio impaziente ed irascibile ...!
I Saggi, di
benedetta memoria, dissero: <248>
"Un patto fu stipulato con i Tredici Attributi della Misericordia
affinché essi non venissero mai disattesi". Pertanto stabilirono
nelle nostre preghiere (1) la menzione di questi Tredici Attributi.
Come si può associare tali Attributi a questo zeir anpin, il cui nome,
letteralmente, significa irascibile? È una patente contraddizione la
loro, poiché lo chiamano zeir anpin (in ebraico, kazer apaim) che
è l'opposto di arich anpin (in ebraico, erech apaim, il longanime). E
poi lo esaltano come erech apaim!
1. In Tahanun, come anche nelle festività solenni.
104
Fu per tali
motivi che il Profeta si adirò "O nazione peccaminosa" ecc.
"Poiché hanno abbandonato Dio". Egli non rampognò il
popolo per la trasgressione ai precetti quali i tefilim, i tzitziot, la
succà o il lulav. Non per questo li chiamò "nazione
peccaminosa". Sicuramente essi erano scrupolosi nel mangiare pane azzimo
ed erbe amare a Pesah ed eseguivano molte altre mitzvot. L'ira del Profeta era
rivolta a coloro che commettevano atti idolatri nel nome dei be'alim e delle
ashtarot e di quelle altre forme proposte dai falsi profeti. Essi, infatti,
giustificavano i loro culti, spiegando che l'anima degli idoli era una porzione
del Dio Superiore, per cui per poter servire la divinità in un modo
percepibile ai sensi, era necessario scolpire delle forme materiali di legno,
di pietra, di argento e di oro, al fine di attirare dall'alto l'influsso
divino.
E i kabalisti
hanno agito esattamente allo stesso modo. Dopo aver rigettato l'eredità
dei loro padri, per la quale l'Unico e Vero Dio da servirsi è la Causa
Prima di tutto il creato, hanno abbandonato l'Onnipotente, con la
giustificazione che il pensiero umano non Lo può percepire in nessun
modo. Ma il Profeta si espresse altrimenti, quando affermò "Dio
è la mia potenza, è la mia forza ed è il mio rifugio. Te
cercheranno le nazioni dalle estremità della terra e diranno che
è falsa l'eredità dei nostri padri". Sono essi che dovranno
ammettere la verità della Torà e non già Israele che <249> andrà
dietro a filosofie idolatre!
I kabalisti
hanno spiegato che solamente ciò che è stato da Lui creato
può essere servito nel modo giusto. Essi immaginano lo sprigionarsi
delle emanazioni, simile ad un albero che emette i propri rami e i propri
frutti qui e là. Ed è il frutto di queste loro immaginazioni che
venerano, poiché nelle loro menti sono in grado di concepirle
così. Essi, pertanto, servono le immagini e le forme scaturite dalla
loro mente. Inoltre, essi considerano le mitzvot della Torà simili a
"corpi creati" che, uniti, formano il "Corpo del Re" (gufa
d'malka). Così alcune mitzvot sono da compiere in relazione alla
"Mano del Re", altre ai suoi piedi e così via con tutte le
altre parti del corpo.
Fu, prevedendo
tale disgrazia, che i Cohanim pronunciavano in preghiera, tra il vestibolo e
l'altare: "Abbi misericordia della Tua nazione, fa' sì che
rivolgano i loro cuori alla conoscenza e alla comprensione della Tua
verità e delle Tue vie; le vie che hai insegnato a Mosè, Tuo
servo, affinché il popolo impari a servirTi con tutto il cuore". E
non già a servire "corpi creati" e "luci divine" che
contengono "l'Elemento dell'Anima Divina"!
105
"Il mio
cuore è rivolto a voi, legislatori d'Israele, che animosi vi mostrate
tra il popolo" (1) per approfondire la Sacra Torà con saggezza,
con intelligenza e con senno e soddisfate la vostra sete nella tradizione dei
Saggi e dei commentatori del Talmud, i quali, a loro volta, si sono abbeverati
alla Sorgente delle Acque Viventi. Da Mosè a Giosuè, agli
Anziani, ai Profeti, agli Uomini della Grande Assemblea, ai Saggi, ai Tanaim,
agli Amoraim, ai Commentatori Posteriori, che eseguirono la Volontà di
Dio e della Sacra Torà senza essere traviati dall'idolatria. E
così i Poskim, che spiegarono a lungo, in dettaglio e in
profondità, tutte le Mitzvot della Torà, nelle loro suddivisioni
e <250> nelle
loro differenze legali, come menziona il Talmud.
Tuttavia, per
quel che riguarda la mitzvà fondamentale dell'Yihud Ha-Shem, la giusta
comprensione dell'Unità del Nome, i Poskim Posteriori hanno tralasciato
di approfondirla anche nei minimi dettagli. È incomprensibile che
abbiano omesso di insegnare a fondo questo tema e lo abbiamo lasciato come una
città incustodita. Questa mitzvà è, infatti, valida in
tutti i tempi ed in tutti i luoghi, dentro e fuori d'Israele, con o senza il
Santuario. E come se le leggi dell'Unità del Nome fossero state
dimenticate dal popolo! Mai sia! Ed è questo il motivo per il quale
molti dei rabbini, vissuti in epoche successive, sono caduti nella trappola e
hanno fallito la prova, alla quale l'Eterno li aveva sottoposti. Nella loro
sete ingiustificata, hanno bevuto dal calice dello Zohar fino all'ebbrezza e
hanno sostituito la Mishnà ed il Talmud con questa nuova dottrina. E una
volta sedotti, non sono stati più scrupolosi ad astenersi dal servire
"le divinità di stampo recente". Hanno imitato il peccato
della generazione di Enosh, che chiamava "altri enti" con il Nome di
Dio. Fu a causa di questa omissione dei Poskim, che non codificarono i divieti
relativi all'Yihud Ha-Shem, che i rabbini di Tulitula ebbero facile gioco, Dio
ci perdoni, e adottarono lo scritto di quell'impostore. Il racconto sulla
rivelazione dell'Antico dei Giorni e di R. Shimon b. Yohai fu preferito alla
profezia dei quarantotto Profeti e delle sette Profetesse, che si levarono in
Israele. Ma i Profeti d'Israele non aggiunsero né detrassero una singola
lettera da ciò che è scritto nella Sacra Torà. Questo
Moshè di Leon, invece, ha aggiunto la fede in "emanazioni"
sconosciute ai nostri avi e ha osato dire che chi non si inoltra nello studio
di questa nuova Torà non avrà il permesso di presentarsi al Suo
Creatore, Dio ci salvi!
Purtroppo, i
Rabbini Posteriori non approfondirono organicamente il tema dell'Yihud Ha-Shem;
essi avrebbero dovuto chiarirlo nello Shulchan Aruch e nei suoi commenti in
modo dettagliato e compiuto, con capitoli interi e paragrafi marcati. Avrebbero
dovuto dilungarsi su ciò che il Rambam, la Grande Aquila, aveva
già scritto in Hilchot Yesode ha-Torà, dalle quali molte
ramificazioni esplicative avrebbero potuto essere sviluppate. Infatti, la
conoscenza dell'Unità non è un argomento di cosa o di come
esprimerla bensì di cosa o di come crederla e, una volta compresa, si
può ricevere, nel giusto modo, il "giogo del Regno del Cielo".
È questa la fede nell'Unità Assoluta, che non ha analogia o
somiglianza con qualsiasi altra unità. Essa non è connessa
né associata con qualsiasi altra causa in esistenza. La sua comprensione
è <251>
implicita nella Tradizione Orale, ricevuta da Mosè direttamente da Dio;
questa tradizione è perfetta e buona e non contiene male alcuno. Essa
è "la nostra vita ed è la lunghezza dei nostri giorni".
1. Giudici, 5:9.
106
È noto
che i pagani del passato solevano adornare i loro idoli con oro, argento e
pietre preziose. I nuovi kabalisti, d'altro canto, hanno ornato le loro sefirot
con preghiere e mitzvot, che infondono in esse "vitalità" ed
"alimento". Infatti, sono convinti che le loro tefilot giovino ai
partzufim, che ricevono il loro nutrimento spirituale dal Dio Superiore,
attraverso tale servizio. In altri termini, le loro preghiere e le loro mitzvot
sono necessarie ai partzufim, oggetti di culto.
Ma la nostra
vera Fede, basata sulla Sacra Torà, aborre queste idee e ci insegna che
lo scopo della preghiera consiste esclusivamente nel beneficio che trae il
fedele dalla sua richiesta a Dio. È per bisogno spirituale e materiale,
soggettivo ed oggettivo, che egli invoca l'Onnipotente, che ha il potere di
esaudire la preghiera. Un principio fondamentale, che riguarda le preghiere e
le mizvot, è che Ha Kadosh Baruch Hu non ha bisogno delle Sue creazioni.
Viceversa, tutte le creazioni hanno bisogno di Lui, per essere tenute in vita e
per essere sostenute, così come sta scritto "Tu dai la vita a
tutti". Spiega il Rambam: "Da Dio proviene il mantenimento di tutto
ciò che esiste. Se noi immaginassimo, nella nostra mente, l'assenza
della Sua esistenza, si annullerebbe l'esistenza di tutto il resto. Se invece,
immaginassimo l'annullamento di tutto ciò che esiste, la Sua esistenza
non ne verrebbe condizionata, né mancherebbe in qualsiasi modo, dato che
il Creatore, Benedetto Egli Sia, non necessita, per la Sua esistenza, di una
qualsiasi altra entità".
La
verità si testimonia da sola ed il servizio e l'adempimento delle
mitzvot, stabilite nella Torà, hanno l'esclusivo intento di elevarci e
di purificarci, di renderci virtuosi, di preservarci da tutte le altre false
credenze avvicinandoci <252>
al Signore. Come insegnarono i Saggi, di benedetta memoria: "Le mitzvot
furono date per purificare la nazione". Ed ancora: "Che differenza fa
per Dio se un animale viene macellato dal collo? ecc. Invero, le mitzvot furono
date per la nostra purificazione soltanto, come sta scritto "Il
comandamento di Dio è purificato sette volte tanto". Non di una
consorte Egli ha bisogno, né di ornare la sua sposa! Dio ci scampi.
È
altresì un principio fondamentale che la Torà fu concessa per il
beneficio di coloro che La accettano e La mettono in pratica. Non per il
beneficio di Colui che l'ha consegnata (come dicono i kabalisti), infatti sta
scritto "per il nostro beneficio, per tutti i giorni".
107
Fu contro
questi concetti idolatri che la Torà ci avvertì:(1)
"Qualora ti seducesse in segreto tuo fratello, figlio di tua madre, o tuo
figlio o tua figlia o la donna del tuo cuore o il tuo amico, che ami come te
stesso, dicendoti: "Andiamo, adoriamo altri dèi sconosciuti a te ed
ai tuoi padri, quegli dèi che appartengono ai popoli a te circostanti,
vicini o lontani, da un'estremità all'altra della terra" ecc.
Similmente, i
kabalisti sono venuti e hanno detto "Vieni e ti svelerò i segreti
occulti e arcani" e ancora "esistono dèi negli alti cieli ed
hanno aspetti diversi, uno superiore all'altro. Esiste un dio che si alimenta
in un modo tale per cui l'intelligenza superiore è il suo nutrimento e
la sua vitalità, provenienti continuamente da Atik. Da questa
intelligenza i livelli inferiori possono "succhiare" dal partzuf che
li sovrasta, grazie alle nostre preghiere. Infatti, l'influsso scende su di
noi, che ne beneficiamo. E ugualmente si comporta con coloro che non lo
servono, poiché suo padre e sua madre hanno stabilito che debba essere
servito da tutti. Ma chi osasse servire il Dio Superiore sarà certamente
punito, giacché tale è la volontà del Re Superiore, che
deve essere invocato in congiunzione ai partzufim superiori".
Il
summenzionato verso della Torà continua "non acconsentire e non lo
seguire". Spiega il Talmud: (2) <253> Quindi, se uno ha acconsentito e lo ha
seguito è colpevole. Abaye distingue (tra i due verbi): nel primo caso,
si lusingò da solo, nel secondo caso, fu lusingato da altri. Rabà
disse: "Entrambi si riferiscono al caso che fu sedotto da altri, ma, nel
primo caso, il seduttore gli disse "questo è il modo che esso (il
dio) mangia, che esso beve, che opera il bene e che punisce". Da dove lo
deduco? Dal verso "dèi che appartengono ai popoli a te circostanti,
vicini o lontani". Cosa ci insegna il verso con le parole
"vicini" e "lontani"? Ci insegna che "dalla natura di
quelli vicini potrete capire anche la natura di quelli che sono lontani".
Rashi, di benedetta memoria, chiarisce il commento di Rabà:
'Perché il verso dice "vicini" e "lontani"?
Perché il seduttore parlava dell'idolatria che era lontana, senza averne
cognizione alcuna. Raccontava, poi, ogni genere di menzogna spiegando che il
dio così mangia, così beve, ecc. Pertanto, il verso insegna
"Considera l'idolatria che ti è vicina e riconoscine la sua
falsità, e, in questo modo, potrai comprendere anche la falsità
di quella che ti è lontana".
1. Deuteronomio 13:7.
2. Sanhedrin, 61.
108
Dalle
interpretazioni precedenti di Raba e Rashi, comprendiamo come la tattica del
seduttore consista nel lodare le divinità lontane, spiegando "Tale
è il modo con cui essa fa scendere l'influenza e beneficia colui che la
serve, dal momento che l'influsso benefico arriva solo a colui che la serve e
la loda. Infatti, chi la abbandona non ne trae giovamento alcuno". E per
questo la Torà è venuta ad illuminarci e ha chiarito chi sono
"gli dèi a te lontani". Quelli "vicini" sono le
facce (o partzufim) del sole, della luna, di Saturno, di Giove, di Marte, di
Venere, di Kochav. Infatti coloro che veneravano gli astri attribuivano a loro
delle "facce". Così dicevano che la "faccia" (o
partzuf, in ebraico) di Shabtay (Saturno) è quella di un vecchio,
ombroso e venerabile; la "faccia" del sole è quella di un re
incoronato, assiso su un carro; la "faccia" di Noga (Venere) è
quella di una bellissima donna, vestita di oro. E così ogni stella e
ogni costellazione aveva un proprio aspetto. <254>
E, pertanto, da
questi "partzufim" a noi "vicini" possiamo dedurre la
completa vacuità dei "partzufim" delle "sefirot" a
noi "lontani". E così facendo non saremo attratti dalle seducenti
lusinghe dello Zohar, che esalta coloro, che, come lui, associano a Dio tutti
quei "partzufim" immaginari (e, in particolare, zeir anpin) e, una
volta combinatili, affermano che tutto è uno!
* *
*
O voi,
Legislatori e Capi di Israele, finitela con le parole dello Zohar! Se, come
dicono loro, nessuno può presentarsi al cospetto dell'Onnipotente se non
ha accettato questa dottrina mistica, a cosa alludevano, dunque, i Saggi quando
dissero "Ha Kadosh Baruch Hu, per aumentare i meriti di Israele, concesse
loro Torà e mitzvot"? Come mai il Santo Benedetto non ha ritenuto
opportuno darci questo grande merito (lo Zohar) per mezzo di uno tra i tanti
Profeti che ci ha mandato, da Moshè Rabbenu fino a Malachia?
Perché mai non ci hanno avvisato che tutto il nostro servizio e tutte le
nostre preghiere sono dirette alle cause inferiori e non già alla Causa
Prima, che si adira con chi la invoca in preghiera? Perché mai i nostri
Saggi, del Talmud e della Mishnà che hanno ricevuto la vera Kabalà,
non ci hanno rivelato questa dottrina, che sarebbe "l'Anima della
Torà"? Avrebbero voluto privarci del merito per quella vita eterna
in cui tutto è buono? Come mai non ci hanno chiarito in che modo si
debbano servire le cause, derivanti da kudshè brich hu e shechinte?
Perché hanno permesso che la maggioranza del popolo, fra cui ci sono gli
studiosi della Mishnà e del Talmud, rimanesse nel proprio errore?
Perché hanno permesso che continuassero a rivolgersi a un dio falso che
non gradisce le loro preghiere? Perché non ci hanno insegnato come
bisogna servire l'ultima emanazione di Dio, lo zeir anpin, così da poter
meritare la ricompensa di unire tutti i pezzi separati di entità
maschili e femminili in un unico Uno, come a lui piace? Come mai i Saggi ci
hanno istruito nel trattato Zebahim che un sacrificio doveva essere presentato
per l'amore di sei fattori (il sacrificio in sé, il Nome di Dio, il
fuoco, il profumo, l'offerente e il gradimento) e non già per l'amore di
kudshè brich hu e di shechinte, quell'arcana ed incompensabile
unità, che congiunge maschi e femmine?! I Saggi diedero alle Leggi della
Mishnà e del Talmud l'appellativo di "Corona della
Torà" e in Meghilà sta scritto "Chi abusa della Corona,
perirà". Questo significa che chiunque sfrutta il prossimo che
studia le Leggi, dette <255>
"Corona della Torà", morirà, ecc. Non i cereali (della
Torà) vanno scartati, bensì la pula. E tale è colui che
studia "i segreti nascosti" dello Zohar e merita la "Luce Eterna
della Vita"!!!
109
O Dio di
Abramo, che non avvenga tra noi il dover elencare molteplicità nel Tuo
Essere Uno, così come hanno fatto questi kabalisti, i quali, nella loro
sacrilega ignoranza, hanno rappresentato il Vero, Unico, Vivente ed Eterno Dio
con forme, aspetti, attributi di qualità e di quantità, come si
addice a un'entità materiale. Così hanno ordinato tutte le
distinte parti in quelle che osano definire "la Disposizione della
Divinità" (Ma'arechet ha-Elohut) e hanno dato ad ogni parte un nome
specifico! Ed ecco l'ordine di tale disposizione: (i cinque partzufim vengono
suddivisi in dodici):
— Ein Sof,
Elyon.
— Adam
Kidmaa.
— Adam Kadmon.
— Atik e Nukve.
— Arich Anpin e
Nukve.
— Aba ed Ema
'Ila'in (Superiori).
— Israel Saba e
T'vunà.
— Ya'akob e
Lea.
— Zeir Anpin e Nukve
(zeir viene nominato Israel e Nukve-Rahel) (1).
Spiega Vital,
nell'Etz Haim (2): "Quando Lea e Rahel stanno dietro a Zeir
Anpin, le calcagna di Lea raggiungono la metà del capo di Rahel;
parimenti, le calcagna di binà raggiungono la metà del capo di
t'vunà". Così hanno squartato il Leone in Alto, che innalza
potente il suo urlo "Chi non teme la parola di Dio?" simile allo
squarciamento di un capretto. Così hanno descritto i partzufim maschili
con mani e piedi, con talloni e petto, con fianchi e ombelico, con pudenda!
Hanno denudato il loro Padre in Cielo descrivendo come il suo fallo penetra nel
"fondamento" femminile, in una maniera "interiore", che non
lascia dubbi sul suo realismo! <256>
Che si riversi
su di loro tale ignominia, poiché hanno osato esprimersi in modo
così indecoroso e turpe del nostro Padre in Cielo, la Cui Gloria riempie
tutto l'universo!
Già
abbiamo riportato le parole del Rambam, ha-Nesher ha-Gadol, il quale, nel
Morè Nevuchim, spiega come la Sacra Torà, così come tutti
i Profeti e Saggi, di benedetta memoria, si sia astenuta dal trattare due dei
cinque sensi, cioè il gusto e il tatto, in relazione al Signore
Benedetto. Quanto più vergognoso è trattare l'accoppiamento, Dio
ci salvi! R. Elazar disse: Anche Miriam si spense con un bacio (3).
Perché, allora, non sta scritto "al pì Ha Shem" (lett.
"per la bocca di Dio", indicando con questo una morte beata) come,
invece, è scritto a proposito della morte di Aharon e di Moshè
che morirono "con un bacio" (be-neshikà)? Perché
è immodesto esprimersi così. Se, dunque, la Torà stessa fu
così cauta a non scrivere "al pì Ha Shem", in relazione
alla dipartita della profetessa Miriam, che era donna, per cui era immodesto
fare una simile allusione, a maggior ragione è estremamente inverecondo
attribuire a Dio mascolinità o femminilità e asserire che il
punto di congiunzione del fallo è sopra le due sefirot di
"netzah" e di "hod", come nel maschio! Ammutoliscano le
labbra di falsità di colui che osa parlare del Santo Benedetto in una
forma talmente ripugnante e vergognosa!
1. Etz Haim, sha'ar ha-malachim.
2. ibid. Sha'ar aba ve-ema.
3. Non per mezzo dell'Angelo della Morte.
110
Tutto
ciò ha provocato la mente e la mano di Moshè di Leon, il quale ha
promesso ai suoi lettori, ancorché ignoranti delle Leggi della Sacra
Torà, una grande ricompensa: se leggeranno lo Zohar, anche senza
capirlo, acquisteranno grandi meriti! Cosicché questi impertinenti si
considerano gli "Uomini dell'Ascesa" (Benei Alià) e guardano
con arroganza coloro che si limitano a studiare Mishnà e Talmud. Ai loro
occhi sono simili <257>
a pula e ad animali selvatici che si cibano di sola erba. Ma, tant'è!
Essi non capiscono e non sanno di camminare nell'oscurità e non sono in
grado di astenersi dalle proibizioni più severe della Torà.
Facilmente calunniano e fanno maldicenza verso i loro correligionari. Sono
disposti a impiegare il loro tempo, le loro energie e le loro risorse
finanziarie pur di sostenere una falsa testimonianza. Non investigano in modo
giusto i testimoni e accusano gli assenti di essere "miscredenti" ed
"atei" solo perché si rifiutano di aderire a tali nuove
dottrine, zeppe di be'alim e di ashtarot, di entità maschili e
femminili. Vengono fatti oggetto di biasimo perché hanno rifiutato di
servire e di onorare quegli elementi femminili che trovano grazia agli sguardi
delle emanazioni maschili e, in virtù del loro amorevole approccio,
fanno scendere nei mondi inferiori un benefico influsso!
Leggete l'Etz
Haim di Vital. Troverete spiegato che prima della creazione di Adamo, zeir
anpin e nukve si trovavano in una posizione di dorso contro dorso; ma quando fu
creato Adamo, per le di lui buone azioni, zeir e nukve assunsero una posizione
di viso contro viso. Aba ed ema, tuttavia, non avevano bisogno delle buone
azioni di Adamo, per cui si posero viso contro viso, per loro propria
volontà.
Oppure leggete
il S. Hayè Shalom, che spiega come fino ad Abramo zeir anpin non avesse
ancora una sua forma stabilita. Da questo deduciamo che zeir anpin, oggetto di
culto dei kabalisti, ha un bisogno costante di essere corretto e fissato
insieme alle sue due consorti, Lea e Rahel, che devono trovare favore ai suoi
occhi fino a quando egli si eccita e le desidera! Ma il Signore, nostro Dio,
non ha bisogno delle sue creazioni. Sono esse che hanno bisogno di Lui ed Egli
protegge coloro che Lo temono e beneficia coloro i cui cuori sono puri e
sinceri con Lui.
111
Pertanto,
chiunque sia sincero con il Signore, nostro Dio, che è la Causa Prima di
tutta l'esistenza, non presterà ascolto all'ingannevole autore dello
Zohar e a coloro che lo hanno seguito. È il Signore, nostro Dio, Unico,
nella Sua Grandezza e Misericordia, che ha creato il tutto. Egli è Uno
ed è Unico nella Sua Unità, dissimile da tutte le altre
unità. Egli solo è il Primo e non c'è inizio al Suo <258> inizio. Fu Lui
che ci trasse fuori dalla terra di Egitto e ci si rivelò sul Sinai,
dandoci la Torà tra i tuoni, i lampi, i fuochi e lo strepito di shofar.
Le montagne tremavano e tutta la terra era scossa dalla Sua Potenza. Fu,
allora, che Egli fece ascoltare la Sua Voce possente e pronunciò:
"Io Sono il Signore tuo Dio e non avrai altri dèi" e gli altri
nove Comandamenti, la fama dei quali si è diffusa in tutto il mondo. In
quel preciso istante, tutti i re, da oriente ad occidente, tremarono e,
assaliti dalla paura, si recarono dal profeta Bil'am per sapere cosa stesse
succedendo. I nostri Padri erano in numero di seicentomila (senza contare i
vecchi, le donne e i bambini). Tutti quanti erano ai piedi della montagna, pronti
a ricevere la Torà e all'unisono dissero: "Tutto quello che Dio ha
detto faremo e obbediremo". Ed è a causa della grande paura che li
aveva invasi, al cospetto della Potente Voce di Dio, implorarono Moshè:
"Parla tu per noi e noi ascolteremo". Tutto ciò l'Onnipotente
ha compiuto per noi, affinché si creda che Mosè, la pace sia su
di lui, ci ha dato la Torà, che giammai va sostituita con un'altra.
Pertanto, non presteremo fede ad alcun profeta o mago che viene per convincerci
a servire altri dèi. Noi serviremo Ha-Shem soltanto, senza associazione
a qualsiasi altra entità.
Il Signore fece
conoscere le Sue vie a Mosè, in quanto è Benevolo, Misericordioso
e Longanime, non collerico! Come potremmo sostituire il nostro Dio che è
paziente con uno impaziente? Anche se quel profeta ci mostrasse segni e
prodigi, davanti ai nostri propri occhi, in cielo e in terra, noi non lo
seguiremo. A maggior ragione non seguiremo questo Moshè di Leon che,
falsando l'opera delle sue mani, ha gettato il disonore sulla sua nazione. Che
marcisca il suo nome, a cagione del male che ha provocato in Israele!
Ci si fermi un
attimo e si mediti bene su questo punto. Sul profeta che compie miracoli, in
cielo e in terra, la Torà ha ammonito: "Tu non ascolterai le parole
di quel profeta poiché il Signore, tuo Dio, ti sta mettendo alla
prova". Anche lo Zohar, l'esatta origine del quale è ignota (e le
molteplici prove dimostrano che è opera di Moshè di Leon) parla
di miracoli strabilianti compiuti nel nome di Tanaim ed Amoraim (che
precedettero R. Shimon ben Yohai di alcune centinaia di anni) nel nome di
Amoraim posteriori, nel nome di Eliahu il profeta secondo cui Atika Kadisha gli
si rivelò nella sua Casa di studio. Nello Zohar vengono riportate altre
storie, scritte con inchiostro nero su carta bianca, ed episodi che i nostri
occhi mai hanno visto e neppure i nostri padri mai hanno raccontato. A maggior
ragione noi non seguiremo né presteremo fede a chi ci esorta a rendere
servizio a questi immaginari partzufim e a questo zeir anpin, "l'uomo di mezzo"!
Il nostro
servizio andrà soltanto al nostro Dio, Benedetto Egli sia e Benedetto <259> il Suo Nome,
esattamente come lo abbiamo ricevuto dai nostri Padri e in conformità
alla Sacra Torà, che severamente ci ammonì a non attribuirGli
né forma, né immagine, né essenza corporea. Egli è
Uno e non esiste Unità simile alla Sua. Non esiste inizio al Suo inizio.
I partzufim, le sefirot, gli iggulim di cui i kabalisti parlano hanno, al
contrario, un inizio al loro inizio, hanno "corpi di luce", hanno
immagini paragonabili a quelle umane. Il nostro servizio andrà soltanto
alla Rocca, priva di associazione alcuna con "emanazioni" e
"manifestazioni".
112
Da quanto
è stato spiegato, il lettore saprà che deve evitare tutti i nuovi
"minhaghim" (usanze liturgiche), proposti sia per alleggerire che per
appesantire la Torà, così come quelle "nus'haot"
(versioni del testo) basate sui testi kabalisti. La grande maggioranza di esse,
se non tutte, furono scritte con il manifesto intento di introdurre nella
nazione i principi kabalistici di molteplicità di entità maschili
e femminili in unione. Essi, infatti, ritengono che se uno pronuncia le
formule, anche senza capirle, fa in modo che tali "unioni spirituali"
si attuino. Grande è il numero di coloro che seguono questi "minhaghim"
infondati; la colpa non è loro, ma di quei rabbini che hanno abbandonato
le usanze dei loro Padri fondate su basi solide e incorruttibili.
Perciò, ogni persona che ha nel suo cuore il giusto timore di Dio,
sarà avvertita a dissociarsi da tutti questi "minhaghim" e
"dinim" derivati dalla nuova kabalà, che hanno l'unico scopo
di demolire e abbattere le pietre angolari della Torà e le sue colonne
portanti; infatti, i kabalisti nelle loro benedizioni e nelle loro preghiere
allorquando pronunciano il Glorioso Nome pongono la loro "intenzione"
su zeir anpin, associato con i partzufim sovrastanti. Ma non è solo
queste nuove usanze che bisogna evitare. Bisogna essere cauti su tutto
ciò che viene compiuto o detto dai kabalisti in relazione alle mitzvot,
così come ci sono state spiegate dai Saggi. Eccone alcune: il Sefer
Torà, i Tefilin, la Mezuzà scritti da un ebreo kabalista non sono
validi, dal momento che i Nomi di Dio, scritti in essi, sono stati scritti per
l'amore di zeir anpin. Tutti i <260>
nomi descrittivi sono profani e possono venire bruciati come è la Legge
dei Poskim, in riferimento ad un Sefer Torà, ai Tefilin o alla
Mezuzà scritti da un "miscredente" (min). Inoltre, non bisogna
mangiare dalla loro macellazione, poiché nel momento in cui si appresta
a macellare, lo shochet kabalista si rivolge intenzionalmente a zeir anpin. Se
un kabalista sta conducendo un'adunanza in preghiera non si deve rispondere
"amen" né al momento della kedushà né quando
dice "Baruch Ha-Shem Ha-Mevorah"; infatti, se l'officiante è
un devoto kabalista le sue intenzioni sono rivolte a zeir anpin. Se uno si
sposa o si divorzia, i testimoni non devono essere tra coloro che credono nella
nuova kabalà, siccome "kedushin" e "ghetin" vengono
invalidati dalla testimonianza di un ebreo indegno.
In un capitolo
precedente, ho spiegato che i kabalisti, quando menzionano le dieci piaghe,
durante il Seder di Pesah, versano una libagione dal loro calice di vino dentro
ad un recipiente rotto, detto "arur" (maledetto) per "correggere"
malchut e purificarla dal suo sangue mestruale, ecc. Il loro vino è come
quello degli idolatri, per cui è proibito berlo o farne uso. Poveri noi,
in quanto questo Zohar ci ha reso simili alle altre nazioni e alle altre fedi
pagane, come quelle vediche degli Indù o quelle degli antichi Egizi,
Caldei, Persiani, i quali tutti credevano in dottrine mistiche basate sul
potere della loro fantasia.
In Sanhedrin,
R.Y. Levi, ha riportato un'apparente contraddizione: In un posto, sta scritto:
"e come gli statuti delle nazioni confinanti avete fatto"; ed in un
altro posto, sta scritto "e come gli statuti delle nazioni confinanti non
avete fatto". La Ghemarà chiarisce: "per coloro che erano
fermamente stabili nella loro fede è detto "non avete fatto";
per coloro che hanno deviato dalla loro fede è detto "avete
fatto".
Così
è successo a noi. Quelli fermamente stabili nella Fede in Ha-Shem non
hanno deviato, mentre coloro che si sono uniti ai veneratori di zeir anpin e
hanno congiunto la sua parte maschile con la controparte femminile, hanno
vacillato e deviato dalla vera Fede in Ha Shem.
113
Chi
toglierà la terra dai vostri occhi, o Uomini della Grande Assemblea?
Voi, che elevaste la vostra invocazione e gridaste al nostro Padre in Cielo
contro lo yizrà d'avodà zarà, al fine di rimuovere per
sempre dal popolo <261>
d'Israele gli idoli, i be'alim e le ashtarot, riusciste nel vostro intento. Ma
purtroppo, non per lungo tempo, poiché la vostra vera kabalà fu
degradata e paragonata ad una serva, ad una "kelipà", a pula al
vento, a fieno, all'altra rocca dal lato del male, mentre il culto e lo studio
ispirato dai be'alim e dalle ashtarot, che parla di partzufim e sefirot,
entità maschili e femminili che si accoppiano, è diventato
"Elohut". E la "santità" e la "purezza"
dei loro culti sono il risultato di una mente impura, confusa e istruita
all'idolatria. Costoro non sanno sempre a quale "kavanà"
devono indirizzaesi mentalmente, poiché, come dimostrato dai loro testi,
esiste un grande numero di "kavanot". Se i nostri Saggi, gli Uomini
della Grande Assemblea, potessero vedere cosa è successo all'Ebraismo, a
causa dello Zohar, si straccerebbero le vesti, indosserebbero il cilicio,
spargerebbero cenere sui loro capi e leverebbero in pubblico, nei mercati e per
le strade, un alto e amaro grido, così come fece Mordechai nella
capitale Susa.
Ahi noi!
È questa le Legge della Torà? Indagare le allusioni segrete e
riferirle al servizio delle Sefirot? Nominare i segreti della Torà come
"la saggezza delle sefirot"? Con costoro, non dovremmo dire
"Sitrei ha Torà" (i Segreti della Torà) bensì
"setirot ha-Torà" (le contraddizioni della Torà), dal
momento che tutte le loro parole sono in palese contraddizione con la Vera Fede
nell'Yihud Ha Shem.
114
Concludendo,
preziosi lettori, inchinate i vostri cuori e le vostre menti alla vera e saggia
comprensione. Onorate il Signore e ringraziateLo, poiché Egli ha
svegliato ed ha illuminato con lo Spirito della Sua Santità tutti i
Profeti di Israele. Quindi, ha ispirato i Saggi della Mishnà e del Talmud
affinché scrutassero, con gli occhi puri dell'intelletto, gli eventi del
passato e del futuro. E i Saggi, d'altra parte, hanno acceso le grandi fiaccole
di fuoco per dimostrare e insegnare la pura fede nell'Unità di Ha-Shem
Baruch-Hu, prima che l'oscurità dell'ombra della morte venisse a
dissacrare e a contaminare la Fede, tramite "emanazioni" nominate in
Sua vece. Su coloro che fecero immagini d'oro, d'argento, di legno e di pietra
il profeta Geremia sentenziò: "come una sola cosa saranno bruciati,
poiché sono stati ingannati dagli insegnamenti di vanità che
è tutto legno". Mentre su coloro <262> che, nella nostra generazione, seguono i
passi del falso profeta dello Zohar, la Torà si espresse: "Se si
levasse tra di voi un profeta o un sognatore e dicesse "serviamo altri
dèi", che non avete conosciuto, non già dalla Kabalà
ricevuta dai Saggi, "non ascoltate le parole di quel profeta" e non
curatevi di sapere se siano vere o false. Poiché senza alcun dubbio,
tutto ciò che deriva e consegue da una base falsa sarà falso. A
questo riguardo disse il Profeta Samuele: "Non rivolgetevi alle
vanità che non vi possono salvare, poiché esse sono assoluta
nullità". E quasi tutti coloro che leggono o studiano lo Zohar e i
testi scritti da individui o da gruppi, che hanno ereditato il caos, non hanno
compreso la loro vera intenzione e hanno falsamente creduto di avere a che fare
con la Torà. "Israele non ha distinto, la Mia nazione non ha
meditato" che il loro vero scopo era quello di istituire una nuova legge
orale che rimpiazzasse la Mishnà ed il Talmud.
Lodato sia il
nome di Dio, che dona all'uomo sapienza e comprensione cosicché
percepisce la verità delle parole vere e rende vane le visioni degli
impostori che si levano e annunciano le loro nuove dottrine, e con sotterfugi e
falsità fanno si che molti nostri correligionari credano che il Signore,
nostro Dio, abbia forme e aspetti.
Ma ogni Ebreo
dal cuore saggio impari dalla Torà della perfezione e dalle parole di R.
Sa'adya Gaon, di R. Yehuda ha-Levi, di Rambam e di molti altri Saggi,
cosicché la Sua anima sarà sazia del puro pane della nostra Sacra
Emunà, così come fu rivelata ai Patriarchi e a Moshè
Rabbenu al cospetto dell'intera nazione sul monte Sinai. E tramite ciò
meriterà di contemplare le delizie di Ha Shem e di visitare la Sua
dimora. E così l'Onnipotente ci ha aiutato fin qui a mettere a nudo i
veri pensieri dell'ingannevole e mendace autore dello Zohar, che osò
scrivere cose false sul Signore e sulla Torà, descrivendo nuovi
dèi, parto della sua sfrenata immaginazione, attribuendo poi i suoi
scritti al famoso Hacham R. Shimon b. Yohai, Santo Tanai, facendo così
cadere in errore molti cuori della Casa di Israele.
Benedetto Egli
sia che dona sapienza all'uomo per capire e correggersi.
Venite,
camminiamo nella Luce di Dio, la Sacra Torà, che ci dona comprensione e
ci insegna la sapienza di Ha-Shem Elohim Emet e con questa meritiamo le delizie
di questo mondo e del mondo futuro.
<263>
FINITO
DI STAMPARE
NELLA
TIPOGRAFIA GIUNTINA DI FIRENZE
MAGGIO
1983
<264>
Finita la
revisione del testo oggi 27 aprile 2021, 15 di Yiar tav-shin-peh-alef, 30esimo
giorno dell'Omer. Davide Levi.