LE SACRE GUERRE CONTRO LA KABALA'

"MILHAMOT HA-SHEM"

del

HACHAM YIHYE IBN SHLOMO EL-KAPAH

con il permesso dello

TZADIK HA-SHALEM

HA-MORI HAIM WENNA

e tradotto in italiano dai

suoi Talmidim

 

 

 

Editrice La Giuntina

 

<03>

 

 

Copyright © 1983 by Peretz Green and Davide Levi

<04>

 

 

INDICE

 

 

Prologo

pag. 19

 

Introduzione

 " 21

 

Introduzione al contenuto

 " 39

 

Introduzione alla lettura del testo

 " 45

1

Lettera dallo Yemen ad uno dei kabalisti di Gerusalemme

 " 47

2

Prima risposta

 " 47

3

Seconda lettera dallo Yemen a Gerusalemme

 " 47

4

Seconda risposta

 " 50

5

Terza lettera di R. Shlomò El-Kapah a Gerusalemme

 " 52

6

Terza risposta da Gerusalemme

 " 59

               

<05>                              

 

SEFER MILHAMOT HA-SHEM

 

1

Non si deve deviare dalla Kabalà dei Saggi della Mishnà e del Talmud

 pag 69

 

2

Non bisogna credere a qualsiasi autore che apporta delle innovazioni su argomenti di fede, nel nome di Elia o di atik

 " 70

 

3

È obbligo per ogni Ebreo "conoscere Dio", in accordo con la tradizione dei Saggi — ognuno è fallibile

 " 70

 

4

Persino il Grande Sinedrio avrebbe potuto sbagliare, per questo motivo venne creato il Trattato Horaot

 " 71

 

5

La nuova kabalà è del tutto estranea dalla "via" della Sacra Torà, in merito alla conoscenza di Dio e della Sua Unità

 " 72

 

6

I nuovi kabalisti fanno della maldicenza e calunniano tutti coloro che non si comportano come loro

 " 72

 

7

Tratta di colui che si ritiene Saggio e ci risponde con affermazioni infondate

 " 73

 

8

Risposta alla sua affermazione, per la quale la nuova kabalà è "Halachà le-Moshè me-Sinai"

 " 74

 

9

Uno di essi ha detto "Tu affermi la verità, ma perché bisogna dirlo ai Talmidim?" — egli è come il malvagio tra i quattro figli che dice "che cos'è questo servizio per voi?" — l'affermazione dei Saggi, per la quale "ogni mishnà che non è studiata nella Casa di Studio di R. Hiya e di R. Oshaya ecc. — da un antico manoscritto nel nome di R. Sa'adya Gaon

 " 75

 

10

Lezione dalle sue parole e da quelle di R. Yihye ibn Tam riportate nel libro Revid ha-Zahav

 " 76

 

11

Le parole di Maharshal, per cui uno non deve essere più severo del Talmud, come fanno i kabalisti; perché questo è paragonabile a "minut" — in accordo con i Poskim che non bisogna prendere in considerazione le opinioni dei nuovi kabalisti, allorquando queste sono in contrasto persino con un singolo Posek — questa nuova kabalà non era conosciuta nello Yemen dai nostri antenati, come scritto da Mahari Zahari

 " 77

 

<06>                              

 

12

Risposta a colui che ha detto "Chi vi ha dato il permesso di indagare ?" ecc

 pag 79

13

La mitzvàfondamentale dello studio della Torà consiste nel conoscerla e nel comprendere le parole dei Saggi e della Halachà — cosa significa la guerra della Torà

 " 80

14

Vengono riportate valide prove che il Signore, nostro Dio, è la Prima Causa e non già zeir anpin

 " 82

15

16

Lo Zohar spiega che esiste una molteplicità di cause e di effetti inerenti alla Divinità e che ogni causa è nominata con gli appellativi di Ha-Kadosh Baruch-Hu — in accordo con lo Zohar fu adam kadmon che pronunziò "Vedete, ora, che sono io", ecc.; aba sentenziò "Sia il firmamento" ecc.; ed ema disse "Facciamo l'uomo" ecc

 " 83

17

Spiegazione della Mishnà e della Beraità "Perciò l'uomo fu creato singolo"

 " 86

18

Lo Zohar spiega che "bereshit" è aba, i cieli e la terra sono zeir anpin e nukvei

 " 88

19

Per quale motivo i Settantadue Anziani cambiarono il testo della Torà per Tolomeo

 " 89

20

Lo Zohar spiega il verso "Dio regnò" ecc. e "E Dio nel nostro mezzo o no" — in merito ai sacrifici non viene mai proposto il nome "El" o "Elohim" bensì "ad Ha-Shem", per non dare motivo ... — le parole del Rambam — Lo Zohar sul verso "Qual è il suo nome o il nome di suo figlio?" — ogni servizio deve essere rivolto a zeir anpin — argomento dello Yalkut contro ciò

 " 90

21

Lo Zohar riferisce "il timore di Dio" a nukve e "Lui servirai" lo riferisce a zeir anpin — allorquando Shimon ha-Amsuni arrivò al verso "il Signore, il Dio che tu temerai" si astenne dall'interpretarlo, finché arrivò Akiba ben Yosef, ecc

 " 95

<07>                              

22

Le parole del Sefer ha-Brit e di altri kabalisti per le quali zeir anpin è il nostro Dio e fu Lui, Ha-Kadosh Baruch-Hu che parlò a tutto Israele

 pag 97

23

Un grande fremito ecc., a causa della molteplicità di divinità

 " 98

24

Il Bereshit Raba e lo Yalkut scrivono che "ogni cosa ha generazioni e ogni cosa che ha generazioni appassisce e scompare" — in Mishnat Hassidim è scritto che "i nostri padri" sono aba ed ema che furono fatti schiavi del Faraone, l'Egitto è la sitrà ahra e fu arich anpin che li redense e li liberò — parole della Ghemarà secondo le quali quando Mosè salì per ricevere la Torà, ecc. Sua risposta agli Angeli Servitori

 " 99

25

Allorquando uno pronuncia "ringraziamo, ringraziamo" oppure "Ascolta, ascolta", lo si fa tacere subito — avvertimento dell'autore del S. ha-Ikarim a non studiare lo Zohar ed i testi dei kabalisti. — Cosa rispondono i Saggi a colui che chiede su ciò che precedette la creazione

 " 102

26

"Vieni e ti insegnerò "i segreti del Carro"" — il Maharsha spiega come la nuova kabalà abbia speculato su ciò che è al di là dei segreti del Carro e quale grave errore abbiano commesso i nuovi kabalisti ad indagare su ciò che è al di sopra, al di sotto e dentro ecc

 " 104

27

Parole di Haim Vital e del libro "Oz l'Elohim" — il Rambam nel Morè Nevuhim contro le opinioni di Vital — parole di R. Sa'adya Gaon, S. MitzvotGadol e Yalkut contro la nuova kabalà — un re, in carne ed ossa, viene onorato insieme agli altri importanti esponenti del suo reame, ecc. ma Ha-Kadosh Baruch-Hu

 " 106

28

Citazione dello Zohar secondo cui tutti i partzufim devono essere evocati in preghiera

 " 108

29

I Saggi cercarono di occultare il libro di Kohelet e la profezia di Ezechiele — severità dei Saggi verso chiunque potesse considerare l'esistenza di due distinti "poteri regnanti"

 " 109

<08>                              

30

Non ha senso alcuno quando dicono che "tutto è uno"

 pag 110

31

Haim Vital nel libro "Etz Haim" descrive la Sua Essenza come contenitrice di molti "mutamenti" e rappresenta i mondi di "igulim" e di "yosher", attribuendo loro misure e limiti; — il corpo delle sefirot, i loro indumenti e le loro anime provengono tutte dall'Essenza dell'ein sof

 " 112

32

Il "Shushan Sodot" spiega che il mondo di atzilut è composto da luci e recipienti e persino i suoi indumenti sono fatti di "santità"; mentre i mondi di creazione, formazione e materializzazione, dal loro "male" fino al basso, non sono di completa "santità" — citazione dal Talmud che spiega il verso "dalle divinità delle nazioni che sono vicine e che sono lontane"

 " 115

33

La molteplicità di dèi nella nuova kabalà è maggiore che in altre religioni — Haim Vital spiega che esistono molti generi di ein sof e che tutto il nostro servizio è allo scopo di far scendere l'influsso dall'ein sof che è nascosto nella "Corona"

 " 117

34

Il Kissei Eliahu e Sefer Ha Brit spiegano che "l'intenzione" delle preghiere e delle benedizioni non va rivolta all'Essenza del Dio Uno, giacché Egli è troppo lontano

 " 120

35

Il Rosh in Hullin dice che ogni "tosefta" che fu proposta dopo la chiusura del Talmud. ecc. — R. Hitar, uno dei nostri antenati, spiega il secondo "Principio" — lo Zohar, in parashà "va-ethanan", sulle altre fedi

 " 121

36

La Mishnà "ogni cosa è vista" ecc. Ha Kadosh Baruch-Hu conosce ciò che sarà prima che avvenga

 " 123

37

L'errore dei kabalisti che asseriscono che uno può compiere ciò che è l'opposto di quello che Dio sa — nel mondo di atzilut non c'è interesse per le azioni degli uomini, siano esse buone o cattive

 " 124

38

Il Rashab, in Edra, spiega che il "regno" ed il "servizio" appartengono a zeir anpin

 " 126

<09>      

39

Lo Zohar spiega che R. Shimon b. Yohai non voleva essere giudicato da zeir anpin, bensì da atika kadisha, presso il quale uno abbandona (il giudizio) sempre in uno stato di merito

 pag 127

40

Mishnà in Avot secondo la quale "Egli è Dio, Egli è il Creatore" ecc. — in merito a queste false credenze R. Tam ibn Yihia disse che i kabalisti hanno distrutto le pietre angolari della Torà — il Mahberet ha-Kodesh e lo Hemdat Yomin non pronunciano l'Yigdal Elohim Hai — il S. ha-Brit, per il quale la nostra fede non è simile a quella degli ebrei sull'Unità di Dio e che zeir anpin e la causa "percettibile" che si è rivelata sul Sinai — che la "luce" nel suo discendere si ispessisce e si materializza — l'Oz l'Elohim sostiene che il servizio non deve essere rivolto a zeir anpin, bensì a malka kadisha d'kol kadishin

 " 128

41

L'Ari e lo Hemdat Yomin furono i soli che si opposero a proclamare i primi quattro articoli di fede dello Yigdal Elohim Hai — Lo Yosher Levav sul verso "per conoscere il Dio di vostro padre" — ciò include i cinque partzufim e "per servirLo" è riferito a zeir anpin, sebbene esso sia un oggetto di creazione

 " 132

42

Midrash ha-Gadol e Bereshit Rabbà su Abramo

 " 136

43

Il Rambam paragona l'opinione di R. Yohanan con quella di Resh Lakish

 " 138

44

Lo Zohar ha completamente mutato la Emunà della Torà — S. ha Rokeah è in accordo con la Torà

 " 141

45

Prove dal S. ha-Rokeah che la nuova kabalà è del tutto estranea alla "vera via" ed è completamente eretica — nel Medioevo essi credevano che questa nuova kabalà fosse stata scritta da R.Shimon bar Yohai, senza che notassero le contraddizioni implicite in ciò — l'evoluzione a catena dei partzufim

 " 144

46

I nuovi kabalisti sono in contraddizione con i Saggi in Bereshit Rabbà, in Shemot Rabbà, in Yalkut, in Yerushalmi (Shabat) — S. ha Rokeah: queste sono le categorie dei "minim", ecc

 " 145

<10>

47

Citazione dal S. Mitzvot Gadol per cui è proibito immaginare che esista qualsiasi altro dio all'infuori del Signore, nostro Dio — Rambam in Hilchot Avodà Zarà

 pag 146

48

La credenza dell'autore dello Zohar è analoga a quella della generazione di Enosh

 " 148

49

La Ghemarà in Sanhedrin e in Succà "Chiunque associ il Nome con qualsiasi altra entità" ecc., persino nel pensiero

 " 149

50

La Ghemarà in Minahot "da Tzor fino a Cartagine" ecc. — tale è anche l'opinione dello Zohar

 " 151

51

Ogni racconto menzionato nello Zohar riguardante i segreti di Dio in possesso di R. Shimon b. Yohai non è mai stato espresso né da lui né tantomeno da altri Hachamim — citazione dalla Mishnà e dalla Ghemarà in Zebahim per cui i "sacrifici" venivano compiuti in virtù di sei cose — ma non già "per provocare l'unione di kudshè brichu con shechintei"

 " 152

52

Citazione dal S. Mitzvot Gadol — spiegazione in alto

 " 153

53

Citazione dal S. ha Ghedarim

 " 155

54

Ciò che è chiaramente compreso nel verso e a tutti noto non fu mai pronunciato dai Hachamim, come anche Rambam nel suo commento alla Mishnà — e, del resto, dalle loro risposte ai non credenti c'è sufficiente materiale per capire il vero significato di Yihud Ha-Shem — persino se esaminiamo il Targum alla Torà di Onkelos e il Targum ai Profeti di R. Uziel possiamo comprendere il vero Yihud Ha-Shem — quando uno traduce un verso così come sta, lo manomette — i kabalisti sono andati dietro alla credenza nella Trinità come si può vedere dalla citazione dell'Oz l'Elohim — citazione del Talmud Yerushalmi e da Shemot Rabbà per cui il "Sigillo" di Ha-Kadosh Baruch-Hu è "Emet" (verità) — sul verso "Io sono il Primo, Io sono l'Ultimo", per cui non ho ricevuto il mio regno da alcun altro — i Hachamim considerano la credenza nella trinità come idolatria, sebbene quelli dicano che tre è uno

 " 157

<11>

55

Il loro libro fu nascosto sotto terra per farlo apparire antico e così ingannare il popolo — l'intenzione delle mitzvotè quella di abbellire le donne nominate la Shehinte Superiore e la Shehinte Inferiore. Cosicché esse trovino grazia agli occhi dei rispettivi consorti

 pag 161

 

56

I Saggi amavano la Mishnà e la chiamavano il Tesoro Nascosto di Ha-Kadosh Baruch-Hu — l'ingannevole autore dello Zohar credeva nelle idee degli Egizi e degli antichi Caldei — lo Zohar disprezza la Mishnà ed il Talmud e si autoincensa a dismisura

 " 164

 

57

Lo Zohar deride e offende la Mishnà con spregevoli epiteti

 " 167

 

58

59

Moshè ammise il suo peccato, cioè aver dato questa Mishnà ad Israele e, per questo motivo, venne sepolto fuori dai confini della Terra Santa

 " 169

 

60

Esempio fornito dai Saggi: una donna ha mangiato i frutti del settimo anno ecc

 " 173

 

61

. Citazione del Midrash Gadol per cui Asa aveva fatto costruire una figura mostruosa — lo Zohar invece lo chiama "la Porta del Cielo" — se, come dicono i kabalisti, i cinque partzufim sono insieme una singola entità, perché, dunque, bisogna pregare ad ognuno di essi, singolarmente — essi stessi sono in disaccordo tra di loro sul partzuf che bisogna evocare in preghiera "

 " 175

 

62

Come spesso siamo stati avvisati dalla Torà a non seguire alcun profeta che ci esorta a compiere idolatria — se tutti i partzufim rappresentano una singola unità, così come dicono, come è possibile che atik si sia separato dagli altri, per entrare nel Beit-ha-Midrash e inoltre come è possibile che ema si sia separata da aba quando Adamo peccò — risposta di R. Abraham ibn Ezra a coloro che credono nella trinità — perché i Saggi non ci hanno detto che R. Shimon b. Yohai era un profeta — perché R. Shimon ben Yohai si lamentò che la domestica della casa di suo padre aveva visto un angelo per ben tre volte, mentre lui nemmeno una volta

 " 177

 

<12>

 

63

Citazione dal Talmud Yerushalmi in cui i non credenti chiesero a R. Simlai quanti fossero gli dèi creatori del mondo

 pag 179

 

64

In Shabat raccontano i Saggi che quando Mosè salì in alto, gli Angeli chiesero cosa mai vi facesse in quel posto un essere mortale; risposta di Mosè agli Angeli

 " 180

 

65

L'avodà zarà viene chiamata anche elohim aherim poiché essi non hanno altra esistenza se non la propria; — Il Midrash Rabbà racconta come essi siano stati chiamati con il nome di Ha-Kadosh Baruch-Hu — non esiste altro "dio" all'infuori del Signore

 " 183

 

66

È solo Dio il vero Uno — la Torà avvisa a non considerare forma e immagine alcuna riferita a Dio

 " 185

 

67

Errore che hanno commesso i kabalisti ad interpretare alla lettera i versi, come ad es. "Facciamo l'uomo a nostra immagine"

 " 187

 

68

I kabalisti attribuiscono a Dio una forma strutturata

 " 188

 

69

I kabalisti ritengono che Dio si sia emanato nei partzufim dei mondi di emanazione, creazione, formazione e materializzazione — i kabalisti dissimulano la loro vera credenza, al fine di fare nuovi proseliti — parole di R. Y. Albo nel S. ha-Ikarim

 " 189

 

70

L'ordine e la gerarchia delle divinità secondo la nuova kabalà

 " 191

 

71

Primo e Secondo Principio dei 13 Attributi di Fede

 " 193

 

72

Midrash Rabbà, va-ethanan, "Chi è con Me nei cieli" ecc. giacché Io non ho associato il Mio onore con alcun altro, Io ho creato ogni entità a coppie ecc.

 " 194

 

<13>

 

73

Yalkut — "C'è Uno soltanto, non c'è un secondo". Egli non ha né padre, né figlio, né fratello, ecc. — i nuovi kabalisti credono nell'esistenza di dèi puri e dèi impuri e, alle volte, quelli impuri dominano e rendono schiavi quelli puri — i minhaghim dei kabalisti sono pieni di idolatria

 pag 195

 

74

Non fu corretto da parte dei Rabbini del Medioevo l'apportare dei cambiamenti nei testi di preghiera, conformemente alla nuova kabalà, abbandonando così l'usanza dei loro padri

 " 197

 

75

Terzo Principio — Rambam in Yesodè ha-Torà

 " 198

 

76

77

Quarto Principio — falsità di coloro che affermano che uno non deve suddividere la Torà in "Principi" — Quinto Principio

 " 201

 

78

Zeir anpin è un attributo di spregevolezza e dissennatezza — e il peggio è che costoro attribuiscono a zeir anpin il più basso dei cinque sensi

 " 206

 

79

Rambam e Yehudà ha-Levi trattano sui cinque sensi e sul turpiloquio

 " 207

 

80

Perché mai uno dovrebbe abbandonare la terminologia della Santa Torà per adottare le sconce espressioni dei kabalisti come quelle del seme maschile che penetra nell'utero femminile

 " 209

 

81

82

Come i Saggi abbiano considerato vergognoso l'argomentare di temi sessuali — come il poeta kabalista abbia osato rappresentare la divinità nell'atto di abbracciare, baciare, copulare, ecc. — racconto del Shem — ha-Ghedolim sull'origine dello Zohar — varie opinioni sulla sua origine

 " 210

 

83

R. Yaakov Emdin nel suo S. Mitpahat Seforim

 " 214

 

84

Il Sod Yesharim tenta di negare la molteplicità attribuita ai kabalisti — a tal riguardo, descrizione della "contrazione" e dell'evoluzione delle sefirot — S. ha Brit ci esorta a non temere di materializzare il Creatore

 " 216

 

<14>

 

85

In ogni caso, la sua tesi non ci esime dal ritenere che essi credono in molte divinità e servono zeir anpin — rampogna del Profeta "Quale altra nazione ha scambiato i suoi dèi che non sono poi veri dèi", ecc

 pag 219

 

86

La vera opinione di Rivash — opinione dei dualisti, secondo la quale ci sono due "attivatori" uno che opera il bene e uno che opera il male — Israele non deve cambiare la sua pura fede con credenze estranee

 " 220

 

87

Sulle false credenze, per le quali Geremia tuonò "Essi hanno rinnegato Dio, hanno detto che Egli non è" ecc.

 " 221

 

88

Attraverso il testo dello Zohar, il coperchio che teneva chiuso l'inclinazione all'idolatria è saltato e Satan una volta ancora "balla tra di noi"

 " 223

 

89

Queste idee sono analoghe a quelle che fioriscono nel periodo dei Giudici — citaz. del Talmud Yerushalmi, in Shabat, per cui il Ba'al possedeva il membro maschile ed era adultero

 " 226

 

90

Questa è la prova alla quale ci ha sottoposto il Signore, ma molti di noi hanno fallito la prova

 " 228

 

91

I Talmudisti e la maggior parte del popolo è priva di conoscenze sulla nuova kabalà, per cui la loro fede rimane intatta

 " 230

 

92

93

Un'altra parte del popolo si rende conto della fallacità di queste credenze, tuttavia teme le minacce dei cosiddetti "Hassidim" e questa situazione è analoga a quella dell'adulatore

 " 231

 

94

Altre prove dallo Zohar e dall'Oz l'Elohim che zeir anpin è una creazione e che l'Altissimo lega e unisce insieme le divinità inferiori con quelle superiori — lo Zohar paragona l'Unità di Dio alla calce che cementa le pietre di un edificio

 " 234

 

95

Lo Zohar e i kabalisti hanno trasgredito la proibizione di parlare dell'Essenza

 " 236

 

<15>

 

96

Tesi dei kabalisti per la quale essi servono i partzufim poiché l'Altissimo li permea sia dall'esterno che dall'interno — se ciò è vero, anche gli eserciti del cielo e la terra sono completamente permeati all'interno e all'esterno, come dice il verso "Non riempio forse Io i cieli e la terra?"

 pag 236

 

97

In che modo le creazioni non debbono essere considerate, in alcun modo, divinità

 " 238

 

98

R. Sa'adya Gaon sul tema delle false e vere credenze

 " 239

 

99

Rambam spiega che la rivelazione sul Sinai a tutto Israele è una prova inconfutabile della profezia di Moshè

 " 241

 

100

101

Dalle sue parole concludiamo che non dobbiamo assolutamente credere nello Zohar per scambiare il Signore, nostro Dio, la Causa Prima, con questo piccolo-volto di zeir anpin, che avrebbe ricevuto il regno su tutti gli altri — parole dei Saggi, per le quali ciò che il Profeta ha detto di compiere, in accordo con la Torà, va compiuto, eccezion fatta per il servizio ad altri idoli

 " 244

 

102

Gli antichi filosofi credevano che Dio fosse l'anima delle sfere celesti e degli astri; parimenti l'autore dello Zohar lo ha considerato come l'animo dei partzufim — egli ha chiamato i partzufim "il Carro" e il Carro è formato da una molteplicità di divinità — tutto ciò viene creduto senza bisogno di voci, lampi e tuoni, senza prodigi e miracoli, come avvenne sul Sinai

 " 247

 

103

Dovrebbe sorgere nella mente di ognuno la domanda "Chi disse, dunque, facciamo l'uomo?"

 " 248

 

104

Essi dicono che tutte le mitzvot dipendono da queste superiori forme che essi nominano "Il Corpo del Re", alcune mitzvot sono riferite alla sua testa, altre alla sua mano, altre ancora ai piedi, ecc.

 " 249

 

<16>

 

105

I Poskim hanno spiegato ampiamente le leggi e i dettagli ma la più importante mitzvà, cioè l'Unità del Nome, è stata abbandonata come una città sguarnita di fortificazioni — avrebbero dovuto dilungarsi su tutte le prescrizioni riguardanti lo Yihud Ha-Shem

 pag 250

 

106

Le altre nazioni usavano abbellire i loro idoli con decorazioni di oro, argento, ecc.; i nuovi kabalisti adornano i loro partzufim con le preghiere e le mitzvot che dedicano loro — essi credono che la preghiera sia di grande necessità per i partzufim, ma ciò è in contrasto con la fede della Torà, per la quale la preghiera giova a colui che la esprime — Ha-Kadosh Baruch-Hu non ha bisogno delle creature, sono queste che hanno bisogno di Lui

 " 252

 

107

Contro tutto ciò la Torà avvisò "Se dovesse levarsi un profeta" ecc

 " 253

 

108

Perché, dunque, i Saggi non ci rivelarono questa "anima" della Torà, perché, in precedenza, Ha-Kadosh Baruch-Hu non ci rese meritevoli di questa fede per mezzo dei Suoi Profeti?

 " 254

 

109

O Dio di Abramo, che non sia nostra opera, ecc.

 " 256

 

110

Essi brancolano nel buio e non fanno attenzione persino alle più severe proibizioni della Torà

 " 257

 

111

Chiunque ama Dio e la Torà con un cuore puro non seguirà questa nuova Torà. Ha-Shem è il Primo che non ha inizio al Suo inizio, Egli è il nostro Dio che ci fece uscire dalla terra di Egitto, Egli ci si rivelò sul Sinai e proclamò "Io sono il Signore" ecc. — se si levasse un Profeta che ci mostra prodigi e fa miracoli noi osserveremmo comunque la messa in guardia della Torà, per la quale è proibito servire altre divinità, a maggior ragione non seguiremo lo Zohar

 " 258

 

<17>

 

112

Nel Medioevo molti Rabbini furono influenzati dalle dottrine kabalistiche — i nuovi mihaghim e i nuovi dinim distruggono le pietre angolari della Torà e ogni ebreo deve evitare di adottarli — nella Ghemarà e Yalkut è scritto "Come le leggi delle nazioni" ecc.

 pag 260

 

113

I "segreti" della nuova kabalà sono, invero, in contraddizione con la Torà — La Mishnà e il Talmud sono venuti ad illuminare i nostri occhi prima dell'avvento di questa spregevole fede di Moshè de Leon e della sua falsa profezia

 " 261

 

114

Conclusione

 " 262

 

<18>

 

 

 

PROLOGO

 

L’introduzione che segue fu scritta a Milano dai Talmidim di ha-Mori Haim Wenna. Lo Tzadik già dal giugno 1982, mese della sua sacra dipartita, aveva visto la traduzione in inglese e aveva approvato l’introduzione che gli venne letta compiutamente. La settimana precedente la dipartita del Santo Tzadik, ha-Mori prese nelle sue mani la copia tradotta di Milhamot Ha-Shem con la parte introduttiva, e pronunciò la Sua Benedizione: “Questo Sefer sarà sacro”. Cosicché il lettore che merita di leggerlo con il cuore sincero e la mente sgombra da preconcetti parteciperà alla benedizione che lo Tzadik, ancora più grande nella sua dipartita che nella sua vita terrena, ha impartito a tutti coloro che si abbevereranno dalla sorgente della sua saggezza e si nutriranno dalla purezza della sua fede.

La traduzione in italiano fu completata durante l’anno di lutto.

Riportiamo qui le esatte parole dell’iscrizione incisa sulla lapide dello Tzadik:

 

HA-TZADIK HA-KADOSH

HA-MORI HAIM WENNA

 

Il Giusto Nascosto

Ha-Mori Haim Wenna

nato a Shavuot al tempo

dei tuoni e lampi

a Sana'a, capitale dello

Yemen, nell'anno 1914.

<19>

 

Dipartito il 24 sivan 5742.

Amato da Dio in tutte le sue vie

Capo dei Figli dell’Ascesa

fondamento dell’uomo nella sua generazione

Esperto eccezionale in tutti

gli ordini della saggezza

tutti i segreti della Torah

e tutti i segreti del mondo con lui.

Esperto in tutti gli ordini celesti

e tutti i segreti della natura

sono nei suoi tesori.

Uomo dell’umiltà e delle virtù

insegna il giusto comportamento

ai figli della sua generazione.

Uomo delle potenze

che soffriva in segreto

e ha sofferto con grande amore

terribili afflizioni

per togliere i decreti sul mondo.

Raccolto qui a Milano,

la sua casa

per più di vent’anni

nella santità di Dio, il suo Signore.

 

 

<20>

 

INTRODUZIONE

 

 

1

 

Lo Tzadik e Hacham ha-Razin, ha-Mori Haim Wenna, figlio dello Tzadik e Presidente del Tribunale Rabbinico di Sana’a (Yemen), ha-Mori Moshè Wenna, la pace sia su di lui, nacque a Sana’a all’alba del primo giorno di Shavuot. Ha-Mori Moshè, vedendo che l’esatto momento della nascita del figlio coincideva esattamente con quello del Matan Torà, lo chiamò Haim, in virtù del verso “Haim hem le-mahasikim bà” (Vita è per coloro che La sostengono). Come pochissimi eletti tra gli Tzadikim Superiori, ha-Mori Haim nacque completamente circonciso. Egli, il più giovane tra cinque fratelli ed una sorella, fu prescelto dal padre, Santo Tzadik, per ricevere i Segreti della Torà ed i Segreti del Mondo.

Avvenne circa dodici anni fa, che ha-Mori Haim Wenna, che vive a Milano (Italia) da più di venti anni e che meritiamo alla luce della sua presenza per molti anni ancora, menzionò, per la prima volta, a noi, suoi Talmidim, dell’esistenza di un libro, estremamente importante, scritto dal Hacham yemenita Yihie ibn Shlomò el-Kapah, intitolato “Milhamot Ha-Shem” (Le guerre del Signore), che è l’unico testo, nel suo genere, che espone chiaramente la verità sulle dottrine completamente eretiche contenute nello Zohar e riprese dai kabalisti e dai movimenti hassidici. Il libro era noto ad un gruppo ristretto di ebrei yemeniti, i Dardain, e, praticamente, nessuna copia della sua originale ed esclusiva pubblicazione, nel 1931 a Gerusalemme, era reperibile. Tuttavia, nel gennaio 1981, uno dei Talmidim riuscì a trovare e ad ottenere una copia del testo da uno degli Yemeniti Dardain di Gerusalemme, il quale lo regalò quando seppe che egli era Talmid di ha-Mori Wenna. Siamo in debito verso lo Tzadik Haim per la responsabilità che ci ha accordato nel pubblicare in italiano Sefer Milhamot Ha-Shem (qui intitolato “Le Guerre Sacre contro la Kabalà). Ha-Mori ci ha assicurato che i contenuti di <21> questo libro meraviglieranno il mondo ebraico e, per esteso, la cultura non ebraica, a tal punto che le Guerre Sacre contro la nuova Kabalà si desteranno e si chiariranno nel cuore degli ebrei coscienziosi di tutto il mondo sinceramente interessati alla conservazione del nostro Retaggio. Pertanto siamo convinti della nostra iniziativa poiché ha-Mori Haim, la Luce Coronante di questa pubblicazione, ci ha autorizzato a pubblicare questo testo. Ciò significa che il contenuto sarà accettato davanti all’Onnipotente e, di conseguenza, davanti a tutti i timorati di Dio e sarà caro agli occhi e alle menti delle persone che perseguono la Verità e la Saggezza.

 

 

2

 

Gli Ebrei yemeniti hanno vissuto più di ventisette secoli come i loro padri ed i loro antenati. Essi vivevano “al pi ha-Torà, al pi ha-avodà, ve al pi ha-teva”, secondo la Torà, l’operosità e l’amore della sapienza della natura e dei suoi segreti. Nello Yemen non c’era bisogno di medici, perché ognuno conosceva innumerevoli cure, tramandate da una tradizione orale antica, relativa alle virtù delle erbe e delle loro combinazioni. Si tratta di uno studio complesso, basato sulla conoscenza delle virtù di ogni erba e delle molteplici combinazioni, ciascuna delle quali adempie ad uno specifico scopo terapeutico. La conoscenza segreta delle esatte combinazioni, delle proporzioni degli ingredienti e dei modi di preparazione distinguono la tradizione yemenita da quelle di altri popoli.

Esiste anche uno studio superiore, noto soltanto a pochi eletti, secondo il quale il Saggio (Hacham) conosce il rapporto esistente tra le virtù delle erbe e e gli influssi astrali, per cui egli può calcolare il momento ottimale per ogni singolo rimedio. Come per le erbe, anche la conoscenza della virtù delle pietre comporta una vasta, profonda e segreta cognizione, trasmessa oralmente, con previo giuramento a non rivelare il segreto appreso dal proprio Maestro.

Tali sono solo alcuni esempi di conoscenza segreta della Natura noti agli Ebrei yemeniti ed ereditati direttamente dai Saggi che vivevano a Gerusalemme prima della distruzione del Primo Tempio.

 

3

 

Fu in quel periodo che il Profeta Geremia profetizzò l’imminente distruzione <22> del Tempio e disse che chi desiderava seguire la Parola di Dio avrebbe potuto mettersi in salvo abbandonando la Terra Santa.

Il popolo non prestò attenzione e non credette all’avvertimento del Profeta, eccezion fatta per ottanta capifamiglia, tutti Hachamim e timorati di Dio, i quali, raccolte le loro famiglie ed i loro averi, abbandonarono Gerusalemme, venti anni prima della distruzione del Bet ha Mikdash. Essi si diressero verso sud, attraverso la penisola arabica, fino ad un punto, situato ai piedi di una piccola montagna, dove fu loro mostrato un segno dalle stelle (delle quali avevano una conoscenza molto vasta). Seppero così che in quel luogo si sarebbero stabiliti. Ad esso posero il nome di “Gibel el Negum” (Montagna delle Stelle).

Il fatto che la tradizione yemenita risalga direttamente al periodo precedente la distruzione del Primo Tempio è estremamente significativo. Infatti questa è l’unica tradizione che non ha sperimentato i periodi di caos, persecuzione, disperazione e dispersione associati al primo e al secondo Horban ha-Bait (Distruzione del Santuario).

È altresì significativo che questi Hachamim rifiutarono l’ordine di Ezra di ritornare in terra di Israele. La loro risposta all’Igheret di Ezra è ben nota a tutti gli Ebrei yemeniti: “Noi non abbiamo assistito alla distruzione del Primo Santuario e non desideriamo assistere alla distruzione del Secondo Santuario. Verremo alla volontà di Dio in tempo per il Terzo e finale Santuario, che mai più sarà distrutto”. Cosicché la loro Tradizione fu ininterrotta e non fu mai toccata dalle sofferenze dell’esilio. Questa fu la Mishnà trasmessa direttamente da Moshè a Yehoshua. La Kabalà dello Yemen è dunque la Tradizione Orale più antica che esista. Ciò è vero sia per l'originale Mishnà che per la Tradizione Segreta, tramandata ad una singola persona, in ogni generazione.

In genere, questo è il segreto della Berachà con la quale Ha Kadosh Baruch Hu benedì Abramo, il quale, a sua volta, benedì Isacco e costui il figlio Giacobbe. Con essa, Israele benedì le dodici Tribù e trasmise loro molti Segreti, mentre il Segreto della Berachà vero e proprio fu trasmesso al figlio Levì. Fu in grazia di questo segreto che la Tribù di Levi fu l’unica a non essere toccata dai decreti della schiavitù in Egitto. Mosè ricevette questo Segreto (rivelato da Dio ai Patriarchi col Nome di El Shaddai), insieme ai comandamenti della Torà stessa, per mezzo della diretta Rivelazione di Dio, nel Nome di Ha-Shem. Mosè Lo tramandò a Giosuè, il quale, suo tramite, poté ordinare al sole di rimanere fermo nel suo sentiero per un giorno intero. Il Segreto fu tramandato in ogni generazione fino a quando lo troviamo menzionato nel Libro dei Re e con esso il profeta Elia compì innumerevoli miracoli fra i quali il far ritornare <23> l’anima nel corpo. Al tempo di Elia, esisteva anche la Scuola dei Profeti, che erano suoi allievi; anch’essi possedevano Segreti (in particolare le modalità per prepararsi alla profezia), ma solamente uno singolo, in ogni generazione, avrebbe potuto ricevere tale originale Berachà. Infatti, vediamo che soltanto il profeta Elisha (Eliseo) ricevette da Elia; tutti i Profeti ammisero, infatti che “lo spirito di Eliahu si posò su Elisha”.

 

4

 

Tra gli ottanta Hachamim che condussero le loro famiglie fuori dalla Terra d’Israele vi era anche il diretto ricevitore di questa Tradizione. Egli era l’antenato diretto dello Tzadik ha-Mori Moshé Wenna, la pace sia su di lui, il quale, dopo aver insegnato i Segreti al figlio, ha-Mori Haim Wenna, gli trasmise la Berachà grazie alla quale tutte le cose segrete vengono conosciute. Questi sono i Segreti della Sacra Torà ed i Segreti del mondo, noti solamente agli Tzadikim Nascosti di ogni generazione, i quali sono i ricevitori della Tradizione Orale nascosta. Ad essi soltanto va riferita l’espressione talmudica “Gli Uomini dell’Ascesa sono pochi”. I Segreti in loro possesso non vengono mai scritti, né, del resto, se si potesse scriverli, potrebbero essere compresi. Questi sono i Retti Pilastri del mondo, per il cui merito l’Onnipotente non distrugge il Suo mondo. Infatti allorquando la cattiveria abbonda sulla terra e tutte le stolte vie vengono lodate come saggezza, la preziosa natura del mondo è violata, e le malefatte individuali si accumulano nel calice dell’ira, allora, Dio ci salvi, vengono pronunciati decreti ineluttabili di distruzione sul mondo. E così come il Signore rivelò ad Abramo il Decreto Superiore che si sarebbe riversato sulle cinque città di Sodoma, così pose anche degli Tzadikim in ogni generazione, i quali, in virtù del Segreto che possiedono, sono in grado di elevarsi ad un “livello generale” e di conoscere le disposizioni della Volontà Divina, imminenti a riversarsi, Dio ci scampi, su una grande città, su di un paese o sul mondo intero. Così i Giusti si levano in preghiera davanti al Misericordioso ed accettano su di loro il doloroso onere di quel decreto, affinché esso non si riversi sulle moltitudini. Perciò, essi soffrono in silenzio e lodano Dio per ogni respiro vitale. Grande è la loro Santità e la loro Umiltà ed immenso è il potere del loro Segreto.

Tuttavia, nonostante la loro elevazione e la loro Santità non possono entrare nella “Camera della Responsabilità” che è il retaggio di un singolo Tzadik in ogni generazione, su di lui è Scritto: “Tzadik yesod olam”. <24>

 

 

5

 

Soltanto loro conoscono il Segreto dell’Ascesa e sopportano il peso e la sofferenza dei “peccati generali”. È necessario comprendere bene che se non per i poteri della Kedushà in suo possesso, lo Tzadik non sarebbe in grado di sopportare più della porzione che gli spetta come singolo. Ed è anche in virtù di ciò che i Segreti Superiori non possono venire consegnati ad altri, siccome la loro conoscenza implica necessariamente la responsabilità, che è in rapporto al livello generale dal quale derivano. Ciò è quanto si può esprimere a parole sul Segreto degli Tzadikim sofferenti in ogni generazione, il cui numero non può mancare in qualsiasi momento. Se non per il loro intervento e la loro intercessione, i decreti (ghezerot) cadrebbero sulle masse, Dio ci salvi, ed il mondo tornerebbe nel caos.

Tuttavia, qui, per il nostro scopo, c’è un punto fondamentale da considerare riguardo a questi preziosi e rari insegnamenti: ha-Mori Haim ci ha svelato il contenuto di questa introduzione solamente perché “è il momento di agire per amore di Dio, poiché hanno violato la Tua Torà”. Se la letteratura kabalistica contiene i segreti della Kedushà ed i segreti dell’universo, Dio ci salvi, che ne è della responsabilità richiesta dalla loro conoscenza? E che cosa possono mai compiere con questa saggezza? Un tentativo di tradurre in italiano le frequenti parole dello Tzadik Haim risulterebbe come segue:

“Tutti costoro insieme, usando tutti i loro libri e tutti i ‘Nomi’ e le ‘Kavanot’ menzionate in essi, non sarebbero in grado di sollevare un bicchiere da un tavolo di un solo centimetro”. Ma la persuasione di questi testi li convince che il costante e continuo studio e meditazione li conduca dentro alle “Camere Occulte” e soddisferà, infine, la sete delle loro anime languenti. Il malefico potere di attrazione, presente in questi libri e che ne è la loro origine, illude la loro speranza ed il loro desiderio di credere di essere oramai prossimi a raggiungere l’inizio della loro destinazione desiderata. Ma, invece, raggiungono soltanto la successiva idea e la successiva meditazione, mentre il desiderio inappagato li fa piombare nell’abisso di speranze infondate e nella loro spirale senza fine di costruzioni fantasiose. Giorno dopo giorno, anno dopo anno, e perfino per l’intero arco della loro vita, l’ispirazione malefica che permea l’imbroglio spirituale di Moshé de Leon non permette loro di intuire e di realizzare che essi si trovano al punto di partenza. Al contrario, tutto ciò li conduce a credere in cose false e illusorie. Queste speculazioni gli danno un’immagine falsa di sé e lo distolgono dal suo comportamento normale e dalla giusta ‘derech erez’. <25> Tutti i suoi pensieri diventano sproporzionati e non ha più alcuna comprensione delle stesse parole che si è abituato a proferire.

 

6

 

I Segreti della Torà ed i Segreti del mondo sono due categorie estremamente generali ed inclusive. Una categoria di Segreti della Torà, ad esempio, include la vera conoscenza degli eventi trascorsi, in che modo essi si sono invero svolti. Questa conoscenza è simile, in sostanza, alla ‘Luce’ tramite la quale Ha-Kadosh Baruch-Hu mostrò a Moshè Rabbenu tutte le future generazioni e tutti i futuri avvenimenti in Israele. Comunque, esiste una categoria corrispondente, nei Segreti del mondo, che include la conoscenza degli eventi delle passate generazioni attraverso le stelle. Questa saggezza straordinaria e occulta era nota ad alcuni dei Saggi antichi, ed è rimasta retaggio esclusivo di ha-Mori Haim. In genere, lo Tzadik conosce ciò che è al di sopra, ciò che è di sotto e ciò che è nel mondo. Tuttavia, non abbiamo il permesso di trattare delle categorie appartenenti a livelli superiori. Ecco alcuni esempi di categorie segrete conosciute dallo Tzadik:

— la conoscenza delle anime (neshamot), che comprende, tra l’altro il segreto di sapere quante volte la neshamà è stata nel mondo in precedenza (ghilgul), quando, dove e cosa ha fatto, come è stata giudicata, ecc…

— la conoscenza degli spiriti (ruhot), che comprende il segreto di vedere e di parlare con gli spiriti dei defunti. Altresì, comprende la conoscenza di come esorcizzarli dal corpo di una persona che ne è stata posseduta.

— la conoscenza degli sheddim (tradotta approssimativamente démoni, ossia gli abitanti dei sette mondi inferiori — Shiv’a adamot — ognuno dei quali è abitato da una diversa categoria di sheddim), che comprende il segreto di come evocarli, di parlare con loro, di comandarli, di sapere a che livello appartengono e, se necessario, di sapere il motivo per il quale hanno avuto il permesso di entrare per possedere determinate persone.

Spesso, noi Talmidim, abbiamo avuto il privilegio di assistere all’esorcismo di sheddim da persone possedute, compiuto dal Morè Haim.

Queste succitate sono soltanto alcune delle categorie generali di segreti note al vero Tzadik, senza parlare dei livelli superiori, delle conoscenze che appartengono ai segreti della Creazione o a quelli del Sacro Carro o a quelli degli Angeli ecc. In merito a questi segreti, non c’è il permesso di parlarne, né tanto più di pubblicarli per iscritto, dal momento che sono fuori dalla natura di questo <26> mondo. Cosicché qualsiasi tentativo di spiegarli o di descriverli (ipotizzando che ciò fosse possibile) con il linguaggio di questo mondo, sarebbe inutile. Peggio ancora, qualsiasi tentativo di spiegazione condurrebbe, inevitabilmente, alla confusione e al malinteso e, infine, alla credenza in qualcosa che è contrario alla verità, Dio ci salvi.

Il punto essenziale da considerare in questa esposizione è che ha-Mori Haim ci ha concesso lo zechut di ascoltare, in alcune occasioni, le sue sante parole in merito a questi argomenti. Egli ci ha spiegato che tutti i veri Segreti possono essere conosciuti soltanto attraverso il potere della Kedushà. La loro conoscenza non consiste in un’esposizione speculativo filosofica di una qualsiasi categoria. È la vera conoscenza (il potere di essere su quel livello) di quel segreto. Come, dunque, potrebbe essere descritta in un libro? Nessuna conoscenza del genere e nessun tale potere potrebbero mai venire espressi, descritti e pubblicati in un libro.

Abbiamo, ad esempio, menzionato la conoscenza delle neshamot e di quante volte una particolare neshamà è stata in questo mondo, quando e dove (e, in genere, ogni tipo di informazione desiderata dallo Tzadik, relativa al ghilgul precedente o alla situazione della neshamà stessa, come ad esempio il particolare scopo per il quale quell’anima è stata mandata nel mondo e fino a che livello quello scopo è stato raggiunto). La capacità di conoscere questi segreti non proviene da alcun libro! Esso è un segreto della Kedushà, che può essere trasmesso soltanto agli Tzadikim Nascosti.

Se, però qualcuno studiasse il Sefer ha-Ghilgulim di R. Haim Vital anche per tutta la sua vita, non si troverebbe più vicino alla conoscenza di questo segreto di quanto non lo fosse al principio. È innegabile che questo componimento kabalistico, come pure tanti altri, sia il risultato di una ispirazione e, infatti, ogni ispirazione ha il suo ‘ruah’. Tuttavia, quando la sorgente di quel ‘ruah’ non è stata verificata, in alcun modo, per ciò che concerne la sua origine dalla Kedushà è proibito ad ogni ebreo, amante e fedele alla Sacra Torà, accettarlo come qualcosa di vero.

 

 

7

 

Nel periodo in cui ha-Mori Haim viveva al Cairo (città nella quale soggiornò per venti anni, prima del suo trasferimento a Milano, nel 1961), avvenne, una volta, che una giovane ebrea fosse posseduta da uno spirito. I suoi genitori, dopo essersi rivolti invano ai più noti medici della capitale e aver perciò <27> speso ingenti somme di denaro, decisero di chiedere l’aiuto di alcuni conosciuti kabalisti del Cairo, al fine di liberare la figlia da quel ruah. I tre kabalisti che vennero in soccorso erano religiosi e pii ebrei, conoscitori del Talmud e pur anche dediti allo studio dello Zohar e di altri testi kabalistici. Una volta entrati nella casa della sfortunata ragazza, presero a pronunciare nomi, combinazioni di nomi, orazioni speciali reperibili nei testi kabalistici. Il ‘ruah' della giovane, non appena iniziò l’esorcismo di costoro, cominciò a sgridarli, poi a schernirli, quindi ancora a gettare oggetti contro di loro e, infine, a colpirli. Uno di loro venne ferito al viso, prima che potesse fuggire dalla stanza insieme ai suoi due compagni. Fu allora che uno dei parenti stretti della famiglia, conoscendo ha-Mori (il quale, allora, lavorava alla Comunità Ebraica del Cairo, durante il Rabbinato di R. Haim Nahum), chiese il suo intervento, dal momento che la situazione peggiorava sempre più e la famiglia era oramai piombata nella disperazione. Ha-Mori acconsentì di intervenire la mattina seguente. Quando arrivò, trovò un piccolo gruppo di persone, tra i quali notò i tre kabalisti, che, con i genitori della giovane erano in attesa. Ha-Mori entrò nell’anticamera nella quale stava seduta la ragazza ed ella in sua presenza si alzò subito, mentre il suo capo reclinava leggermente. Quindi, ha-Mori evocò il ruah. L’espressione sul volto della giovane mutò immediatamente ed i suoi occhi uscirono dalle orbite. “Come ti chiami, rashà?” ingiunse ha-Mori. Dalla bocca della ragazza uscì una voce, distintamente maschile, che rispose alle domande di ha-Mori Haim e gli disse il suo nome come morì il luogo della sua sepoltura (più tardi verificato), il motivo della sua punizione e l’errore compiuto dalla giovane, per mezzo del quale aveva ottenuto il permesso di possederla. Il ruah poi cominciò a piangere e ad implorare ha-Mori di non cacciarlo via; ha-Mori rispose che la giovane era già stata sufficientemente punita, per cui ordinò allo spirito malefico di abbandonarla, dando ai presenti un segno visibile della sua uscita. Quando il ruah se ne andò via si levò un terribile vento nella stanza fino a che ha-Mori ingiunse: “Basta!”. Il vento terminò e tutto si calmò. La ragazza tornò alla sua natura, si ridestò come da un sonno e non intese il motivo della sua presenza in quel luogo e dello stupore generale; non realizzava cosa fosse successo e quanto tempo fosse trascorso.

I tre kabalisti chiesero ‘mehilà’ (perdono) ad ha-Mori, che rispose che sarebbe stato meglio per loro abbandonare tutte quelle stoltezza, giacché era pericoloso e proibito esorcizzare un ruah se non si sa quello che si fa e, inoltre, tale conoscenza non era reperibile nei libri. Disse loro: “Non a me dovete chiedere perdono, giacché sono un uomo come voi, bensì al Santo Benedetto <28> Egli sia, poiché avete trasgredito al comandamento della Torà che impone di preservare la propria vita, inoltre avete pronunciato dei Nomi, menzionati in quei libri, che è illecito persino pensare. Inoltre, avete sprecato del prezioso tempo che, altrimenti avrebbe potuto essere usato per lo studio della Torà”. Sia ben chiaro che lo Tzadik, anche se in uno stato di indigenza, non accetta mai un soldo per quello che compie. Le sue azioni ed i suoi interventi sono ‘le shem Shamaim ule shem mitzvà” (per il solo scopo di adempiere alla Volontà di Dio e compierNe i comandamenti).

 

8

 

Non dai libri deriva questa conoscenza! Non dal combinare insieme migliaia di nomi o dal recitare preghiere e brani dello Zohar!

“Il Segreto di Dio è per coloro che Lo temono”. Lo Tzadik è perfetto nel suo Timore di Dio, nel suo amore per tutto ciò che è buono e nella sua avversione per tutto ciò che è malvagio. Egli è completo nel ‘derech erez’ e nel giusto rispetto dovuto ad ogni persona. Egli ama l’umiltà ed odia la superbia e la vanità. Egli predilige la gentilezza e la buona disposizione d’animo, e odia i cuori contorti dei malfattori. È in grazia di codeste virtù che egli può ricevere i Segreti.

Come, dunque, potrebbero essere tali, i segreti, se fossero pubblicati sulla carta stampata e diventassero accessibili alla lettura di ognuno? Sarebbe dunque sufficiente padroneggiare la lingua ebraica per essere inclusi nella categoria di coloro che conoscono i Segreti del mondo? “Il Segreto di Dio è per coloro che Lo temono”. L’Onnipotente ed Onnisciente invero sa chi Lo teme e chi no. Sa chi vive nella Sua Emunà. Sa a chi rivelare i Suoi Segreti, come e quando.

Questo insegnamento profondo di ha-Mori Haim Wenna è tale da essere accolto nel cuore e meditato nella mente più di ogni altro, se uno intende comprendere giustamente questo argomento. È una parola così semplice e così vera che quando qualcuno la ascolta si meraviglia di non averla mai considerata. Ebbene, se i Segreti di Ha-Kadosh Baruch-Hu fossero o potessero essere accessibili alla lettura e allo studio di tutti, come sarebbe dunque possibile chiamarli ‘segreti’?. È forse segreto ciò che tutti sanno?

 

 

9

 

Ha-Mori Haim ci ha spiegato che anche i segreti della vera magia, <29> che è severamente proibita dalla Torà e non possono essere appresi da testi scritti. Anche se uno leggesse o studiasse il vasto repertorio di libri sull’argomento non sarebbe più vicino ai segreti di quanto non lo fosse prima di inoltrarsi in tale lettura. Coloro che praticano la magia (kishuf) possiedono una tradizione orale (le-avdil le-elef avdalot) che, generalmente, viene trasmessa ad un unico allievo, dopo anni di sottomissione e apprendistato col mago-maestro che la impartisce. La vera magia fa sempre ricorso ai ‘nomi impuri’ (scemoth ha-tum'à), per mezzo dei quali gli sheddim vengono evocati e ‘delegati’ ad eseguire la volontà del mago, che deve essere estremamente preciso e coraggioso, giacché l’apparizione di uno shed è fuori dalla dimensione naturale e fisica di questo mondo. Il 'mehashef' (mago, stregone) potrebbe vedere, ad esempio, che il muro davanti a lui si apre e lo shed entra, oppure che si presenta sotto forma di gigante. Ai nostri tempi, però, chi pratica la magia non ha il potere di vedere uno shed, che si presenta senza farsi vedere, giacché egli sa che colui che lo ha evocato morirebbe dallo spavento oppure impazzirebbe, cosicché non intende perdere la sua porzione sacrificale.

I motivi per i quali la Torà ha proibito la magia sono principalmente di due ordini. Il primo è che il mago deve ricompensare lo shed, commissionato a svolgere un determinato servizio, con un sacrificio, che il più delle volte è il sangue di un gatto o di un coniglio. Si tratta, pertanto, di un atto di avodà zarà (idolatria). Va ricordato che il sangue è una grande ‘delicatezza’ per lo shed; questo era il vero motivo dei sacrifici umani e animali cruenti nei culti pagani. I sacerdoti di quei culti erano 'mehashfim che facevano dei prodigi tramite gli sheddim evocati, i quali, d’altra parte, per eseguire la richiesta del mago, esigevano un sacrificio di loro scelta. Avveniva così che il sacerdote, così come era sottomesso alla volontà dello shed, parimenti vedeva il suo potere maggiorato dai ‘benefici’ dello shed. Ciò comprendendo, il lettore attento potrà rendersi conto del perché i sacerdoti dell’antichità avessero un potere così assoluto, e, similmente, perché l’idolatria fosse così diffusa. La gente che aveva una qualche richiesta poteva essere esaudita, a condizione che il sacerdote ottenesse per i suoi servigi una ricompensa pecuniaria e la sottomissione alle sue volontà. Ecco perché la Torà ha proibito il consumo di sangue che è l’alimento preferito degli sheddim.

Il secondo ordine consiste nel fatto che i nomi impuri non possono essere pronunciati da chi si trova in uno stato di purità. Il mago, infatti, per svolgere le sue arti, deve rendersi impuro cospargendosi <30> di urina e/o dei propri escrementi e/o di seme maschile e/o di sangue mestruale; pertanto, la Torà proibisce ogni forma di magia, giacché l’impurità ne è la ‘conditio sine qua non’ e ciò contrasta nettamente con la purità e la Kedushà richieste ad ogni ebreo.

10

 

Se non per questi due succitati motivi, l’evocazione degli sheddim non sarebbe proibita, troviamo, infatti, nel Talmud che i Saggi usavano impiegare un particolare ‘shed’ che li serviva in caso di necessità. Così anche lo Tzadik può chiamare in servizio uno shed per commissionargli una mansione. È per necessità che lo Tzadik deve conoscere i segreti di ogni ‘kishuf’. Può succedere, infatti, che il ‘kishuf’ di qualche mago debba essere annullato per beneficiare chi ne è stato vittima. È necessario conoscere le esatte modalità con le quali si compie una magia per poterla poi annullare completamente.

Noi Talmidim abbiamo avuto il privilegio di essere testimoni di casi di persone, vittime di kishuf (che nessun rimedio avrebbe potuto salvare), che sono state liberate, grazie all’intervento dello Tzadik Haim. Per ha-Morì era sufficiente guardare la persona per conoscere il tipo di magia e chi lo aveva messo in pratica. Possiamo qui menzionare il caso raccontatoci dal Morè, quando viveva in Egitto, di una giovane ebrea, molto bella ed intelligente, della quale si era invaghito un giovane e ricco arabo. Costui si era rivolto ad un noto mago egiziano per far sì che la ragazza corrispondesse al suo amore e lo seguisse. Il mago accettò e richiese una cospicua somma di denaro, dal momento che il kishuf era molto forte e richiedeva numerose e precise preparazioni. Trascorsi solo alcuni giorni, la ragazza, proveniente da una famiglia tradizionalista, decise d'un tratto di abbandonare gli studi universitari e frequentare il suo corteggiatore arabo. Per fortuna di questa famiglia, un amico intimo del padre della ragazza conosceva lo Tzadik Haim che acconsentì ad intervenire, a condizione, però, che la cosa restasse segreta. In breve, lo Tzadik andò a trovare a casa sua la ragazza e vide subito che era stata fatta oggetto di un kishuf difficile, in cui un particolare nome, scritto sulla pelle di un gatto con sangue mestruale in un determinato modo ed in un tempo prescritto, viene posto sotto il teschio di una persona sepolta in cimitero. Ha-Morì si <31> recò direttamente dal mago e, pena la totale distruzione dei suoi poteri, gli ordinò di disfare il kishuf. Ha-Mori gli spiegò che egli stesso avrebbe potuto in un attimo annullare la magia, tuttavia desiderava che fosse lui stesso ad affaticarsi nel farlo; lo stregone fu costretto a distruggere la magia e la ragazza poté tornare alla normalità. Tornò ai suoi studi e lasciò il suo spasimante.

 

 

11

 

Sarà difficile per il lettore immaginare quanto coraggio e quanta forza siano necessari per entrare in tali realtà. Ha-Mori Haim, una volta, ci raccontò in quale modo suo padre, la pace sia su di lui, gli insegnò a non avere paura. “La parola paura, per me, è soltanto una parola. So che esiste, ma non l’ho mai sperimentata per sapere cosa significhi veramente. Quando avevo sette anni e nello Yemen pascolavo il gregge paterno, avvenne una volta che al mio ritorno di sera, mio padre, ha-Mori Moshe, mi chiamò dentro la sua stanza privata e mi chiese che cosa vedevo. Risposi che vedevo degli strani tipi di uomini e di animali con forme che cambiavano costantemente. “Sai chi sono?” mi domandò. “No, papà”. “Sono sheddim. Osservali bene perché un giorno avrai bisogno di loro”.

 

 

12

 

Anche gli antichi adoratori delle stelle (Ovdei kochavim u-mazalot oppure Ba’alè kesamin) possedevano segreti che venivano tramandati per via iniziatica. Ha-Mori Haim ci spiegava che se il ‘kosem’ non era più che esperto nella sua scienza di ottenere benefici dalla stella che venerava, l’influsso desiderato, avrebbe potuto mettere a rischio la sua vita. La sua scienza implicava, tra l’altro, la conoscenza esatta delle condizioni in virtù delle quali veniva recepito l’influsso astrale; le condizioni, infatti, variano da stella a stella. Pertanto, non va sottovalutata da un lettore moderno la conoscenza degli antichi adoratori di astri, come gli Egizi e i Caldei. Tra i segreti che trasmettevano c'erano formule estremamente precise e cognizioni relative alle caratteristiche di ogni stella. Il 'kosem' si rendeva servo di una particolare stella dalla quale scendeva l’influsso desiderato. Egli doveva inchinarsi ad essa e <32> venerarla. Per questo motivo, la Torà proibisce tali pratiche idolatre che prevedono il culto di un oggetto di creazione. Soltanto il Creatore, Benedetto Egli Sia e Benedetto il Suo Nome, è degno di ogni servizio e lode.

Non è però vietato conoscere gli influssi, i poteri e le funzioni di particolari stelle; è soltanto che questa conoscenza è segreta ed è trasmessa in un modo del tutto dissimile da quello degli antichi adoratori di stelle e non può essere tramandata a chi non sia sotto la protezione della Kedushà. Lo Tzadik, per mezzo del suo potere e della sua occulta conoscenza, può dominare questi influssi astrali, ma se non in casi rari e particolari non lo farà mai. Il motivo è che lo Tzadik, nel suo vero livello, è al di sopra delle stelle. L’influsso astrale è, in ogni caso, in diretto rapporto con la natura di questo mondo per cui lo Tzadik non la condizionerà se non c’è un motivo valido per farlo. Tuttavia, questo è un argomento complicato ed esula dallo scopo di questa introduzione. Va comunque sottolineato che lo Tzadik non va mai contro natura; il potere in suo possesso trascende la natura fisica di questo mondo, per cui ha la facoltà di dominare i vari influssi. Un eventuale cambiamento di influsso è tuttavia benefico e nessuna ripercussione negativa al ‘ricettore’ di simile influsso avverrà, come, invece, sarebbe stato nel caso in cui la natura fosse stata distorta o violata. Dio ci salvi. Infatti, quando lo Tzadik usa questo potere, il risultato è ciò che comunemente viene chiamato ‘miracolo’. Questo significa che il naturale influsso celeste viene sovrapposto da un influsso superiore, che è al di sopra delle leggi naturali che governano il normale corso del mondo fisico.

 

13

 

Il Talmud ha evitato di trattare per esteso questo argomento. Tuttavia, in esso vi è un’espressione concisa, molto nota, che racchiude molto e cioè: “Banei, haiei u-mezonei ba-talya miltà” (i figli, gli anni di vita e gli alimenti dipendono dalla stella). Questo significa che queste tre importanti categorie per ogni individuo, ossia la prole (il loro numero, il loro sesso, ecc…), la durata della vita e lo stato di salute, ed il modo di sostentamento dipendono dall’influsso della propria stella, che è stabilito alla nascita.

Ha-Mori Haim ci spiegava che l’influsso della stella, a volte, può venire impedito dalle cattive azioni della persona od anche dalle caratteristiche negative ‘acquisite’ (mentre il carattere naturale dipende direttamente dalla <33> stella). Il motivo per il quale le azioni negative possono precludere l’influsso stellare dipende dal fatto che le azioni individuali derivano dal libero arbitrio, una facoltà concessa all’uomo, la cui origine si trova al di sopra delle stelle create. Il libero arbitrio è il meraviglioso dono che l’Onnipotente ha concesso all’uomo, per cui esso è al di sopra delle contingenze dei figli, degli anni di vita e della parnassà. Le scelte che sono veramente libere, sono quelle compiute per servire Dio e per operare il bene. Tuttavia, la libertà concessa all’uomo può far sì che scelga di agire male; per questo l’individuo è soggetto al giudizio e, conseguentemente, alla ricompensa o alla punizione giacché è libero nelle sue decisioni e nelle sue azioni. Pertanto, le questioni relative al numero dei figli, alla longevità ed al lavoro non rientrano nella categoria del libero arbitrio, né tantomeno per esse l’individuo viene giudicato o punito. Del resto, le azioni compiute con la libertà di scelta saranno o premiate o punite anche in questo mondo, dato che, anche se l’influsso derivante da essi è al di sopra di quello particolare della stella, tuttavia è con essa che scende. Una persona, con un proprio lavoro ed un proprio guadagno (concessi dal mazal) può, tramite le sue buone o cattive azioni, essere soddisfatto o meno di se stesso. Tale stato d'animo è più importante e superiore alla situazione materiale in sé. Per afferrare meglio questo concetto profondo e complicato, che ha interessato le menti più elevate di ogni generazione, ossia del rapporto esistente fra il destino della persona (mazal o goral) e il libero arbitrio, del dove termina la predestinazione ed inizia la libera scelta, sarebbe bene fare un esempio: la stella può, ad esempio, destinare ad un individuo cinquanta milioni di dollari all’anno. Tuttavia, non è ‘scritto’ in che modo questo individuo userà tale somma (specialmente per ciò che riguarda i soldi rimasti dopo le sue spese necessarie). Con i soldi egli è libero di beneficiare altri, di spenderli esclusivamente per sé, di dilapidarli, di impiegarli per fare del male e così via. L'impiego del denaro non è più sotto l’influsso stellare individuale, ma è in rapporto con il libero arbitrio. È anche possibile che azioni negative impediscano l’influsso della propria stella. Supponiamo, ad esempio, che questa persona abbandoni il suo lavoro per qualche stolto motivo. Potrebbe trovarsi con meno di cinquanta milioni di dollari all’anno. Ha-Mori Haim paragonava questa situazione all’acqua piovana che rimane bloccata <34> sulla grondaia per qualche ostacolo che la trattiene: allo stesso modo, l’influsso potrebbe scendere, ma viene trattenuto da decisioni ed azioni indegne ed inopportune.

 

14

 

La sapienza degli astrologi riguarda le tre summenzionate categorie. La conoscenza ricavata dai dodici segni zodiacali, tuttavia, tratta gli influssi generali, giacché ogni segno si occupa delle generalità di un mese. Questo tipo di informazione, pertanto, è generale e spesso approssimativo. Informazioni specifiche (come ad esempio il nome della persona che incontrerai per la prima volta tra cinque giorni) non possono essere conosciute da costoro. Nell’antichità, tuttavia, esisteva una scienza occulta, nota soltanto agli astrologi ed ai maghi di livello superiore; essa era conosciuta anche da un numero ristretto di Hachamim, prima che venisse distrutto il primo Santuario. L’esimio Hacham, citato in precedenza tra le ottanta famiglie, la portò con sé nello Yemen dove fu tramandata in ogni generazione fino ad arrivare a Mori Haim. Questa è la conoscenza della stella individuale, sotto la quale è nata la persona; tale stella segue e governa l’individuo dal momento della nascita fino al giorno della morte. La stella è differente per ogni persona ed è in relazione al luogo ed al momento esatto della nascita. La precisione di quel momento può infatti essere conosciuto per mezzo di tale segreta conoscenza.

Nell’ebraismo, la conoscenza astrologica risale a nostro padre Abramo il quale, come è noto, ne era esperto. Fu per mezzo di questa sapienza che sapeva che sua moglie Sara non avrebbe potuto generargli dei figli. Ha-Kadosh Baruch-Hu, tuttavia, gli ordinò di abbandonare la città di Haran e di insediarsi in un luogo che gli avrebbe indicato (un cambiamento di luogo, infatti, comporta un cambiamento di mazal, ossia di influsso astrale individuale). Ha-Shem disse ad Abramo di uscire dal suo calcolo astrologico, dal quale, appunto, Abramo aveva visto che lui e sua moglie Sarai non avrebbero potuto avere figli. Sebbene il suo calcolo fosse esatto, tuttavia, Ha-Kadosh-Baruch-Hu "meshaded hama’arahot" ossia cambia i decreti celesti, secondo la Sua volontà. Infatti, Dio cambiò il nome di Abram in Abraham ed il nome di Sarai in Sara e, per mezzo di questo mutamento, il mazal cambiò.

Similmente, la sapienza dell’astrologia era nota nell’antico Egitto. Il faraone non disse forse a Moshè: ”Guarda ora che la stella Ra’à (che richiede il sangue di <35> coloro che si trovano sotto il suo influsso) vi segue nel deserto”? Faraone era infatti preciso nel suo calcolo; tuttavia, non poté certo calcolare che Ha-Kadosh-Baruch-Hu avrebbe fatto sì che tutta Israele si circoncidesse sicché il sangue del brit-milà avrebbe sostituito il sangue altrimenti richiesto dalla stella Ra’a.

 

15

 

Con questa nostra breve introduzione abbiamo inteso risvegliare l’attenzione del lettore su alcuni punti fondamentali. I Segreti degli Tzadikim vengono tramandati segretamente ed il modo della trasmissione e della ricezione fanno parte essi stessi del segreto. Tutto ciò avviene oralmente e non per iscritto. I veri segreti implicano una responsabilità che è pari al livello del segreto stesso. Tutti i cosiddetti 'segreti’ riportati nello Zohar, nei Tikkunim e nei testi kabalistici e hassidici sono frutto di immaginazioni ispirate e non hanno niente a che fare con la sapienza superiore dei veri Tzadikim, conosciuti nel loro numero, per merito dei quali il mondo esiste. Essi sono gli Uomini dell’Ascesa (Bnei Aliyà), che soffrono per i peccati della gente e la cui sofferenza è compensata soltanto dalla loro immensa ed occulta sapienza. Costoro sono i veri Servi di Dio che procedono con umiltà tra la gente, rifuggono gli onori e i soldi. Fanno la volontà di Dio nel mondo. Con l’eccezione dei loro Talmidim, la loro identità non è conosciuta in pubblico. Tuttavia, a volte, in qualche particolare frangente della storia, lo Tzadik può sapere che è giunto ‘il momento di agire per Dio, poiché hanno trasgredito la Tua legge’. È per questo motivo che ha-Mori Haim, Capo degli Uomini dell'Ascesa nella sua generazione, ci ha dato il permesso di rivelare il suo nome in questa introduzione. Di necessità, la forza tremenda con la quale questo libro intende risvegliare le menti può essere fornita solo da uno Tzadik, che conosce la Verità che riguarda i segreti della Torà e del mondo. Il breve repertorio di argomenti qui trattati, sarà di ausilio a chi teme Dio ed ai lettori perspicaci e privi di preconcetti che potranno fare la conoscenza con questo capolavoro di R. Shlomò El-Kapah che denuncia così ardentemente ed acutamente un movimento che ha falsato la vera Fede da più secoli.

Il nostro timore è per Dio soltanto. La verità può rimanere nascosta anche per migliaia di anni, ma, alla fine, ciò che è falso svanirà nell’oblio e ciò che è vero emergerà chiaramente come la luce del giorno. Perciò ha-Mori Haim si è assunto la grande responsabilità di rivelare il suo nome, al fine di autorizzare la <36> pubblicazione del libro ‘Milhamot Ha-Shem’. Ogni principio espresso in questo sacro testo di R. Shlomò El-Kapah è vero ed è saldamente fondato sull’Unità del Nome, così come è stata affermata ed insegnata dalla Sacra Torà. Non abbiate timore, dunque, di inoltrarvi nei suoi capitoli e di considerare e studiare le profonde ed essenziali verità qui espresse.

Il tempo è maturo ed esistono, in sufficiente numero, buone, intelligenti e sensibili menti che sono in grado di riconoscere il subdolo e terribile errore, che, Dio ci salvi, si è radicato e ha infestato il pensiero ebraico.

Poco o niente è conosciuto dalla maggior parte degli Ebrei sulla ‘kifrut’ che è presente nelle dottrine kabalistiche dei movimenti ortodossi che si rifanno allo Zohar. Esistono, tuttavia, nell’Ebraismo tradizionale, degli elementi sani che intuiscono l’errore di fondo di queste dottrine; essi, però, sono privi di argomenti validi per controbattere e mettere a nudo la falsa impostazione di fondo dello Zohar e dei testi che ad esso si rifanno. Questo libro viene in aiuto a costoro e provvede a fornire loro gli argomenti idonei a comprendere le basi sulle quali è stata edificata la nuova Kabalà. L’autore ha ingegnosamente intrecciato il suo libro con le citazioni dei nuovi kabalisti, dimostrandone il contenuto idolatra e blasfemo. Per ognuna di tali citazioni l'Autore riporta la contrapposta citazione della Torà, della Mishnà, del Talmud, dei Hachamim, dei Gheonim e dei Rishonim. Ne risulta che il lettore comprenderà la vera natura del sistema cosmogonico dei kabalisti e gli sarà chiaro e semplice capire la distinzione esistente tra la Kabalà della Legge Scritta ed Orale e le dottrine della nuova Kabalà. Se il lettore rimarrà sorpreso, a prima vista, da questa preponderante dicotomia, presto si renderà conto dell’incredibile perspicacia con la quale R. Shlomò El-Kapah ha focalizzato i principi di fondo del sistema kabalistico e le sue implicite contraddizioni con la Kabalà dei Saggi di benedetta memoria.

 

<37>

 

<38 bianca>

INTRODUZIONE AL CONTENUTO

 

1

 

I kabalisti considerano il Dio esistente e il Dio Fattore come due distinte entità, di cui il secondo è un'esistenza "emanata" nella forma di un "uomo spirituale" che regna e governa sopra tutti i mondi. Così come un suddito si rivolge ad un re per essere esaudito, allo stesso modo le preghiere dei fedeli devono essere indirizzate al Re del Mondo e non alla Causa Prima di tutte le esistenze.

Il mondo di "atzilut" è un’emanazione, in sostanza, più spirituale del mondo di "berià" (creazione), che è già sceso per diventare un'esistenza a sé. Tuttavia il mondo di berià, di natura ancora spirituale, si deve manifestare nei livelli del mondo di "yezirà" (formazione) e di "assiyà" (azione), prima che si possa parlare di mondo materiale e fisico. Questi sono pertanto i quattro mondi di cui parlano i kabalisti. Essi sono quattro categorie generali e corrispondono nell'uomo all'azione, al linguaggio, al sentimento e all'intelletto. Ogni mondo ha poi dieci "sefirot", generalmente nominate nel modo seguente: Hochmà (Saggezza), Binà (Comprensione), Da'at (Conoscenza), Hesed (Benevolenza), Ghevurà (Severità), Tiferet (Splendore, indicata anche con il termine di Rahamim - Misericordia), Netzah (Vittoria), Hod (Maestà), Yesod (Fondamento), Malchut (Regno). A volte, le dieci sefirot vengono elencate dal Keter (Corona) o il potere di Ratzon (Volontà), nel qual caso Da'at non viene contata. Le dieci sefirot rappresentano i dieci "poteri d'anima" dell'Uomo Spirituale di ogni mondo. L'Uomo Spirituale ha un corpo nominato "Gufa di Malka" (il Corpo del Re), strutturato con 248 membra e 365 vasi e nervi.

Ogni mondo viene poi classificato in cinque "partzufim" (volti, aspetti), in base all'aspetto che è dominante. I cinque partzufim di ogni mondo sono:

1: Keter (Corona), a sua volta diviso in un aspetto esteriore di "Razon" ("volontà") e in un aspetto interiore di "Ta'anug" (Piacere); <39>

2: Aba (Padre), correlato con Hochmà (Saggezza)

3: Ema (Madre), correlato con Binà (Comprensione)

4: Zeir Anpin (Piccolo Volto) correlato con le sei sefirot dei sentimenti e cioè Hesed, Ghevurà, Tiferet, Netzah, Hod, Yesod,

5: Nukve (Femmina) la controparte femminile di Zeir Anpin, correlata con l'ultima sefirà, Malchut.

Il partzuf di keter rappresenta il Re Incoronato, il piacere del quale consiste nel conoscere i "Segreti Superiori", mentre il Re Inferiore, rappresentato da Malchut, si compiace di comandare i suoi sudditi, per vedere realizzata la sua Volontà.

Il partzuf dominante della creazione è Aba, il Padre Saggio, mentre il partzuf di Ema esegue i comandi di Aba, eccezione fatta per la creazione dell'uomo, nella quale Ema si assunse la responsabilità di procrearlo anche contro il buon consiglio di Aba.

Il partzuf Zeir Anpin è il figlio di Aba e di Ema, il "cuore" di Atzilut, che riceve dagli attributi dell'intelletto sopra di Lui ed è chiamato uomo. I cinque partzufim insieme assumono anche una forma umana, ossia Adam Elion (l'Uomo Superiore), mentre zeir anpin forma un partzuf completo dentro alle ristrette "midot" (attributi, misure), che lo delimitano.

Pertanto, secondo i kabalisti, i cinque partzufim insieme sono rappresentati da Erech Apaim (il Longanime) — per lo Zohar Arich Anpin (il lungo volto) — mentre il Ristretto Uomo di Zeir Anpin (che significa volto ristretto e perciò "impaziente") ha il compito di ricompensare i meritevoli e di punire i malvagi.

Quando Zeir Anpin è in un rapporto d'amore con Nukve-Malchut, quest'ultima riceve un buon influsso che origina la "Elohut", la Divinità, una forma più rivelata con conseguenti miracoli visibili. Se, però, Zeir Anpin e Nukve sono separati l'uno dall'altra, l'influsso che scende nel mondo, per mezzo di Malchut, non viene concesso volontariamente, cosicché i miracoli non sono visibili e domina la severità della natura.

Il mondo di Emanazione, generalmente, viene considerato come l'ultima manifestazione della Divinità, la quale non è separata dalla sua Essenza. L'ultima emanazione del mondo di Atzilut è Zeir Anpin, che deve essere però congiunto con Malchut per diventare Dio del mondo.

Le Mitzvot (i Precetti) sono i sentieri segreti che ne derivano e sono connesse con i corpi e con le membra di Zeir Anpin e di Malchut. Pertanto, quando Israele osserva e adempie i Precetti e le Leggi comandate, fa si che i corpi e le membra superiori si congiungano in virtù delle sue buone azioni, mentre le sue <40> "intenzioni" (kavanot) permettono che gli "Spiriti Superiori" siano in amorevole armonia. Per questo motivo, tutti i precetti, i servizi e le preghiere di Israele devono essere diretti alla Divinità, manifestatasi nella forma spirituale di un uomo, cioè Zeir Anpin, congiunto con la sua controparte femminile Malchut, ora denominata Sh'hinte. Infatti, i Kabalisti prima di adempiere una mitzvà, dicono "In grazia dell'amore che unisce Kudshe Brich Hu a Sh'hinte".

 

 

2

 

Il sistema kabalistico considera l'uomo come il centro di tutta l'esistenza. I livelli infiniti e superiori di divinità sono accessibili solo dopo che si sono emanati nel Dio-Uomo di Atzilut. A questo livello è posta la superiore ed elevata "Immagine di Dio" (Tzelem Elohim) alla quale si riferisce il verso in Genesi. Le azioni fisiche, i sentimenti, i poteri dell'intelletto, ecc. sono connessi alle azioni, sentimenti e poteri della "Divina Immagine" di Atzilut. Così dunque Zeir Anpin, l'espressione divina del mondo di Emanazione è il Dio al quale il fedele deve rivolgersi per essere esaudito nella sua preghiera.

Così il sistema cosmogonico dei kabalisti viene rappresentato nella forma di una sfera vuota, all'interno della quale fuoriesce una linea di luce, che dall'esterno, si porta verso il centro della sfera. La linea scende piano piano e, dopo un breve tragitto, disegna una nuova sfera, inclusa in quella precedente. Tale processo si ripete di continuo fino al punto centrale della sfera, dentro il quale l'ultima sfera inferiore è così ristretta da collegarsi alla linea stessa. Quest'ultima, quindi, continua con i cerchi interiori corrispondenti ai livelli circolari già formatasi. La linea, tuttavia, non tocca la superficie interiore dell'altra parte, ma si arresta prima di essa. In questo modo, si può dire che la linea che prima è discesa dalla superficie interiore è la sommità, mentre la fine di quella linea che non tocca è il fondo. Tutte le sfere interiori incluse "guardano" verso il centro della sfera. Così i kabalisti vedono, sommariamente, la costruzione dei mondi. Il punto medio rappresenta per loro il punto culminante dell'emanazione (Atzilut).

Per quanto riguarda le sfere concentriche, il punto di unione tra la linea e la sua corrispondente parte sferica è il centro esatto; esso è estremamente ristretto nello spazio e perciò viene denominato Zeir Anpin (aspetto ristretto). Esso è il punto centrale della linea stessa. Nukve è il punto centrale formato dal livello circondante quello spazio ristretto. Pertanto, Zeir Anpin è l'elemento maschile, il cui punto mediano finisce in una linea retta, mentre Nukve è l'elemento femminile, la cui parte mediana si arresta in una forma <41> circolare. Tale è la rappresentazione cosmogonica dei kabalisti.

Ora, è ben chiaro che ciò è in netto contrasto con la Fede della Santa Torà e della Tradizione Orale.

Il punto mediano, ancorché teorico, è determinato dalla sua posizione. Esso è un'Unità, che è in relazione a tutto ciò che la circonda. Ma l'Uno, al quale noi ci riferiamo, ossia il Nome di Dio, non può essere in relazione con qualsiasi altra entità. Infatti, qualunque esempio che cerchi di esprimere, raffigurare o indicare tale rapporto è per noi blasfemo, perché limitante, e non farà altro che causare una pericolosa confusione nella mente di chi lo studia.

 

3

 

R. Yihye ben Shlomò El-Kapah dimostra in questo libro che in ogni punto della nuova kabalà si riscontra "shituf", cioè associare Dio ad un'altra entità, sia essa fisica o spirituale. Ed è proprio tale "shituf" che è severamente proibito dalla Torà e dalla Tradizione Orale e distingue la fede mosaica da quella di altre religioni.

Oltre ad esporre e ad inficiare le dottrine kabalistiche, l'Autore ha prodotto anche una meritevole opera, in quanto ci ha chiarito, in una forma pura, semplice e comprensibile, il significato dell'Unità di Dio. E noi siamo convinti che ci sia riuscito in un modo completo, come ben pochi altri nella storia dell'Ebraismo.

L'Assoluto ed Indivisibile Uno trascende ogni emanazione ed ogni manifestazione, per cui, la stabilità, la verità e l'unità della Fede in Ha-Shem dipendono dalla stabilità, verità ed unità della Rocca presso la quale il fedele ebreo si rifugia.

La via verso Ha-Shem è un rapporto diretto con l'Unico Uno che è tutto e tutto governa. Qualsiasi speculazione relativa alla Sua Essenza, oltre ad essere blasfema, è anche falsa e conduce all'errore.

L'Unità dell'Onnipotente non ha assolutamente niente a che vedere con il senso di unità, immaginato dalla mente umana.

L'Amore di Dio si esprime tramite la meditazione delle Sue opere e non attraverso la speculazione intellettiva di "luci" che nessuno ha mai visto. Ed in merito ai pochi Eletti che sono entrati nella vera Luce, è certo che non hanno mai riferito né tantomeno descritto tali esperienze, dato che "Sod Ha-Shem <42> le-yereiav u-beritò leodiam" ("Il Segreto di Dio è per coloro che Lo temono e a costoro Egli fa conoscere il Suo Patto). Non già a coloro che lo rivelano ad altri! "Ciò che è occulto è per il Signore nostro Dio, e cio che è manifesto è per noi e per i nostri figli".

 

 

4

 

R. Shlomo El Kapah (1850-1932) fu allievo dello Tzadik ha-Mori Haim Gorah.

Nell'introduzione al S. Milhamot Ha-Shem, l'Autore racconta alcuni avvenimenti che precedettero il suo carteggio con alcuni noti kabalisti di Gerusalemme. Il testo fu scritto in risposta alla sesta lettera del carteggio. Rav El Kapah spiega che la disputa tra coloro che avevano adottato lo Zohar e i Dardain (che lo avevano rifiutato e rigettato), era presente già da molto tempo. All'epoca in cui visse l'Autore, il governo ottomano, che allora imperava anche nello Yemen, aveva concesso il permesso e il sostegno per costruire una yeshivà ed una scuola per ovviare al metodo disordinato delle lezioni che allora vigeva e si teneva in case di privati, spesso malsane. Quando la yeshivà fu costruita e iniziò a funzionare, si decretò che i "bahurim" (gli scolari) ricevessero anche lezioni di turco, matematica e geografia. La decisione fu accolta. Gli allievi riuscivano bene nei loro studi religiosi e secolari. Soddisfatti ne erano anche gli insegnanti e gli ufficiali ottomani. In seguito, giunse da Gerusalemme un gruppo di Rabbini, che voleva verificare le cognizioni degli allievi sui testi talmudici. Tuttavia le domande proposte ai giovani yemeniti si rivelarono così difficili ed oscure, che costoro non seppero rispondere. Questo fu il pretesto per una serie di calunnie (da parte dei Rabbini di Gerusalemme) che culminò con la chiusura della scuola. Il governatore turco dispose, oltre alla chiusura dell'edificio scolastico, anche l'imprigionamento del rabbino El Kapah e degli insegnanti della yeshivà. Essi furono incarcerati per ben due volte, per più di trenta giorni. Si comprese allora che il vero motivo della calunnia era che nella yeshivà non si studiava lo Zohar, perché rifiutato da questi ebrei yemeniti. I rabbini, tornati a Gerusalemme, decretarono pubblicamente che questi Dardain erano "minim" e "kofrim" (negatori di Dio), per cui bisognava recarsi al cimitero e spargere il capo di cenere, in segno di lutto, poiché queste anime yemenite avevano deviato dalla Kabalà di tutto Israele e avevano rifiutato di credere nelle sacre parole dello Zohar. <43>

Pertanto, fu questo episodio che spinse il Hacham El Kapah a scrivere questo accorato componimento. Che peccato avevano commesso col rifiutare di credere a tali astruse dottrine attribuite falsamente al Tanai R. Shimon ben Yohai? Quale prova esisteva della sua autenticità? Perché mai tali dottrine venivano esposte in un modo del tutto diverso dal resto della letteratura ebraica? "E contro coloro che si immergono giorno e notte nello studio della Torà, della Mishnà e del Talmud, con la loro Fede nell'Unico Dio Vivente, che voi state conducendo questa battaglia? Perché non "cinguettiamo" come fate voi i versi dello Zohar?"

Fu così che rav Shlomo EI Kapah decise di non "cinguettare" i versi dello Zohar, bensì di studiarlo in profondità, così come i suoi commentatori, al fine di comprenderne meglio la dottrina, per meglio contrastarlo con l'arma della vera Torà. Egli si meravigliò che la gravità del loro "peccato" avesse causato la chiusura della loro yeshivà. Considerò anche che il rifiuto delle nuove dottrine kabalistiche dello Zohar si fosse accompagnata a calunnie così virulente, da parte di persone "rispettabili". Il Hacham El Kapah concluse che, in passato, non si era fatto abbastanza per smascherare le idee di "shituf" contenute nella nuova kabalà; egli si rese conto che anche molti yemeniti, in buona fede, erano rimasti ammaliati dall'incantesimo di questo testo, per cui sentì l'obbligo morale di fare presente ai propri fratelli la pericolosità di questa continua insidia.

La "Temimut" e la "Emunà" degli ebrei yemeniti erano state contagiate da un'epidemia di astruso misticismo e i responsabili della loro conservazione non avevano affrontato il nemico in modo adeguato, per cui avevano subito una cocente sconfitta. Era arrivato, quindi, il momento di difendere il puro e vero monoteismo ed il significato incorrotto dello Yihud Ha-Shem e della vera Kabalà.       <44>

 

INTRODUZIONE ALLA LETTURA DEL TESTO

 

Le sei lettere introduttive del carteggio tra l'Autore ed un noto kabalista di Gerusalemme, trascritte nel testo originale in ebraico, vengono qui compiutamente tradotte (eccezion fatta per la fine della sesta lettera che è stata abbreviata a motivo della sua prolissità). Il lettore che ha qualche familiarità con questi soggetti troverà interessante questo carteggio, poiché sintetizza quasi tutti gli argomenti che verranno discussi in seguito dall'Autore. Il lettore, invece, che non conosce questa materia (e noi supponiamo che sia la maggioranza) può in un primo tempo tralasciare o quanto meno leggere superficialmente il contenuto del carteggio e inoltrarsi direttamente nella lettura del componimento vero e proprio. Ultimata la lettura, potrà comprendere a pieno il significato di questo scambio epistolare ed apprezzarne il contenuto.

In merito poi alla lettura del componimento, suggeriamo che il libro venga letto lentamente ed attentamente.

Il libro si prefigge due scopi principali: primo, negare tutte le teorie kabalistiche; secondo e in relazione di contrasto al primo, affermare ed insegnare la vera fede dello Yihud Ha Shem (Unità di Dio).

In una nota introduttiva dell'edizione originale, si fa menzione a come l'Autore abbia ammesso di aver scritto il componimento in uno stato di ispirazione, dal momento che le parole uscivano dalla sua penna in un modo naturale, perfetto, profondo. L'Autore consigliò altresì di leggere il testo con cura e con intenzione, spiegando che la profondità del Sefer non può venire intesa da una singola lettura.

È da considerare anche che l'autore ha messo in rilievo il fatto che dopo Maimonide, di benedetta memoria, le leggi governanti il giusto modo di credere nell'Unità di Dio è rimasto come "una città incustodita". Egli si è così premurato di spiegare le esatte modalità della fede monoteista rivelate dalla Torà, affinché questa grave lacuna fosse colmata in un modo consono ai dettami di Ha-Shem. <45> Per raggiungere questo scopo era necessario mettere a nudo tutti i tipi di credenza che rientrano nella categoria di "shituf", l'associare a Dio, Prima Causa di tutte le esistenze, qualsiasi altre entità e dimostrare il loro netto contrasto con la vera Tradizione dei Saggi.

Concludiamo, augurando al lettore di apprezzare il puro contenuto del libro e di goderne i frutti perennemente.

 <46>

 

1

PRIMA LETTERA DI DOMANDA DALLO YEMEN A GERUSALEMME

Uno dei Talmidim chiese: "che il nostro maestro ci spieghi, dunque, a chi appartengono il nostro servizio e le nostre preghiere — alla Causa delle Cause, Benedetto Egli sia, oppure ad una delle Sue emanazioni (zeir anpin), (così come R. Salam ibn Daud, che ha viaggiato da qui alla Terra Santa, ci ha spiegato alla nostra presenza, per cui in conformità alla vera fede, come spiegato in Sefer "Matzref ha-Emunà" e in Sefer "Olat ha-Tamid", colui che serve l'Infinito (Ein Sof) non sta servendo il vero Dio né sta facendo onore al Dio della Giustizia), affinché si possa sapere chiaramente chi dobbiamo servire. Per cortesia, siate solleciti nel rispondere. —

 

 

2

PRIMA LETTERA DI RISPOSTA DA GERUSALEMME ALLO YEMEN

La risposta alla vostra domanda si trova spiegata nel Sefer "Kisei Eliahu" da pagina 13 a pagina 18. "Che il saggio ascolti ed aggiunga sapienza". La Kabalà ci insegna che il servizio (avodà) va rivolto all'Unico Dio al fine di far scendere da Lui l'influsso sulle dieci sefirot, come scritto in Sefer "Lehem Shlomò". —

 

 

3

SECONDA LETTERA DALLO YEMEN A GERUSALEMME

La vostra risposta ci è pervenuta oscura e in essa è presente la sola indicazione <47> di leggere il S. Kisei Eliahu. Tuttavia, non ho inteso la vostra opinione e tantomeno la vostra intenzione. Ciò che avete ricevuto come Kabalà è in accordo o in contrasto con le parole del Kisei Eliahu? Infatti, dopo aver letto ed esaminato con cura le pagine da voi indicate, non vi ho trovato ciò che cercavo. Al contrario, l'autore del testo considera l'Unità del Creatore come altre entità di "uno". Scrive infatti:

— è come una casa che nella sua totalità viene chiamata casa, ma quando entri in essa vi trovi molte stanze, grandi e piccole, ecc. e ciascuna viene descritta con un nome, ecc. o come un muro costruito con pietre, ciottoli, terra, acqua, calce, ciascuno è un'entità fine a sé ecc. — Solo dopo che il muratore con la sua arte ha unito insieme le varie parti, una dentro all'altra, una vicino all'altra ecc...solo allora esso diventa un muro. E così è nel nostro caso, ecc.

 — (a pagina 28, 29 egli lo paragona) ad un corpo umano che ha in sé unite ossa, arterie, carne, testa, occhi, naso, bocca, mani, piedi ecc., mentre tutti insieme vengono chiamati con un singolo nome Reuben, Shimon ecc. —

— (a pagine 25, 26, 27, scrive) il principio generale da dedurre da queste considerazioni è che la Causa Prima, riferita da tutti i kabalisti come l'Ein Sof che si cela dentro zeir anpin, per cui questo diventa il Regnante su tutte le creazioni. Egli le governa, le alimenta, le sostiene per mezzo del potere dell'Ein Sof, presente in Lui". Perciò Egli è il nostro Dio e noi siamo la Sua nazione, giacché le nostre anime sono la Sua porzione e Lui dobbiamo servire. Egli è il Dio dei nostri padri, che governa tutti i mondi per ciò che riguarda il premio e il castigo. Se, tuttavia, uno rivolge la sua preghiera all'Ein Sof o ai partzufim che sovrastano zeir anpin e nukve e prega ad essi individualmente (senza pregare zeir anpin), oppure, rivolge la sua preghiera all'anima che si nasconde in essi, costui pregherà invano e non verrà esaudito. Anzi, coloro che pregano in questo modo saranno puniti. Poiché è in virtù della volontà della Causa Prima che zeir anpin dirige la sua "influenza" (shefa) su tutti i livelli inferiori, per cui non esiste altri all'infuori di Lui —

Queste parole del Kisei Eliahu sono in netto contrasto con quelle del Rambam, di benedetta memoria, nel suo commento alla Mishnà, nello Yad ha-Hazakà e nel Morè Nevuhim; inoltre, contrastano sia con gli insegnamenti del "Hovot ha-Levavot" (Sha'ar ha-Yihud), sia con quelli di R. Sa'adya Gaon nel Sefer "Emunot ve-Deot" sia con quello del Sefer ha-Rokeah.

Nei testi succitati viene chiaramente spiegato che l'Unità di Dio, Benedetto Egli sia, non è un'unità congiunta, né un'unità di specie. Non è come un uomo che è suddiviso in tante unità e neppure è l'unità di un elemento semplice, ecc. Infatti, questi tipi di unità possono suddividersi in un numero infinito di <48> suddivisioni. Ha-Shem Baruch-Hu, invece, è Uno in un modo di Unità Assoluta che non ha pari con qualsiasi altra unità.

Il "Kisei Eliahu" scrive, inoltre, che l'Ein Sof è l'anima (neshamà) di atik, di arich anpin, di aba e di ema, di zeir e nukvei. I nostri Saggi, e tra loro quelli summenzionati, hanno invece scritto che "egli non ha corpo, né ha alcunché di corporeo" (un'entità cioè che agisce dentro un corpo). Secondo costoro, però, Egli è un'entità (neshamà) in un corpo (atik, arich, ecc.).

Il "Kisei Eliahu" scrive, poi, che arich anpin, aba ed ema, precedettero zeir anpin, che è nostro Dio e costui è il figlio di aba e di ema ecc.

I nostri Hachamim hanno invece affermato che Egli è il Primo e precede tutto ciò che esiste. Egli è "Kadmon" (il Primo Eterno e Assoluto) ad ogni esistenza.

Il "Kisei Eliahu" sostiene anche che l'Ein Sof non ha un servizio che gli appartiene, né si può evocarlo in preghiera. Non gli si può attribuire nessun nome, mentre il Tetragramma, il nome di Adonai ecc. vanno riferiti solamente a zeir anpin e nukve nel mondo di atzilut (emanazione). Questi nomi non vanno ascritti neppure ad arich anpin, ad aba ed ema, a zeir e a nukve che si trovano nei mondi superiori a quello di emanazione.

 

Perché si abbandonano, dunque, tutti i partzufim sopra il mondo di atzilut per servire soltanto zeir e nukve del mondo di emanazione? E che ne è di tutti gli atik, gli arich anpin, gli aba e le ema, che precedettero zeir anpin nei mondi superiori e sono più vicini all'Infinito?

 

Forniteci, dunque, risposte comprensibili, affinché possiamo seguire il nostro Dio, il nostro Creatore e il Creatore di tutto l'Universo. Ma non angustiateci con indegne parole, Dio ci scampi. Infatti, chi come voi ha raccolto nel suo pugno l'incanto e la raffinata comprensione di intendere e di conoscere Dio per mezzo di questo studio occulto? Chi come voi salirà alla Montagna di Dio e sosterrà nel luogo della Sua Santità? Io, invece, sono uno stolto tra gli uomini e la comprensione non fa parte del mio possesso.

Ma la Rocca, però, conosce le intime recondite intenzioni del cuore ed Egli cerca ogni cuore. Io non ho dato riposo ai miei occhi e il sonno è stato tolto alle mie palpebre perché potessi trovare le soluzioni. E colui che viene per purificarsi è aiutato dall'Alto, sicché possa trovare una Guida, che gli mostri il sentiero della Santità con chiaro intelletto e cristallina conoscenza. Come l'infante che viene alimentato è come il bambino che viene istruito. Forse tra i vostri Saggi della Verità (1) , intelligenti ed esperti come Etan ed Heman (2), c'erano alcuni Rabbini che erano privi di questa saggezza e ci hanno così elargito squallide falsità, Dio ci salvi — A voi, però, sono stati svelati i segreti ed i tesori nascosti di questa <49> sapienza, con la quale riempite le menti dei vostri allievi fino a quando essi sono sazi e possono così apprezzare il gusto della vostra benevolenza. È quindi nostro dovere ricompensare le vostre buone azioni, per cui non trattenete la bontà da coloro che la richiedono. Vi prego, davanti al Dio dei Cieli, di far risplendere il vostro volto su di noi e così potrete chiarirci con limpida esposizione ogni questione richiestavi. Allora saremo vostri servitori e le nostre labbra potranno esprimere la magnificenza della vostra generosità. Così non saremo svergognati né in questo mondo né in quello futuro. Solo allora torneremo a nutrirci tra le rose nel segreto dei Saggi e di coloro che intendono.

 

1) Hochmei ha-emet, usato per indicare coloro che studiano la kabalà.

2) Famosi saggi dell'antichità, al tempo dei Patriarchi.

4

SECONDA LETTERA RISPOSTA DA GERUSALEMME ALLO YEMEN

Ho letto tutto ciò che è stato da voi scritto in modo erudito, simile ad un albero con molti rami alti, come le cime dei cedri. Perdonate il ritardo della risposta, ma il mio tempo è faticosamente occupato. Ma, ogni ritardo è a fin di bene.

Esaminando la vostra lettera, scorgo che avete spesso aperto la vostra bocca per menzionare la parola "dèi". Pensate forse che le vostre parole sono contro di noi? "Chi siamo noi che ci portate le vostre lagnanze"? Del resto, tale disonore non appartiene a noi, bensì ai Saggi di Israele, il più piccolo dei quali è più largo dei vostri lombi e sui quali (Saggi) tutto Israele si appoggia e in grazia dei quali esiste il mondo. È disdicevole per voi proferire tali sentenze indegne. Palesate una semplicità sotto la quale, invece, si trova una grande astuzia. Il giudizio sul vostro conto è comunque già stato espresso da coloro che possiedono sapienza.

Ebbene, per quanto riguarda la vostra affermazione secondo la quale il Kisei Eliahu (pagina 3) paragona l'Unità di Dio ad altre "unità", voi brancolate nel buio, giacché a pagina 20, è spiegato che queste similitudini vanno riferite a "Luci Sacre" (orot kedoshim) che non hanno forma o sembianza che possano essere percepite dall'intelletto umano, in modo alcuno. È solo perché l'intelletto stesso possa considerarle che ci è stato permesso fare tali similitudini. A pag. 4, è <50> scritto anche che gli epiteti (kinuim) e gli attributi descrittivi (to'arim) sono esempi relativi alle sefirot emanate ed alle luci sacre, ma per quanto riguarda il Signore, non esiste né similitudine, né forma, né percezione di Lui nella mente umana, in qualsiasi modo.

 

In quanto alla vostra domanda "perché si abbandonano tutti i partzufim sopra il mondo di atzilut per servire soltanto zeir anpin, con il potere dell'ein sof che è in esso ecc. — questo è stato spiegato a pagina 25 e cioè "quando noi evochiamo zeir anpin, contemporaneamente, evochiamo in un'unità tutti i partzufim, insieme alla neshamà che si cela in essi".

 

Per quanto riguarda la vostra domanda "perché si abbandonano i partzufim che sono più vicini all'ein sof per evocare zeir anpin" — questo è in virtù del fatto che gli "attributi interiori" (midot ha p'nimiot) sono o di "severità" (din) o di "misericordia" (rahamim). Zeir anpin, invece, consiste in tutti quanti. E per questo motivo che il Creatore ha voluto seguire tutte le Sue opere attraverso questo recipiente.

Se volete porre, poi, delle domande sulle similitudini delle Luci Superiori (cosa che non avete permesso di fare neanche nel pensiero, quanto di meno burlarvene) perché non ve la prendete con il corpo materiale che svolge tutto il suo lavoro, mentre la testa rimane al di sopra a non far niente? O anche la facoltà del linguaggio, orgoglio dell'uomo su tutte le altre creature viventi, — perché dunque la bocca non fu posta sopra gli occhi? Così è stato decretato dalla Sua Saggezza. E se voi ritenete di avere un'idea migliore, ebbene, andate dal vostro Creatore e prestategli consiglio!

 

In quanto, poi, all'affermazione che le parole del Kisei Eliahu sono in contrasto con quelle del Rambam e degli altri Hachamim ecc., perché essi hanno scritto che Egli non è il potere di un corpo, mentre, secondo il Kisei Eliahu, Egli è il potere di un corpo — ebbene, tutti i kabalisti sono in pieno e completo accordo sul fatto che chiunque consideri le sefirot in un senso fisico, così come avete fatto voi, costui è un "kofer" e non ha retaggio con il Dio di Israele! Se si riferiscono ad esse come "luci sottili" è per il semplice fatto che bisogna "dare all'orecchio ad intendere qualcosa".

Allo stesso modo, ci chiediamo il senso delle parole del Rambam laddove scrive: "la persona deve disporre il suo cuore verso la Divina Presenza (Shechinà) e poi deve pregare". Nel Morè è invece scritto che la Shechina è una "luce creata" (or nivrà). Ancor di più su ciò che scrive a proposito della "Gloria di Dio" (Kevod Ha-Shem) che anch'essa è creata. Se così fosse come poté Israele lasciare l'uscio delle proprie tende per inchinarsi ad una creazione? E Rambam scrive anche che ogni <51> forma (tzurà) che videro e descrissero i Profeti, era un "luce creata". Ciò significa forse, che non abbiamo profezia dal Creatore, bensì dalle creazioni soltanto? E se noi affermassimo che questa creazione si attacca (dabek) al Creatore, questo significherebbe per voi forse, che Egli è il potere di un corpo?. Attendiamo una vostra risposta, con impazienza.

 

 

5

TERZA LETTERA DALLO YEMEN A GERUSALEMME

Il mio spirito desiderava sentire parole purificate, simili ad uno specchio uniforme, parole ispirate dai cieli, in alto. Io, infatti, sono povero di ogni sapienza e anelo all'ombra del ricino. Ma, invece di rispondere, mi avete chiamato in causa (1) . Dalle copiose acque, per me così amare, vorreste abbeverarmi. Mi vorreste porre guardiano di un orto di cetrioli. La mia anima, tuttavia, rimane sbigottita dalle profane lodi di cattiveria, simili alle benedizioni del malvagio Balaam. Avete chiuso la vostra lettera con parole di calunnia, come persona priva di educazione, come orso male addestrato.

Per amore della verità, tale non è la via della Torà. Le vie della Sacra Torà sono vie piacevoli — Ama il tuo prossimo come te stesso — Ciò che ti è odioso non farlo al tuo prossimo. Non era forse questa una sentenza di Hillel?

Avete iniziato la vostra lettera affermando che ho spesso aperto la bocca per disprezzare i Saggi d'Israele e che ho usato parole indegne nei loro confronti. Non mi permetterei mai di svergognare il mio prossimo, Dio ci salvi, appartenga esso alla nostra nazione o a qualsiasi altra nazione. Non riconosco nelle mie frasi parole che abbiano potuto esprimere tale spregevole sentimento.

Tuttavia, se il fine è quello di obiettare a coloro che portano delle affermazioni contrastanti a quelle dei Hachamim, ebbene, in questo non esiste proibizione alcuna. Nel Talmud stesso, le obiezioni vengono usate dai Rabbini per controbattere le asserzioni dei Saggi maggiori di loro e in questo riportano delle prove per sostenere le loro obiezioni, come quando è scritto "l'obiezione (ti'ubta) del tale Rabbino" ecc. oppure "l'opinione di questo Rabbino è sbagliata ("baduta" o come si legge nell'Aruch "baruta", rigettata). In Sanhedrin e in Berachot è scritto: "Noi affermiamo che quando una persona vede l'arcobaleno deve chinare il capo, in <52> base al verso "come la visione dell'arcobaleno che comparirà nella nube" ecc. e "l'ho visto e mi sono chinato"; all'ovest, tuttavia, maledicevano questa affermazione (2) ecc. — R. Abahu ne parlò con disprezzo, ecc. —

Nella vostra lettera, invece, ho scorto molta animosità e molte accuse, ma non vi ho trovato risposta alcuna. Sono stato forse io a chiamare "déi" questi partzufim? Invero, sono i kabalisti che così li hanno chiamati! È sufficiente esaminare le "intenzioni" (kavanot) (3) delle berachot e della tefilà, per scoprire chi è il nostro Dio (Elohenu) e chi il Dio dei nostri Padri (Elohei avotenu)! O è sufficiente considerare la domanda dello Zohar "Qual è questo elohim"? (man elohim da). Dopodiché elohim viene riferito ad uno dei partzufim! I kabalisti spiegano che esistono miriadi di mondi, tutti emanati, creati, plasmati e compiuti, i quali, a causa della loro immensa segretezza e della finezza delle loro luci, non hanno potuto rivelare. Essi sostengono che ognuno di questi mondi contiene dieci sefirot e che ogni singola sefirà contiene dieci sefirot individuali, come nel mondo di emanazione. Essi si presentano in due categorie generali; "igulim" (sferoidali), uno dentro all'altro, e yosher (diritto) nella forma di un uomo in posizione eretta, strutturato con 248 arti. Ciascuno di questi mondi contiene entrambe le categorie (igulim e yosher), sia in senso generale che in senso particolare. Tutte le spiegazioni dei kabalisti, comunque, devono essere riferite al solo mondo di atzilut (emanazione), poiché questo ha già acquisito "densità" e si è rivelato in maggior misura. Essi descrivono in questo mondo di atzilut cinque partzufim generali, ossia arich anpin, aba ed ema, zeir e nukve.

Sono loro stessi che hanno spiegato che l'atzilut è divenuto un mondo con una propria densità e con delle proprie entità rivelate, a cui hanno associato i Nomi di Dio, per cui questo partzuf è il "nostro Dio", quest'altro è il "Dio dei nostri Padri" e così via. Sono loro che hanno insegnato il livello particolare partzuf-sefirà-Nome, indicato per ogni singola parola usata nelle benedizioni e nelle preghiere.

Pertanto, la vostra accusa per la quale ho inteso le sefirot in un senso fisico chiamate "déi" non ricade su di me, bensì sui kabalisti! Per cui la domanda rimane al suo posto. E cioè: perché abbandonare l'ein sof con tutte le sefirot dei mondi superiori di arich anpin, aba ed ema per servire zeir anpin e nukve? E perché dobbiamo proclamare che lo zeir anpin è il nostro Dio e noi siamo la Sua nazione ed i suoi servi, Egli ci ha creato e noi Gli apparteniamo?

L'asserzione riportata nella vostra missiva, per la quale la scelta di zeir anpin tra tutti gli altri partzufim è dovuta al fatto che esso contiene ambedue gli attributi interiori di severità e di misericordia ecc. — dimostra chiaramente <53> che ammettete che il servizio e la preghiera non appartengono alla Causa di tutte le Cause, bensì a zeir anpin soltanto.

Pertanto, è necessario che ci chiariate come risolvere questa contraddizione tra l'opinione dei kabalisti, per la quale servizio e preghiera appartengono a zeir anpin e alla sua anima e l'opinione della Sacra Torà, sia scritta che orale, per la quale servizio e preghiera vanno rivolte esclusivamente alla Causa Prima.

Per quanto riguarda, poi, la vostra collera e il vostro sdegno per aver io inteso le sefirot in un senso fisico, mi sembra che siano del tutto infondate, giacché io ho citato le espressioni dei testi kabalisti. Questi sostengono che il mondo di atzilut contiene corpo, anima, indumento, luci spirituali, che a questo livello sono già più dense e si manifestano. Ciò implica che le sefirot in questione sono "qualcosa" e sono relativamente "materiali" in rapporto ai mondi superiori.

Sapreste forse spiegarmi chi governa tutti i mondi celati, che non sono stati rivelati dai kabalisti? Chi li alimenta e chi li sostiene? È forse zeir anpin di atzilut, al quale anch'essi devono prostrarsi o forse è l'Ein Sof che è il loro Dio, mentre noi terreni dobbiamo servire esclusivamente zeir anpin? Infatti, se zeir anpin alimenta e sostiene i livelli inferiori e l'Infinito è il Dio dei livelli superiori, ciò significa che esistono due poteri regnanti separati, Dio ci scampi!

I nostri Saggi, invece, hanno spiegato (4) che allorquando Dio concesse la Torà aprì i sette cieli superiori e i sette mondi inferiori e disse ad Israele "Considerate i livelli superiori ed i livelli inferiori e sappiate che non esiste altro Dio all'infuori di Me, non in alto e non in basso, Io sono il Signore, vostro Dio".

Nel Midrash Rabbà, parashat Yitrò, sta scritto "Io sono il Signore" — R. Abahu disse: Un re, ad esempio, può avere un padre, un fratello o un figlio. Ha-Kadosh Baruch-Hu disse: Io non sono così, poiché "Io sono il Primo e Io sono l'Ultimo" ecc. — che non ho un figlio, e "all'infuori di Me non c'è altro dio" — che non ho fratelli —

Il libro Etz Yosef commenta: Un re in carne ed ossa se ha un padre deve onorarlo; se ha un fratello, potrebbe dover condividere con lui qualche onore; se ha un figlio, gli concederà l'onore di diventare principe e alla fine gli erediterà la sua carica. — Il significato del verso "Io non ho padre" significa che Egli è la Causa Prima; "Io non ho fratello" significa che Egli è Singolo e non esiste un secondo; "Io non ho un figlio" significa che tutto ciò che da Lui deriva non si manifesta in un modo esistente in natura, come il processo naturale per cui un figlio esce da suo padre, come sostenuto da alcuni (5). Se così fosse, ne conseguirebbe che Egli non ha il potere di cambiare le cose ed il Suo regno non è completo (infatti sarebbe limitato dal dover condividere l'onore con i suoi parenti). Però, il <54> Santo Benedetto Egli Sia disse "Io sono il Signore vostro Dio" poiché è in virtù del Suo potere che Egli li ha tratti fuori dalla terra d'Egitto, dimostrando così che il Suo regno è assoluto e nessuno può limitarLo —

In merito al verso in Daniele "(disse Nabucodonosor) il quarto che vedo sembra un figlio di Dio" spiegarono i Saggi del Talmud, in Shabbat (6): R. Reuben disse "In quel momento, scese un angelo, schiaffeggiò quel malvagio sulla bocca e gli ingiunse "Correggi la tua parola. Ha Egli forse un figlio?". Dopo di ciò troviamo che Nabucodonosor disse "Benedetto sia il Dio di Shadrah Meshah e Avid Nego, che ha inviato il Suo angelo ed ha salvato i Suoi servitori" — non è scritto "figlio" bensì "angelo".

Ciò significa che Nabucodonosor considerava gli angeli come entità "emanate" che scendono da Dio, in modo naturale, come un figlio esce da suo padre. Simile è l'opinione dei kabalisti in relazione alle sefirot di tutti i mondi e alle loro neshamot. Per questo motivo lo schiaffeggiò sulla bocca fino a che il re mutò la sua parola e disse "angelo".

Infatti, tutto ciò che esiste fu creato da Dio "yesh me-ain" (ex nihilo), dalla creatura più complessa fino all'insetto più piccolo. Non fu emanato dalla Sua essenza in un modo simile a quello di un figlio generato dalla potenza fecondatrice del seme paterno.

La conclusione di questo ragionamento è che non si deve servire alcuno "partzuf" o aspetto o forma esistente tra tutte le creazioni, sia superiori che inferiori. Dio soltanto, nella Sua Unità, deve essere servito, onorato e pregato. Dalla semplicità più pura della fede fino ai concetti più sublimi, raggiungibili dalle menti bene istruite, regna assoluto il precetto e il monito della Torà "Io sono il Signore vostro Dio" e "non avrai altri dèi".

Maimonide, di benedetta memoria, scrive che esistono cinque categorie di "minim" (7): — coloro che affermano che non esiste Dio e non c'è alcuno che governa il mondo. — coloro che affermano che il mondo ha un conduttore rappresentato da due o più entità. — coloro che sostengono che esiste un Dio, ma che Egli ha un corpo e una sembianza. — coloro che affermano che Dio non è l'unico Primo e non è l'unica Rocca (fondamento di tutto). — coloro che adorano qualsiasi altra entità, che fa da mediatore tra Dio, Signore del mondo e l'individuo — Ognuno di essi è considerato un "min" —

Il Lehem Mishnà commentando la quarta categoria cita il Ravad, che scrisse: Questo è come colui che dice "Il vostro Dio è veramente un grande Artista, sebbene Egli abbia trovato dei meravigliosi materiali coi quali lavorare: confusione e caos (tohu va-vohu), oscurità, acqua e aria. Egli li usò e fece ciò che fece". — Il Lehem Mishnà commenta l'aggiunta del Ravad alle categorie elencate <55> dal Rambam; anche se uno ammette che nessun'altra "causa" precedette Dio, ma che Egli la creò da un'altra entità esistente (yesh me-yesh), anche costui è un "min". —

Ai fini della nostra trattazione, è sufficiente considerare che la dottrina di fede, spiegata da tutti gli autori della nuova kabalà, è, a nostro avviso, (così come secondo l'avviso di molti illustri Hachamim che l'hanno rigettata del tutto) una credenza in una molteplicità di entità emanate; ein sof, adam kidma'a, adam kadmon, atik, arich, arich anpin, aba, ema, zeir anpin e nukve. Secondariamente, tali entità, che presentano dei corpi celesti di luce, sono in rapporto con l'ein sof, così come l'anima con il corpo. Terzo, il loro servizio non è rivolto alla Causa Prima (nominato, con la loro terminologia, Ein Sof), bensì ad una sua emanazione, zeir anpin, l'ultimo di una catena di cause. Quarto, questo zeir anpin è un "mezzo" (emtzaì) attraverso il quale l'influenza scende dai livelli superiori di atik, arich, aba ed ema; esso viene chiamato "figlio" di aba ed ema nel mondo di atzilut e "padre" o keter (corona-arich e atik) nel mondo della creazione (berià) (negli ordini della catena dei mondi nei quali credono).Così ho letto anche nella vostra lettera e perciò ho riportato tutto questo per calpestarlo sotto i piedi!

Avevo chiesto per quale motivo si doveva abbandonare l'ein sof ed i partzufim superiori, che sono ad esso più vicini. Mi avete risposto che zeir anpin racchiude gli attributi di severità e di misericordia, per cui il Creatore ha optato eseguire le Sue azioni tramite questo recipiente. Ad esempio di ciò, lo avete paragonato ad una mano, che esegue ogni tipo di lavoro, mentre la testa rimane al suo posto, inoperosa, oppure al linguaggio che è l'orgoglio della persona ecc. Tutto ciò è assai curioso. Io avevo chiesto in merito all'affermazione che zeir anpin è il Dio della nostra adorazione, e voi mi avete risposto sulle azioni che vengono eseguire dalla volontà del Fattore. Dobbiamo, pertanto, servire tutte le forze attive che per la loro volontà agiscono su di noi e nominarle Dio? Anche il sole compie per noi molte benefiche azioni; ci illumina, scalda l'aria e la terra, affinché la vita vegetale abbia il suo corso e la frutta possa maturare a tempo. Dobbiamo per questo venerarlo? Anche la luna e le stelle agiscono su ciò che è sottostante, per volontà del Creatore. Così pure la terra e l'acqua sono elementi indispensabili alla vita e alla crescita del mondo fisico. Il fuoco, poi, è necessario per la cottura dei cibi ecc. Dobbiamo per questo servire questi elementi vitali?

Che la volontà di Dio si manifesti per mezzo di messaggeri è principio espresso chiaramente nelle Sacre Scritture — "Che le acque abbondino con una moltitudine di esseri viventi", "che la terra produca creature vive", "che la terra <56> produca germogli, erbe che facciano seme", "Egli fa dei venti i Suoi messaggeri e del fuoco ardente i Suoi servitori" e così via.

Ciò nonostante, Ha-Shem Baruch-Hu ci ordinò di servire soltanto Lui e ci avvertì a non venerare altri all'infuori di Lui. In quell'istante pregiatissimo, nel quale Si rivelò sul Monte Sinai, Egli proclamò "Io sono il Signore, vostro Dio" e "Non avrai altri dèi al Mio cospetto". E così "Io sono Ha-Shem, questo è il Mio Nome e la Mia Gloria non darò ad altri".

Sia voi che il sottoscritto siamo stati davanti all'Artigiano, che ci ha creato, e, da Lui, abbiamo sentito che è proibito servire un altro dio (come il vostro zeir anpin), persino se costui va riferito ad un messaggero inviato per compiere qualche attività. Perché, dunque, non dobbiamo obbedire all'Altissimo e servirLo unicamente, invece di zeir anpin, questo corpo emanato di luci, entro il quale risiede l'Infinito?

 

Ora, è mia intenzione replicare alla vostra domanda in merito alle parole del Rambam, per cui "la persona deve disporre il suo cuore verso la Shechinà e poi deve pregare" e che, come scritto nel Morè Nevuchim, "la Shechinà è una luce creata". ecc. E bene premettere, però, che vi siete rivelati saggi ai vostri occhi e privi di istruzione su questioni di buona educazione. È forse garbato ritorcere la domanda a chi sta chiedendo? Tuttavia, non tratterrò la mia penna dal rispondervi.

 

È ben noto a coloro che sono eruditi nella sacra letteratura di Israele che il termine "Shechinà" si riferisce a tre cose; primo, si riferisce a Dio (come annota Rambam nelle "Leggi di Penitenza": "Grande è la penitenza, poiché essa riavvicina l'individuo a Dio" [Shechinà] — Tale è l'immenso beneficio della penitenza — ieri, era separato dal Dio di Israele, ecc., oggi aderisce alla Shechinà, come è scritto "Voi siete attaccati al Signore, vostro Dio" — l'individuo implora e subito viene esaudito, come è scritto "Ancora prima che essi chiamano, Io risponderò"). Secondo, si riferisce alla "rivelazione" della Shechinà (Ghilui ha-Shechinà) (come quando Abramo procedeva verso il monte Morià per sacrificare Isacco, dove è scritto "Ed egli vide il luogo da lontano". I Saggi spiegano che vide da lontano una "luce" sul monte Morià e il Poeta così espresse "ed egli vide un'immagine dell'Onore, dello Splendore e della Gloria". Questa è la "luce creata" di cui parla il Rambam. Similmente, in relazione al roveto ardente è scritto in Shemot "Ed Egli (Mosè) si avvide che il roveto ardeva per il fuoco". E all'inizio del verso è scritto chiaramente "Un inviato del Signore gli apparve attraverso una fiamma di fuoco di mezzo ad un roveto". Questa è una "luce creata". L'espressione esatta del Rambam è la seguente: "qualora si faccia menzione alla" rivelazione <57> della Shechinà ci si riferisce ad una "luce creata"). Terzo, si riferisce alla Provvidenza di Dio (Ashgahà) su di noi, nominata anche Shechinà. (come dissero i Saggi "Quando vennero esiliati in Babilonia, la Shechinà li accompagnò" — questo significa che la Provvidenza li sorvegliava, come, infatti, promette la Torà "Anche quando saranno in una terra non loro, non li disprezzerò, né li odierò, si da distruggerli o da annullare il Mio Patto con loro, giacché Io sono il Signore, il loro Dio"). Pertanto in tutti i riferimenti di Shechinà è implicito uno di questi tre sensi.

In merito, poi, alla vostra domanda "Ancor di più su ciò che egli (Maimonide) scrive a proposito della "Gloria di Dio" (kevod Ha-Shem) che anch'essa è la luce creata; se così fosse, come poté Israele lasciare l'uscio delle proprie tende per inchinarsi ad una creazione?"

Ebbene, vi rispondo io, essi non si inchinarono alla "Gloria" visibile, bensì a Colui che fece sì che questa Gloria si manifestasse. La Gloria che ivi apparve fu un segno di approvazione, un segno che Dio desiderava il Tabernacolo come propria "dimora". Allo stesso modo noi preghiamo Dio con il viso rivolto al Tempio da Gerusalemme "Poiché Dio scelse Sion e lo desiderò come dimora".

Maimonide aveva in precedenza spiegato che il termine "Kevod Ha-Shem" a volte è riferito ad una "luce creata" che il Signore fa risiedere in un luogo, come è scritto "E la Gloria di Dio dimorò sul monte Sinai ed Egli la ricoprì in una nube" ecc.; a volte, invece, è riferito all'Essenza e alla Verità di Dio, come è scritto "Mostrami, Ti prego, la Tua Gloria". A questa implorazione di Mosè seguì la risposta del Signore "Poiché nessuno Mi può vedere e rimanere in vita". Questo significa che la Gloria qui indicata va riferita a Dio stesso. Parimenti, troviamo nelle parole dei Saggi che il Nome Elohim è da associarsi, alle volte ai "giudici", alle volte agli "angeli" e alle volte con Dio, così come la Shechinà viene associata con i significati testé spiegati.

Pertanto siccome ho notato che vi ritenete saggi, vi chiederò nuovamente di rispondere, con argomentazioni valide, alle parole dei Saggi del Talmud. A voi, infatti, sono stati rivelati "i segreti". Una percezione superiore ed uno spirito rinnovato sono il vostro retaggio. Mostrateci, dunque, come sia possibile conciliare tutte queste contraddizioni. Farete così giustizia a voi stessi e, da parte nostra, riceverete grande onore.

 

1) Con doppio senso, "invece della vostra umiltà vi farete grandi sopra di me".

2) Talmud Gerosolimitano.       <58>

3) Ciò che si deve intendere nel pensiero quando enuncia le benedizioni ed elenca le diciotto benedizioni della "Amidà".

4) Riportato in Menorat ha-Maor, prk. 143.

5) Questa è infatti l'opinione dei kabalisti per cui zeir anpin è figlio di aba ed ema, mentre è padre di ciò che da lui deriva. Egli ha anche delle sorelle (ahajot nukvin)

6) Talmud Gerosolimitano, perek. ba-me-íshà.

7) Miscredenti o coloro che credono in una falsa dottrina, specialmente per ciò che riguarda i fondamenti della fede.

 

6

TERZA LETTERA DI RISPOSTA DA GERUSALEMME ALLO YEMEN

"Un uomo sistema i pensieri nel suo cuore, ma il Signore decide ciò che la sua lingua pronuncerà". Sono rimasto stupefatto e sbalordito nel leggere la vostra lettera. Come osò il vostro animo indagare sul retaggio di simili grandi menti e giudicare coloro che mostrano fedeltà alla Torà e le cui genealogie familiari risalgono al seme dei Patriarchi? Come osate sfidare tanti Paskanim, Darshanim primi e ultimi e Hachamim dell'oriente e dell'occidente, sefaraditi, ashkenaziti e yemeniti, e tutte le sacre comunità che originano dal seme santo dei fedeli? La Torà è l'oggetto della loro delizia, più dell'oro e delle pietre preziose. Potrebbe mai tale pietra di inciampo derivare dagli eruditi Giusti e dai Saggi, da uomini che possiedono comprensione, che temono Dio e si astengono da ogni male e che con la loro sapienza hanno abbattuto molti nemici, che in ogni generazione si levano contro di noi? È forse la loro kabalà mescolata con stoltezza e capriccio? Quanti di essi sono diventati illustri per il loro intelletto come kabalisti e come autori di opere di filosofia, di logica, di medicina, di geometria piana e di astronomia. Essi sono uomini che meditano giorno e notte, uomini di pace, che nella loro serenità mangiano i frutti delle loro buone azioni, frutti freschi e maturi. Quanto avete scritto, non può essere creduto, né tantomeno salire nel pensiero, se non di quegli sciocchi che credono in tutto oppure si appoggiano sulla loro intelligenza!

Sarebbe giusto che non vi rispondessi del tutto. Perché chi sono io per addentrarmi in faccende che è proibito persino considerare nel proprio pensiero? E sarebbe meglio non rispondere ad una siffatta lettera. Ma solo poiché è tempo di agire in nome di Dio vi risponderò con ciò che ho trovato tra gli insegnamenti dei Saggi, di benedetta memoria. Che il loro merito sia di sostegno e non sia affatto di ostacolo! <59>

Ebbene, in merito alla vostra affermazione per cui non avete mostrato disonore ai Saggi, ci sono molti che testimoniano il contrario. E voi non potete negarlo. Siete stati condotti a ciò quando avete attribuito a loro un grande errore e li avete considerati "miscredenti". Una persona deve stare molto attenta, giacché non venga arsa dai loro tizzoni ardenti, poiché "i Giusti nella loro morte sono ancora più grandi che nella loro vita".

In merito alla prova che portate per dimostrare la contraddizione esistente tra le parole più autorevoli dei Rabbini (kabalisti) e il Talmud, ebbene, questa prova non ha niente a che vedere con l'argomento trattato. Dove troviamo una prova riportata per contraddire una legge di Mosè dal Sinai (halachà le-Moshè me-Sinai)? Gli stessi kabalisti sostengono che la Kabalà l'hanno ricevuta tale da Mosè. Chi, allora, vi ha dato il permesso di indagare e confutare le loro affermazioni?

In merito alla vostra affermazione che noi chiamiamo "dèi" i partzufim, Dio ci salvi, e che tale è anche l'espressione usata da tutti i kabalisti, così come avete scritto "è sufficiente esaminare le intenzioni delle berachot e della tefilà" ecc., essi hanno già spiegato che la "Causa di tutte le cause si misura in questa e in quest'altra sefirà, con questo e con quel nome, per ogni sefirà".

In merito alla vostra domanda per la quale "i kabalisti spiegano che esistono miriadi e miriadi di mondi" ecc., esistono pure miliardi di mondi, ma essi dicono, alla fine, che il loro Creatore è Uno e che Egli dà vita a tutti. Ebbene, che cosa non va bene in tale affermazione?

In merito alla vostra asserzione che "essi si presentano nel mondo di "yosher" nella forma di un uomo in posizione eretta", è già stato spiegato "grande è il potere dei Profeti, in quanto hanno paragonato l'Onnipotente in Alto ad una forma umana".

In merito alla vostra affermazione per cui ogni sefirà di yosher è strutturata con 248 arti ecc., i kabalisti hanno chiarito cosa siano questi 248 arti: sono le 216 lettere del nome "Av" (ain, bet) sommate ai 32 (lamed, bet) sentieri della saggezza. Tale somma allude ad alcune delle forze divine (kohot elohiim).

In merito alla vostra asserzione per la quale io avrei ammesso che nessuna preghiera appartenga alla Causa di tutte le cause, ebbene, questa è una menzogna. Quando in precedenza, mi avevate chiesto sulle parole del "Matzref Emunà", io vi avevo risposto che dovevate consultare il "Kisei Eliahu", in cui è scritto "ma la nostra kabalà è che la nostra preghiera è diretta all'Ein Sof per <60> attirare l'influsso dentro alle dieci sefirot", come è scritto, del resto, anche nel "Lehem Shlomò". La ragione per la quale vi avevo detto di consultare il Kisei Eliahu era per capire che le parole del "Matzref" sono blasfeme, per cui tale testo deve essere bruciato. Del resto, noi non troviamo le sue parole in qualsiasi altro testo kabalistico, Dio ci salvi, mentre le parole del Kisei Eliahu son ben altre. Il Kisei Eliahu spiega che zeir anpin è soltanto un recipiente per le azioni del Creatore. Vi è scritto a pag. 25 "quando noi evochiamo zeir anpin, contemporaneamente, evochiamo in un'unità tutti i partzufim, insieme alla neshamà che si cela in essi"; ciò non significa che la preghiera non va diretta all'Ein So, significa semplicemente che l'elevazione di questa preghiera all'Ein Sof si attua tramite questo attributo. A comprova di ciò, leggiamo a pag. 17 "ciò che è scritto sulle intenzioni delle preghiere e delle benedizioni, per cui bisogna concentrare, per ogni benedizione, un'intenzione particolare ad una sefirà particolare, non significa che bisogna pregare la sefirà stessa, Dio ci salvi, poiché questo sarebbe considerato "kifrut". È proibito tenere il pensiero su una qualsiasi forza particolare o su una qualsiasi sefirà individuale. Tutto fa parte dell'Ein Sof, Benedetto Egli sia, l'Uno generale di tutte le forze (kohot) unite". E ancora il Kisei Eliahu scrive a pag. 25 "tutte le nostre preghiere sono dirette all'Ein Sof, sebbene non si possa attribuire ad esso alcun epiteto o attributo. E per questo motivo che noi preghiamo per mezzo delle sefirot, in quanto tutti gli epiteti e gli attributi sono riferibili ad esse. Infatti, tutti gli epiteti e gli attributi sono relativi alla Sua essenza, così come si disseminano nelle sefirot". A pag. 26, continua "e se essi non fanno così e, unificano la loro preghiera a zeir anpin, non verranno esauditi".

Tutti i kabalisti concordano su queste regole generali. Perciò, se trovassi scritto, in qualsiasi libro, che la preghiera deve essere rivolta ad una sefirà particolare, direi che è profano prenderlo alla lettera. La vera intenzione consiste nell'elevare la preghiera all'Ein Sof, per mezzo di una sefirà particolare.

Ho puntualizzato tutto affinché fossero chiarite le parole del Kisei Eliahu. Ma la mia kabalà è quella da me già menzionata. Da questo si può arguire che il motivo della vostra indagine non è al fine di ricercare la verità, come avete scritto, bensì al fine di trovare qualche pretesto contro di me. Chi sono io, che mi possiate considerare un kabalista? Poiché "Io sono uno stolto privo di sapienza" e tutte le mie preghiere sono inferiori al cinguettìo di un uccello. Gli uccelli sono alimentati senza difficoltà e non sono costretti alla sottomissione del regno in cui vivono. Forse anche il loro cinguettìo è ben inteso. Ma in quanto a me, il giogo del tempo e la ricerca del pane vengono a disturbare la mia mente ed i <61> miei pensieri. Inoltre, io non ho "ricevuto" da un Hacham della kabalà in modo diretto, da bocca a bocca. Magari il Signore mi avesse alleviato dai fardelli del tempo e del cibo e mi avesse destinato un Maestro della kabalà, che mi conducesse per le vie dirette, così da poter essere nel nòvero degli "Uomini dell'Ascesa"!

Tornando alla vostra lettera, mi scrivete che non siete stati voi a concepire le sefirot in un senso fisico (magshim ba-sefirot) e aggiungete "perciò egli sarebbe un potere in un corpo" e che "la luce ha un corpo fine". Ebbene, io vi avevo già scritto che la ragione per la quale vengono chiamate "luci" è perché "l'orecchio ascolti e intenda". Tutti questi dubbi sono entrati in voi, perché voi vi siete fatti dei concetti materiali.

In merito alla vostra domanda "chi governa tutti i mondi celati" — Colui che li ha creati e che li mantiene in esistenza.

In merito alla vostra considerazione per cui "zeir anpin sarebbe il dio dei livelli inferiori" — ebbene, non vi avevo scritto che zeir anpin è soltanto un recipiente delle azioni del Creatore?

In merito alla vostra affermazione che i veri Hachamim spiegarono che “allorquando Dio concesse la Torà ecc. (riportato in "Menorat ha-Maor"), e, poi, alla vostra citazione del verso in Midrash Rabbà "Io sono il Primo ed Io sono l'Ultimo" ecc. e "non ho né padre, né fratello, né figlio, — ebbene, chi ha mai detto che Egli ha un padre o un fratello o un figlio? Siete voi che calunniate i Saggi accusandoli di aver proferito simili frasi! I kabalisti spiegano che tutti gli epiteti e gli attributi descrittivi si trovano nelle sefirot, per permettere così all'orecchio di intendere qualcosa. Fareste bene a leggere l'introduzione del nostro Maestro e Rabbino Ghiktalia nel suo "Sha'arè Ora" o i testi kabalistici di rav Recanati e rav Haim. Quest'ultimo scrive "Laddove ti imbatti in parole che non sarebbe ortodosso riferire al Creatore, come, ad esempio, "shiur komà" (la misura della statura). ecc., sappi che esse vengono riferite alle sefirot. Invece, laddove ti imbatti in parole di lode e di esaltazione, sappi che queste vengono riferite al Creatore, che è in esse e fuori di esse, poiché non esiste alcunché che lo possa limitare; perciò non è giusto riferire al Creatore limiti quali destra, sinistra, fronte, dietro".

In merito alla vostra asserzione per cui i kabalisti ritengono che le sefirot si evolvano così come, in natura, un figlio esce dal padre — è davvero blasfemo interpretarlo così. Al contrario, i kabalisti sostengono che non bisogna credere né pensare, Dio ci salvi, che le sefirot siano una parte dell'ein sof o che esse si siano evolute da esso, cioè da causa a causa. È infatti peccaminoso <62> pensare così, perché l'Ein Sof non si divide in parti, non ha aggiunte né perdite, ma è, invece, un'Esistenza sempre in esistenza, priva di qualsiasi cambio. E Lui che le ha create completamente dal nulla.

In merito alla vostra considerazione per cui zeir anpin sarebbe il figlio di aba e di ema e il padre del mondo di berià e che avrebbe una moglie ed una sorella — ebbene, tutti questi antropomorfismi sono "termini prestati" in riferimento alle sefirot.

In merito alla vostra asserzione che non si deve servire partzuf alcuno — questo è ben noto a tutti i kabalisti, i quali non hanno bisogno dei vostri moniti.

In merito alle cinque categorie di "minim" descritte dal Maimonide e da voi citate — ebbene, chi ha mai detto che non esiste Dio o che ce ne sono due o che Egli ha un corpo o che Egli non è l'unico Uno o che si deve servire qualche altra entità mediatrice o che Egli aveva già dei bei colori coi quali lavorare o che Egli ha creato il mondo da qualcosa, Dio ci salvi? Il fatto è che un pensiero impuro è entrato nel vostro cuore! Voi leggete i testi di kabalà e poi li interpretate in modo letterale, basandovi sulla vostra comprensione. Avete dimenticato, però, quello che il Saggio dei saggi ha detto "Non appoggiatevi sulla vostra comprensione". Siccome, però, mi avete fatto intendere che voi capite, risolvete i quesiti che in precedenza vi avevo posto e che ancora vi porrò.

In merito alla vostra asserzione per la quale molti grandi Hachamim, sia dei tempi trascorsi che dei tempi presenti, si sono separati da questo studio — questo non è vero. Dio ci salvi che esista un qualsiasi Hacham che si sia separato da tale studio! Ma se ce ne sono, allora lo fanno perché ammettono di non essere all'altezza di tale sapienza.

In merito alla vostra affermazione che Rivash e Havot Ya'ir hanno scritto ecc. — ebbene, voi mentite sul loro conto. Essi, infatti, sono due validi testimoni che voi siete un bugiardo! In breve, così si esprime il Rivash: — "R. Peretz ha Cohen non voleva né trattare, né considerare le sefirot. Aveva anche sentito, direttamente, R. Shimshon di Kinon così esprimersi a riguardo: "Io prego con la mente di un bambino". Questo era detto per dissociarsi dal metodo di preghiera dei kabalisti, che, alle volte, si rivolgono ad una sefirà, e, alle volte, ad un'altra. Anche nella preghiera delle "18 benedizioni" (Amidà), essi dirigono ad ogni singola benedizione un'intenzione per una sefirà particolare. Tutto ciò è infatti molto strano per chi non è kabalista come loro; poiché potrebbe pensare che questo metodo comporti il credere in una molteplicità. Costui aveva anche sentito uno dei filosofi che biasimava i kabalisti <63> ed era solito dire che i Cristiani credono a tre, mentre i kabalisti credono a dieci. A questo proposito, rav Peretz ha Cohen si era rivolto ad un anziano Hacham, Don Yosef ben Shushan, talmudista e kabalista, molto pio e scrupoloso nell'osservanza delle mitzvot: "Perché voi kabalisti — gli chiese — rivolgete il vostro pensiero ad una sefirà particolare per ogni singola benedizione? E dunque, la divinità dentro alle sefirot, che uno deve pregare?" Egli rispose: "No, Dio ci salvi, che la preghiera vada rivolta a qualcun'altro se non ad Ha-Shem, la Causa delle Cause. Questo si fa soltanto perché uno intende con il suo pensiero attrarre l'influenza dentro a quella sefirà che corrisponde all'oggetto della sua richiesta. Per portare un esempio chiarificatore, quando un kabalista pronuncia la beracha "Al ha-Tzadikim" ecc. (per i Giusti, ecc.) egli tiene in mente la sefirà di Hesed, ossia l'aspetto di misericordia ecc". — Allora l'altro gli rispose: "Va bene. Io, comunque, non dedico il mio tempo a questo studio, perché non l'ho ricevuto da un Hacham Mekubal. E anche se ho letto spiegazioni di "segreti" (sodòt) del Nachmanide, tuttavia per uno che ne rivela ne nasconde mille altri". — Egli aggiunse, anche, che un Hacham aveva interpretato la kabalà in un modo differente dall'opinione del Nachmanide (Ramban), per cui sarebbe stato meglio se si fosse astenuto dalle sue interpretazioni. E concluse col dire che è impossibile appoggiarsi su questo studio se non con l'ausilio di un Hacham Mekubal.

Questa è la prova. Rivash si astenne da questo studio perché non lo aveva ricevuto oralmente, da bocca ad orecchio, e non già perché aveva in cuor suo dei dubbi al riguardo, come asserite voi.

Ed ora è mia intenzione portarvi la seconda testimonianza (per la quale avete mentito) e cioè quella del Gaon, autore di Hovot Ya'ir. In breve: — A colui (al Gaon) si rivolse un Hacham, che aveva dedicato tutti i suoi giorni allo studio del Talmud e dei Poskim, fino a quando era entrato in lui uno spirito che lo aveva spronato a studiare la kabalà, la quale, per la sua sublimità, è considerata l'anima della Torà. Questo Saggio aveva letto molti versi dello Zohar "senza i quali sarebbe stato impossibile salire al cospetto del Santo Re" ma che, tuttavia, non erano citati nel Talmud. Al contrario, la Mishnà avverte a non inoltrarsi in questo tipo di studio, poiché è scritto "Non indagherai su ciò che è troppo elevato per te". Fu dunque per questo che si rivolse al Gaon di Hovot Ya'ir, affinché gli chiarisse questo argomento, per lui confuso. Tale fu dunque la risposta del Gaon: — Guai a me se ti avessi consigliato di distogliervi da essa; infatti, non vorrei essere causa di scoraggiamento e mettere un ostacolo a questa Saggezza, <64> che è, senza dubbio, la Neshamà della Torà ed il fondamento della fede. Indubbiamente, chi ne ha meritato lo studio fa parte degli "Uomini dell'Ascesa"; costui è beato e buona è la sua parte e piacevole il suo retaggio. Egli è amato dall'Alto. ecc. —

Il Gaon prosegue e riporta le parole di Yashar da Candia, il quale, dopo aver raccolto molti fogli con le opinioni di coloro che lo precedettero, scrisse a lungo contro il S. Behinat ha-Da'at, un testo che corrompeva le masse. Costui asserì di aver trovato "un chiodo infisso in un pilastro di ferro, posto in un luogo sicuro" che affermava che la ricompensa per essersi separato da essa (dalla kabalà) era maggiore dello studio stesso. Questo era reperibile nel libro di suo padre "Shemen La-Maor" che, in breve, citerò: — Questo è quanto scrisse nel nome di R.M. Gabbai: "Chiunque non abbia ricevuto i Segreti della Torà (Sitrei Torà) dal suo Maestro e crede di essere in grado di "pensarli" con la propria mente trasgredisce al precetto "non ti farai immagini scolpite". — Mi sono impegnato qui a chiarire alcuni atteggiamenti della nostra generazione. — Ho sentito, infatti, coloro che non hanno ancora visto la luce, così vantarsi "Ho visto la luce e l'ho guardata". In loro c'è una cattiva natura, sono simili ai pulcini i cui occhi non sono ancora bene aperti ecc. — Tuttavia, anche i "più grandi" che sono intelligenti e sono esperti nelle "Camere" della Torà, non hanno il potere intellettivo di raggiungere le "Camere" della sua luce... — Eccezion fatta per colui che ha ricevuto dalla bocca di un Maestro anziano, "venuto negli anni".

Riportiamo qui l'affermazione del Ramban, dell'introduzione al suo commento della Torà: — Lo affermo come un patto fedele, come un consiglio valido per colui che consulta questo libro; uno non si deve creare delle opinioni personali su tutte le allusioni (remazim) che ho riportato in relazione ai segreti della Torà. Affermo incontestabilmente che le mie parole non possono essere comprese da qualsiasi mente o intelletto, bensì soltanto per mezzo delle spiegazioni fornite da un Hacham Mekubal, che le trasmette all'orecchio di un Talmid assennato. Altrimenti, tutte le supposizioni che lo sprovveduto suppone a proposito saranno delle distorsioni, foriere di gravi danni ... ecc. (fin quì Ramban) —

— (riprende Shemen la-Maor) Se mi chiedeste perché ho scritto un commento al commento del Ramban, risponderò che è per chiarire le sue parole che sono succinte e allusive, mentre gli altri testi della kabalà si sono dilungati nelle loro spiegazioni. Vedi, ad esempio, il S. Sha're Ora, nel quale, ad ogni pagina, l'autore spiega "ora alluderò a" ... ecc. Così anche nel S. Behiye l'autore usa dire "ve ha-maskil iavin" (e l'iniziato capirà). Ancor di più nello Zohar, così recondito <65> e segreto. Ecco l'esposizione introduttiva dell'Etz Haim: — Sebbene sia convinto che le generazioni future saranno nutrite da questa composizione (lo Zohar), tuttavia è indubbio che le "acque" di questa "saggezza" non saranno svelate al lettore per mezzo dell'intelletto umano, bensì soltanto per mezzo dell'influenza divina che scende su di lui. Infatti, se persino l'ultimo dei kabalisti si spinse a dire che le parole dello Zohar non possono essere comprese, come potrebbe dunque uno immaginare che, per mezzo soltanto del suo intelletto naturale, sarà in grado di capire e di percepire la Voce del Dio Vivente, nelle parole di R. Shimon b. Yohai, che sono come fiamma di fuoco e i cui significati reconditi sono sigillati con mille sigilli? ecc. (fin qui l'Etz Haim) —

 — Pertanto, uomini di cuore, non continuate a leggere testi dei Rabbini Posteriori, che si basano e sono costruiti sull'intelletto umano. Sono convinto che se uno pecca, con qualche pensiero, nel mondo di atzilut, il suo peccato sarà maggiore di quanto potrà sopportare. E nonostante molti kabalisti posteriori abbiano esortato i fedeli a studiare la kabalà, avvertendo, altresì, che chi se ne astiene, viene "espulso dal suo compartimento" e "perde il suo mondo", tuttavia, non mi sembra che ci sia contraddizione tra queste due tesi. Infatti, certamente la può studiare colui che la riceve direttamente da un santo mekubal, che gliene rivela il significato, come fece l'Arì con i suoi discepoli, benedetta sia la sua porzione. E sebbene ci siano dei Rabbini Posteriori che hanno permesso di studiarla direttamente dai testi, in base alla comprensione soggettiva, tuttavia le unghie dei Saggi Anteriori sono migliori degli occhi dei Saggi Posteriori ecc ... "Rimanere nel proprio posto e non far nulla" è comunque preferibile. Infatti, dal momento che noi siamo severi in relazione agli eventuali pericoli per la salute fisica, a maggior ragione dovremmo esserlo con i potenziali pericoli per la salute mentale. Non dobbiamo indagare i segreti arcani, bensì dobbiamo studiare e comprendere il significato semplice dei versi della Torà, al fine di ricavarne insegnamenti morali che giovino al giusto e corretto comportamento e al cammino diritto per le vie dei Giusti. Ma dei segreti arcani la nostra sapienza è povera. — (fin qui la citazione del Shemen La-Maor, che concorda con l'idea di non inoltrarsi in questo tipo di studio).

— Sebbene ti abbia svelato la mia opinione, non fare affidamento su di me, né tu né chiunque altro, giacché non sono in grado di giudicarla — Potrei paragonare questo studio del "Sancta Sanctorum" ad un viaggio in Terra Santa. La grande importanza di questa mitzvà è ben nota. E qui le "tosafot" nel nome di R. Haim aggiungono: "Ora non è una mitzvà vivere in Israele, perché ci sono numerose "mitzvot" riguardanti la Terra Santa che ora non possiamo adempiere; inoltre esiste il pericolo del viaggio, esiste la povertà dei mezzi ecc." — Così <66> anche, chi potrebbe negare l'inestimabile sublimità di questa "saggezza superiore"? A condizione, però, che uno abbia meritato di studiarla direttamente da un mekubal, che, a sua volta, l'abbia ricevuta dal suo maestro. È vero, comunque, che dubito dei testi, scritti dai Rabbini Posteriori, che citano versi dello Zohar e pongono domande su di esso, rispondendo, poi, in base all'interpretazione fornita dal proprio intelletto. Chi ha mai dato permesso all'intelletto naturale di inventarsi l'esistenza di "tre teste" oppure "di tre luci pure"? Infatti, è spiegato nello Zohar che esiste un luogo, a proposito del quale nessuna domanda può essere formulata. Né esiste una prova dallo Zohar o dal Sefer Yezirà, giacché essi l'hanno ricevuta per bocca di saba d'sabin e di Eliahu e così anche per gli "yenukei" (scolari della kabalà) dello Zohar; lo spirito di Dio fu in loro e la Sua parola fu sulle loro labbra. Anche per l'Ari e per i suoi "leoncelli", che da lui la ricevettero oralmente, le parole provengono "dall'alto". Ma noi quando le studiamo non dobbiamo pensare ad altro se non alla lettura testuale delle parole. Ma i Rabbini Posteriori che le hanno spiegate, in base alle loro interpretazioni, non si sono attenuti a questo consiglio. — Per cui, caro amico, potrai capire il valore dell'esempio fatto con il viaggio in Terra Santa. Giacché la grande distanza che esiste da quel luogo di Ha-Shem, in cui è dato capire "i segreti", è dovuta alla breve misura dell'intelligenza umana, da una parte, e dalla grande profondità di questi concetti e dal grande numero di prerogative essenziali per acquisire questa saggezza (la Kabalà), dall'altra. Anche l'autore del libro "Pardes Rimonim", in virtù della sua santità e della sua devozione, fu molto severo nell'ammonire il kabalista a non crearsi falsi pensieri di "separazioni" o di "limitazioni" ecc. Così anche diciamo che uno spirito dall'Alto ci sorvegli, affinché si possa percepire e comprendere, senza allontanarsi dalla verità e dalle fondamenta della nostra fede — Pertanto, si considera regola generale laddove non esiste diversità di opinione tra i testi kabalisti e, quindi, non bisogna indagare per comprenderla, ma bisogna semplicemente accettarla nella forma in cui viene espressa — "E le legherete come segnali sulle vostre mani e saranno come frontali per i vostri occhi". E anche se capitasse che le parole che leggi siano o meravigliose o dubitevoli e ti sembri, Dio ci salvi, contengano "numero" o "separazioni" o "materializzazione" o "cambiamento", ebbene, tu dovrai accettarle come farebbe un servitore fedele e convincerti che la tua intelligenza e la tua capacità di comprensione sono troppo limitate per sondare la profondità dell'argomento. Così non cadrai nel dubbio, Dio ci salvi, su uno qualsiasi dei principi della Fede, così come viene espresso nell'Yigdal Elohim Hai. Poiché anche questi principi non possono essere capiti nella loro essenza dall'intelletto naturale. ecc. —         <67>

— Ora, vi ho svelato i veri pensieri del mio cuore. E tu, da parte tua, per mezzo del tuo approfondito scrutinio e della tua vasta sapienza, informami delle tue vie e non prendere in considerazione quella che sarà la mia reazione alle tue opinioni — (Firmato Yair Haim).

Questa è una chiara dimostrazione su come l'Autore di "Hovot Yair" fosse timoroso e guardingo nella sua opinione, per la quale è bene separarsi dallo studio della kabalà. Egli provò un conforto nelle parole del Shemen La-Maor, ma, tuttavia, ebbe il timore di proibirlo (lo studio) palesemente, sicché in molti si sarebbero scoraggiati dall'intraprendere lo studio di questa sacra sapienza. Osserva, dunque, quanto egli lodi questa saggezza, specialmente per coloro che hanno meritato di riceverla dalle labbra di un mekubal. Egli, altresì, ammette che chiunque tralasci questo studio, uno volta intrapresolo e una volta ricevutolo, “viene espulso dal suo compartimento". Inoltre, egli ammette che uno che si occupa di kabalà, anche se si imbatte in parole che lo fanno dubitare, tuttavia, deve accettarla in buona fede, riconoscendo in ciò la limitatezza della sua comprensione.

 Così dunque, i due antagonisti, da voi menzionati, il Rivash e Hovot Yair, testimoniano, invece, che vi siete inventati tutto di sana pianta. Da dove si deduce che essi si separarono da tale occupazione, come avete scritto? Non è forse Hovot Yair che dice "Magari uno spirito dall'Alto si svegliasse" ecc. Vi potrei dimostrare, ancora, che egli stesso meritò di studiare la kabalà.

Concludendo, nessuno è in disaccordo con la kabalà, non i Rabbini anteriori, non i Rabbini posteriori, non le moltitudini e neppure i singoli individui. Tutti concordano sul fatto che chiunque abbia il merito di studiare la kabalà, da bocca ad orecchio, ha avuto un grandissimo "zechut" (merito) e così anche non e concesso indagare al riguardo. Se uno desidera studiarla, deve accettarla in buona fede e non deve interpretarla con il proprio raziocinio. Qualora si imbattesse in (apparenti) contraddizioni, deve considerare che ciò è da attribuirsi alla sua mancanza di conoscenza e non già considerare che si tratti di concetti materiali. Concludo con le parole del più umile tra gli umili "E tornerai ad ascoltare la Voce di Dio".

 

<68>

RISPOSTA DI YIHIA BEN SHLOMÒ EL-KAPAH

 

Prego l'Onnipotente affinché mi guidi per sentieri diritti, affinché mi salvi da parole false, da lingua mendace. Mostrami, o Dio, le Tue vie e camminerò nella Tua verità. Sottometti il mio cuore al timore del Tuo Nome. La Tua Luce e la Tua Verità siano per me guida, sicché possa rispondere ad ogni parola con chiara esposizione. Togli da me qualsiasi vergogna e disonore, dal momento che ho custodito i Tuoi precetti. Anche se i potenti si riuniscono per tendermi insidie, il Tuo servitore esporrà apertamente le Tue leggi. Allora non verrò svergognato, poiché non avrò abbandonato il sentiero dei Saggi, di benedetta memoria, autori della Mishnà, del Talmud e dei veritieri Midrashim e così anche dei Poskim che hanno seguito le loro orme. Tutto Israele si appoggia su di Loro, poiché sono essi gli eredi della vera Kabalà, ricevuta da Moshè, nostro Maestro, la pace sia su di lui. Queste sono le leggi generali ed i dettagli della Torà per i quali Moshè rimase quaranta giorni e quaranta notti sul monte Sinai. Moshè li tramandò poi a Yoshua; questi agli Anziani e così via.

 

1

 

Anche per noi è un obbligo sacro seguire le loro orme, per ciò che riguarda le cose proibite e le cose permesse, le cose impure e le cose pure. A maggior ragione quando si tratta dell'Unità di Dio (Yihud Ha-Shem), poiché questo è il principio primo sul quale si fonda l'accettazione che riguarda il compimento di tutte le mitzvot.

Nel caso in cui si presenti un qualsiasi autore, che venga ad aggiungere alcunché alle parole dei Saggi, o peggio ancora, venga per distoglierci dalla Vera <69> Fede della Sacra Torà, noi non lo ascolteremo. Anche se costui compisse dei miracoli in cielo e in terra, noi non ci distoglieremo dal Signore, nostro Dio, come ci viene insegnato dalla Tradizione (Masoret) e dalla Kabalà, ricevuta dai Saggi della Mishnà, del Talmud e continuata dai Poskim.

 

2

 

A maggior ragione non gli crederemo quando dice che il Profeta Elia gli si è rivelato oppure che Saba d'Sabin o Atika Kadisha della Corona Celeste (Keter Elion) sono scesi a lui per svelargli i segreti nascosti. Egli è certamente un falso profeta per il quale la punizione da infliggere è lo strangolamento (1).

 

1) Rambam, comm. à Mishnà, introd. a Seder Zeraim.

 

 

3

 

In verità, le parole iniziali della tua lettera si presentano in un modo stolto e malvagio, "Come oso ricercare e indagare su ... ecc.". Perché no? Al contrario, l'opposto è più logico. Siccome quelli dicono che dobbiamo servire zeir anpin, che è una creazione, diventa, pertanto, per noi e per ogni individuo del popolo d'Israele un obbligo assoluto sapere che è Dio il Creatore e non già un oggetto della Sua creazione; inoltre, bisogna servirLo, come è scritto "E riconoscerai questo giorno e imprimerai nel tuo cuore che l'Eterno è il Signore in alto nel cielo e in basso sulla terra e non vi è altri all'infuori di Lui ecc." e così anche "Conosci il Dio di tuo padre e di tua madre".

In merito, poi, alla tua meraviglia "Come avrebbero potuto sbagliare?", questa non è giustificata. Sono forse questi recenti kabalisti che, a volte nella loro buona fede hanno seguito i comandamenti dell'autore filosofico dello Zohar, falsamente attribuito a R. Shimon b. Yohai, R. Elazar suo figlio e al loro gruppo, migliori del Grande Sinedrio? E a proposito del Sinedrio, la Torà ha scritto "Quando si presenta una questione di giudizio che per voi è troppo <70> difficile da dirimere ecc." "vi alzerete e andrete al luogo che il Signore, vostro Dio, avrà scelto ecc." "e farete quello che vi diranno" ecc. Ciò nonostante, la Torà ha comandato che nel caso in cui il Grande Tribunale abbia commesso un errore e, in seguito ad esso, tutta la nazione abbia peccato, è necessario presentare un sacrificio. Se l'errore commesso è quello di idolatria (avodà zarà), oltre al relativo insegnamento al popolo, ogni Tribù doveva presentare un giovenco come olocausto e un capro espiatorio (korban hattat). Questa imposizione deriva dal verso, in Numeri (1) "E se avveniva che all'insaputa della congregazione un errore fu commesso...ecc.". Se l'errore, invece, riguardava un qualsiasi peccato, punibile con il "karet" (estirpazione), oltre al relativo insegnamento al popolo, ogni Tribù doveva espiare con un giovenco (korban hattàt). Questa imposizione deriva dal verso, in Levitico (2) "E se l'intera comunità di Israele ha commesso un errore e qualcosa è stato nascosto agli occhi della congregazione... ecc.".

 

1) Numeri 15:24.

2) Levitico 4:13.

 

4

 

Sarebbe dunque il potere dei Rabbini, autori della nuova kabalà, maggiore di quello del Grande Tribunale e il loro livello di sapienza superiore a quello del Grande Sinedrio? Già la Torà aveva previsto che sarebbe stato possibile un loro errore persino nel permettere ciò che è proibito, anche nel caso relativo all'idolatria. L'uomo, ancorché di elevato livello, ha origine dalla terra per cui è soggetto a sbagliare. Ciò nonostante, entro i limiti della nostra comprensione, siamo in grado di discernere la grande differenza che esiste tra i precedenti Saggi e la Loro Fede in Dio nel giusto modo che comprende l'Unicità, conformemente alla Torà (1) e le nuove credenze, riportate nei testi della nuova kabalà. La fede di costoro, che origina nella Spagna del tredicesimo secolo, da cui, poi si è diffusa, coinvolge una molteplicità in Dio (come dimostrerò spesso in questo libro) e si basa sul fallace fondamento che tutto il nostro "servizio" e tutte le nostre preghiere devono essere rivolte all'ultimo "partzuf" del mondo di "emanazione", nominato zeir anpin. <71>

 

1) Come viene spiegato da R. Behiya in Hovot ha-Levavot; R. Yehuda ha-Levi in Kuzari; R. Sa'adia Gaon in ha-Emunot Ve ha-Deot: Rambam, in Yad Hazakà, nel suo commento alla Mishnà e in Morè ha Nevuhim; R.Eliezer di Garmisa in S. Ha Rokeah e in S. Mitzvoth ha-Gadol; R. Yosef Albo in S. ha-Ikarim; R. Meir Aldabi in S. Shvilei Emunà.

 

 

5

 

Questa nuova dottrina è del tutto estranea alla Torà scritta ed alla Tradizione orale. E appunto per questo motivo che vi abbiamo chiesto di indicare dalle parole dei Tanaim e degli Amoraim come sia possibile conciliare la parola dei kabalisti con quella dei Saggi. La vostra risposta, però, è stata formulata con inganno e in modo accusatorio.

Nella terza lettera, la vostra risposta s'addiceva al "malvagio" tra i quattro figli che domanda "che significato ha questo servizio per voi?" — "per voi" non per lui. Come se non fossimo anche noi comandati dalla Torà "E riconoscerai questo giorno e imprimerai nel tuo cuore che l'Eterno è Iddio, ecc." — e da altri innumerevoli versi della Torà, dei Profeti, dalle Sacre Scritture e dalle parole dei Saggi, i quali ci insegnano il giusto termine di tale sapienza.

Ed ancora una volta avete dimostrato di appartenere a quella categoria di persone che fanno maldicenza e così anche la ricevono. A tale proposito, avete affermato di avere già molti testimoni contro di noi, per il fatto che disprezziamo i Saggi e non abbiamo più la possibilità di negarlo. Ma la nostra Legge è chiara: non si può accogliere una testimonianza se non alla presenza dell'accusato.

 

 

6

 

Ritorciamo a voi la vostra domanda. Come ha osato il vostro cuore raccogliere la maldicenza di stolti ciarlatani, accettare le loro parole come testimonianza vera, valutare i vostri fratelli che studiano la Torà scritta e la Torà orale come "negatori" e "miscredenti"? Non è forse noto a tutti che questa è una generazione deteriore e falsa (specialmente i loro capi), in cui ognuno si compiace di dileggiare il suo prossimo? <72>

Voi avete attizzato il vostro odio contro chi trascorre la notte e il giorno nello studio della Torà, affinché questa non sia dimenticata dal popolo d'Israele! E per quale motivo? Per un'illecita congrega di testimoni calunniosi che vanno in cerca di scandali! Voi avete creduto alle loro parole, avete accettato le loro bugie e per di più alla presenza di un solo giudice, essendo assente l'accusato! Non avete investigato i testimoni, anzi, vi siete compiaciuti delle loro menzogne a tal punto che avete decretato nei nostri confronti "e non potrete più negarlo"! Ma ciò non vi è bastato. Dopo che il regime vigente nello Yemen ci ha messo in prigione, a causa della falsa calunnia da voi pronunciata nei nostri riguardi, avete ordinato a tutti di recarsi al cimitero per spargere cenere sulle proprie teste! E perché tutto ciò? Non già per aver omesso qualche mitzvà o per aver trasgredito qualche comandamento, Dio ci salvi, ma solo perché abbiamo seguito il "minhag" dei nostri Padri, col fissare lo studio della Mishnà, del Talmud, di Rambam, dello Shulhan Aruch, al fine di studiare, insegnare, custodire e mettere in pratica tutto ciò. E così anche perché ci rifiutiamo di studiare questo infido libro dello Zohar, come invece è vostro minhag!

 

 

7

 

Ed ora, con l'aiuto di Dio, torniamo alla domanda principale — Avevamo chiesto a voi kabalisti "a chi è diretta la nostra preghiera e le nostre benedizioni, a chi è rivolto il nostro servizio, a chi chiediamo perdono?".

Voi ci avete risposto, però, come il maldicente che ha in animo la sola vendetta. Si chiese sull'orzo e fu risposto sul frumento. Avete negato ciò che è scritto chiaramente nei libri a tutti manifesti, comportandovi come uno che giura su un uomo che è una donna o viceversa o che un pilastro di marmo è d'oro.

Vi siete adirati contro il "Matzref Emunà". Lo avete ricoperto di ridicolo. Così facendo, avete svelato che siete voi, in verità, i dileggiatori dei Hachamim!

La nostra domanda era questa: se, a detta dei kabalisti, zeir anpin è il nostro Dio ed è lui che ci sostiene ed è lui che dobbiamo servire, chi è dunque colui che "sostiene" e "nutre" tutti i mondi al di sopra del mondo di atzilut? Forse egli dal di sotto innalza il loro "influsso" e il loro "sostentamento", affinché essi lo possano servire e a lui si possano prostrare? O forse il Dio del loro sostentamento è la causa prima che essi servono, mentre noi siamo costretti a servire zeir anpin? Se così fosse, il Dio dei livelli superiori non è il Dio dei livelli inferiori, <73> Dio ci salvi!

Questa è la contraddizione che vi chiedevamo di chiarire. La vostra risposta, invece, fu "la vostra risposta non appartiene a questo argomento"! Quando mai troviamo che bisogna portare una prova per contraddire una legge di Mosè dal Sinai? Poiché sono i kabalisti stessi che l'hanno ricevuta tale da Mosè".

 

 

8

 

Ci stupiscono davvero le vostre parole. È forse "halachà le-Moshè me-Sinai" credere in una molteplicità in Dio oppure servire alcunché all'infuori della Causa Prima, del Fondamento di tutto? Egli soltanto è la Causa di tutto il creato.

L'inganno contenuto nelle vostre risposte ha successo con le persone dal cuore distorto. Sembrerebbe che ad esse abbiate mostrato le vostre lettere per ascoltare le lodi sul vostro acume e sul vostro discernimento nel rispondere alle nostre domande. Nonostante ciò, tutte le vostre risposte sono impregnate di menzogne, mistificazione e sotterfugi. Come se non aveste capito la base sulla quale fu posta la domanda!

È spiegato chiaramente nei principi generali dei Poskim (1) che, nel caso esista una discrepamza tra la Kabalà (tradizione mistica) e il "psak" (decisione legale della Halachà) bisogna seguire il psak. Questo è un principio ben noto.

Se, allora, come sostenete voi, questa kabalà è halachà le-Moshè me-Sinai, come mai verrebbe rifiutata dall'opinione di un Tanai o di un Amorai o a maggior ragione, da uno dei Poskim Posteriori? Siete dunque voi che dovete fornire una prova che ci chiarisca laddove un Tanai o un Amorai abbia mai osato contraddire o insegnare il contrario di una halachà le-Moshe me-Sinai, cioè una legge ricevuta da Moshè, il nostro Maestro, la pace sia su di lui. Solo uno sciocco, un malvagio o uno squilibrato si comporterebbe in tal modo!

Invece, l'espressione che è comune sulle labbra dei Saggi è la seguente: se è halachà (le Moshè) l'accetteremo, ma se invece è una legge (rabbinica) argomenteremo su di essa.

 

1) Vedi Keneset ha-Ghedolà, Radvaz e Shahaz. <74>

 

 

9

 

Le vostre parole sono esagerazioni offensive, sufficienti a spaventare persino gli stolti e i dissennati. Parlate in malo modo, senza comprensione. Rifiutate, in modo ingannevole, di riconoscere Dio, come disse il Profeta Geremia "con il nome di Dio vi sedete con inganno e con inganno si sono rifiutati di conoscerMi, parola dell'Eterno".

Uno dei detrattori tra di voi ha detto: "Sappiamo che avete ragione, ma a che giova rivelarlo e farlo sapere ai Talmidim, è meglio lasciarli nel loro errore". Tale atteggiamento è proprio del figlio "rascià" (malvagio) di cui parla l'Aggadà che dice "cos'è questo servizio per voi ecc.".

Un'ulteriore prova che parlate con inganno è che scrivete apertamente nella vostra lettera che l'autore del libro "Matzref Emunà" è un "miscredente" ed un "negatore di Dio". Dio ci salvi! Avete rinominato il libro "Matsref Emunà" (non il "crogiuolo della Fede" bensì "colui che brucia la Fede"). L'autore, comunque, procede nella sua buona fede, dal momento che non ha scritto alcunché che contrasta con le parole dello Zohar, del Mikdash Melech, del Kisei Eliahu, di Rashab, di Yosher Levav, del Sefer ha-Brit, di Etz Haim, di Nahalat Yosef e di tanti altri.

Comincerò ora, con l'aiuto di Dio, a portare alcune prove che questa kabalà non è halachà le-Moshè me-Sinai.

In Erubin i Saggi dissero:

— Qualsiasi "mishnà" che non venne studiata nella Casa di Studio di R. Hiyà e R. Oshayà non è considerata "mishnà" ed è divieto apprendere alcunché da essa, dal momento che è corrotta. —

Deduciamo così che qualsiasi "mishnà", non inclusa nello studio svolto nel Beit ha-Midrash di R. Hiyà e R. Oshayà, non solo non è halachà le-Moshè me-Sinai, ma anche è proibito trattarla per motivi di studio da parte di un Amorai.

È scritto nel Talmud di Gerusalemme:

— Aba gli disse, nel nome di R. Shimon G. Lakish: Qualsiasi "mishnà" che non è entrata nella "haburà" (gruppo di studio) non è degna di affidamento. —

Ho poi trovato scritto in uno dei manoscritti dei nostri antenati, nel nome di R. Saadia Gaon: "Non ci si può fidare del libro Shiur Komà, perché non viene menzionato nella Mishnà o nel Talmud. È obbligo considerare le parole di R. Ishmael che <75> pronunciò "La verità sulla paternità di un libro deve essere comprovata, perché esistono numerosi libri attribuiti falsamente ai "Grandi Luminari"". —

 

 

10

 

Dalle parole del Gaon possiamo capire come molti libri siano stati falsamente attribuiti a grandi personaggi per motivi di lucro personale che l'autore ne ricavava.

Oltre a ciò, abbiamo qui il "principio" per il quale ogni cosa non menzionata o chiaramente spiegata nella Mishnà o nella Ghemarà o che è in opposizione a quello che è decretato od implicito nel Talmud, non possa essere considerata "kabalà" e su di essa non si possa fare affidamento.

E per questo motivo che non possiamo basare alcuna halachà su una "legge" o "implicazione di una legge" che si trova nel Midrash allorquando essa è in disaccordo con il Talmud. Anche il Talmud di Gerusalemme non ha status legale se è in contrasto con il Talmud Babilonese, il quale è stato accettato come "definitivo" da tutta Israele.

Studiate bene, ora, la seguente citazione di R. Tam ibn Yihia (1) — Ai nostri tempi la conoscenza non esiste ed i segreti della Torà sono celati agli occhi di tutti, perché nessuno conosce più questa "sapienza" (hohmà). Pertanto, chi cerca di impossessarsene reca danno a se stesso e corre il pericolo di perdere la sua parte con il Dio d'Israele.

— L'ammonimento dei Saggi "Non indagare su ciò che è al di sopra del tuo livello di comprensione e non inoltrarti su ciò che ti è occulto" venne appunto espresso per costoro.

— Gli insegnamenti dei Hachamin sono sufficienti. A loro appartiene la vera Kabalà, la Torà Orale che spiega la Torà e i precetti secondo la Tradizione orale tramandata direttamente da un individuo all'altro, fin dal tempo di Mosè. Fu per ricevere questa tradizione che Mosè salì in alto e vi rimase quaranta giorni per studiare i "principi" e i "particolari", in accordo con i <76> metodi di interpretazione a lui rivelati. Ed è con questi che noi siamo obbligati ad occuparci "perché essi sono la nostra vita e la lunghezza dei nostri giorni". E non dobbiamo sbagliare persino in uno di essi perché "colui che trasgredisce le parole dei Saggi è ritenuto colpevole".

— Ma le allusioni nascoste, i segreti della Torà ed i concetti superiori con i quali i "maestri" della Kabalà spendono i loro giorni non sono affatto obblighi incombenti su di noi. È vero che nel passato si sono avuti "individui scelti" (yehidei segulà) ecc. — però "non chiunque che è desideroso di "concepire" il Nome è in grado di farlo" — dal momento che questi sono i "segreti" relativi al mondo.

— Nei nostri giorni, però, questa nuova "sapienza" non deve essere considerata giusta; al contrario, essa abbatte le "pietre angolari" della Torà sradicandone i suoi fondamenti! Coloro che la seguono sono come ciechi che non hanno modo di essere illuminati. Come i ciechi brancolano nel buio, senza poter trovare l'entrata — invece di trarre giovamento, come essi ritengono, si danneggiano con incurabili ferite. Così molti di essi, sebbene ignoranti, cominciano a vantarsi "Noi conosciamo i segreti occulti, nostra è l'eredità delle "acque superiori" — non già voi che seguite il Talmud e la Mishnà e brancolate nel buio". Non si rendono conto di quello che dicono. I loro occhi sono chiusi. Sono saggi nella loro autodistruzione, perché cercano di comprendere ciò che la loro intelligenza non può afferrare. Desiderano salire da un livello all'altro, sicuri di ottenere la loro meta. Alla fine, però, cadono tutti nella trappola. Abbattono i recinti della Torà e ne distruggono le mura. Si vantano di ciò in cui non hanno comprensione alcuna e finiscono per arrivare alla negazione, dopo aver estirpato, nel loro errore, le radici e le fondamenta della Torà. In questo modo si allontanano dalla Sua volontà e dalla Sua vicinanza. Meglio sarebbe stato per loro non venire al mondo ...

 

1) Riportato in Revid ha-Zahav, Hilchot Pesah.

 

 

11

 

Medita, dunque, prezioso lettore, su come R. Tam ibn Yehia si sia pronunciato contro la nuova kabalà e tutti coloro che la studiano: in che modo essi <77> abbiano abbattuto i recinti della Torà e sradicato le basi dello Yihud ha-Shem; in che modo essi pensavano di avvicinarsi al Nome, mentre, invece, deviavano dalla retta via e arrivavano ad una credenza politeista (1).

Tutto questo è dovuto al fatto che si sono erroneamente basati sul presupposto che lo Zohar è d'attribuirsi all'esimio Tanai, R. Shimon b. Yohai.

A seguito però delle approfondite indagini e alle prove reali, compiute dai Hachamim interessati, è stato chiarito da quale penna, in realtà, queste parole furono scritte ed in quale periodo fu composto questo testo. Ebbene, fu provato con chiarezza che l'autore dell'intera opera fu uno dei Rabbini posteriori, certo Moshe de Leon, vissuto nella Spagna del tredicesimo secolo. Le idee espresse in questa opera non sono assolutamente da attribuirsi a R. Shimon b. Yohai. Molti dei concetti concernenti questioni "essenziali" della "Emunà" della Sacra Torà, riportati dallo Zohar, sono in netto contrasto con le parole di R. Shimon b. Yohai, così come con le parole del Talmud, con i Midrashim dei Saggi, noti a tutto Israele.

Lo Zohar non può essere assolutamente considerato una base di appoggio e di affidamento per qualsiasi 'minhag' del popolo d'Israele (2).

Fu altrettanto improprio per i Saggi del Medioevo operare dei cambiamenti nei testi di preghiera, secondo lo Zohar e le opinioni dei nuovi kabalisti. Tali cambiamenti, infatti, conducono a "minut", cioè ad una falsa credenza in molti "poteri regnanti" (reshuiot) e al servizio per altri dei, come sarà spiegato dettagliatamente più avanti.

 

1) Vedi R. Albo, s. ha-Ikarim, prk. 28, in accordo con R. Yihia. Il libro Revid ha-Zahav riporta anche il Maharshal, nella sue "risposte" ed il Yad ha-Shlomò per ciò che concerne coloro che si vantano dei loro "hidushim", dedotti dai libri della kabalà ecc., e conclude che "dopo la chiusura del Talmud uno non deve rendere la Legge più severa rispetto alla Ghemarà" e che ciò è simile a "minut" — Spiegato a lungo in Hok Ya'akob, siman 489, siman katan 11.

2) Il Revid ha-Zahav menziona anche Beit Yosef che "prestò attenzione allo Zohar soltanto quando le sue parole non furono in contrasto con la Ghemarà". Il Ramà spiega che "anche quando la Ghemarà non menziona il contrario, uno non deve deviare dalle parole dei Poskim e non deve prestare attenzione alle parole dello Zohar" — Egli riporta anche il Raam ed altri Poskim, per i quali "uno non deve accettare le parole dei kabalisti in contrasto con un Posek" — Vedi, allora, come i Poskim menzionati nella "risposta" di Revid ha-Zahav (Yosef Caro, Radvaz, Knesset ha-Ghedolà, Mahari ha-Levi, Maharash ha-Levi, R. Alkabuly, R. Tam ibn Yihia, Hok Ya'akov, Maharshal e Maharam Elshaker) sono tutti d'accordo sul fatto che nessuna attenzione debba essere accordata allo Zohar e ai kabalisti in contrasto con Talmud e coi Poskim, persino contro uno di essi. Come prova lampante a quanto detto puoi considerare che ciò che avete scritto sono halachà le-Moshè me-Sinai" è assolutamente falso e tale frase evidenzia la vostra completa ignoranza. <78> Un'ulteriore prova lampante, che non si tratta di kabalà da Mosè, consiste nel fatto che troviamo innumerevoli divergenze e discrepanze tra gli stessi kabalisti, sia nella forma che nella sostanza. Rambam, in Hilchot Ma'amarim, prk. 15, scrive che "non ci sono differenze d'opinione (mahlokot) su questioni di kabalà; e qualora ce ne fossero, puoi star sicuro che non si tratta di kabalà da Moshè Rabbenu" — Siccome dunque, tutte le nostre prove sono ricavate dal Talmud e dai veri Midrashim, come pure dai Gheonim e dai Poskim, come potete argomentare contro i ricettori della vera Kabalà "chi vi ha dato il permesso di fare una ricerca critica sulla nuova kabalà?" — Il Hacham ha-Mahary Zahary, yemenita vissuto nel Medioevo, scrisse: "Adesso citerò qualcosa della nuova kabalà, uscita di recente" — Vedi come testimonianza le numerose leggende nel Midrash ha-Gadol di R. Amram da Aden e Mahari Bashiri in S. Segulat Israel, S. Nur el Zalam, ha-Hefetz di R. Yehia ha-Rofè.

 

 

12

 

L'argomento da voi espresso contro di me "chi vi ha dato il permesso di interrogare e di indagare le loro parole" mi meraviglia assai.

Fu, dunque, concessa la Torà affinché la si leggesse come farebbe un pappagallo o un animale schiamazzante?! E inconcepibile! Chi studia in tal modo è chiamato "scriteriato" e "malvagio". Come cita la Ghemarà (1) :

— R. Ola disse: Cosa dobbiamo dire di uno che ha studiato Torà e Talmud ma che non ha però aiutato i Talmidè Hahamim (2)?

— R. Eliezer disse: Egli non è erudito (am ha-aretz).

— R. Shemuel bar Nahmani disse: Egli è un ignorante (bur).

— R. Yanai disse: Egli è un samaritano (kutì).

— R. Aha b. Ya'akov disse: Egli è un magus (seguace di Zoroastro).

— R. Nahman b. Yitzhak disse: L'opinione di R. Aha b. Ya'akov è la più verosimile, perché è la più comune tra la gente che dice "il magus biascica parole di cui ignora il significato". È la stessa cosa vale per chi studia, senza sapere cosa sta studiando. —

Se, per ipotesi, qualcuno vi consegnasse due lettere che si contraddicono fra di loro su della merce ricevuta, voi le esaminereste bene per controllarne la veridicità al fine di non avere una perdita in denaro. Non le accettereste entrambe in buona fede.

Alla stessa stregua, dovreste accettare in buona fede ciò che contraddice la Emunà della Torà, senza distinguere tra il bene e il male? L'aspetto fondamentale <79> dello studio della Torà consiste nel conoscere i suoi comandamenti e le sue leggi! Come disse il re Davide, alav hashalom, quando implorò Dio: "Dammi la comprensione affinché possa studiare i Tuoi precetti". Ed ancora "Insegnami buoni ragionamenti e sapienza, poiché ho creduto nei Tuoi comandamenti" (3). In tutte le mitzvot della Torà è necessario che l'individuo vi presti la massima attenzione, al fine di capire le leggi e, in tal modo, non permettere ciò che è proibito e proibire ciò che è permesso. Così ammoniscono i Saggi (4): "State attenti con il vostro studio, perché un errore nello studio viene considerato "intenzionale".

A maggior ragione quando si tratta del precetto di "conoscere" Dio e di "comprendere" la vera essenza della Sua Unità, in accordo con il comandamento della Torà (Deut. 4, 39): "E riconoscerai questo giorno e imprimerai nel tuo cuore che Ha-Shem è Dio in alto nei cieli e in basso nella terra e non vi è altri all'infuori di Lui". Così anche Davide comandò a Salomone: "Conosci il Dio dei Tuoi Padri e serviLo" (5). Il Profeta Geremia pronunciò "Non si vanti il saggio della sua saggezza, né il valoroso del suo valore, né il ricco della sua ricchezza. Ma, invece, chi si vuole vantare si vanti di questo: del fatto che egli comprende e conosce Me e sa che Io sono il Signore che opera con bontà, ecc." (6).

Quanto di più è dunque incombente su di noi conoscere chi dobbiamo veramente servire!

 

1) Soteh, pag. 22.

2) Chi studia la Torà in una scuola rabbinica.

3) Salmi 119 vs. 73 e 66.

4) Pirkè Avot.

5) Re 1 (28, 9).

6) Geremia: 9. 22.

 

13

 

La grande capacità di indagare e spiegare la Torà, in accordo con la Kabalà dei Saggi, ci è stata tramandata dai Saggi stessi. Come disse un Tanai (Avot 5, 22): "Voltala (la Torà) e rivoltala ancora, perché Essa contiene tutto". Se una persona studia ma non si sforza di capire chiaramente, il "segreto" e <80> il vero significato dello stesso non gli verrà svelato e alla fine non avrà compreso nulla. Nel primo capitolo di Berahot (6, 72) è scritto: "Ognuno dovrebbe sempre affrettarsi a compiere una mitzvà, persino di Sabato, così come è detto "Essi seguono Dio come un leone ruggente". R. Zira disse: "La ricompensa per una seduta di studio consiste nel "correre" dietro ad essa". Rashi spiega: "La principale ricompensa per chi "corre" ad ascoltare le parole di un Hacham consiste proprio nell'essere corso a seguirle, dal momento che i più non sono in grado di comprendere lo studio in sé e di ricordarlo in seguito. La ricompensa per lo studio, invece, consiste nell'essersi formato un parere, per esempio quando la persona si affatica molto nello studio per capire il perché delle cose".

In Sanhedrin (42) è scritto: "Poiché con abili strategie (tahbulot) tu devi condurre la tua guerra". R. Aba e R. Hanina nel nome di R. Assi nel nome di R. Yohanan spiega: "Chi sono coloro che sostengono la guerra della Torà? Coloro che tengono nelle loro mani fardelli (havilot) di mishnaiot". Rashi spiega: "Per guerra della Torà si intende l'affaticarsi a comprendere le Sue leggi su di una base chiara e solida; non come colui che è molto perspicace e abile nel formulare opinioni, ma che non ha studiato molte mishnaiot e beraitot. Da dove, pertanto, verrà rivelato il segreto e il significato vero dello studio? Esso verrà rivelato soltanto a colui che ha studiato molte mishnaiot, cosicché quando egli deve ricercare la ragione di qualcosa in un punto, può trovarla in un altra mishnà, oppure se ricerca una questione in una mishnà può trovarne la soluzione in un'altra ancora".

In Haghigà (3, 72) è scritto: "Le parole dei Saggi sono simili a pungoli, ecc."Ba'alei asufot" sono i Dotti che si riuniscono in gruppi per studiare la Torà: alcuni di essi affermano che una cosa è impura, altri che è pura, alcuni considerano una cosa proibita, altri permessa e così via. Affinché uno non dica: "Come è possibile, dunque, studiare la Torà?". Sappi, pertanto, che tutte (le parole) furono date da un unico Pastore, un Unico Dio le concesse tutte, il Signore che è al di sopra di ogni cosa che esiste, Benedetto Egli sia, come sta scritto "E Dio proferì tutte queste parole, dicendo ecc. — Così anche voi fate il vostro orecchio simile ad un imbuto e acquistate un cuore pieno di comprensione per distinguere le parole di coloro che dicono puro, impuro, vietato, permesso, ecc.". Rashi spiega: "Un Unico Dio le concesse tutte — nessuno di coloro che discutono potrebbe portare una prova dalla legge di un altro dio, ma solo prove dalla Torà di Ha-Kadosh Baruch-Hu; nessuno di loro potrebbe portare una prova dalle parole di un profeta che venisse a contraddire le parole di Moshe Rabbenu. — "Fate il vostro orecchio <81> simile ad un imbuto" — siccome il cuore di ciascuno di loro è rivolto a Dio, fate in modo che il vostro orecchio ascolti, studi e conosca tutte le opinioni e quando saprete distinguere ciò che è corretto, stabilite conformemente la legge".

 

14

 

È ora mia intenzione dimostrare, con prove inconfutabili e veritiere dalla Torà scritta e dalla Tradizione orale, che Ha-Shem, Benedetto Egli sia, nominato nella Sacra Torà con il Tetragramma (1) e con il nome Adonai e nel linguaggio dei Saggi con Ha-Kadosh Baruch-Hu è la Causa Prima ed Egli soltanto esiste di necessità. Questo è in palese contrasto con quanto è scritto in Yosher Levav (2) e nel nome di Yitzhak Luria, che con lo Zohar ha creato una nuova corrente filosofica, secondo cui il nome va riferito a zeir anpin.

Le prove della Torà sono basate su alcuni versi, quali "La dimora del Dio del passato remoto" (meonà Elohei Kedem) (3) che si riferisce al fatto che Dio è la Causa Prima di tutte le creazioni superiori e inferiori e che è nostro obbligo servire soltanto Lui (4). Ed è pure scritto: "Io sono il Primo e Io sono l'Ultimo e non v'è altri all'infuori di Me" (5). E re Davide disse: "Perché chi è Dio all'infuori di Ha-Shem, chi è la nostra Rocca all'infuori del nostro Dio ?" (6). E come scrive il Rambam: "Poiché Egli, Benedetto il Suo Nome, è la Causa ed il Principio di tutto il resto e non vi è altra Causa che lo precede" (7). E R. Ha Hasid in Hovot ha-Levavot scrive (8): "È necessario concludere che tutto ciò che esiste ha un principio, che non è preceduto da alcun altro principio. Fu Egli che formò il tutto e lo plasmò dal nulla; non lo creò da o su qualcosa di esistente, come è scritto "Io Sono Dio che opera ogni cosa, che stende i cieli per Mio volere e così la terra". E disse Giobbe: "Stende il nord sul caos (tohu) e fa si che la terra penda sul nulla" (bli mah) ecc. Egli precede il tutto (kadmon) e non v'è inizio al Suo Inizio, né tantomeno c'è fine al Suo eterno Inizio, come è scritto "Io sono il Primo e Io sono l'Ultimo". Perciò gli Uomini della Grande Assemblea stabilirono nelle preghiere: "In verità, Tu sei il Primo e Tu sei l'ultimo". <82>

 

1) Il Tetragramma, Yod, Heh, Vav, Heh, spesso letto "Shem Havayà".

2) Riportato in S. Ha Brit.

3) Deuteronomio 33, 27.

4) Spiegato da Rambam nel suo commento alla Mishnà e altrove; così anche da R. Sa'adya ha-Gaon e R. Yehudà ha-Levi.

5) Isaia 44, 6.

6) Samuele 2, 22, 32.

7) Morè Nevuhim, cap. 16.

8) Sha'ar ha-Yihud.

 

15

 

Aprite bene le vostre orecchie e udite le risposte della vera Torà di Moshè Rabbenu, alav hashalom, che rendono onore al Vero Dio.

Ciò che mi avete scritto su ciò che essi chiamano i cinque partzufim "divini" è un paraocchi alla vostra vista, dal momento che non avete letto le parole dello Zohar (1) : "E Dio disse "Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza". "Il segreto di Dio è per coloro che Lo temono". L'Antico degli Antichi (saba d'sabin) aprì e parlò: "Shimon, Shimon, chi è questo Elohim?". Ciò detto, scomparve e non fu più visto. Ma poiché R. Shimon udì che lo aveva chiamato "Shimon, Shimon" e non Rabbi Shimon, disse ai compagni: "Certamente costui era Kudshe Brich Hu", su cui è detto "L'Antico dei Giorni (atik yomin) si sedette" (2). E arrivato dunque il tempo di svelare questo segreto, che prima era vietato rivelare. Così apri e parlò: Un re aveva molte costruzioni da edificare. E il suo artigiano (umana) non faceva alcunché senza il suo permesso, conformemente a quanto è scritto: "sarò fedele (emun) a Lui (Ha Shem)". Il Re allude alla "Sapienza Superiore" (hochmà ila'a). Il "Pilastro Medio" è il Re inferiore (malka le-tata). Elohim è l'artigiano superiore, ossia la "Madre Superiore" (ema ila'a). Elohim è anche l'artigiano inferiore (umana le-tata) ossia Shechintà, il quale non ha il permesso di agire senza il consenso di suo "marito". Per tutte le costruzioni che furono nella "via" di Atzilut, aba disse ad ema "così sia" e immantinente fu; così come sta scritto "Elohim" disse "sia la luce". Il Padrone <83> della costruzione lo ordinò e l'artigianato eseguì. E così a riguardo di tutte le costruzioni nella "via dell'Emanazione"; egli disse "sia il firmamento", "siano i luminari" e immantinente furono. Quando si arrivò al "mondo della separazione" che è il "mondo dei poteri separati", Umana disse alla costruzione "Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza". Il Padrone della Costruzione disse allora: "Sarebbe certamente un'opera buona da compiersi, però, in futuro, egli peccherà contro di Te, giacché egli è un figlio stolto, come sta scritto "un figlio saggio renderà felice suo padre, ma un figlio stolto addolorerà sua madre". Ema gli rispose "Poiché il suo peccato dipende da me e non da te (aba), desidero crearlo a mia somiglianza"; infatti il verso dice "E Dio lo creò a sua immagine". Aba però si rifiutò di partecipare. Così quando l'uomo peccò, cosa sta scritto? (3) "Per le tue trasgressioni venne cacciata via tua madre". Malka disse ad ema: "non ti avevo forse detto che lui peccherà?". In quel momento Egli lo cacciò via (dal Gan Eden) insieme a sua madre. Questa è la ragione per la quale è scritto "un figlio saggio renderà felice suo padre". Ciò allude all'uomo del mondo di atzilut. Il "figlio stolto" va invece riferito all'uomo della creazione. —

Così lo Zohar spiega come Ha-Kadosh Baruch-Hu venga chiamato atik. Egli si rivelò a R. Shimon nella sua casa di studio nelle vesti di un uomo vegliardo, per cui R. Shimon lo chiamò "saba d'sabin". Ha Kadosh Baruch-Hu è qui atik e fu lui che concesse il permesso a R. Shimon di rivelare questo segreto, cioè che Ha Kadosh Baruch-Hu, nominato ema, disse a Kadosh Baruch-Hu, nominato aba "facciamo l'uomo a nostra immagine".

Così dunque atik è nominato sia Kudshe Brich Hu che aba. Ema è nominata Elohim, così come Elohim è il nome di aba (oltre appunto a quello di Kudshe Brich Hu). In tutta l'opera della creazione, aba disse ad ema "sia così e così" e "così fu". Ma a proposito dell'uomo ema disse ad aba "facciamo l'uomo". Aba però non volle questa creazione, cosicché ema gli disse "che differenza ti fa se egli peccherà? È contro di me che pecca, non contro di te", come il verso "un figlio stolto addolorerà sua madre". E quando Adamo peccò con l'Albero della Conoscenza Dio cacciò sia ema che Adamo, perché "per le tue trasgressioni fu cacciata via tua madre". —

Haim Vital spiega inoltre (4) che quando i "sette attributi inferiori" (midot) furono emanati non era stato ancora creato nel mondo Adamo (Adam ha-Rishon), mentre zeir anpin e nukvei erano in una posizione di dorso contro dorso, per timore che i Hitzonim (le cose esterne) potessero "prendere nutrimento" da loro. Infatti, se essi si fossero trovati faccia-a-faccia, "i gusci" (kelipot) avrebbero potuto afferrare il punto della loro congiunzione. Ma quando invece il Primo Uomo fu creato e compì alcuni precetti positivi avvenne che si girarono faccia a faccia. <84>

 

1) Bereshit, 22.

2) Il commento "Derech Emet": — l'Antico degli Antichi è riferito a "Keter Elion" ma il Mikdash Melech lo riferisce ad Atik, poiché aba ed ema sono nominati anziani, mentre atik e arich sono nominati l'Antico degli Antichi.

3) Lo Shevilei Noga commenta che da qui si deduce che Ha-Kadosh Baruch-Hu stesso non era d'accordo, per così dire, alla creazione dell'uomo, ma solo la Shechinà inferiore. Il Mikdash Melech commenta che il "figlio saggio" va riferito ad "Adam ha-Atzilut", cioè zeir anpin di atzilut, mentre Adam di Berià va riferito al Primo Uomo. — Ema disse ad aba "facciamo l'uomo" ma per gli altri "sia" della creazione fu aba a dirlo ed ema — binà, poiché aba dice ed ema esegue.

4) Sha'ar ha Nekudim: vedi "ad locum" tutta la spiegazione che è in completo contrasto con lo Zohar, che sostiene che Adam ha-Rishon fu colpevole di questo peccato e che ema fu scacciata a causa sua. Da ciò potete comprendere che questi nuovi kabalisti si contraddicono tra di loro e ognuno di essi inventa ciò che gli fa comodo.

 

16

 

Nello stesso Zohar è scritto: "R. Shimon aprì e disse: "Or dunque, considerate che soltanto Io sono il Signore e non vi è altro dio con Me". Egli disse: "Ascoltate le parole dell'Antico che ho in animo di rivelare, poiché dall'alto ho ricevuto il permesso di parlare. Chi è colui che disse "Or dunque guardate soltanto Io sono il Signore"? Costui è la Causa di tutte le Cause, nominato "ilat ha-ilot", ossia la causa di tutte quelle cause che non possono agire se non dopo aver ricevuto il permesso da chi sta sopra di loro. E come abbiamo stabilito a riguardo del verso "Facciamo l'uomo", si tratta certamente di una coppia. Così, qui troviamo che una "causa" ha detto alla causa che la sovrasta che non si può agire fino a quando non si è preso il permesso dalla causa superiore, così come quest'altra causa a lei superiore e così via di seguito ... Però quella nominata "La Causa di tutte le Cause" non ha alcuna causa che la sovrasta, cosicché non esiste sotto di essa alcunché che le assomigli, così come è scritto "El mi tedamiuni?" ( = a chi Mi renderete simile e a chi potrò essere comparato? parola dell'Eterno). Ed è anche scritto "Or dunque considerate che soltanto Io sono il Signore e non vi è altro dio con Me", da cui prendere consiglio, dissimile da colui che disse "Facciamo l'uomo".

Etz Haim (1) e Mikdash Melech (2) nel nome di Yitzhak Luria scrivono: "La Causa di tutte le cause" va riferita ad Adam Kadmon, cioè la Causa sopra tutte le altre cause. Spiegazione: quando diciamo "Causa delle cause" ci <85> riferiamo ad ogni partzuf e viene così nominata perché essa è la causa delle altre cause al di sotto di essa. Ma quando diciamo "La Causa di tutte le cause" ci riferiamo ad adam kadmon, la prima causa di tutti i partzufim".

Così viene spiegato dall'esegesi dello Zohar e dai suoi commentatori in che modo Dio diede il permesso a R. Shimon b. Yohai di parlare su ciò che è proibito persino pensare, cioè una molteplicità in Dio e di proferire che Ha-Kadosh Baruch-Hu è nominato Atik. Egli, però, non è colui che disse ai figli d'Israele "Or dunque considerate soltanto Io sono il Signore", dal momento che colui che pronunciò questa sentenza è adam kadmon che è, invece, la prima causa di tutti i partzufim, che non riceve permesso da alcuno. Similmente, colui che disse "Sia la luce" e "Sia il firmamento" e "Si riuniscano le acque" ecc. è aba; mentre chi sentenziò "Facciamo l'uomo a nostra immagine" è ema. Quando ema disse ad aba "Facciamo l'uomo", Ha-Kadosh Baruch-Hu (aba) non era d'accordo con questa creazione, ma ema replicò "Che differenza fa per te? Se egli peccherà, sarà contro di me che pecca e non contro di te". Per questo motivo è scritto "Un figlio stolto angustierà sua madre" e non già te". Per questo motivo è scritto "Un figlio stolto angustierà sua madre" e non già sua padre ... Pertanto, fu creato contro il volere di aba (3), e, come spiega lo Shevilei Noga: "Se aba avesse acconsentito a questa creazione non avrebbe cacciato anche lei dal Gran Eden insieme a lui quando peccò; ma siccome non era d'accordo cacciò pure lei".

 

1) Sha'ar atik. prk. 2.

2) Sefer ha-Likutim.

3) Zohar — parole citate "La ba'ei Le'ishtatfà" (= egli non volle partecipare).

 

 

17

 

Ogni ebreo sarà scosso da un profondo fremito quando ascolterà le parole di questo filosofo e la sua delirante descrizione dei Dieci Ordini della creazione in divinità distinte! Leggiamo infatti in Sanhedrin (1): "Per questo motivo l'uomo venne creato come singola entità, affinché i "minim" non potessero sostenere che esistono numerose "reshuiot" (poteri regnanti) (2) "nei cieli" ecc. (Rashi spiega: e che ciascuno ha creato il proprio) (3). — <86>

E nella Braita (38): "Perché l'uomo fu creato singolo? R. Yehudà disse: "Quando Dio volle creare l'uomo, Egli creò prima una "classe" di Angeli Servitori a cui domandò: "Avete piacere che facciamo l'uomo a nostra immagine?". Essi allora domandarono: "Quali saranno le sue azioni?". E Dio rispose: "Le loro azioni saranno così e così". Essi allora dissero al Suo cospetto "Cos'è l'uomo che Tu lo possa ricordare?". Allora Ha-Shem stese il Suo mignolo e li bruciò. La stessa cosa avvenne con la seconda classe di Angeli. La terza classe di Angeli disse: "Padrone del mondo, a quale scopo la prima classe di Angeli si espresse così al Tuo cospetto? Tutto il mondo Ti appartiene e in esso puoi operare come Ti aggrada". Allorquando, invece, si arrivò alla "generazione del diluvio" e a quella della "torre di Babele", gli Angeli dissero: "Padrone del Mondo, non era forse giustificato ciò che disse la prima classe di Angeli al Tuo cospetto?". Dio rispose "Fino alla vecchiaia sono Io; finché i suoi capelli incanutiscono lo sopporterò" (4).

E nella stessa Braita è scritto: R. Yohanan disse: "Laddove trovi le argomentazioni dei "minim (5) trovi anche la risposta nel verso susseguente: "Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza". "E Dio creò l'uomo a Sua immagine". "Scendiamo e confondiamo il loro linguaggio". "E Dio scese per vedere la città e la torre" ecc.

Ma lo Zohar summenzionato afferma "poiché certamente si tratta di una "coppia"". Spiega che ema disse ad aba "facciamo l'uomo" e che essa operò secondo il suo proposito e creò l'uomo senza il di lui consenso.

 Non è questa la medesima opinione dei "miscredenti", ricordati prima, che cercarono di ricavare delle prove dalla Torà per giustificare le loro false credenze idolatre?

 

1) Cap. 1, dinei mamonot.

2) Anche "mondi di padronanza" dove ciascun padrone avrebbe il permesso di agire come vuole.

3) Il senso è: se Adamo ed Eva fossero stati creati separatamente, uno avrebbe potuto pensare che il creatore di Adamo non fosse lo stesso di Eva; perciò furono prima creati come unità e, in seguito, separati (nota del tr.).

4) Vedi Maharsha ad locum — I primi Angeli, nel loro zelo, non avrebbero potuto sopportare l'azione dell'uomo, perciò dissero "cos'è l'uomo che tu lo possa ricordare?". La terza classe capì <87> che questa risposta fu la causa della loro distruzione, per cui disssero: "tutto il mondo Ti appartiene" ecc. Quando, invece, videro le cattive azioni di quelle due generazioni chiesero se la prima domanda non era poi giustificata, ma Ha-Kadosh Baruch-Hu rispose che Egli è longanime e aspetta fino a che i loro capelli incanutiscono, forse si pentiranno delle loro cattive azioni. (N. del tr.).

5) I "miscredenti" (minim) sostenevano che da qui si evince una molteplicità in Dio e tentarono di portare una prova dal plurale "facciamo", ma laddove troviamo questo plurale troviamo immediatamente espresso, nel verso seguente, il Nome di Dio, con lo stesso verso al singolare. (N. del tr.).

 

 

18

 

Ancora troviamo scritto nello Zohar (Bereshit, 17): "In principio Dio creò i cieli". In questo "principio" (reshit) Egli creò quel "livello nascosto non conosciuto" (Stimà d'la ityada) per questo palazzo (hehala), ecc.

Il Mikdash Melech spiega: il "principio" è riferito ad aba; colui che creò quel "livello nascosto" è arich; il "non conosciuto" è riferito ad atik; "questo palazzo" è ema, nominato anche "elohim".

Nello stesso libro viene addotto un altro commento: "In principio Dio creò i cieli e la terra". Questo significa che, attraverso il potere di aba, Egli creò Elohim che è "binà"; in altri termini elohim (binà) creò, tramite il potere di aba, i cieli e la terra che sono zeir anpin e nukve.

In entrambe le spiegazioni aba è nominato il "principio" (reshit) ed ema (nel secondo commento nominato binà) è nominato "elohim".

Nello Zohar, in parashat Bo, è scritto (2): "I cieli" , questa è la mano destra di "kudshè brich hu"; "la terra" è la mano sinistra; poiché kudshè brich hu stese la sua mano destra e creò la terra.

Haim Vital spiega: "Hassadim" (gli elementi di misericordia) rappresentano zeir anpin mentre "ghevurot" (gli elementi di severità) rappresentano nukve; come sta scritto "Anche la mia mano fondò la terra e la mia destra stese i cieli. Io li chiamo ed essi stanno insieme". Cosa significa "ed essi stanno insieme?". Non come avresti potuto pensare riferito ai cieli e alla terra. In realtà, si riferisce alla sua mano destra e sinistra, ecc. — <88>

Commenta il Mikdash Melech: "Anche la mia mano fondò la terra" — fu binà a pronunciare questa frase; lo avresti potuto pensare riferito ai cieli e alla terra ma non si può affermare "ed essi stanno insieme" (va-ya' amdu yahdav) perché ciò implica "in eterno" e tale condizione non si addice a loro, poiché nukve a volte è separata da zeir anpin in "esilio" (galut) (1). —

Chi intende vedrà e riconoscerà e capirà quanto l'autore filosofico dello Zohar sia in completo contrasto con tutti i metodi di interpretazione usati dai nostri Hachamim di benedetta memoria.

 

 

1) Cioè, quando Israele è in esilio non c'è "unione" tra zeir anpin e nukve,corrispondenti al cielo e alla terra. Così essi non sempre stanno uniti poiché essendo in esilio zeir anpin è separato da nukve. Osservate bene in che modo i kabalisti distruggono e distorcono il senso letterale del verso, per il quale il cielo e la terra obbediscono costantemente ai comandi del Creatore.

 

 

19

 

In che modo, allora, lo Zohar e il Mikdash Melech giustificherebbero il mutamento che fecero i Settantadue Anziani quando tradussero la Torà per Tolomeo? Come leggiamo in Meghilà (9, cap. 141): "Avvenne che il re Tolomeo ordinò che i Settandadue Anziani fossero condotti insieme. Egli li mise in settantadue diverse abitazioni, senza rivelare loro perché li avesse convocati. Poi, entrò in ogni abitazione e comandò a ciascuno di loro: "Traduci per me la Torà di Mosè, vostro Maestro". In seguito, avvenne che Dio ispirò il medesimo pensiero in ogni singolo Anziano, per cui tutti ebbero lo stesso spirito e scrissero "Dio creò in principio i cieli e la terra".

Rashi commenta: "apportarono questo mutamento affinché non venisse detto che "principio" (bereshit) è un nome (di Dio) e che si tratta qui di due regnanti, uno avendo creato l'altro". —

Il Maharsha su questo commento di Rashi spiega che Tolomeo non avrebbe accettato ciò che è riferito in Sanhedrin, per cui laddove trovi le argomentazioni dei miscredenti là trovi anche la risposta appresso — "Facciamo l'uomo" e subito <89> dopo "Egli fece" ecc. Perché, allora, (chiede la Ghemarà) è scritto la prima volta "facciamo"? Risponde R. Yohanan: "Ha-Kadosh Baruch-Hu non prende decisione alcuna se non si è prima consultato con il Suo Tribunale Celeste" (Pamalya shel ma'ala)".

Rashi spiega che qui si vuole mettere in risalto il fatto che un aspetto dell'Umiltà è quello per cui uno più grande chiede l'opinione di uno più piccolo. Nel Morè Nevuhim (cap. 6) il Rambam riporta e chiarisce due distinte versioni: " Dice la prima: Ha-Kadosh Baruch-Hu non fa cosa alcuna se non previa consultazione col suo Tribunale Celeste. Tale opinione è simile all'affermazione di Platone per la quale Dio guarda nel mondo delle intelligenze e influisce su tutta l'esistenza, attraverso loro. Dice la seconda: Ha-Kadosh Baruch-Hu non fa cosa alcuna se non previa decisione nel suo Tribunale Celeste (pamalya shel ma'ala); in greco "pamalya" significa "potere".

Il Bereshit Rabba e il Midrash Kohelet commentano il verso "ciò che Egli non ha già fatto" (asuhu; con la forma al plurale): siamo qui informati che questa forma al plurale indica "Egli e il Suo Tribunale che decidono su ogni singola parte del corpo, mettendola in grado di funzionare nel modo con la quale fu preposta" come sta scritto "Egli la fece secondo la sua destinazione".

In Breishit Rabà è anche scritto: "Laddove trovi scritto "ve ha-Shem" (e Dio) significa Egli e il Suo Tribunale (Bet Dinò)".

Ma l'intenzione di tutte queste affermazioni non consiste nel pensare, come fanno gli stolti, che Dio possieda parole e pensieri, che Egli abbia bisogno di consigli, oppure mediti, oppure venga aiutato dall'opinione altrui! Invece, l'intera questione qui discussa ci indica come persino le spartizioni dettagliate di tutte le creature viventi, fino ad ogni singolo membro, alla sua funzione e alla sua essenza, dipendano dall'opera dei Malachim, gli angeli, poiché tutte le forze sono angeli (1). (Ma la cecità e la stupidità ancora più dannosa si ha quando questi stolti vengono considerati Saggi nel nostro popolo!).

Potrete comprendere, pertanto, come i nostri Saggi, di benedetta memoria, si siano rifiutati di attribuire a Dio qualsiasi necessità alle sue creazioni oppure qualsiasi aiuto da parte loro. Così anche non hanno attribuito agli Angeli, Suoi messaggeri, qualsiasi azione creativa, poiché tutta l'esistenza dipende e appartiene a Dio soltanto.

Non così l'autore filosofico dello Zohar, il quale chiama aba il Creatore e <90> pone ema come l'artigiano che esegue la volontà del padrone; egli non attribuisce la creazione alla Causa Prima ma ad aba oppure ad arich, tramite aba. Come se il Creatore fosse debole e avesse bisogno di un sostegno nella creazione!

Tornando ora alla vostra pretesa che questi kabalisti abbiano ricevuto questa kabalà da Mosè, perché allora i settantadue Anziani avrebbero dovuto cambiare l'ordine della frase nella traduzione di Tolomeo? Avrebbero dovuto lasciarla com'era e spiegare che "Bereshit", cioè aba, creò Elohim (binà) e che il motivo di "facciamo l'uomo" è dovuto al dialogare di una coppia. Perché avrebbero dovuto raggirare le Scritture inutilmente, quando potevano benissimo spiegare gli stessi versi in accordo con la vostra halachà le-Moshè me-Sinai? Le loro parole sarebbero state ben accolte da Tolomeo, che, in ogni caso, era politeista. Potevano anche spiegare che Bereshit è un nome (aba per lo Zohar) e fu lui che ordinò "Sia la luce" ecc. e così anche potevano spiegare come i cieli e la terra fossero i nomi sacri di zeir anpin e nukvei.

In netto contrasto a tutto ciò, il Talmud in Haghigà (perek Ein dorshim) riporta (2): "R. Ishmael chiese a R. Akiva mentre passeggiavano per la strada: "Tu che per ventidue anni hai servito Nahum ish Gamsu, colui che ha interpretato tutti gli -et della Torà, quale interpretazione diede all'-et ha-Shamaim ve et- ha-aretz (il cielo e la terra)"? Gli rispose: "Se fosse scritto solo "ha-Shamaim ve ha-arez" avrei potuto dire che questi siano Nomi di Ha-Kadosh Baruch-Hu, ma poiché è scritto "et-ha-Shamaim ve et-ha aretz" deduco che "ha-Shamaim" significa propriamente il cielo e "et ha-aretz" la terra. —

 

1) Questa affermazione che è estremamente importante ed essenziale è, in verità, una delle chiavi per comprendere l'errore di base dei nuovi kabalistì e cioè che le forze ed i poteri di tutta la creazione siano Angeli ed essi, nonostante la grandezza del loro livello, non debbano essere né serviti, né venerati perché essi stessi sono oggetto della creazione (nota del tr.).

2) In Bereshit Rabbà: chi ha interpretato tutti gli "ach" ( = ma, invero) e i "rak" ( = soltanto), sa che essi vengono ad escludere qualcosa mentre tutti gli -et e i -gam ( = anche) vengono ad includere qualcosa. Se era scritto "shamaim va-aretz" avrei detto che "shamaim" e "aretz" sono divinità. Vedi Maharshà e Etz Yosef per capire che tale, infatti, è l'opinione dello Zohar, perché, secondo loro, zeir anpin e nukve sono il Signore, nostro Dio. <91>

 

 

20

 

Lo Zohar (1) interpreta il verso "Dio regna, Dio regnò, Dio regnerà in eterno" come segue: "Dio regna" — di sopra, "Dio regnò" — nel mezzo, "Dio regnerà" — di sotto.

Il Mikdash Melech commenta: "Dio regna" — Arich Anpin; "Dio regnò" — "Aba" ed "Ema"; "Dio regnerà" — "Zeir Anpin e Nukvei".

Riguardo al verso: "È Dio fra di noi o no ( = im ain)?" (2) chiede lo Zohar se i figli d'Israele fossero veramente così stolti da porre una simile domanda. Spiega, infatti, che volevano sapere se "atikà stimà" nominato "ain" o "zeir anpin" nominato "Ha-Shem" erano fra di noi. Per cui non è scritto "im lo" ( = o no), come, ad esempio, nel verso "se egli camminerà a secondo della mia legge o no (im lo)", ma dissero: "Se è questo chiederemo in un modo, ma se è quello chiederemo in un modo diverso". —

R. Lupis spiega che l'intenzione dello Zohar è sapere se i nostri antenati volevano conoscere "chi" fosse colui che li conduceva e compiva per loro tutti quei miracoli, se era Ha-Kadosh Baruch-Hu, nominato "zeir anpin" (Ha-Shem col tetragramma) oppure "Ain", nominato Atik. La loro domanda era stata formulata per sapere quale fosse il giusto servizio da attuare, se riferito a "zeir anpin" o ad "atik", dal momento che esistono delle differenze in ogni tipo di servizio e anche un'intenzione (kavanà) diversa per ognuno di essi. Così rimasero nel loro dubbio fino a quando fu loro rivelato che era riferito a "zeir anpin". —

E in Menahot (3) è scritto: R. Shimon b. Azai disse: "Venite a vedere cosa è scritto nella sezione relativa ai "Sacrifici": non c'è scritto il nome "El" o il nome "Elohim" ma soltanto "Ha-Shem". Ciò è per non "aprire la bocca" di un accusatore, che riporta un'opinione diversa.

E Rashi commenta: "Questo accusatore non dica che esistono poteri (reshuiot) distinti e, in base a ciò, affermi che uno, il cui nome è tale, ha ordinato di portare il sacrificio "minhà", mentre un secondo, il cui nome è tal'altro, ha ordinato di portare un sacrificio di giovenchi e di montoni".

L'opinione dell'autore dello Zohar, però, è che esistono "divisioni" e "differenze" nella divinità e perciò i nostri antenati cercavano di conoscere quale Dio li stesse conducendo, se "atik" nominato "ain", il cui servizio è da compiersi in un modo, oppure "zeir anpin" il cui servizio è da compiersi in un altro modo. Questa loro richiesta non ebbe chiarimento fino a quando non fu concessa la Torà, che chiarì loro che si trattava di "zeir anpin" ...

Rambam spiega, nelle "Leggi sull'idolatria" (4): "Gli idolatri avevano molti <92> tipi di servizio per ogni tipo di immagine e di forma e ogni servizio era diverso l'uno dall'altro". —

Pertanto come l'autore filosofico dello Zohar può asserire che tutto è Uno? Perché il servizio per "atik" si differenzia da quello per "zeir anpin", se tutto è uno? Ma certamente egli crede in diverse divinità, per cui il servizio e il rito varia per ciascuno, similmente agli idolatri che avevano un servizio distinto per ogni immagine!

Noi, invece, che crediamo nella Sua Unità, che non ha niente di simile in tutte le altre entità di "Uno", respingiamo fermamente le loro parole menzognere e a sostegno di ciò portiamo la Ghemarà in Menahot, testé menzionata. Da tutte le asserzioni riportate dallo Zohar e dai suoi commenti deduciamo che esso chiama ciascun "partzuf di atzilut" con il "Nome tetragrammato", con "Adonai", con "Elohim" e con Ha-Kadosh Baruch-Hu. Però, esso ha scelto come divinità da servire l'ultimo "partzuf", cioè "zeir anpin". Lo Zohar afferma anche che l'"ein sof" e tutti gli altri "partzufim", che da esso si emanarono, non devono essere serviti o pregati, a motivo della loro elevazione superiore; a maggior ragione lo sono quei "partzufim" dei mondi sopra il "mondo di atzilut", di fatto immensamente "segreti". Soltanto "zeir anpin" può essere servito e chiamato nel "momento del bisogno", poiché è il "pilastro di mezzo", che congiunge tutte le forze superiori e inferiori. Egli fu allevato da "aba" ed "ema" e gli venne dato il "Regno" su tutte le creazioni, le quali, a loro volta, furono ordinate di servirlo e di benedirlo. E, a loro dire, costui sarebbe Ha-Shem Elohenu. Dio ci salvi!

Vediamo, ora, come lo Zohar (5), per mezzo del commento del "Mikdash Melech", commenta il verso: "Chi trattiene il grano sarà maledetto dal popolo" (Mone'a bar ikvùù leom). Il "segreto" è qui connesso a ciò che è scritto a proposito del verso "Qual è il suo nome e qual è il nome di suo figlio che lo potresti sapere?" — Il suo nome è uno. Adonai Tzevaot è il suo nome (ossia aba); il nome di suo figlio è Israele (ossia zeir anpin) come è scritto "Mio figlio, il mio primogenito Israele"; tutte le chiavi della fede dipendono da questo Israele; fu infatti lui che disse: "Dio mi disse: tu sei mio figlio" (commento: "zeir anpin" disse che "aba", nominato Adonai Tzevaot, mi disse: "tu sei mio figlio"). È certamente così, poiché "aba" ed "ema" lo incoronarono e lo benedirono con tante benedizioni e con ciò ordinarono a tutti "Fornite il grano, affinché non si adiri"; in altre parole, consegnatelo a questo figlio: per così dire, hanno dato il potere regnante a lui, <93> affinché venga servito da tutti; "affinché non si adiri" (6) significa che, siccome l'hanno incoronato sia con la "severità" (dina) che con la "misericordia" (rahamè), chiunque merita la severità la riceverà e chiunque merita la misericordia altrettanto. Tutte le benedizioni dall'alto e dal basso salgono e diventano corona per quel figlio, ma chiunque trattiene le benedizioni da questo figlio, i suoi peccati saliranno davanti a "ema kadisha" (la sacra madre) che è la sua "vera" madre (ema binà). Così vediamo come lo Zohar chiami Adonai Tzevaot "aba" e "zeir anpin" il figlio di "aba" ed "ema". Questi ultimi gli concessero il "potere regnante" su tutte le creazioni, ordinando loro di servirlo. Tutte le benedizioni e le preghiere diventano "corone" per "zeir anpin" e devono essere dirette esclusivamente a lui; non ad "aba" o "ema", né ad "arich anpin", né ad "atik", né ad "adam kadmon" (che loro chiamano "la Causa di tutte le Cause"), né ad "adam kidmà" (entro le cui sefirot furono creati tutti i mondi sopra il mondo di atzilut), né certamente all'ein sof che è lontano e immensamente al di sopra di tutto il resto, per cui è fuori dall'essere servito o pregato. La Shechinà su tutte le azioni dei "livelli inferiori" appartiene solo a "zeir anpin". Egli concede la giusta ricompensa agli Tzadikim e punisce i Reshaim (malvagi). I partzufim che sono in alto con l'ein sof, che sovrasta il tutto, non "guardano" le azioni dei livelli inferiori e non distinguono tra il bene e il male, né tantomeno possono salvare la persona che li supplica nella sua preghiera.

Dio, dunque, ha abbandonato il cielo e la terra, hass ve halila, e ha lasciato il comando nelle mani di questa "piccola faccia", oggetto di creazione!

Leggiamo invece l'interpretazione dei Saggi: "Chi è salito in cielo?" Questo è Ha-Kadosh Baruch-Hu, come è scritto "Dio è salito con grande strepito"; "è disceso" come è scritto "E Dio scese sul Monte Sinai"; "Chi ha raccolto il vento nel palmo delle Sue mani?", come è scritto "Poiché nella Sua mano è l'anima di tutto ciò che esiste": "Chi ha riunito le acque nella Sua veste?" come è scritto: "Egli riunisce le acque in una densa nube"; e così il verso "Chi ha stabilito tutte le estremità della terra?" come è scritto "Dio fa morire e fa rivivere"; qual è il Suo nome? Tzur (Rocca) è il Suo nome, Shaddai è il Suo nome, Adonai Tzevaot è il Suo nome. "E qual è il nome di Suo figlio?" Israele, come è scritto "Mio figlio, il Mio primogenito, Israele".

Israele viene denominato "figlio", come nella Mishnà "I figli d'Israele" vengono chiamati "Figli di Dio" (banim la-Makom) questo perché, per mezzo di Israele, Dio si è manifestato nel mondo. Non già col nome di "zeir anpin" che l'autore dello Zohar ha chiamato "ben" ( = figlio)! <94>

Concludiamo, ora, il nostro discorso rammentando che lo Zohar e tutti i suoi seguaci hanno asserito che tutte le nostre azioni e preghiere debbano essere rivolte a "zeir anpin", Dio ci liberi!

 

1) Bereshit, pag. 34.

3) Parashà Beshalah, pag. 64.

3) Cap. Harei alei issaron (110)

4) Hilchot avodà zarà cap. 3.

5) Balak p. 191.

6) "Nashkù bar pen yi'naf" — Lo Zohar interpreta "bar" come "figlio" (come in aramaico).

 

 

21

 

Lo Zohar, in parashat va-yerà scrive (1) : "Venite a vedere come non è scritto "Abbi timore del Signore tuo Dio", bensì "Temerai il Signore tuo Dio" ("et" Ha-Shem, con la particella dell'accusativo "et"). Cos'è questo "et"? Questo è il primo livello (dargà kidm'a) del timore di Dio; perciò è scritto "Temerai" perché è appunto a quel "livello" che uno deve temere il proprio Dio e, cioè il "Tribunale" (Bet dinò); "e Lui (otò) servirai" questo è il livello superiore (dargà ila'a), che sovrasta il livello inferiore; l'"et" e "otò" sono congiunti fra di loro e sono inseparabili. Cosa significa "e Lui"?. Questo è il "livello" del "Patto Sacro" (Ha Berit) (2), un "segno" eterno; poiché in nessun servizio -et deve essere servito ma bensì temuto — Il "servizio" invece, è di sopra, perciò sta scritto "e Lui servirai" (commento: "servizio" appartiene a zeir anpin) — a Lui si congiunge "Shechinte" (malchut).

Il senso reale di quanto è scritto dallo Zohar è il seguente: il verso non dice "Abbi timore e servi il Signore tuo Dio" bensì "-et il Signore tuo Dio temerai e servirai". L'-et viene certamente per includere qualcosa e, a parere dello Zohar, si tratta di "malchut", la controparte femminile di zeir anpin, nominata         <95> anche "nukve", che è anch'essa degna di timore. In altre parole, il comandamento di temere il Signore include anche l'obbligo di temere "nukve" e, a conferma di ciò, sta quell'-et in più. D'altra parte, è scritto "e Lui servirai", da cui si evince che il verso viene ad escludere qualcuno (come per dire servirai Lui e non qualcun' altro), cioè "malchut", perché è zeir anpin che deve essere servito. Concludendo, "Malchut" viene esclusa dal servizio, ma inclusa nel timore.

Se questa è kabalà da Moshè, perché allora Shimon Ha-Amsuni si è trattenuto all'interpretare le "inclusioni" di ciascun "-et" della Torà, quando è arrivato al verso testé citato? Leggiamo infatti nella Ghemarà (3) : Shimon Ha-Amsuni (e alcuni dicono Nehemia ha-Amsuni) era occupato ad interpretare ogni -et della Torà. Quando arrivò al verso "-et il Signore tuo Dio temerai e Lui servirai" evitò di interpretarlo. Allora i suoi allievi gli chiesero "Che ne sarà allora di tutti gli altri -et che hai interpretato?". Rispose loro "Così come ho ricevuto ricompensa per averli interpretati, parimenti riceverò ricompensa per essermi astenuto dall'averlo interpretato". Finché Akiba ben Yosef interpretò che esso viene ad includere i "Talmidei Hachamim".

Commenta Rashi: Quando raggiunse questo verso si domandò cosa avesse potuto includere questo "Lui" che è da servire. A tal riguardo, evitò le altre "inclusioni" ( = ribbuim) che in precedenza (4) aveva interpretato; fino a quando Akiba ben Yosef interpretò questo -et come inclusione riferita ai Talmidè Hachamim, affinché "il timore per il Tuo maestro sia pari a quello per il Cielo. (5)

Ma se voi affermate che tale è Kabalà di Mosè dal Sinai, per quale motivo Shimon ha-Amsuni si astenne? Non sapeva forse che tale -et viene ad includere la moglie di zeir anpin che è il Signore Nostro Dio, come voi dite? Perché anche Akiba b. Yosef, il Maestro di Shimon b. Yohai, disse che viene per equiparare il timore per i Tamidè Hachamim, che sono solo carne e sangue, al timore per il Cielo? Perché non incluse la moglie di zeir anpin oppure "aba" ed "ema"?!

 

1) pag. 112.

2) commento riferito a Malchut (Ra-shab).

3) cap. "Kol Sha'à"

4) Se questo -et non poteva essere interpretato, allora non poteva venire accettata come regola generale quella per cui ogni -et viene ad includere qualcosa o qualcuno, fino a quando Akiba <96> b. Yosef ... (N. del Tr.).

5) Pirkè Avot 80, 4.

 

22

 

Lo Yosher Levav afferma che: (1) Il nome "Ha-Kadosh Baruch-Hu" che siamo abituati a pronunciare e il Tetragramma con cui Lo nominiamo sono riferiti al partzuf di zeir anpin. La sua "anima" (neshamà) è nascosta al suo interno da quei partzufim che sono più interiori ad esso (a zeir). Costui è, infatti, la Causa Prima ed è lui che noi serviamo. Il principio generale, dunque, è che la Causa Prima, nominata da tutti i kabalisti "ein sof" ha creato il tutto "ex nihilo" e circonda il tutto dall'esterno. In quella parte "eletta", però, l'"eletto dei Padri", chiamato "zeir anpin" si nasconde come una stanza dentro ad un'altra stanza, come un'anima dentro un corpo, dandole vita. Perciò questo eletto zeir anpin regna sopra tutte le creazioni, le governa e le alimenta. Egli è il nostro Dio e noi siamo il suo popolo. Le nostre anime sono la Sua parte. Egli deve essere esaltato con tutte le lodi menzionate nella Torà, che ci è stata data in retaggio e per mezzo della quale tutti i segreti occulti ci vengono svelati".

L'autore continua, poi, a fornire prove dallo Zohar e dai Tikkunim, per le quali tutto il nostro servizio è rivolto a zeir anpin, il "pilastro medio" che congiunge tutto.

Scrive nel nome di Yizhak Luria (2) riguardo al verso "Fidatevi in Dio per sempre, poiché Yah, Ha-Shem è la Rocca Eterna": perciò quando uno dirige la propria intenzione a zeir anpin soltanto, ciò è sufficiente, siccome qui si trova anche arich anpin.

Anche in Etz Haim di Vital è scritto: (3) Moshè disse ad Israele prima di entrare nella Terra Promessa "E voi che siete attaccati al Signore, vostro Dio, tutti voi viventi in questo giorno" — Questo è riferito a "zeir anpin" e "nukvei" ecc.

E ancora nel suo Sefer Ha-Kavanot sui "minhaghim" (usanze) di Luria: Quando pronunci il Tetragramma devi mettere la tua kavanà ( = intenzione) su zeir anpin, nel modo seguente; le prime tre lettere sono per zeir anpin, l'ultima lettera è per malchut e così devi considerare che qui il <97> nome viene completato, ecc. —

In S. Mahberet ha-Kodesh (seder musaf shabat) scrive: Gli angeli di sopra pongono una "corona" su zeir anpin, che è il Signore, nostro Dio (4) ecc.

Anche il Mikdash Melech scrive: (5) Elaha Rabraba (il Grande Dio) può riferirsi solo a zeir anpin, mentre in Hochmà, il suo nome è Haham (il Saggio), ecc. — ma l'ein sof, per la sua grandezza, non ha né nome, né punto entro il quale può essere limitato e qualsiasi preghiera rivolta a lui non è una preghiera; è permesso pensare a lui solo quando si investe dei suoi attributi.

 

1) In S. ha-Brit, Parte 1, ma'amar 20, cap.15, l'autore di Mishnat Hassidim scrive nel S. Yosher Levav.

2) In Likkutei Tanach.

3) Sha'ar ha-clalim.

4) Ibid. p. 40.

5) pag. 12 parole che cominciano Elaha Rabraba.

 

 

23

 

Vediamo chiaramente così che lo Zohar e i suoi commentatori, il Mikdash Melech, Kisei Eliahu, Mishnat Hassidim, Yosher Levav, Matzref Emunà, Etz Haim, S. ha-Kavanot, Mahberet ha-Kodesh, S. ha-Brit, S. ha-Likkutim, Nahalat Yosef nel nome di Luria (per citare solo i principali), affermano che l'ein sof, l'Infinito o la Causa Prima, non deve né essere servito, né essere pregato. Solamente "zeir anpin", l'ultimo aspetto dell'intera emanazione, che, a loro dire, lega insieme tutti i "partzufim" e alimenta tutte le creazioni, deve essere evocato nel momento del bisogno e servito in ogni momento.

L'autore di Kisei Eliahu, comunque, quando pregava, considerava necessario pronunciare, insieme a "zeir anpin" anche gli altri "partzufim" sopra di esso, perché così facendo, veniva esaudito più velocemente (1): "E' necessario, però, "congiungerli" nel modo indicato sopra; quando si prega zeir anpin bisogna pronunciare i nomi dei partzufim superiori, perché c'è <98> bisogno di loro. Se, però, uno non fa così e prega esclusivamente zeir anpin non verrà esaudito così velocemente ... ecc. (conclude con l'affermare) ... che anche se uno prega solo zeir anpin non è che sia danneggiato in ciò, solamente non viene esaudito rapidamente. (2)

Il lettore amante e devoto alla Sacra Torà ed esperto nella Tradizione orale della Mishnà, del Talmud, e dei Midrashim resterà esterrefatto leggendo tali affermazioni. Ancor di più se ha conoscenza del Hovot ha-Levavot di R. Yehudà ha-Levi, di R. Sa'adya Gaon, del Rambam, di R. Eliezer me-Garmiza (Worms), del S. Mitzvot Gadol, del S. Mitzvot Katan, del S. ha-Ikkarim, ed altri, che trattano dell'Unità di Dio, in accordo con la vera Kabalà dei nostri Saggi. Si spaventerà e trasalirà quando leggerà di tale pantheon con tanti dèi, che si sono moltiplicati e prolificati in Israele, a partire dal tredicesimo secolo.

I kabalisti credono in più cause, sistemate gerarchicamente una sopra l'altra. Quando una di esse vuole creare qualcosa deve consigliarsi e prendere permesso dalla causa che la sovrasta direttamente. Lo Zohar spiega chiaramente che ognuna di queste cause (ilot) prende permesso dalla causa (ilà) soprastante; malchut da zeir, zeir da ema, ema da aba, aba da arich, arich da atik, e atik da adam kadmon, che governa tutti i "partzufím di atzilut". Quest'ultimo è l'unico che pronunciò "Ora vedete che Io solo sono Dio e che non v'è altro dio accanto a Me". Questo lo può pronunciare solo adam kadmon, perché non ha bisogno di prendere permesso da adam kidma'a che lo sovrasta. — In tutto l'atto della creazione, il Creatore fu "aba", nominato nello Zohar anche "malkà ila'a" (il Re Superiore), ma, al momento della creazione di Adamo, aba non voleva crearlo, perché sapeva che avrebbe peccato. Ema rispose che il suo peccato sarebbe dipeso da lei soltanto, come è scritto "Un figlio stolto addolora sua madre" ecc.

 

1) p. 26.

2) Anche Yosher Levav, bait 2, heder 3, prk. 7.

 

 

24

 

Questa affermazione è davvero difficile da capire. Perché mai adam kadmon non deve avere permesso da adam kidma'a e da ein sof che sono sopra di lui? Lo <99> Yosher Levav summenzionato sostiene, però, che Ha-Kadosh Baruch-Hu e il Tetragramma, che le nostre labbra sono solite evocare, vanno riferiti a zeir anpin. (1)

Vediamo ciò che scrive il Bereshit Rabbà (2): "Ogni cosa ha generazioni (toledot). Il cielo e la terra hanno generazioni, come è scritto "Queste sono le generazioni del cielo e della terra quando furono creati". I monti hanno generazioni, come è scritto "Prima ancora che sorgessero i monti". La pioggia ha generazioni, come è scritto "Ha la pioggia un padre?" La rugiada ha generazioni, come è scritto "E chi ha creato le gocce di rugiada?". Abbiamo già studiato nella Mishnà: Tutto ciò che ha generazioni, muore, appassisce, perché è oggetto di creazione, ma non così il Creatore. Pertanto, ciò che non ha generazioni non perisce, non appassisce, e non è oggetto di creazione". Questo è un fondamento vero e chiaro.

L'Etz Yosef commenta che "perire" e "appassire" sono due categorie diverse: la prima è una fine assoluta, mentre la seconda avviene quando è ancora in esistenza. Perché tutto ciò che esiste è in uno stato continuo di degrado naturale, se non che Ha-Kadosh Baruch-Hu, nella Sua bontà, rinnova costantemente, ogni giorno l'Atto della Creazione. — "Tutto ciò che non ha generazioni" — non c'è altri all'infuori di Ha-Kadosh Baruch-Hu ecc. Da ciò dobbiamo concludere che, siccome i partzufim menzionati dallo Zohar e dai kabalisti hanno "generazioni", come pure "gravidanze" e "allattamenti", parimenti è del tutto falso e impossibile chiamare aba o qualsiasi altro partzuf Dio o Creatore. Un altro modo per spiegare "tutto ciò che ha generazioni" consiste nel ritenere che c'è una "causa" alla sua esistenza e perciò viene chiamato "possibile esistenza" (siccome non esiste per "necessità assoluta della propria esistenza" che, infatti, si può riferire solo a Dio. Tutto il resto però, fu "voluto" e perciò "messo in esistenza"). Tutto ciò, del resto, che è di "possibile esistenza" ha la possibilità di perdere quell'esistenza. Solo Dio, Benedetto Egli sia, non ha nessun altra causa che Lo precede, poiché Egli soltanto è la Causa Unica di tutte le creazioni (3). Questa spiegazione è sostenuta dal fatto che il Midrash parla delle generazioni dei monti, della pioggia, ecc. Pertanto è del tutto falso chiamare i partzufim Dio o Creatore, dal momento che ciascuno di essi possiede "una causa" che lo precede.

Il "Mishnat Hassidim" (testo kabalista) nella sua interpretazione della Aggadà di Pesah scrive: <100> "Il Signore, nostro Dio, ci fece uscire" questi sono aba ed ema ecc. "E se Ha-Kadosh Baruch-Hu non ci avesse liberato" questo è arich anpin che ha liberato i nostri padri, aba ed ema dall'Egitto, ecc.

Il S. ha-Ghedarim, sul termine "Adam" afferma che i kabalisti chiamano Ha-Kadosh Baruch-Hu "adam kadmon". Non solo, ma chiamano anche ogni "partzuf" col nome di Ha-Shem Tzevaot col Tetragramma, con Adonai, con Ha-Kadosh Baruch-Hu e con tutti gli altri nomi e le altre espressioni che indicano Ha-Shem Baruch-Hu. Chiunque legge le citazioni contenute in questo libro o chiunque ha studiato con intelligenza i loro libri vedrà che è sicuramente cosi.

Inoltre, dicono che aba ed ema, che sono i nostri padri, furono salvati in Egitto da arich anpin dalla mano del faraone (che è la "sitrà ahrà", nominato "el aher" o "altro dio"). Credono infatti nell'esistenza di un "altro dio", in contrasto alla credenza di tutti i Saggi. Aggiungono anche che gli "altri dei" regnavano su zeir anpin e nukve fino a quando non vennero redenti da arich anpin. Per capire quanto siano insignificanti e false queste innovazioni dei nuovi kabalisti, è sufficiente leggere la Ghemarà in Shabbat: Akiba b. Yosef disse: Quando Mosè sali per ricevere la Torà, gli Angeli Servitori dissero davanti a Ha-Kadosh Baruch-Hu "Che cosa fa qui questo essere umano, nato da donna?" Rispose loro "È venuto per ricevere la Torà" (fino a che) ... Dio disse a Mosè "Rispondi loro". E Mosè disse davanti al Signore: "Temo che mi brucino con l'alito delle loro bocche". Egli disse: "Afferra il Trono della Mia Gloria e rispondi loro". Poi, Ha-Kadosh Baruch-Hu stese un raggio della Sua Presenza (Shechinà) su Mosè, che disse: "Padrone dell'Universo, nella Torà che tu consegni, non è forse scritto "Io sono il Signore tuo Dio che vi ha fatto uscire dalla terra d'Egitto". Per cui disse agli Angeli: "Siete forse voi scesi in Egitto? Eravate forse voi schiavi del faraone? Per quale motivo avete bisogno della Torà? ecc.

Per i nuovi kabalisti, invece, anche aba ed ema, zeir anpin e nukve furono schiavi del faraone (la "sitra ahrà"). Il Mishnat Hassidim scrive chiaramente che zeir anpin si trovava in grave pena e in una condizione di "esilio" come un feto nel grembo della madre.

Le loro parole sono contradditorie, perché dicono che zeir anpin è colui che ha dato la Torà ed è colui che pronunciò "Io sono il Signore vostro Dio che vi ha fatto uscire dalla erra d'Egitto". In realtà, arich anpin, che è Ha-Kadosh Baruch-Hu, ha fatto uscire i nostri padri, cioè aba ed ema, mentre zeir anpin era <101> sofferente in esilio.

Né tanto meno possono controbattere all'affermazione dei Saggi che "quando sono andati in esilio nella terra d'Egitto, la Shechinà li accompagnò"; come è scritto "Per voi fui mandato in Babilonia", ecc. Né tanto meno all'affermazione che Ha-Kadosh Baruch-Hu per così dire, si rattrista quando Israele si trova in difficoltà come è scritto "Io sono con lui nelle avversità". Tutto ciò può essere inteso dal senso di questo verso "poiché non desidero la morte del perituro, bensì che il peccatore si penta delle sue azioni inique, affinché viva".

Anche l'Eterno, per così dire, deve mantenere la Sua promessa verso di noi in esilio, come è scritto "pur trovandosi nella terra dei loro nemici non li ho presi in odio e disprezzati sì da distruggerli completamente" ecc. Dal momento che la Sua Provvidenza ci protegge anche nell'esilio in modo che i nostri nemici non possano mai annientarci.

 

1) Non ho riportato qui il Mazref Emunà, sebbene sia in totale accordo con questa opinione. E pensare che voi avete denunciato questo testo come eretico (kofer)! Questo è dovuto alla vostra ignoranza in materia, dal momento che siete in palese errore.

2) Parashà 12, riportato yalkut, remez 18.

3) Rambam, Hilchot yesodei ha-Torà, il 4° principio per cui bisogna credere che l'Uno è il Primo Assoluto e che tratta l'altra esistenza non è Primo. Due dei nostri antenati, R. Hitar e R. Zacharia ha-Rofè scrissero a proposito: il Primo (kadmon) è colui che non ha inizio; mentre ciò che è pervenuto in esistenza (mehudash) ha un suo inizio. Il Primo non è pervenuto in esistenza da un altro, mentre il "mehudash" fu creato e posto in esistenza da un altro, in tal modo viene spiegato che Dio è il Primo Assoluto.

 

25

 

È ben nota la severità dei Saggi verso colui che dice "modim, modim" ("ringraziamo, ringraziamo") oppure "Shemà, Shemà". Tale persona viene fatta tacere (1).

Tutti i commentatori spiegano che il motivo di tale severità è da ricercarsi nel fatto che si potrebbe dedurre che esistano due poteri oppure si potrebbe credere a due distinte divinità. In Berachot (14, 2) è scritto: Avvenne che un individuo stava pregando alla presenza di Rabà, <102> che lo sentì pronunciare "emet, emet" (verità, verità). Disse Rabà: "Chiunque dica "emet, emet" deve essere zittito". E in "Ain Ya'akov" spiega il motivo: "Nello stesso modo in cui non si può pronunciare "ehad, ehad" (Uno, Uno), perché sembra volere indicare più unità, allo stesso modo non si deve pronunciare "emet, emet" dato che la Verità è una soltanto". Comprendiamo così la spiegazione di Rabà, che sostiene che "il suo grande fervore (di chi pronuncia due volte "emet") nell'affermare la verità lo ha fatto agire. Egli crede di rafforzare le sue parole pronunciando la verità di Ha-Shem Baruch-Hu con tale aggiunta, ma, in realtà, la sminuisce. (2)

Abbiamo così visto come i Saggi fossero scrupolosi verso le parole che potevno far pensare a due regni (reshuiot) (3). A maggior ragione dobbiamo combattere le affermazioni dello Zohar, come quella che abbiamo citato "Dio regna, Dio regnò, Dio regnerà in eterno" e cioè "Dio regna" di sopra, (arich anpin), "Dio regnò" nel mezzo, (aba ed ema), "Dio regnerà" di sotto (zeir anpin e nukve). Questo significa che quando uno dice "Dio regna", riconosce il regno di arich anpin; quando dice "Dio regnò" riconosce il regno di aba ed ema e quando dice "Dio regnerà in eterno" riconosce il regno di zeir anpin e nukve.

Ebbene, c'è forse una credenza in molti "regni" maggiore di questa? E dal momento che riconosce il regno di questi tre re quando pronuncia il succitato verso, come poi può mentire a se stesso quando pronuncia "Avinu Malkenu" "Padre nostro, Re nostro, non abbiamo altro Re all'infuori di Te"?! In verità, ha già coronato tre re. Chi dei tre incoronerà, lasciando gli altri senza regno?

L'autore di S.ha-Ikarim, aveva ragione quando avvertì che non bisogna studiare lo Zohar e tutti gli altri libri della kabalà(4) : "Questa è una regola generale: siate estremamente guardinghi e attenti a non cadere nelle loro trappole e a non rimanere impigliati nei lacci da loro tesi, perché essi hanno abbandonato la retta via per inoltrarsi in sentieri bui, senza rendersi conto di brancolare nel buio. Tali sono coloro che studiano la kabalà per propria decisione; ciò non va riferito, però, a chi riceve la Kabalà vera direttamente da un Hacham, che, a sua volta, l'ha già ricevuta".

Pertanto, chi ama Ha-Shem e aderisce alla Torà ed alla Tradizione Orale, che venne tramandata nella Mishnà e nel Talmud, si terrà ben lontano da questa nuova kabalà e non sarà preda di questa tentazione; così facendo, non devierà dalla vera fede, purificata sette volte tanto dai Tanaim, Amoraim e Poskim. <103>

 

1) Berachot, cap. Ein omdim, cap. Ha-korè 25.

2) Vedi anche Succà, cap. Ha-halil.

3) Così anche i Poskim proibirono la ripetizione della parola "Shemà" o "Modim" appunto perché sembrano riferiti a due "reshuiot".

4) Ma'amar, 2, fine cap. 28.

 

26

 

Il lettore che ha studiato qualcosa dello Zohar e dei testi kabalisti sa che le "sefirot" e i "partzufim" ivi citati originano prima della creazione del cielo e della terra e di ciò che vi è in essa. Come spiega Vital in "sha'ar shevirat ha-kelim" (la rottura dei recipienti) nel suo Etz Haim (cap. 83): "Ora spiegherò l'ordine dei "re", cominciando da da'at (sapienza). Quando il recipiente non fu più in grado di contenerla, si infranse e scese nel mondo di "berià" (creazione). Questo significa che scese nel luogo in cui poi venne creato il mondo di "berià", che non era stato ancora formato. Questo recipiente, pertanto, cadde laddove, in seguito, si sarebbe formato la sapienza di berià".

Da ciò deduciamo che l'errore dei nuovi kabalisti consiste nell'aver cercato spiegazioni su "ciò che è al di sopra, ciò che è al di sotto, ciò che è prima e ciò che è dopo" (o ciò che è dentro e ciò che è dietro). Nei due Talmud, comunque, come pure nel Midrash Rabbà, in Tanhuma, ecc., si proibiscono tali speculazioni. E in Haghigà è scritto (1): "Chiedete, dunque, sui primi giorni". Avrei potuto pensare che si possa chiedere su ciò che era prima della creazione del mondo, ma il verso indica "dal giorno che Dio creò l'uomo sulla terra": ancora avrei potuto pensare che uno non può chiedere sui sei giorni della creazione, ma il verso ci indica "chiedete, dunque, sui primi giorni"; avrei potuto pensare che si può chiedere su ciò che è di sopra, ciò che è di sotto, ciò che è prima, ciò che è dopo", ma il verso ci indica "da un'estremità dei cieli all'altra", Ciò significa che da un'estremità dei cieli all'altra puoi chiedere, ma non puoi indagare su ciò che è di sopra, ciò che è di sotto, ciò che è stato prima e ciò che sarà".

Nel suo commento alle Hagadot, il Mahareshà riporta la storia di R. Elazar al quale R. Yohanan disse: "Vieni e ti insegnerò "Ma-asè Merkavà" (I Misteri<104> del carro). Rispose: "Non sono abbastanza anziano". Quando invecchiò, R. Assì gli disse: "Vieni e ti insegnerò Ma'asè Merkavà". Rispose: "Se l'avessi meritato lo avrei studiato da R. Yohanan, il tuo maestro"; in questo modo si astenne dallo studiare questo argomento, sia in gioventù che in vecchiaia.

Il Mahareshà, ad locum, è sensibile al fatto che la nuova kabalà tratta del Ma'asè Merkavà, mentre questo argomento dovrebbe rimanere celato e non dovrebbe essere insegnato pubblicamente. Io, invece, sostengo che è proibito, in qualsiasi modo, sia studiarlo per sé che insegnarlo in pubblico, perché, a tale riguardo, i Saggi non hanno mai permesso, neppure ad un Haham, in grado di capire dai "rashè prakim", di oltrepassare la questione di "Hashmal". Su Ma'asè Merkavà è vietato persino parlare. Tale è la Kabalà dei Saggi e tale il loro avvertimento e chiunque trasgredisce le parole dei Saggi è colpevole.

I nuovi kabalisti hanno sbagliato troppo su questo punto e, volgarmente, hanno creduto nelle proprie opinioni e sensazioni, speculando su questioni e argomenti che, in verità, i Saggi avevano vietato di trattare. Pertanto i loro stolti cuori si sono creati la falsa idea che, avvicinandosi il tempo della Redenzione (Gheulà), tale proibizione non fosse più valida e fosse così permesso insegnare ciò che, in origine, era proibito (2). Perché non hanno preso in considerazione l'avvertimento dei Saggi, per il quale "tutte le halachot" della legge orale non si invalidano mai? (3) Il non aver considerato le parole dei Saggi li ha fatti cadere in errore e ha fatto loro credere che esistano più entità emanate da Dio e associate ad Ha-Kadosh Baruch-Hu e, così facendo, hanno violato il principio di R. Shimon b. Yohai, che ammoniva "chiunque associa a Dio qualsiasi altra cosa viene estirpato dal mondo".

Alla fine del trattato Pesahim leggiamo: "A cosa si riferisce il verso "Le-mechasè atik" (4) (l'indumento scelto)? Si riferisce a colui che copre (tiene segrete) le parole che l'Antico dei Giorni ha tenuto occultate; e quali sono? Sono i segreti della Torà. (Rashi: i Misteri del Carro, i Misteri della Creazione); altri interpretano: è colui che rivela ciò che l'Antico dei Giorni ha tenuto celato; e cosa è stato rivelato? I motivi (te'amim) della Torà".

Ciò significa che chiunque rivela Ma'ase Merkavà non meriterà quella bontà nascosta che spetta ai Giusti. Peggio ancora se egli rivela ciò che è sopra al Ma'asè Merkavà, dal momento che di tali segreti è proibito persino parlare. Fu permesso rivelare soltanto i motivi della Torà, mentre fu proibito svelare e insegnare pubblicamente i segreti della Torà. È proibito insegnarli         <105> nel Beit-Midrash persino ai Talmidè Hachamim. Quanto di più alle masse che non hanno sapienza e comprensione di tali argomenti! Poiché sicuramente essi si formeranno delle false credenze e colmeranno i loro pensieri con tante divinità, come abbiamo avuto modo di vedere coi nostri occhi.

È altresì profano pensare che il Tanai R. Shimon b. Yohai abbia trasgredito a questa restrizione, parlando di Ma'asè Merkavà su ciò che precedette l'Atto della Creazione (Ma'asè Bereshit). Né qualsiasi altro Tanai o Amorai avrebbe mai detto che Dio gli si rivelò e gli diede il permesso di insegnare ciò che è proibito. Questo sarebbe stato considerato, senza ombra di dubbio, "falsa profezia" e la pena a tal riguardo è la morte per strangolamento. (5)

 

1) Cap. "Ein dorshim".

2) Come la decisione legale (psak), presa da R. Izhak Daltash, stampata all'inizio dello Zohar. Questo è uno sbaglio che ha fatto contrapponendo l'halachà dello Zohar a Mishnà, Talmud e Poskim; non ci si può basare assolutamente su tale psak.

3) Come scrive Rambam, alla fine di "Hilchot Meghilà".

4) Isaia 23:18 — La Ghemarà riferisce qui "Atik" (letteralmente vecchio e perciò scelto o copertura scelta) ad "Atik Yomin" nelle visioni di Daniele (capitoli 7 e 8), l'Antico dei Giorni è interpretato "Mechasè" (letteralmente copritore) come un indumento.

5) Come Rambam, introduzione a "Seder Zeraim"; un profeta non apportare delle innovazioni.

 

 

27

 

Haim Vital, invece, nel suo Etz Haim, osò trattare ed insegnare ciò che era "in origine" e di spiegare i suoi "rashei prakim". Tentò così di spiegare il motivo per il quale il mondo fu creato nel suo momento e non prima, scrivendo: "prima della creazione del mondo, Dio si occupò di creare i "mondi superiori"; ma non ebbe il tempo sufficiente per concluderli per cui arrivò il momento di creare questo mondo".

Dio, dunque, non aveva il "tempo libero" per creare questo mondo, perché era tutto preso a creare i mondi superiori e ciò certamente richiese parecchio tempo! Vital non era cero a conoscenza di ciò che il Rambam, alav ha shalom, scrisse alla fine del capitolo quindicesimo del Morè Nevuhim: "Se volessi dire, per esempio, che Dio aveva creato molti mondi prima <106> di questo mondo ... e che ciascun mondo era rimasto in esistenza per molti anni, tuttavia, quando paragoni questo evento con la Sua esistenza, che è infinita (mentre i mondi creati sono limitati), potresti pensare che Dio abbia creato il mondo ieri. Ma una volta che abbiamo stabilito che il principio di esistenza avviene "ex nihilo" non c'è differenza se parli di centinaia e migliaia di anni oppure se parli di un tempo recente".

Ma il testo kabilistico "Oz I'Elohim" ha osato esprimersi in questi termini (1) "Dal tempo che "Malka Kadisha" iniziò ad esistere, Egli creò i mondi. Perciò ha risolto il problema del perché li creò adesso e non prima, perché appunto li creò dopo che iniziò ad esistere". —

Da queste parole uno deve concludere che il Creatore è soltanto cinque giorni più anziano del primo uomo! Dio ci liberi da tutte queste assurde farneticazioni!

Mahary Zahary nel nome di R. Saadya Gaon ha spiegato (2): "Anche se tu vedi che i cieli sono estremamente immensi nelle loro dimensioni (come è stato provato dai Maestri della geometria piana per i cieli e la terra), tuttavia, non pensare che fu richiesto molto tempo per crearli, "poiché Io li chiamo ed essi si formano". Questo significa che l'atto della creazione avvenne nell'unità di tempo più breve possibile, senza fatica e senza peso, senza sforzo alcuno, come è scritto "Egli non si stanca, né si indebolisce e non v'è limite alla sua comprensione". (3)

In Bereshit Rabà (4), i Saggi chiesero quando vennero creati gli Angeli: "R. Yohanan disse: "Nel secondo giorno" (della creazione) come è scritto "Egli raffredda con acqua le camere superiori" e subito dopo "E rende i Suoi Angeli venti". R. Hanina disse: "Nel quinto giorno furono creati" come è scritto "E i volatili voleranno (ye-ofef) sulla Terra" e così anche "E con due ali ha volato (ye-ofef, riferendosi all'angelo)" — R. Luliani nel nome di R. Yitzhak disse "Che sia valida l'opinione di R. Yohanan o quella di R. Hanina, tuttavia, entrambi sono d'accordo sul fatto che gli Angeli non vennero creati nel primo giorno, affinché nesuno sostenga che l'Angelo Michael stava stendendo la parte meridionale del firmamento, l'Angelo Gabriel quella settentrionale e Ha-Kadosh Baruch-Hu la stendeva al centro, bensì è scritto "Io sono il Dio che opera il tutto, Io solo stendo i cieli e stendo la terra, Io soltanto". Ed è scritto altresì "Mi-itì" (chi è con Me?), cioè, nessuno partecipò con Me all'atto della creazione del mondo (5).

In Yalkut Tilim, sul verso "E fu sera, e fu mattina. Un giorno" (6), spiega: <107> "Il giorno del suo essere Unico nel mondo, perché non esisteva alcun altro nel mondo, all'infuori dell'Onnipotente, come è detto "Tu sei il Signore, Dio, Tu soltanto". Altra spiegazione fornita: — "Poiché Tu sei grande e fai miracoli" (7) — È consuetudine nel mondo che un re di carne e d'ossa venga onorato nel suo paese con i suoi dignitari, dal momento che anch'essi condividono con il re l'ònere del regno. Non così Ha-Kadosh Baruch-Hu, poiché Egli da solo creò il mondo, Egli solamente viene onorato nel Suo mondo ed Egli solamente viene esaltato e lodato nel mondo. R. Tanhuma disse: "Poiché Tu Sei Grande e fai miracoli" questo perché "Tu Sei Dio, Tu soltanto e Tu soltanto hai creato il mondo" (8). —

 

1) Beit Kodesh Kodashim, cap. 31, pg. 67 — "se non ti soddisfa la risposta del Behira (commento), vi risponderemo che dal tempo ...".

2) Bereshit — 7° argomento.

3) Isaia, 40, 28.

4) Cap. 1 e cap. 3, anche Yalkut Bereshit remez 5.

5) Similmente Rashi in cap. "Yom Tov shel Rosh ha-Shanà" scrive che gli Angeli furono creati nel secondo giorno, concordando con l'opinione di R. Yohanan. Anche S. Mizvot Gadol, introduzione ai precetti positivi segue l'opinione di R. Yohanan.

6) "yom ehad" e non "yom rishon" (il primo giorno). N. del tr.

7) Salmo 85, 10.

8) Ho visto che "Melamed ha-Talmidim", parashà Yitrò, sostiene che gli Angeli furono creati prima del cielo e della terra, ma questa è la sua opinione personale (riportata in Menorat ha-Maor, cap. 93), è non in consonanza con quella dei Hachamim. In ogni caso, non dobbiamo tirar per le lunghe una discussione su di una Aggadah che non ha un'applicazione pratica. Il nostro scopo, in questo libro, consiste nello spiegare la vera essenza dello Yihud-Ha-Shem, in accordo con la Santa Torà e con la Kabalà dei Saggi, affinché uno possa avere la giusta conoscenza di ciò che proclama due volte al giorno e cioè "Ascolta Israele, l'Eterno è il nostro Dio, l'Eterno è Uno". E il Signore mi aiuti ad esaudire questa aspirazione.

 

 

28

 

Questa, prezioso lettore, è la vera Fede tramandata dai Saggi, che a loro volta la ricevettero in origine da Mosè, per la quale Ha-Shem Baruch-Hu è la Causa Prima. Egli solo creò il tutto senza essere aiutato da creazione alcuna. Contro questa verità va l'autore filosofico dello Zohar, che crede che una moltitudine di cause, loro stesse oggetti di creazione, si aiutino a vicenda nella        <108> creazione, ognuna prendendo permesso dalla causa che la sovrasta. Così sarebbe possibile affermare che Atik stende il firmamento nel Sud, Arich Anpin, lo stende al Nord, Aba all'Est, Ema all'Ovest, Zeir Anpin e Nukve agli angoli e Adam Kadmon, il più grande di tutti, lo stende al centro. Esattamente come un re umano che viene onorato con i suoi dignitari affinché anch'essi ne condividano l'ònere! Così si sono espressi il falso profeta dello Zohar e il resto dei kabalisti, a riguardo dell'onore al Nostro Padre in Cielo, in modo che tutti i partzufim da loro inventati, vengano onorati insieme a Lui! Così adam kadmon, il maggiore tra loro, è onorato per aver detto "Vedete, ora, che Io sono Dio, Io sono colui che fa morire e fa rivivere" ecc. (non avendo altra causa dalla quale prendere permesso). Aba viene onorato per aver detto "Sia la luce" e "Si raccolgano le acque" ecc. Ema viene onorata per aver detto "Facciamo l'uomo". Atik viene onorato per aver detto "Entro i suoi anni Egli lo fa vivere" (1). Zeir Anpin ha il grande onore per aver detto "Io sono il Signore, tuo Dio che ti ha fatto uscire dalla terra d'Egitto" (2). E, infine, Malchut non è privata del suo onore, poiché ha detto "Queste sono le "forze" (-elohim) che hanno percosso l'Egitto". A dir loro, fu Malchut, con l'aiuto di Binà (Ema) che riversò sugli Egiziani le piaghe.

E stato sufficientemente espresso come i kabalisti, lodando i partzufim con l'onore dovuto al Re dell'Universo, pensino che questi debbano condividerne anche l'onere, Dio ci salvi e liberi da questa falsa credenza!

 

1) Spiegato nel Iorat Na'asé che si riferisce ad atika kadisha.

2) Sefer ha-brit; vedi Nahalat Yosef p. 61-62.

 

 

29

 

Conosci già, prezioso lettore, ciò che i Saggi dissero in Haghigà: R. Yehuda nel nome di Rav disse: Ricordate quell'uomo con buon ricordo, il cui nome è Hananyà b. Hizkiyà, perché se non fosse stato per lui, il libro di Ezechiele sarebbe stato occultato dal momento che le sue parole contraddicevano quelle della Torà. Cosa fece? Si fece portare trecento ampolle di olio, si appartò nel suo abbaino e lo studiò (il libro). Rashi: "contraddicono quelle della Torà" ad esempio "Il cadavere di un <109> animale ed un animale impuro non devono essere mangiati dai Sacerdoti" potevano dunque essere mangiati da Israele? oppure, "Così farete nel settimo giorno del mese" ecc. dove troviamo tale sacrificio menzionato nella Torà? Dobbiamo interpretare questi versi, invece, come furono interpretati in Menahot, che siccome la "melikà" (distacco della testa per mezzo di un'incisione nella nuca) di un uccello fu permesso ai Sacerdoti nel caso di un sacrificio espiatorio (hattat), fu necessario così ammonirli a non usare la "melikà" per le macellazioni profane, ecc.

Giudicate da ciò. Ezechiele fu considerato vero Profeta. Egli aveva già visto la resurrezione dei morti nella vallata di Dora. Il suo libro è incluso nelle Sacre Scritture e si fa obbligo salvarlo dal fuoco anche di Sabato. Nonostante tutto ciò, i Hachamim cercarono di "occultarlo" perché alcune parole sembravano contraddire la Torà, in merito ad una proibizione (1). A maggior ragione si deve fare con lo Zohar, che, in modo palese, contraddice la Torà scritta e la Tradizione orale per ciò che riguarda una proibizione concernente l'idolatria, punibile con la lapidazione e l'espiazione! Non solo, ma si fa beffa della Mishnà e del Talmud laddove li definisce "kelipà" e "sela ah'ra".

In verità, è proibito leggere lo Zohar, dal momento che ci sono Hachamim e uomini di sapienza che hanno già smascherato la sua fraudolenza e il suo inganno e che sanno bene che la dottrina filosofica contenuta contraddice quella della Torà, dei Saggi, dei Gaonim e dei Poskim.

 

1) Vedi anche cap. ba-me-Madlikin, come i Saggi cercarono di occultare Kohelet per lo stesso motivo e usavano leggere solo i Proverbi. Shir ha-Shirim (il Cantico dei Cantici) e Kohelet (Ecclesiaste) furono infatti esclusi fino a quando gli Uomini della Grande Assemblea non li spiegarono e canonizzarono.

 

 

30

 

Meditate bene le parole di R. Tam ibn Yehia, già citata (1), per le quali la "Mishnà ed il Talmud sono la vera Kabalà, concordati in ogni senso". Questo significa che non ci sono dubbi al riguardo. <110>

La nuova kabalà, invece, non è degna d'affidamento per qualsiasi "din" o "halachà" e, quanto di più, per ciò che tratta l'Unità di Dio Onnipotente. Come spiega Rambam, la domanda presente nella Mishnà "perché lo Shemà precede ve-haià im shamoa?": Perché lo "Shemà" contiene il comandamento dell'Yihud ha-Shem, insieme all'Amore per Ha Shem e allo studio della Torà. Questo Yihud ha-Shem è il Grande Principio sul quale tutto si basa. Ho già spiegato, in precedenza, in che modo i Saggi fossero severi verso una qualsiasi parola che potesse essere intesa come due poteri regnanti separati, a tal punto che costrinsero il fedele a stare zitto. E così a cosa gioverà se uno esprime che tutto è uno, dopo aver già espresso e considerato molte cause, una sopra l'altra? È come se fossimo comandati a pronunciare Uno con le nostre labbra, mentre coi nostri cuori considerassimo più dei. Osserviamo, a tal proposito, quanto scrive la Grande Aquila, il Rambam, nel suo Morè Nevuhim (2): "Sappi, pertanto, che la fede (emunà) non è ciò che viene espresso a parole, ma ciò che viene concepito nell'anima (ha-mezuiar ba-nefesh), cioè quello che uno crede di aver veramente concepito. È sufficiente considerare la persona che parla di opinioni vere o da lui ritenute tali, senza per questo credere in ciò che dice, per capire che questa è una cosa vana. Così, infatti, troverai molte persone stolte, che hanno delle convinzioni, senza per questo poter dedurre da esse concezione alcuna ... se, invece, il tuo cuore aspira ad elevarsi ad un livello superiore, nominato il "livello di meditazione" (iyún)(3), potrai constatare in te che Ha-Shem, Benedetto il Suo Nome in eterno, è Uno e tale la sua vera Unità, per la quale non esiste alcun elemento correlato e non esiste assolutamente nel tuo pensiero un concetto di suddivisione; devi sapere che Dio non possiede alcuna qualità descrittiva, né forma qualsiasi. Così come è impossibile che Egli sia materiale, così è impossibile che Egli abbia qualsiasi attributo umano ... pertanto, se una persona crede che Egli è Uno ma che possiede qualità descrittive (4), a parole ha detto uno, ma nel suo pensiero ne concepisce molte. Così è per i Cristiani, per i quali Egli è Uno ma anche Trino e Trino è Uno. Così è per la persona che afferma che Egli è Uno, ma possiede molte qualità per cui Egli e le sue qualità sono un tutt'uno, se solo togliamo il senso materiale e crediamo nella sua semplicità assoluta (5); come se il nostro scopo e la nostra intenzione fossero ciò che dobbiamo dire a parole e non già ciò che dobbiamo credere. Esiste, infatti, una sola forma di vera fede quella che è simile a quella concepita dall'intelletto; se,<111> dunque, il fedele possiede una tale fede che sarà impossibile cambiare in qualsiasi modo, non esisterà nel suo intelletto una ragione che la rifiuti o la stimi tale da poter essere cambiata, solo così e a queste condizioni sarà una fede vera ... Quando ci si spoglia dai desideri fisici e dalle aspirazioni comuni e si arriva alla comprensione, per mezzo della meditazione (iyun) (ciò che verrà trattato nei capitoli seguenti) che riesce ad eliminare tutti gli attributi descrittivi, a quel punto la verità verrà fuori per forza e si sarà in grado di concepire lo Yihud ha-Shem, non come chi lo pronuncia con la sua bocca senza capirne il vero significato. Di costui è scritto "Tu sei vicino alle loro bocche ma lontano dai loro lombi (intenzioni)". Uno deve invece concepire la Verità e capirla anche se non ne parla. Poiché così hanno comandato i Distinti col verso "Pronunciatelo nei vostri cuori sui vostri letti e zittite. Sela".

 

1) Vedi qui cap. 10.

2) cap. 50, della prima edizione del Morè Nevuhim.

3) A meditazione interiore oppure visione chiara di un concetto.

4) o attributo.

5) Spogliato di tutti gli attributi.

 

 

31

 

Da ciò possiamo dedurre che tutti i nuovi kabalisti sono in errore, poiché concepiscono e descrivono Ha-Shem con innumerevoli forme, attributi, linee, aspetti, ognuno diverso dall'altro, uno superiore, uno inferiore e così via. Tutto ciò malgrado la Kabalà dei Saggi, secondo la quale è severamente proibito fare tali speculazioni o immaginare simili fantasticherie, riguardanti ciò che è sopra, sotto, dentro e dietro. Quegli stolti affermano che in principio Dio riempì il vuoto dell'Universo. Poi si contrasse e si restrinse intorno ai lati e mutò forme per dare posto e spazio in ogni mondo.

Così scrive Vital (1) : "Dopo la contrazione viene a crearsi uno spazio vuoto e un aere nel mezzo della luce dell'Infinito (ein sof), che dà vita alle <112> emanazioni, creazioni, formazioni e materializzazioni. Poi, dalla luce dell'Ein Sof, una linea retta (kav), dalla luce della propria sfera esteriore (igul), si espande verso il basso, discendendo fino all'interno dello spazio vuoto. Il punto più elevato di quella linea deriva quindi dall'Ein Sof e lo tocca, mentre la parte terminale della linea ne rimane staccata e non tocca l'Ein Sof nella sua parte inferiore. Ed è in questo margine che Egli si emanò, creò, formò e realizzò tutti i mondi. Questa linea di luce può essere paragonata ad un sottile tubo, attraverso il quale le acque della luce superiore dell'Ein Sof vengono fatte discendere su tutti i mondi. E, secondo l'indagine dei kabalisti, esiste un inizio ed una fine alle Sefirot. Questo perché la parte più alta della linea tocca la luce dell'Ein Sof dal di sopra, mentre la parte terminale della linea non si espande laddove l'Ein Sof circonda i mondi inferiori. Perciò possiamo dire che c'è una testa, un'inizio (rosh) ed una fine (sof). Ma se le due estremità avessero ricevuto entrambe la loro influenza dall'Ein Sof, allora sarebbero state nella categoria di "testa", equivalendosi tra loro; similmente, se l'Ein Sof si fosse esteso ai lati di quello spazio vuoto, non ci sarebbe stato né sopra, né sotto, né dentro, né dietro né i quattro punti cardinali. Siccome però la luce dell'ein sof è fatta discendere tramite una linea ed un sottile tubo, esiste, allora, sopra, sotto, dentro, dietro, a nord, a sud, ad est ad ovest (2). La luce dell'Ein Sof scende sotto la forma di una linea retta entro il vuoto (halal) che si espande di sotto molto lentamente e diventa come una sfera tutt'intorno. Questa sfera non è però legata all'Ein Sof che la circonda da tutti i lati, perché se lo fosse, tornerebbe al suo stato originale e verrebbe annullata dalla luce dell'Ein Sof stesso. Il suo potere non sarebbe riconoscibile e rimarrebbe soltanto la luce dell'Ein Sof come era in origine (3). Cosicché questa sfera è vicina all'ein sof ma ne è staccata, dato che l'emanazione dall'Ein Sof avviene esclusivamente tramite la linea retta. L'Ein Sof circonda la sfera ad una distanza pari da tutti i lati. È uno stato necessario che la luce dell'Ein Sof, che risplende nelle emanazioni, si realizzi esclusivamente tramite la linea, perché se la luce fosse stata fatta discendere anche nella sfera, le emanazioni sarebbero nella categoria dell'Emanatore, illimitate e immisurabili. D'altra parte, la linea è estremamente fine, cosicché la luce che penetra nell'emanazione è limitata. Per questo motivo, le emanazioni vengono chiamate le dieci "midot" (4) oppure le dieci "sefirot" (5) poiché hanno una misura e un numero fisso. Così, la prima sfera (igul), che è più aderente all'Ein Sof, prende il nome <113> di "keter" (corona) di adam kadmon. Dopo questa, la linea scende per un altro tratto, diventa nuovamente circolare e questa sfera si compenetra in quella precedente. Questa è la sfera della "hohmà" (saggezza) di adam kadmon. La linea continua a scendere, diventa circolare e il terzo "igul" che si compenetra nel secondo, viene nominato binà (comprensione) di adam kadmon. Ciò continua fino alla decima sfera, quelao di malhut (regno) di adam kadmon, ecc; è stato spiegato come esistano molti tipi di mondi emanati, creati, formati e realizzati; tutti questi mondi, migliaia di migliaia, sono posizionati in quel vuoto, che nulla ha al suo esterno. Ogni mondo ha le sue dieci "sefirot", ed ogni "sefirà" ha, a sua volta, dieci sefirot individuali in esso incluse.

Ora spiegheremo la seconda categoria delle dieci sefirot, quella di Yosher, che si presenta nella sembianza di un'"uomo superiore" (adam elion). La stessa linea, che si era espansa per dare forma alle sfere, assume poi una direzione diritta (yosher), dall'alto verso il basso, dalla "testa del tetto superiore" del cerchio superiore, fino al punto di chiusura in basso del termine di compenetrazione delle dieci sfere. Ciò consiste di dieci sefirot appartenenti al segreto di "immagine" (tzelem) di un uomo eretto con 248 membra, ecc. È questa seconda categoria che viene chiamata "l'immagine di Dio" e alla quale il verso allude quando dice "E Dio creò l'uomo a Sua immagine". Quasi tutte le parole dello Zohar e dei Tikkunim trattano questa categoria di "yosher".

Similmente Vital spiega (6) come le dieci sefirot del mondo di atzilut non siano né le prime, né le più elevate, ma che sono state precedute da altri mondi di emanazione, creazione, formazione e materializzazione. Data però la loro grande segretezza, lo Zohar e i Tikkunim non ne vollero parlare, se non con qualche nascosta allusione. Vital spiega altresì il livello al quale arrivano i "piedi" di adam kadmon, di atik yomin, di arich anpin, di aba e di ema, di zeir anpin e di nukve; egli definisce aba ed ema "corti": la misura della loro statura va dalla gola all'ombelico di arich anpin (7).

 

1) Etz Haim, sha'ar igulim va-yosher, anaf 2.

2) Le sue parole non hanno senso. Forse ha giustificato un inizio e una fine ma non in che modo dentro, dietro e i quattro punti cardinali siano da esso derivati.

3) Sembra una contraddizione alle parole seguenti, per le quali questa luce circondante fa da indumento alle sefirot. Perché allora non aderisce alle sefirot stesse? Caso nel quale esse, con i loro indumenti, diventerebbero una cosa sola e il recipiente verrebbe annullato e la luce interiore e quella esteriore verrebbero mescolate del tutto.

4) Attribuiti, lett. qualità misurate. <114>

5) Interpreta "sefirà" da "mispar" (numero).

6) Anaf 3, 4.

7) Spiegato similmente in sh'aar hakdamot in Kisei Eliahu e Mikdash Melech, parashat Bereshit.

 

 

32

 

Da tutto ciò è chiaramente spiegato in che modo le sefirot scesero e si emanarono dall'Ein Sof tramite una linea sottile (kav dak). E così anche per i livelli circolari (igulim) ed i livelli diretti (yosher). Secondo questa concezione, il corpo delle sefirot, parimenti alla luce interna che è presente nella loro essenza e alla luce esterna che le riveste, proviene da un unico Ente, l'Ein Sof che si espande e discende. Come il Shushan Sodot esprime chiaramente (1) : "Sappiate che le dieci sefirot non sono oggetto di creazione, bensì si sono emanate dall'Essenza del Creatore e non sono da Lui separate, poiché Egli si trova sempre in esse; similmente alla lumaca la cui corazza fa parte del suo corpo, ecc. —

Ed il Ramaz scrive (2): "I recipienti di atzilut sono nella categoria di divinità (elohut)".

E il Mishnat Hassidim (3): "L'intera atzilut, sia nelle sue luci che nei suoi recipienti e indumenti si trova nella categoria di divinità assoluta (elohut gamur), mentre i mondi di beriyà, yetzirà e assiyà dal livello del loro ruah (spirito, binà — discernimento) non sono nella categoria di divinità assoluta".

Precedentemente (4), ho riportato la citazione dello Zohar che spiega come ciascuno dei partzufim venga nominato la Causa delle Cause (il'at ha-il'ot), giacché ognuno è la causa delle cause sottostanti; mentre adam kadmon è nominato la causa di tutte le cause, poiché egli è la prima causa di tutti i partzufim, ecc.

Ecco dunque la risposta alle vostre parole, con le quali avete negato la verità, scrivendo "Dio ci salvi che i kabalisti abbiano detto così! Al contrario, <115> essi hanno detto che uno non deve né credere né pensare che le sefirot siano parte dell'Ein Sof, Benedetto Egli sia, essendosi evolute da causa a causa, ecc.". Ma, ecco, le vostre parole sono in palese contraddizione con lo Zohar, con Haim Vital, con Shushan Sodot, con Ramaz, col Mishnat Hassidim, che spiegano come le sefirot si siano emanate dall'Ein Sof e siano di natura divina. Persino voi concordate che tali parole siano blasfeme. Ho anche mostrato prima in che modo lo Zohar chiama aba ed ema il Dio delle Schiere (ha-Shem Tzevaot), mentre zeir anpin è figlio di aba ed ema. Esso spiega come il servizio e la preghiera vadano dirette a zeir anpin. Tutti i kabalisti sono d'accordo su ciò (5) e affermano che tutte le lodi e le benedizioni vanno dirette esclusivamente a zeir anpin. Non già all'ein sof o ad altri partzufim sopra a zeir anpin nel mondo di atzilut, nè tanto meno ai partzufim sotto di esso nei mondi di beriyà, yetzirà e assiyà. Ed anche quando affermano che ciascuno di questi mondi contiene tutti i partzufim, che sono nel mondo di atzilut, poiché furono creati dalla stessa materia, cioè dall'essenza dell'ein sof (dalla quale furono fatti scendere ed evolvere attraverso una linea sottile), ciò nonostante, essi non sono "elohut gamur", tali cioè da essere pregati e invocati nel momento del bisogno. Fu a proposito di tale credenza che i Saggi così si espressero in Sanhedrin (6): "Dagli dèi delle nazioni che vi circondano, quelli vicini a voi e quelli lontani". (domanda la Ghemarà):"Che differenza fa se sono vicini o lontani?" (risposta): Dalla natura di quelli che sono vicini puoi comprendere la natura di quelli che sono lontani. Con ciò i Saggi hanno insegnato un metodo per discernere le immagini degli idolatri : ossia, dalle caratteristiche di quelli che sono vicini si possono conoscere le caratteristiche di quelli che sono lontani.

Confrontate e giudicate da ciò la natura dei partzufim. Dicono che in ognuno dei quattro mondi sono presenti tutti i partzufim, ma, ciò nonostante, il nostro servizio vada diretto soltanto a zeir anpin del mondo di atzilut. Nello stesso modo in cui quelli a noi vicini nei mondi di creazione, formazione e materializzazione sono privi di sostanza e non sono divini, così dovrebbe essere anche per quelli lontani, cioè zeir anpin di atzilut che non ha sostanza per cui non esiste Dio all'infuori di Ha-Shem Baruch-Hu Benedetto sia il Suo Nome in eterno! Una volta constatato che tutti i nuovi kabalisti concordano sul fatto che tutte le preghiere, le lodi e le benedizioni sono dirette a zeir anpin diventa evidente che tutte le vostre lamentele nei nostri riguardi e le vostre smentite sono il vano respiro di uno spirito in frantumi, pari a colui che afferma che un uomo è donna o che <116> un pilastro di marmo è d'oro.

Con la vostra risposta vi siete comportati come lo stolto citato nella frase del Tanai (7) per cui "ci sono sette qualità nel Saggio ed il contrario sono nello stolto" e tra di esse è detto che "il Saggio chiede secondo la legge e risponde in conformità alla materia trattata, ma chi agisce in contrasto a ciò è un ignorante". Tale è il vostro caso. Vi avevamo chiesto in modo appropriato e in conformità alla legge "chi dobbiamo servire, secondo la nuova kabalà? Atik, arich anpin, aba, ema, ecc." E voi avete risposto in modo offensivo, non pertinente alla domanda e avete affermato che la vostra tradizione è così e così...come se vi avessimo chiesto a riguardo della vostra tradizione?!

Poi vi siete dilungati sui remazim (allusioni) e le ghematriot (combinazioni dei valori numerici delle lettere) del libro Havot Yair, che non aveva inteso le parole di suo padre e come aveva menzionato remazin che ognuno avrebbe potuto inventare anche senza kabalà, come fece Rav Shemuel, che per dimostrare la sua grande capacità nel combinare lettere e numeri scrisse in una sola notte, da solo, senza kabalà, un libro, chiamato Koah ha-Shem, che è zeppo di tzerufim (combinazioni di lettere), ghematriot e remazim. Così continuate a citare remazin dall'autore del S. Menorat ha Ma'or. Però a ciò che vi venne chiesto non avete risposto, né tanto meno è scemata la debolezza delle vostre labbra. Giusto come la pochezza dello stolto, menzionato in precedenza dal Tanai, che non seppe rispondere alla domanda fattagli.

 

1) In Seder ha-Tefilà ed anche in Seder Sciva'at yemei ha Pesah.

2) A fianco dello Zohar, Behar, p. 109.

3) Così anche è l'autore di Hechal ha-Berachà, Vayikrà, in Otzar ha-haim, pag. 7.

4) Vedi qui, cap. 16.

5) Come sopra nel nome di Mikdash Melech, Rashab, Yosher Levav, S. ha Brit, Etz Haim, S. ha-Likutim nel nome di Luria, Kissei Eliahu, Matzref Emunà e Nahalat Yosef.

6) 61, B.

7) Ultimo cap. di Avot.

 

33

 

 Vediamo, dunque, che i nuovi kabalisti hanno descritto l'Ein Sof, spiegando <117> come, dopo la contrazione, divenne "circondante" e simile ad "una sfera vuota" nella quale ci sono milioni di mondi emanati dalla sua essenza. Poi c'è un numero infinito di partzufim di yosher che si espandono e si sviluppano dalla sua essenza, tramite una linea sottile. Essi si espandono da adam kidma sopra il mondo di atzilut, fino alla fine dei partzufim di tutti i mondi di emanazione, creazione, formazione e materializzazione.

Su di loro cadono le parole del nostro Grande Maestro, il Rambam: "Perché Tu sei vicino nelle loro bocche, ma lontano dai loro lombi". Con le loro bocche dicono Uno ma i loro cuori e i pensieri della loro mente immaginano tanti partzufim e tanti livelli. La loro fede non è dissimile da quella delle altre nazioni (1) . I Cristiani dicono che Dio è trino e tre sono uno. I kabalisti dicono che Dio è cinque nel mondo di atzilut e che i cinque si ridividono in dodici e che tutto ciò è uno. I kabalisti hanno paragonato Dio ad un uomo che ha 248 membra e 375 arterie e vene e viene chiamato con un nome, Reuven, ad esempio; oppure Lo hanno paragonato ad una casa, costruita con molti mattoni, con legno ed argilla, avente molte stanze, ecc., ma pur sempre chiamata casa. Anche nella Prima Causa, che loro chiamano Ein Sof, hanno trovato una molteplicità, come scrisse Vital nel libro "Arba meot shekel kesef" (2): "È giusto che sappiate che tutta l'esistenza dell'Ein Sof che noi chiamiamo "Atik d'kol Atikin" (l'anziano di tutti gli anziani) ha lo scopo e il proposito di svelarci un barlume della sua luce, che è nascosta nella Corona (keter); è risaputo, infatti, che che l'Ein Sof si cela nella Corona. Tuttavia, dovete sapere che esiste un altro Ein Sof che è molto al di sopra di quello precedente, a tal punto che "nessun pensiero lo può concepire" e "chi può esplorare la sua profondità"? Perciò, in vari punti dello Zohar, troverete vari differenti tipi di Ein Sof a tal punto che uno potrebbe mettere in pericolo la sua vita se non avesse familiarità con le "introduzioni" che gli permettono di nuotare indenne in questo grande mare. E a proposito di questo Ein Sof inferiore, studiate lo Zohar in Edrat Na'assè, poiché qui quando l'Ein Sof si trova nel "segreto delle tre teste" assume il nome di "Atik d'kol Atikin". Tale è il significato segreto dello Zohar quando dice "questo Atika Kadisha è presente con tre teste". Ciò significa che la parte essenziale di Atika Kadisha è l'Ein Sof, allorquando esso si è ammantato nelle tre teste e solo allora le tre teste si chiamano atika kadisha".

Ciò significa che il riferimento e l'indirizzo della preghiera non deve essere rivolto al primo Ein Sof estremamente profondo e circondante tutti i mondi. Esso <118> è talmente profondo e distante che nessun pensiero lo potrebbe mai concepire. Tutte le preghiere devono essere rivolte a zeir anpin, che riceve l'influsso da aba e da ema, così come dall'Ein Sof, che è nascosto nella sua corona, affinché possa venirci svelato un barlume della sua luce. L'Ein Sof precedente, però, non può essere concepito da pensiero alcuno e se qualcuno non sa questo potrebbe eventualmente sbagliare nell'indirizzargli la propria preghiera e, così facendo, rischiare la vita, perché la sua preghiera non verrà esaudita e, peggio ancora, sarà punito, come è spiegato nel Kissei Eliahu.

Tutto questo è l'opposto di quanto avete scritto nel nome di Lehem Simlà. Questo libro non è qui reperibile e pertanto non mi è dato consultarlo, ma non escludo la possibilità che mi stiate ingannando con una falsa interpretazione del suo autore, così come avete fatto con il Kissei Eliahu. In ogni caso, le cose non stanno come voi dite, in quanto c'è assoluta convergenza tra i kabalisti sul fatto che l'Ein Sof, che è la Prima Causa, non è per niente collegato con le preghiere e le benedizioni, per cui esse possono soltanto influire sull'Ein Sof, celato nella corona. Perché non possiamo rivolgere le nostre preghiere all'Ein Sof superiore che circonda tutta l'esistenza? Perché mai egli dovrebbe adirarsi contro di noi se ci rivolgiamo a lui in preghiera? Perché Mosè, l'uomo di Dio e il fedele della Sua Casa non ce lo ha fatto sapere nella Torà scritta e nella Legge orale tramandato di bocca in bocca? Anche i Profeti che si sono levati in Israele dai giorni di Mosè fino al periodo di Malachi (l'ultimo dei profeti canonici), ci hanno messo in guardia: "Ricordate la Legge di Mosè, Mio Servo, poiché ho comandato in Horev leggi e statuti" (e non combinazioni e riparazioni d\ei mondi!). Perché non ci hanno fatto conoscere tutto questo? Perché hanno permesso a tutte quelle passate generazioni di essere le vittime della loro innocenza, ignorando il Dio della loro salvezza? Sarebbe stato loro compito informare il popolo che non è all'Altissimo ed Onnipotente Dio che bisogna pregare, data la Sua grandezza e infinità, inconcepibili alla mente umana. Avrebbero dovuto spiegarci che bisogna rivolgersi alla sua manifestazione favorita, cioè all'impaziente zeir anpin, figlio di aba e di ema, che ha già acquisito spessore ed è divenuto comprensibile ai sensi (3).

La nostra accusa è rafforzata dal fatto che ci sono molti tipi di ein sof e vari partzufim e che ognuno agisce per se stesso. Questa è una credenza in molti "poteri regnanti" nell'universo. <119>

 

1) Il Rivash nel nome di "uno dei filosofi". Ma ricordo di aver letto nel S. Bet Yehudà che il Rivash, per timore di essere perseguitato da coloro che amano il proprio onore, aveva attribuito ad altri quella che era la sua propria opinione. Egli sosteneva che non avrebbe speso il suo tempo nello studio della nuova kabalà, poiché la "vecchia" Kabalà della Mishnà e del Talmud erano per lui sufficienti.

2) Pag. 68.

3) Le parole succitate del Kissei Eliahu hanno lo scopo di mostrarvi l'errore che avete commesso nel tentare di giustificare le sue parole. Sarà sufficiente una brezza per spazzare via tutte le vostre argomentazioni poiché chiara è l'opinione dell'autore, per la quale bisogna pregare zeir anpin in unione con i partzufim sopra d'esso.

 

 

34

 

Comunque, con tutta la vostra smoderata insolenza e vanagloria, e la vostra smania di rendere pubblica alle moltitudini la Dimora del Re dei Re, Benedetto Egli sia, avete dimenticato di dirci quale ein sof pregate. Non solo non avete risposto alla nostra domanda, ma le vostre parole contraddicono il pensiero dello Zohar, dei kabalisti e del Kissei Eliahu, che scrive chiaramente (1): "Quando noi parliamo di benedizione (berachà) in congiunzione a Lui, la nostra intenzione non è riferita all'Essenza dell'Unico, Dio ci salvi, dal momento che Egli viene esaltato al di sopra di ogni benedizione".

Ed il Sefer ha Brit scrive (2): "Per quanto riguarda l'Ein Sof nella sua forma più semplice, i filosofi (aristotelici) avevano ragione quando affermavano che nessun servizio o preghiera Lo concerne, dal momento che in questa categoria Egli viene elevato sopra ogni benedizione e lode, per cui sono nullificate le Mitzvot e tutta la Torà". Dato che la kabalà che voi menzionate contraddice lo Zohar e i kabalisti, l'unico termine che vi si addice è "stolto". E allora perché con la vostra calunnia e maldicenza conducete questa polemica contro chi studia la Torà? Per quale motivo lo insultate? Forse perché non "cinguetta" le parole dello Zohar come fate voi? O forse perché si basa esclusivamente sulla Mishnà, sul Talmud e sui Poskim? È soltanto per malafede che avete proclamato pubblicamente che noi siamo "minim" e "kofrim", dal momento che ci rifiutiamo di studiare lo Zohar e i Tikkunim! <120>

Dalle vostre risposte, però, ci è ora chiaro che voi siete ignoranti della letteratura ebraica e del Midrash e che non avete nessuna comprensione del Talmud! E come scrisse R. ibn Tibbun (3): "Uno che crede di essere saggio ma non possiede saggezza alcuna è simile all'asino che gira continuamente intorno al pozzo ma rimane sempre allo stesso posto!". Guai ai cattivi pastori, che con le loro menzogne fanno sbagliare il popolo, mentre si vantano di essere saggi! La vostra saggezza consiste nel nuocere e nel profanare il Nome di Ha-Shem Baruch-Hu e la Sacra Torà! E così fate commercio con le dottrine della Verità la cui vostra conoscenza è superficiale; il vostro vanto (di essere saggi) è per voi "una pala con cui scavare" (4); scavare pozzi infranti che non contengono una goccia di acqua! Come disse il Profeta (5): "Così ha parlato l'Eterno contro i falsi profeti che fanno sbagliare il Mio Popolo, che predicono pace solo quando gli si dà qualcosa da mettere sotto i denti, mentre proclamano guerra contro chi non mette loro nulla in bocca".

 

1) pag. 15.

2) Ma'amar bet.

3) Introduzione a Sha'ar 2 di Hovot nel nome di Mivhar ha-Pninim — ivi trovi anche la citazione "non dire lo so su ciò che non sai, affinché non sii sospettato anche in ciò che sai". Così i Hachamim hanno detto "uno che è ignorante ma crede di essere saggio è doppiamente solto".

4) "Kardom Lahpor bo" ( = una pala con cui scavare in esso). Metafora usata per esprimere il guadagno che si può ricavare dall'occuparsi di cose sacre; il riferimento è qui espresso per i molti libri di kabalà che venivano venduti a prezzi molto alti; all'acquirente veniva promesso di venire a conoscenza dei segreti occulti e di acquisire santità così facendo.

5) Micha 3, 5.

 

 

35

 

Allontanati, dunque, prezioso lettore, da queste credenze immaginarie e medita su quanto scrisse in Massehet Hullin (1) il Rosh, di benedetta memoria, uno dei pilastri dell'erudizione sulla quale si basa Israele: "Concludiamo così affermando che qualsiasi opera aggiunta (toseftà), che non fu conosciuta fino al termine della Ghemarà, non è degna di affidamento, dal momento che i Hachamim volendo creare un'opera di verità perenne,<121> hanno esaminato ed indagato tutti i testi attribuiti ai Saggi, per essere sicuri che fossero degni di affidamento". (2)

Se voi credete veramente che tutte le nostre preghiere e il nostro servizio sono diretti alla Causa Prima, il vero Dio che non ha principio al Suo principio, che ha redento i nostri Padri dalla terra di Egitto, che svelò la Sua Gloria sul Sinai, quando concesse loro la Torà, proclamando "Io sono il Signore vostro Dio, non avete altri dèi all'infuori di Me", perché allora insultate e offendete coloro che hanno la vostra stessa fede e che studiano la Mishnà e il Talmud, giorno e notte? Perché li chiamate "miscredenti" ed "eretici" mentre le vostre peccaminose mani attribuiscono falsamente a R. Shimon bar Yochai lo scritto dello Zohar, prodotto dalla mente idolatra di Moshè da Leon ?

Chi non è in grado di intendere che il profeta mendace dello Zohar ha adottato altre credenze, a noi estranee, come la trinità cristiana, mescolandole con la Emunà della Torà, invertendo l'ordine delle nascite, arrivando a credere che esista un padre, un figlio e uno spirito santo? Osservate come lo Zohar e il Mikdash Melech hanno interpretato il verso "Ascolta, Israele, l'Eterno è nostro Dio, l'Eterno è uno". "Ascolta, Israele". R. Yeishà disse: Questo è "Israel Saba"; R. Itzhak disse(3): la Ayin grande (della parola shemà) rappresenta i settanta nomi che sono testimoni di tutto (questo e il segreto di Binà che ha settanta nomi e Malchut li riceve dalla Ayin). "Ascolta, Israele" come sta scritto "Ascoltate, o cieli". Anche qui "Ascolta, Israele" è lo stesso (zeir anpin). Ha-Shem (la prima menzione dell'Eterno) è il Principio di tutto, nella luce di Atika Kadisha e viene nominato Padre (aba che riceve dalla Yod di Arich), "Nostro Dio" (Elohenu) questo è la "Valle Profonda" dalla quale sgorgano le sorgenti e i fiumi che scendono al tutto (Ema). "Ha-Shem" (la seconda menzione dell'Eterno) è il "Corpo dell'Albero" completo con le sue radici (Zeir Anpin). "Uno" (ehad) questo è "Knesset Israel" (la alef e la het sono le nuove Sefirot di Zeir, la Dalet è Malchut di Zeir) e tutto è una cosa completa, ciascuno legato con l'altro, in modo che non esiste separazione alcuna".

Lo Zohar considera i tre nomi menzionati come tre "partzufim" distinti: Ha-Shem-aba, Elohenu-ema, Ha-Shem-zeir anpin. La parola "ehad" (uno) include zeir anpin e nukve, uno ed inseparabile, e i cinque partzufim come uno. Questa interpretazione segue la dottrina espressa in Bereshit, dove considera l'Essenza del Creatore aba, l'artigiano ema, zeir anpin il figlio (di aba ed ema). I Cristiani, d'altronde, considerano l'essenza del Creatore, arich, che chiamano <122> Padre, la sefirà di hochmà (saggezza) il Figlio e la sefirà di binà (ema) lo spirito santo (4).

Chi dunque è abbastanza saggio per intendere e spiegarmi la differenza tra coloro che credono nella Trinità e quella dei nuovi kabalisti che credono in cinque o dodici emanazioni?

 

1) Perek ha-Shohet, portato in Mavò ha-Talmud.

2) Vedi qui cap. 9 e 10 in cui R. Saadya Gaon concorda col Rosh così come con il Rambam.

3) La lettera ayin equivale al numero 70. La ayin di "Shemà" è tradizionalmente scritta grande.

4) Questo è lo "Spirito della Vita" riferito nello Zohar a Elohim Haim (il Dio vivente).

 

 

36

 

In Pirkei Avot (1) è scritto: "Tutto è visto, il permesso è stato dato" ecc. Rambam spiega: "Tutto ciò che esiste è noto al Creatore e da Lui percepito sia per il passato che per il futuro. Non devi però considerare che, sapendo il Creatore ciò che un individuo farà, sia questi costretto nelle sue azioni a comportarsi bene o male. Poiché gli è stata data la facoltà di scegliere fra il bene o il male; non v'è alcunché che lo costringe in qualche modo". Alla fine degli Otto Capitoli, Rambam scrive: "Il sapere di Ha-Shem, benedetto Egli Sia, (noi usiamo il termine "sapere" nel senso a noi percepibile) è soltanto in associazione all'idea di conoscenza. Ma nello stesso modo in cui non abbiamo la capacità di sapere e di conoscere la Sua vera Essenza, come è scritto "Anche se indaghi su Dio, Lo troverai? Anche fino all'estremità di Shaddai, potrai concepirLo?", alla stessa stregua non abbiamo la capacità di concepire la Sua Conoscenza. Poiché Egli e la Sua conoscenza sono un'unica cosa, mentre nell'uomo Egli e la Sua conoscenza sono due cose distinte, come sta scritto "Poiché i miei pensieri non sono simili ai vostri pensieri" (2).

L'argomento qui esaminato spiega come Dio non sia limitato nel tempo, <123> poiché il tempo stesso è stato da Lui creato ed Egli ne conosce la realtà, passato-presente-futuro. Niente è a Lui celato, come gli Uomini della Grande Assemblea stabilirono nel Mussaf di Rosh Ha-Shanà, "Egli scruta e osserva fino alla fine di tutte le generazioni". Questo significa che passato, presente, futuro sono per Lui intelliggibili. Benedetto Egli Sia. Perciò i Saggi parlarono di ciò usando i termini "scrutare" e "osservare" invece di "conoscere" per insegnarci, appunto, che tutto è ordinato, sistemato e noto a Lui e che, per così dire, Egli lo osserva. Del resto, la concisa affermazione di Rambam, per la quale non possiamo intendere la Sua vera Conoscenzaa, intende farci capire che l'uomo può percepire soltanto il presente, non il futuro.

 

1) 3:19.

2) Vedi anche Hilchot Teshuvà, cap. 5, oppure Morè Nevuchim, 20; anche Sa'adya Gaon in "Ha-Emunot ve ha-Deot", ma'amar 4, vedi Tosafot Yom Tov, che spiega a lungo questa Mishnà.

 

 

37

 

Dopo che avete considerato i capitoli precedenti, vi dimostrerò ora, con l'aiuto di Dio, come i nuovi kabalisti abbiano minimizzato la "conoscenza" di Ha-Shem Baruch-Hu per ciò che concerne il futuro e in che modo abbiano rimosso la Provvidenza (Hashgahà) dell'Altissimo Re dell'Universo per trasferirla unicamente su zeir anpin. Essi hanno affermato che non c'è distinzione tra bene e male per i partzufim superiori, cioè aba, ema, arich, atik, adam kadmon, e così anche per l'ein sof. Il fattore del bene è simile al fattore del male. I giusti sono come i malvagi. La questione viene trattata nel libro "Arba meot shekel kesef" di Vital (1) : "Il famoso e santo kabalista R. Abraham Munzuz, della città di Tapinal, pose questa domanda all'Ari, di santa memoria. Ho una domanda difficile da fare: abbiamo studiato nei libri della Kabalà e nello Zohar, nel S. ha-Madà e nel S. ha-Kanè, che quando Dio si accinge a creare, nel mondo di berià, non sa, ma quando Egli è nel mondo di emanazione (atzilut), sa. Questo significa forse che la prescienza di Dio implichi la costrizione all'azione delle persone ed è reperibile nel mondo di atzilut? Se così fosse, questo sarebbe in contrasto con la concezione dei Saggi, per ciò che riguarda il verso "E Dio disse a Mosè: Parla ai Cohanim, i figli di Aharon" ecc. <124> (Mosè domandò a Dio): "Il primo Re che si leverà in Israele morirà di spada?" Dio gli rispose: "Perché lo chiedi a Me? Chiedilo ai Cohanim, figli di Aharon, dato che egli (Saul) ucciderà tutti nella città di Nob, la città dei Cohanim". Significa forse (chiede Manzuz) che Saul fu costretto ad agire dalla prescienza di Dio, poiché, in ogni caso, nel mondo di berià o di atzilut veniamo costretti ad agire?. (Riprende Vital): Il mio Maestro, Ari, di santa memoria, gli rispose così: "E’ pur vero che in atzilut c'è la preveggenza, però l'individuo può agire come vuole, come sta scritto: "Ecco, Ho dato a voi in questo giorno la vita e il bene, la morte e il male e sceglierete la vita, affinché possiate vivere voi e la vostra discendenza". Pertanto, da una parte, c'è la coazione di Saul, dall'altra, nel verso "sceglierete la vita" c'è la prova che esiste il libero arbitrio". Ed anche i Saggi dissero: "Il male non scende dal cielo". Ciò è dovuto al fatto che sopra, nel mondo di atzilut, tutto è nella sua forma più semplice e la conoscenza di Dio non scende per costringere la persona ad agire. Poiché qui non c'è né ricompensa, né punizione, né libero arbitrio, né volontà". Questo è il segreto del verso "Non è Esaù fratello di Giacobbe, parola dell'Eterno? Ed Egli amò Giacobbe". Sta forse affermando il Signore che Esaù è come Giacobbe? La Torà ha già dato prova che Giacobbe fu di cuore puro e "risiede nelle tende", mentre Esaù praticava l'idolatria. Il primo era Tzadik (giusto) mentre il secondo era rashà (malvagio). E poiché Dio sceglie i Giusti, cosa significa "ed Egli amò Giacobbe"? Questo vuol dire che, sopra, nel mondo di atzilut, Giacobbe ed Esaù sono considerati alla stessa stregua, perché qui non esiste ricompensa né punizione". Questo è il segreto del verso "Non è Esaù fratello di Giacobbe, parola dell'Eterno?". Questa Parola dell'Eterno (neum ha-Shem) è atika kadisha. Come viene spiegato in Edrà: "Perciò il verso significa "devi ascoltare la Mia voce a ricevere il Mio Regno, perché ho scelto Giacobbe, anche se Egli è simile ad Esaù". Anche se dicessimo che la preveggenza è coercitiva, non ci sarebbe bisogno della Torà e delle mitzvot, perché tutte le azioni della persona sarebbero di necessità, come chiarisce l'affermazione di R. Hania b. Hakashia "Ha-Kadosh Baruch-Hu voleva dar merito ad Israele, per cui concesse loro Torà e mitzvot". Se però la Sua conoscenza di sopra è di necessità, non ci sarebbe bisogno né di Torà né di mitzvot. Ciò significa, allora, che, sopra, nel mondo di atzilut c'è la preveggenza, però la coercizione a fare le cattive azioni non scende di sotto; rimane di sopra e la persona ha la libera facoltà di agire come vuole. Perciò la Torà ci ha ordinato di osservare le mitzvot e di aderire alla Torà, perché, così facendo, portiamo il bene su noi stessi, dal momento che il <125> male non scende da solo, dal di sopra, se non che la persona lo trascina su di sé. Con tutto ciò, possiamo comprendere l'affermazione per la quale, prima di scendere nel mondo, Dio fa firmare all'anima "Sii giusto e non essere malvagio". Se noi dicessimo che tutto è già previsto si tratterebbe di un falso giuramento, perché Dio sa che la persona tale peccherebbe, una volta che è al mondo. Tale affermazione, come tante altre, dimostra che nel momento della Creazione, Egli non ha la preveggenza. Diciamo quindi che la conoscenza nel mondo di atzilut è "semplice" e non influisce sul libero arbitrio dell'uomo, sul quale è scritto "è simile al suo Padrone, poiché ha libera scelta"; e così il verso "poiché è Giacobbe che Egli ha scelto, ed Israele per la sua virtù speciale". Egli associa anche Israele con Se Stesso come è scritto "Santi siate poiché Santo sono Io, vostro Dio" oppure "Ed Egli li chiama miei fratelli, miei amati, miei figli" (2).

 

1) pag. 91 b.

2) Levitico, 19. 2.

 

38

 

Ora, prezioso lettore, presta attenzione e intendi in che modo i nuovi kabalisti abbiano falsato la conoscenza di Colui che scruta e osserva fino alla fine di tutte le generazioni, e conosce in anticipo ciò che avverrà in futuro. Questi stolti hanno paragonato la Sua conoscenza a quella umana, andando contro, così facendo, all'insegnamento dei nostri Padri e Saggi di benedetta memoria, degli Uomini della Grande Assemblea, che stabilirono e ordinarono le nostre preghiere e benedizioni; i kabalisti negano ciò che disse il grande Tanai (Pirkei Avot 3, 15): "Tutto è previsto (passato, presente, futuro) ma la facoltà di scegliere viene data " e ciò che insegnarono R. Sa'adya Gaon, nel suo S. ha-Emunot ve ha-Deot, e il Rambam nel S. Ha-Madà, nel suo commento alla Mishnà e così anche nel Morè Nevuhim.

La conoscenza del Dio dei kabalisti è ambigua, dal momento che un individuo, che possiede il libero arbitrio, potrebbe scegliere il contrario di ciò che l'Onnisciente sa. E il fatto di aver paragonato la Sua conoscenza alla loro, Dio ci salvi, che li ha portati all'errore! Non hanno fatto proprie le parole del Profeta "poiché i Miei pensieri non sono come i vostri". Non solo, ma hanno rimosso dalla Causa Prima la Sua Provvidenza su tutte le creazioni inferiori! Essi hanno osato pronunciare "Dio conosce il futuro perché non c'è la conoscenza in alto". <126> In alto, non ci sarebbe differenza tra il giusto e il malvagio, Giacobbe è pari a Esaù e chi fa il bene è simile a chi fa il male! A loro dire, la Provvidenza appartiene solo a zeir anpin! È lui che giudica, che retribuisce l'individuo, a seconda delle sue azioni, come viene esposto nell'Edrà: "A proposito di zeir anpin, sta scritto: "Poiché il Signore è il Dio di ogni conoscenza (El Deot ha-Shem) (1) e in Lui viene annoverato tutto ciò che accade"; (2) perché esso (zeír) è di due tipi: il primo dice "Tutti gli avvenimenti sono annoverati (nella forma al plurale), ma per quel che riguarda atika kadisha s'tima non vengono annoverati. Perché dunque sono annoverati da zeir? Perché ha ricevuto due porzioni..." Il Rashab spiega che questa è anche l'opinione dello Zohar, in parashat Balak, in cui è scritto "Diede il suo potere regnante a lui (zeir anpin) su tutte le creature, affinché queste lo servissero, poiché fu lui che venne incoronato con la severità (dina) e la misericordia (rahamè); chi merita severità la riceve, chi merita misericordia, altrettanto".

Da ciò si deduce che lo Zohar e i kabalisti credono che le emanazioni superiori non tengono in considerazione le creazioni inferiori. Quanto di più quando si tratta della Causa Prima. Solo in zeir anpin tutti gli avvenimenti sono annoverati, ma, al di sopra di esso, gli eventi sottostanti non vengono presi in considerazione!

 

1) Letteralmente, il Dio delle Conoscenze (al plurale) è Ha-Shem. Lo Zohar interpreta questo plurale come due tipi di attributi, cioè severità e misericordia.

2) Samuele 1, 2:3.

 

39

 

Fu su questo fondamento inconsistente che l'autore dello Zohar (1) edificò un castello di storielle, secondo cui R. Shimon b. Yohai, nei suoi ultimi giorni, scelse di venir giudicato da atika kadiska, e non da zeir anpin, nominato anche "bet din" ( = tribunale): "Allorquando R. Shimon b. Yohai si ammalò, si presentarono a lui R. Pinhas, <127> R. Hiya, R. Aba, che gli dissero: "Chi è presente nell'aldilà?". Rispose loro: "Non è il Tribunale Superiore (zeir anpin) che è in procinto di giudicare la mia persona, poiché io vedo che non mi consegneranno all'Angelo e ai Giudici Superiori, dal momento che io non sono simile agli altri uomini. Invece è Ha-Kadosh Baruch-Hu che mi giudicherà, senza l'attributo di severità. Ciò è come disse Davide: "Giudicami Dio e perora per me". Anche Salomone disse: "Esegue il giudizio del Suo servo". Egli solo e nessun altro. Poiché abbiamo studiato che quando una persona giace malata al suo capezzale, il Tribunale Superiore esamina il suo caso. I difensori che perorano la sua causa elencano i suoi meriti, mentre gli accusatori giudicano con severità ed elencano i suoi peccati. Il giudizio finale, però, non è come uno si aspetta. Chi, però, viene giudicato dall'Alto Re, che su tutto regna, riceve solo il bene, perché da quel giudizio non si esce assolti nel bene. Per quale motivo? Perché le forze dell'Alto Re tendono costantemente verso il merito e questo è interamente il "Lato della Fede" (Tzad d'emunà). Ed Egli può respingere i peccati e le maledizioni, come sta scritto "Poiché con Te è il perdono, sì che Tu possa essere temuto". Con Te e con nessun'altro. Perciò prego l'Onnipotente affinché sia il mio Giudice si che possa entrare per i tredici "Portoni" dell'aldilà".

L'Autore afferma così che R. Shimon b. Yohai scelse di essere giudicato da atika kadisha, che essi nominano anche "rav'av de' ra'vavin" (la volontà delle volontà), il quale è Misericordioso, tende al perdono e giudica a secondo dei desideri della persona e non tiene in considerazione le azioni sottostanti, siano esse buone o cattive, Giacobbe è simile ad Esaù. Nessuno lascia il suo giudizio se non in uno stato di merito. Non così zeir anpin, nominato Bet Din, che non giudica a seconda dell'opinione espressa dal Giudice. Chi è degno di severità viene punito, chi è degno di misericordia viene assolto. C'è forse una credenza in molti "poteri regnanti" (reshuiot) maggiore di questa?!

 

1) Zohar Hadash, riportato alla fine dello Zohar, nell'appendice.

 

 

40

 

L'autore dello Zohar ha dimenticato una mishnà intera in Avot (4, 22) : <128> "Conoscere, far conoscere e capire che Egli è Dio, Egli è il Creatore, Egli è il Fattore, Egli è l'Intenditore, Egli è il Giudice, ora e in futuro, Benedetto Egli sia, alla cui presenza non c'è né inganno, né dimenticanza, né favoritismo, né corruzione".

Similmente i Saggi dissero (1): "Chiunque afferma che il Signore tende a lasciar correre nel giudizio, possano sciogliersi le sue viscere; Egli è comunque longanime prima di giudicare". Ed è anche scritto che Ha-Kadosh Baruch-Hu è scrupoloso nel giudicare i Suoi pii come lo spessore di un pelo". E nel Talmud gerosolimitano (Shavuot 39) è scritto: "Egli perdona la colpa di coloro che si pentono, ma non di coloro che non tornano a Lui". È contro le nuove false credenze, così contrarie alla Sacra Torà, che R. Tam ibn Yihia (2) si espresse, quando affermò che coloro che si occupano di questa nuova kabalà demoliscono le pietre angolari della Torà, abbattendone i suoi pilastri. Le sue parole vanno riferite anche a ciò che venne scritto nei nome di Yitzhak Luria (3), per cui non bisogna recitare l'Yigdal Elohim Hai (Glorificato sia il Dio vivente (4)). A spiegazione di tale divieto, viene addotto il fatto che costoro credono che nessun servizio, preghiera e lode debbano essere attribuiti a Dio quale Causa Prima, dal momento che è del tutto privo di qualsiasi forma o sostanza. Questa convinzione origina dai pagani che credevano che l'Onnipotente fosse trascendente e quindi al disopra anche delle lodi e delle benedizioni; Egli, nella sua infinita grandezza, è indifferente a lodi, culti e preghiere. A loro dire, anche quando si emana nelle sefirot degli innumerevoli mondi, sopra il mondo di atzilut, queste sono troppo "sottili" e "spirituali" per poter essere concepite o percepite. Anche adam kadmon di atzilut, come pure atik yomin, arich anpin, aba ed ema non possono essere serviti o pregati, a causa della loro "sottilezza" e "segretezza". Solamente l'ultimo partzuf di atzilut, zeir anpin (e nukve), può essere servito e pregato perché ha già acquisito un minimo di "densità". Osservate ora la spiegazione di Sefer ha-Brit: "A proposito di ciò, fratello mio, devi sapere che la nostra fede è diversa da quella dei filosofi (metafisici) e degli Ismaeliti per ciò che riguarda l'Unità del Creatore. Essi, infatti, non hanno conoscenza alcuna del glorificato e meraviglioso Tetragramma. Essi credono soltanto in quell'Esistenza Necessaria <129> nella sua forma più semplice, di principio precedente la Creazione. La nostra fede, invece, è incomprensibile a qualsiasi altro e ad essa non si può neppure accennare. A riguardo di questa categoria di fede, però, i filosofi intuirono, a ragione, che nessun servizio o preghiera la possa concernere, poiché essa trascende ogni benedizione o lode. Come spiega R. Meir Gabai "Tutta la Torà e tutte le Mitzvot non hanno qui alcuna corrispondenza". "Colui che, però, medita bene, capirà, indubbiamente, che qui non c'è posto per tutto questo servizio, se non tramite le Sefirot". "Non così il popolo del Dio di Abramo, che crede nella Sua Esistenza Necessaria, come essa viene a vestirsi dei suoi attributi. Questo è il segreto del Tetragramma, nella categoria del "dopo la creazione", "percepito" dalla Casa di Giacobbe. Esso fu rivelato a Mosè sul monte Sinai, ci trasse dalla terra d'Egitto, diede la Torà ai nostri padri, la generazione del deserto, "faccia a faccia". Ed è a questa categoria che bisogna rivolgere i nostri servizi, i nostri sacrifici, le nostre preghiere e tutte le mitzvot menzionate nella Torà. Fu questo glorificato e meraviglioso Nome, Ha-Shem Eloheha (zeir anpin) che Mosè ci esortò a temere".

Similmente Vital, nel suo Etz Haim (5) spiega: "La luce che scende da Adam Kadmon è estremamente pura; tuttavia, durante la sua discesa ed il suo allontanamento dalla fonte, acquista sempre più densità. Ecco spiegato in che modo: La luce che scende dall'orecchio è estremamente pura ma quando viene aspirata nel naso, ne esce con una certa densità. Via via acquisisce densità e materialità, dopo esser uscita dalla sua sorgente. Quindi viene fatta scendere fino alla bocca e, una volta uscita da essa, aumenta di nuova densità" (6). La ragione per la quale servizio e preghiera si addicono soltanto ad un Dio che è percepibile e possiede una certa densità è perché l'individuo può immaginarlo in una forma organica e materializzata. L'ein sof, però, oppure adam kidma e adam kadmon e persino atik ed arich, che non hanno raggiunto densità e non si sono ancora concretizzati, non possono essere associati a servizio alcuno. Non sono, cioè, abbastanza, densi o materiali per essere rappresentati e immaginati nel pensiero. Cosicché tutto il nostro servizio è rivolto a questo "piccolo naso" di zeir anpin che, a detta dei kabalisti, è il nostro Dio (Dio ci salvi), e tale si manifestò a Mosè nel roveto ardente ed ai nostri padri sul Sinai! Tali stolti hanno dimenticato che la Torà esprime chiaramente che fu un angelo che apparve nel roveto, come è scritto (Esodo, 3, 2): "E gli apparve un angelo di Dio in una fiamma di fuoco all'interno del roveto". E per quanto riguarda il Sinai è scritto (Deut. 4, 15): "Poiché <130> non vedeste immagine alcuna il giorno in cui Dio parlò con voi". Non videro dunque un'immagine "percettibile" con 248 membra e 365 vene ed arterie, come, farneticando, essi affermano! Simile è la spiegazione dell'Oz l'Elohim (7): "Chiunque creda che l'ein sof sia la divinità essenziale è un miscredente. Su di loro tuonò il Profeta Isaia (29, 15): "Guai a coloro che si immergono nelle profondità di Ha-Shem e distruggono il buon consiglio". Costoro sostengono che la divinità essenziale (elohut) è il Tetragramma, per cui ciò che possiede un nome e delle lettere possiede anche una statura misurabile (shiur komà). Ma noi diciamo invece che il nome di una cosa è anche il suo limite. Così, ad esempio, il nome di una persona si riferisce alla persona stessa, dal momento che la limita. Tutti i nomi associati all'uomo gli appartengono, mentre i kabalisti credono erroneamente che la divinità essenziale sia l'ein sof". Da ciò vediamo come l'Oz l'Elohim sia in disaccordo con Vital e gli altri kabalisti, i quali ritengono che Tiferet (lo Splendore) sia zeir anpin nel suo attributo "nostro Dio". L'autore di Oz l'Elohim è invece convinto che il nostro servizio e le nostre preghiere vadano a "malka kadisha d'kol kadishin" (il Santo Re di tutti i Re) che splende nel cuore di zeir anpin (8). Così scrive (9): "In qualsiasi caso, non è come tu dici che tiferet è la divinità essenziale. Se così fosse, perché dovremmo servire tiferet che riceve da aba e da ema? Perché non servire arich anpin o keter, che sono sopra di lui? Se, d'altronde, affermi che la divinità essenziale è l'ein sof, come è possibile dire "Benedetto sii Tu, o Signore" ecc. Da chi riceve la benedizione o l'influsso?". Discorrendo a lungo, il S. ha-Brit (10) scrive, nel nome di molti kabalisti: "Chi crede di servire l'Altissimo, che è al di sopra di tutte le altezze ed è immutato dalla Creazione, per associarlo o combinarlo con le sue emanazioni ed evoluzioni, è in errore sul principio generale e nega l'essenziale, glorioso e meraviglioso Nome e "Dio cancellerà il suo nome da sotto i cieli".

 

1) Talmud Yerushalmì, shekalim, 65.

2) Vedi qui, cap. 10.

3) S. Mahberet ha-Kodesh, p. 28 b; S. Hemdat yomin e cap. 6 di Tikkunei Shabat.

4) Sia esaltato il Dio vivente e glorificato

Egli esiste e non v'è tempo alla Sua Esistenza

Egli è Unico, la Sua Unità non ha pari <131>

Incomprensibile e Infinito nella Sua Unità

Non ha forma alcuna, né corpo

Nulla può paragonarsi alla Sua Santità

Anteriore ad ogni cosa creata

Egli è il Primo e non c'è inizio al Suo inizio, ecc.

5) Sha'ar ta'amim, nekudot, raghin, otiot, fine prk. 2.

6) Così anche Sha'ar ha-nekudim che scrive che quanto più la luce scende tanto più diventa "riconoscibile", "percepibile" e "rivelata".

7) Beit kodesh ha-Kodoshim p. 26.

8) Prk. 19 p. 59.

9) Pag. 26.

 10) Ma'amar 20, prk. 15.

 

41

 

Vedi dunque, prezioso lettore, che i loro cuori si sono colmati di cattive intenzioni perché si sono espressi contro i Saggi d'Israele e hanno estirpato le quattro fondamenta della Sacra Torà, pronunciate nel "Yigdal" (1). Il S. Hemdat Yomin, ne spiega il motivo: (2) "Dopo aver dato prova in "va-ichulù" (3) del costante rinnovamento del mondo, è diventata consuetudine recitare di sabato il "piut" (composizione liturgica) "Yigdal Elohim Hai". È bene recitarlo con intenzione a casa propria. E sebbene si sappia che l'Ari (Yitzhak Luria) si rifiutò di recitarlo, tuttavia, lo faceva solo con i primi quattro principi, che non concordano con la "vera via". Lo Zohar, infatti, in parashat terumà, permette che si reciti soltanto ciò che è vera kabalà. "È permesso recitare tale piut da "Hinò Adon Olam lechol notzar" (Padrone dell'Universo di ogni cosa creata) in avanti". Questa spiegazione è molto chiara. I primi quattro principi dell'Yigdal Elohim Hai non sono considerati da loro vera kabalà. Capite dunque come R. Tam ibn Yihie avesse ragione quando affermò che costoro distruggono i recinti della Torà e finiscono col rinnegarla. A loro dire, la Kabalà dei Saggi, valida per tutto Israele, non solo è di secondaria importanza, ma persino falsa, Dio ci salvi! Essi pervennero a questa considerazione poiché videro che Hachamim, quali R. Sa'adya Gaon, il Rambam, Yehudà ha-Levi, R. Behiye (in Hovot ha-levavot) <132> si rifacevano spesso alle parole dei filosofi, per riportare prove valide sulla verità dell'Unità di Dio, e, così facendo, chiudevano la bocca ai miscredenti, che criticavano la Sacra Torà. Sbagliavano a pensare che, siccome tali prove si basavano sulle parole dei filosofi, non fossero allora vera Kabalà. Le nuove idee dell'autore filosofico dello Zohar, invece, espresse nella sua esegesi (usando il metodo del "significato esteso" per il senso letterale di ogni termine, per cui "la mano di Dio", "gli occhi di Dio" ecc. vanno intesi prima letteralmente e dopo a livello metafisico) furono falsamente attribuite a R. Shimon b. Yohai ed ad altri Tanaim ed Amoraim vissuti in periodi posteriori e accettate come vera Kabalà. Fu per questo motivo che si rifiutarono di recitare l'Yigadal Elohim Hai. convinti che il servizio e la preghiera debbano essere rivolti solamente a zeir anpin. Prima della creazione, però, zeir anpin non esisteva ancora; per questo l'Ari si rifiutava di leggere le prime quattro frasi. Infatti, come avrebbe potuto affermare "Egli esiste ma non c'è tempo alla Sua esistenza" se zeir anpin aveva un tempo definito alla sua esistenza, cioè dopo la creazione e non prima, oppure da Abramo in poi (essi affermano (4) che fino ad Abramo, zeir anpin non si era ancora stabilito fissamente, per cui non era logico servire un dio ancora mancante). Luria, dunque, avrebbe espresso una vana lode se avesse pronunciato "Egli esiste e non c'è tempo alla Sua esistenza", poiché zeir anpin prima non esisteva e non era ancora degno di essere servito o lodato. Cosi anche lo infastidiva proclamare "Egli è Uno e non c'è unità alcuna pari alla Sua", che non era da lui considerato articolo di fede. Abbiamo già riportato, in precedenza, l'esempio (usato spesso dai nuovi kabalisti) di una casa a più stanze, costruita con legno, pietre, sabbia, calce ecc. in cui il costruttore è colui che nella sua saggezza li amalgama insieme, per farne un'unica entità. Ciò significa che, per loro, l'Unità di Dio è formata da altre entità di "uno", che combinano e uniscono insieme singole unità, che, alla fine, hanno un unico nome che le comprende tutte (casa, appunto). Come avrebbe potuto proclamare "Egli è Uno e non c'è unità alcuna pari alla Sua" se teneva a mente una simile concezione di unità ? Inoltre, l'Ari si rifiutava di dire "Egli è nascosto (ne'elam) e non c'è termine alla Sua Unità". Questo perché, a suo dire, ci sono più mondi emanati, creati, formati e materializzati sopra al mondo di atzilut. A motivo, però, della loro immensa segretezza non si provò a rivelarli o spiegarli. Così nello Zohar, adam kadmon viene menzionato solo con alcuni vaghi accenni. La loro opinione generale considera che tutti i partzufim, sovrastanti il mondo di <133> atzilut, a causa della loro segretezza, raffinatezza e spiritualità non possano venire serviti e invocati nella preghiera. Solo i partzufim che hanno acquisito densità completa o parziale e in particolare zeir anpin (l'ultimo di essi nel mondo di atzilut che a maggior misura è diventato denso e sufficientemente rivelato da essere comprensibile) possono essere serviti e invocati nella preghiera. Cosicché non possono dire "Egli è nascosto e non c'è termine alla Sua Unità", perché questa non è una vera lode a zeir anpin. Similmente si rifiutava di proclamare "Egli non ha forma corporea e non è corpo" poiché in contrasto col fatto che zeir anpin ha la forma di un corpo con 248 membra ecc. Come è noto dai loro testi, i cinque partzufim del mondo di atzilut hanno tutti 248 membra e 365 arterie e vene.Una volta compreso il motivo per il quale Luria evitò di pronunciare "Egli non ha forma corporea e non è corpo", è necessario comprendere anche l'infondatezza della loro replica per la quale Egli non è un corpo materiale bensì un corpo di luce. A tale proposito, però, la forma (d'mut) rimane tale (cioè di un corpo con 248 membra ecc.) (5). Inoltre non sanno forse essi che anche il fuoco e la luce hanno una loro consistenza materiale, sebbene più "sottile" e "spirituale"? Essi stessi affermano che l'essenza dei partzufim di atzilut comprende un'anima, un corpo e un indumento. La sefirà è il corpo, la luce interiore è l'anima e la luce che la riveste è l'indumento. Così anche in molti tratti dello Zohar si parla di "gufa d'malka" (il corpo del Re). Per questo motivo si sarebbero contraddetti se avessero pronunciato "Egli non ha forma corporea ed Egli non è corpo" perché tale articolo di fede non è una lode attinente ai partzufim. Così anche si rifiutavano di dire "Egli è il Primo e non c'è inizio al Suo inizio", poiché, secondo la loro kabalà, ci sono molti inizi di zeir anpin sul quale è incentrato tutto il loro culto, Dio ci salvi! Inoltre, c'erano moltissime cause che precedettero zeir anpin, come l'ein sof, adam kidma'a, adam kadmon, atik, arich, aba, ema. Per tale motivo, si rifiutarono di lodare zeir anpin con quella lode specifica per la quale egli regna sopra tutte le creazioni. Egli viene così associato al Tetragramma, egli è il Primo e non ha altro inizio che precede il suo, siccome tutto questo è in contrasto con la nuova kabalà. E perciò è scritto nello Zohar, parashat terumà, che è lecito recitare solo quelle lodi che sono "vera kabalà"! La nostra vecchia Kabalà, invece, per la quale Ha-Shem Baruch-Hu è il Primo e non c'è inizio al Suo inizio, non è vera Kabalà, e così hanno evitato di proclamare i primi quattro articoli di fede dell'Yigdal Elohim Hai. Pertanto, da "hinò Adon olam" si può recitare, poiché sono lodi attribuite a zeir anpin e <134> quindi considerate vera kabalà e non tali da provocare lo sdegno dell'Ari, come le prime quattro strofe. L'orecchio capace di intendere, potrà capire il grande errore dei Rabbini, autori della nuova kabalà, che hanno divelto quattro principi basilari della nostra Sacra Torà. Lo Yosher Levav scrive in modo manifesto (6): "Conoscete il Dio dei vostri padri" — ciò include cinque partzufim; "e servitelo" — questo è zeir anpin, "anche se è oggetto di creazione tuttavia in questo modo servite la sua anima senza la quale non c'è esistenza" ecc. L'affermazione per la quale zeir anpin è un oggetto di creazione è reperibile anche nell'Edra Raba: "Dio ti ha fatto, entro gli anni Egli lo fa vivere" — questo fu detto ad atik yomin; "ha fatto chi? zeir anpin; a chi dà vita? A zeir anpin, la luce intera del quale proviene l'Anziano dei giorni". E anche se è un oggetto di creazione è obbligo servirlo! Se avessero fatto loro le parole dei Saggi, per le quali "tutto ciò che ha generazioni" ecc. non sarebbero caduti in questo volgare errore di servire una creazione! (7)

 

1) Spiegato in S. ha-Kavanot, per cui l'Ari non recitava l'Yigdal, vedi Mahberet ha-Kodesh. p. 28 b, vedi qui cap. 40.

2) Fine cap. 6 di Tikunei Shabat.

3) È furono "completati" i cieli e la terra e tutti i loro "eserciti".

4) In S. ha-Berit, Kissei Eliahu, Oz l'Elohim, in S. Hayei Shalom di R. Yihia ha-Cohen, parashat Hayè Sarà, che anche dopo la creazione fino ad Abramo, zeir anpin non era ancora "fissato" e tutte le precedenti generazioni ricevevano il loro influsso da aba ed ema.

5) Anche Etz Haim, sha'ar igulim ve-yosher, secondo cui la "linea" che si estende dall'ein sof, nella categoria di yosher, si trova nella forma di un uomo con 248 membra, ecc., nel segreto di "Tzelem Elohim" (immagine di Dio); vedi Ravad, cap. 4, Hilchot teshuvà, su ciò che ha scritto il Rambam, per cui "colui che crede che c'è soltanto un Dio ed egli ha un corpo è un "miscredente" — chiede Ravad "perché chiamarlo "miscredente"? Molti uomini insigni e più grandi di lui hanno seguito questo pensiero, in base a ciò che hanno visto nei versi, ecc.

6) Pag. 138 b.

7) Il fatto che nel Medioevo molti seguaci della nuova kabalà recitavano I'Yigdal non significa niente. Il loro "leggere lo Zohar" era la tipica lettura pappagallesca (praticata fino ai giorni nostri), del tutto superficiale, senza comprensione e senza raziocinio. Non si rendevano <135> conto che le "pietre angolari" della Sacra Torà, i suoi principi e le sue basi venivano stravolti. Così recitavano l'Yigdal Elohim Hai e poi nuovamente si occupavano della lettura dello Zohar, senza rendersi conto della contraddizione nella quale erano caduti. Se avessero capito il vero contenuto o avessero ben conosciuto i concetti di base di questa nuova dottrina, sei ne sarebbero tenuti ben lontani.

 

42

Ora riprenderò, mi nutrirò tra le rose, le parole cioè dei Saggi del Talmud e dei Midrashim. Nota è la santità dalla quale derivano. Non contengono dubbi. Custodirò le loro parole, più preziose dell'oro e dei diamanti, a riguardo dell'Unità di Dio, un'Unità Assoluta, priva di congiunzioni, di combinazioni o di associazioni con altre creazioni ed emanazioni. Egli, Lodato Sia, per fare conoscere le Sue vie, scelse i Patriarchi e disse "E l'ho conosciuto, affinché comandi ai suoi figli e alla casa della sua discendenza di custodire la via di Ha-Shem". Così fu, infatti. Abramo inculcò ai suoi figli, Isacco e Ismaele, la fede della Sua Unità, per la quale Egli è il vero Uno, che non esiste altro vero Uno all'infuori di Lui, che Egli precede tutta la creazione, Egli è il Primo, il cui inizio non ha altro inizio. Vediamo ora quanto riporta il Midrash Rabbà: "Terah, il padre di Abramo, era abituato a servire gli idoli che egli stesso costruiva con le sue mani. E avvenne che il malvagio Nimrod, divenuto re, si proclamò Dio. E tutte le nazioni venivano e si prostravano a lui. Fino a quando iniziò a splendere una forte e grande luce nel mondo, nostro padre Abramo. E quando nacque Abramo, gli astrologi, i maghi e i sapienti del regno dissero a Nimrod: "Oggi è nato un bambino che, in futuro, erediterà tutto il mondo e distruggerà molti regni e, inoltre, ti spodesterà dal tuo trono. Se lo desideri, affrancalo da suo padre per una casa di oro e di argento e tòglilo dal mondo!" Terah, che era presente, disse: "Le vostre parole sono simili a quelle di colui che disse al mulo "prendi questa soma di cereali e poi ti mozzerò la testa". A cosa serviranno i cereali se gli si taglia la testa? La stessa cosa vale per colui il cui figlio viene ucciso. A che gli gioverà una casa di oro e di argento?" Allora essi gli risposero "Dalle tue parole si capisce che il neonato è tuo". E Terah: "Non posso negare che mi sia nato un figlio, ma purtroppo è già morto". Dissero: "Non stiamo parlando di uno morto, bensì di uno vivo e vediamo anche la sua stella in cielo. Ora vai e portalo qui!" Terah uscì, prese Abramo con la sua levatrice e li nascose in una grotta, per la <136> durata di tre anni. Quando Abramo lasciò la grotta, tornò alla casa paterna. Nel suo cuore Abramo rifletteva sulla creazione del mondo e sulle sfere celesti per sapere come servirle e come poter distinguere tra loro ed il vero Dio. Osservò la luna, che con la sua luce faceva chiarore alla notte, circondata dagli eserciti delle stelle. Disse in cuor suo "Questo è Dio". La notte passò. Alla mattina, al levar del sole, vide che la luce della luna scemava e il suo potere si indeboliva. Allora pensò "Il sole è il vero Dio". All'imbrunire, però riapparvero la luna e le stelle. Allora Abramo considerò "certamente c'è chi governa questi luminari" ecc. In seguito, quando Abramo venne salvato per miracolo dalla fornace di Nimrod, rivolse tutti i suoi pensieri al Cielo e pronunciò "Benedetto il nome del Santo Dio Unico a cui il sole, la luna e tutte le stelle si inchinano". Uno potrebbe pensare che Abramo ebbe un maestro, ma non fu così. Dio aveva donato ad Abramo due reni che erano come due fontane, che gli fornivano saggezza, come sta scritto "Desideri la verità, fammi conoscere le vie sicure e saggezza segreta".

Il Midrash, inizio di parashat Lech-Lechà, riporta: Sta scritto nei Salmi (45, 8): "Hai amato la giustizia ed hai odiato l'iniquità, perciò il Signore, tuo Dio, ti ha unto con l'olio della gioia sopra gli altri". Questo verso va riferito ad Abramo, nostro padre, che amava Dio e si avvicinò alla Presenza Divina. Così, nella stessa misura, odiava l'idolatria. Nella casa di suo padre venivano costruiti idoli e Abramo aveva il compito di venderli al mercato. Cosa fece? Quando si presentava un cliente desideroso di un idolo, Abramo prendeva un martello, colpiva la testa dell'idolo, staccandogliela, e poi chiedeva "È questo che desideri?". Ciò vedendo, l'acquirente se ne andava senza comprare niente. E Abramo rifletteva: "Ma fino a quando dovremo inchinarci all'opera delle nostre mani? Non sarebbe più giusto inchinarci e venerare la terra che produce i frutti e ci alimenta?". Quando considerava, però, che anche la terra necessita dell'acqua e che se non si aprono i cieli per far scendere la pioggia, anche la terra non può produrre, cambiò opinione e pensò: "Allora è più giusto rendere culto ai soli cieli". Osservò poi il sole, che illuminava il mondo e dava vita alle piante. Disse allora in cuor suo: "E giusto prostrarsi soltanto al sole". Osservò però che anche il sole tramonta e scompare, per cui disse: "No, il sole non è il vero Dio". Osservò poi la luna e le stelle, che rischiarano la notte e pensò: "Forse è giusto adorarli". Ma quando spuntò l'alba e scomparvero disse: "Certo, questi non sono dei". E aggiunse: "Certamente esiste un Dio che li governa, che fa si che uno tramonti e l'altro sorga, vicendevolmente". A cosa è simile la cosa? Ad un uomo che procedeva per la sua strada e arrivò <137> ad un grande castello. Cercò di entrarvi e dopo averla circondato tutt'intorno non vi trovò l'entrata. Chiamò più volte ma non gli fu risposto. Alzò lo sguardo e vide della lana scarlatta stesa su di un terrazzo. Passate alcune ore, vide del lino bianco steso sullo stesso terrazzo. Quando si fece sera vide delle torce accese. Pensò allora: "Certamente c'è qualcuno nel castello che mette a stendere e poi rimuove le cose". Quando il padrone del castello vide il viandante così assorto nei suoi pensieri, gli si mostrò e gli disse "Sono io il padrone della città". Similmente avvenne con Abramo, nostro padre ecc. fino a quando Ha-Kadosh Baruch-Hu gli disse: "Sono Io il Padrone del Mondo". In Bereshit Rabà e Yalkut Shim'oni sul verso "poiché Abramo ascoltò la mia voce": R. Yohanan e R. Haninà dissero: Abramo aveva 48 anni, quando riconobbe il suo Creatore". Etz Yosef scrive: Da questo si comprende che tutti concordano sul fatto che Abramo iniziò a conoscere il Signore all'età di tre anni e pervenne alla completa maturità di pensiero a 48 anni".

 

 

43

 

Il Rambam, di benedetta memoria, spiega (1): "Dopo essere stato svezzato ed essere cresciuto, Abramo cominciò a porsi delle domande ed a riflettere giorno e notte. Si domandava come fosse possibile che questo mondo alternasse il giorno e la notte se non per una Guida, che lo rendesse possibile. Ma chi faceva ruotare il mondo? Certo non poteva ruotare di moto proprio. Abramo non aveva un maestro, né tantomeno qualcuno che lo istruisse, dal momento che abitava tra gli stolti idolatri di Ur Kasdim. Anche i suoi genitori, il suo parentado, la sua gente era idolatra. Il suo spirito però era in fermento e il suo intelletto era così attivo che <138> arrivò da solo a percepire la verità. Fu allora che comprese che esiste un solo Dio che governa il mondo e alterna il giorno alla notte. Egli è il Dio che aveva creato il tutto e non c'era altri all'infuori di Lui. Abramo capì che l'intera nazione era nell'errore perché venerava gli astri del firmamento e adorava gli idoli che essa stessa costruiva. Egli aveva 40 anni quando conobbe il suo Creatore e, una volta conseguita questa conoscenza, iniziò a combattere l'idolatria a Ur Kasdim e a fare proseliti nella nuova fede. Quando la gente si raccoglieva ad ascoltarlo, Abramo insegnava loro, ciascuno a secondo della sua capacità, la verità, fino a quando li convinceva a credere in un unico Dio. Furono in tanti ad abbracciare la sua fede monoteista. Furono costoro gli uomini della "Casa di Abramo", ai quali egli insegnò il grande principio dell'Unità di Dio. Abramo scrisse libri e li insegnò a suo figlio Isacco. Costui si sedette e li studiò; a sua volta, li insegnò al figlio Giacobbe e a lui ordinò di farli imparare a tutti coloro che erano al suo seguito. Così Giacobbe li insegnò e li trasmise ai suoi figli e separò il figlio Levi, nominandolo capo, affinché custodisse costantemente questo studio secondo le vie di Ha Shem. Giacobbe comandò ai suoi figli di non lasciare mai vacante questa occupazione dei figli di Levi, cosicché lo studio non venisse meno. Fu così che i figli di Giacobbe e quanti erano al suo seguito crebbero e si moltiplicarono e divennero una grande nazione nel mondo, "la nazione che conosce" Ha-Shem. Col passare degli anni, però, in terra d'Egitto, ripresero le usanze idolatre dei pagani, ma non così la tribù di Levi, che non abbandonò mai il comandamento dei Patriarchi e mai si macchiò di idolatria".

Nelle "Leggi sulla lettura dello Shemà", scrive il Rambam: "Quando Israele fu in punto di morte, raccolse i suoi figli e comandò loro di seguire la strada dello Yihud Ha Shem come avevano fatto Abramo e suo padre Isacco. E domandò loro: "C'è qualcuno tra di voi che si è reso indegno e ha deviato dall'Unità del Padrone del mondo?". Tutti risposero all'unisono "Ascolta, Israele, l'Eterno è il nostro Dio, l'Eterno è Uno" (confermiamo ciò che abbiamo ascoltato dal nostro padre Israele, che il Signore è il nostro Dio ed Egli è Uno). Allora il loro anziano genitore pronunciò: "Benedetto sia il nome della Gloria del Suo Regno in eterno". Vediamo così che il nostro padre Abramo, la pace sia su Lui, insegnò al mondo la vera fede monoteista. Egli scrisse anche libri che fece conoscere ai suoi figli e ai suoi proseliti. Anche Ismaele venne incluso perché la tradizione ci insegna che egli fece "teshuvà". Forse la ricompensa del pentimento di Ismaele è che la sua discendenza, dopo tante generazioni, meritò di diventare monoteista, poiché Maometto la apprese dagli Ebrei. Per i discendenti di Giacobbe, <139> invece, non ci fu mai interruzione e la fede nell'Unità di Dio rimase con i Leviti e con una rimanenza di individui delle altre tribù, fino al tempo del nostro grande Legislatore, Padre di tutti i Profeti e Capo di tutti i Hachamim, Moshè Rabbenu, la pace sia su Lui. Fu a lui che l'angelo di Dio si rivelò nel roveto ardente, in adempimento alla promessa che Dio fece ad Abramo. Tramite la guida di Mosè, il Santo Benedetto redense i nostri antenati dall'Egitto, li portò sul monte Sinai, li coronò con i precetti, insegnò loro l'essenza della Sua Unità e prospettò loro delle severe punizioni nel caso avessero commesso idolatria. Quando fu vicino il tempo della morte di Mosè, Ha-Kadosh Baruch-Hu gli rivelò ciò che sarebbe avvenuto alla fine del periodo di esilio: "Adesso giacerai con i tuoi padri; questo popolo però si allontanerà e si prostituirà alle divinità delle altre nazioni presso le quali dimorerà" (2).

Così è successo a noi. Siamo stati ingannati dallo Zohar, libro scritto da Moshè de Leon e falsamente attribuito a R. Shimon b. Yohai, che ci fa abbandonare il nostro Dio per sostituirLo con una falsa credenza in molteplici divinità emanate. La grande maggioranza dei Rabbini e dei Hachamim, però, non si è fatta scrupolo di indagare la fonte di quelle mendaci parole e di quei concetti idolatri. Come ciechi e come pecore condotte al macello hanno caricato su di loro la soma del suo vuoto fardello, credendo, in buona fede, che R. Shimon b. Yohai l'avesse davvero scritto. E per questo motivo che non si sono capacitati di riconoscere le trappole tese da questo insidioso inganno. I Rabbini sbagliarono e le moltitudini furono ingannate. Sottilmente, ma efficacemente, lo Zohar ha stravolto la pura fede con un modello intricato ma sistematico di emanazioni "divine". Si tratta invece di una credenza estranea alla Torà quanto le religioni vediche dell'India. Ma la sua attrazione è molto forte perché le nuove dottrine non furono rigettate e respinte a suo tempo. La prostituta si era ormai infiltrata nel campo e nessuno era riuscito a fermarla o a trattenerla dalla sua infame professione. Piano piano al suo inizio, ma con passo poi sicuro, la falsa kabalà era divenuta la "Matrona", mentre la vera Kabalà, trasmessa oralmente ed ininterrottamente da Moshè a Rabì, a R. Ashi, a Rabina e a R. Yohanan di Israele, era diventata (Dio ci salvi e ci perdoni) una disgustosa serva, sotto la quale la terra mostrò la sua collera. E così siamo disonorati e la vergogna ci ricopre, poiché abbiamo abbandonato l'inadulterata fede per sostituirla con il pantheon dello Zohar. Gli Ismaeliti, però, sono rimasti fedeli all'Unità di Dio. così è stato anche <140> spiegato da molti Hachamim, tra i quali il Rambam, nella sua risposta ad un convertito, che i musulmani credono all'Unità di Dio come noi. Per cui l'affermazione dei nuovi kabalisti secondo cui la nostra fede dell'Unità di Dio è dissimile da quella degli Ismaeliti è falsa. È la "loro" fede che è differente, dal momento che consiste nell'adorazione di un livello associato e di una creazione manifesta simile, in sostanza, alla Trinità dei Cristiani.

 

1) Prima sezione di "Hilchot avodà zarà".

2) Deut. 31:16.

 

 

44

 

Con l'aiuto di Colui che insegna la sapienza all'uomo, esaminiamo ora le parole di alcuni Saggi che insegnano le illuminate Leggi, secondo le quali noi viviamo e per mezzo delle quali entriamo nella saggezza della Torà e dei suoi precetti. Abbiamo già riportato alcune parole del Rambam sull'argomento e riportiamo ora quelle di R. Eliezer, autore di S. ha-Rokeah (1) : "Quando si menziona il Nome in "Baruch Attà Ha-Shem" (Benedetto sii Tu, o Signore) non bisogna pensare alla Gloria che apparve nei cuori dei profeti, né tantomeno alla visione del Trono. Bisogna invece pensare solo a Dio che è nei cieli, in terra, nell'aria, nel mare, e ovunque; il Dio dei nostri Padri è Onnipresente, come sta scritto "Ho sempre posto Ha-Shem davanti a me". Per quanto concerne l'Unità di Dio, scrive: "A Te si addice ogni lode. Tu non sei simile a tutti i Tuoi servi. Chi ha visto e conosce il Tuo segreto? Davanti a Te è tutto chiaro e chi ha saggezza nel suo cuore deve conoscere i fondamenti dell'Unità di Dio. Non esiste facoltà, né modo che possa esprimere il segreto del Creatore e la Sua Essenza, poiché tutto ciò che ha vita non Lo può vedere, né angelo, né profeta. Egli creò tutto e tutto plasmò. Egli è Uno e Uno soltanto. Egli non deve essere immaginato in forma alcuna, in apparenza alcuna, dato che ciò che ha un aspetto ha anche uno scopo e un limite, ma il Creatore non ha scopo, né sopra, né sotto, né nelle quattro direzioni del mondo. Non c'è inizio né fine alla Sua saggezza e alla Sua Onnipotenza. Solamente che "la potenza delle Sue azioni rivelò alla Sua nazione" <141> per far conoscere la Gloria del Suo Regno. Contemporaneamente, in un attimo, tutte le creature Lo chiamano e Lo invocano, ciascuna turbata nel suo cuore da qualche avversità. Egli risponde e ascolta tutti, poiché "vicino è a coloro che Lo invocano". Pertanto, chi è saggio e intelligente, presterà ascolto alle mie parole e non si affaticherà cercando di indagare sulla Sua Essenza. Poiché nulla si può sapere del Creatore in quanto Egli non è oggetto di creazione. "A chi Mi potresti paragonare e rendere simile?" detto del Signore. Tutte le forme delle creature sono opera Sua. Tutto ciò che può essere paragonato o immaginato nella creazione non è possibile con il Creatore, poiché "Tu sei Dio e Tu solo hai creato il mondo". "Poiché Tu Sei Grande e fai meraviglie". "In principio Dio creò" senza fatica o lavoro. "Con la parola di Dio i cieli furono creati". Comprendi nella tua saggezza che Egli tutto riempie, nessuno può vederLo ed Egli non ha fine. Nulla che è in te Gli è nascosto poiché è scritto "Io riempio i cieli e la terra". La dimora della Sua Gloria è nei cieli di sopra e la dimora del Suo potere è nelle Altezze Superiori. Egli è il nostro Dio e non vi è altri all'infuori di Lui. "Se io salgo ai cieli, Tu lì ti trovi. Se io mi trovo in fondo al pozzo Tu mi sei vicino e la Tua mano mi solleverà". Il mondo con tutto ciò che contiene non può contenerLo e a volte Dio parla tra i capelli della testa (cioè la piccolezza che rivela la grandezza). "Io riempio i cieli e la terra": Ecco l'amore per Israele, quando Egli rivelò la Sua Gloria tra i due Angeli Cherubini. "E Dio vide tutto ciò che aveva creato": Tutto ciò che è di sopra e di sotto con un solo sguardo, sia questo mondo che quello a venire. Egli è Uno. Egli creò il mondo senza altri mezzi. Soltanto con la Sua volontà. Egli lo desiderò e così fu. Egli decretò ed i cieli furono. Il Creatore non ha bisogno né di spazio, né di posto, poiché Egli è esistito prima di tutte le esistenze. Non ci sono limiti o separazioni davanti a Dio. Benedetto sia il Creatore, il Fattore di tutto, Meraviglioso, il Nascosto e Occulto. Davanti al Creatore tutto è privo di valore. Egli non ha né misura, né numero delimitante. Egli è privo di lunghezza, larghezza, forma, volume corporeo. Egli non ha congiunzioni, né membra, né ombra, né luce, né vortici. A secondo della Sua Volontà, Egli fa che la Sua voce sia sentita davanti alla Sua Gloria, il Creatore è Onnipresente. Egli è privo di forma, di volume, di movimento, di massa corporea, di associazione, di vincolo. Egli non necessita di alcunché. Egli è privo di dimora e di spazio. Egli riempie i cieli, la terra, il mare, l'aria e tutto il creato. Egli non ha né postura, né incedere, né movimento, né affaticamento. Egli è privo di recipienti e non ha strumenti con i quali lavorare. Egli crea tutto senza sforzo e senza lavoro. Né gli occhi dei Profeti né di alcun altro essere hanno mai visto Dio. Il Creatore precedette tutte le esistenze. Egli è <142> il Primo Vivente, Grande, Onnipotente, Meraviglioso, Degno di Lode, Re esaltato ed encomiato. Da Lui nulla può essere tolto o aggiunto. Egli non diminuisce, né s'incrementa e non c'è termine alla Sua esistenza. "Anche se cerchi il Tuo Dio lo troverai?" Scoprirai forse l'estremità di Shaddai? Non c'è limite alla Sua comprensione e non c'è indagine alla Sua Grandezza. Egli è l'Unico Creatore. Egli mostra la Sua Gloria quando e come vuole; la visione della Gloria di Ha-Shem (2) come fuoco divoratore o la visione di una luce informe sono impossibili a vedersi per qualsiasi creatura. Soltanto la Voce è sentita ed una visione meravigliosa viene percepita dal Profeta che esclama "Ho visto Ha-Shem" (3). Egli mostra la forma della Sua Gloria come decreta la Sua Volontà. A volte nelle sembianze di un uomo oppure in altre forme. A volte Egli mostra la Sua Gloria sotto forma di grandi Eserciti, che si uniscono uno con l'altro (Ha-Shem Tzevaot) oppure che si presentano con corpi separati (Ha-Shem Elohei Ha Tzevaot). Fu da questa visione della Gloria e dello Splendore che la Sua Voce veniva sentita. Ma, a tale proposito, non immaginare e non pensare fallaci pensieri. Sii estremamente prudente con te stesso, affinché il tuo corpo non cada nel peccato affermando che Egli è suddiviso in membra, Dio ci scampi! "Con quale immagine Lo potresti paragonare?". "Poiché non avete visto nessuna immagine". (4) R. Shimon b. Yohai disse: "Persino gli Angeli Servitori, la cui vita è lunga come il mondo non possono vedere la sua Gloria". R. Eliezer continua ancora a lungo e conclude: "Il Creatore ci comandò di proclamare la Sua Unità due volte ogni giorno, "Dio è il nostro Signore. Dio è Uno". Questa è la fede che deve essere appresa nel cuore e non semplicemente intesa dalle orecchie. Con queste parole noi riconosciamo Ha-Shem come il nostro Dio. Egli è Uno ed Egli ed il Suo nome sono tutt'Uno. "E lo riconoscerai oggi e lo imprimerai nel tuo cuore che Ha-Shem è Dio nei cieli di sopra e sulla terra di sotto e non vi è altri all'infuori di Lui". Egli è il Primo ed è la Vita di tutte le creature. Non c'è alcuno insieme a Lui. Egli è Uno e non deve essere immaginato in forma o concezione alcuna. Osservate fino al fondo delle vostre anime "poiché non avete visto immagine alcuna". "Con quale immagine Lo potresti paragonare?" Poiché non esiste niente che sia in qualsiasi modo simile all'Onnipotente Dio dell'Universo, Benedetto Egli sia e Benedetto il Suo Nome in eterno.

 

1) Shoresh zechirat Ha-Shem.

2) A volte nominato Shechinà (Presenza Divina). <143>

3) "et Ha-Shem; et per includere la Sua Gloria (kavod).

4) Anche se è scritto "videro il Dio di Israele", la Torà avverte in modo categorico "poiché non avete visto immagine alcuna", poiché ciò che hanno visto era la rivelazione della Sacra Gloria (kevod Ha-Shem).

 

 

45

 

Medita, prezioso lettore, le parole di R. Eliezer sul vero Yihud Ha-Shem e sulla vera fede, purificata da tutte le idee fallaci e immaginarie. Tali parole sgorgano da una sorgente fedele, cioè la Tradizione dei Saggi del Talmud e dei Midrashim. Esse sono in completo accordo con le parole del Rambam, di R. Sa'adya Gaon, di Yehudà ha-Levi, di R. Behiye, ecc. i quali affermano che il Glorificato è Uno e non c'è altra unità simile alla Sua, che tutto ciò che può essere immaginato nel pensiero non ha riscontro nel Creatore e che tutte le forme create non si trovano nel Fattore. Dio non possiede aspetti, né tantomeno "partzufim", come i nuovi kabalisti sostengono. Non è lecito evocare un simile pensiero, né meditare sul Suo Essere o indagare sul Suo operato. Dicono infatti i Saggi: "E non seguirete i vostri cuori" questa è negazione (minut). Esiste infatti negazione maggiore di questa, credere cioè che il Creatore possieda aspetti distinti, che hanno nomi distinti, attributi distinti ed azioni distinte e che per mezzo della loro congiunzione essi diano origine a nuove generazioni, ad anime di angeli, ad Israele e ad altre nazioni?! Dopo aver descritto i vari partzufim, attribuendo loro i nomi dell'Eterno, a cosa servirà poi mentire con la bocca, proclamando che Egli è Uno? Le loro labbra hanno già espresso i pensieri del loro pensiero. Anche se dopo li raggruppano in un'unità, può forse una parola cancellare le intenzioni del loro pensiero?

La vera Kabalà, accettata dal nostro popolo di generazione in generazione, proclama che il nostro Dio, Benedetto Sia il Suo nome, non ha misura, né limite, né lunghezza, né larghezza, né forma, né corpo. Né tantomeno possiede una consorte che lo supporta! Giacché l'Onnipotente non ha bisogno di aiuto. "Non c'è indagine alla Sua Grandezza e non c'è fine alla Sua Immensità". Egli è il Primo e non c'è inizio al Suo inizio. Questa è l'essenza della nostra fede e della Kabalà ricevuta direttamente da Moshè Rabbenu e da Abramo, il Primo Patriarca. Non è dissimile alla fede <144> degli Ismaeliti che l'hanno ricevuta da Israele. Essa deriva dalla stessa sorgente, da Abramo. Al nostro popolo fu però data grande dimostrazione d'amore, perché il Signore ci ha condotti sul Sinai e qui si rivelò a tutto il popolo. In tal modo permise a tutti i presenti di ascoltare la Sua Voce che proclamava i primi due comandamenti. "Io sono il Signore Dio vostro" e "Non avrai altri dèi al Mio cospetto". E come nostra parte ci ha dato la Torà, i Precetti e gli Statuti.

 

 

46

 

La verità è nelle parole dei Saggi per cui Dio è Uno e non esiste altra Unità simile alla Sua. Osserviamo ora in che modo il S. ha-Rokeah elenchi le varie categorie di "miscredenti" (minim) (1) : "Colui che afferma che il mondo opera da solo e non esiste un Dio che lo governa".

"Colui che afferma che il Creatore non precede tutto il resto". Così sostiene anche l'autore dello Zohar, che crede che atik si rivelò a R. Shimon b. Yohai e gli diede il permesso di rivelare il segreto per cui Dio è composto da molte cause ed effetti, uno sopra all'altro; inoltre, aba è il creatore che pronunciò "Sia la luce", "sia il firmamento", "siano i luminari", ecc., ma fu ema che disse "facciamo l'uomo" e adam kadmon disse "Vedete ora come Io Sono il Signore" ecc.".

"Colui che afferma che Dio ha una forma o un'immagine, come, ad es., un uomo con un corpo" A tale riguardo, considera come i kabalisti spieghino il significato recondito del verso "e Dio creò l'uomo a sua immagine" (2).

"Colui che associa un attributo a Dio (shituf)". La dottrina dei kabalisti è una dottrina di associazione, nella quale l'Eterno si manifesta tramite emanazioni come un'anima in un corpo; questo è già stato spiegato a proposito del loro rifiuto di recitare i primi quattro articoli di fede dell'Yigdal Elohim Hai.

"Colui che sostiene che la profezia nel mondo non deriva da Dio".

"Colui che nega la Torà di Moshè Rabbenu, anche trattandosi di una singola parola o di un singolo dettaglio".

"Colui che sostiene che il Creatore non conosce i pensieri dell'uomo". <145>

"Colui che afferma che una persona non viene giudicata in base alle sue azioni". Tale è anche la credenza dei kabalisti che spiegano che i perzufim di atik e di arich, più quelli che li sovrastano, non giudicano la persona in base alle sue azioni e nessuno esce dal loro giudizio in uno stato di colpevolezza; come il malvagio, così il giusto; tutto quello che una persona opera non viene preso in considerazione da loro, poiché il giudizio spetta esclusivamente a zeir anpin.

"Colui che sostiene che non esiste l'aldilà e che non esiste ricompensa".

Tutti costoro sono miscredenti e negatori che devono essere sottomessi ed umiliati fino a quando non avranno fatto penitenza.

 

1) Shoresh ha-Teshuvà.

2) Come pure la loro credenza che ogni partzuf ha la sua controparte femminile e la credenza nell'esistenza distinta di dieci sefirot di kelipà, nominate "el aher" (altro dio). —

 

 

47

 

In S. Mitzvot Gadol, sui precetti negativi, è scritto: "La prima mitzvà consiste nel non credere che esista un qualsiasi dio all'infuori di Ha-Shem Baruch-Hu, come sta scritto "Non avrai altri dèi al Mio cospetto". Chiunque associa il nome di Dio ad una qualsiasi altra entità viene estirpato dal mondo, come sta scritto "A Dio soltanto", tale verso si presenta per punire (colui che non lo adempie), mentre quello precedente si presenta come avvertimento".

Il Rambam, sull'idolatria (1) scrive: "Per quanto concerne l'idolatria, il comandamento essenziale consiste nel non servire alcuna creazione, né angeli, né sfere celesti, né stelle, né uno dei quattro elementi fondamentali, né tutto ciò che proviene dalle loro associazioni. Anche se colui che li serve sa che Ha-Shem è Dio e persiste in tale servizio, come la generazione di Enosh al suo inizio, è, tuttavia, uno che pratica l'idolatria (avodà zarà)". Nella generazione di Enosh, i popoli persistevano in un grave errore, perché credevano che poiché Dio aveva creato le stelle e le sfere celesti (galgalim) per condurre il mondo, le avesse messe in alto affinché fossero oggetto di lodi, onori e adorazione, essendo esse serve di Dio. <146> E quindi Dio avesse piacere che le sue opere fossero magnificate, esaltate e venerate, similmente ad un re che ha piacere a vedere onorati i suoi sudditi, dato che l'onore loro è anche l'onore del re".

In Yalkut (2) è scritto: "Non avrai altri dèi" ecc. R. Yossi disse: "Perché sta scritto "altri dèi"?". Questo è per chiudere la bocca alle nazioni del mondo, affinché non dicano "se costoro (i loro dèi) fossero stati chiamati con il Suo Nome (Elohim), allora sarebbero stati necessari e utili". Poiché, infatti, furono chiamati con questi nomi "elohim aherim" (altri dèi), sebbene non avessero sostanza? Quando avvenne che in verità venivano chiamati con il Suo Nome? Avvenne durante la generazione di Enosh, figlio di Shet, come sta scritto "Allora cominciarono a profanare il Nome di Dio" (3). Fu allora che salirono le acque degli oceani e inondarono un terzo del mondo".

In Midrash Hefez di R. Zacharia ha-Rofè è scritto (4): "Non ti farai alcuna scultura" (pessel); avrei potuto pensare che una scultura scolpita sia proibita, ma non una informe; perciò poi dice "né immagine alcuna" (temunà); forse non va riferito ad una pianta; perciò dice: "non pianterai una asherà" (5); forse non va riferito al legno, perciò dice: "qualsiasi albero" (etz); forse non va riferito alla pietra, perciò dice: "qualsiasi immagine scolpita nella pietra" (even mas'hit); forse non va riferito all'oro, perciò dice: "qualsiasi divinità costruita con l'oro"; forse non va riferito ai metalli, quali il bronzo, il ferro, il piombo ecc., perciò dice: "non ti farai immagini di metallo fuso". Potrei pensare che sia proibito costruirli ma non già rappresentarli nella mente, perciò dice: "non avrai altri dèi al Mio cospetto".

Similmente il Rambam spiega (6) che chiunque trasgredisce questo precetto negativo di "riconoscere" un qualsiasi altro dio, anche se nel solo pensiero, ha negato Dio, giacché è questo il principio fondamentale sul quale tutto il resto si appoggia". La halachà viene così chiarita: chiunque immagina nel suo pensiero che esista un altro dio posizionato "sotto il Dio superiore", anche se non ha compiuto azioni idolatre, tuttavia, egli è considerato un miscredente ed eretico (kofer).

 

1) Hilchot avodà zarà, inizio cap. 1 . 2.

2) Parashat Yitrò.

3) Genesi 4:26 — "Uhal" racchiude entrambe le accezioni di "cominciare" e "profanare". <147>

4) Parashat Yitrò.

5) L'asherà era un albero che veniva adorato nei culti antichi.

6) Hilchot Yesodè ha-Torà, cap. 1

 

48

 

Il lettore intelligente capirà facilmente, da quanto abbiamo riportato, che le idee dei nuovi kabalisti sono simili a quelle della generazione di Enosh, in cui i fedeli pregavano i loro oggetti di culto con il nome di Dio. I nuovi kabalisti chiamano ogni partzuf con un nome di Ha-Kadosh Baruch-Hu e affermano che le preghiere e le benedizioni, stabilite dagli Uomini della Grande Assemblea, debbano essere rivolte a zeir anpin, in congiunzione con i partzufim superiori, nonostante siano essi stessi oggetto di creazione. Essi credono che la palese contraddizione presente nella loro dottrina sia risolvibile, in quanto, a loro dire, servono l'anima che è nei partzufim. La verità è che, invece, essi hanno abbandonato la vera fede, quella espressa in tutte le Sacre Scritture, tramandata con la Legge orale, per cui il nostro Dio, Benedetto il Suo Nome, non è corpo, né anima di un corpo. Essi teorizzano molti corpi e molti indumenti di Dio, descritti nei minimi particolari, in cui vengono soffiate le "anime" dal loro Ein Sof, trascendente e irraggiungibile alla preghiera dei mortali. Tutte le mitzvot ed i racconti della Torà sono in rapporto con il "Corpo del Re" (gufa d'malka) e le sue mani, i suoi piedi, ecc. Essi sostengono che anche quando si parla del corpo della sefirà, o della sua anima o del suo indumento, si tratta comunque di un'entità completa, perché tutti i partzufim derivano dall'essenza dell'ein sof, come "una chiocciola il cui guscio fa parte del corpo". Così si sviluppa la catena, come un figlio da suo padre, per cui zeir anpin viene chiamato figlio di aba e di ema. E lui che regna sopra tutte le creazioni e le alimenta, in ottemperanza ai comandi di suo padre e di sua madre!

Chi ha un buon orecchio non potrà che inorridire. Ma il Creatore che ci ha fornito gli orecchi ci ha dato anche uno spirito di comprensione e di discernimento per capire che il loro pensiero è analogo a quello della generazione di Enosh, che teneva in grande onore i parto della propria immaginazione e attribuiva loro il nome <148> di dio, servendo tali creazioni fantasiose, convinti di attirare l'influsso del Dio Superiore! E se uno volesse sostenere che la generazione di Enosh era veramente idolatra perché si prostrava ad immagini materiali create dalle loro stesse mani, mentre i kabalisti si guardano bene dal servire idoli materiali, ma parlano solo di aspetti simbolici, noi gli risponderemo che è esattamente la stessa cosa. Ma è l'idea di base che li accomuna. I nostri Saggi ci hanno spiegato che la proibizione non riguarda solo colui che costruisce con le sue mani un idolo, ma anche colui che lo ha partorito nel suo pensiero, perciò è scritto "Non avrai altri dèi al Mio cospetto". Tale è anche il significato del verso "affinché tu non alzi gli occhi al cielo ed, ecco, vedendo il sole, la luna, le stelle, tu elevi il pensiero" ecc. Tutto è qui incluso. Anche pensare a "divinità" e "poteri regnanti" di qualsiasi creazione ed emanazione. Vengono tutti inclusi nella categoria di "Schiere Celesti", per le quali la Torà ci ha severamente proibito il servizio. Anche se non li si chiama con il nome di Dio, essi hanno sostanza. Dio ha creato gli elementi, non perché siano venerati, ma perché il mondo proceda secondo la Sua Volontà. Essi sono servitori che stanno davanti al Re, pronti ad eseguirne la volontà. Così è scritto "Migliaia di moltitudini Mi servono e innumerevoli Mi stanno davanti". Essi non devono essere oggetto di culto, perché il servizio va solo ad Ha-Shem, la nostra Rocca. Egli solo è il potente Creatore dell'Universo ed Egli solo è vicino a coloro che Lo invocano con sincerità d'intenti. Ed anche se tutte le creazioni Lo chiamassero contemporaneamente, il Glorificato, in quello stesso momento, ne ascolta la preghiera e risponde ad essa, esaudendo la richiesta se la persona lo merita, in base alle sue azioni. Poiché soltanto le cattive azioni della persona impediscono che la richiesta venga esaudita, come è scritto "Concedi all'uomo secondo la sua intenzione, secondo il frutto delle sue azioni", ed è anche scritto "poiché i vostri peccati vi separano dal vostro Dio".

 

49

 

In Sanhedrin (1) , sul verso in cui Israele proclama la lode al vitello d'oro "Questi è il vostro Dio (i vostri dei), o Israele, che vi hanno fatto salire (he-elucha con la "vav", al plurale) dalla terra di Egitto", è scritto: "R. Yehudà disse: Se non per la "vav" di he'elucha tutti i nemici di <149> Israele sarebbero stati distrutti; R. Shimon b. Yohai gli rispose: (in tutti i casi) chiunque associ il nome di Dio con qualsiasi altra cosa viene estirpato dal mondo, come sta scritto "a Dio solo". Che cosa viene ad insegnarci, dunque, la parola "he-elucha" ? Che desideravano molti dei. R. Yehudà ritiene che la "vav" o segno plurale di he'elucha (rendendo così eloheha, i vostri dèi) indica la loro credenza in una pluralità di divinità, mentre se il vitello fosse stato inteso al singolare avrebbe potuto essere associato ad un unico dio. Pertanto il loro peccato sarebbe stato meno grave e Israele avrebbe meritato la distruzione di tutti i suoi nemici. E R. Shimon b. Yohai ritiene, d'altro canto, che il loro peccato sarebbe stato meno grave perché si tratta di associazione e chiunque "associa" non merita la distruzione dei suoi nemici.

Distinguete bene tra la vera Kabalà dei Saggi e quella dei nuovi kabalisti. Questi ultimi sostengono che Ha-Kadosh Baruch-Hu, nella Sua più elementare e semplice Essenza, non è l'oggetto delle nostre preghiere e così l'intenzione delle nostre azioni non va rivolta a questo aspetto di assoluto. Egli da solo non è in grado di aiutare, né ha la facoltà di redimere alcuno, se non si è prima congiunto con i partzufim e in particolare con zeir anpin. Solo allora si può parlare di servizio, di preghiera e di benedizione. E necessario però congiungere zeir anpin con la sua controparte femminile, come pure con gli altri cinque partzufim. In questo modo la preghiera sarà esaudita, perché viene attuato il giusto modo di combinare Dio con i suoi attributi. Questo è vero e proprio "shituf"! Perché, secondo loro, Dio da solo non è in grado di operare se non si è prima congiunto con i partzufim. Non c'è "associazione" maggiore di questa! E proprio a R. Shimon b. Yohai, che nella vera Kabalà del Talmud era stato il più esplicito ad avversare le associazioni e le congiunzioni, è stata attribuita la falsa kabalà dell'autore mendace dello Zohar! Ma la fede pura e incorrotta consiste nel credere, in modo assoluto, che Dio solamente ha il potere e il regno sopra tutte le creazioni ed è grazie alla Sua Bontà che queste sono entrate in esistenza. Nelle preghiere, nelle azioni e nelle mitzvot comandateci, la nostra unica intenzione deve essere rivolta ad Ha-Shem, alla Causa Prima priva di congiunzioni o di associazioni di alcun genere. Poiché tutto ciò che esiste ha bisogno di Dio, ma Dio non ha bisogno delle Sue creazioni. Ho sentito poi qualche stolto argomentare che l'associazione si attua solo quando uno la esprime a parole; questo è falso, perché quando uno pronuncia una <150> benedizione o una preghiera e menziona il Nome, mentre la sua vera intenzione è quella di associarLo con un altro potere e un'altra emanazione, egli, in realtà, sta compiendo un atto di idolatria. Leggiamo quanto è scritto in Kiddushim (2): "Ciò che è scritto: "Affinché tu ricerchi la Casa di Israele dentro ai loro cuori" va riferito al pensiero di idolatria. Perché è sufficiente che uno lo pensi per essere considerato tale anche nell'azione. Cosicché chiunque si rivolge a zeir anpin pratica l'idolatria. È su di lui che vanno riferite le parole del Rambam "Tu sei vicino nelle loro bocche, ma lontano dai loro lombi (pensieri)".

 

1) Cap. Dalet mitot.

2) Kidushin 39 e Hullin 142.

 

50

 

Leggiamo ora la Ghemarà in Menahot (1) : "R. A. ben Yitzhak ed alcuni dicono R. Yehudà disse nel nome di Rav: "Da Tiro a Cartagine riconoscono Israele ed il loro Padre in cielo, ma da Tiro ad ovest non riconoscono né Israele, né il loro Padre in cielo". R. Simi b. Yihia risolveva una contraddizione davanti a Rav. Sta scritto "Dal levarsi del sole fino al suo tramonto (2)". Gli altri chiamavano il Dio d'Israele il "Dio degli Dèi". Il Maharsha spiega questa passo: menziona prima Israele, poiché è tramite Israele che la conoscenza dell'Onnipotente veniva resa nota al mondo e così Egli è il Dio d'Israele la cui Provvidenza sovrasta tutta la terra, così come il loro Padre in cielo; ma da Tiro verso ovest, siccome non riconoscono Israele, non hanno conoscenza del loro Padre in cielo, la cui conoscenza è in questo mondo; credono invece che Egli è il Dio degli Dèi (Elohei ha-elohim), che trasmette alle divinità sottostanti il potere e il regno, mentre Egli stesso non scruta il mondo inferiore.

Rivolgete il vostro cuore, preziosi lettori, alla vera sapienza dei Saggi. Aprite i vostri occhi per vedere la luce e così vi convincerete che l'opinione dei kabalisti secondo cui l'Eterno è al di sopra di ogni pensiero concepibile per cui bisogna pregare solo zeir anpin (che ha ricevuto il potere regnante) e chi si rivolge <151> a Dio Altissimo (da loro nominato Ein Sof) non viene esaudito, concorda esattamente con l'opinione summenzionata delle popolazioni ad occidente di Tiro e ad oriente di Cartagine. E coloro che sono dell'opinione che il Nostro Padre nei Cieli è troppo in alto, per scendere ad interessarsi degli eventi dei livelli inferiori, ragiona come i nuovi kabalisti, che hanno spiegato che i cinque partzufim hanno delegato a zeir anpin il potere regnante e lui si occupa degli avvenimenti umani. Ben si adatta la rampogna del profeta Isaia ad Israele "È troppo corta la Mia mano che Io possa redimere? Non ho forse la potenza per salvare?"... se non che venga aiutato dai partzufim che sono sotto a me? O li abbia delegati al posto Mio? Ma la Causa Prima comandò chiaramente di non servire altre creazioni. Egli non è il potere dentro ad un corpo come sostengono i nuovi kabalisti (3).

 

1) Cap. Harei alai issaron, pag. 110.

2) Per indicare che tutto il mondo riconosce Dio.

3) Zohar, Balak, 191 e Ha'azinu, 292.

 

51

 

Così bisogna proclamare manifestamente che l'intera dottrina dello Zohar, relativa a Dio, contrasta con la fede di R. Shimon b. Yohai, che disse "Chiunque associa il Nome di Dio ad una qualsiasi altra cosa viene estirpato dal mondo". È una volgare profanazione ritenere che il pio Tanai, R. Shimon b. Yohai, o chiunque altro tra i Saggi, abbia mai pensato o affermato che si debba servire zeir anpin, congiungendolo nel pensiero ad Ha-Shem Elohenu, che sarebbe l'anima di questi partzufim; inoltre, le preghiere ai partzufim andrebbero a questa "neshamà" che è parte dell'ein sof; che ognuno dovrebbe unire i partzufim maschili e femminili, rappresentati nel Tetragramma ("Yod", hochmà nominato aba; la prima "he", binà nominata ema; "vav", tifferet cioè zeir anpin; l'ultima "he", malchut cioè nukve); che la prima menzione del Nome in "Shemà Israel" va riferita ad aba, Eloheinu ad ema, mentre la seconda menzione del Nome va riferita a zeir anpin (tiferet) e Uno sarebbe malchut; infine, che bisogna <152> congiungerli e legarli insieme, cosicché i quattro diventano uno. (1) Per loro Yihud (unità) significa congiungere e combinare nel pensiero le diverse categorie immaginate e disegnate nella loro fantasia come "luci separate", finché diventano un'unità. Per questo dicono "Per l'amore di congiungere Kudshe Brich Hu con Shechinte, per unire il nome "yod" con la "he" ecc. (2). Quando il fedele pronuncia questa frase deve tenere in mente aba, ema, zeir anpin e nukve, indicati nel Tetragramma, insieme con arich e atik, accennati nel "punto della yod". Quando i Saggi dissero che un sacrificio veniva portato per sei motivi e cioè il sacrificio in sé, per colui che lo presenta, per Ha-Shem, per il fuoco, per il profumo e per il piacere (la Ghemarà spiega che il piacere è quello di Dio in quanto viene adempiuta la Sua Volontà), perché non inclusero anche la formula "per l'amore di Kudshe Brich Hu e Shechinte?". Il motivo è semplice: i Saggi ritenevano che Ha-Shem Baruch-Hu fosse Unico, di un'Unità Assoluta, dissimile da qualsiasi altra unità. Non c'è bisogno di unirLo da parti separate, né tantomeno congiungerLo e associarLo con i differenti partzufim. È pura blasfemia permettere a tali idee di entrare nel cuore e nel pensiero, perché sono del tutto estranee alla Sacra Torà. Mai siamo stati comandati di unire, congiungere e associare ha Shem ad un'altra creazione; la nostra fede ci impone di credere e riconoscere che Egli è Uno, come sta scritto "E tu riconoscerai questo giorno e lo imprimerai nel tuo cuore che Ha-Shem è il nostro Dio nei cieli di sopra e sulla terra di sotto, né vi è altri con Lui".

 

1) Zohar va-ethanan, 263 A.

2) Questa espressione è persino entrata nei testi di preghiera, a seguito dell'influenza dei kabalisti che pronunciano tale formula prima di iniziare un rito o una preghiera.

 

52

 

In S. Mitzvot Gadol è scritto (1): "È un precetto positivo credere e ascoltare (ricevere su di sé) che Dio è <153> Uno nei cieli e sulla terra e nelle quattro direzioni del mondo, come è scritto "Ascolta, o Israele, il Signore nostro Dio, il Signore è Uno". "Ascolta" significa "ricevere", come in "Tu ascolterai i Cieli" ecc. (nel senso "tu riceverai su di te il giogo del cielo"). Questo è differente da ogni altro "uno"; un re è uno nel suo paese ma non è uno in tutti i sensi; ci sono infatti uomini nel suo paese simili a lui e così anche ce ne sono in altri paesi; se un angelo scendesse sulla terra, ci sarebbe un angelo nella terra, ma non è uno in tutti i sensi, dal momento che esistono altri angeli nei cieli che gli sono simili. Ha-Shem Elohenu, invece, è Uno in tutti i sensi. R. Sa'adya Gaon rispose ai miscredenti che sostenevano che Egli è due o tre. "Se uno non può fare qualcosa senza l'aiuto di un altro, tutt'e due sono deboli; se uno, invece, è in grado di sopraffare l'altro, entrambe sono costretti; se ambedue sono liberi di fare ciò che vogliono, allora quando uno desidera la morte di un uomo, per fare un esempio, e l'altro ne desidera la vita, sarebbe logico che lo stesso mortale vivesse e morisse contemporaneamente; e se uno dei due fosse in grado di celare una cosa all'altro, sarebbero costantemente in azione e si affaticherebbero (perché uno deve annullare l'azione dell'altro)". Il Gaon continua nella spiegazione, ma a noi è sufficiente comprendere che tutto Israele possiede questa fede, impressa fermamente nei cuori, per la quale il Fattore di tutto è Uno, come è scritto "Dio è Uno" e così anche "Vedi ora che sono Io, Io sono Dio e non c'è altri con Me". Osserva e medita, prezioso lettore, le succitate parole del S. Mitzvot Gadol e di R. Sa'adya Gaon. Ai loro occhi la nostra fede è un dato di fatto semplice ed è estraneo a qualsiasi idea innovatrice. La nuova kabalà, invece, rende l'idea di Uno diversa da quello che è. Un paio significa due. I nuovi kabalisti credono che Dio contenga e includa in sé più partzufim, prima cinque e dopo dodici nel mondo di atzilut, non considerando pure gli innumerevoli partzufim sopra i mondi di creazione, formazione, azione e materializzazione. Ciascuno di questi partzufim viene associato alle lettere del Tetragramma, ad Adonai, ad Elohim, a Ha-Kadosh Baruch-Hu. I loro livelli sono divisi e distinti l'uno dall'altro. Ogni partzuf non può creare, dare la vita o la morte, se non ha prima preso il permesso dal partzuf sovrastante; come gli ufficiali di un re che danno ordini ai sottoufficiali, i quali, a loro volta, li trasmettono ai graduati minori e infine a tutto l'esercito; e ognuno opera a seconda del suo ruolo, mentre trattandosi di decisioni importanti ci si attiene solo ai decreti dei superiori. Essi chiamano questo Re Superiore adam kadmon; fu lui che pronunciò "vedete, ora, che sono Io, Io solo il Dio e non c'è altro dio con Me" e anche "Io faccio morire e faccio rivivere", siccome questo <154> adam kadmon è l'inizio dei partzufim di atzilut e non c'è nessuno sopra di lui che rifiuti la sua decisione. È davvero strano che adam kadmon non abbia bisogno di prendere permesso da adam kidma'a, che lo sovrasta e lo spazio del quale è colmato da innumerevoli mondi, oppure dall'Ein Sof, il Dio Superiore, che tutti sovrasta.

Abbiamo così visto che fino al tempo del S. Mitzvot Gadol la fede di tutto Israele era esclusivamente nell'Unità che non ha pari e questa, senza dubbio, è l'opinione della Sacra Torà, sia scritta che orale, e di tutti i Saggi del Talmud. Diversa è però l'opinione dei nuovi kabalisti che mentono quando proclamano che Dio è Uno, ma, nei loro cuori, credono che Egli sia composto da molte cause ed evoluzioni che si susseguono e che ogni causa viene chiamata Ha-Kadosh Baruch-Hu, Dio ci salvi!!

 

1) Precetti positivi.

 

53

 

Il Ram, autore di S. ha-Ghedarim, sul significato di "emunà" scrive: "Emunà (fede, credenza) è quella immaginata nell'anima, tale come lui la rappresenta, sia essa vera o falsa, dal momento che il credente desidera immaginarla così". "Vera emunà" è tale quando uno crede che la cosa da lui immaginata nel pensiero esista nello stesso modo fuori dal suo intelletto; poiché il credere non è ciò che uno esprime con il linguaggio bensì ciò che uno afferra e immagina nel pensiero e nel sentimento (il credere segue ciò che si è già formato nel pensiero). Se questa credenza è tale, che risulta impossibile cambiarla in qualche modo, essa è una fede vera e duratura, perché concorda con la realtà e non può venir scambiata con qualsiasi altra cosa, opposta ad essa. È allora che egli crede nella verità". (1) Il commento a lato riporta le seguenti spiegazioni: — "Emunà è quella immaginata nell'anima" — ciò viene ad escludere <155> l'opinione secondo la quale la fede non è qualcosa da poter essere "afferrata" nella mente, perché essa non è tale (la fede infatti deve essere compresa, giacché uno deve capire ciò in cui crede. — vera emunà — ciò si rifà alle parole del Rambam nel Morè Nevuhim, che scrive: "La vera fede comporta tre elementi, che devono essere tra loro in completo accordo: la forma nel pensiero, la fede nel cuore, la realtà; come, ad esempio, quando uno immagina nel suo pensiero la forma di un leone e crede nel suo cuore che tale sia nella realtà delle cose, fuori di se stesso; dal momento, però, che l'anima non si soddisfa con la fede, se non alla condizione che l'intelletto sia d'accordo, diventa incombente sulla persona rafforzare la nostra fede e le nostre convinzioni, relative alla Torà, per mezzo dell'indagine intellettuale e la concordanza con altri studi, parallelamente allo studio della Torà. Poiché, una volta combinatisi insieme, l'anima si rafforza nella sua fede. Così la verità e la fede si appoggiano vicendevolmente e insieme raggiungono la perfezione e per sempre saranno unite nel cuore". Continua il Ram: "Ci sono però alcuni sedicenti saggi che sostengono che la fede sublime sia quella che è in antitesi con l'intelletto. Essi sono stati influenzati dalla dottrina cristiana. Ma questa, tuttavia, non è l'eredità di Giacobbe, poiché la nostra fede non viene traviata dall'intelletto; come è scritto: "Non paragonare Israele con le altre nazioni, che non sono uscite dalla confusione e che nelle loro opinioni. cadono in contraddizione". Così nel Kusari è scritto (ma'amar 6): "È una profanazione attribuire a Dio qualcosa di falso, dire che Egli ha incluso nella Torà qualcosa che l'intelletto respinge e considera fallace. La persona istruita capisce chiaramente che la maggioranza delle mitzvot non fu concessa affinché venisse studiata solo dalla Torà scritta ma anche dai chiarimenti dei Saggi di benedetta memoria nella Tradizione orale. La mitzvà che riguarda l'Unità è quella di credere che Ha-Shem Baruch-Hu è il vero ed indivisibile Uno. A questa fede si arriva, dopo aver negato tutti i casi, gli attributi e gli antropomorfismi (2). È il credere nella assoluta necessità del Suo Essere Unico senza mutamento alcuno. Esistono anche concetti non spiegati nella Torà scritta ed orale, i quali, se uno crede in essi in un modo non corretto, rendono impossibile la completezza della fede".

Così scrive anche il Hovot ha-Levavot "Solamente il Profeta o il vero e completo Hacham è capace di servire la Causa Prima". Pertanto è una mitzvà per noi studiare nei libri di filosofia e di teologia quei passi che chiariscono tali mitzvot, al fine di non errare nella nostra fede". <156>

 

1) Dunque il rapporto emunà-fede, emet-verità.

2) Hagshamot: il senso non è soltanto "antropomorfismo" ma anche l'attribuire a Dio una qualsiasi qualità presente nel mondo materiale.

 

54

 

Quanto in precedenza espresso secondo cui la mitzvà dell'Unità di Dio viene inclusa nella categoria di "concetti" non spiegati nella Torà scritta ed orale appare strano ai miei occhi per vari motivi. È noto che il metodo usato dai Saggi della Mishnà e del Talmud era quello di menzionare ciò che si sarebbe potuto dubitare per quel che riguarda la cosa proibita (assur) e quella lecita (mutar). Quando, però, non esisteva dubbio alcuno, il Tanai non la menzionava. Ecco quanto spiega il Rambam (1) : "Soltanto le cose che potevano essere messe in dubbio, in relazione al loro essere proibite o permesse, vennero spiegate nella Mishnà; il proibire qualcosa che uno avrebbe potuto pensare fosse permesso o il permettere qualcosa che uno avrebbe potuto pensare fosse proibito. Le cose ben conosciute, però, non vennero menzionate nella Mishnà. È per questo motivo che quando la Mishnà tratta di una cosa ben conosciuta, la Ghemarà domanda sempre: ma questo non è semplice (peshità)? E dopo: "Cosa ci viene ad insegnare ( = Mai k'mashma lan)? È già stato chiarito dalle parole del S. Mitzvot Gadol che l'Unità di Dio (almeno fino al tempo in cui uscì quel libro) era fermamente radicata nei cuori di tutto Israele. Quanto di più all'epoca dei nostri Saggi della Mishnà e del Talmud. Peraltro, il concetto viene ribadito in molti punti della Torà, dei Profeti e nelle Sacre Scritture: "Ascolta, o Israele, il Signore, nostro Dio, il Signore è Uno". "E riconoscerai questo giorno e lo imprimerai nel tuo cuore che Ha-Shem è Dio nei cieli di sopra e sulla terra di sotto, né vi è altro dio". "Non c'è altro dio all'infuori di Lui". "Vedi, ora, che sono Io, Io sono Dio e non c'è altro Dio con Me". "Dio governa da solo e non vi è un altro dio con Lui". "Io ho steso i cieli da solo, chi era con Me quando stesi la terra, chi Mi ha preceduto?". Ci sono in verità, molti versi che trattano la Sua Unità e il Suo Essere <157> Primo. Questa convinzione era ben radicata nella nazione di Israele e pertanto non c'era bisogno di spiegazioni. Inoltre la negazione di un qualsiasi pensiero materiale o antropomorfico viene espressa in più punti nella Torà scritta: "Poiché non avete visto immagine alcuna". "Avete ascoltato la Voce, ma nessuna immagine avete visto". "Con chi Mi potresti paragonare o confrontare?". "A chi Mi renderesti simile?" Così anche la negazione di un qualsiasi cambiamento in Ha-Kadosh Baruch-Hu, nel verso: "Io sono Iddio, non sono cambiato".

I Saggi, tuttavia, si sono permessi di citare, nel Talmud e nei Midrashim, le domande dei miscredenti e dei negatori della nostra fede, riportando così le loro risposte, per cui c'è materiale a sufficienza per insegnare il giusto modo dell'Yihud Ha Shem. Più tardi questi argomenti furono discussi da R. Sa'adya Gaon, Rambam, R. Behiya, R. Eliezer di Garmiza, R. Yehudà ha- Levi ed altri. Inoltre i Saggi cercarono di minimizzare, per quanto possibile, l'uso di nomi descrittivi, che potessero far pensare a due poteri regnanti, così, ad esempio, colui che dice "Ascolta, ascolta" oppure "ringraziamo, ringraziamo" viene subito zittito. (2) Troveremo ulteriori spiegazioni della vera Kabalà, relativa all'Unità del Nome, studiando con attenzione i Targumim tramandati dai Saggi, ossia il Targum di Onkelòs, il proselita che tradusse la Torà grazie alla tradizione diretta di R. Eliezer e R. Yehoshua; e anche il Targum di Yonatan b. Uziel, l'allievo più anziano di Hillel, che tradusse i Profeti rimanendo fedele alla tradizione ricevuta da Hillel. Essi hanno inculcato al popolo la vera Fede e hanno fissato le giuste interpretazioni dei versi, affinché non sorgesse qualche dubbio nella tradizione trasmessa e accettata. (3) Ed a tale riguardo i Saggi si espressero: "Colui che traduce un verso alla lettera ne falsifica il significato" poiché il verso si esprime con un linguaggio lato, associato, sincopato, preso in prestito (da altri aspetti), anacronistico. Perciò deve essere tradotto esattamente come è stato trasmesso e ricevuto dai Saggi. Nel Talmud si racconta che quando Yonatan b. Uziel terminò di tradurre i Profeti "una voce (bat kol) scese e disse "chi ha rivelato questi segreti ai figli di Adamo?". Anche R. Yosef aveva spesso affermato: se non per il Targum di questo verso non ne avremmo compreso il significato.

Nel Midrash ha-Gadol <158> sul verso "Videro il Dio di Israele" (4): R. Eliezer disse: Colui che traduce il verso alla lettera lo falsa e colui che aggiunge alcunché al verso è blasfemo e schernitore; ad esempio, se uno traduce il verso "Videro il Dio d'Israele" alla lettera lo ha falsato, perché Dio vede ma non è visto; se, però, lo traduce "Videro lo Splendore (Yekar) della Presenza Divina (Shechinà) del Dio d'Israele" è blasfemo perché, così traducendo, hanno formato una trinità (yekar, shechinà, el)." (5) Contro la credenza della Trinità, proposta nel periodo mishnaico dai discepoli di Gesù, i Saggi spiegavano il verso "Io sono il Signore, tuo Dio che ti ha fatto uscire" ecc. (6): Ha-Kadosh Baruch-Hu disse: un re di carne e sangue ha un padre o un fratello o un figlio, ma Io no, poiché "Io sono il Primo" per cui non ho un padre e "Io sono l'Ultimo" per cui non ho un figlio e "all'infuori di Me non c'è altri" per cui non ho un fratello".

Ma ecco che anche i nuovi kabalisti hanno adottato la credenza cristiana del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, come si può capire dalle parole dell'Oz l'Elohim: (7) "Dal momento che malka d'kol kadishin non è mai separato da esso e splende nel cuore di zeir anpin, il cuore di atzilut, viene anch'esso chiamato "la luce scura" (buzina d'kardinuta), che risplende nel cuore di zeir anpin di atzilut. Così, quando viene chiamato con questo nome, il riferimento va all'anima e non al suo indumento, come avviene con gli altri nomi. È lui che è chiamato Re dai figli d'Israele. Egli è il nostro Re e noi siamo i suoi sudditi ed a Lui vanno le nostre preghiere e le nostre intenzioni; persino aba ed ema sono scrupolosi nell'onorare questo figlio e lo temono perché Egli è il Re che regna su tutto; e sebbene questo Sacro Figlio sia originato da aba ed ema, spiegheremo in seguito che Egli è fondamentale; per adesso vi porto un esempio. Se c'è un re che ha un padre e una madre, chi è giusto servire? Certamente il re, ed anche suo padre e sua madre hanno bisogno di lui, perché è lui il re. È su di lui che fu pronunziato il verso "nashkù bar pen ye'enaf" (8) (spiegato nello Zohar) "Bacia le mani di questo Figlio Sacro" poiché a lui fu concesso il regno su tutti ecc. Perciò anche aba ed ema hanno bisogno di lui".

Quanto riportato è in netto contrasto con il Midrash summenzionato e con quanto è scritto nel Talmud Yerushalmì (9): Qual è il sigillo (hotam) di Ha-Kadosh Baruch-Hu? R. Babi nel nome di <159> R. Reuben: "Emet" (verità). Cos'è la verità? R. Bun disse: Che Egli è il Dio Vivente e il Re dell'Universo; Reish Lakisk disse: "Alef" è la testa dell'alfabeto, "Mem" è nel mezzo dell'alfabeto, "Tav" è l'ultima lettera dell'alfabeto (10): questo ci insegna che "Io sono Ha-Shem, il "Primo" che non ha ricevuto da nessun altro"; "all'infuori di Me non c'è altro dio che non ha alcun socio"; "l'Ultimo sono Io" che non lo darò mai (il mio onore) ad un altro.

Nella versione di Shir ha-Shirim Rabbà si legge: (11) Reish Lakish disse: "Cos'è la verità? Che non ho ricevuto il Mio regno (malhutì) da un altro; che non esiste un secondo ecc. L'Etz Yosef spiega che questi tre fondamenti, l'essere Primo, l'essere Uno e l'essere Eterno, appartengono solo a Dio.

Vediamo quindi che lo Yerushalmì, il Shir ha-Shirim Rabbà e Shemot Rabbà sono in completa concordanza con i principi della Sua Unità che, più tardi, vengono ripresi dal Rambam. Lo Zohar ed i kabalisti, invece, contraddicono questi principi, perché influenzati dalla credenza nella trinità! Siccome al tempo dei Saggi Israele era fermamente radicato nella fede dell'Unità del Nome, non c'era bisogno di spiegare nella Mishnà e nel Talmud che chiunque considerasse l'esistenza di emanazioni originate dal Creatore e affermasse che esse fossero "Uno" con il loro Emanatore, stesse compiendo un atto di idolatria. Tale infatti fu il concetto che si affermò in seguito con la fede cristiana del Messia. Tuttavia, già dapprima si era espresso in tal senso R. Shimon b. Yohai quando disse: "Chiunque associ al Nome di Dio una qualsiasi altra entità viene estirpato dal mondo". Pertanto S. Mitzvot Gadol scrisse che non era necessario dilungarsi, perché tutto Israele era radicato fermamente nella sua Fede dello Yihud Ha-Shem.

 

1. Commento alla Mishnà, cap. 7 Berachot.

2. Vedi qui cap. 25.

3. Spiegato da Rambam e R. Sa'adya Gaon. Vedi introduzione generale di R. Adler, autore di Netinà la-gher.

4. Shemot Rabà, parashat Mishpatim.

5. Vedi riferimento in fine meghilà sull'espressione di R. Nissim. In ogni caso, la giusta traduzione è "Videro lo splendore del Dio di Israele". —

6. Midrash Rabbà, parashat Yitrò.

7. Beit kodesh ha-Kedoshim.

8. Vedi qui.

9. Dinei mamonot.

10. Di "emet" alef-mem-tav.

11. Vedi Talmud, avodà zarà, cap. Ein rna'amidim riguardo ai "minim" e Yerushalmì, cap. Shemonà sherazim — di Ben Dama che fu morso da un serpente ecc. — vedi Rambam, cap. 9, Avodà zarà. <160>

 

 

55

 

L'autore di S. ha-Ghedarim sulla parola "Yihud" spiega: Yihud, che deriva da yahid (singolo, unico), indica la vera Unità che non contiene in sé congiunzione (harkavà) alcuna. Tale concetto può essere capito soltanto da un Hacham, avvezzo alla riflessione, che conosce i modi di negazione dei concetti materiali. L'ignorante, però, non li conosce e lo stolto non li comprende. La mitzvà di riconoscere l'Unità del Suo Nome deriva dal verso "Ascolta, o Israele, il Signore, nostro Dio, il Signore è Uno".

È noto che le leggi relative ad una mitzvà non devono essere decretate esclusivamente dalla Torà scritta, ma devono avere il supporto della Tradizione orale che le spiega. Sul comandamento, però, di Yihud Ha-Shem non troviamo il chiarimento dei Saggi; è comunque indubbio che esso fu tramandato oralmente con la Kabalà, perché non è possibile che la prima e fondamentale mitzvà della nostra fede in Dio sia priva di chiarimenti. Ora, però, che questa spiegazione è stata dimenticata dal popolo è obbligo studiare questo precetto con lo studio dei filosofi della Sacra Torà. Così facendo, non sbaglieremo e non correremo il rischio di inoltrarci (come fanno i nuovi kabalisti) in credenze dualistiche e idolatre, servendo un falso dio. Tale è l'intenzione dell'autore di Hovot quando scrive che "soltanto il Profeta della generazione, oppure un saggio di straordinaria intelligenza, sarà in grado di servire la Causa Prima, mentre gli altri serviranno altre entità". Le parole di questo Hacham sono vere, perché esistono molte combinazioni di due elementi che vengono descritte comunemente con un solo nome (1) ma l'Unità di Dio non ha "combinazioni" o "congiunzioni" (2). I nuovi kabalisti, invece, parlano di aspetti e di livelli, ognuno col rispettivo nome, e li congiungono, col linguaggio e col pensiero, all'Ein Sof che si è emanato e poi osano dire che tutto è uno. Servono il suo corpo e la sua anima insieme mentre, a parole, insistono nel dire che loro servono la sola anima. Leggiamo quanto riporta l'Oz l'Elohim (3): "Se dici che si serve l'anima senza il corpo, Dio ci salvi, è una profanazione; <161> ma, come è già stato spiegato, il partzuf di malka kadisha e shechinte sono uniti alla neshamà, poiché essa stessa è atika kadisha d'kol kadishin che, con l'anima, è un'unità singola; per questo noi pronunciamo "Egli e il Suo nome sono Uno" e sono inseparabili. Se, però, uno servisse l'anima senza malka kadisha farebbe una separazione tra anima e corpo". (4)

Per quanto concerne l'affermazione del S. ha-Ghedarim per la quale "non è possibile che la prima e fondamentale mitzvà sia priva di chiarimenti" ho già spiegato che essa venne tralasciata perché i Saggi contavano sul fatto che fosse già ben radicata nel popolo. Furono i Rabbini della Ghemarà che trattarono e chiarirono la Mishnà, esponendo i problemi che si erano creati ai loro tempi, per cui stabilirono nuove leggi e norme, in conformità alla Torà. Quello che però era noto alla grande maggioranza del popolo non era menzionato nel Talmud. Invece, le idee e i concetti della nuova kabalà erano sconosciuti agli ebrei di quei tempi e sarebbero stati indubbiamente respinti, perché considerati estranei alla Sacra Torà. La dottrina di Emanazione dei nuovi kabalisti fece la sua prima comparsa nel sedicesimo secolo e fu influenzata dai testi, considerati mistici, dello Zohar e dei Tikkunim. A sua volta Moshe de Leon subì l'influsso delle dottrine mistiche del dualismo e della trinità. Tali nuove idee furono mescolate ed intramezzate con le parole e i nomi della Torà, al fine di carpire le menti e i cuori dei Rabbini. E così avvenne. Questi Hachamim, privi ormai di hochmà, si incamminavano al macello ad occhi bendati, convinti e fiduciosi che R. Shimon b. Yohai li avesse illuminati. Del resto, è indubbio che Moshè de Leon trasse profitto e onori dall'aver attribuito la sua opera all'illustre Tanai. Un esame approfondito, però, delle parole e degli insegnamenti di R. Shimon b. Yohai, presenti nella Mishnà, mette in risalto la completa estraneità e discordanza del Tanai con le farneticazioni dello Zohar. Quella di R. Shimon è una vera e propria dottrina; egli è esplicito nell'affermare che chiunque associa il Nome con qualsiasi altra entità viene estirpato dal mondo. Inoltre, afferma che bisogna impegnarsi costantemente nello studio della Torà orale, giacché "lo studio della Torà era il suo mestiere". La colpa di quei rabbini consiste nell'aver creduto in buona fede che lo Zohar fosse davvero opera di R. Shimon; essi non investigarono sull'autenticità del testo, non si chiesero se fosse lecito trattare argomenti occulti, non si resero conto del contrasto stridente tra la fede pura nell'Unità del Nome e i nuovi vaneggiamenti mistici dello Zohar. Essi furono ingannati dall'astuto miscuglio presente nello Zohar, che aveva intercalato tra le falsità della <162> nuova dottrina, numerose affermazioni dei Hachamim e aveva insistito sulla rigorosa osservanza delle mitzvot e dello studio della Torà scritta, che poteva ora essere realizzato secondo una nuova esegesi mistica. In questo modo, raffinato e subdolo, lo studio dello Zohar sostitutiva quello della Mishnà e del Talmud. I nuovi millantatori sostenevano infatti che Mishnà e Talmud fossero una mescolanza di bene e di male, mentre la nuova dottrina rappresentava la vera tradizione orale, del tutto positiva. L'importante era ora adempiere le mitzvot per l'amore di kudshe brich-hu e shechinte, in alto (aba ed ema) e kudshe brich-hu e shechinte, in basso (zeir e nukvei). La nuova dottrina dirige i suoi seguaci ad una fede idolatra rappresentata da una moltitudine di emanazioni, al cui centro c'è la figura di zeir anpin. Per la maggior parte delle mitzvot, l'intenzione consiste nell'abbellire e adornare (lekashet) le figure femminili (shechinte di sopra e shechinte di sotto), affinché esse trovino grazia agli occhi dei loro mariti (aba di sopra e zeir anpin di sotto) e questi siano stimolati ed eccitati ad accoppiarsi (5). In tal modo vengono concepiti e generate le anime degli angeli e le anime nuove per Israele! (6) Il servizio e l'osservanza alle mizvot, le benedizioni e le lodi, il tutto per l'amore di zeir anpin!

E' con questa aberrante chiave che interpretano i passaggi biblici che usano una terminologia enigmatica, metaforica ed allusiva o laddove il linguaggio è affettuoso; secondo la loro esegesi il senso letterale di ciascuna parola rimane tale. Così la "mano" di Dio, gli "occhi" di Dio, il "naso" di Dio, il "fumo" salì nel suo "naso", a nostra "immagine" e "somiglianza", siete "figli" al Signore vostro Dio, miei "fratelli" e miei "amati", essi "videro" il Dio d'Israele, "dèstati" perché "dormi" o Signore, il "Guardiano" di Israele non "si assopisce" e non "dorme", vanno interpretati nel loro senso letterale. Questo è in netto contrasto con il parere dei Saggi, per i quali, "chiunque traduce un verso con il suo significato letterale lo falsifica". (7)

 

1. Vedi kelim, cap. 13

2. Poiché tutto il resto è composto.

3. Bet Kodesh ha-Kodashim, cap. 18, pag. 56 b.

4. Vedi qui, cap. 32.

5. Come il Mishnat Hassidim, Tikkum Hazot. In che modo deve essere fatto? Uno deve sedersi a terra, vicino alla mezuzà della porta, che allude alla "hè", deve rimanere a piedi nudi e spargere cenere. Così facendo, zeir anpin si riscalda e la desidera (nukve). <163>

6. Zohar, Yitrò 89 b. Contro il Bereshit Rabbà, riportato qui, cap 24, per spiegare tutto ciò che ha generazioni.

7. Come Sa'adya Gaon in Emunot ve-Deot, ma'amar Ahdut, anche Rambam, Morè Nevuhim, helek 1.

 

 

 

56

 

Riporterò, ora, prezioso lettore, alcune affermazioni che dimostrano l'amore e l'onore che i Saggi attribuivano alla Mishnà e al Talmud, considerate la parte principale della Tradizione Orale, rivelata a Mosè sul Sinai. Dopodiché, esporrò ed elencherò alcune citazioni del falso profeta e filosofo dello Zohar, che gettano onta e discredito sulla Mishnà e sul Talmud e calunniano lo stesso Moshè Rabbenu, accusato di aver trasmesso questa tradizione di sua spontanea volontà e punito perciò con la morte e la sepoltura in terra straniera, fuori dalla Terra Santa. È ben assodato come i Rabbini del Talmud, data la grande importanza che attribuivano alla Mishnà, ne pesassero le parole e il loro ordine con il metodo di interpretazione precisa (dikdukim), usato anche nella spiegazione dei versi della Torà. Questo perché i Saggi non dubitavano minimamente che le Leggi contenute nella Mishnà fossero le medesime che Mosè ricevette sul Sinai, allorquando vi rimase quaranta notti e quaranta giorni per studiarne i principi generali e i dettagli particolari, e, in tal modo, il popolo potesse meritare la vita nel mondo a venire. A tal riguardo, infatti, i Saggi affermarono che chi studia con cura le halachot potrà essere certo di meritare la vita nell'aldilà. R. Ami, ad esempio, pregava soltanto tra i pilastri del Beit ha-Midrash, luogo in cui venivano studiate. Nel trattato Horaiot (1) si racconta di R. Meir e R. Nathan, che erano in vivace disaccordo con Rabban Shimon b. Gamliel, quando costui stabilì la legge, sul fatto che quando il Nassì (il capo del Grande Sinedrio) entrava, ogni presente doveva alzarsi in suo onore; quando l'Av Beit Din (il capo del Tribunale) entrava, si dovevano formare due schiere ai suoi lati; se era un Hacham ad entrare, bisognava alzarsi e ci si poteva sedere quando si era seduto. I summenzionati Rabbini sostenevano che bisognava spodestare Rabban Shimon b. Gamliel dalla sua carica, poichè avendogli chiesto di insegnar loro il trattato Oktzin, egli rispose di non averlo studiato. Quando fu poi in grado di rispondere gli domandarono: "Chi può proclamare la lode dei poteri di Dio? Chi è in grado di raccontarne l'intera lode." Cioè, chi può proclamare la lode dei poteri di Dio? Solo colui che è in grado di raccontarne l'intera lode. <164> Da questo racconto deduciamo che i Saggi consideravano la Mishnà come "lode del potere di Dio". È scritto infatti in Midrash Tanhuma (2): R. Yehuda b. Shalom disse: "Mosè chiese che anche la Mishnà fosse messa per iscritto, ma Ha-Kadosh Baruch-Hu vide che, nel futuro, le altre nazioni avrebbero tradotto la Torà, l'avrebbero letta in greco e poi avrebbero proclamato "noi siamo Israele". Disse allora Dio a Moshè: "Io scriverò soltanto i principi fondamentali della Mia Torà e così per gli altri sarà considerato strano".(3) Perché il Glorificato si espresse così? Perché la Mlshnà contiene i segreti di Ha-Kadosh Baruch-Hu, che concede soltanto agli Tzaddikim, come è scritto "il segreto di Dio è per coloro che Lo temono". (4) In questo modo la Mishnà fu amata dai Saggi e fu preziosa ai loro occhi a tal punto che la consideravano tra i segreti che Ha-Kadosh Baruch-Hu concede ai soli Tzaddikim. (5)

In Babà Metzia è scritto (6): Coloro che studiano la Mikrà (Torà scritta) prendono una misura incompleta; coloro che studiano la Mishnà prendono una misura per la quale c'è ricompensa; ma non c'è misura maggiore per coloro che studiano il Talmud. Correte sempre alla Mishnà più che al Talmud. Chiede la Ghemarà: non è questa una contraddizione? Se è detto che non c'è misura maggiore per il Talmud, perché uno dovrebbe correre più alla Mishnà che non al Talmud? Rispose R. Yohanan: Ai miei tempi, quando Rav insegnava questo passo tutti usavano abbandonare la Mishnà per studiare solo il Talmud. Perciò insegnò che uno deve correre maggiormente alla Mishnà".

Lo Yerushalmì riporta l'insegnamento di R. Shimon b. Yohai (7): L'affermazione secondo la quale la Mishnà ha la precedenza (dello studio) sulla Torà scritta è confortata da R. Shimon b. Yohai, che insegnò: Colui che studia la Mikrà prende una misura incompleta; colui che studia la Mishnà prende una misura per la quale c'è ricompensa; non c'è misura maggiore per chi studia il Talmud. Correte sempre alla Mishnà più che al Talmud. R. Yossi figlio di R. Bun disse: Le tue parole vanno riferite al periodo che precede il termine in cui Rabbi fissò la maggior parte delle mishnaiot, dopo di esso, si corre al Talmud più che alla Mishnà. In Shabbat è scritto:(8) La lettura dello Shemà nel suo momento giusto è come lo studio della Mishnà; se la lettura dello Shemà non è nel suo momento giusto è come uno che legge la Torà e il cui merito è minore, per non aver studiato anche la Mishnà. Questo è in accordo con quanto insegnò R. Shimon b. Yohai per cui <165> chi studia la Mikrà prende una misura incompleta; i Saggi stabilirono però che la Mikrà è simile alla Mishnà. In Yalkut è scritto:(9) R. Haninà disse: Gli Ebrei della Diaspora si riuniscono insieme solo per merito della Mishnà, come è scritto "Anche quando sono dispersi tra le nazioni, di là li radunerò insieme".

Queste sono soltanto alcune affermazioni dei Saggi che dimostrano la grande considerazione per la Mishnà, l'essenza della Torà orale che Mosè ricevette sul Sinai. Considera con attenzione le parole del Tanai R. Shimon B. Yohai, in entrambi i Talmud. Egli concesse maggiore importanza alla Mishnà che alla Mikrà, mentre il Talmud che spiega i motivi delle leggi mishnaiche è superiore ad entrambi. Lo Yerushalmì, però, stabilisce che la frase "corri sempre alla Mishnà più che al Talmud" sia da riferirsi al periodo precedente la fissazione della Mishnà da parte di Rabbi. In quel periodo c'erano molte mishnaiot e beraitot, note oralmente ai talmidim, ciascuna nel nome di chi le aveva pronunciate. Rabbi, nel codificare la Mishnà, escluse molte mishnaiot e beraitot. Egli ne incluse altre senza citare però i nomi dell'autore, perché era d'accordo con l'opinione contenutavi, che stabilì poi come "halachà". Così fu rovesciato il senso della precedente citazione e si stabilì "corri sempre al Talmud più che alla Mishnà". Da ciò si può ben capire in quale grande considerazione fossero tenuti Talmud e Mishnà e, in particolare, nell'insegnamento di R. Shimon b. Yohai. Questa è un'ulteriore prova che lo Zohar non fu un parto di questo esimio Tanai. Fu scritto invece da un filosofo impostore che aveva studiato la saggezza di Israele nei due Talmud e nei Midrashim, ma che era attratto dalle dottrine degli antichi caldei, in antitesi con la Fede del nostro patriarca Abramo. Costoro sostenevano, infatti, che esistevano due cause originarie, ciascuna operante in modo opposto all'altra. Tale idea venne ripresa da Moshe de Leon che chiamò la Causa che opera il bene "sitra d'kedusha" (adam kadmon, keter elion, ed il resto dei partzufim e degli elementi derivanti) e la Causa che opera il male "sitra d'kilipà" (adam belial, keter elion d'kelipà, con il resto dei partzufim e degli elementi delle dieci sefirot d'kelipà derivanti), chiamata anche con il nome di "el aher" (altro dio). Egli credeva nella reale esistenza di altri dèi, esattamente come i Caldei e gli antichi Egizi. Con il suo subdolo linguaggio e i suoi artifici letterali è riuscito a carpire la mente e il cuore di molti cosiddetti saggi, li ha condotti ad adottare una credenza idolatra e ha fatto sì che essi sottovalutassero la Mishnà e il Talmud. Tale, infatti, era la sua intenzione, cioè mettere nel dimenticatoio le leggi della <166> Tradizione Orale. E questo è ben riassunto nella frase esplicita dello Zohar "Alla fine dell'esilio tutti saranno sostenuti da questa composizione".

 

1. pag.13.

2. Parashà va-yerà.

3. I nostri antenati R. Hitar e R. Zacharia ha-Rofè nel loro commento ai Tredici Principi (Principio otto) spiegano che Ha-Shem disse a Moshè che le altre nazioni avrebbero eventualmente preso la Torà scritta da Israele ma non quella orale che non dipende dai testi ma dagli insegnanti. Poiché se essi avessero potuto prendere anche la Torà orale avrebbero potuto portare la prova che sono loro il vero Israele.

4. Vedi Ma-ahary di Dobna nel suo importante libro "Ohel Ya'akov" fine Bamidbar.

5. Vedi anche Hemot Rabbà, parashà 46, ghittin, cap. ha-berakim, Rambam, introduzione "Yad hazakà", meghilà 22, dove la halachà viene nominata la "Corona della Torà" e Midrash Rabbà, parashat Korah.

6. Cap. mezià.

7. Cap. Col kitvè.

8. Cap. 1.

9. Inizio parashat "Tzav".

 

57

 

Riporterò ora alcune citazioni dello Zohar, che dimostrano come esso disprezzi la Mishnà e il Talmud e le dispute (shakla ve-taria) dei Saggi. Tali dispute, a detta dello Zohar, provengono dalla "sitrà ahrà", nominata anche "Mitzraim" (cioè l'attivatore del male), che asservì i Saggi e li oberò con molte domande e contraddizioni. Ciò considerando, il lettore intelligente comprenderà l'intenzione dello Zohar allorquando racconta (1) , nel nome di Saba d'Sabin (atik), che si rivelò a R. Eliezer e ai suoi colleghi come lo stesso R. Eliezer riferì a suo padre che Saba d'Sabin avesse loro spiegato in che modo i quattro che erano entrati nel "Pardes" (2) dovevano studiare "i segreti delle pietre di marmo bianco puro", che derivano da aba e da barta (figlia) e rappresentano il livello delle prime Tavole (luhot). Essi avevano studiato soltanto la Mishnà e il Talmud, che derivano dalle seconde Tavole e come tali contengono sia il bene che il male, cioè ciò <167> che è permesso e ciò che è proibito. Perciò erano in pericolo di vita. Akiba ben Yosef, il quarto, aveva però studiato i segreti incorrotti, purificati da tutto il male e per questo fu in grado di entrare e di uscire incolume dal Pardes. E oltre a ciò li relega nella categoria dell'Albero della Sapienza del Bene e del Male. Ciò contrasta con quanto è scritto nei Sacri Testi "Poiché vi ho dato una buona porzione, non abbandonate la Mia Legge" e anche "l'Albero della Vita è per coloro che lo afferrano". Non "l'albero della sapienza del bene e del male"!

I "segreti" escogitati e rivelati nello Zohar provengono dall'Albero della Vita, cioè zeir anpin di atzilut e qui le "kelipot" (3) non hanno tenuta. Qui non esiste né disputa, né difficoltà da risolvere, come è il caso della Halahà (Mishnà e Talmud), che deriva da "Matatron" del mondo di Yetzirà. Questo è zeir anpin di Yetzirà e fu in questo luogo che entrarono in tre, Ben Azai, Ben Zomà ed Elisha b. Abuya. Qui, però, c'è posto per la tenuta delle "kelipot", perché questo è l'Albero della Sapienza del Bene e del Male. Il bene consiste in ciò che è lecito, usufruibile e puro. Il male in ciò che è proibito, non usufruibile e impuro (4). Lo Zohar, nel nome di Marei Matnitim (Maestri della Mishnà) continua poi a dimostrare il basso livello della Tradizione orale contenuta nella Mishnà e nel Talmud. "E amareggiarono la loro vita" (gli Egizi, cioè le kelipot) "con lavoro duro" (be-avodà kashà) questa è l'obiezione (kushià) (5); "con la calce" (be-homer), questa è la deduzione da minore a maggiore (kàl va-homer); "con mattoni" (balevenim), questo è il chiarimento della legge (libbun hilhità); "con ogni lavoro di campo" questa è la beraità (6); "tutto il lavoro che furono costretti a compiere con immenso travaglio", questa è la Mishnà. Se essi si pentono di ciò, sta scritto al riguardo "E se Dio mostrò loro un albero; questo è l'Albero della Vita, con il quale le acque si addolcirono (7), costui e Mosè, su cui è scritto "e la verga (mattè) del Signore era nella Sua mano""; la verga è "Matatron", che ha da un lato la "Vita" e dall'altro lato la "Morte". Quando egli diventa "verga" egli è dal lato del bene e diventa "ezer" (aiuto). Se invece diventa "serpente" egli va contro, per cui è scritto "e Mosè fuggì da ciò": Ha-Kadosh Baruch-Hu lo mise nella mano di Mosè e questa è la Torà orale, che contiene proibizioni e permessi (8). —

Ecco chiarito, prezioso lettore, il modo con il quale l'autore dello Zohar attribuisce la Mishnà e il Talmud a Matatron e non già ad Ha-Shem. Chi si è inoltrato nello studio della Mishnà e dal Talmud ha commesso un grave peccato e, a loro dire, deve pentirsene e purificarsi studiando i segreti dello Zohar, che sono dalla parte del bene. In tal modo, le acque "maledette" e "amare" della Mishnà verranno addolcite poiché non potranno più distinguere tra ciò che è <168> puro e ciò che è impuro, sacro e profano.

D'altronde, noi abbiamo esperimentato proprio il contrario. Coloro che occupano tutto il loro giorno nello studio di questi "segreti" e non dedicano più tempo e interesse al Talmud e ai Poskim finiscono con l'essere incapaci di distinguere tra puro e impuro, kasher e taref, permesso e proibito (9) e, nello loro ignoranza, cadono in molte trappole. Le loro menti si sono abbeverate ad una fonte falsa di parole pietose (hassidut), come, ad esempio, servire i partzufim ed innalzare le sefirot. Farneticano sui "cervelli di grandezza" e sui "cervelli di piccolezza", sull'unirsi in matrimonio tra partzufim, sulle gocce che fuoriescono dai partzufim maschili per penetrare nei grembi delle loro consorti e concubine! Per cui è logico che non ci sia più posto, nelle loro menti insane, per le "piccole" questioni, riportate nella Mishnà e nel Talmud, su ciò che è permesso e su ciò che è proibito, in accordo con i comandamenti della Torà.

 

1. Zohar Bereshit, Pag. 26-27.

2. Il "giardino mistico": viene anche interpretato come un acrostico delle 4 parole peshat- remez - drush - sod, che corrispondono ai quattro livelli di interpretazione e cioè il significato semplice, quello allusivo, quello ermeneutico e quello occulto.

3. Letteralmente: involucro, buccia.

4. Questa è la maschera dietro la quale si nasconde l'odio dell'autore dello Zohar per la Halachà.

5. Una difficoltà o contraddizione a ciò che è stato precedentemente riportato nella Ghemarà.

6. La Mishnà è esterna come il campo è esterno rispetto alla casa o alla città.

7. Mikdash Melech spiega: prima usavano studiare il significato semplice della Torà, cioè la Mishnà, la Ghemarà e le Beraitot. "Amareggiarono la loro vita" perché non ricevettero l'influsso di zeir anpin di atzilut. In seguito però, si pentirono e tornarono a studiare i segreti della Torà e ricevettero l'influsso dal nome "Ma", il "tronco dell'albero", l'aspetto interiore di zeir anpin.

8. Mikdash Melech spiega: siccome la legge orale deriva da Matatron nel quale convivono

bene e male, che sono issur (proibizione) ed "hetèr" (permesso).

9. Come alcune sette di fanatici, che proibiscono quasi tutto perché non sono più in grado di distinguere. Ciò è contro la Torà perché è scritto "non aggiungerai né toglierai da essa".

 

 

58

 

L'autore dello Zohar, dopo aver gettato discredito sulla Mishnà e sul <169> Talmud, attizza il fuoco del suo livore contro coloro che si sforzano nello studio della Mishnà, da noi considerata "l'albero della vita per coloro che la afferrano". A detta di Vital, la nuova kabalà è la "Matrona" (Malchut) e coloro che se ne occupano e la studiano sono figli di re, mentre la legge orale che Mosè ricevette da Matatron e insegnò ad Aharon, ai suoi figli, agli Anziani e a tutto Israele (1) è la "serva" (shifhà). A suo dire, se solo Israele l'avesse meritato, avrebbe ricevuto da Mosè una mishnà che non contiene proibizioni, né leggi d'impurità e di castigo. Tutto sarebbe stato permesso, puro e usufruibile. Per l'aver dato ai figli d'Israele tale Mishnà, Mosè fu punito con la morte e con la sepoltura fuori della Terra Santa. "E nessuno conobbe il luogo della sua sepoltura", significa che nessuno conobbe il motivo della punizione per la quale fu così sepolto. Vital è così "gentile" da svelarci che il motivo della punizione fu l'aver dato ad Israele la Mishnà! Egli arriva all'assurdità di dire che coloro che studiano la Mishnà e i Maestri che la insegnano al popolo fanno parte dell'"erev rav"(2); la Mishnà è la serva stessa che ha osato governare sulla "Matrona" (malchut), causandone così la separazione dal suo Re. Scrive infatti: "Il Re e sua moglie (Matronìta) sono separati a causa di tre motivi, per i quali "la terra riceve su di sé la collera"; "per la serva che regna" — ciò è riferito alla serva nota (matronita) che diede questa mishnà a Mosè; "per la serva che eredita la sua signoria" — questa è la Mishnà; "per una persona insensata che si sazia col pane" (il pane della Mishnà) — questo è l'erev rav (il grande miscuglio) che studia la Mishnà; "una nazione insensata e non saggia" (3). Fino a quando l'erev rav non sarà distrutto non ci sarà l'unificazione dei partzufim e coloro che la studiano provocando la separazione tra il Re e le sue concubine".

In parashat "Ki-Tetzè" Vital loda la sua nuova dottrina chiamandola Kabalà e coloro che la studiano sono chiamati "uomini". Chi invece studia la Mishnà riceve l'appellativo di "pesce" o "volatile"; è ai primi che va riferito il verso "e governeranno sopra i pesci del mare e i volatili del cielo" (4). In altre parole, coloro che studiano la nuova kabalà sono superiori ai Tanaim, agli Amoraim, sui quali la Sacra Torà si espresse: "E governeranno sopra i pesci del mare" ecc. Tale è la lode e l'onore che tributano a se stessi i seguaci di questa nuova dottrina, che sprofondano nell'adulazione, che scende fino alle viscere intestinali. Come disse Salomone "Le parole dell'oppositore scendono nelle viscere intestinali" (5). Con ancor maggiore impudenza si esprime nel nome del Pastore Fedele (6): "C'è rocca e rocca; c'è pietra e pietra, c'è una pietra nel nome di quattro <170> lettere (si riferisce alla sua Torà, ricolma di partzufim e forme che alludono a questo nome), sulla quale è detto che ha distrutto l'immagine ed è diventata una grande montagna; e c'è una pietra con figura scolpita (even maschit) che non ha sorgente di saggezza, né di parola, poiché essa è una pietra chiamata ... (il testo dello Zohar è stato qui censurato, ma l'intenzione ovvia dell'autore era quella di calunniare ulteriormente la Mishnà, nominandola anche "even neghef" ed "even michshol" cioè pietra di inciampo)".

Ti è dunque facile capire, prezioso lettore, fino a che punto egli tiene in considerazione la sua nuova Torà chiamandola "la pietra che distrugge l'immagine". La parola "immagine" (tzalmà) va riferita alla Mishnà e al Talmud che egli, subdolamente, annovera con l'immagine degli idolatri (tzalmè ha-elilim). Egli schernisce i nostri testi di studio, chiamandoli "pietra con figura scolpita che non ha sorgente di saggezza". Da ciò si intuisce come egli voglia allontanare il lettore dalla Mishnà, perché è infatti scritto "Non erigerai una pietra di figura scolpita nella tua terra, sì da inchinarti ad essa". In seguito, riprende il suo infame discorso appellando la sua Torà "la Rocca" (sela), dalla quale sgorga tutta la saggezza. Paragonò la Mishnà al duro guscio della noce, dal quale i Saggi di ogni generazione cercano di estrarne acqua, riuscendo a stento a farne uscire qualche goccia. Non ancora soddisfatto da queste facilonerie, continua a deridere la Mishnà, nominandola "serva" e "l'altra pietra" (sela ahra - kelipà). Essa è la moglie di un giovane schiavo su cui è detto "Lo schiavo non verrà istruito". Da lei uscirono e poi vennero abolite molte leggi, perché non sgorgano dalla sorgente della Saggezza. Invece la nuova kabalà è "la figlia del Re" (barta d'malka) di cui fu detto "E parlerai alla roccia" con parole dolci e tranquillizzanti, come s'addice ad una principessa. Racconta poi che Moshè confessò il suo peccato (l'aver dato la Mishnà). Fu a cagione di questo trascorso che si decretò la morte al Sommo Profeta, poiché, spiega lo Zohar, chi rifiuta la Matrona deve morire. A maggior ragione se ha offeso la figlia del Re! Così si decretò che non entrasse nella Terra Promessa e fosse sepolto in terra straniera!

 

1. Vedi Erubin, cap. Cheizad me'abrin

2. Sono gli Egizi convertiti da Moshè che si unirono al popolo d'Israele.

3. Proverbi.

4. Genesi 1:26.

5. Proverbi.

6. Nel nome di Ra'aya Ne'emna (pastore fedele).    <171>

 

 

59

 

Rifletti, prezioso lettore, sulle loro parole e considera come esse offendono la Sacra Torà nella sua totalità e profanino ciò che l'intera nazione ha ricevuto e accettato come santificato. La sua perfida intenzione fu quella di allontanare i figli d'Israele dalla Mishnà e dal Talmud, affinché la sorgente del "pozzo delle acque viventi", dal quale sgorgano le leggi della Tradizione orale, venisse a seccarsi per sempre (1). Egli voleva introdurre la credenza in molte divinità maschili e femminili e sostituire lo studio della Mishnà e del Talmud con quello dello Zohar e dei Tikkunim. Persino quando un ebreo studia la Torà, per imparare a distinguere fra puro e impuro, come sta scritto "per distinguere l'animale commestibile da quello proibito", non viene da loro considerato "per l'amore di servire Ha-Shem". Il loro "amore proprio", infatti, sa già quali sono i sacrifici da presentare. Per i nuovi kabalisti, l'unica categoria considerata "per l'amore di Ha-Shem" è quella di congiungere gli dèi maschili con le dee femminili (aba con ema, zeir con nukve), in modo che diventino "una carne" (tale è la loro intenzione per i precetti come la lettura dello Shemà, i tefillin, gli tzitziot e altri). A questo riguardo i kabalisti stabilirono che, prima di ogni mitzvà, bisogna pronunciare "Le-shem ihud kudshe brichu u-shechinte" (per l'amore di unire kudshe brich hu con shechinte). Le parole di questo filosofo scorrono come miele e ricamano una nuova dottrina, completamente estranea alla Santa Torà. In questo modo, usando una menzogna storica, hanno attratto i cuori di molti fedeli e li hanno fatti peccare con la fede nei partzufim, considerati come entità divine separate, le cui "anime" sono "scolpite" dal Dio Superiore, che concede loro una "porzione" del suo "essere". I loro corpi, le loro anime, i loro indumenti, originano da una sorgente (l'Ein Sof), che non possiede nome, né punto di riferimento e poiché non può essere compresa da pensiero alcuno, non può anche essere servita e invocata durante la preghiera. L'Ein Sof non potrà rispondere, perché ha già delegato i partzufim a fare tutto il lavoro della creazione. Egli ha creato aba affinché fosse il creatore e ordinasse ad ema "sia così' e "così fu". Ema, a sua volta, ha eseguito gli ordini, come l'artigiano, che attua con fedeltà la richiesta del suo padrone; inoltre aba ed ema comandarono a zeir anpin e a nukve di usare "provvidenza" sopra tutte le creazioni inferiori, per cui "man d'zaché l'dinà, l'dina" (chi merita la punizione, la riceve) e "man d'zaché l'rahamei, l'rahamé" (chi merita la misericordia, la riceve). Tutto avviene secondo la volontà di zeir anpin. Le concezioni di questo autore si basano su una filosofia molto antica, il <172> cui aroma e la cui fragranza si erano già dispersi al tempo della Rivelazione di Ha-Shem Baruch-Hu sul Monte Sinai, quando Egli proclamò "Io sono il Signore vostro Dio" e "non avrai altri dèi". Fu dopo Giosuè e gli Anziani che tornarono in voga tali vane speculazioni e si riprese il culto idolatra dei Bealim e delle Ashtarot, che si credeva attirassero sui fedeli gli influssi astrali benefici.

 

1. Chiaramente espresso da Yitzhak Daltash, stampato all'inizio dello Zohar e anche in Zohar Hadash; le parole che cominciano con ve-ha-maskilim, dove è scritto che kudshe brich hu e shechinté concordavano su questa composizione, ecc.; vedi introduzione a Tikkunè Zohar, 3b — "Molta gente verrà sostenuta dalla vostra composizione alla fine dei giorni"; vedi anche Tikkunè Zohar Hadash, pp. 6, 7, 10 "che lo studio della Mishnà e del Talmud non è tale per servire Ha-Shem. Coloro che Io studiano sono come cani che latrano e perciò erediteranno il Ghe'enam".

 

 

60

 

L'autore dello Zohar raccolse queste nuove credenze e le mescolò con quelle della Sacra Torà, manipolando il significato e lo stile del linguaggio biblico e delle parole dei Saggi, uscendo dai metodi di esegesi tradizionali trasmessi dai nostri Hachamim. Volle infatti comprovare l'esistenza di altri dèi, in contrasto alla testimonianza della Sacra Torà, che si esprime chiaramente "Non c'è Rocca (Tzur) all'infuori del nostro Dio". Le parole che Moshe de Leon attribuì a Moshè Rabbenu, la pace sia su Lui, per cui fu punito perché consegnò questa Mishnà ad Israele ed egli stesso ammise il suo peccato, Dio ci scampi, sono una volgare menzogna. Sono in flagrante contrasto con le parole dei Saggi della Ghemarà e con il Midrash Rabbà in molti punti: (1) R. Yehuda portò questo esempio: è come un re che decretò che chiunque raccogliesse e mangiasse i frutti del settimo anno venisse punito con l'essere condotto ed esposto nella piazza reale. Avvenne che una donna di onesta famiglia raccolse e mangiò i fichi del settimo anno. Saputa la cosa, le guardie del re la arrestarono e la condussero in piazza; la donna implorò il re e disse: "Mio signore, appendi questi fichi intorno al mio collo, affinché nessuno pensi che abbia commesso un peccato di adulterio o di stregoneria. Infatti, chi vedrà i fichi appesi al mio collo, capirà il motivo della punizione". Allo stesso modo, Mosè implorò l'Altissimo: "Signore del mondo, deh, scrivi nella Tua Torà il <173> perché non posso entrare nella Terra Promessa affinché non ci sia qualcuno che dica che ho falsificato alcunché della Torà Scritta (2) o abbia aggiunto alcunché che non è stato comandato (dalla Torà Orale)". Ha-Kadosh Baruch-Hu rassicurò Moshè: "Sta tranquillo che scriverò nella Torà che fu a motivo delle acque soltanto. Perciò sta scritto "quando Mi disobbediste nel deserto di Tzin". (3) In tal modo viene avvalorato il fatto che la Torà e la Mishnà di Mosè sono vere e furono pronunciate da Dio, non da questo Matatron, che gli tramandò una Mishnà infarcita di bene e di male! Anche la congregazione di Korah che si ribellò e calunniò Mosè e perciò scese viva nella Sheol, ammise il proprio peccato dicendo "Mosè è vero e vera è la sua Torà, mentre siamo noi i falsificatori". È perciò cosa profana per chi ama la Torà di Mosè e crede nella Tradizione dei Saggi, credere nello Zohar e nelle sue fandonie. Moshè de Leon ingannò e fece peccare Israele, pronunciando il falso contro la tradizione orale ricevuta da Moshè Rabbenu, infangandone il nome con la volgare insinuazione che essa mescolata col bene e col male, per cui esorta Israele a pentirsi dell'errore, ad abbandonare la Mishnà e il Talmud per dedicarsi allo studio dello Zohar e dei Tikkunim. Così facendo, la Vera Unità di Dio sarà dimenticata da Israele e al suo posto subentrerà una credenza idolatra in divinità che evolvono e si ramificano tra loro, Dio ci scampi! Così una chiama l'altra e dice "sia così!" e l'altra ne esegue la volontà. A volte, però, la divinità sottostante chiede permesso a quella superiore, che se è contraria, riceve il rimprovero "Cosa ti interessa se egli pecca? È contro di me che pecca, non contro di te"!

Meditate su queste assurdità che fanno sbagliare il popolo d'Israele e lo rimuovono dall'Onnipotente Dio, la Vera Assoluta Causa Prima di tutto ciò che esiste. Vogliono che Israele creda nell'esistenza di molte cause e in particolare serva quel "piccolo nasuto" ed impaziente dio, che loro chiamano zeir anpin, insieme alla sua controparte femminile; Israele dovrebbe rivolgere le preghiere e l'adempimento dei precetti a costoro coi Nomi di Ha-Kadosh Baruch-Hu, come la generazione di Enosh che iniziò a invocare i suoi idoli coi nomi di Ha-shem, fino a che l'Onnipotente non fece traboccare le acque degli Oceani, inondando un terzo del mondo (4).

 

1. Citazione da Midrash Rabbà, va-yikrà, parashà 31; vedi anche Yalkut, va-ethanan.

2. Etz Yosef. <174>

3. Vedi Yoma 86.

4. Spiegato dai Saggi; qui cap. 47.

 

 

61

 

Questo fu il rimprovero che pronunciò Mosè contro Israele quando, ispirato da Dio, profetizzò "Ha abbandonato il Dio che l'ha fatto, ha disprezzato la Rocca della sua salvezza" (1). "Ha abbandonato il Dio che l'ha fatto" va riferito alla Causa Prima. "Ed ha disprezzato (va-yenabel) la Rocca della sua salvezza", dato che lo considerano come una foglia secca (nabel) che non può soccorrere chi lo invoca. Nel Midrash ha-Gadol sul verso "ha abbandonato il Dio che l'ha fatto" è scritto: (2) Questo è, in sostanza, simile al verso "Due mali ha commesso il mio popolo, ha abbandonato Me, Sorgente delle acque viventi e Mi ha lasciato" ecc. Dio disse loro: "Nello stesso modo in cui vi siete comportati con Me, così Mi comporterò con voi", come sta scritto "Ho abbandonato la Mia casa e ho lasciato la Mia porzione" e sta anche scritto: "Egli ha abbandonato il Santuario (mishkan) di Shiloh e ha disprezzato le tende di Giuseppe" e anche "Tu hai abbandonato la Tua nazione, la casa di Giacobbe, ed essi verranno irretiti da divinità straniere" (be-zarim). Ciò viene ad insegnarci che furono irretiti con atti abominevoli (zarut), come sta scritto: "Ed anche Ma'aha, madre del re Assa, rimosse Magbirà, che aveva eretto una figura mostruosa (miflezet) per la Asherà ". Cosa rappresentava questa figura mostruosa? R. Yehudà disse: "Si abbandonavano ad atti immorali". R. Yosef disse: "Eressero per lei la figura del sesso maschile". (3) Analogamente, l'autore dello Zohar ha creato mostruose figure per i suoi bealim e le sue ashtarot; tali, infatti, sono i partzufim, parti fantasiosi della sua immaginazione che, a suo dire, devono essere serviti. Ecco quanto scrive lo Zohar (4): "E Dio fece germogliare" ciò va riferito ad aba ed ema; "ogni albero desiderabile" questo è "tzadik" (yesod (5) di zeir anpin); "buono da mangiare" questo è il pilastro di mezzo, ecc. E così in parashat va-yetzé (6) nomina yesod di malhut e yesod di zeir "la <175> Porta del Cielo":   Ed egli rimase sbigottito ed esclamò: "Quanto è venerabile questo posto!" ciò va riferito a due cose: la prima è il posto di cui abbiamo parlato in precedenza (malchut (7)), la seconda è il Segno del Patto (ot ha-brit, il membro circonciso, lo yesod) che è indelebile. E sebbene siano due aspetti distinti, in realtà sono un'unità. Questa è certamente la "Casa di Dio" che non verrà cancellata e non dovrà trovarsi sola; il suo Patto (yesod) è la Casa di Dio (beit Elohim), che deve essere utilizzata per produrre i suoi frutti e spartire in essa le benedizioni provenienti da tutti gli altri organi del corpo; poiché essa è la "porta" dell'intero corpo, come sta scritto "questa è la porta del Cielo", ossia è la porta dell'intero corpo attraverso la quale le benedizioni scendono verso il basso, come sta scritto: "Questa è certamene la Casa di Dio"; per questo Giacobbe "rimase sbigottito" ed esclamò "come è venerabile questo posto"; e, ciò nonostante, la gente non è cauta nell'onorare questo luogo, poiché in esso viene fatta la pace in alto e in basso ... ecc. (8)

Riconosci, dunque, fino a che grado di sconcezza arrivino questi concetti evanescenti e come vengano evocate mostruose figure, per cui gli organi della copula di questi immaginari partzufim siano nominati la "Casa di Dio" e "la Porta del Cielo"! C'è forse bestemmia maggiore di questa? Nel Yalkut e nel Midrash ha-Gadol, sul verso "ed essi sacrificarono ai demoni (sheddim) e non a Dio" è scritto (9): "Altri servirono il sole, la luna e le stelle, che sono una necessità per il mondo, che da essi ne trae beneficio; pertanto la "gelosia divina" non fu troppo severa con loro; costoro, invece, servirono degli elementi sconosciuti anche alle altre nazioni, nuove immagini di stampo recente; cosicché, quando un individuo di un'altra nazione vide ciò, disse "questa è l'idolatria dell'ebreo". E sul verso "sacrificarono ai demoni" il Ralbag commenta: "non solo adoravano le stelle e i segni dello Zodiaco, ma anche le fantasie della loro immaginazione".

È risaputo che, nel periodo di Enosh, le prime popolazioni caddero nell'errore di venerare le stelle, le costellazioni, la luna, il sole e gli altri eserciti celesti (10). Dopo di loro, sorsero altri popoli che credevano in due entità, una che opera il bene e l'altra che opera il male. Vennero, poi, coloro che credono in una Trinità, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. La dottrina delle dieci sefirot come viene proposta dai nuovi kabalisti è un derivato della dottrina trinitaria. Essi infatti sostengono che i cinque partzufim costituiscono gli elementi di un'entità <176> singola che essi nominano l'Uno. Se, però, nella loro integrità sono "uno", ciò significa anche che ognuno dei cinque partzufim, preso nella sua individuale unità, è una frazione di uno; infatti, se solo i cinque partzufim, uniti insieme, costituiscono l'Unità, parimenti la loro singola entità è solo un quinto del Dio completo. E, dunque, perché mai nelle preghiere si deve tenere in mente solamente uno dei cinque, cioè zeir anpin? Tale infatti è la convinzione della maggior parte dei kabalisti. Uno di essi, però, l'Oz l'Elohim, dissente e sostiene che le nostre preghiere debbano essere rivolte a malka kadisha d'kol kadishin, il Re Santissimo.

Chiunque ha intelletto rimarrà sbalordito. Come è possibile che questi kabalisti, che si rifacevano tutti al loro "testo sacro" dello Zohar, non fossero in grado di trovare un accordo, proprio sulla questione fondamentale di chi bisogna pregare? Infatti uno prega e invoca zeir anpin e le sue concubine, mentre l'altro prega e invoca malka kadisha d'kol kadishin e la sua consorte! Guai a tale ignominia e disonore! Come è scritto "Il bue riconosce il suo padrone e l'asino la stalla del suo padrone, mentre Israele non ha conosciuto il suo Dio". Non ha saputo a quale forma e a quale partzuf, tra quelli proposti dallo Zohar, dovesse pregare! Ha abbandonato il Dio che l'ha creato, la Causa Prima, la Rocca e il Fondamento di tutto. Ha fatto propri nuovi idoli di stampo recente, che neppure le altre nazioni conoscevano!

 

1. Deut. 32,15.

2. Parashà Ha'azinu.

3. Talmud.

4. Bereshit 26.

5. Secondo i kabalisti, va riferito agli organi della copula, maschili e femminili.

6. Zohar 150 b.

7. Commento di Shvilei Noga.

8. Genesi 28,17.

9. Deut. 32,17.

 10. Spiegato nei Midrashim, vedi Rambam inizio Hilchot avodà zarà.

 

 

62

 

Il vero motivo è che il Signore, nostro Dio, ci sta mettendo alla prova, come <177> è scritto "Poiché il Signore, vostro Dio vi sta mettendo alla prova, per sapere se amate il Signore, vostro Dio" (1). Persino ai Profeti non fu lecito cambiare alcunché della Torà (2) e anche se una "bat kol" (voce dall'Alto) scendesse e decretasse "Ascoltate ciò che dice il Profeta", noi non la ascolteremo per deviare dai precetti del nostro Dio o per trascurare i Principi della Torà. A maggior ragione, non ascolteremo questo tentatore, il quale, senza alcun segno o miracolo, si è permesso di estirpare quattro dei Principi fondamentali della Sacra Torà, espressi compitamente dal Rambam, di benedetta memoria.

E tornando alle menzogne dello Zohar, se i partzufim rappresentano un'unità, come fu possibile che "atik" si separò da "arich anpin" e dagli altri partzufim e scese da solo nella casa di studio di R. Shimon b. Yohai, domandandogli: "Shimon, Shimon, chi disse: "ed Elohim disse facciamo un uomo"?". Quale Elohim lo disse (3)? In che modo, quindi, poté separarsi e manifestarsi da solo, se è legato agli altri quattro?.

Per rispondere a ciò, ci avvaliamo delle parole di Abraham ibn Ezra, di benedetta memoria (4): Esiste chi afferma che Dio è trino. In altre parole, Egli è uno ed Egli è tre e non esiste separazione. Chi sostiene ciò, ha, però, dimenticato il verso "E due angeli vennero a Sodoma" (5). La spiegazione di ciò è che esistono alcuni che credono nella Trinità, per cui Dio è tre (Padre, Figlio, Spirito Santo) e tre sono uno. A comprova di tale affermazione riportano il verso "E Dio apparve a lui" ed anche "ecco, tre persone" in cui, secondo le loro esegesi, le "tre persone" sono il Dio menzionato nel verso precedente che "non può venire separato". R. Abraham ibn Ezra spiega, invece, che i tre si separano, poiché è scritto, in seguito, "ed i due angeli vennero a Sodoma".

E così risponderemo anche all'autore dello Zohar che scrive "e tutto è uno e non si separano mai" (ve kula had ve-la mitparshim le-almin). Come ha potuto allora saba d'sabin, che è atik, distaccarsi e recarsi da solo nella casa di studio di R. Shimon? Quando, inoltre, sostengono che fu ema che disse ad aba "facciamo l'uomo" e la sua mano era forte a sufficienza per generarlo, contro il volere di aba e, per tale motivo, venne cacciata dal Gan Eden con Adamo quando peccò, dobbiamo domandare loro perché ema fu separata da aba se, come viene detto, sono inseparabili?

E ipotizziamo pure che saba d'sabin si manifestò a R. Shimon b. Yohai o a <178> suo figlio R. Eliezer, perché allora lo stesso R. Shimon si lamentò dicendo: "alla domestica della casa di mio padre un angelo è apparso per ben tre volte e a me neanche una volta"?

Perché i nostri Saggi non ci hanno rivelato in passato che R. Shimon b. Yohai era maggiore in profezia di tutti gli altri Profeti? Infatti atika kadisha era abituato a manifestarsigli, mentre stava in mezzo agli altri nella sua casa di studio! Perché i Saggi affermarono che Hagai, Zaccaria e Malachia furono gli ultimi Profeti e dopo di essi cessò la profezia in Israele? Osservate bene e meditate. Questi bugiardi hanno l'impudenza di sostenere che R. Shimon b. Yohai profetizzò dopo la distruzione del Tempio e rivelò che il nostro servizio va rivolto al figlio di Dio, zeir anpin. Tutti gli altri Profeti, da Mosè a Malachia, non ne fecero menzione, fino a che ciò fu rivelato nel Medioevo!

 

1. Deut. 32:17.

2. Spiegato nel cap. 41.

3. "man hu hai elohim": Zohar, bereshit 22, e altrove che saba d'sabin usava manifestarsi a R. Eliezer.

4. A proposito della Trinità, vedi suo commentario, inizio parashat va-yerà.

5. Genesi 18:1 e 2.

 

 

 

63

 

Nel Talmud Yerushalmì è riportato (1) : "I miscredenti domandarono a R. Simlai: Quanti dèi crearono il mondo? Rispose: A me lo chiedete? Rivolgetevi ad Adamo, il primo uomo, come sta scritto "Chiedete, dunque, sui primi giorni, allorquando Dio creò Adamo sulla terra" (2) (il verbo barà — creò e al singolare). R. Simlai spiegò: Laddove i miscredenti argomentarono i loro dubbi, la risposta (ai loro dubbi) sta appresso. Gli domandarono ancora: Perché c'è la forma al plurale nel verso "facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza"? Rispose loro: Non è scritto "Ed essi crearono l'uomo a loro immagine" bensì "E Dio creò l'uomo a sua immagine". Incalzarono i suoi discepoli: Costoro (i miscredenti) hai buttato giù come un fuscello, però a noi cosa rispondi? Disse loro: Nel passato Adamo fu creato dalla terra ed Eva fu creata da Adamo; da allora in poi "a nostra immagine e somiglianza" <179> è cioè impossibile per l'uomo (procreare) senza la donna e viceversa ed è impossibile per entrambe senza la Presenza Divina. Chiesero ancora: cosa significa "poiché Egli è il Santo Dio" (Elohim Kedoshim)? Rispose: non sta scritto "loro" bensì "Egli", come anche "Egli è un Dio geloso". Dissero i suoi discepoli "Nostro Maestro, quelli (i miscredenti) hai buttato giù come un fuscello, ma a noi cosa rispondi?" Rispose: Egli è Santo (Kadosh) in tutti i modi di Santità, come sta scritto "Chi è come Te, Glorioso nella Tua Santità". Chiesero ancora: cosa significa il plurale nel verso "Chi è come questa grande nazione il cui Dio le è vicino" (Elohim Kerovim) (3)? Rispose: Non sta scritto "Come ha-Shem, nostro Dio, qualora li invochiamo" bensì "qualora Lo invochiamo". Dissero i discepoli "Maestro, questi hai buttato giù come un fuscello, ma a noi cosa rispondi? Rispose: Egli è vicino in ogni modo di vicinanza; come R. Pinhas disse nel nome di R. Yehudà b. R. Shimon: "L'idolatria sembra essere vicina, ma, in realtà, è lontana". Per quale ragione? "Essi lo (l'idolo) portano sulle loro spalle, lo posano" ecc. alla fine, l'idolatra ha il suo idolo a casa, ne invoca l'aiuto fino alla morte, ma il suo idolo è sordo e non lo può salvare dalle sue disgrazie. Kadosh Baruch-Hu, invece, sembra essere lontano, ma, in verità, niente è più vicino di Lui; come disse R. Levi: Egli è esaltato al di sopra del mondo e, nonostante ciò, una persona, quando entra nel Tempio e si nasconde dietro ad una colonna per pregarLo sussurrando, viene ascoltato da Kadosh Baruch Hu, come sta scritto "Ed ecco, essa parlava dal suo cuore e si muovevano soltanto le labbra" (4) e Dio esaudì la sua preghiera. Parimenti è per la preghiera di ognuno, come sta scritto "La preghiera del povero quando si rivolge a Dio e versa le sue parole" (5) come uno che sussurra nell'orecchio dell'altro e viene ascoltato. C'è dunque cosa più vicina di Dio alle sue creature, come la bocca all'orecchio?

 

1. Cap. Ha-roeh.

2. Deut. 4, 32.

3. Deut 4, 7.

4. Samuele 1, 1:13.

5. Salmi 102.

 

64

 

Ogni persona intelligente, che ama Dio e crede nella Torà scritta e orale, <180> sarà in grado di comprendere fino a che punto gli autori della Mishnà e del Talmud furono scrupolosi nello spiegare i versi che parlano di Ha-Shem al plurale. Non solo (spiegavano) che la risposta ai miscredenti sta appresso al verso, per cui Egli è il vero Uno, ma anche che la forma al plurale viene messa in quanto "Egli nonostante dimori nelle altezze superiori, lontano da tutto, tuttavia, è vicino in ogni modo di vicinanza ed è Santo in ogni modo di santità". L'opinione dello Zohar, invece, considera "facciamo" come due entità distinte, per cui ema disse ad aba "facciamo l'uomo" e quando Adamo peccò, sua "madre" fu cacciata insieme a lui e perciò rimase separata da aba. Dio ci liberi da queste farneticazioni! Ben s'addice lo sdegno del Profeta "Il numero delle vostre città era pari ai vostri dèi, o Israele". Poiché quelli credevano che Dio contenesse molti livelli e possedesse innumerevoli forme, che evolvevano l'una dall'altra, figli, figlie, nipoti, mogli e concubine. Adoravano le "cause" che erano già divenute "dense" e avevano assunto una loro forma. Non prestarono certo attenzione all'insegnamento di R. Yehoshua b. Levi: "Quando Mosè salì in alto, gli Angeli Servitori dissero al Suo cospetto: "Dio dell'Universo, che ci fa qui tra noi un uomo nato da donna?" (fino a quando) Mosè replicò loro (agli Angeli): "Non è forse scritto "Onora tuo padre e tua madre"? Avete forse voi un padre o una madre (da onorare)"? Comprendiamo così da questa domanda "avete forse un padre o una madre"? che Mosè prevalse sugli Angeli con la sua argomentazione. Essi, infatti, sono i servitori che eseguono la volontà di Ha Shem. Non sono nati da umani. A maggior ragione se gli Angeli non hanno genitori è impensabile che Dio, nel Suo Essere, abbia un padre, una madre, un figlio, una figlia! Nelle assurde fantasie dello Zohar c'è invece tutto questo! In Sefer Shevilei Emunà è scritto: (1) "Ho scelto la via della fede e le Tue leggi ho messo davanti a me". (2) I filosofi (hachmei ha-mehkar) hanno spiegato che solo il "Profeta" della generazione, per sua natura, oppure un grande Saggio, che ha acquisito tale grandezza, è in grado di servire in modo reale la Causa di tutte le Cause. Quando, infatti, uno raggiunge questo livello di comprensione ottiene una "buona ricompensa" e lo scopo della creazione viene realizzato in lui, come sta scritto "Colui che viene chiamato nel Mio nome, per onore Mio l'ho creato". In conformità a questo principio, il primo dei Dieci Comandamenti proclama "Io sono il Signore tuo Dio". Ciò significa che devi prima credere nel tuo <181> cuore alla verità della Sua esistenza. Dopo di ciò, potrai accettare su di te il "giogo" del Suo regno (ol malchut); dato che l'accettare questo giogo del Suo essere Re non sarà vero se uno non crede prima nella Sua esistenza. Per questo è scritto "Il Signore Tuo Dio" perché Egli è il Primo. Tutto proviene da Lui ed è in accordo alla Sua onnipotente Volontà. Egli è il nostro Dio e noi siamo obbligati a servirLo. Continua poi (il primo comandamento) "che ti trassi fuori dalla terra d'Egitto", perché il fatto che Egli ci ha tratto fuori evidenzia la Sua esistenza e la Sua volontà, poiché fu per mezzo della Sua conoscenza e della Sua provvidenza che poterono uscire i figli d'Israele. Dimostra anche il "rinnovamento" (hidush) della creazione, perché se il mondo fosse sempre esistito nulla avrebbe potuto cambiarlo dalla sua natura. Inoltre, dimostra la Sua onnipotenza e la Sua unità, come sta scritto "affinché tu possa sapere che non esiste pari a Me su tutta la terra". Questa mitzvà non è stata espressa sotto forma di comandamento, giacché non sarebbe stato giusto comandare qualcosa a uno che non conosce colui che lo sta comandando, di modo che possa credere fermamente nella verità di ciò che segue. Perciò "Io sono il Signore tuo Dio" non viene proclamato come comandamento ma come un'affermazione di fede. Dopo averci resa nota la verità della Sua esistenza e i modi del Suo operato nel mondo, Ha Shem ci comanda che all'infuori di Lui non esiste altra entità degna di essere servita o adorata. Dal momento che tutto ciò che esiste è in grazia della Sua Parola. Cosicché nell'accettare il giogo del Suo regno non è lecito includervi alcuno dei Suoi servi, affinché non si faccia confronto alcuno tra la Sua Gloria (kavod) e quella delle Sue creazioni. Per questo motivo il secondo comandamento proclama la verità della Sua esistenza, perché una credenza che comporta il servizio di un'altra entità all'infuori di Lui, comporta la negazione della Sua esistenza. Cosicché è detto "Non avrai altri dèi al Mio cospetto". Uno, però, non deve credere o immaginare alcuna forma o pensiero, per cui "non avrai altri dèi" ne ammetta l'esistenza. Giacché il termine "elohim" (dèi) va qui riferito al pensiero di coloro che li servono, come nel verso "E gli uomini li inseguirono" ecc. (ma, in verità, inseguirono soltanto i loro pensieri). Il termine "aherim" (altri) significa "poteri" derivati da "altri", cioè poteri che non hanno di per sé valore se non in funzione di ciò che li crea e li governa dal di fuori. E tutto ciò che non possiede alcun potere che esiste in virtù di se stesso, non è degno di essere servito e non è lecito che il suo nome venga usato in giuramento. In verità, il giusto servizio va all'Unico Uno, che "governa" e tiene in esistenza <182> tutte le creazioni nel loro ordine. Nella loro finalità ciascuna di esse si rifà a Dio, Benedetto Egli Sia, che, a sua volta, non è governato o portato in esistenza da alcun'altra entità esistente. Benedetto sia il Suo Nome e lodata la Sua menzione.

 

1. Inizio netiz 1.

2. Salmi 119:30.

 

65

 

La spiegazione per la quale sono chiamati "altri dei" (elohim acherim), in quanto non esistono se non in virtù di altri, deriva da una sorgente degna di fede (1). Nel Midrash Rabbà è scritto: (2) R. Yehuda disse: Gli idolatri stanno sopra ai loro dèi. Il Faraone sognò "ed, ecco, stava sopra al Nilo". Per quel che concerne gl Tzadikim, invece, è Dio che li sovrasta "ed, ecco, Ha-Shem stava sopra di lui" (nitzav alav) — (Commento: "stare sopra" significa qui la Sua Provvidenza (hashgahà) che lo salva da un pericolo o da un’afflizione. R. Yehudà vuole significare che gli idolatri devono "stare sopra" ai loro dei per salvaguardarli. Il Dio dei Giusti, invece, "sta sopra" di loro per custodirli e preservarli).

Nel Yalkut (3) è scritto: Elohim aherim: ci sono forse altri dèi? Al contrario, sta scritto "Ed Egli brucerà i loro idoli nel fuoco, poiché essi non sono dèi". Perché allora è scritto "elohim aherim"?. Perché essi "fanno tardare" (meaherim) l'arrivo del bene nel mondo. Un altro motivo è che "fanno tardare" coloro che li servono, come sta scritto: "ecco, lo chiama e lo invoca, ma egli non gli risponde né lo salva dalla sua afflizione". Un ulteriore motivo è che rendono diversi (aherim) (4) coloro che li servono. R. Yossi dice: Perché sta scritto "elohim aherim"? Ciò è per non permettere alle altre nazioni di affermare che se (i loro dèi) fossero stati chiamati col Suo Nome sarebbe stato necessario servirli. Qui, però, erano chiamati col suo Nome (elohim), pur senza avere sostanza. Quando, infatti, venivano chiamati col Suo Nome? Nel periodo di Enosh, figlio di Shet, come è scritto: "Cominciarono allora a profanare l'invocazione nel nome di Ha-Shem". <183> Allora Ha-Kadosh Baruch-Hu disse: "avete costruito opere nuove e le avete chiamate con il Mio Nome. Anch'Io opererò una cosa nuova e la chiamerò con il Mio Nome". Fu allora che salirono le acque dei mari e inondarono un terzo del mondo. A tal riguardo è scritto "Colui che chiama le acque del mare e le versa sulla faccia della terra, Ha-Shem è il Suo Nome". R. Elazar di Mod'a spiegò: Elohim aherim — perché costruivano ogni giorno nuovi dèi. In che modo? All'inizio, si forgiavano idoli d'oro. Dopodiché lo usava (l'oro) in caso di bisogno. Allora passarono all'argento; ma ne ebbero bisogno anche di quello. Così passarono al bronzo, e poi al ferro, come sta scritto "Nuovi dèi di stampo recente".

Vi sarà chiaro da tutto ciò l'errore dei rabbini della nuova kabalà che credevano veramente nell'esistenza di "elohim aherim", ognuno dei quali associato a dieci sefirot e cinque partzufim di kelipà in contrapposizione alle dieci sefirot e ai cinque partzufim di "kedushà". Così, infatti, interpretano il verso "Uno in contrapposizione all'altro (zé le'umat zé) li creò Dio"; le "camere" (heichalot) di impurità in contrapposizione alle "camere" di purità in ogni partzuf (5). Essi ritengono che così come ha emanato, creato, plasmato e realizzato "elohim kedoshim", così anche ne ha fatti di "elohim aherim". Come nella kedushà ci sono, nella parte destra, adam kadmon, atik e arich, aba ed ema, zeir e nukve, così in antitesi, nella parte sinistra, c'è adam beli'al (uomo malvagio) di sitra ahrà.

Se approfondisci questa concezione, ti renderai conto, prezioso lettore, che l'origine è da ricercare nella dottrina dei dualisti, che credono in due entità, una che opera il bene e una che opera il male. Tale dottrina venne spiegata dai primi commentatori e da essi stessi fermamente rigettata. Soltanto la nuova kabalà l'ha ripresa, e nel tentativo di coprirne la falsità l'ha rivestita con il linguaggio della Sacra Torà. Ma è a noi chiaro che essa è del tutto estranea alla fede dell'Yihud Ha Shem, né può, tantomeno, entrare nella congregazione di Ha-Shem. Non si tratta di kabalà, giacché ammette l'esistenza di un "el aher" che è in contrasto con le parole della Torà: "Poiché Ha-Shem è il Dio nei cieli di sopra e sulla terra di sotto, non vi è altri all'infuori di Lui" o come "Tu solo sei Dio". È soltanto in conformità al pensiero di coloro che li servono che la Torà avvertì "Non ti prostrerai a nessun altro Dio" e "Non avrai altri dèi aI Mio cospetto". La Torà aveva già messo in guardia a tenersi lontano da tali credenze. Non già che Ha-Shem Baruch-Hu abbia creato due distinti tipi di divinità, uno santo e l'altro impuro, Dio ci scampi! Giacché "non c'è alcun Dio all'infuori di Lui". Concludendo, non si trova in tutta la Torà o nelle parole dei Saggi alcunché che sia da riferirsi ad un "el aher", santo o impuro esso sia. Viene menzionato solo <184> il Signore, nostro Dio, Benedetto Egli sia. Tutti gli altri riferimenti vanno ai servi che eseguono la Sua Volontà. La Torà ha menzionato "altri dèi" soltanto in riferimento al pensiero dei pagani, che avevano scelto, come oggetto di culto e di preghiera, una creazione di Dio. E ad essi, considerati dèi o intermediari di dèi (6) che presentavano i loro sacrifici. Alcuni scelsero il sole, altri la luna, altri le stelle, altri le costellazioni, altri ancora il fuoco o l'acqua. Ed è in relazione a loroche l'Eterno ci ammonì e pronunciò "Non avrai altri dèi al Mio cospetto" e non prostrarti ad un altro dio. Fu per questo motivo che R. Sa'adya Gaon nella sua tradizione della Torà in arabo, tradusse "elohim aherim" con il termine "ma'abud ahar" (altri tipi di servizio) e non "elaa ahar" (altri dei).

 

1. Come Midrash Rabbà in molti punti, Yalkut, va-yerà e miketz, Midrash ha Gadol, mikez ecc.

2. Con commento di Yafè Toar ed Etz Yosef.

3. Parashà Yitrò.

4. Con senso dispregiativo.

5. Mishnat Hassidim, Massehet hechalot ha-kelipà e anche Mahberet ha Kodesh, sha'ar Rosh Hodesh, 47 B.

6. Spiegato dal Rambam, cap. 1. Hilchot avodà zarà.

66

 

Lo Shevilei Emunà continua poi a provare che la Sacra Torà fu concessa da Dio, che è Uno e Unico, dissimile da qualsiasi altro uno, e che tutte le altre "unità" non sono il vero Uno. Poiché il vero Uno non è suddiviso in parti, che nella loro congiunzione, si chiamano uno. Lo Zohar e i suoi seguaci, invece, sostengono che tutti i partzufim generali rappresentano un'unità. Si contraddicono, poi, quando affermano che anche l'Ein Sof è un'unità, che, sua volta, si divide (mithalek), si espande (mitpashet) e si riveste (mitlabesh) in tanti partzufim. Sostengono anche che l'Ein Sof nel mondo di berià non è "uno", come lo è nel mondo di atzilut. Essi includono e congiungono con la sua "unità" i cinque partzufim che, a loro dire, sono oggetti di creazione, come viene spiegato nello Zohar ed espresso chiaramente nello Yosher Levav (1) "e servirLo" allude a zeir anpin, sebbene sia una <185> creazione, perché è la sua anima che stai servendo".

Spiega lo Shevilei Emunà: Ha Shem Baruch-Hu è la Causa di tutte le Cause e nulla di ciò che fu emanato o creato Lo precedette. Non c'è inizio al Suo inizio. Non ha corpo, né potere corporeo. Tutti i termini usati in riferimento al Creatore sono "termini prestati", come hanno detto i Saggi "la Torà parlò col linguaggio degli uomini". Affinché l'insensata credulità dell'ignorante non pensi che Dio sia in qualche modo come potrebbe apparire dall'espressione biblica, la Torà ci avvertì a considerare il Creatore privo di forma ed aspetto alcuno, per cui è scritto "Siate estremamente cauti, poiché non vedeste forma alcuna" ecc. Così anche i Profeti ci ammonirono a non immaginarLo o paragonarLo a pensiero alcuno, come sta scritto "A chi potresti paragonare Dio o quale forma Gli potresti attribuire?". (2) Tutto ciò deve essere noto a chiunque abbraccia la nostra fede, affinché sia in grado di distinguere tra il Creatore e tutto il resto, per proclamare la Sua assoluta unità. Infatti, se uno non è in grado di intendere questa distinzione, non potrà proclamare l'Unità del Nome nel senso giusto. Se uno riesce a conoscerla nel modo opportuno si avvicina alla verità del Suo Creatore. La sua anima si avvicina alla comprensione della Sua esistenza e si eleva in proporzione a tale comprensione. Infatti, la sua anima ed il suo intelletto si elevano per mezzo del piacere immenso che deriva da tale comprensione. L'anima, quand'è occupata da tali ragionamenti ne è ulteriormente stimolata, perché anch'essa origina dalla "sorgente" dell'intelletto, sicché essa langue e aspira fortemente a "confrontarsi" (3) con il suo Creatore, per non essere separata da Lui e per essere vincolata a Lui con un legame costante. Ed è a proposito di tale legame che la Torà si espresse: "E sarai strettamente unito a Lui" (u-bò tidbak). Ed è anche scritto: "Iddio è vicino a tutti coloro che Lo chiamano". Siccome il Creatore non è un corpo, nè una forza corporea, è impossibile che Egli sia vicino o lontano dall'anima. Quest'ultima è lontana, a causa della "cortina di separazione" (mehizà ha-mavdelet), cioè l'ignoranza dell'anima (della persona) nella conoscenza della verità. Egli è vicino all'anima tramite quella conoscenza e quella comprensione. Perciò colui che ha un'anima (4) deve ricercare di conoscere il giusto modo per comprendere la verità dell'esistenza del Creatore. Questo è un principio basilare della nostra fede. Per questa ragione la Torà ci ordinò "E riconoscerai questo giorno e lo imprimerai nel tuo cuore che Ha-Shem è il Signore nei cieli di sopra e sulla terra di sotto e non c'è altro" ecc. — <186>

 

1. Parashà nasei, su "e Dio ti fece" cioè atik fece zeir anpin.

2. "Tedamiun" — "immaginare nel pensiero".

3. Tramite le virtù di bontà e di misericordia ecc. — come Egli è misericordioso, così tu devi essere misericordioso, ecc.

4. Colui che si preoccupa del beneficio della sua anima.

 

 

67

 

Dalle citazioni dello Shevilei Emunà si può comprendere il motivo per il quale i nuovi kabalisti caddero in errore. Nel momento in cui credettero vere le parole del falso profeta dello Zohar, non prestarono più attenzione al severo mònito della Torà "siate estremamente cauti poiché non vedeste forma alcuna" e non ascoltarono l'avvertimento del Profeta "a chi Mi potresti paragonare e rendermi simile?". Essi, invece, hanno speculato sui versi che utilizzano un linguaggio enigmatico, figurativo, metaforico, interpretandoli letteralmente. Così espressioni quali "a nostra immagine e somiglianza" ecc. vengono interpretate contrariamente all'esegesi dei Saggi e dei Gaonim. Per questo sono caduti nel gravissimo errore di servire una creazione, cioè zeir anpin o (secondo l'Oz l'Elohim) malka kadisha d'kol kadishin. Hanno poi inventato ogni genere di allusione (remez) e allusione alle allusioni (rimzei remazim), che non hanno alcun riscontro con la realtà, che non corrispondono neppure al numero delle lettere o al loro contrario, o al contrario dei loro contrari o alle parole scritte a piene lettere. Prendi, ad esempio, "ma tizak elai" (perché Mi invochi?), che hanno stravolto per ottenere "ma-azal ha-atik" (l'Emanatore di atik), trovando, in questo modo, un'allusione per cui si deve invocare zeir anpin, mentre include con se il partzuf di atik yomin, per poi unire i cinque partzufilm con atik. Questa farneticazione è riportata nel Kissei Eliahu. Ciò deriva sia dalla scarsa attenzione riservata alle parole dei nostri Saggi, sia dalla stolta credulità, che ha fatto credere loro che lo Zohar sia opera del pio Tanai, R. Shimon b. Yohai. Quando l'incantesimo di Moshè di Leon li ammaliò non si preoccuparono più di verificare l'autenticità dell'autore.

Precedente alla citazione summenzionata, lo Shevilei Emunà aveva spiegato che il Creatore, Benedetto Egli Sia, non può venir descritto con attributi e qualità: ciò significa che Egli non possiede alcuna qualità attribuibile (eichut), <187> dato che è impossibile possedere una qualità se non in virtù di quello che può venir qualificato. Ciò è dovuto al fatto che la "qualità" è "accidentale" (cioè può cambiare o essere cambiata) e ciò che è "accidentale" non può stare insieme con ciò che è "essenziale" (cioè che non cambia mai). Cosicché il Creatore è privo di qualità. Similmente tutto ciò che possiede qualità presenta anche attributi (toarim); Dio, però, non possiede attributo alcuno, ecc. (1) Più avanti, scrive:

"Che non entri nel tuo pensiero che tu possa percepire Dio, cercando di studiare e di indagare la conoscenza della sua Essenza o della Sua Verità essenziale. Questo, infatti, è impossibile. Al contrario, colui che tenta di inoltrarsi in questo studio, oltre ad essere stolto, è anche blasfemo ed oltraggioso. Poiché ogni cosa che è in esistenza non può comprendere ciò. Quanto meno l'uomo che si trova in un corpo materiale. Perciò i Saggi, di benedetta memoria, ci hanno messo in guardia, severamente: "Non indagare su ciò che è troppo elevato".

 

1. Morè Nevuhim, cap. 52 della prima edizione.

 

68

 

I tuoi occhi possono vedere, prezioso lettore, come i nuovi kabalisti, seguendo ciecamente l'ingannatore, sono caduti nell'errore di parlare della Sua Essenza, descrivendola come "una luce risplendente ed abbagliante" (or tzah umetzuhtzah), che subisce diversi cambiamenti. Così descrissero che in principio Egli colmò tutto lo spazio. Poi si contrasse intorno ai lati per far posto alle Sue creazioni, similmente ad una sfera con l'interno vuoto. Quindi lasciò che si sviluppasse una linea diritta, come un tubo stretto, che scendeva piano piano e assumeva via via una forma sferoidale, per formare così le sefirot circondanti. Dallo stesso tubo originarono le sefirot rette nella sembianza di un uomo ben strutturato con 248 arti e 365 arterie e vene. Non era per loro sufficiente aver descritto tale immagine, tale forma strutturata, tale somiglianza (1). Vi aggiunsero anche numerosi partzufim, uno sopra l'altro, disposti gerarchicamente anche nei loro rapporti reciproci. Ognuno <188> di essi era la "causa" del dio sottostante, mentre adam kadmon veniva nominato la causa prima, dal momento che non c'è qualcuno sopra di lui che lo comanda. Fu costui che proclamò "Vedete ora che sono Io, il Signore, e non c'è altro dio con Me". Uno scalino più in basso e troviamo atika kadisha, con annessi il maschio e la femmina nel suo partzuf. Poi, c'è arich anpin, anch'esso col maschio e la femmina, ma disposti diversamente, in quanto possiedono angolazioni davanti e dietro, uno a destra, l'altra a sinistra. Dopo aba ed ema, troviamo zeir e nukve, due partzufim separati, che, a loro volta, vengono suddivisi in dodici partzufim specifici, ciascuno dei quali viene chiamato col nome di Ha-Kadosh Baruch-Hu, con il Tetragramma, e con il nome Adonai.

Questi sono i dodici partzufim: atik e nukve, arich e nukvei, aba ed ema (ila'in), israel saba e tevunà, zeir e nukve, Ya'akob e Lea (2). Ogni partzuf ha una misura e un limite. Uno raggiunge in altezza il petto del partzuf sovrastante; un altro si misura fino all'ombelico e cosi via, con descrizioni pertinenti la funzione e la qualità di un corpo.

Affermando che fu adam kadmon che disse "vedete, ora, che sono Io" ecc. e che non ha superiori che lo comandano, i kabalisti hanno però dimenticato le miriadi di partzufim, presenti nei mondi superiori, ciascuno con il suo mondo di atzilut, berià, yezirà ed assià. Perché mai adam kadmon non deve essere ordinato dall'emanazione superiore alla sua? Perché non hanno dato il potere regnante ad adam kidma'a, che lo sovrasta, oppure all'ein sof che è al di sopra di tutti? Non è forse empio e blasfemo descrivere Dio come una luce? Non è forse "minut" nominare ogni causa con i Nomi di Ha-Kadosh Baruch-Hu?

 

1. Vedi qui cap. 74.

2. Etz Haim, sha'ar ha-tikkun, cap. 1.

 

 

69

 

Non fu loro sufficiente numerare queste divinità nel mondo di atzilut. Le stesse combinazioni numeriche si trovano anche negli altri mondi di emanazione, cioè berià, yezirà e assià. A loro dire, però, l'Ein Sof che si investe in essi non è "uno" con essi, come avviene nel mondo di atzilut.(1) Nonostante ciò, li lodano e li <189> esaltano e li considerano come il loro dio. Così troviamo nel libro di preghiera, Hesed le Avraham, nella spiegazione del "piut" "Ein ke Elohenu" (Non c'è come il nostro Dio): "Non c'è come il nostro Dio (malchut di assyà); non c'è come il nostro Signore (zeir di assyà); non c'è come il nostro Re (ema di assyà); non c'è come il nostro Salvatore (aba di arich di assyà); chi è come il nostro Dio (malchut di yezirà)?; chi è come il nostro Signore (zeir di yezirà)?; chi è come il nostro Re (ema di yezirà)?; chi è come il nostro Salvatore (aba ed arich di yezirà)?; lodiamo il nostro Dio (malchut di berià); lodiamo il nostro Signore (zeir di berià); lodiamo il nostro Re (ema di berià); lodiamo il nostro Salvatore (aba ed arich di berià); Benedetto è il nostro Dio (malchut di atzilut); Benedetto è il nostro Signore (zeir di atzilut); Benedetto è il nostro Re (ema di atzilut); Benedetto è il nostro Salvatore (aba ed arich di atzilut); Tu sei il nostro Dio (la corona di arich); Tu sei il nostro Signore (la testa di atik yomin); Tu sei il nostro Re (adam kadmon); Tu sei il nostro Salvatore (la luce interiore e la luce circondante che si investono in essi)".

Da qui è chiaro che essi ricevono su di loro come Dio, Signore, Re e Salvatore ogni partzuf individuale, anche quelli che si trovano nei mondi di separazione!

Considerato tutto ciò, è davvero curiosa la guerra che state facendo contro di noi, con tanto di insulti e di offese e con il vostro tentativo di soffocare la nostra vita. Noi, infatti, sopportiamo tutta questa violenza soltanto per l'onore del nostro Padre, nostro Re, Unico e Assoluto. E per quale motivo ci schernite in tal modo? Non è forse perché ci siamo dissociati categoricamente dall'accettare la vostra falsa fede? Del resto, voi cadete in contraddizione e nascondete le vostre vere cedenze, affinché non siano a tutti manifeste. Nelle vostre risposte vi sforzate, inutilmente, di occultare le vostre discrepanze. Siete come il ladro, che opera soltanto nel buio della notte per non essere riconosciuto. Così facendo, nascondete la vostra vera natura idolatra. È per fedeltà all'Onnipotente che sentimmo l'obbligo di smascherare le falsità delle vostre affermazioni e delle vostre smentite, come quando scriveste nella vostra risposta "chi ha mai detto che l'Ein Sof è divisibile?" Fu necessario che riportassimo per esteso le citazioni dai libri dei nuovi kabalisti per contrapporle alle parole dei nostri Saggi; in questo modo, abbiamo messo a nudo i vostri errori e i vostri inganni, coi quale cercate di occultare la natura blasfema delle vostre credenze, avvolgendole nel manto della preghiera. Negate ciò che è a tutti chiaro e non perseguite la Verità. Perché non ammettete di aver ricevuto su di voi il servizio dei tanti partzufim emanati? Non è forse per onore e perché <190> desiderate acquistare fama tra le masse ignare e male istruite? Vi piace essere adulati e così convincete gli ignoranti che state combattendo a favore di Dio e della Torà!

R. Y. Albo scrisse nel suo S. ha Ikkarim (2): "L'affermazione della Sacra Torà, per la quale si deve seguire la maggioranza (delle opinioni — ahrè rabim le-hatot) è valida, ma a condizione che la maggioranza sia formata da Hachamim e non da gente non istruita. Poiché le masse e gli individui non istruiti possono venire ingannati a credere ciò che è falso, a tal punto che lo potrebbero anche testimoniare. Cosicché non è giusto portare come prova la conformità d'opinione delle masse, giacché molto spesso concorderanno su ciò che è l'opposto della verità. Nei giorni di Achab e di Menashè, ad esempio, tutti commettevano idolatria, eccezione fatta per i Profeti e i loro allievi. Sarebbe dunque stato giusto considerare peccatori Elia e i cento Profeti, condotti nel nascondiglio di Ovadia, perché erano una minoranza, e considerare meritevoli le masse idolatre? È chiaro che il potere decisionale viene tramandato ai soli Hachamim, poiché la saggezza è un dono di Dio, come sta scritto "poiché Dio dona saggezza e dalla Sua bocca sapienza e comprensione". Cosicché la Torà rimane completa in ogni generazione e non viene a mancare in modo alcuno".

 

1. "lav ihu had be-hon", come in Kissei Eliahu, p. 21 A.

2. Ma'amar 3, cap. 23.

 

 

70

 

Numerose sono le menzioni dei loro dèi nei testi di preghiera, e in numerose "tefilot" e "berachot" viene persino precisato quale partzuf bisogna evocare. Comunque, il grande numero di divinità da pregare non saziò certo il loro appetito idolatra. Esistono infatti moltitudini di emanazioni superiori, che, a causa della loro segretezza, non possono venire evocate nella preghiera. Così adam kadmon e adam kidmà non possono essere oggetti di preghiera e non devono essere assolutamente considerati nelle intenzioni del fedele, in virtù, appunto, della loro segretezza. A maggior ragione ciò vale per le miriadi di partzufim <191> presenti sopra il mondo di atzilut. I kabalisti accennarono ad essi soltanto di sfuggita. Chissà se essi contengono tutti quei partzufim ricordati nei mondi inferiori? Infatti questo "segreto" non ce lo hanno svelato, cosicché siamo all'oscuro della loro natura.

Soltanto il Mikdash Melech osò svelare che "la parte circondante che è vicina a "teharà" (la purità) è nominata adam kidmà stimà (occulta) per distinguerla da adam kadmon: questa parte si trasforma nelle dieci sefirot, una interna all'altra ed in ognuna di esse vengono edificati numerosi mondi" ecc.

Per riassumere, dunque, la disposizione di questo Pantheon, troviamo prima l'ein sof, che circonda tutti i mondi, contenuti, a loro volta, all'interno del suo vuoto (halal). Poi c'è adam kidmà stimà e poi adam kadmon, che pronunciò "vedete, ora, che sono Io, Io sono Dio e non vi è altro dio con Me" per il fatto che non deve sottostare agli ordini di adam kidmà e dell'ein sof. Poi viene atik yomin e subito dopo arich anpin, che, a loro dire, ha creato i cieli e la terra, tramite i poteri di aba e di ema. In seguito aba disse "Sia la luce", "si raccolgano le acque", ecc., mentre ema, l'artigiana, eseguì, la sua volontà, eccezion fatta per il "facciamo l'uomo" ecc. (tale era la convinzione della madre, mentre il padre prevedeva i futuri errori e non era d'accordo, ecc.). Seguono a queste gerarchie zeir anpin con sua moglie. E a lui che tutte le lingue devono rivolgersi in preghiera ed è lei che tutti i cuori devono temere! I nuovi kabalisti hanno spiegato che lo Zohar ed i Tikkunim non hanno argomentato sui partzufim superiori (se non per sfuggevoli accenni) a causa della loro segretezza. Così valga per le preghiere e il servizio nei loro confronti. Solo un partzuf che ha già acquisito densità e può essere percepito può essere evocato e servito! (1)

C'è davvero da rimanere sbalorditi ascoltando simili ragionamenti. Poiché il Signore, nostro Dio, che è la Causa Prima ed è Colui che i nostri antenati e i nostri Padri hanno sempre servito con devozione, è completamente occulto e segreto. Persino gli Angeli e Haiot ha-Kodesh chiedono "Dov'è il luogo della Sua Gloria?". E nonostante ciò, il verso dice "Quale nazione è così grande da avere Dio così vicino, come lo è il Signore nostro Dio, allorquando Lo invochiamo?".

 

1. Spiegato in S. ha Berit e da Vital — vedi qui cap. 41. <192>

 

71

 

Riportiamo ora alcuni dei "tredici Principi" del Rambam nel suo commento alla Mishnà, così come vengono riportati nello Shevilei Emunà: (1)

— Primo Principio (ikkar): Crediamo che il Creatore, Benedetto Egli Sia, esiste di un'Esistenza Assoluta; Egli è la causa dell'esistenza di tutto ciò che esiste; da Lui deriva la conservazione di tale esistenza. Se noi immaginassimo l'assenza della Sua esistenza, l'esistenza di tutto il resto verrebbe annullato e non ci sarebbe creazione alcuna. Se, al contrario, immaginassimo l'assenza di tutto ciò che esiste all'infuori di Lui, la Sua esistenza non ne verrebbe annullata, né tantomeno ne risentirebbe. Dato che il Creatore, Benedetto Egli sia, è "ricco", in quanto non deve dipendere da altro. Tutte le altre esistenze, come le "conoscenze" (2), le sfere celesti (galgalim) e ciò che in esse è racchiuso, necessitano di Lui per la loro esistenza, mentre Egli non necessita di loro. Questo principio si deduce dalle parole "Io sono il Signore, tuo Dio". —

— Secondo Principio: riguarda la Sua Unità. Dobbiamo sapere che la Causa di tutto è Unica. Non si tratta di un'unità generica di specie, come l'umanità, ad es., che comprende molti uomini; né di un'unità specifica di specie, come, ad es. un uomo in particolare che possiede 248 membra; né si tratta di un'unità combinata, che può essere scomposta in molte altre unità; né si tratta di un'unità semplice, che è singola nel numero, ma può contenere un numero infinito di divisioni e suddivisioni. Queste unità vengono nominate singole solo in senso traslato, dal momento che tutte le entità "raccolte insieme" sotto un nome sono simili in un aspetto particolare, ma non sono unità nel vero senso della parola. Il vero Uno, infatti, è il Creatore, Benedetto Egli Sia, al quale non è associata unità alcuna. Questa è la parola di Dio, come sta scritto "Ascolta, Israele, Dio, il nostro Signore, Dio è Uno".

Questa è la vera Kabalà che abbiamo ricevuto da Mosè, nostro Maestro, e da Abramo, nostro Padre, secondo cui l'Unità di Dio è dissimile da qualsiasi altra categoria di uno, è eterna, è e sempre sarà immutabile (3). Non come sostengono i nuovi kabalisti che la Causa Prima è l'ein sof, scomponibile in emanazioni, che subisce una quantità di mutamenti, né tantomeno è una luce infinita dalla quale originò un'immensa sfera che si contrasse (4).

 

1. Cap. Helek.

2. Oppure "intelligenze", cioè gli Angeli che Rambam denominò "le intelligenze separate". <193>

3. Vedi anche Hidushei Gaonim in "Ain Ya'akob", cap. 3, Nedarim, sulla questione della circoncisione e della frase "Uno era Abramo".

4. Confronta qui, cap. 31.

 

72

 

Nel Midrash Rabbà, sul verso "Ascolta, Israele, Dio, il nostro Signore, Dio è Uno" è scritto: "Questo è come sta scritto nel verso (1) "Chi è con me in cielo tranne che Te? Io non voglio altri che Te in terra". Rav disse: Ci sono due cieli ecc. R. Elazar disse: Ci sono sette cieli ecc. e Ha-Kadosh Baruch-Hu li aprì tutti per Israele. Ciò fu per far conoscere a Israele che non esiste altro Dio, all'infuori di Lui. L'Adunanza di Israele proclamò davanti all'Onnipotente: "Chi è con me nei cieli, all'infuori della Tua Gloria. Nello stesso modo che non ho alcuno nei cieli all'infuori di Te, così anche non ho voluto alcun altro nella terra. Perciò ogni giorno entro in sinagoga e testimonio che non c'è nessun altro Dio tranne che Te e proclamo "Ascolta, Israele, Dio, il nostro Signore, Dio è Uno".

In completo contrasto a ciò è l'opinione dei nuovi kabalisti, per la quale quando uno proclama "Ascolta, Israele" ecc. e con ciò accetta su di sé il giogo del cielo, deve congiungere nel suo pensiero e nella sua intenzione aba ed ema, zeir e nukvei (2). Peggio ancora, se uno prega la Causa Prima, la sua preghiera non è tale. Infatti, deve rivolgersi soltanto a zeir anpin, combinato con la sua consorte, mentre nel pensiero deve mettere insieme aba ed ema, arich e atik, affinché la sua preghiera venga esaudita in modo più sollecito (3)!

Tornando al Midrash Rabbà: "Ascolta, Israele" ecc. Dissero i Rabbini: Ha Kadosh Baruch-Hu disse "Di tutto creai una coppia; il cielo e la terra sono una coppia, così anche il sole e la luna, Adamo ed Eva, questo mondo e l'aldilà; ma la Mia Gloria (kavod) è Unica nell'universo", come leggiamo "Ascolta, Israele, Dio, il nostro Signore, Dio è Uno".

 

1. Salmi 73:25.

2. Spiegato nello Zohar, ve-ethanan; confronta qui cap. 35. <194>

3. Confronta qui cap. 23.

 

 

73

 

Chiunque abbia studiato la filosofia dei nuovi kabalisti sa che essi credono nell'esistenza, accanto alle schiere degli dèi puri, di molti dèi impuri. Tali sono gli dèi "cattivi", ognuno con dieci sefirot ed essi operano il male nel mondo. Spesso, però, hanno il sopravvento sulle divinità buone, le dominano e le sottomettono in schiavitù con la forza, come spiega il testo "Mishanat Hassidim" (1): E se Ha-Kadosh Baruch-Hu (arich anpin) non avesse redento i nostri padri (aba ed ema) dalla Terra d'Egitto (adam bli'al), in quanto si era bloccato nella gola di arich anpin, eliminandone l'influsso verso zeir anpin, quest'ultimo sarebbe rimasto in esilio con insopportabile sofferenza, come un feto nel grembo materno.

Ho già citato (2) alcune spiegazioni del Maharshal (3). Ecco la continuazione e la conclusione delle sue parole: "Ho conosciuto molte persone che sono estremamente precise (medakdekim) su questioni insignificanti e prive di valore, che mettono i filatteri del braccio (tefilin shel yad) rimanendo seduti. Questi innovatori di recente stampo si compiacciono di definirsi kabalisti e si occupano di midrashim segreti. Hanno la vista debole e perciò non sostengono la luce dello Zohar (4). Non sanno dove questo testo fu reperito, né da dove proviene, né tantomeno le sue recondite intenzioni. Sanno soltanto che l'autore è R. Shimon b. Yohai. Sappiate bene che tutti i miei Maestri, che avevano studiato e servito grandi Gheonim, non si comportarono mai in tal modo. Tutti seguirono le parole e l'insegnamento del Talmud e dei Poskim".

 Aprite bene i vostri occhi e considerate il fatto che se verità alcuna ci fosse nelle loro (dei kabalisti) affermazioni, non è possibile che non sia stato ricordato da alcun autore o per lo meno menzionato nel Talmud Babilonese o Gerosolimitano, in Sifrà o nei libri di she'elot e pesikta (questioni e decisioni legali). Infatti colui che viene introdotto ai "segreti" nel modo sbagliato arriverà a credere in convinzioni blasfeme. Perciò, prezioso lettore, non camminare lungo le loro vie e non occuparti di cose occulte. Lascia perdere coloro che si vantano delle loro innovazioni, come se conoscessero e <195> capissero veramente i segreti della Torà e le sue intenzioni recondite. Magari conoscessero almeno quelle manifeste! Sia ben chiaro che chiunque apporta tali cambiamenti ha lasciato che le sue mani cadano verso il basso, mentre le nostre mani rimangano in alto.

È bene che il lettore presti particolare attenzione a queste parole del Gaon Maharshal ed alle allusioni qui presenti. Ha detto che la loro vista è debole, per cui non vedono chiaramente. Non sanno dove lo Zohar fu trovato, né da dove fu portato. Non ne conoscono le "intenzioni" e qui Maharshal allude al fatto che il testo ha una sua "propria" intenzione, diversa da quella della Torà (cioè di condurre Israele ad una fede politeista. Dio ci scampi!). Con l'esortazione "aprite bene i vostri occhi" ecc. arriva alla logica considerazione, che "se ci fosse verità nelle loro affermazioni" secondo cui fu opera di R. Shimon b. Yohai, egli stesso Hacham della Mishnà, come mai non se ne fa accenno alcuno nei due Talmud o nel Sifrà? Come mai nessun Hacham del suo tempo sentì mai dalla sua viva voce almeno una parola di tutto ciò che gli viene attribuito nello Zohar e nei Tikkunim? Ciò dimostra che si tratta di una volgare menzogna! Il Maharshal spiega anche che quando uno è ignorante della Sapienza della Torà, tale come viene insegnata nel Talmud e nei Poskim, arriverà a delle credenze blasfeme, cioè idolatre, come sta scritto "Lo stolto crederà in tutto, ma una persona con discernimento indagherà a lungo per la sua comprensione"! Conclude il Maharshal che "Dopo la chiusura del Talmud non si deve rendere la legge più severa, in disaccordo con la Ghemarà" (5).

È a tutti noto, invece, che i seguaci dello Zohar e i nuovi kabalisti hanno apportato un grande numero di nuove proibizioni (issurim) e nuove severità legali (humrot), hanno formulato nuovi riti, in base alla loro credenza in molti partzufim.

Il Maharshal si accorse di questa nuova estraneità di rito, dal momento che i suoi occhi vedevano e le sue palpebre distinguevano; egli comprese che queste nuove idee provenivano da una radice pagana e il motivo con il quale giustificavano questi nuovi fardelli di proibizioni e di severe interdizioni non esisteva nello spirito del Talmud. Siccome, però, i loro contemporanei, quali R. Tam ibn Yihie, R. Yosef Albo, il Maharshal ed altri, temevano di essere molestati e perseguitati da questi zeloti di falsità, come avvenne ad Elia con Jezabel, preferirono attribuire l'errore solo a coloro che studiavano lo Zohar ma li ammonivano a non inoltrarsi in quel terreno infido. Conoscevano, però, l'amara verità e sapevano che tali "humrot" costituivano "minut" e "kifrut". <196>

Meditate bene su quanto scrive un testo kabalista, il Mishnat Hassidim, massechet "leil Pesah" (6): "Quando si dice nell'Aggadà "Sangue, fuoco, nubi di fumo" e quando si pronunciano le dieci piaghe individualmente, bisogna versare il vino dal bicchiere in un recipiente rotto, che rappresenta la "kelipà", nominato "arur" (maledetto). In tal modo il sangue mestruale di malchut cessa il suo flusso, al fine di essere pronta all'accoppiamento e sufficientemente pulita per ricevere il seme; il vino che rimane è un "vino che rende allegri" (yain ha-messameah), è sangue puro che in futuro diventerà grasso (heleb)".

Qualsiasi ebreo con un minimo di saggezza potrà capire da queste aberranti parole che questa è un'offerta sull'altare dell'idolatria. Egli (il kabalista) fa una libagione dal suo bicchiere di vino alla kelipà di nome "arur" per riparare "malchut". Il suo vino, dunque, non va assolutamente bevuto, in accordo con la legge della Torà come spiegato nel Talmud (7).

 

1. Massechet Leil Pesah, cap. 7, mish. 3.

2. Vedi qui cap. 10, 11 (nota).

3. Riportato in Revid ha-Zahav, di Mahari Mizrahi.

4. Gioco di parole, "zohar" significa anche "luce splendente".

5. Vedi qui cap. 11 (nota 1).

6. Cap. 11.

7. Sanhedrin, cap "arba mitot", 60 b.

 

74

 

"I Suoi servi si chiedono tra loro "dov'è il posto della Sua Gloria?" ecc., come spiegato nel Talmud, neppure gli Angeli conoscono il posto della Sua Gloria" (1). È da più di duecento anni che sotto l'influenza dei nuovi kabalisti questo verso (basato sulla versione degli uomini della Grande Assemblea) viene limitato alla sola Kedushà di mussaf-shabbat. Il Mishnat Hassidim (2) ne spiega il motivo: "giacché zeir e nukve non possono elevarsi al di sopra del posto da cui <197> furono emanati, come invece è loro permesso di Sabato, così il verso "i Suoi servi si chiedono tra loro dov'è il posto della Sua Gloria ?" non deve essere recitato (se non di Sabato), poiché i Suoi servi ne conoscono il posto".

Comprendiamo da ciò che i nuovi kabalisti ritengono che l'Onnipotente sia nascosto ed invisibile agli occhi dei Suoi servi, fino al punto che devono chiedere "dov'è il posto della Sua Gloria?" soltanto il Sabato, quando Egli si eleva al di sopra della dimora usuale della Sua Gloria. Infatti, quando i Suoi servi vedono che la Sua dimora usuale è vacante, si rammentano di formulare la domanda. Durante gli altri giorni, però, Egli rimane nella Sua sede, cosicché non hanno bisogno di domandarlo perché sanno dov'è!

Deduciamo da queste farneticazioni, il grave errore che commisero nel Medioevo molti rabbini, che abbandonarono lo studio della Mishnà e del Talmud, per dedicare il loro tempo allo Zohar e alla sua lettura. Lettura senza comprensione, come i pappagalli! Apportarono molte modifiche ai testi di preghiera, crearono nuovi riti, inventarono numerose norme rigorose, mai prima sentite, che, a lungo andare, hanno distrutto l'equilibrio anche degli intelletti migliori.

Non è senza ragione che la Mishnà dichiarò (3): "Se uno dice "Mi rifiuto di fungere da "hazan" (officiante in sinagoga) quando sono vestito con indumenti colorati" non può fungere da hazan anche se indossa indumenti bianchi. Oppure se dice "Mi rifiuto ecc. quando calzo sandali" non può fungere da hazan anche a piedi nudi, ecc". Il Tosafot Yom Tov commenta tale citazione: "Se uno è severo (impone su di sé usanze severe) sulle consuetudini per le quali non vige la severità tra i figli d'Israele, noi sospettiamo che qualche pensiero folle sia entrato in lui e abbia preso a seguire false credenze".

 

1. Come la versione del Rambam — Gli Yemeniti, infatti, dicono "ayei mekom kevodò" nella Kedushà di ogni tefilà.

2. Masechet rosh-hodesh, cap. 3, mish. 9.

3. Cap. Ha-korè 'omed.

 

 

75

 

Il terzo Principio enunciato dallo Shevilei Emunà è quello di negare ogni <198> corporeità in Kadosh Baruch-Hu. "Il Dio Unico non ha né corpo, né potere corporeo. Tutte le percezioni e gli attributi corporei, quali il movimento o la postura eretta, non possono esserGli attribuiti, non nella Sua essenza né tantomeno in senso traslato. Perciò i Saggi presero le distanze dall'attribuirGli qualsiasi nome, che potesse indicare congiunzione o separazione e dissero: "In alto, non esiste né postura, né statura eretta, né separazione, né congiunzione". Il Profeta disse: "A chi Mi potreste paragonare e renderMi simile?". Se Egli avesse un corpo sarebbe in qualche modo simile a tutti gli altri corpi; invece, se troviamo riportato nella Torà qualche attributo descrittivo, di tipo antropomorfico, ciò è una semplice metafora, come dissero i Saggi: "La Torà ha parlato col linguaggio degli uomini". Questo è il terzo principio che viene espresso nella Torà: "poiché non vedeste nessuna immagine (temunà)". Ciò significa che non avete percepito in Lui nessuna immagine, perché Egli non ha corpo, né potere corporeo".

Riportiamo ora la spiegazione di Rambam nelle leggi delle Fondamenta della Torà (1): "Questa esistenza è il Dio del mondo, il Signore di tutta la terra. Egli dirige il globo (galgal) con un potere illimitato, infinito e incessante, ecc. La conoscenza di ciò è un precetto positivo, come sta scritto "Io sono il Signore, tuo Dio". E chiunque pensi che ci sia un altro dio, ha trasgredito ad un precetto negativo, come sta scritto: "Non avrai altri dèi al Mio cospetto" ed è uno che nega il principio più fondamentale (kofer ba-ikar — nega Dio). Poiché è questo il Grande Principio sul quale tutto si fonda. Dio è Uno, non doppio o triplo; il Suo essere Uno è dissimile da qualsiasi altra unità esistente nell'universo; non è come l'uno di specie, che include molte unità, né come un corpo che è suddiviso in molte parti ed estremità. La Sua Unità non ha analogia con le altre unità esistenti. Se esistessero molti dèi, essi avrebbero dei corpi, poiché ogni cosa che è memorabile nella Sua esistenza non può essere distinta da un'altra, se non in virtù di accidenti che occorrono ai corpi. Se dunque il Creatore avesse un corpo, la Sua natura sarebbe finita e limitata, dal momento che non è possibile che esista un corpo che non ha limite; e siccome un corpo ha limite e fine, così la sua forza è limitata e finita. Invece, il nostro Dio, Benedetto il Suo Nome, la cui forza è illimitata e perenne (il galgal infatti gira perennemente), non ha alcun potere corporeo. E siccome Egli non è corpo, tutti gli accidenti e gli attributi corporali, come l'essere divisibile e la separazione, non Gli appartengono. La conoscenza <199> di ciò è un precetto positivo, come sta scritto "Ascolta, Israele, il Signore, nostro Dio, il Signore è Uno". Viene spiegato nella Torà e nei Profeti che Ha Kadosh Baruch-Hu non ha corpo, come sta scritto: "Poiché il Signore vostro Dio è il Dio nei cieli di sopra e sulla terra di sotto". Un corpo, però, non può essere (contemporaneamente) in due posti; è scritto anche: "poiché non vedeste immagine alcuna" e anche "A chi Mi potresti paragonare e renderMi simile?". Se, invece, avesse un corpo Egli sarebbe simile ad altri corpi. Stando così le cose, perché allora la Torà usa espressioni quali "sotto i Suoi piedi" o "scritto con il dito di Dio" o "la mano di Dio" o "gli occhi di Dio" o "le orecchie di Dio" e simili? Queste espressioni vengono impiegate per l'intelletto umano, che riconosce soltanto corpi. La Torà si espresse con un linguaggio umano. Tali frasi sono metaforiche, come ad esempio "ho mostrato la lama della Mia spada". Ha forse Dio una spada o uccide forse con una spada? Si tratta soltanto di un esempio figurato. E tutto, in riferimento a Lui, è un esempio figurato. Un'ulteriore prova la ricaviamo dal Profeta che afferma di aver visto Ha Kadosh Baruch-Hu ammantato in una tunica bianca come neve, mentre un altro (Profeta) Lo vide con un indumento colorato. Moshè stesso Lo vide nel Mar Rosso nelle sembianze di un uomo valoroso che combatte in guerra. Ma Ha Shem non ha né forma, né immagine e questi riferimenti sono tali nella visione profetica. La loro verità, però, non può essere intesa, né percepita, né approfondita dall'intelletto umano. Perciò è scritto: "Se cerchi Dio, Lo troverai? Fino all'estremità di Shaddai Lo reperirai?". E siccome è stato chiarito che Egli non ha corpo e altresì chiaro che nessun attributo corporeo Gli si confà: né congiunzioni, né separazioni, né luogo, né misura, né ascesa, né discesa, né destra, né sinistra, né davanti, né dietro, né postura, né erezione. Né Egli rientra nella categoria di tempo per cui si può dire che abbia un inizio o una fine o un'età. Egli è immutabile, poiché non esiste alcunché che possa causare qualche cambiamento in Lui. Egli non ha né morte, né vita, come la intendiamo noi. Egli non ha intelligenza o sapienza come intendiamo noi. Egli non dorme, né sta sveglio, non tace e non parla come lo intendiamo noi. Dissero infatti i Saggi: In alto non c'è né postura, né statura eretta, né separazione, né congiunzione" (fino a qui la citazione di Maimonide).

R. Sa'adya Gaon scrisse nel suo commento al Sefer Daniel (2): "Il giudizio si tenne e i libri furono aperti": questo è riferito al Giorno del Giudizio e del Ricordo, a quel giorno futuro in cui tutte le azioni degli uomini vivi e morti saranno giudicate. A riguardo del verso precedente "E un vegliardo si sedette", chiunque affermi di aver visto Dio con i propri occhi è un <200> peccatore, perché attribuisce una forma a Dio, il quale è privo di forma, come sta scritto "A chi potresti renderMi simile?"; così anche chiunque affermi di aver visto l'Angelo (ossia Dio nelle sembianze di un angelo) rientra nella categoria dei dualisti e di coloro che dicono "Egli è piccolo" o "Egli è grande", dato che il Giudice dell'universo è solo Dio, come sta scritto "Davanti a Dio, poiché Egli è venuto per giudicare la terra". Né potrà un angelo fungere da Giudice, poiché "migliaia di miriadi Lo servono". Sappiate, dunque, che Daniele vide tutta questa visione in un sogno e non con i propri occhi, da desto. Ed ogni sogno ha la sua interpretazione, giacché è un esempio (mashal). Così anche le visioni dei Profeti che videro "sotto i Suoi piedi un tizzone ardente" o "e nella visione dai suoi fianchi in su, Egli è assiso su di un Trono elevato e sublime", non Lo videro, in verità, poiché al Creatore non appartiene sembianza alcuna. Né Egli apparve sotto le spoglie di un angelo. Bensì nel momento in cui si rivelò mostrò loro distinte visioni. Ed ogni sembianza che vedevano aveva una sua spiegazione, "Un ramo di mandorlo (sheked)" poiché "Io mi affretto (shoked) ad eseguire miriadi di meraviglie ed il numero delle Mie opere è infinito" — Quando Micha, nello spirito della sua visione profetica, vide "tutti gli eserciti del cielo schierati alla Sua destra e alla Sua sinistra" non significa che si debba immaginare una destra o una sinistra in relazione al Creatore, dato che nessuna creazione Gli può stare davanti. Tutte queste espressioni hanno un semplice significato figurativo e metaforico, preso a prestito dal linguaggio umano.

 

1. Cap. 1.

2. Daniele, 7:10.

 

76

 

Il quarto principio è ha-kadmut, il Suo essere Eterno. Si deve credere che Dio è Eterno in un senso assoluto, mentre tutto il resto dell'esistenza non è eterno in confronto a Lui. Le prove di questo principio sono riportate in numerosi testi e il suo riferimento nella Torà lo si trova nell'espressione (1) "Iddio che dall'antico è il tuo rifugio" (me'unà Elohei kedem). Abbiamo già spiegato che i kabalisti si rifiutarono di accettare i primi quattro principi dell'Yigdal Elohim Hai come articoli di fede. Alcuni di essi, <201> però, respinsero tale presa di posizione e spiegarono che il motivo era diverso, in quanto non bisognava applicare Principi (ikarim) alla Torà. In altre parole, ogni mitzvà è un principio a sé stante, cosicché ogni parte della Torà è un principio a sé.

Noi rifiutiamo questo ragionamento stolto, che dimostra come essi non abbiano capito i principi generali. Ciò che hanno affermato è di per se stesso incluso nell'ottavo Principio. In esso, infatti, si esprime chiaramente come l'intera Torà provenga da Dio. Mosè ne fu lo scriba. Ciò che il Signore Benedetto pronunciò fu registrato fedelmente da Moshè Rabbenu. Egli scrisse sulle generazioni precedenti, sugli eventi passati più significativi ed elencò tutte le mitzvot. A tal riguardo Mosè viene nominato "ha-mehokek", colui che registra la legge; pertanto, non c'è differenza tra i versi quali "E i figli di Cam erano Kush e Mitzraim" ecc. oppure "Ed il nome di sua moglie era Mehatbeel figlia di Matrad e Timna ne era concubina" e versi come "Io sono il Signore tuo Dio" oppure "Ascolta, Israele" ecc. — Tutto è "mi-pì Ha-Ghevurà" (per bocca dell'Onnipotente). Tutto è Torat-Ha-Shem perfetta, pura, sacra nella sua verità. Colui che si è reso degno al cospetto del Signore meriterà di comprenderne i concetti più elevati, così come dice il Salmista "Apri i miei occhi e mostrami le meraviglie della Tua Torà". Tutto fu ricevuto da Mosè sul Sinai, come dimostra il verso "Con ciò saprai che Dio mi ha mandato per operare tutte queste azioni, giacché non è da me stesso" ecc.

Da questo arguiamo che la loro asserzione per la quale non bisogna applicare principi alla Torà è falsa, giacché, come detto, è essa stessa inclusa nell'ottavo Principio, che sostiene che tutto ciò che è scritto nella Torà si trova nella categoria della "Legge della Verità concessa da Dio al Suo popolo" per mano del Suo profeta ecc. L'importante è, comunque, il loro rifiuto a pronunciare i primi quattro articoli di fede dell'Yigdal, in accordo con l'opinione di Luria, giacché contraddicono la loro fede in zeir anpin; gli altri principi, invece, sono stati accettati perché si possono riferire a zeir anpin!

Il quinto principio afferma che il nostro Dio, che è Uno ed Unico e precede tutto ciò che esiste, è Colui che deve essere servito e lodato. È a Lui soltanto che si deve levare la voce in preghiera e in lode ed è Lui soltanto che bisogna servire. Tali manifestazioni sono proibite per qualsiasi altra entità in esistenza come gli Angeli, le sfere celesti, i quattro elementi fondamentali o le loro combinazioni. Essi, infatti, sono limitati nella loro essenza, nelle loro azioni, nelle loro <202> funzioni, in proporzione alle limitazioni di quella natura con la quale sono stati creati. Non possiedono perciò un vero "potere regnante" (reshut), né hanno un proprio arbitrio, se non quello di adempiere compiutamente la volontà di Ha Shem. Così anche nessun intermediario deve essere frapposto tra noi e Lui. Tutti i pensieri relativi all'adempimento del loro fine devono essere rivolti a Lui e nessun cuore deve prestare la sua attenzione a qualsiasi altra entità. Essi, invece, hanno abbattuto questo principio fondamentale e hanno preferito rivolgersi a quel dio dal piccolo naso!

 

1. Deuteronomio 33:27.

77

 

Trattiamo ora del nome che i nuovi kabalisti hanno attribuito al loro dio favorito tra quelli presenti nel pantheon zoharistico. L'hanno nominato, infatti (con modo poco appropriato e disdicevole) "piccolo-nasuto" o "viso-stretto", cioè un dio che è di cattivo umore ed è impaziente (1). È a noi noto, invece, che la Sacra Torà e tutti i libri dei Profeti, come pure i Saggi nel Talmud, nei Midrashim e nella liturgia, si siano sempre capacitati di scegliere i sostantivi e gli aggettivi più sublimi e raffinati per descrivere e riportare le lodi di Ha-Shem Baruch-Hu. Rambam scrive nel Morè (2): "Tutto ciò che viene da noi considerato completo può venire attribuito al Nome, per indicare che Egli è completo in ogni modo di completezza e non esiste in Lui mancanza alcuna di quella perfezione. Tutto ciò, del resto, che viene concepito dagli uomini come qualcosa di incompleto o mancante, non può essere attribuito a Dio. A tal riguardo non si possono attribuire a Dio azioni quali il mangiare, il bere, il dormire e simili. Tuttavia, quello che gli uomini considerano perfetto può essere ascritto a Dio, sebbene ciò rappresenti la perfezione solo in relazione al nostro concetto, mentre, rispetto a Dio, tutto ciò che da noi viene valutato come perfetto, è, in verità, un'imperfezione assoluta".

R. Sa'adya Gaon chiarì quale fosse il significato del verso "Ed essi benedicono il nome della Tua Gloria, Esaltato sopra ogni benedizione e lode". Egli spiegò che in relazione a tutto ciò che viene espresso su Lui e ad ogni lode usata <203> per lodarLo, Egli viene esaltato in Alto".

Lo Shevilei Emunà chiarisce: "È per necessità che siamo costretti ad usare termini "materiali" quando ci riferiamo al Creatore, con un linguaggio umano. Questo è per avere un qualche "appiglio" alla comprensione dell'esistenza del Creatore, con un mezzo comune alle menti dei mortali. Siccome non esiste, in nessun idioma, una singola parola che indica la vera esistenza del Creatore è per necessità che esprimiamo tale concetto con più di una parola. La molteplicità di attribuiti, usata in relazione al Creatore del mondo, non deve essere intesa come una descrizione della Sua vera esistenza, mai sia! giacché non esiste mezzo linguistico appropriato per esprimerlo a parole. Così le parole che indicano "azioni" divine sono tali in associazione alle azioni umane. I Saggi, infatti, permisero tale linguaggio, al fine di insegnare la conoscenza e aumentare la comprensione della Sua esistenza, per poterLo servire. E perciò questa categoria di attributi, riferiti a Dio, viene ampiamente utilizzata dalla Torà e dai Profeti. Questi ultimi infatti, allo scopo di attuare un effetto immediato sul popolo, si esprimevano spesso con termini antropomorfici e, in tal modo, le visioni profetiche venivano intese dagli uditori. Se, invece, si fossero espressi con una terminologia "spirituale"(3), non avremmo potuto comprenderne il messaggio e non avremmo potuto così servire Colui del quale non abbiamo conoscenza alcuna".

Tale citazione ci insegna che, in nessun caso, ci si può riferire ad Ha-Shem con un termine indicante incompletezza o imperfezione, come quello stolto appellativo di zeir anpin, che significa, come detto, "piccolo nasuto" oppure "impaziente".

Analizziamo ora gli attributi descrittivi (te'arim) e i termini che il Santo Benedetto Egli sia fece conoscere a Mosè ed al popolo di Israele. Essi sono (4): Ha-Shem (il Nome), El (Dio), Rahum (Misericordioso), Hanun (Pieno di grazia), Erech Apaim (Longanime), Rav Hesed (di grande Benevolenza), Emet (Verità), Notzer Hesed le-elafim (Riversa la Sua bontà su migliaia), Nossè avòn (Perdona il peccato), ve-pesha (e la ribellione), ve-hatta'a (e il trascorso), ve-nakè lo-inakè (che non lascia impunito il reprobo) (5).

Nei Salmi, Davide sentenziò (6): "Fece conoscere le Sue vie a Mosè e le Sue opere ai figli di Israele. Misericordioso e benevolo è Iddio, lento alla collera e di grande benignità". E i Saggi in Sanhedrin: "Quando Mosè salì in alto, vi trovò Ha-Kadosh Baruch-Hu assiso; mentre scriveva "Erech Apaim" (Longanime). Gli chiese "Padrone dell'Universo, è questo riferito ai Giusti (Tzadikim)?". Rispose: "(è <204> riferito) anche ai malvagi (reshaim)". Disse al Suo cospetto: "Che i malfattori siano distrutti". Disse: "adesso vedrai che è necessario". Allorquando Israele peccò, Iddio disse a Moshè "Non mi avevi detto che doveva essere riferito ai soli Tzadikim?". Rispose Moshè "Padrone del mondo, non mi avevi detto che è anche per i malvagii?". Ciò è come sta scritto: "E adesso sia manifesta la grandezza del potere di Dio, in conformità con Ha-Shem Erech Apaim". (7) Similmente tutti i Profeti ascrivono al Signore gli attributi di "Erech Apaim". Il Profeta Nahum (8): "Ha-Shem è lento all'ira è di grande forza" ecc. Il Profeta Giona nella sua preghiera dice: "Tu sei un Dio misericordioso, pietoso, lento all'ira, di grande bontà e cambi i decreti stabiliti"(9). E il Profeta Gioele: (10) "Tornate al Signore vostro Dio, poiché Egli è misericordioso e pietoso, lento all'ira e pieno di bontà". Gli Uomini della Grande Assemblea, nelle preghiere che istituirono, scelsero le parole del Profeta Nehemia: "Tu sei il Dio del perdono, benevolo e misericordioso, lento all'ira — e Tu non ci hai abbandonato. (11) Nell'Ecclesiaste, Salomone sentenziò: "Lo spirito paziente (erech riach) val meglio dello spirito arrogante" (12). Rashi spiega: "erech ruah" è colui che prolunga la sua collera e non è facile all'alterco.

Così nei Proverbi è scritto: (13) "Colui che è impaziente (katzer apaim) compirà azioni dissennate". Rashi spiega: "Katzer apaim" è colui che si affretta a vendicare la sua collera. Il "Kav Nakì" commenta che "Katzer apaim" è l'opposto di "Erech apaim". L'individuo che si affretta a dar sfogo alla sua collera e a vendicarsi compirà tutte le sue azioni in modo stolto e insano. Anche l'autore dello Shevilei Emunà nel lodare la virtù della pazienza scrive "Colui che è paziente è grande nella comprensione, mentre colui che è impaziente cade nella stoltezza". I commentatori spiegano che chi è longanime e trattiene la sua collera è un individuo che si sa dominare ed è perciò grande di comprensione (rav tevunot), mentre chi è irascibile ed impaziente non sa dominarsi e perciò "prende su di sé la stoltezza della terra che lo innalza, la pone sul suo capo e la mostra a tutti coloro che non lo conoscono". E nei Proverbi (14) è scritto: "L'uomo paziente è superiore all'uomo forte e colui che si domina è più valoroso di colui che espugna una città". Spiegano i commentatori: "La persona paziente sa dominare il suo istinto e la sua sete di vendetta; egli è più valoroso dell'uomo forte che si vendica del nemico; infatti colui che domina il suo istinto ha superato il nemico interno, mentre la forza del valoroso è servita solo a superare il nemico esterno". Abbiamo così visto che il termine "katzer apaim" (l'equivalente linguistico di zeir anpin) è un attributo di stoltezza e debolezza morale. Invece R. Behya, <205> R. Y. ha-Levi, Rambam, R. Sa'adya Gaon, R. Y. Albo, e altri convergono tutti sul fatto che nessun attributo descrittivo possa venir ascritto a Dio se non è un termine di lode, che indica la perfezione. Ma Egli non può venir descritto con attributi che indicano incompletezza o imperfezione e quanto di meno con un termine che indica stoltezza, bassezza e volgarità di spirito!

 

1. In aramaico "zeir anpin"; in ebraico "katzer apaim".

2. Prk. 26 della prima edizione.

3. Il senso di "ruhanì" spirituale, non è figurativo bensì metafisico. (Nota del tr.)

4. Esodo 34:6; noti anche come i Tredici Attributi della Misericordia (Shlosh-esré Midot ha-Rahamim)

5. Per non distruggere completamente.

6. 103: vv. 7-8; vedi anche Salmi 86:15 ed anche 145:8.

7. Esodo.

8. Nahum 1:ì.

9. Giona 4:2 non porta il disastro profetizzato se la città fa la giusta penitenza.

10. Gioele 2: 12-13.

11. Nehemia 9:7.

12. Kohelet 7:8.

13. Proverbi.

14. Proverbi 16:32; vedi anche 15:18.

 

78

 

Da tutto ciò comprenderai maggiormente l'abissale errore nel quale sono caduti i nuovi kabalisti. Non solo essi attribuiscono a Dio qualità reali e livelli concatenati, ciascuno col suo tempo e il luogo di potere regnante, gerarchicamente strutturato; non solo attribuiscono il servizio e la preghiera all'ultimo di questi livelli, nominandolo Ha-Kadosh Baruch-Hu e affermando che tale livello è il Signore, nostro Dio e noi siamo il Suo Popolo; ma, invero, essi hanno coniato quel disdicevole appellativo di zeir anpin, termine aramaico che sta per katzer apaim, colui che "è corto di pazienza".

Come hanno descritto il loro dio in modo sconveniente! È come Eliahu ben Brachiel di Boz disse nella sua metafora: "Chi osa dire al re: "tu sei indegno" e indica come malvagi coloro che hanno un animo generoso... che non mostra del favoritismo verso i suoi sudditi superiori...". Ciò significa che il Re dell'Universo non ha parzialità. Così anche R. Abraham Farizol spiega: "Come è possibile attribuire l'ingiustizia al Giusto e Virtuoso Re, il Signore, nostro Dio, che non mostra parzialità verso i "nobili" e gli "ufficiali" superiori, al fine di <206> rendere loro onori speciali e favori nel giudizio, dal momento che al Suo cospetto non c'è differenza di giudizio tra nobile, ricco o povero, poiché tutti quanti sono opera delle Sue mani e sono uguali davanti a Lui?".

Giudica da questo, prezioso lettore, e considera in che modo si sia osato attribuire al Signore, nostro Dio, questo infame attributo di zeir anpin, impaziente. Come abbiamo già detto, gli attributi con i quali si può descrivere il Re dell'Universo devono essere sublimi ed assolutamente puri e non già tali da associare idee di stoltezza e bassa levatura morale!

L'intelligenza limpida arriverà presto alla conclusione che quella dei nuovi kabalisti non è vera Kabalà e che tale dottrina non ha nulla a che spartire con la Mishnà ed il Talmud. Chiunque crede nella Torà di Moshè Rabbenu non può credere in questa profanazione del Nome. I nostri Saggi, che sono ben conosciuti per la loro illuminata saggezza e per la profondità del pensiero, percepirono la verità della pura fede e asserirono categoricamente "chiunque associa il Nome dell'Altissimo con qualsiasi altra entità verrà estirpato dal mondo!".

 

79

 

Né si sono fermati qui. Hanno continuato nella loro profanazione fino al punto di attribuirGli il senso più indegno e più basso dei cinque sensi presenti, cioè quello dell'atto sessuale! E ben nota la spiegazione del Rambam nel Morè Nevuhim (1): "Dei cinque sensi, la vista, l'udito, l'odorato, il gusto e il tatto, soltanto i primi tre sono usati come "terminologia metaforica" riferita al Signore Iddio; è infatti scritto "e Dio sentì" e "Dio vide" e "Dio odorò". Il gusto ed il tatto, invece, non vengono mai usati in riferimento a Dio. Sono, infatti, assenti espressioni quali "Dio gustò" o "Dio toccò". il motivo è stato spiegato in precedenza, in quanto tutto ciò che viene concepito dai mortali come un'imperfezione, non può essere immaginato nel Creatore, Benedetto Egli sia. E, a tal proposito, queste espressioni non furono usate neppure nei libri dei Profeti. Così anche lo Shevilei Emunà scrive: "Questa, infatti, è la via che è stata seguita dai Rabbini della Mishnà e del <207> Talmud, da coloro che hanno codificato le preghiere, dai poeti liturgici (paytanim) quali R. Sa'adya Gaon e Yehuda ha-Levi, i quali, per mezzo dei loro piacevoli versi, risvegliarono l'amore, il timore e la vicinanza per il Signore. Vediamo quanto sono gradevoli i versi di Yehudà ha-Levi (2):

 

Aguzza la tua mente e medita

rifletti tra i tuoi segreti.

Considera, dunque, ciò che sei

e la provenienza del tuo fondamento.

Chi ti fa comprendere,

Chi ti dà la forza di muoverti.

Considera, ora, il potere di Dio

e risveglia il tuo rispetto,

ricercaLo nelle Sue operei,

ma non tendere la tua mano

per indagare sulla fine o sull'inizio

per scrutare ciò che è troppo rimosso o troppo arcano.

 

Se i nuovi kabalisti avessero fatto proprio questo ammonimento dei Saggi non sarebbero caduti nell'inganno dello Zohar. Non avrebbero certo indagato su ciò che è troppo rimosso e troppo arcano e, così facendo, non sarebbero rimasti invischiati nella trappola. Il Rambam, di benedetta memoria, scrive nel Morè: "Questo è particolarmente valido a riguardo dell'atto sessuale, che non deve essere menzionato del tutto ... Conosci già quanto è stato spiegato sul Profeta Elia, che fu chiamato santo (kadosh), appunto perché non pensava a ciò, fino al punto di non avere mai avuto perdite notturne di seme. Conosci anche la severa proibizione che abbiamo a riguardo dell'uso del linguaggio osceno, come viene riferito in Ketubot: "Sta scritto: "Perciò il Signore non gioirà per i Suoi giovani e non avrà misericordia dei Suoi orfani e delle Sue vedove, giacché tutto è falsità e cattiveria ed ogni bocca si esprime con volgarità; nonostante ciò, la Sua collera è trattenuta e la Sua mano è ancora aperta (al pentimento)". R. Hanan b. Aba disse: "Ognuno conosce il motivo per il quale la sposa si marita, ma chiunque usa parole volgari e si esprime con oscenità sappia che, anche se gli sono stati decretati settanta anni di vita buona,essi gli verranno rovesciati in malo modo". E nel capitolo "bamé madlikin" è scritto: "Per il peccato di lussuria molte distruzioni terribili sono decretate ed <208> attuate nel mondo. Per questo muoiono molti giovani di Israele, mentre orfani e vedove piangono senza essere esauditi, come sta scritto: "Perciò il Signore non gioirà per i Suoi giovani" ecc. "Poiché tutto è falsità e cattiveria ed ogni bocca si esprime con oscenità" ecc. "ma la Sua mano è ancora aperta". R. Hanan b. Aba disse nel nome di R. Hisda: "Se uno usa un linguaggio osceno sprofonda nel "ghe'enom", come sta scritto "Un pozzo profondo è la bocca di oscenità e il Signore farà che la maledizione si riversi su costui".

La ragione di tutto ciò consiste nel fatto che il linguaggio è la prerogativa speciale dell'uomo, che l'Onnipotente gli ha fornito per la sua completezza, separandolo in ciò da tutti gli altri animali, così come è scritto "che diede il linguaggio all'uomo". Anche il Profeta sentenziò: "Il Signore Dio mi ha concesso una lingua istruita". Cosicché non è giusto che questa immensa bontà che Ha-Shem ci ha concesso per la nostra perfezione, per lo studio e per l'insegnamento, venga usata per uno scopo indegno, disdicevole e turpe. Altrimenti saremmo simili a quegli stolti delle altre nazioni, che, nelle loro poesie e nelle loro ballate popolari, trattano sempre questi infimi argomenti e in più se ne vantano e si deliziano di tali vergognose oscenità. Ma questa non è l'eredità di Giacobbe, come sta scritto: "Voi sarete per Me un reame di sacerdoti ed una nazione santa". Chiunque usi il suo pensiero o il suo linguaggio, tranne che per motivi di necessità, per trattare l'argomento dell'accoppiamento o, peggio ancora, per creare ballate o poesie oscene, sappia che avrà abusato del meraviglioso dono del Signore, usando termini di assoluta bassezza e avrà così trasgredito al divieto del Signore ed è a lui che va riferito il verso "Argento ed oro concesse loro in abbondanza, ma essi li usarono per costruire il loro ba'al" (fine citazione del Morè Nevuchim (3).

 

1. Cap. 47, prima parte.

2. Fine seliha che comincia "Ha-Shem, shimchà aromimchà".

3. Cap. 8, terza parte.

 

 

80

 

Impariamo da tutto questo che, tranne in caso di necessità, è cosa disdicevole <209> parlare di rapporti intimi. È infatti vergognoso soffermarsi su questo argomento, trattare i tempi e le modalità della copula, sia in relazione a ciò che fanno gli altri, sia in relazione a se stessi. Ogni dettaglio descrittivo dell'atto procreativo è riprovevole. Chi, allora, oserebbe riferirsi al Re dell'Universo in modo così turpe e a descrivere in Lui, Dio ci scampi, l'atto procreativo, la gravidanza e la nascita?! Chi ha osato tanto sarà estirpato da questo mondo e dal mondo futuro, ne avrà mai una parte con il Dio d'Israele! Come hanno osato costoro attribuire a Dio, che noi onoriamo e serviamo, una concubina e Lo hanno rappresentato con delle pudenda, nominando "yesod" (fondamento — la nona sefirà) il fallo maschile e i due testicoli, che fanno germinare il seme, con la cavità anale che espelle l'escremento, che diventa il cibo di el aher (1)?! Come hanno osato arrivare a tali farneticazioni, se non perché privi del timore di Dio?

In tutta la Torà e nelle parole dei Profeti e dei Saggi del Talmud e dei Midrashim, non troviamo mai che l'influenza di Ha-Shem venga riferita in termini di maschile o di femminile o tanto meno come il risultato di un accoppiamento. Troviamo, invece, espressioni quali "dare" (netinà) o "aprire" (petihà); "Che il Signore ti dia"; "Egli ti conceda la forza per diventare forte"; "Che il Signore apra per te il Suo tesoro"; "Egli dà il nutrimento ad ogni essere vivente"; "Apri le tue mani e sazia il desiderio di ogni vivente"; "Tu dai la vita a tutti loro" ecc. Perché dovremmo mai abbandonare le espressioni monde usate dalla Torà per sostituirle con frasi immonde di entità maschili e femminili, che si accoppiano tra loro, in cui il seme fuoriuscito dal maschio entra nell'utero femminile e qui vi si trattiene? Anche questo non fu sufficiente all'autore corruttore dello Zohar. Osò persino denominare le pudenda con termini quali "Casa di Dio" (beit Elohim) e "La porta del cielo" (sha'ar ha-shamaim), il Signore ci scampi e liberi da tale abbominio!

 

1. Zohar, va-yetzè, 150 b; anche be-har 109 e fine idra 296 a.

 

 

81

 

Persino i testi di preghiera sono stati contaminati dalle loro rappresentazioni <210> erotiche:

 

"Ed il suo marito la abbracciò

mentre con il suo fondamento

le provocò godimento,

simile al pestello nel mortaio"

 

(Malachi 1, 6): "Un figlio onora suo padre ed un servo onora il suo padrone. Se Io sono un padre, dov'è l'onore che Mi spetta e se Io sono il Signore dov'è il timore per Me?". Fa dunque onore al padre spiegare come egli abbraccia sua moglie, facendola godere di piacere, mentre la penetra come un pestello nel mortaio? È questo il timore del servo per il suo padrone, che si esprime con descrizioni così oscene e vergognose? Perché mai l'onore che voí mostrate verso aba ed ema, zeir e nukve, che credete essere il Signore, vostro Dio, che si rivelò sul Sinai e diede la Torà, è minore dell'onore che si deve mostrare verso il proprio padre? Come potete dire "Santo, Santo, Santo è il Dio degli Eserciti" e poi delirare con queste immagini oscene? Sappiate bene, indicibili nuovi kabalisti, che la Torà Sacra non ha mai usato il senso del tatto in relazione all'Altissimo, anche nei suoi aspetti più sublimi. Quanto meno in quell'aspetto basso riferito alle pudenda durante l'atto dell'accoppiamento!". È forse in base a tali scurrilità che le nazioni del mondo dovrebbero chiamare Israele "una nazione saggia e intelligente è questo grande popolo?". Sono forse queste le Leggi, sulle quali, re Davide proclamò (Salmi 119, 46): "Parlerò delle Tue leggi davanti ai re e non mi vergognerò?". Al contrario, saremmo ricoperti di onta e coronati di biasimo se dovessimo raccontare tali oscenità ad un musulmano o ad un cristiano!

 

* * *

 

In Shem-ha-Ghedolim di R. Azulai, sotto la voce "Zohar" è scritto: "Ho visto scritto da R. A. Revigo quanto segue: Ho trovato in un vecchio manoscritto dello Zohar, appartenente al mio Maestro, Maharam Zachut, quanto segue: "In verità, il Capo dei kabalisti, Nehunia b. Hakanà scrisse il Sefer ha-Bahir. Dopo di lui R. Shimon b. Yohai compose lo Zohar ed aggiunse ad esso qualche sua altra composizione, come i Tikkunim. Allorquando R. Shimon b. Yohai, R. Eliezer e tutta quella generazione lasciarono questo mondo, la saggezza della kabalà andò perduta; fino a quando Dio fece sì che un re, tra i re dell'oriente, ordinò di scavare in un certo luogo per cercarvi uno scrigno e invece fu trovato uno scrigno contenente il Sefer ha-Zohar. Questo re convocò i Saggi di Edom, ma essi non furono in grado di comprenderlo. Chiamò allora dei Giudei i <211> quali, esaminato il libro, sentenziarono: "Questo libro è opera di un Sapiente, ma, invero, è molto profondo e noi non siamo in grado di capirlo". Disse il re "Non c'è dunque un solo ebreo al mondo che lo possa capire?". Risposero: "Sì, esiste nel paese di Tuletula, nella Spagna". Allora il re spedì il libro con i suoi messi fino a Tuletula e quando i Saggi del posto lo videro gioirono immensamente e inviarono al re innumerevoli doni. Fu da allora che la kabalà si diffuse in Israele". Così trovai scritto da R. Revigo.

È con questo fondamento di sabbia mobile che eressero il castello delle loro credenze?! Ma il leone non ruggirà in eterno, né il popolo di Israele rimarrà in silenzio per sempre "poiché ogni cosa in esistenza ha la sua fine, ma solo il Tuo comandamento è infinitamente esteso". Nella loro vana gioia, non si accorsero di un'ovvia contraddizione: in che modo possono rivendicare una tradizione orale ininterrotta dal Sinai, se la "saggezza della kabalà" è andata perduta per ben quindici secoli, racchiusa in uno scrigno e sepolta sotto terra?

 

 

82

 

In precedenza, abbiamo spiegato che la nuova kabalà era sconosciuta prima del sesto millennio (circa il 1300) e che la sua origine non si conosce con esattezza. L'unica fonte di informazione che R. Hida ebbe presente fu quella storiella, testé riportata, del re orientale. Pare che alcuni Hachamim di Gerusalemme accettarono questa versione, riportata da Shem ha-ghedolim. Esistono, infatti, dei commenti a latere nei testi gerosolimitani, i quali cercano di giustificare le credenze dei nuovi kabalisti, smentendo e negando tutti i concetti antropomorfici e materiali delle sefirot, le forme e i partzufim menzionati nello Zohar e nei testi dei suoi epigoni. Se essi ritengono, però, di averci salvato dalle volgari materializzazioni, non ci hanno comunque salvato dal credere di servire una divinità di luce, a mezza strada tra spirituale e materiale! Giacché essi stessi ammettono che tutti <212> questi "livelli" sono "cause create", in cui ognuna è il motivo e la causa del livello sovrastante. Essi li considerano però come poteri spirituali di una luce emanata. Ed essi accettano e lodano questa emanzione di zeir anpin come loro dio. Come se la Torà ci permettesse di servire una creazione, pur considerandola come un potere spirituale! A loro dire, bisogna negare ogni pensiero "materiale" e immaginare l'entità come una "luce" (non sapevano forse che anche la luce e l'aria possiedono materia, seppure fine e sottile? Vital stesso asserisce che "la luce nella sua discesa acquista densità e spessore" ecc.). Come detto, tutti questi commenti gerosolimitani apportano sofisticate giustificazioni (che un venticello può spazzare via) al fatto che si debba negare ogni materialità a queste emanazioni divine; in tal modo, "maschile" è ciò che dà il suo influsso (hashpaà), mentre "femminile" è ciò che lo riceve. Cosicché i loro atti sessuali non devono essere presi alla lettera, giacché essi vogliono solo rappresentare il momento in cui avviene il contatto d'influssi. È strano però che questi avvocati difensori non ci abbiano spiegato perché fosse necessario far ricorso a parti anatomiche, come "yesod", il fallo maschile, "be'in d'ahora", i testicoli, "yesod d'nukve", la vagina, "nekev ha-ahoraim", la cavità anale. Che cosa videro in tali "luci" quando le spogliarono dai loro indumenti? Nella tradizione ebraica, siffatta terminologia non fu mai usata e anzi fu proibita severamente. Ancor più grave è che considerano come loro dio queste molteplici cause create che, a loro dire, sono la parte essenziale della divinità. Per questo motivo si sono permessi di nominare ogni partzuf col nome di Adonai o Elohim Tzevaot, considerando tale partzuf un dio emanato. Tuttavia, il servizio principale va a zeir anpin, al quale attribuiscono il Tetragramma e una volta esser stato messo in esistenza dai partzufim superiori, aba ed ema, va incoronato poiché gli fu concesso il regno e l'onore su tutti gli esseri superiori e inferiori. Rammentiamo, a tal riguardo, l'esempio offerto dall'Oz l'Elohim, secondo il quale anche i genitori di un re terreno sono obbligati ad onorarlo, al pari di tutti gli altri sudditi. La parola di Dio, però, rivelata per bocca del Profeta, fu "Ed il Mio onore non concederò ad altri". Nel S. Shoshelet ha-Kabalà del Raavad è riportato, nel nome di S. Yuhshin, quanto segue: "Nell'anno 1290 circa, esistevano alcuni gruppi di individui che affermavano che le parole dello Zohar in aramaico fossero da attribuire a R. Shimon b. Yohai, mentre quelle in ebraico non fossero sue. Altri sostenevano che il Ramban (R. Moshè ben Nachman) trovò lo Zohar in Israele e lo portò con sé, prima in <213> Catalogna e poi in Aragona, dove arrivò nelle mani di Moshè di Leon. Altri ancora affermavano che Moshè di Leon fosse estremamente intelligente e fu lui stesso che ideò l'intera opera, e a fini di lucro personale la attribuì a R. Shimon ben Yohai e alla sua scuola (e così facendo molti Hachamin pagarono grosse cifre per ottenerne il testo)". Con le loro stesse parole dimostrano di non rispettare affatto quanto affermò lo stesso Ramban "è impossibile capire le parole della Kabalà da qualsiasi testo scritto, ma soltanto dalla bocca di un Hacham, che l'ha ricevuta da bocca ad orecchio". Essi ammettono, del resto, che dopo la morte di R. Shimon b. Yohai e di suo figlio R. Eliezer e di tutta quella generazione, lo Zohar venne sepolto e dimenticato e così la conoscenza della Kabalà andò perduta. Nessuno ne seppe più nulla fino a quando fu nuovamente rivelata in terra di Spagna, nel Cinquecento, e quindi si diffuse. La sorgente della Kabalà è lo Zohar. È proprio questo, a parere di Ramban, che li ha fatti cadere in errore e ha estirpato le radici della Sacra Torà, mentre la povertà della loro comprensione ha fatto si che credessero ciecamente nelle Emanazioni e associassero il Nome di Dio a più entità.

 

 

83

 

Una nota a latere dello Shem ha-Ghedolim, nel nome di R. Yashar, dal suo S. Matzref le-Hochmà, riporta quanto quell'autore aveva udito: "Nell'anno 380 del sesto millennio (1620), quando gli Spagnoli saccheggiarono la città di Heidelberg, portarono via dall'Accademia alcune migliaia di libri, tra i quali vi erano testi religiosi, scritti su pergamena, tra i quali c'era anche lo Zohar con il commento sui 24 libri della Torà".

Questa notizia udita da R. Yashar è falsa, in quanto lo Zohar era già stato stampato nell'anno 318 (1558).

Il Gaon, R. Y. Emdin, nel suo S. Mitpahat Sefarim scrisse nel nome di R. Yizhak di Acco, quanto segue: "Nell'anno 1295 Moshè di Leon viveva ad Avila (Moah-el-Hagra). Per amore della verità storica riporterò ciò che ho trovato per iscritto: <214> "R. Yitzhak di Acco vi si recò per far un'indagine accurata sul S. ha-Zohar, giacché gli sembrava che le sue parole fossero meravigliose e provenissero da una fonte sublime. Le parole in aramaico gerosolimitano, considerava vera kabalà mentre reputava che le parole in ebraico non fossero autentiche. Egli racconta che chiese ai Talmidim, che erano in possesso dello Zohar, quale fosse l'origine. Le loro risposte, però, erano inconsistenti. Alcuni asserivano che Ramban lo avesse trovato nella Terra Santa e lo avesse spedito in Catalogna; da qui il vento lo condusse in Aragona, dove pervenne nelle mani di Moshè di Leon. Altri sostenevano che non fosse opera di R. Shimon b. Yohai e che Moshè de Leon, conoscendo il "nome-segreto-dello-scrivere", fu in grado di scrivere cose straordinarie. Fu al fine di ricavare elevati compensi che lo attribuì al grande Tanai, R. Shimon ben Yohai ed al suo figlio, ecc. (continua R. Yitzhak). Giunsi poi nella città di Valladolid e qui vi trovai Moshè de Leon, che mi giurò solennemente che il libro di R. Shimon b. Yohai si trovava nella sua yeshivà di Avila e me lo avrebbe mostrato, non appena vi ci si fosse recato. Sul punto di tornare a casa, però, morì ad Aribal. Fui io, allora, che mi recai ad Avila e qui trovai un vecchio rabbino, David Rassan, parente di Moshè di Leon. Trovai favore ai suoi occhi e lo feci giurare di rivelarmi la verità su ciò che conosceva sullo Zohar. Egli rispose che sapeva per certo che Moshè de Leon lo aveva composto interamente, tramite il "nome-segreto-dello-scrivere". Il motivo di tale convinzione era basato sul fatto che Moshè di Leon usava scrivere meravigliosi segreti per i ricchi di quel paese e, in cambio, riceveva doni in oro ed argento. Egli era però uno spendaccione, perché delapidava subito il ricavato dei suoi guadagni. E a testimonianza di ciò, spiegò che non lasciò nulla in eredità e la moglie e i figli vagavano sempre affamati, perché privi di sostentamento. Mi raccontò altresì che, appresa la morte del parente, si recò subito da R. Yosef di Avila, che era molto ricco ed era stato molto prodigo con Moshè. Egli gli fece balenare l'idea di consegnarli un libro importantissimo. Gli spiegò che lo avrebbe ottenuto dalla mano della vedova, ma che prima le dovesse mandare una copertina, di bella fattura, poiché il libro ne era sprovvisto. R. Yosef inviò subito la propria consorte alla vedova di Moshè, la quale, però, giurò solennemente che il marito non aveva mai posseduto un simile libro e tutto ciò che aveva scritto in vita era opera del suo cuore e della sua mente. Spiegò che spesso aveva chiesto al marito perché mai attribuisse la sua opera ad un altro Hacham. Non sarebbe stato meglio per lui ammettere che gli scritti erano di suo pugno e così ricavarne lode e beneficio. Ella poi ammise che Moshè le rispondeva che se avesse detto la verità, gli altri non avrebbero dato importanza alla sua opera e non avrebbero pagato somme cospicue, cosa che invece facevano grazie all'artificio <215> che aveva escogitato di attribuire i suoi scritti a R. Shimon b. Yohai. (segue)... Parlai poi con la figlia di Moshè di Leon la quale confermò il racconto della madre. Le loro versioni combaciavano. Queste sono dunque le parole che mi riferì il rabbino David Rassan, ecc. (fin qui dal Sefer Yihussin).

È dunque questa la base sulla quale Israele ha osato poggiarsi! Questi i mistici da strapazzo che l'hanno fondata! Tale è la base di una dottrina di fede, che, con le sue insulse gerarchie divine, ha soppiantato il fondamento della nostra storia! È forse questa la saggezza per la quale il popolo di Israele si è distinto?! Sia, però, ben chiaro questo e fin d'ora: coloro che rimarranno ostinati a credere in queste improbabili storielle, in questi palazzi di cristallo e castelli di sabbia, verranno distrutti e annullati, presto ai nostri giorni! Poiché non esiste altra fede che possa rimpiazzare la vera e pura Emunà dell'Yihud Ha Shem. E sia fatta la volontà che la semplicità di fede di coloro, che hanno un cuore pulito, non venga mai contagiata da queste deleterie e inutili speculazioni metafisiche!

Non lasciarti ingannare, prezioso lettore, dalle loro labbra mellifue, allorquando ti esortano al timore di Dio, mentre, d'altro canto, insistono a che tu ti inoltri nello studio di questa nuova Torà, che essi chiamano la figlia del Re. Considera bene che il loro scopo principale è di fare nuovi accoliti e di sottomettere alla loro dottrina quante più anime possibili. Carpiscono i cuori e le menti, promettendo di mostrare i piaceri della meditazione su atik, sulla "saggezza" di aba, sulla "comprensione" di ema e sulla "saggezza" che li vincola insieme. Plagiano le menti, accompagnandole subdolamente nei vicoli ciechi della logica dissennata. Distruggono l'equilibrio del pensiero normale. Alla fine, coloro che vengono plagiati ripetono, come pappagalli, le stesse farneticazioni. Innocenti e privi d'istruzione credono di aver trovato il Gan Eden in terra, mentre, in verità, sono usciti dalla realtà, per entrare nel regno della suggestione.

 

 

84

 

Nello scritto, pervenutoci da Gerusalemme, si fa riferimento alla nostra calunnia nei vostri confronti e viene riportato, nel nome del "kuntress" (fascicolo di commento) Sod Yesharim, che l'esistenza di entità maschili e femminili tra le <216> sacre divinità, venerate dai nuovi kabalisti, deve essere negata. Chiunque asserisce che Dio abbia una consorte è un miscredente e verrà maledetto. La Shechinà è, invero, una "luce creata" da Dio, insieme a molte altre luci sacre e spirituali. Esse sono superiori agli angeli e vengono chiamate "sefirot" ecc. La Shechinà è una "luce creata" estremamente spirituale. Non ha forma né immagine e non è possibile che l'individuo ne possa comprendere l'essenza, così come gli è impossibile immaginare quale sia l'essenza dell'anima nel corpo. Questa "luce" è relativa a Dio e perciò viene denominata "la luce di Dio", come sta scritto "Casa di Giacobbe vai e camminiamo nella luce di Dio", ecc. Queste parole di discolpa sono in contraddizione però con quanto è testualmente riportato dallo Zohar, da Haim Vital e dagli altri testi kabalisti. Se è così come dice il kuntress Sod Yesharim, perché, allora, i nuovi kabalisti hanno avuto bisogno di scrivere così tanti libri per descrivere le loro idee e le loro considerazioni sulla natura delle emanazioni divine? Perché era necessario rappresentare nei minimi dettagli forme e partzufim, per poi negare il tutto, svestendo la nostra mente da ogni tipo di immagine, forma, similitudine e aspetto relativo alle sefirot, che sono solo "luci create"? E forse questo il rispetto dovuto al Creatore? È a tal proposito che i Saggi sentenziarono: "Chiunque non mostri il dovuto rispetto al Suo Creatore, sarebbe meglio che non fosse venuto al mondo". Comunque, nonostante le vostre giustificazioni e discolpe di tipo filosofico, è un dato di fatto che queste nuove dottrine, presenti nella recente saggistica kabalistica, hanno formato nelle menti dei lettori ogni tipo di rappresentazione mistica, con immagini, misure, forme, divisioni, livelli, aspetti, entità maschili e controparti femminili a volte congiunte e a volte separate, come la consorte di zeir anpin che lo precedette nella discesa sul Sinai, per poi congiungersi a lui, in unione felice, al suo arrivo! Stando alle parole del Sod Yesharim, non avremmo dunque guadagnato nulla dalla sapienza della contrazione (tzimtzum) o dall'evoluzione a catena (hishtalshelut) o dei livelli circondanti dei partzufim (igulim) o dell'emanazione diretta (yosher)! Abbiamo soltanto trasgredito le parole del Salmista "Chi è come il Signore, nostro Dio, che si alza per sedersi e si abbassa per vedere i cieli e la terra" oppure "Pronunciatelo nei vostri cuori, sui vostri giacigli e tacete, sela". La parola del Profeta sarebbe stata più che sufficiente "Vai e camminiamo nella luce di Dio" (1) Perché dovremmo inoltrarci in questi tipi di speculazione se come risultato, si arriva all'idolatria mentale, mentre il Signore ci ha fornito un'intelligenza "diritta"? Egli, nella Sua bontà, ci ha dato la Torà, ci ha mostrato <217> la Sua gloria e la Sua maestà e ci ha detto "Poiché non vedeste immagine alcuna". In relazione, poi, a quanto argomenta lo Sod Yesharim, per cui la Shechinà è stata creata insieme ad altre luci sacre e spirituali, superiori agli angeli, dette sefirot, ecc. sono forse anch'esse incluse nelle "Schiere Celesti"? Esse sono parte della creazione, per cui è proibito servirle, così come qualsiasi altra entità, oggetto di creazione. La loro natura, sia essa materiale o spirituale, tuttavia, non deve essere concepita come un'entità che può combinarsi, congiungersi, associarsi od unirsi al Creatore, sì da formare un'entità a sé nella Creazione. Ciò è "shituf" (associazione) e con ciò si vìola il precetto di servire Iddio soltanto, la Causa Prima. Invano i nuovi kabalisti hanno descritto ed elencato tutte queste forme ed immagini, concettualizzandole come partzufim. In realtà, tutto proviene dalla Volontà del Creatore e quando Egli lo desidera, mostra la Sua gloria ai Profeti o nel Tabernacolo o nel Tempio, al fine di infondere nei nostri cuori una fede ancora più salda, così come è scritto "Al fine di mettervi alla prova è venuto il Signore, affinché il timore di Lui sia presente nei vostri volti, sicché non abbiate a peccare". Non esiste, però, qualcosa di "fisso" o di "noto" in questa luce, considerata come partzuf particolare, che, messa al confronto con gli altri partzufim, è più piccola, più lunga, più alta, più bassa, con i piedi che congiungono l'ombelico di un'altra, ecc. In realtà, il Signore, Benedetto Egli Sia, può mostrarci ciò che Egli vuole, come e quando vuole. Nel "ghilayon" succitato vengono anche riportate alcune affermazioni dell'autore di S. ha-Brit, il quale "rafforza i nostri cuori ed esorta i nostri spiriti" a non temere per la Gloria di Dio né per la Sua Grandezza anche quando lo abbiamo materializzato. Giacché "colui che è esperto in chirurgia ben saprà asportare gli strati di luce". Così non deve preoccuparsi per il rispetto al suo Creatore, dal momento che nessuno di questi concetti antropomorfici gli sarà d'ostacolo. E anche lo studioso della nuova kabalà, sebbene immagini nel suo pensiero ed esprima a parole ogni genere di attributo fisico o di funzione corporea riferiti a Dio, tuttavia è in grado, poi, di rimuovere ogni concetto materiale. Così facendo, "tutto sarà come se nulla vi fosse stato e così come è entrato tale uscirà". Ma in verità, cosa ha guadagnato da tutto ciò? Ha soltanto sprecato il suo tempo (e talvolta i suoi soldi), ha messo in pericolo il suo equilibrio mentale, si è affaticato invano con speculazioni vane e ha distrutto il suo buon senso meditando invano sulle gerarchie divine e sulle dimore celesti. Tutto ciò perché non ha rispettato il suo Creatore. <218>

 

1. In verità, la luce qui menzionata è quella della Torà, come è scritto "Il comandamento è una candela e la Torà è la luce". Questa è la luce che "splende" sulla persona per aiutarla a correggere le sue vie, ecc. Le luci spirituali, però, non "splendono", né possono dare una nuova Torà.

 

 

85

 

Per quanto riguarda il "psak-din" di Ravad (1), per il quale "colui che crede che Dio sia un corpo" ecc. va riferito a chi crede e immagina nel suo pensiero che Dio, che è la Causa Prima, abbia un corpo o una forma. Noi, però, stiamo trattando di una malattia pericolosa per la quale non esiste rimedio, e, cioè, quella di colui che rende servizio a delle cause create, come i cinque partzufim e non rende servizio alla Causa Prima. Costui prega zeir anpin e afferma che questa emanazione contiene anche i cinque partzufim. La Causa Prima, però, nella sua Essenza pura e semplice, informe ed incorporea, non deve essere invocata. Tutto il servizio deve essere diretto soltanto a quella porzione di luce manifesta, la quale, scesa già nelle forme di emanazione diretta e circondante, ha assunto l'aspetto di un "uomo spirituale" con i suoi "aspetti spirituali" corrispondenti e questo al fine di essere percepito dal pensiero umano. Le "luci circondanti", però, così come l'ein sof, che tutto abbraccia, sono al disopra di quel livello che viene considerato "Elohut" (Divinità). La categoria principale di Divinità è rappresentata dai partzufim di yosher e perciò i Dieci Detti della creazione vengono attribuiti ai partzufim, che sono suddivisi in base a ciò che pronunziarono. La giustificazione del S. ha Brit, per la quale non dobbiamo temere i pensieri materiali riferiti a Dio, non ci esonera dal considerare la molteplicità di dèi manifesti, che compiono le loro azioni aiutandosi a vicenda. Anche l'autore di questo componimento kabalistico concorda sul fatto che bisogna servire il sacro zeir anpin, che egli nomina "Elaha Ravrabà" (il Dio Grande) che è il pro-pro-pronipote di "El Elyon" (il Dio Superiore). Ed è in riferimento a quest'ultimo che lo Zohar scrive "E Tu non hai corpo, non hai arti, non hai la femmina, Tu sei Uno e Immutabile" ecc. I commentatori kabalisti spiegano che i versi delle Scritture e le parole dei Saggi, che indicano l'assoluta Unità, vanno riferiti a questo Dio Superiore (ha-Elohim ha-Elyon), che è, per così dire, "Lodato in sé" soltanto e non risponde a preghiera alcuna. Per venire esauditi bisogna rivolgersi alla Sua emanazione "irascibile" del mondo di atzilut, nel quale è stato <219> coronato con due corone da suo padre e da sua madre.

Fu, prevedendo tali idee idolatre, che il Profeta Geremia (2) levò la sua voce, simile ad uno shofar suonato a pieno fiato, e, nel nome di Dio, pronunciò "Quale iniquità hanno trovato i vostri padri in Me, che si sono allontanati da Me?". E più avanti: "Passate dunque nelle isole dei Kittim (3) e guardate! Mandate a Kedar e osservate bene e guardate se avvenne mai qualcosa di simile; esiste forse una nazione che ha cambiato i suoi dèi, quantunque non siano dèi? Ma il Mio popolo ha cambiato la Mia Gloria per ciò che non giova a nulla", "Poiché il Mio popolo ha commesso due gravi peccati: ha abbandonato Me, la Sorgente d'Acqua Viva e si è scavato delle cisterne, cisterne crepate che non tengono l'acqua!" (4).

Non fu questa, forse, la credenza degli antichi filosofi delle nazioni idolatre che "non riconobbero Israele e il loro Dio, ma si riferivano ad esso come il dio degli dèi? (5). Essi credevano che il Dio Superiore avesse dato il potere ed il regno agli dèi inferiori. Allo stesso modo i kabalisti hanno scritto che il potere e il regno sono stati concessi ad atik, arich, aba ed ema e questi ultimi l'hanno trasmesso a zeir anpin e alla sua consorte, affinché provvedessero ai mondi inferiori.

 

1. Secondo il Ravad e S. Ha Ikarim, chi crede che Dio abbia una sembianza, come la faccia di un re con un corpo, ecc., non viene chiamato "min", dal momento che egli sbaglia solo nel modo di studiare e di interpretare i versi.

2. Geremia 2:4, 9, 10.

3. Vedi primo cap. Ta'anit — i Kittim adoravano il fuoco, a Kedar adoravano l'acqua e pur sapendo che l'acqua spegne il fuoco, tuttavia non abbandonarono il loro culto idolatra. (N.d.t.).

4. Geremia 2:13.

5. Menahot — vedi qui cap. 50.

 

 

86

 

Fu così che alcuni veri Hachamim, quali R. Tam ibn Yihia, R. Peretz, R. Shimshon di Kenun, Rivash e Maharshal intuirono la stranezza della nuova kabalà e mantennero le dovute distanze. Ricordiamo Rivash, il quale "non fissò un tempo per studiarla" ecc. Percepì, dunque, la stranezza di queste nuove idee <220> ma, nonostante ciò, non vi si scagliò contro, bensì vi si dissociò, in modo pacato, come quando chiese "Sono dunque divinità le sefirot?". Anche l'esempio apportato da Don Yosef ibn Shushan non gli piacque e sapeva bene che era come un paraocchi. Non volle offenderlo pubblicamente e perciò disse "Sarà così come l'hai detto ...".

Se il Rivash evitò di intraprendere lo studio della kabalà, poiché non lo aveva ricevuto da un Hacham Mekubal, allora lo avrebbe potuto ricevere da Don Yosef ibn Shushan! Ma si dissociò, appunto perché capì che tutto quello che studiò era il frutto dell’immaginazione e della fantasia di uomini, i quali, per aver fissato troppo a lungo le loro dita, incominciarono a scorgervi alte montagne e profonde valli. Nel Midrash ha-Gadol (1), sulle parole "Vino e bevanda inebriante non bevete" è scritto: R. Hiya aprì: "I comandamenti di Dio sono retti e rallegrano il cuore". Come il vino rallegra lo spirito, così anche le parole della Torà. E come col vino, se uno ne abusa sta male e vomita tutto, così con le parole della Torà, se uno vi si occupa troppo e pensa troppi pensieri, alla fine cadrà in eresia. Tornando al Rivash, egli fece intendere la sua vera opinione quando domandò "Sono dunque divinità le sefirot?". E si espresse "Io stesso non la (kabalà) studio". Parimenti R. Tam ibn Yihie e Maharshal, ricordati nel S. ha-Zahav, e R. Y. Albo nel S. ha-Ikarim non manifestarono tutti i loro pensieri a riguardo; però, dall'attento esame delle loro parole se ne potrà capire la vera intenzione.

 

1. Parashà Sheminì.

 

87

 

In precedenza, abbiamo riportato l'opinione dei nuovi kabalisti, secondo la quale zeir anpin si rivelò ai nostri antenati sul Sinai e pronunciò le parole "Io sono il Signore tuo Dio" ecc. Come può concordare tutto questo con la spiegazione data dai Saggi in Shemot Rabbà sul verso "Io sono il Primo, Io sono l'ultimo" che non ho né padre, né figlio, né fratello?. A loro dire "Io sono il Signore tuo Dio" fu pronunciato da zeir anpin. Come si può esaltare questo Dio in cielo <221> se, come riferito a zeir anpin, egli ha un padre, una madre, un figlio e una sorella? I Saggi, comunque, ci illuminarono a riguardo e, affinché non cadessimo in questi errori, chiarirono che Colui che pronunciò "Io sono il Signore Dio tuo" è lo stesso che affermò "Io sono il Primo", — che non Ho un padre — "Io sono l'Ultimo" — che non ha un figlio e "all'infuori di Me non c'è altro dio" — che non ho fratelli. Questo è il Signore nostro Dio, la Causa Prima; Egli stesso, dall'alto, fece sentire la Sua Voce, quando, nel secondo comandamento, ci avvertì "Non avrai altri dèi al Mio cospetto". Fu Egli che pronunziò "Vedete, ora, che Io sono il Signore e non c'è altri con Me" ed anche "Io sono l'Unico Dio". Lo Zohar, al contrario, afferma che il Dio che pronunciò "Io sono il Primo" è l'ein sof (l'infinito); colui che disse "Vedete, ora, che Io sono il Signore" ecc. è adam kadmon; colui che disse "Sia la luce" è aba, mentre fu ema che pronunciò "Facciamo l'uomo". Attribuiscono, poi, i nostri servizi, le nostre preghiere e le nostre invocazioni soltanto a zeir anpin in unione col partzuf che lo sovrasta e, così, quando chiamiamo zeir anpin è come se avessimo evocato il Dio Superiore, che non ha nome! Se non ci rivolgiamo a Lui, con il Tetragramma, non ci risponderà, dal momento che i nomi furono attribuiti a quei partzufim emanati e creati da Lui. In particolare, il Tetragramma viene da loro messo in associazione con zeir anpin. E contro tali credenze così estranee e così lontane dalla via della Sacra Torà e dei nostri Saggi, di benedetta memoria, che il Profeta Geremia si scagliò quando disse (1) "Hanno rinnegato l'Eterno" e dicono "Egli non esiste" — "Rinnegano l'Eterno" come sta scritto "O Signore, nel Tuo uscire davanti al Tuo popolo e nel Tuo procedere per Yeshimon, sela, la terra tremò, i cieli fremettero al Tuo cospetto. Questo è il Sinai davanti al Signore, Dio di Israele" come sta scritto "Il Signore venne dal Sinai e splendette da Seir".

Essi hanno pronunciato "Egli non esiste" non è Lui (ve-lo-Hu), bensì zeir anpin, che scese sul Sinai per congiungersi con la consorte in sacro matrimonio. La moglie lo aveva preceduto ed egli la seguì per unirsi insieme in un'unione felice!

Essi si riferiscono a Lui persino con il segno della negazione (ein), sottintendendo che non esiste. Giacché egli non ha nome, né punto che lo limita, così "non esiste". Alle volte congiungono questo aspetto con la parole "sof" (fine) rendendolo "ein sof" (senza fine). In verità, l'ein sof è simile, come idea, al targum della frase "ein heker le tevunatò" (non esiste indagine al Suo intelletto). Yonathan ben Uziel traduce: "Le sof lesahlenutè". I kabalisti ripresero questa espressione eliminando <222> la parola del Profeta "le-tevunatò" (la Sua comprensione). Ma è proprio in virtù di questa parola che la frase vuole, significare che Dio creò tutto il creato con meravigliosa saggezza, come sta scritto "Come sono grandi le Tue opere, o Signore, tutte creasti con saggezza".

Infatti Dio è conosciuto soltanto attraverso le Sue opere, come proclamò il Profeta "Levate verso l'alto i vostri occhi e guardate chi ha creato tutto questo". E così re Davide scrisse nei Salmi "Quando osservo i Tuoi cieli, l'opera delle Tue dita". Ma, invece, quei miscredenti hanno ritenuto che, siccome è impossibile percepire la Sua Essenza, Egli non esiste, Dio ci salvi! Così tutti i nomi menzionati nella Torà e nei Profeti e nel linguaggio dei Saggi come Ha-Kadosh Baruch-Hu (il Santo Benedetto Egli Sia) e Ribbonò shel olam (Padrone del Mondo) attribuiscono a quella porzione della loro immaginazione denominata "gufa d'malka" (il corpo del Re).

 

1. Geremia, 5:12.

 

88

 

Una volta irretiti dalla smania di altri dèi, come la generazione del deserto che disse: "Questi sono i tuoi dèi, o Israele", essi affermarono che il Dio Superiore, nominato "ein", pose in esistenza molte cause ed effetti, che scendono a diversi livelli, influenzandosi a vicenda. A ciascuno di essi attribuirono un nome di Dio, preso dalla Torà, come la loro interpretazione del verso (in Proverbi): (1) "Qual è il suo nome o il nome di suo figlio, se lo sai?". "Qual è il suo nome?" — Ha-Shem Tzevaot è il Suo Nome, ossia, aba; "qual è il nome di suo figlio?" — zeir anpin è il suo nome. Tuttavia, i nostri servizi e le nostre preghiere vanno rivolti a questi dèi inferiori emanati dal Dio Superiore, dal momento che Egli non può esaudire alcuno, poiché il Suo nome è "ein". La preghiera deve essere diretta esclusivamente a zeir anpin, congiungendo nel pensiero i partzufim sovrastanti, dal momento che l'anima di zeir anpin fa parte del Dio Superiore. Va riferita a ciò la rampogna del profeta Geremia quando inveì contro Israele e <223> disse: "Hanno negato Dio" (2). Hanno negato ciò che l'Eterno disse a Mosè: "Parla così ai figli d'Israele: Ha-Shem, il Dio dei vostri Padri, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco ed il Dio di Giacobbe mi ha mandato. Questo è il Mio Nome in eterno, così devo essere ricordato da generazione in generazione". Hanno negato Colui che ci benificia e ci protegge. Solamente il viso stretto di zeir anpin osserva ed esaudisce le nostre preghiere e viene nominato il Re Santo, degno di ogni lode, giacché suo padre e sua madre gli hanno concesso il potere-regnante. Non così è il Dio Superiore che solo unifica, vincola e lega tutti gli dèi inferiori cosicché le loro anime possono venire considerate un'unità. Evoca, dunque, zeir anpin ed è come se avessi evocato il Dio Superiore! E quando proclamiamo "Ascolta, Israele, l'Eterno, nostro Dio, l'Eterno è Uno" stiamo congiungendo aba ed ema, i quali insieme formano il Re Superiore (malka ila'a), con zeir anpin e nukve, che insieme formano il Re Inferiore (malka teta'a) cosicché alcuna separazione si attua tra queste doppie entità e tutto risulta uno.

Ahinoi! Poveri noi! Quale deplorevole livello di fede per i figli di Israele, il popolo eletto dal Signore per la sua particolare missione! Ha-Shem ci ha concesso la Torà di verità che Moshè Rabbenu, alav ha shalom, ricevette sul Sinai, la Torà scritta e la Torà orale. Quaranta giorni e quaranta notti vi rimase per studiarne i dettagli, i motivi e le generalità. Questa Torà trasmise poi a Giosuè che, a sua volta, la tramandò e così via fino agli Uomini della Grande Assemblea, i quali catturarono l'inclinazione all'idolatria (yizra d'avodà zarà) la gettarono in un calderone, chiudendola e sigillandola con un coperchio di piombo. Quest'ultimo, però, fu rimosso dal suo posto, allorquando quell'impostore spagnolo consegnò il suo libro ai Saggi di Valladolid (Tulitula), nella Spagna. Satana era arrivato e poteva ballare tra di noi! Fu dunque vana l'opera degli Uomini della Grande Assemblea, che lavorarono alacremente e faticosamente e invocarono Ha-Shem contro l'inclinazione all'idolatria per tutto il tempo che era rimasta in loro potere? Con grande saggezza e acume riuscirono ad annullare la tentazione dell'idolatria, tramite l'incessante studio della Torà e dei suoi commenti, che insegnavano al popolo la vera e giusta via. Questi erano gli insegnamenti con i quali si occupavano dalla mattina alla sera, assieme agli uomini e alle donne, che erano in grado di comprendere, come sta scritto "Ed i Leviti spiegarono la Torà al popolo e davanti ad esso leggevano il Libro della Legge di Dio, in conformità all'interpretazione" (cioè la Legge orale) e in questo modo aumentarono nel popolo l'intelligenza "che permetteva loro di capire la Torà". <224> Furono loro che stabilirono le preghiere e le benedizioni per tutta Israele e fecero in modo di formare molti Talmidim. Così facendo, riuscirono a cancellare l'inclinazione malevola dell'idolatria e la Corona rimase al suo posto, annullando i nomi di altri dèi e distruggendo tutti i falsi culti e credenze, che conducevano alla negazione. Leggiamo in Yomà: (3) "Ed essi salirono sulla pedana dei Leviti, Yeshua ed i suoi figli, Kadmiel ecc. e levarono un alto grido al Signore". (chiede il Talmud): Che cosa dissero? R. Yehuda, nel nome di Rav (e altri dicono nel nome di R. Yohanan) dice: Ohi, ohi! È dunque proprio lo stesso (Satan) che ha distrutto il Beit ha-Mikdash e ha dissacrato l'Heichal e ha ammazzato i Tzaddikim ed ha esiliato Israele dalla sua terra, che ancora danza tra di noi?! Non lo conducesti forse Tu tra di noi affinché potessimo meritare una ricompensa? Ma noi non lo vogliamo, né vogliamo la ricompensa! Cadde allora dal cielo un segno, in cui era scritto "Emet" (verità). R. Hanina disse: "Dobbiamo capire il segno, poiché "Emet" è il sigillo di Ha-Kadosh Baruch-Hu". Digiunarono così per tre giorni e per tre notti e, infine, venne loro consegnato lo Yetzer di avodà zarà (l'inclinazione all'idolatria). Avvenne subito un "prodigio", quando un fuoco, sotto forma di un leoncello, si sprigionò dal Kodesh ha-Kodashim. E il Profeta disse loro: "Questo è lo yizrà d'abodà zarà" come sta scritto: "Questa è la donna malefica". Subito lo catturarono, ma uno dei suoi peli cadde ed egli levò un urlo potente che si estese per 400 parsini. Allora si chiesero: "Che cosa facciamo adesso? Forse il Cielo avrà misericordia di lui?". Rispose il Profeta: "Gettatelo in un calderone e chiudetelo con un coperchio di piombo, cosicché venga attutita la sua voce" come sta scritto: "Questa è la donna malefica ed egli la gettò dentro una fornace e la chiuse con una pietra di piombo". Poi, dissero: "Se il momento è così propizio, invochiamo il Signore, affinché ci consegni anche l'inclinazione al peccato" (yizrà d'averà). Pregarono Iddio e anch'essa venne loro consegnata. Allora il Profeta li ammonì: "Fate attenzione, poiché se la uccidete il mondo perirà". Essi, allora, la nascosero per tre giorni. Ma avvenne, però, che quando uno cercava un uovo fresco, anche per un malato, non lo trovava in tutta la terra di Israele. Dissero: "Che cosa possiamo fare, adesso? Se la uccidiamo, il mondo sarà distrutto e se chiediamo un compromesso non saremo esauditi, perché in Alto non si fanno compromessi". Alla fine, coprirono i suoi occhi con "khal" e la mandarono via, soddisfatti del fatto che da allora nessuno si innamorò più dei parenti stretti (4).

 

1. 30:4 — "Chi è mai salito in cielo ed è poi risceso? Chi ha raccolto il vento nel suo pugno? Chi ha racchiuso le acque nella sua veste? Chi ha stabilito tutti i confini della terra? Qual è il suo nome e il nome di suo figlio? Lo sai forse tu?". <225>

2. 5:12 — "notare il testo in ebraico" Con la extra vav permettendo così una doppia lettura "Essi hanno negato Dio", dicendo "È a lui" come in questo caso che la loro negazione di Dio consiste nel fatto che servono zeir anpin, ma dicono che — è a lui — ed il lettore perspicace capirà.

3. Cap. Ba lo.

4. Beit ha-Mikdash — il Tempio; Hechal — La Navata del Tempio — Kodesh ha-Kodashim: la parte più interna e sacra del Tempio. Parsin, un miglio persiano, circa 1 km.; Non potevano trovare uova, perché venne a mancare anche l'istinto sessuale. Khal, cosmetico blu per tingere le palpebre usato nell'antichità.

 

 

 

89

 

In tutta umiltà, credo che questa "aggadà" in Yomà sarà compresa più facilmente se prima avremo compreso il fondamento, sul quale i Saggi basarono l'interpretazione del verso "E non andrete seguendo le seduzioni del vostro cuore e dei vostri occhi". Dissero i Saggi: "vostro cuore" — questa è minut (negazione); "vostri occhi" — questa è z'nut (trasgressione sessuale); poiché il cuore e l'occhio sono due mediatori del peccato. Per intendere meglio la relazione esistente tra la negazione o qualsiasi credenza in false dottrine e la trasgressione sessuale, è necessario comprendere quale potente attrazione avessero le credenze nei be'alim e nelle ashtarot, durante il periodo dei Giudici e di Yerovoam ben Navat ed il resto dei monarchi di Israele e di Giudea durante la prima lega. I be'alim erano divinità maschili e venivano così nominati perché considerati "mariti" delle divinità femminili (ashtarot) come riporta il Talmud: (1) "R. Huna, nel nome di Rav, disse :" il ba'al possedeva la sua virilità e commetteva adulterio e quei popoli stipularono un patto con lui proclamandolo loro dio". Pertanto, questo idolo maschile fu nominato ba'al, in virtù delle sue prestazioni sessuali e del suo comportamento indecente; inoltre, è noto che gli idolatri dell'antichità si costruivano delle forme e delle immagini, in base a ciò che supponevano esistesse nelle sfere celesti e, così facendo, ritenevano che l'influsso delle forme superiori scendesse su quelle inferiori (e a tale <226> riguardo i riti orgiastici di fertilità venivano compiuti alla presenza dei loro idoli). Un altro motivo del loro chiamarsi "ba'al" (padrone) consisteva nel fatto che gli idolatri li consideravano i loro padroni, a cui erano assoggettati (2). Le ashtarot, come detto, erano le controparti femminili dei be'alim.

L'idea che esistessero in Alto delle entità divine maschili e femminili, che si accoppiavano, proveniva dal culto idolatra degli antichi Caldei. Inoltre, esistevano credenze e culti pagani analoghi tra i popoli confinanti con Israele. Per molte generazioni essi rappresentarono una grande insidia per i figli d'Israele. Molti, inoltre, speculavano sulle genealogie celesti e formulavano delle leggi, secondo le quali era possibile ricevere gli influssi celesti desiderati. Così forte era l'attrazione idolatra del popolo, che i Profeti dovettero intervenire e scagliarsi contro tali pratiche di idolatria; leggiamo in Isaia: (3) "Guai ai legislatori che emanano leggi di iniquità e redigono leggi di falsità. La parola di Dio è per loro un comando ad un comando, un comando ad un comando (tzav le tzav), una linea ad una linea, una linea ad una linea (kav le kav), là un po', là un po' (zeir sham, zeir sham)". Così anche la dottrina dello Zohar è un comando ad un comando, aba ad ema, ema a zeir; ed è una linea ad una linea, come sta scritto nell'Etz Haim di Vital (4) che "le sefirot di yosher sono nella forma di tre linee, con sembianza umana"; "zeir sham, zeir sham" è chiara l'allusione al loro zeir anpin, come sta scritto "essi hanno abbandonato Dio per servire i be'alim e le ashtarot". E tutto ritorna al grave errore della generazione di Enosh che, come spiega il Rambam, considerava che Iddio, data la Sua immensità, avesse delegato ad altri il potere regnante.

Confrontate ciò con quanto scrive l'Oz l'Elohim: "Kodesh ha Kodashim è chiamato malka kadisha; Kudshè Brich Hu, il Santo Benedetto Egli Sia, è così chiamato, perché egli è benedetto da ciò che lo sovrasta. Questo non è il caso dell'Ein Sof, poiché esso non ha da chi ricevere benedizione e perciò non può venire chiamato Kudshe Brich Hu". L'Ein Sof non li custodisce e perciò non è degno di lode. Solo zeir anpin, che ha ricevuto la benedizione dall'alto è degno di tutte le lodi. Così è spiegato nei testi kabalisti che caddero nella trappola insidiosa dello Zohar.

Tutti i fondamenti della nuova kabalà, così estranei alla Sacra Torà, originano dalle dottrine pagane di altre nazioni. Essi sono ritornati per mettere alla prova la fede di Israele, come avvenne nel periodo dei Giudici e anche in seguito, quando Israele fu mandato in esilio, dopo la distruzione <227> del primo Tempio.

 

1. Yerushalmi, avodà zarà; kol tzelamim.

2. Vedi Radak e Kelè Yakar.

3. Isaia 28.

4. Sha'ar Igulim ve-Yosher.

 

90

 

Al loro ritorno dall'esilio, gli Uomini della Grande Assemblea fecero molte preghiere al Santo Benedetto Egli sia, affinché li aiutasse ad estirpare lo "yizra d'abodà zarà", dato che avevano capito che l'idolatria aveva causato la distruzione del Santuario. Alla fine, furono aiutati dall'Alto con lo stabilire Case di Studio e con la nomina di Hachamim e Nevonim che istruissero il popolo, secondo le vie della Santa Torà. Essi agirono per estirpare tutte le dottrine pagane fino a quando "un fuoco nella sembianza di un leoncello, uscì dal Kodesh ha-Kodashim"; così fu rimosso anche il fervore e il desiderio di inoltrarsi nei "segreti" dei cosiddetti culti mistici che avevano così tanto contaminato il Tempio e lo studio della Torà, che insegna la vera sapienza di "conoscere Dio e di amarLo e di temerLo con semplicità di fede". Allora, erano molti che avevano tentato di trovare nella Torà ogni genere di "appoggio" e di "allusione" per dare vita a sistemi di interpretazione del tutto differenti dalla vera e ininterrotta Kabalà, che ci insegna la vera Emunà, secondo cui il Creatore, Benedetto sia il Suo Nome in eterno, è Uno, in un senso assoluto e distinto da tutte le altre unità. Egli è il Primo ed Egli è l'Ultimo, al di sopra di tutte le limitazioni del tempo e dello spazio. L'intelligenza umana, limitata da un corpo materiale, non è in grado di percepirLo. Egli è sempre stato. Egli è Eterno ed Infinito. La Sua eternità, sia in termini di passato che di futuro, viene espressa dal Profeta Isaia "Io sono il Primo, Io sono l'Ultimo". Onkelos, sul verso "Ed Io dissi “Io sono il Dio Vivente in eterno” (le-olam, letteralmente, per la durata del mondo)" traduce "Kajam Ana le-almin" (Io esisto in eterno). Ciò significa che Dio esiste in un unico e in un medesimo modo, senza mutamento alcuno e senza molteplicità. Questo è vero <228> prima che il mondo fu creato e dopo che il mondo terminerà di esistere, secondo la Sua volontà.(1) Egli è il Dio che proclamò "Vedete, ora, che sono Io il Dio e non c'è altri con Me". Questo significa che il Signore è stato e sarà in eterno, anche dopo che i cieli saranno scomparsi. Egli esiste in eterno nello stesso modo, immutabilmente. Egli è la Causa Prima e Lui soltanto è giusto servire e pregare e proclamarNe la Grandezza, osservandoNe i precetti. Ed è proibito fare altrettanto con qualsiasi altra creazione, sia materiale che spirituale. Questi sono i concetti più elevati e più puri della fede che possono essere espressi.

Non così le concezioni di questi nuovi kabalisti che indeboliscono i pilastri della nostra fede e abbattono le colonne portanti della Tradizione orale nel momento che invitano i nostri correligionari a pregare e a servire il loro zeir anpin, Dio ci salvi!

Ma torniamo ora alla nostra spiegazione: "e quando lo catturarono, un pelo cadde da lui", ciò significa che catturarono coloro che stavano sbagliando e facendo sbagliare il popolo con i loro falsi commenti della Torà. Li catturarono per le loro barbe e li fecero pentire per le loro menzognere interpretazioni, che conducevano alla negazione e alla fede politeista. Un pelo però cadde dalle loro barbe, al momento della loro cattura, giacché erano delle persone che cercavano di apparire venerabili con il farsi crescere la barba. Così il loro onore venne offeso e la loro fama diminuì e perciò levarono alto il loro lamento che si estese fino a quattrocento parsin; infatti, tutta Israele, che si estende per quattrocento parsin venne a conoscenza della loro indegnità. Gli Uomini della Grande Assemblea si domandarono poi "come dobbiamo agire, adesso?". Forse costoro potrebbero avere ancora dei meriti per aver studiato la Torà, sebbene l'abbiano usata per trovare un appoggio alle loro false e idolatre argomentazioni. Forse sarebbero stati commiserati dalla misericordia divina, come nel caso di Elisha ben Abuya, il quale, in virtù della Torà che aveva studiato, fu aiutato a tal punto che dal cielo sentenziarono "Non lo puniremo per merito della Torà che ha studiato". Quindi il Profeta disse loro "Gettatelo in una fornace e chiudetelo con un coperchio di piombo cosicché la sua voce rimanga soffocata". Il Profeta Zaccaria li rassicurò e disse loro di non preoccuparsi per il suo potente lamento; ordinò loro di rimuovere dai propri cuori quei falsi insegnamenti, gettandoli nel calderone di piombo e lasciandoli negli abissi, così come sta scritto: "Allora furono sommersi come piombo nelle acque portentose" (Cantico del mare).

"Le acque portentose" — sono la vera Torà, ricevuta da Mosè. Furono esse a fornire loro la forza di stabilire Case di Studio in ogni città e <229> villaggio, procacciando allievi in grande numero, come scrissero nel primo capitolo di Avot gli Uomini della Grande Assemblea "Siate tolleranti nel giudicare, procacciate molti allievi e fate una siepe intorno alla Torà". Questo terzo principio significa che la Torà non deve essere interpretata a vanvera, bensì e solo in conformità alle regole generali di interpretazione che furono consegnate a Moshè Rabbenu sul Sinai.

E questo è il significato di "lo coprirono con il piombo"— essi chiusero le bocche di quei sedicenti saggi e non permisero loro di spiegare la Torà per mezzo delle loro speculazioni, evocando gli spiriti dei morti per venire a raccontarcene i "segreti". "Con piombo" giacché questo metallo soffoca la voce — affinché le loro insulse interpretazioni non vengano più ascoltate.

In tal modo, con l'aiuto dell'Onnipotente, l'inclinazione dell'idolatria fu messa a tacere. Gli Uomini della Grande Assemblea continuarono la loro opera e abolirono i nomi di molteplici divinità, immaginate da coloro che credevano nell'esistenza di una serie di cause ed effetti che scendono uno dopo l'altro, collegati da permessi e proibizioni, in grado di creare ciò che desiderano. Ma i pensieri dei nuovi kabalisti sono analoghi a quelli che furono con tanta fatica cancellati dagli Uomini della Grande Assemblea, di benedetta memoria.

 

1. Vedi Morè Nevuhim, pag. 17 ed anche l'introduzione generale di R. Nathan Adler in "Netinà la-gher".

 

 

91

 

Fu a tal riguardo che i nostri Saggi affermarono che gli Uomini della Grande Assemblea avevano rimesso la Corona al Suo precedente posto quando stabilirono la preghiera "Ha-El Ha-Gadol, Ha-Ghibor, ve Ha-Norà" (il Signore Grande, Onnipotente e Temibile). Furono essi che spiegarono che qualsiasi evento fosse accaduto ad Israele, nel bene e nel male, derivava dalla Sua Potenza e dalla Sua Grandezza. Tutto proveniva da Elohim Elyon, che è Uno e la cui Unità non ha pari. Questa cristallina fede nell'Yihud Ha Shem era diffusa tra tutti gli ebrei e perdurò durante il quarto e quinto millennio e per breve parte del sesto. <230> Successivamente, Ha Shem mise alla prova il popolo d'Israele con questo libro (lo Zohar), falsamente attribuito a R. Shimon b. Yohai. Purtroppo, però, molta gente (e tra loro rabbini e saggi) fu vittima delle falsità quivi esposte e iniziò a divulgare una nuova tradizione orale, mentre la Mishnà e il Talmud venivano messi da parte e calunniati. Questi eruditi non superarono la prova e, convinti delle parole dello Zohar, presero a scrivere nuovi commenti e libri, cosicché il numero di chi si occupava di misticismo crebbe a dismisura. Arrivarono così a far credere che, nelle questioni di fede, le loro nuove idee avessero lo stesso valore della Mishnà e del Talmud, per cui, alla fine, non si potè più distinguere l'abissale differenza esistente tra di loro. I talmudisti, d'altra parte, fedeli come sempre al Talmud ed ai Midrashim, così come la maggior parte degli ebrei tradizionalisti, non volevano inoltrarsi nella conoscenza di questa nuova kabalà. Essi rimasero integri nella loro pura ed incorrotta fede. Coloro che erano in grado di capire ed apprezzare gli scritti di Sa'adya Gaon, del Kuzari o del Rambam rimasero inamovibili nella loro pura fede dell'Yihud Ha Shemo. La Corona rimase e ancora rimane nel posto che le compete, come ai giorni della Grande Assemblea. Però, la spina dolorosa è ancora conficcata nelle carni del popolo. Sono molti, infatti, che credono che i testi dei nuovi kabalisti siano sacri, e contengano concetti segreti ed elevati, che essi stessi non sono in grado di comprendere, ma ritengono, pur tuttavia, conciliabili con la vera fede. Essi non si rendono conto del veleno di serpe racchiuso in questi libri e delle insidiose trappole che minano le basi e le colonne portanti della Sacra Torà, Dio ci scampi! Molti Saggi e molti Rabbini, purtroppo, sbagliarono ed il loro errore fu un'enorme pietra di inciampo per le generazioni successive.

 

92

 

Esiste anche un'altra classe di individui bene istruiti, che hanno esaminato questi testi e sanno bene quanto essi siano completamente estranei alla Fede della Torà e dell'Unità del Nome. Tuttavia, costoro riferiscono il loro disaccordo soltanto in privato, perché hanno timore dei cosiddetti Hassidim, che sono tali (pii) nel loro sfrenato amore di onore e di gloria, Dio ci scampi! Questi, nelle loro fantasie, pregano la Regina del Cielo e le delegano un posto recondito nel <231> mondo. A nulla giovarono, nel loro caso, le orazioni e le "takanot" degli Uomini della Grande Assemblea. Infatti, l'unico principio che hanno ritenuto valido è quello di abolire ogni immagine di oro, di argento, di legno o di pietra, che sono opera manuale di un artigiano. L'autore dello Zohar apre infatti, col verso "maledetto l'uomo che si costruisce un'immagine scolpita". Nella loro mente, tuttavia, esistono molte immagini e be'alim e ashtarot, ai quali essi si inchinano riverenti e pregano "in purità" e le associano ai Nomi di Dio! Tuttavia, coloro che hanno delle riserve più che fondate sulla nuova kabalà e credono fermamente nell'Yihud Ha Shem e distinguono il vero dal falso e, costantemente, studiano la Torà scritta e orale, temono, tuttavia, di pronunciarsi e di proclamare la verità, dal momento che hanno paura di venire emarginati e essere considerati "eretici", con tanto di "herem" o "niddui" (scomunica) da parte loro. A causa di tali minacce e ricatti, essi hanno paura di votarsi, anima e corpo, alla causa della Santità di Dio (Kedushat Ha-Shem), di Dio Onnipotente, i cui giudizi si realizzano in tutta la terra. Essi hanno dimenticato le azioni dei nostri antenati che, pur di santificare il Nome, non esitarono a morire. Ricordiamo Abramo, gettato nella fornace dal perfido Nimrod, o Daniele, scaraventato nella fossa dei leoni. Ricordiamo i tanti Tzaddikim e Uomini pii, menzionati nel Talmud e nei Midrashim, che sacrificarono la loro vita per la Santificazione del Nome (Kidush Ha Shem). Alcuni di essi vennero perseguitati e immolati per espiare i peccati della loro generazione.

 

93

 

Purtroppo, questi "hachamim" e "maskilim" non si sono sacrificati alla Santificazione del Nome e all'Onore della Torà, dal momento che si sono preoccupati più del proprio onore. Non hanno messo a repentaglio la loro presunta reputazione dall'offesa di questi falsi scomunicatori, al fine di mantenere inalterata la loro fama e la loro importanza. Non hanno considerato l'Onore di Ha-Shem, il cui Nome è stato profanato, <232> Dio ci salvi, da questa nuova kabalà! Esiste forse profanazione maggiore di questa, di servire un altro dio creato e non già Ha-Shem, nostro Dio, che fece conoscere le Sue vie a Mosè?! Perciò apprendiamo dalla Mishnà: (1) R. Shimon b. Halafta disse: "Dal giorno in cui l'arma della falsa adulazione si è rafforzata, i giudici hanno falsato i loro verdetti e tutto è andato in rovina". R. Elazar disse: "Chi usa la falsa adulazione fa scendere l'ira sul mondo, così come è scritto: "Colui che mantiene la falsa lusinga nel proprio cuore fa scendere l'ira". Non solo, ma le loro preghiere non vengono ascoltate, così come sta scritto: "La loro preghiera non verrà esaudita, poiché sono ipocriti". R. Elazar disse ancora: "Chi usa la falsa adulazione verso il suo prossimo, cadrà nelle sue mani o nelle mani del di lui figlio o nipote ecc.". I nostri Saggi classificavano i falsi adulatori tra le "quattro classi di individui che non ricevono la Divina Presenza" ossia gli schernitori, i bugiardi, i falsi adulatori e i calunniatori. I falsi adulatori, in base al verso: "Poiché i falsi adulatori non verranno al Mio cospetto". Tale è il dolore nei nostri cuori. Come è stato possibile che il popolo di Israele, la nazione eletta dal Signore per amarLo e per servirLo e per proclamarNe l'Unità, ogni giorno, nelle preghiere "Con tutto il cuore e con tutta l'anima e con tutta la forza", senza "associazione" con qualsiasi altra creatura superiore o inferiore, abbia fatto in modo che la sua fede venisse contaminata da tanta idolatria? Come è possibile che abbiano abbandonato il Dio dei loro Padri e abbiano scambiato l'onore del Grande, Portentoso e Terribile Dio con altre entità, dalla forma di un uomo con il viso stretto, delegato dai suoi genitori a condurre e sostenere tutti i mondi?!

Gli Uomini della Grande Assemblea riuscirono a sopraffare l'inclinazione al peccato (yizrà d'averà), in quanto l'indebolirono a tal punto, che essa non poté più insidiare i figli d'Israele con le relazioni incestuose. Essi riuscirono in questo difficile intento, grazie ai decreti e alle leggi che stabilirono, così come viene spiegato dalla grande sorgente di luce, Maimonide (2). Questa importante separazione nei rapporti familiari fu espressa dai Saggi con le parole "Ed essi misero khal (3) nei suoi occhi e rimasero soddisfatti, poiché una persona non poteva più innamorarsi del proprio parente stretto".

 

1. Sotè, elu ne'emarim.

2. Hilchot Issurei bià.

3. vedi qui cap. 88.

         <233>

 

94

 

Già le vostre orecchie e i vostri pensieri sono stati riempiti dall'idea che i kabalisti servono una creazione. Come scrive lo Yosher Levav: (1) "Conosci il Dio dei tuoi padri e servilo". "Conosci il Dio dei tuoi padri" questo include i cinque partzufim; "e servilo", questo è zeir anpin, nonostante sia un oggetto di creazione, giacché, in tal modo tu stai servendo la sua "anima" (neshamà), senza la quale non esiste alcunché. Perciò non sta scritto "dà Elohei avicha" bensì "dà et Elohei Avicha" (2). Lo Yosher Levav asserisce, pertanto, che la particella "et" è qui posta per sottintendere l'anima di zeir anpin.

In tutta la Torà, però, non troviamo che una parola, intesa come un'aggiunta (ribbui), venga inserita per rimuovere il precetto fondamentale espresso in quello stesso verso. L'aggiunta deve essere collegata all'idea principale oppure deve "partecipare" con la proibizione principale di quel verso. Come i Saggi interpretano: (3) "Onora tuo padre e tua madre" ("Kabed et avicha ve et imecha") — "et avicha", questo "et" viene posto per includere la moglie di tuo padre (anche quando essa non è tua madre); "ve et imechà", questo viene ad includere il marito di tua madre (anche quando esso non è tuo padre).

Similmente i Saggi commentano: "E lascerai la frutta incirconcisa" (per i primi tre anni) (ve-araltem orlatò ve et piryò); "et piryò", questo viene ad includere ciò che è secondario alla frutta stessa e cioè le bucce, i semi che anch'essi sono proibiti per i tre anni di orlà, come la frutta stessa.

Al contrario, i nuovi kabalisti hanno inteso "et" come la parte principale, affermando che essi servono l'anima e anche il corpo (che essendo oggetto di creazione è secondario), cosicché servono entrambi contemporaneamente (4) !

L'associazione a Dio con un'entità creata comporta la trasgressione alle parole di R. Shimon b. Yohai, che affermò che chiunque associa il Nome con una qualsiasi altra entità verrà estirpato dal mondo.

Tra le molteplici prove, presenti nello Zohar (5), che zeir anpin sia una creazione emanata, prendiamo quella che si trova nell'Edra Rabbà (6) : "Dio ti ha fatto entro gli anni, Egli lo fa vivere" — chi lo fa vivere? — costui è Atik Yomin (l'Anziano dei giorni); chi ha fatto? costui è zeir anpin. A <234> chi ha dato la vita?; — a zeir anpin, le cui luci provengono dai due "anziani" che lo precedono, aba ed ema. È quindi chiaro che zeir anpin viene creato ed è appunto questa creazione, che, l'autore dello Zohar e la maggior parte dei kabalisti, considera oggetto di culto e di servizio.

L'Oz l'Elohim (7), però, sostiene che tutto il servizio appartiene a "malka kadisha d'kol kadishin" (il Re Santissimo), nominato anche "liba d'kol libin" (il cuore di tutti i cuori), la cui presenza è all'interno di zeir anpin: "Nonostante egli derivi da aba ed ema, Egli è l'essenziale e anche suo padre e sua madre devono onorarlo come un re, in carne ed ossa, che regna sopra una nazione e deve essere rispettato anche dai suoi genitori, giacché è lui che ha il potere sul regno. Così le nostre preghiere vanno rivolte a Lui, poiché Egli è il nostro re ed il nostro Signore. Chi, infatti, prega ad El Elyon, la Causa Prima, sappia che la sua preghiera è vana. Infatti, come sarebbe possibile pronunciare Baruch Attà Ha-Shem (Benedetto sei Tu, o Signore)? Da chi potrebbe Egli ricevere la benedizione o l'influsso celeste?

Lo Zohar (in Rayà Mehemna) spiega che El Elyon non ha né corpo, né arti, né una controparte femminile e si limita a congiungere in un'entità le divinità inferiori, che hanno corpi maschili e femminili. Lo Zohar paragona il Dio Superiore alla calce, che cementa le pietre di una casa, oppure, alle doghe di ferro, che congiungono il legno della botte, affinché risulti unita. Lodato e Glorificato sia il Nome del Signore, al di sopra di tutte queste stolte farneticazioni!

 

1. Yosher Levav pag. 3.

2. La particella "et" che viene posta davanti ad un oggetto definito (come sostantivo accusativo) viene spesso interpretata dai Saggi come un'aggiunta all'idea principale o al precetto principale, esposto nel verso.

3. Ketubot.

4. Vedi quì, cap. 32 e 55.

5. Vedi Bereshit 16 e come è spiegato in Mikdash Melech che zeir anpin è oggetto di creazione. Così anche Zohar 26. Qui confronta cap. 18.

6. Pag. 38.

7. Cap. 19, pag. 59.

<235>

 

95

 

Ordunque, il falso filosofo dello Zohar concentrò tutti i suoi pensieri su "ciò che è al di sopra e ciò che è al di sotto", disobbedendo, in tal modo, alla proibizione menzionata nella Mishnà. Egli spiegò come il cerchio dell'ein sof si contrasse per diventare un'entità contornante dal di sopra. Ed anche se rassicurò che "esiste un luogo che non è dato indagare", tuttavia, è chiaro che lo scrisse per ingannare il lettore facendogli credere che la proibizione doveva essere rispettata. Ma noi sosteniamo che egli trasgredì il divieto divino poiché speculò sull'Essenza di Dio e spiegò come Essa si contrasse, diventando paragonabile ad una sfera vuota. Se si permise di parlare dell'ein sof, che è al di sopra di tutto, come mai speculò anche su ciò che è al disotto? Infatti, rivelò la sua vera opinione, quando asserì che ogni proibizione (issur), ogni cosa che non si può più usare (pissul) ed ogni cosa impura (tamè), menzionate nella Mishnà, derivano dallo Yetzer ha-rà, dalla "parte del male", cosicché egli disdegnò questa severa proibizione e speculò sull'Essenza del Creatore, sulla sua forma, sulla sua dimora, su come creò corpi e sembianze ognuna differente nel numero, nella qualità e nel luogo (una inferiore, una lunga e una corta). Egli contaminò e stravolse la vera Emunà di Israele. E molti Ebrei, purtroppo in buona fede, credettero che fu il santo Tanai, R. Shimon b. Yohai a scrivere questo testo, che rimase poi sepolto per secoli. Essi avrebbero dovuto considerare alcuni importanti punti. Come fu possibile ricevere una nuova Torà dalle mani di un re idolatra? Come fu possibile che il testo rimase occultato in uno scrigno per essere portato alla luce dai sudditi di quel re? Come fu possibile che fu rivelato da R. Shimon b. Yohai a suo tempo, per poi restare secretato e nessun altro ebreo ne fosse a conoscenza? Pertanto è una profanazione, per chiunque si occupa della Sacra Torà, credere che le parole dello Zohar siano uscite dal calamo di R. Shimon b. Yohai o di altri Tanaim o Amoraim, che, come noto, si tenevano ben lontani da simili speculazioni e accettavano la vera Kabalà, che vieta di inoltrarsi in "ciò che è al di sopra e ciò che è al di sotto".

 

96

 

Qualcuno potrebbe argomentare, conformemente alla mistica kabalista, <236> che il Dio Superiore è presente nell'anima dei partzufim creati, cosicché è la sua neshamà che noi preghiamo; essi sostengono, infatti, che Dio si emana e colma tutte le sefirot. L'autore dello Zohar scrive: "Io sono al di fuori di tutto e all'interno al tutto, io mi trovo in ogni lato e sopra a tutto". "Egli è all'interno delle dieci sefirot, dalle quali tutte le cose derivano e dipendono. Egli si trova in ogni sefirà, per la sua lunghezza e per la sua larghezza, in alto e in basso e tra sefirà e sefirà. Egli è Colui che porta Kudshe Brich Hu vicino a Shechinte in ogni sefirà e nelle sue ramificazioni".

Fu con simili parole che ingannò il cuore dei suoi lettori. Essi ritenevano, infatti, che queste spiegazioni correggessero le affermazioni blasfeme, secondo le quali il Dio Superiore, dissimile tra tutti gli altri dèi, colleghi e congiunga soltanto le sefirot, nominate Kudshe Brich Hu e Shechintè. Ma i Saggi, di benedetta memoria, rifiutarono di accettare questa idea insulsa e infondata. Eppoi, una volta che i kabalisti ammisero l'idea che la neshamà avesse una sua forma e un suo corpo, con 248 membra e 365 arterie e vene ecc., ne conseguiva che anche la neshamà di una neshamà avrebbe avuto membra e forma, essendo ogni neshamà l'anima e la vita di quel corpo pur se più raffinata e spirituale. (1) Un'ulteriore contraddizione è presente nella loro stessa spiegazione: se tutti i partzufim derivano ed entrano in esistenza dalla Sua Essenza (inclusi i loro corpi, le loro anime, i loro indumenti) (2) e sono pertanto oggetto di creazione in cui El Elyon risiede dentro di loro, come è possibile, poi, unificarli e servirli alla stessa stregua del loro Creatore? (3) La spiegazione della proibizione, per la quale non è lecito associare al Nome una qualsiasi entità creata (anche se Egli vi risiede all'interno) è la seguente: Ha Shem Baruch-Hu ci comandò, per mezzo di Mosè, di edificare il Santuario (il luogo della Sua dimora), l'Arca Santa, la Cortina, i Kerubim e tutti gli altri arredi ed utensili sacri, così come sta scritto "Ed essi costruiranno per Me un Santuario ed Io dimorerò tra di loro". Quando il Mishkan fu completato, la Gloria del Signore si manifestò nel Santuario, come sta scritto "E la Gloria del Signore riempì il Santuario". E quando Mosè penetrava nella Tenda della Sacra Radunanza udiva la Voce che gli parlava. Ma, nonostante ciò, non ci è permesso associare (le-shatef) o unire (le-ahed) il Santuario o gli utensili Sacri o il Tempio con la Gloria del Signore che vi risiede e affermare altresì che il Santuario o il Tempio sono il nostro Dio oppure che l'Arca Santa o la Kaporet o i Kerubim sono il nostro Dio, dato che l'Onnipotente li desiderò come propria dimora. Ci è proibito prostrarci oppure pregare il <237> Signore, nostro Dio, che in esso vi risiede, senza tema di "associare" quel posto. Non possiamo congiungerli e affermare che tutto è uno! E Dio disse: "E riconoscerai oggi che il Signore è il tuo Dio nei cieli di sopra e sulla terra di sotto". Il Profeta Geremia disse: "Se il fuoco si trovasse in luoghi reconditi, non lo vedrei forse? detto del Signore, i cieli e la terra Io riempio, detto del Signore". Ed è anche scritto: "Tutta la terra è colma della Sua Gloria". Gli Uomini della Grande Assemblea, nelle preghiere che stabilirono, proclamarono che la Sua Gloria e il Suo Splendore riempiono l'intero universo. Ha Shem riempie le stelle e tutti i suoi sentieri, il sole, la luna, la terra, gli oceani, i fiumi, le valli, le grotte, le foreste, ecc. E ciò nonostante, ci è forse lecito affermare che una stella oppure il sole, la luna ecc. sono il nostro Dio? Ci è forse permesso congiungerli con la Sua Gloria che risiede in essi? Mai potremmo affermare tale eresia, Dio ci liberi! E, allora, come osarono costoro parlare di aba e di ema, di Kudshe Brich Hu e Shechinte inferiori e affermare che il piccolo nasuto è il nostro Dio, il Re degno di ogni lode!? Perché mai dovremmo evocare queste forme e questi partzufim, inventati dallo scaltro autore dello Zohar e associarli ai nomi di Ha Shem, menzionati nella Torà? I Nuovi kabalisti, a loro discolpa, argomenteranno che il Dio Superiore riempie tutti i partzufim all'interno e all'esterno. Però, risponderemo loro come il Santo, Benedetto Egli Sia, pronunciò per bocca del Suo Profeta "I cieli e la terra Io riempio, parola del Signore". Fu il Signore che ci mise in guardia, esplicitamente, nella Torà a non servire creazione alcuna e a non associare entità alcuna al Suo Nome, non "ciò che è al di sopra né ciò che è al di sotto".

 

1. Oz l'Elohim; "necessariamente la neshamà ha una forma ed un corpo, con 248 membra e 365 arterie e vene, similmente ad un uomo ed essa si diffonde per tutte le membra; e se c'è un arto in più, la neshamà non si espanderà su di esso. Così l'anima di un'anima avrà tutti i partzufim ecc.

2. Spiegato nel Shushan Sodot e in "Sha'ar 'Igulim ve-yosher di Vital e così in 'sha'ar hakdamot" (sempre di Vital).

3. Vedi Rambam, Hilchot Avodà Zarà, il comandamento principale concernente l'idolatria, ecc. Qui vedi cap. 47.

 

97

 

E il kabalista controbatte sostenendo che le creazioni inferiori sono distanti dal <238> Creatore e quindi non possono venire chiamate "divine", mentre quelle vicine al Dio Superiore (la Causa Prima) sono divine (elohut). Ma Dio disse: "Io sono vicino, parola del Signore". Egli non è distante. Egli governa sia i regni superiori che quelli inferiori, che sono scrutati con un unico sguardo, senza differenza alcuna. Fu Ha Shem che pronunciò "Io non consegnerò il Mio onore ad altri". Egli non ha delegato il Suo mondo ad altri, giacché "Egli parlò e fu, Egli comandò e rimase nella Sua esistenza". E così qualsiasi creazione non può cambiare la sua funzione per la quale Dio l'ha creata e l'ha comandata. Dicono infatti i Saggi (1) : "Il Signore chiama la luce e le ordina di vegliare sul giorno. Egli chiama l'oscurità e le ordina di governare la notte". Nessuna creazione, tuttavia, può essere nominata tale, anche quando è piena della Gloria di Dio, sia essa vicina o lontana. Chi infatti è più basso e distante di noi, che popoliamo questo mondo? Tuttavia, la Torà proclamò: "Quale popolo è così grande che ha l'Eterno così vicino, come lo è il Signore, nostro Dio?" Giacché Egli è vicino in ogni modo di vicinanza. Come dissero i Saggi: "Uno sta dietro alla colonna della Sinagoga e prega sottovoce, tuttavia, Dio lo ascolta". Ed è anche scritto: "Graditi sono i cantici di lode di Israele. Chi è pari al Signore, nostro Dio, posto sopra ogni dimora, che si abbassa per scrutare i cieli e la terra?" Senza differenza di vicinanza o di lontananza, poiché tutto è noto a Lui e tutto Lo servono, per eseguire la Sua volontà e il Suo desiderio, che Egli soltanto può cambiare, a Suo piacimento".

E, così, nessuna creazione può essere nominata Dio, in nessun modo, poiché "Egli mai diede e mai darà il Suo onore ad altri". E a comprova di ciò sia sufficiente menzionare l'uscita dall'Egitto, la divisione del Mar Rosso e tutti i miracoli che vi ebbero luogo. Poiché i nostri pensieri non sono i Suoi pensieri e le nostre vie non sono le Sue vie e mai potremo comprendere la Sua Essenza, chi Egli è o il modo della Sua Eterna Esistenza.

 

1. Pesahim, cap. 1.

 

98

 

R. Sa'adya Gaon, nell'introduzione al S. Emunot ve-Deot scrive: <239> "Il saggio veramente encomiabile è colui che fonda i suoi ragionamenti su basi vere e ragiona conformemente ad esse; tramite la sua saggezza, si fida soltanto di ciò che è certo ed è cauto su ciò che richiede cautela. (Commenta lo Shevilei ha-Emunà: questo significa che un individuo saggio, in virtù della sua saggezza, teme ciò che la Sacra Torà ha decretato, anche quando ciò è in contrasto con la sua comprensione. Egli si fida piuttosto su ciò che è degno di fede ed è circospetto su ciò che va preso con cautela; infatti, intuisce chiaramente che esistono concetti sui quali bisogna essere cauti, nonostante egli abbia raggiunto il livello per comprenderli; così facendo, elimina dal suo cuore tutti i dubbi e la verità gli si manifesta esplicitamente). Lo stolto, invece, è colui che fonda i suoi ragionamenti su opinioni soggettive e crede che la verità delle cose consegua da tali opinioni; a causa della sua stoltezza si fida di ciò che dovrebbe essere temuto e teme ciò che è degno di fede, come sta scritto nei Proverbi: (1) "Il saggio ha timore e si allontana dal male, ma lo stolto si fida e trasgredisce".

Il Gaon Sa'adya si è premurato di rispondere alle varie categorie di pensatori e alle scuole di filosofia, che sbagliano e corrono dietro alla vanità. Il suo scopo fu quello di evitare che tali opinioni si confondessero con la pura fede della Torà. Così scrive: "La prima categoria ritiene che il Creatore sia (composto) di materia estremamente fine e spirituale e abbia punti molto sottili come la polvere. (2) La seconda categoria ritiene che il Creatore delle cose materiali le abbia create da sé stesso (in altre parole, Egli separò parte di sé stesso e in quella parte creò il mondo). Ho scoperto che questi pensatori non negano il Creatore, ma la loro intelligenza rifiuta di ammettere che qualcosa sia stato creato dal Suo essere non esistente, e, dal momento che nulla esiste al di fuori del Creatore, essi credono che abbia creato tutte le cose da se stesso. Questa seconda categoria è più stolta della prima e ho ritenuto opportuno esporre i loro errori, elencandoli in tredici punti, ecc. (3).

Nel suo commento al "Shir ha-Shirim", sul verso "Il re Salomone si è fatto una lettiga di legno del Libano", il Nahmanide (Ramban) spiega che anche Salomone, figlio di Davide, cadde in errore e credette in una materia primordiale che si sprigionò dalla Sua Essenza, come, ad esempio, l'argilla nelle mani dell'artigiano o il ferro nelle mani del fabbro, ognuna plasmata secondo la forma impartitale. Parimenti, credettero che il Creatore plasmò da questa primordiale emanazione i cieli e la terra e tutto ciò che vi è in essa, cosicché il crearsi di una <240> cosa da un'altra nulla detrasse al Primo Fattore.

Ciò è in contrapposizione con la vera Kabalà (accettata da tutto il popolo), per la quale Ha Kadosh Baruch-Hu creò tutto dall'assoluto nulla (yesh me-ain, ex nihilo).

"Un'altra categoria (continua il Gaon Sa'adya (4) ) sostiene che una minima parte di Dio ha corpo e spirito. Costoro affermano che ogni cosa creata è parte del Creatore e asseriscono che il corpo e lo spirito sono oggetti di creazione ed in essi si trova un altro spirito del Creatore. Questo significherebbe che tale corpo creato verrebbe ad essere chiamato Dio, in congiunzione con quella parte divina che è in esso. Essi paragonano ciò alla manifestazione della Sua Gloria sul Sinai, nel roveto ardente e nella Tenda del Tabernacolo. Tuttavia, questo li obbliga a credere che la Tenda, il roveto e il monte Sinai siano anch'essi Dio e, così facendo, aggiungono male al loro errore, ecc."

Da queste parole del Gaon, potrete capire la verità di quello che ho scritto in precedenza, poiché le mie parole seguono i pensieri ed i dettami della Sacra Torà e della vera Kabalà dei Saggi. I Poskim sentenziarono che tutto ciò che fu espresso nel nome di un Gaon deve da noi essere accettato, giacché le loro parole sono il prodotto di ininterrotta Kabalà.

 

1. Simile al proverbio inglese "Gli stolti entrano laddove i saggi temono d'entrare" (Tr).

2. Spiegato nel "ma'amar alef".

3. Vedi, ad locum, le parole del Gaon e la profondità delle sue risposte utili a farci comprendere le origini dell'errore dello Zohar e dei suoi seguaci, poiché, senza dubbio, le loro opinioni derivano da queste infondate scuole di pensiero.

4. Ma'amar Ahdut.

 

 

99

 

Rambam, in Hilchot Yesodè ha-Torà, scrive: (1) "Israele non prestò fede a Mosè a causa dei portenti (otot) che mostrò loro. Poiché uno che basa la sua fede sui portenti potrebbe riservare nel suo intimo un pensiero inopportuno, che, cioè, il portento sia stato compiuto per mezzo di un trucco o di una magia. Per quale motivo, allora, credettero nella Rivelazione sul monte Sinai? Perché "noi lo abbiamo visto coi nostri propri <241> occhi" e non con gli occhi di un altro e "noi lo abbiamo udito con le nostre proprie orecchie" e non con le orecchie di un altro. Il fuoco, lo strepito, i lampi, Mosè che entrava nella nube e la Voce di Dio che gli parlava, mentre noi prestammo attenzione e udimmo pronunciare "Mosè, Mosè, va' e parla" ecc. Come sta scritto "viso a viso Dio parlò con Te" e "non soltanto con i nostri avi il Signore stipulò il Patto ma con noi tutti". E da dove sappiamo che la Rivelazione sul Sinai può considerarsi profezia, la verità della quale è irrefutabile? Da quanto è scritto "Io vengo a Te dentro una spessa nube, affinché il popolo ascolti, allorquando parlerò con Te, e così, anche in Te crederanno per sempre". Questo dimostra che prima il popolo non credeva in Mosè con una fede che dopo la Rivelazione sarebbe durata in eterno. Era quella precedente una fede debole contaminata da falsi pensieri. Ma coloro che Dio inviò a Suo nome (i Profeti) sono testimoni che la profezia è vera ed essi non hanno bisogno di prodigi, giacché unico è il loro pensiero. Ciò si può paragonare a due individui che testimoniano dopo aver visto la stessa cosa; ciascuno testimonierà la verità e nessuno ha bisogno della prova dall'altro. Così avvenne con Moshè Rabbenu, poiché tutto Israele fu testimone della Rivelazione sul Sinai e non c'era bisogno che egli mostrasse loro dei prodigi a riguardo. (Continua il Rambam) Pertanto, se si levasse un profeta e mostrasse dei portenti e compisse dei grandi miracoli, ma negasse la profezia di Mosè (anche in un singolo dettaglio, sia di aggiunta o di detrazione a qualsiasi comandamento), costui non è degno di fede; noi sappiamo, per certo, che costui ha compiuto quei portenti per mezzo di magia o di inganno. Infatti, la profezia di Mosè non fu attuata per mezzo di prodigi che potessero essere confrontati con altri. Noi l'abbiamo vista con i nostri occhi e udita con le nostre orecchie, l'abbiamo vissuta come Mosè stesso la visse. A cosa si può paragonare? A dei testimoni che testimoniano diversamente dalla testimonianza di uno che giura di aver visto una cosa coi suoi propri occhi. Quest'ultimo si dissocerà dalla loro testimonianza e affermerà che stanno testimoniando il falso. E, fu a tal riguardo, che la Torà comandò che anche se un prodigio è avvenuto e quel miracolo si è compiuto, tuttavia, non si può credere in quel profeta se viene a negare ciò che i nostri occhi hanno visto".

Leggiamo anche nell'interpretazione ai Precetti, in S. Mitzvot Gadol: "Quando l'Onnipotente volle concedere la Torà, rovesciò i diversi strati di cieli sul monte Sinai, con grande strepito e con lampi di fuoco straordinari e <242> meravigliosi. Egli poi chiamò il Suo eletto, Mosè, e gli disse: "Ecco, sto per presentarmi a te in una densa nube, affinché il popolo ascolti quando parlerò con te e così anche in te crederanno per sempre". Perché fu necessario ciò? In precedenza, sul mar Rosso, sta scritto: "Essi credettero in Dio e in Mosè, Suo servo". Ma, il verso va così inteso: Dio disse a Mosè "Voglio che Israele creda in te anche per quel che concerne il passato, che tu sei un Profeta per i portenti e i prodigi che hai compiuto. Ma, per quanto riguarda la Torà che Mi appresto a dare, non voglio che Israele creda in te, per mezzo di un portento o di un prodigio, bensì che ascolti con le sue proprie orecchie, allorquando parlerò con te". La ragione, per la quale il Signore si espresse in tali termini, sta nel fatto che, allorquando il popolo d'Israele sarebbe andato in esilio, i Cristiani e i Musulmani avrebbero tentato di convincerlo ad abbandonare la Torà mostrandogli segni e prodigi, ma Israele avrebbe risposto loro: "Anche se ci mostrate miracoli e portenti come fece Mosè, figlio di Amram, noi non vi crederemo e non cambieremo la nostra Torà; lo faremo soltanto se sentissimo con le nostre orecchie che Dio parla con voi come parlò con Mosè. Persino il nostro Profeta eletto non permise che credessimo in lui per ciò che riguarda la Torà, se non per il fatto che lo ascoltammo mentre l'Onnipotente gli parlava". Dopo aver dato la Torà, il Signore disse: "Voi avete visto che dal cielo vi ho parlato. Questo significa che non dovete credere ad alcuno, che vi chiede di sostituire questa Torà con un'altra, se non che sono Io che ve lo ordino dal cielo". E siccome non dobbiamo prestare fede ad alcuno (anche se mostra miracoli e prodigi), la Torà ci spiega su come sia possibile che avvenga un miracolo o un prodigio; infatti è scritto: "Se si levasse tra di voi un profeta o un sognatore ecc." "dato che il Signore, vostro Dio, vi sta mettendo alla prova" ecc. Ciò significa che il segno o il prodigio non viene compiuto per mezzo del potere dell'idolatria, ma è il Signore stesso che lo attua per mettere alla prova il Suo popolo. Dopo Mosè, i Profeti parlarono al popolo con espressioni spesso enigmatiche o metaforiche e perciò le altre nazioni dichiararono che i Profeti si erano espressi a favore della loro nuova religione. Fu così che Dio mandò al popolo d'Israele un ultimo profeta, Malachia. Egli pronunciò due frasi al termine della sua profezia, che concludono tutte le precedenti profezie, ossia: "Ecco, Io vi mando Elia, il profeta, prima che venga il giorno dell'Eterno ecc.". Ciò significa che Malachia è l'ultimo dei Profeti e dopo di lui non ci sarà altro profeta fino al profeta Elia. E quindi "Ecco, Io vi dico, ricordatevi la Torà del Mio servo Mosè al quale Io diedi in Horev, per tutta Israele, leggi e prescrizioni". <243> Ciò significa che nessuno deve pensare che i profeti che lo precedettero profetizzarono alcunché diverso dalla Torà di Mosè, poiché tutti vennero soltanto per rafforzare la Torà (2).

 

1. Cap. 5.

2. Queste spiegazioni in S. Mitzvot Gadol sono simili in sostanza a quelle del Rambam, vedi anche Midrash ha-Gadol, parashat va-yishlach, sul verso "Shuvi, shuvi, ha-Shulamit".

 

 

100

 

In base agli insegnamenti di questi due grandi luminari, Rambam e S. Mitzvot Gadol, possiamo formulare un chiaro giudizio, conforme ai dettami della Torà, per il quale è proibito credere nelle idee idolatre dello Zohar, che considera il Creatore come un'entità che racchiude ogni genere di causa e di effetto. Esso vorrebbe che scambiassimo la Gloria dell'Onnipotente, di cui è detto "Non c'è inizio al Suo inizio", con questa emanazione divina, nominata zeir anpin, che, a suo dire, ricevette il potere e il reame delle "cause" sovrastanti a lui e va servito e venerato con la sua controparte femminile! Non possiamo credere che R. Shimon b. Yohai abbia scritto tale libro, paragonabile ad un nuovo tipo di Torà orale, che ci esorta a pentirci dello studio della Mishnà e del Talmud, dai quali questa nuova dottrina si dissocia, chiamandoli la serva, la scorza (kelipà), l'altra rocca, la pietra con immagine scolpita! Chiunque studia questi nuovi testi perderà la mitzvà di studiare la Torà, ma sarà simile a un cane che abbaia ed erediterà il ghe'enam. Ed è anche cosa empia ritenere che il grande e pio Tanai abbia tentato di ingannare i nostri cuori tramite il raggiro della mistica, dato che l'autore dello Zohar ha astutamente miscelato detti ed espressioni dei nostri Saggi con le sue nuove dottrine e, così facendo, ha traviato molti fedeli dalla via indicata dal nostro Padre in Cielo, come una donna lusingatrice, dalla quale il re Salomone ci mise in guardia "Fate attenzione alla donna lusingatrice, poiché le sue parole sono seducenti ecc.", "essa lo carpisce con le sue moine e con la falsità delle sue labbra lo fa cadere". È cosa profana credere che Ha-Shem Baruch Hu abbia "corpi di luce", Dio ci salvi, dai quali dipendono tutti i comandamenti e se non per essi non esisterebbero <244> né la Torà, né le Mitzvot, per cui tutte le nostre azioni, benedizioni, preghiere e lodi, con le quali usiamo esaltare l'Onnipotente vanno rivolte ai cinque partzufim, a loro volta suddivisi in dodici entità, e in particolare a zeir anpin e alla sua controparte femminile. Costui è il re degno di ogni lode, poiché suo padre e sua madre ordinarono di servirlo, pregarlo e nominarlo Dio! E cosa infamante pensare che qualcuno tra i Tanaim o gli Amoraim abbia mai creduto ad altre antiche filosofie. Essi avevano tutti, dal primo all'ultimo, una fede pura e non avevano niente da spartire con queste impure correnti di pensiero e sicuramente non cercarono di mescolarle con la Sacra Torà e di apportare nuove e assurde interpretazioni. Hanno accolto queste nuove idee senza alcuna disamina, seguendo i fantasiosi racconti sulla rivelazione di Atika Kadisha e sulle neshamot di Mosè ed Elia e sulle anime dei Tanaim, Amoraim e Gaonim, che ancora non esistevano al tempo di R. Shimon b. Yohai. Queste storielle furono inventate di sana pianta e sono prive di fondamento. Come potremmo, pertanto, ascoltare queste menzogne, che ci esortano a sostituire il Vero e Unico Dio con questo zeir anpin, che ha la forma di un uomo terreno e si sazia del pane dell'idolatria?! Leggiamo di Sanhedrin: (1) Abahu disse, nel nome di R. Yohanan: "Se un Profeta ti dice di trasgredire ad un comandamento della Torà (temporaneamente), trasgredisci qualsiasi comandamento, tranne quello di idolatria, e anche se fermasse il sole in mezzo al cielo non obbedirgli". Nella Beraità, Yossi ha-G'lilì disse: "Guardate fino a che punto arriva l'idolatria, che anche se uno fermasse il sole in mezzo al cielo, non dovresti prestargli ascolto. Perché? Perché è il Signore, tuo Dio, che ti sta mettendo alla prova".

 

1. Elu hen ha-nehnakin.

 

101

 

Se è proibito, dunque, prestare ascolto alle parole di un profeta se viene ad esortarci a sostituire la Torà o persino una sua singola mizvà, a maggior ragione ci è proibito prestar fede alle parole dello Zohar, che vorrebbero farci <245> scambiare il Signore con i cinque partzufim e, in particolare, con zeir anpin e la sua controparte femminile. È assolutamente proibito proferire o pensare che costui sia il nostro Dio! Dobbiamo invece renderci conto, nel nostro cuore e nel nostro pensiero, che Ha Shem Baruch Hu ci sta mettendo alla prova, come è spiegato nella Torà: "Se si levasse tra di voi un profeta" ecc. "Ed egli vi mostrasse un prodigio e compisse un miracolo" ecc. "sappiate che il Signore, vostro Dio, vi sta mettendo alla prova per sapere se voi amate il Signore, vostro Dio!". Maimonide spiega: (1) "Se si levasse": Costui si esalta con la sua profezia e mostra segni e prodigi per convincervi con le sue parole. Sappi, però, che questa è la Volontà di Dio, per rendere nota alle altre nazioni la grandezza della tua Fede nella Verità della Torà ed anche il tuo livello di comprensione nel Vero Dio. Considerando ciò, non potrai essere ingannato, né perderai la tua fede in Dio e, pertanto, chiunque ricerca la verità si rivolga a questa Fede. Egli potrà esaminare quelle credenze che sono vere e fondate su di una solida base e non avrà bisogno di rivolgersi ad un prodigio. Giacché colui che tenta gli altri, per mezzo di prodigi e portenti, affinché seguano la direzione opposta alla Torà, sta chiedendo ciò che non è possibile e nessun miracolo lo aiuterà, siccome il profeta profetizza ciò che è possibile (secondo la Torà)".

Guai a noi, in quanto Dio ci ha provato con questo Zohar e noi non abbiamo superato la prova e siamo stati ingannati dalla malizia dell'autore servendo altri dei! Ci ha preso in giro spiegandoci come zeir anpin riceva la propria influenza da atik! E poi ha lodato la sua "mercanzia" usando espressioni del tipo "Benedetta sia la porzione di chi si comporta così e così". Come un invasato che scaglia frecce mortifere, costui ha degradato l'onore della Mishnà e del Talmud, magnificando, invece, la sua nuova Torà e annunciando che, in futuro, alla fine dei giorni, "essi abbandoneranno la Mishnà ed il Talmud" e "verranno sostenuti dallo Zohar" e "saranno redenti da questa opera"!

Fu con queste parole che è riuscito a carpire il cuore di una grande moltitudine di ebrei, per condurli al servizio di nuovi dèi strutturati con corpi umani, forti e potenti, puri e illuminati, descrivibili ancor di più dalla fantasia del lettore E ha osato chiamarli coi Nomi di Dio! Dio ci perdoni!

 

1. Morè Nevuhim, pag. 24.

<246>

 

 

102

 

È dunque obbligo per tutti coloro che temono la parola di Dio e cercano la comprensione della Torà evitare questo inganno, insinuatosi astutamente nei meandri del cuore, onorando partzufim e zeir anpin. I kabalisti affermano che queste emanazioni provengono dall'Essenza del Dio Superiore, il quale staccò una porzione della sua saggezza per infonderla come un'anima alla Hochmà e così una parte della sua comprensione per infonderla come un'anima alla Binà di ema. Una parte della sua grandezza la infuse come anima alla Ghedulà e così via... Queste porzioni diventarono le anime delle Sefirot e così i "corpi superiori vuoti" furono creati per diventare anime dentro i corpi sottostanti. Essi presero a servirli, convinti di servire l'anima che è in essi, ossia la Causa Prima! Tale credenza proviene da quella corrente di pensiero, che considera (1) che la divinità sia l'anima delle sfere celesti e delle stelle, cosicché è giusto venerarla, dal momento che, in verità, uno sta servendo una parte dell'anima divina, Dio ci salvi! Fu questo Moshè de Leon ad ideare i partzufim, dall'uomo originale (adam kidmà) fino a zeir anpin e nukve, facendoli evolvere dalla Causa Prima, che si contrasse, salì in alto e quindi si emanò in basso nel mondo di atzilut. In seguito, sprigionò una linea che evolse attraverso tutti loro, come un'anima. La stessa concezione era presente in alcuni antichi filosofi metafisici che giustificavano il culto degli astri e delle costellazioni.

Moshè di Leon chiamò, poi, tutti i partzufim "ma'asè merkavà" (i segreti del carro celeste) e asserì che i santi Haiot (2) del Carro Celeste sono divini, in virtù della porzione divina che è in essi, poiché emanati da Dio. Da questa porzione, attraverso un sottile tubo, evolsero tutti i corpi con le sfere esteriori, le anime interne e gli indumenti! Costoro sono diventati simili a Dio e quindi vengono menzionati coi Nomi di Dio, presenti nella Torà. Il Dio Superiore, tuttavia, non ha nome, giacché Egli è al di sopra di ogni lode e di ogni benedizione e quindi non esiste un'entità suprema che lo può benedire. E quindi inutile rivolgersi a lui in preghiera, poiché non può rispondere! Dio ci scampi!

 

1. Morè Nevuhim, 29, prima edizione.

2. Categoria di Angeli.

<247>

 

 

103

 

Tutte queste nuove credenze sono state accettate senza la Voce (di Dio), senza i tuoni, senza i lampi di fuoco, senza la Nube, senza lo strepito dello shofar, senza neppure un segno o un prodigio. Neppure un segnale abbiamo visto o udito, neppure una voce dal cielo ci ha confermato che è così. Soltanto dell'inchiostro nero su carta bianca, l'invenzione fantasiosa che ci racconta che atika kadisha si rivelò a R. Shimon e gli spiegò il verso "E Dio disse "facciamo l'uomo""! Come è possibile credere che qualcuno abbia interferito sui Dieci Detti della Creazione (Asseret Ma'amarot)? Chi li disse? È possibile che alcuni fossero detti da uno, e altri da un altro?! Chiunque sia un vero Talmid della Santa Torà non crederà certo a queste storielle e a tante altre, riportate nel nome di Eliahu, il pastore fedele, o di altri pii Tanaim ed Amoraim. Tale allievo si farà beffe di questi racconti, tuttavia, rimarrà sconcertato e meravigliato. Come è possibile abbandonare ciò che ascoltammo sul monte Sinai? È scritto, infatti, "Egli lo stabilì come testimonianza per Giacobbe e concesse la Torà ad Israele, per farla conoscere a loro ed ai loro figli, con voci e tuoni e lampi di fuoco e dense nubi e con il Signore che parlava dal fuoco". Con nessun'altra nazione Egli si comportò così. Con una Voce potente e temibile, Egli ci parlò viso a viso e pronunciò "Io sono il Signore tuo Dio che ti ho tratto" ecc., e così anche "Che non ho padre, né fratello, né figlio" e così anche "Guardate, ora, che Sono io il Signore e non v'è altro dio con Me". Come è possibile abbandonare questa fede per seguire un impostore idolatra, che afferma che Dio emanò da se stesso cinque partzufim e diede loro il regno sull'Atto della Creazione e costoro, a loro volta, promossero zeir anpin ad unico governante sopra tutte le creature e comandarono a tutti di servirlo?! Lui sarebbe il nostro Dio e noi la sua nazione! Dio ci perdoni! E se tutto ciò fosse vero e venisse dalla Sua volontà, perché allora Egli non è sceso nuovamente su qualche montagna di Sua scelta e ci ha parlato, per una seconda volta, spiegando "Ora, dopo tutto questo tempo mi sono stancato e così ho delegato zeir anpin di regnare e governare al posto Mio"? Mai sia! E mai avvenga in Israele che si scambi il nostro Dio, che ci fece conoscere le Sue vie, per mezzo di Mosè, il Dio Paziente e Misericordioso con un dio impaziente ed irascibile ...!

I Saggi, di benedetta memoria, dissero: <248> "Un patto fu stipulato con i Tredici Attributi della Misericordia affinché essi non venissero mai disattesi". Pertanto stabilirono nelle nostre preghiere (1) la menzione di questi Tredici Attributi. Come si può associare tali Attributi a questo zeir anpin, il cui nome, letteralmente, significa irascibile? È una patente contraddizione la loro, poiché lo chiamano zeir anpin (in ebraico, kazer apaim) che è l'opposto di arich anpin (in ebraico, erech apaim, il longanime). E poi lo esaltano come erech apaim!

 

1. In Tahanun, come anche nelle festività solenni.

 

104

 

Fu per tali motivi che il Profeta si adirò "O nazione peccaminosa" ecc. "Poiché hanno abbandonato Dio". Egli non rampognò il popolo per la trasgressione ai precetti quali i tefilim, i tzitziot, la succà o il lulav. Non per questo li chiamò "nazione peccaminosa". Sicuramente essi erano scrupolosi nel mangiare pane azzimo ed erbe amare a Pesah ed eseguivano molte altre mitzvot. L'ira del Profeta era rivolta a coloro che commettevano atti idolatri nel nome dei be'alim e delle ashtarot e di quelle altre forme proposte dai falsi profeti. Essi, infatti, giustificavano i loro culti, spiegando che l'anima degli idoli era una porzione del Dio Superiore, per cui per poter servire la divinità in un modo percepibile ai sensi, era necessario scolpire delle forme materiali di legno, di pietra, di argento e di oro, al fine di attirare dall'alto l'influsso divino.

E i kabalisti hanno agito esattamente allo stesso modo. Dopo aver rigettato l'eredità dei loro padri, per la quale l'Unico e Vero Dio da servirsi è la Causa Prima di tutto il creato, hanno abbandonato l'Onnipotente, con la giustificazione che il pensiero umano non Lo può percepire in nessun modo. Ma il Profeta si espresse altrimenti, quando affermò "Dio è la mia potenza, è la mia forza ed è il mio rifugio. Te cercheranno le nazioni dalle estremità della terra e diranno che è falsa l'eredità dei nostri padri". Sono essi che dovranno ammettere la verità della Torà e non già Israele che <249> andrà dietro a filosofie idolatre!

I kabalisti hanno spiegato che solamente ciò che è stato da Lui creato può essere servito nel modo giusto. Essi immaginano lo sprigionarsi delle emanazioni, simile ad un albero che emette i propri rami e i propri frutti qui e là. Ed è il frutto di queste loro immaginazioni che venerano, poiché nelle loro menti sono in grado di concepirle così. Essi, pertanto, servono le immagini e le forme scaturite dalla loro mente. Inoltre, essi considerano le mitzvot della Torà simili a "corpi creati" che, uniti, formano il "Corpo del Re" (gufa d'malka). Così alcune mitzvot sono da compiere in relazione alla "Mano del Re", altre ai suoi piedi e così via con tutte le altre parti del corpo.

Fu, prevedendo tale disgrazia, che i Cohanim pronunciavano in preghiera, tra il vestibolo e l'altare: "Abbi misericordia della Tua nazione, fa' sì che rivolgano i loro cuori alla conoscenza e alla comprensione della Tua verità e delle Tue vie; le vie che hai insegnato a Mosè, Tuo servo, affinché il popolo impari a servirTi con tutto il cuore". E non già a servire "corpi creati" e "luci divine" che contengono "l'Elemento dell'Anima Divina"!

 

 

 

 

105

 

"Il mio cuore è rivolto a voi, legislatori d'Israele, che animosi vi mostrate tra il popolo" (1) per approfondire la Sacra Torà con saggezza, con intelligenza e con senno e soddisfate la vostra sete nella tradizione dei Saggi e dei commentatori del Talmud, i quali, a loro volta, si sono abbeverati alla Sorgente delle Acque Viventi. Da Mosè a Giosuè, agli Anziani, ai Profeti, agli Uomini della Grande Assemblea, ai Saggi, ai Tanaim, agli Amoraim, ai Commentatori Posteriori, che eseguirono la Volontà di Dio e della Sacra Torà senza essere traviati dall'idolatria. E così i Poskim, che spiegarono a lungo, in dettaglio e in profondità, tutte le Mitzvot della Torà, nelle loro suddivisioni e <250> nelle loro differenze legali, come menziona il Talmud.

Tuttavia, per quel che riguarda la mitzvà fondamentale dell'Yihud Ha-Shem, la giusta comprensione dell'Unità del Nome, i Poskim Posteriori hanno tralasciato di approfondirla anche nei minimi dettagli. È incomprensibile che abbiano omesso di insegnare a fondo questo tema e lo abbiamo lasciato come una città incustodita. Questa mitzvà è, infatti, valida in tutti i tempi ed in tutti i luoghi, dentro e fuori d'Israele, con o senza il Santuario. E come se le leggi dell'Unità del Nome fossero state dimenticate dal popolo! Mai sia! Ed è questo il motivo per il quale molti dei rabbini, vissuti in epoche successive, sono caduti nella trappola e hanno fallito la prova, alla quale l'Eterno li aveva sottoposti. Nella loro sete ingiustificata, hanno bevuto dal calice dello Zohar fino all'ebbrezza e hanno sostituito la Mishnà ed il Talmud con questa nuova dottrina. E una volta sedotti, non sono stati più scrupolosi ad astenersi dal servire "le divinità di stampo recente". Hanno imitato il peccato della generazione di Enosh, che chiamava "altri enti" con il Nome di Dio. Fu a causa di questa omissione dei Poskim, che non codificarono i divieti relativi all'Yihud Ha-Shem, che i rabbini di Tulitula ebbero facile gioco, Dio ci perdoni, e adottarono lo scritto di quell'impostore. Il racconto sulla rivelazione dell'Antico dei Giorni e di R. Shimon b. Yohai fu preferito alla profezia dei quarantotto Profeti e delle sette Profetesse, che si levarono in Israele. Ma i Profeti d'Israele non aggiunsero né detrassero una singola lettera da ciò che è scritto nella Sacra Torà. Questo Moshè di Leon, invece, ha aggiunto la fede in "emanazioni" sconosciute ai nostri avi e ha osato dire che chi non si inoltra nello studio di questa nuova Torà non avrà il permesso di presentarsi al Suo Creatore, Dio ci salvi!

Purtroppo, i Rabbini Posteriori non approfondirono organicamente il tema dell'Yihud Ha-Shem; essi avrebbero dovuto chiarirlo nello Shulchan Aruch e nei suoi commenti in modo dettagliato e compiuto, con capitoli interi e paragrafi marcati. Avrebbero dovuto dilungarsi su ciò che il Rambam, la Grande Aquila, aveva già scritto in Hilchot Yesode ha-Torà, dalle quali molte ramificazioni esplicative avrebbero potuto essere sviluppate. Infatti, la conoscenza dell'Unità non è un argomento di cosa o di come esprimerla bensì di cosa o di come crederla e, una volta compresa, si può ricevere, nel giusto modo, il "giogo del Regno del Cielo". È questa la fede nell'Unità Assoluta, che non ha analogia o somiglianza con qualsiasi altra unità. Essa non è connessa né associata con qualsiasi altra causa in esistenza. La sua comprensione è <251> implicita nella Tradizione Orale, ricevuta da Mosè direttamente da Dio; questa tradizione è perfetta e buona e non contiene male alcuno. Essa è "la nostra vita ed è la lunghezza dei nostri giorni".

 

1. Giudici, 5:9.

106

 

È noto che i pagani del passato solevano adornare i loro idoli con oro, argento e pietre preziose. I nuovi kabalisti, d'altro canto, hanno ornato le loro sefirot con preghiere e mitzvot, che infondono in esse "vitalità" ed "alimento". Infatti, sono convinti che le loro tefilot giovino ai partzufim, che ricevono il loro nutrimento spirituale dal Dio Superiore, attraverso tale servizio. In altri termini, le loro preghiere e le loro mitzvot sono necessarie ai partzufim, oggetti di culto.

Ma la nostra vera Fede, basata sulla Sacra Torà, aborre queste idee e ci insegna che lo scopo della preghiera consiste esclusivamente nel beneficio che trae il fedele dalla sua richiesta a Dio. È per bisogno spirituale e materiale, soggettivo ed oggettivo, che egli invoca l'Onnipotente, che ha il potere di esaudire la preghiera. Un principio fondamentale, che riguarda le preghiere e le mizvot, è che Ha Kadosh Baruch Hu non ha bisogno delle Sue creazioni. Viceversa, tutte le creazioni hanno bisogno di Lui, per essere tenute in vita e per essere sostenute, così come sta scritto "Tu dai la vita a tutti". Spiega il Rambam: "Da Dio proviene il mantenimento di tutto ciò che esiste. Se noi immaginassimo, nella nostra mente, l'assenza della Sua esistenza, si annullerebbe l'esistenza di tutto il resto. Se invece, immaginassimo l'annullamento di tutto ciò che esiste, la Sua esistenza non ne verrebbe condizionata, né mancherebbe in qualsiasi modo, dato che il Creatore, Benedetto Egli Sia, non necessita, per la Sua esistenza, di una qualsiasi altra entità".

La verità si testimonia da sola ed il servizio e l'adempimento delle mitzvot, stabilite nella Torà, hanno l'esclusivo intento di elevarci e di purificarci, di renderci virtuosi, di preservarci da tutte le altre false credenze avvicinandoci <252> al Signore. Come insegnarono i Saggi, di benedetta memoria: "Le mitzvot furono date per purificare la nazione". Ed ancora: "Che differenza fa per Dio se un animale viene macellato dal collo? ecc. Invero, le mitzvot furono date per la nostra purificazione soltanto, come sta scritto "Il comandamento di Dio è purificato sette volte tanto". Non di una consorte Egli ha bisogno, né di ornare la sua sposa! Dio ci scampi.

È altresì un principio fondamentale che la Torà fu concessa per il beneficio di coloro che La accettano e La mettono in pratica. Non per il beneficio di Colui che l'ha consegnata (come dicono i kabalisti), infatti sta scritto "per il nostro beneficio, per tutti i giorni".

 

107

 

Fu contro questi concetti idolatri che la Torà ci avvertì:(1) "Qualora ti seducesse in segreto tuo fratello, figlio di tua madre, o tuo figlio o tua figlia o la donna del tuo cuore o il tuo amico, che ami come te stesso, dicendoti: "Andiamo, adoriamo altri dèi sconosciuti a te ed ai tuoi padri, quegli dèi che appartengono ai popoli a te circostanti, vicini o lontani, da un'estremità all'altra della terra" ecc.

Similmente, i kabalisti sono venuti e hanno detto "Vieni e ti svelerò i segreti occulti e arcani" e ancora "esistono dèi negli alti cieli ed hanno aspetti diversi, uno superiore all'altro. Esiste un dio che si alimenta in un modo tale per cui l'intelligenza superiore è il suo nutrimento e la sua vitalità, provenienti continuamente da Atik. Da questa intelligenza i livelli inferiori possono "succhiare" dal partzuf che li sovrasta, grazie alle nostre preghiere. Infatti, l'influsso scende su di noi, che ne beneficiamo. E ugualmente si comporta con coloro che non lo servono, poiché suo padre e sua madre hanno stabilito che debba essere servito da tutti. Ma chi osasse servire il Dio Superiore sarà certamente punito, giacché tale è la volontà del Re Superiore, che deve essere invocato in congiunzione ai partzufim superiori".

Il summenzionato verso della Torà continua "non acconsentire e non lo seguire". Spiega il Talmud: (2) <253> Quindi, se uno ha acconsentito e lo ha seguito è colpevole. Abaye distingue (tra i due verbi): nel primo caso, si lusingò da solo, nel secondo caso, fu lusingato da altri. Rabà disse: "Entrambi si riferiscono al caso che fu sedotto da altri, ma, nel primo caso, il seduttore gli disse "questo è il modo che esso (il dio) mangia, che esso beve, che opera il bene e che punisce". Da dove lo deduco? Dal verso "dèi che appartengono ai popoli a te circostanti, vicini o lontani". Cosa ci insegna il verso con le parole "vicini" e "lontani"? Ci insegna che "dalla natura di quelli vicini potrete capire anche la natura di quelli che sono lontani". Rashi, di benedetta memoria, chiarisce il commento di Rabà: 'Perché il verso dice "vicini" e "lontani"? Perché il seduttore parlava dell'idolatria che era lontana, senza averne cognizione alcuna. Raccontava, poi, ogni genere di menzogna spiegando che il dio così mangia, così beve, ecc. Pertanto, il verso insegna "Considera l'idolatria che ti è vicina e riconoscine la sua falsità, e, in questo modo, potrai comprendere anche la falsità di quella che ti è lontana".

 

1. Deuteronomio 13:7.

2. Sanhedrin, 61.

 

108

 

Dalle interpretazioni precedenti di Raba e Rashi, comprendiamo come la tattica del seduttore consista nel lodare le divinità lontane, spiegando "Tale è il modo con cui essa fa scendere l'influenza e beneficia colui che la serve, dal momento che l'influsso benefico arriva solo a colui che la serve e la loda. Infatti, chi la abbandona non ne trae giovamento alcuno". E per questo la Torà è venuta ad illuminarci e ha chiarito chi sono "gli dèi a te lontani". Quelli "vicini" sono le facce (o partzufim) del sole, della luna, di Saturno, di Giove, di Marte, di Venere, di Kochav. Infatti coloro che veneravano gli astri attribuivano a loro delle "facce". Così dicevano che la "faccia" (o partzuf, in ebraico) di Shabtay (Saturno) è quella di un vecchio, ombroso e venerabile; la "faccia" del sole è quella di un re incoronato, assiso su un carro; la "faccia" di Noga (Venere) è quella di una bellissima donna, vestita di oro. E così ogni stella e ogni costellazione aveva un proprio aspetto. <254>

E, pertanto, da questi "partzufim" a noi "vicini" possiamo dedurre la completa vacuità dei "partzufim" delle "sefirot" a noi "lontani". E così facendo non saremo attratti dalle seducenti lusinghe dello Zohar, che esalta coloro, che, come lui, associano a Dio tutti quei "partzufim" immaginari (e, in particolare, zeir anpin) e, una volta combinatili, affermano che tutto è uno!

* * *

 

O voi, Legislatori e Capi di Israele, finitela con le parole dello Zohar! Se, come dicono loro, nessuno può presentarsi al cospetto dell'Onnipotente se non ha accettato questa dottrina mistica, a cosa alludevano, dunque, i Saggi quando dissero "Ha Kadosh Baruch Hu, per aumentare i meriti di Israele, concesse loro Torà e mitzvot"? Come mai il Santo Benedetto non ha ritenuto opportuno darci questo grande merito (lo Zohar) per mezzo di uno tra i tanti Profeti che ci ha mandato, da Moshè Rabbenu fino a Malachia? Perché mai non ci hanno avvisato che tutto il nostro servizio e tutte le nostre preghiere sono dirette alle cause inferiori e non già alla Causa Prima, che si adira con chi la invoca in preghiera? Perché mai i nostri Saggi, del Talmud e della Mishnà che hanno ricevuto la vera Kabalà, non ci hanno rivelato questa dottrina, che sarebbe "l'Anima della Torà"? Avrebbero voluto privarci del merito per quella vita eterna in cui tutto è buono? Come mai non ci hanno chiarito in che modo si debbano servire le cause, derivanti da kudshè brich hu e shechinte? Perché hanno permesso che la maggioranza del popolo, fra cui ci sono gli studiosi della Mishnà e del Talmud, rimanesse nel proprio errore? Perché hanno permesso che continuassero a rivolgersi a un dio falso che non gradisce le loro preghiere? Perché non ci hanno insegnato come bisogna servire l'ultima emanazione di Dio, lo zeir anpin, così da poter meritare la ricompensa di unire tutti i pezzi separati di entità maschili e femminili in un unico Uno, come a lui piace? Come mai i Saggi ci hanno istruito nel trattato Zebahim che un sacrificio doveva essere presentato per l'amore di sei fattori (il sacrificio in sé, il Nome di Dio, il fuoco, il profumo, l'offerente e il gradimento) e non già per l'amore di kudshè brich hu e di shechinte, quell'arcana ed incompensabile unità, che congiunge maschi e femmine?! I Saggi diedero alle Leggi della Mishnà e del Talmud l'appellativo di "Corona della Torà" e in Meghilà sta scritto "Chi abusa della Corona, perirà". Questo significa che chiunque sfrutta il prossimo che studia le Leggi, dette <255> "Corona della Torà", morirà, ecc. Non i cereali (della Torà) vanno scartati, bensì la pula. E tale è colui che studia "i segreti nascosti" dello Zohar e merita la "Luce Eterna della Vita"!!!

 

 

109

 

O Dio di Abramo, che non avvenga tra noi il dover elencare molteplicità nel Tuo Essere Uno, così come hanno fatto questi kabalisti, i quali, nella loro sacrilega ignoranza, hanno rappresentato il Vero, Unico, Vivente ed Eterno Dio con forme, aspetti, attributi di qualità e di quantità, come si addice a un'entità materiale. Così hanno ordinato tutte le distinte parti in quelle che osano definire "la Disposizione della Divinità" (Ma'arechet ha-Elohut) e hanno dato ad ogni parte un nome specifico! Ed ecco l'ordine di tale disposizione: (i cinque partzufim vengono suddivisi in dodici):

— Ein Sof, Elyon.

— Adam Kidmaa.

— Adam Kadmon.

— Atik e Nukve.

— Arich Anpin e Nukve.

— Aba ed Ema 'Ila'in (Superiori).

— Israel Saba e T'vunà.

— Ya'akob e Lea.

— Zeir Anpin e Nukve (zeir viene nominato Israel e Nukve-Rahel) (1).

 

Spiega Vital, nell'Etz Haim (2): "Quando Lea e Rahel stanno dietro a Zeir Anpin, le calcagna di Lea raggiungono la metà del capo di Rahel; parimenti, le calcagna di binà raggiungono la metà del capo di t'vunà". Così hanno squartato il Leone in Alto, che innalza potente il suo urlo "Chi non teme la parola di Dio?" simile allo squarciamento di un capretto. Così hanno descritto i partzufim maschili con mani e piedi, con talloni e petto, con fianchi e ombelico, con pudenda! Hanno denudato il loro Padre in Cielo descrivendo come il suo fallo penetra nel "fondamento" femminile, in una maniera "interiore", che non lascia dubbi sul suo realismo! <256>

Che si riversi su di loro tale ignominia, poiché hanno osato esprimersi in modo così indecoroso e turpe del nostro Padre in Cielo, la Cui Gloria riempie tutto l'universo!

Già abbiamo riportato le parole del Rambam, ha-Nesher ha-Gadol, il quale, nel Morè Nevuchim, spiega come la Sacra Torà, così come tutti i Profeti e Saggi, di benedetta memoria, si sia astenuta dal trattare due dei cinque sensi, cioè il gusto e il tatto, in relazione al Signore Benedetto. Quanto più vergognoso è trattare l'accoppiamento, Dio ci salvi! R. Elazar disse: Anche Miriam si spense con un bacio (3). Perché, allora, non sta scritto "al pì Ha Shem" (lett. "per la bocca di Dio", indicando con questo una morte beata) come, invece, è scritto a proposito della morte di Aharon e di Moshè che morirono "con un bacio" (be-neshikà)? Perché è immodesto esprimersi così. Se, dunque, la Torà stessa fu così cauta a non scrivere "al pì Ha Shem", in relazione alla dipartita della profetessa Miriam, che era donna, per cui era immodesto fare una simile allusione, a maggior ragione è estremamente inverecondo attribuire a Dio mascolinità o femminilità e asserire che il punto di congiunzione del fallo è sopra le due sefirot di "netzah" e di "hod", come nel maschio! Ammutoliscano le labbra di falsità di colui che osa parlare del Santo Benedetto in una forma talmente ripugnante e vergognosa!

 

1. Etz Haim, sha'ar ha-malachim.

2. ibid. Sha'ar aba ve-ema.

3. Non per mezzo dell'Angelo della Morte.

 

110

 

Tutto ciò ha provocato la mente e la mano di Moshè di Leon, il quale ha promesso ai suoi lettori, ancorché ignoranti delle Leggi della Sacra Torà, una grande ricompensa: se leggeranno lo Zohar, anche senza capirlo, acquisteranno grandi meriti! Cosicché questi impertinenti si considerano gli "Uomini dell'Ascesa" (Benei Alià) e guardano con arroganza coloro che si limitano a studiare Mishnà e Talmud. Ai loro occhi sono simili <257> a pula e ad animali selvatici che si cibano di sola erba. Ma, tant'è! Essi non capiscono e non sanno di camminare nell'oscurità e non sono in grado di astenersi dalle proibizioni più severe della Torà. Facilmente calunniano e fanno maldicenza verso i loro correligionari. Sono disposti a impiegare il loro tempo, le loro energie e le loro risorse finanziarie pur di sostenere una falsa testimonianza. Non investigano in modo giusto i testimoni e accusano gli assenti di essere "miscredenti" ed "atei" solo perché si rifiutano di aderire a tali nuove dottrine, zeppe di be'alim e di ashtarot, di entità maschili e femminili. Vengono fatti oggetto di biasimo perché hanno rifiutato di servire e di onorare quegli elementi femminili che trovano grazia agli sguardi delle emanazioni maschili e, in virtù del loro amorevole approccio, fanno scendere nei mondi inferiori un benefico influsso!

Leggete l'Etz Haim di Vital. Troverete spiegato che prima della creazione di Adamo, zeir anpin e nukve si trovavano in una posizione di dorso contro dorso; ma quando fu creato Adamo, per le di lui buone azioni, zeir e nukve assunsero una posizione di viso contro viso. Aba ed ema, tuttavia, non avevano bisogno delle buone azioni di Adamo, per cui si posero viso contro viso, per loro propria volontà.

Oppure leggete il S. Hayè Shalom, che spiega come fino ad Abramo zeir anpin non avesse ancora una sua forma stabilita. Da questo deduciamo che zeir anpin, oggetto di culto dei kabalisti, ha un bisogno costante di essere corretto e fissato insieme alle sue due consorti, Lea e Rahel, che devono trovare favore ai suoi occhi fino a quando egli si eccita e le desidera! Ma il Signore, nostro Dio, non ha bisogno delle sue creazioni. Sono esse che hanno bisogno di Lui ed Egli protegge coloro che Lo temono e beneficia coloro i cui cuori sono puri e sinceri con Lui.

 

111

 

Pertanto, chiunque sia sincero con il Signore, nostro Dio, che è la Causa Prima di tutta l'esistenza, non presterà ascolto all'ingannevole autore dello Zohar e a coloro che lo hanno seguito. È il Signore, nostro Dio, Unico, nella Sua Grandezza e Misericordia, che ha creato il tutto. Egli è Uno ed è Unico nella Sua Unità, dissimile da tutte le altre unità. Egli solo è il Primo e non c'è inizio al Suo <258> inizio. Fu Lui che ci trasse fuori dalla terra di Egitto e ci si rivelò sul Sinai, dandoci la Torà tra i tuoni, i lampi, i fuochi e lo strepito di shofar. Le montagne tremavano e tutta la terra era scossa dalla Sua Potenza. Fu, allora, che Egli fece ascoltare la Sua Voce possente e pronunciò: "Io Sono il Signore tuo Dio e non avrai altri dèi" e gli altri nove Comandamenti, la fama dei quali si è diffusa in tutto il mondo. In quel preciso istante, tutti i re, da oriente ad occidente, tremarono e, assaliti dalla paura, si recarono dal profeta Bil'am per sapere cosa stesse succedendo. I nostri Padri erano in numero di seicentomila (senza contare i vecchi, le donne e i bambini). Tutti quanti erano ai piedi della montagna, pronti a ricevere la Torà e all'unisono dissero: "Tutto quello che Dio ha detto faremo e obbediremo". Ed è a causa della grande paura che li aveva invasi, al cospetto della Potente Voce di Dio, implorarono Moshè: "Parla tu per noi e noi ascolteremo". Tutto ciò l'Onnipotente ha compiuto per noi, affinché si creda che Mosè, la pace sia su di lui, ci ha dato la Torà, che giammai va sostituita con un'altra. Pertanto, non presteremo fede ad alcun profeta o mago che viene per convincerci a servire altri dèi. Noi serviremo Ha-Shem soltanto, senza associazione a qualsiasi altra entità.

Il Signore fece conoscere le Sue vie a Mosè, in quanto è Benevolo, Misericordioso e Longanime, non collerico! Come potremmo sostituire il nostro Dio che è paziente con uno impaziente? Anche se quel profeta ci mostrasse segni e prodigi, davanti ai nostri propri occhi, in cielo e in terra, noi non lo seguiremo. A maggior ragione non seguiremo questo Moshè di Leon che, falsando l'opera delle sue mani, ha gettato il disonore sulla sua nazione. Che marcisca il suo nome, a cagione del male che ha provocato in Israele!

Ci si fermi un attimo e si mediti bene su questo punto. Sul profeta che compie miracoli, in cielo e in terra, la Torà ha ammonito: "Tu non ascolterai le parole di quel profeta poiché il Signore, tuo Dio, ti sta mettendo alla prova". Anche lo Zohar, l'esatta origine del quale è ignota (e le molteplici prove dimostrano che è opera di Moshè di Leon) parla di miracoli strabilianti compiuti nel nome di Tanaim ed Amoraim (che precedettero R. Shimon ben Yohai di alcune centinaia di anni) nel nome di Amoraim posteriori, nel nome di Eliahu il profeta secondo cui Atika Kadisha gli si rivelò nella sua Casa di studio. Nello Zohar vengono riportate altre storie, scritte con inchiostro nero su carta bianca, ed episodi che i nostri occhi mai hanno visto e neppure i nostri padri mai hanno raccontato. A maggior ragione noi non seguiremo né presteremo fede a chi ci esorta a rendere servizio a questi immaginari partzufim e a questo zeir anpin, "l'uomo di mezzo"!

Il nostro servizio andrà soltanto al nostro Dio, Benedetto Egli sia e Benedetto <259> il Suo Nome, esattamente come lo abbiamo ricevuto dai nostri Padri e in conformità alla Sacra Torà, che severamente ci ammonì a non attribuirGli né forma, né immagine, né essenza corporea. Egli è Uno e non esiste Unità simile alla Sua. Non esiste inizio al Suo inizio. I partzufim, le sefirot, gli iggulim di cui i kabalisti parlano hanno, al contrario, un inizio al loro inizio, hanno "corpi di luce", hanno immagini paragonabili a quelle umane. Il nostro servizio andrà soltanto alla Rocca, priva di associazione alcuna con "emanazioni" e "manifestazioni".

 

112

 

Da quanto è stato spiegato, il lettore saprà che deve evitare tutti i nuovi "minhaghim" (usanze liturgiche), proposti sia per alleggerire che per appesantire la Torà, così come quelle "nus'haot" (versioni del testo) basate sui testi kabalisti. La grande maggioranza di esse, se non tutte, furono scritte con il manifesto intento di introdurre nella nazione i principi kabalistici di molteplicità di entità maschili e femminili in unione. Essi, infatti, ritengono che se uno pronuncia le formule, anche senza capirle, fa in modo che tali "unioni spirituali" si attuino. Grande è il numero di coloro che seguono questi "minhaghim" infondati; la colpa non è loro, ma di quei rabbini che hanno abbandonato le usanze dei loro Padri fondate su basi solide e incorruttibili. Perciò, ogni persona che ha nel suo cuore il giusto timore di Dio, sarà avvertita a dissociarsi da tutti questi "minhaghim" e "dinim" derivati dalla nuova kabalà, che hanno l'unico scopo di demolire e abbattere le pietre angolari della Torà e le sue colonne portanti; infatti, i kabalisti nelle loro benedizioni e nelle loro preghiere allorquando pronunciano il Glorioso Nome pongono la loro "intenzione" su zeir anpin, associato con i partzufim sovrastanti. Ma non è solo queste nuove usanze che bisogna evitare. Bisogna essere cauti su tutto ciò che viene compiuto o detto dai kabalisti in relazione alle mitzvot, così come ci sono state spiegate dai Saggi. Eccone alcune: il Sefer Torà, i Tefilin, la Mezuzà scritti da un ebreo kabalista non sono validi, dal momento che i Nomi di Dio, scritti in essi, sono stati scritti per l'amore di zeir anpin. Tutti i <260> nomi descrittivi sono profani e possono venire bruciati come è la Legge dei Poskim, in riferimento ad un Sefer Torà, ai Tefilin o alla Mezuzà scritti da un "miscredente" (min). Inoltre, non bisogna mangiare dalla loro macellazione, poiché nel momento in cui si appresta a macellare, lo shochet kabalista si rivolge intenzionalmente a zeir anpin. Se un kabalista sta conducendo un'adunanza in preghiera non si deve rispondere "amen" né al momento della kedushà né quando dice "Baruch Ha-Shem Ha-Mevorah"; infatti, se l'officiante è un devoto kabalista le sue intenzioni sono rivolte a zeir anpin. Se uno si sposa o si divorzia, i testimoni non devono essere tra coloro che credono nella nuova kabalà, siccome "kedushin" e "ghetin" vengono invalidati dalla testimonianza di un ebreo indegno.

In un capitolo precedente, ho spiegato che i kabalisti, quando menzionano le dieci piaghe, durante il Seder di Pesah, versano una libagione dal loro calice di vino dentro ad un recipiente rotto, detto "arur" (maledetto) per "correggere" malchut e purificarla dal suo sangue mestruale, ecc. Il loro vino è come quello degli idolatri, per cui è proibito berlo o farne uso. Poveri noi, in quanto questo Zohar ci ha reso simili alle altre nazioni e alle altre fedi pagane, come quelle vediche degli Indù o quelle degli antichi Egizi, Caldei, Persiani, i quali tutti credevano in dottrine mistiche basate sul potere della loro fantasia.

In Sanhedrin, R.Y. Levi, ha riportato un'apparente contraddizione: In un posto, sta scritto: "e come gli statuti delle nazioni confinanti avete fatto"; ed in un altro posto, sta scritto "e come gli statuti delle nazioni confinanti non avete fatto". La Ghemarà chiarisce: "per coloro che erano fermamente stabili nella loro fede è detto "non avete fatto"; per coloro che hanno deviato dalla loro fede è detto "avete fatto".

Così è successo a noi. Quelli fermamente stabili nella Fede in Ha-Shem non hanno deviato, mentre coloro che si sono uniti ai veneratori di zeir anpin e hanno congiunto la sua parte maschile con la controparte femminile, hanno vacillato e deviato dalla vera Fede in Ha Shem.

 

113

 

Chi toglierà la terra dai vostri occhi, o Uomini della Grande Assemblea? Voi, che elevaste la vostra invocazione e gridaste al nostro Padre in Cielo contro lo yizrà d'avodà zarà, al fine di rimuovere per sempre dal popolo <261> d'Israele gli idoli, i be'alim e le ashtarot, riusciste nel vostro intento. Ma purtroppo, non per lungo tempo, poiché la vostra vera kabalà fu degradata e paragonata ad una serva, ad una "kelipà", a pula al vento, a fieno, all'altra rocca dal lato del male, mentre il culto e lo studio ispirato dai be'alim e dalle ashtarot, che parla di partzufim e sefirot, entità maschili e femminili che si accoppiano, è diventato "Elohut". E la "santità" e la "purezza" dei loro culti sono il risultato di una mente impura, confusa e istruita all'idolatria. Costoro non sanno sempre a quale "kavanà" devono indirizzaesi mentalmente, poiché, come dimostrato dai loro testi, esiste un grande numero di "kavanot". Se i nostri Saggi, gli Uomini della Grande Assemblea, potessero vedere cosa è successo all'Ebraismo, a causa dello Zohar, si straccerebbero le vesti, indosserebbero il cilicio, spargerebbero cenere sui loro capi e leverebbero in pubblico, nei mercati e per le strade, un alto e amaro grido, così come fece Mordechai nella capitale Susa.

Ahi noi! È questa le Legge della Torà? Indagare le allusioni segrete e riferirle al servizio delle Sefirot? Nominare i segreti della Torà come "la saggezza delle sefirot"? Con costoro, non dovremmo dire "Sitrei ha Torà" (i Segreti della Torà) bensì "setirot ha-Torà" (le contraddizioni della Torà), dal momento che tutte le loro parole sono in palese contraddizione con la Vera Fede nell'Yihud Ha Shem.

 

 

114

 

Concludendo, preziosi lettori, inchinate i vostri cuori e le vostre menti alla vera e saggia comprensione. Onorate il Signore e ringraziateLo, poiché Egli ha svegliato ed ha illuminato con lo Spirito della Sua Santità tutti i Profeti di Israele. Quindi, ha ispirato i Saggi della Mishnà e del Talmud affinché scrutassero, con gli occhi puri dell'intelletto, gli eventi del passato e del futuro. E i Saggi, d'altra parte, hanno acceso le grandi fiaccole di fuoco per dimostrare e insegnare la pura fede nell'Unità di Ha-Shem Baruch-Hu, prima che l'oscurità dell'ombra della morte venisse a dissacrare e a contaminare la Fede, tramite "emanazioni" nominate in Sua vece. Su coloro che fecero immagini d'oro, d'argento, di legno e di pietra il profeta Geremia sentenziò: "come una sola cosa saranno bruciati, poiché sono stati ingannati dagli insegnamenti di vanità che è tutto legno". Mentre su coloro <262> che, nella nostra generazione, seguono i passi del falso profeta dello Zohar, la Torà si espresse: "Se si levasse tra di voi un profeta o un sognatore e dicesse "serviamo altri dèi", che non avete conosciuto, non già dalla Kabalà ricevuta dai Saggi, "non ascoltate le parole di quel profeta" e non curatevi di sapere se siano vere o false. Poiché senza alcun dubbio, tutto ciò che deriva e consegue da una base falsa sarà falso. A questo riguardo disse il Profeta Samuele: "Non rivolgetevi alle vanità che non vi possono salvare, poiché esse sono assoluta nullità". E quasi tutti coloro che leggono o studiano lo Zohar e i testi scritti da individui o da gruppi, che hanno ereditato il caos, non hanno compreso la loro vera intenzione e hanno falsamente creduto di avere a che fare con la Torà. "Israele non ha distinto, la Mia nazione non ha meditato" che il loro vero scopo era quello di istituire una nuova legge orale che rimpiazzasse la Mishnà ed il Talmud.

Lodato sia il nome di Dio, che dona all'uomo sapienza e comprensione cosicché percepisce la verità delle parole vere e rende vane le visioni degli impostori che si levano e annunciano le loro nuove dottrine, e con sotterfugi e falsità fanno si che molti nostri correligionari credano che il Signore, nostro Dio, abbia forme e aspetti.

Ma ogni Ebreo dal cuore saggio impari dalla Torà della perfezione e dalle parole di R. Sa'adya Gaon, di R. Yehuda ha-Levi, di Rambam e di molti altri Saggi, cosicché la Sua anima sarà sazia del puro pane della nostra Sacra Emunà, così come fu rivelata ai Patriarchi e a Moshè Rabbenu al cospetto dell'intera nazione sul monte Sinai. E tramite ciò meriterà di contemplare le delizie di Ha Shem e di visitare la Sua dimora. E così l'Onnipotente ci ha aiutato fin qui a mettere a nudo i veri pensieri dell'ingannevole e mendace autore dello Zohar, che osò scrivere cose false sul Signore e sulla Torà, descrivendo nuovi dèi, parto della sua sfrenata immaginazione, attribuendo poi i suoi scritti al famoso Hacham R. Shimon b. Yohai, Santo Tanai, facendo così cadere in errore molti cuori della Casa di Israele.

Benedetto Egli sia che dona sapienza all'uomo per capire e correggersi.

Venite, camminiamo nella Luce di Dio, la Sacra Torà, che ci dona comprensione e ci insegna la sapienza di Ha-Shem Elohim Emet e con questa meritiamo le delizie di questo mondo e del mondo futuro.

<263>

 

FINITO DI STAMPARE

NELLA TIPOGRAFIA GIUNTINA DI FIRENZE

MAGGIO 1983

<264>

 

Finita la revisione del testo oggi 27 aprile 2021, 15 di Yiar tav-shin-peh-alef, 30esimo giorno dell'Omer. Davide Levi.