LE SACRE GUERRE CONTRO LA KABALA'
"MILHAMOT HA-SHEM"
del
HACHAM
YIHYE IBN SHLOMO EL-KAPAH
con
il permesso dello
TZADIK
HA-SHALEM
HA-MORI
HAIM WENNA
e
tradotto in italiano dai
suoi
Talmidim
Editrice
La Giuntina
<03>
Copyright © 1983 by Peretz Green and Davide Levi
<04>
INDICE
|
Prologo |
pag. 19 |
|
Introduzione |
" 21 |
|
Introduzione al contenuto |
" 39 |
|
Introduzione alla lettura del testo |
" 45 |
1 |
Lettera dallo Yemen ad uno dei kabalisti di Gerusalemme |
" 47 |
2 |
Prima risposta |
" 47 |
3 |
Seconda lettera dallo Yemen a Gerusalemme |
" 47 |
4 |
Seconda risposta |
" 50 |
5 |
Terza lettera di R. Shlomò El-Kapah a Gerusalemme |
" 52 |
6 |
Terza risposta da Gerusalemme |
" 59 |
<05>
SEFER
MILHAMOT HA-SHEM
1 |
Non si deve deviare dalla Kabalà dei Saggi della
Mishnà e del Talmud |
pag 69 |
|
|
2 |
Non bisogna credere a qualsiasi autore che apporta delle innovazioni
su argomenti di fede, nel nome di Elia o di atik |
" 70 |
|
|
3 |
È obbligo per ogni Ebreo "conoscere Dio", in
accordo con la tradizione dei Saggi — ognuno è fallibile |
" 70 |
|
|
4 |
Persino il Grande Sinedrio avrebbe potuto sbagliare, per questo
motivo venne creato il Trattato Horaot |
" 71 |
|
|
5 |
La nuova kabalà è del tutto estranea dalla
"via" della Sacra Torà, in merito alla conoscenza di Dio e
della Sua Unità |
" 72 |
|
|
6 |
I nuovi kabalisti fanno della maldicenza e calunniano tutti
coloro che non si comportano come loro |
" 72 |
|
|
7 |
Tratta di colui che si ritiene Saggio e ci risponde con
affermazioni infondate |
" 73 |
|
|
8 |
Risposta alla sua affermazione, per la quale la nuova
kabalà è "Halachà le-Moshè me-Sinai" |
" 74 |
|
|
9 |
Uno di essi ha detto "Tu affermi la verità, ma
perché bisogna dirlo ai Talmidim?" — egli è come il
malvagio tra i quattro figli che dice "che cos'è questo servizio
per voi?" — l'affermazione dei Saggi, per la quale "ogni
mishnà che non è studiata nella Casa di Studio di R. Hiya e di
R. Oshaya ecc. — da un antico manoscritto nel nome di R. Sa'adya Gaon |
" 75 |
|
|
10 |
Lezione dalle sue parole e da quelle di R. Yihye ibn Tam
riportate nel libro Revid ha-Zahav |
" 76 |
|
|
11 |
Le parole di Maharshal, per cui uno non deve essere più
severo del Talmud, come fanno i kabalisti; perché questo è
paragonabile a "minut" — in accordo con i Poskim che non bisogna
prendere in considerazione le opinioni dei nuovi kabalisti, allorquando
queste sono in contrasto persino con un singolo Posek — questa nuova
kabalà non era conosciuta nello Yemen dai nostri antenati, come scritto
da Mahari Zahari |
" 77 |
|
|
<06> |
|
|||
12 |
Risposta a colui che ha detto "Chi vi ha dato il permesso di
indagare ?" ecc |
pag 79 |
||
13 |
La mitzvàfondamentale dello studio della Torà consiste
nel conoscerla e nel comprendere le parole dei Saggi e della Halachà —
cosa significa la guerra della Torà |
" 80 |
||
14 |
Vengono riportate valide prove che il Signore, nostro Dio,
è la Prima Causa e non già zeir anpin |
" 82 |
||
15 16 |
Lo Zohar spiega che esiste una molteplicità di cause e di
effetti inerenti alla Divinità e che ogni causa è nominata con
gli appellativi di Ha-Kadosh Baruch-Hu — in accordo con lo Zohar fu adam
kadmon che pronunziò "Vedete, ora, che sono io", ecc.; aba
sentenziò "Sia il firmamento" ecc.; ed ema disse
"Facciamo l'uomo" ecc |
" 83 |
||
17 |
Spiegazione della Mishnà e della Beraità
"Perciò l'uomo fu creato singolo" |
" 86 |
||
18 |
Lo Zohar spiega che "bereshit" è aba, i cieli e la
terra sono zeir anpin e nukvei |
" 88 |
||
19 |
Per quale motivo i Settantadue Anziani cambiarono il testo della
Torà per Tolomeo |
" 89 |
||
20 |
Lo Zohar spiega il verso "Dio regnò" ecc. e
"E Dio nel nostro mezzo o no" — in merito ai sacrifici non viene
mai proposto il nome "El" o "Elohim" bensì
"ad Ha-Shem", per non dare motivo ... — le parole del Rambam — Lo
Zohar sul verso "Qual è il suo nome o il nome di suo figlio?"
— ogni servizio deve essere rivolto a zeir anpin — argomento dello Yalkut
contro ciò |
" 90 |
||
21 |
Lo Zohar riferisce "il timore di Dio" a nukve e
"Lui servirai" lo riferisce a zeir anpin — allorquando Shimon
ha-Amsuni arrivò al verso "il Signore, il Dio che tu
temerai" si astenne dall'interpretarlo, finché arrivò
Akiba ben Yosef, ecc |
" 95 |
||
<07> |
||||
22 |
Le parole del Sefer ha-Brit e di altri kabalisti per le quali
zeir anpin è il nostro Dio e fu Lui, Ha-Kadosh Baruch-Hu che
parlò a tutto Israele |
pag 97 |
||
23 |
Un grande fremito ecc., a causa della molteplicità di
divinità |
" 98 |
||
24 |
Il Bereshit Raba e lo Yalkut scrivono che "ogni cosa ha
generazioni e ogni cosa che ha generazioni appassisce e scompare" — in
Mishnat Hassidim è scritto che "i nostri padri" sono aba ed
ema che furono fatti schiavi del Faraone, l'Egitto è la sitrà
ahra e fu arich anpin che li redense e li liberò — parole della
Ghemarà secondo le quali quando Mosè salì per ricevere
la Torà, ecc. Sua risposta agli Angeli Servitori |
" 99 |
||
25 |
Allorquando uno pronuncia "ringraziamo, ringraziamo"
oppure "Ascolta, ascolta", lo si fa tacere subito — avvertimento
dell'autore del S. ha-Ikarim a non studiare lo Zohar ed i testi dei kabalisti.
— Cosa rispondono i Saggi a colui che chiede su ciò che precedette la
creazione |
" 102 |
||
26 |
"Vieni e ti insegnerò "i segreti del
Carro"" — il Maharsha spiega come la nuova kabalà abbia
speculato su ciò che è al di là dei segreti del Carro e
quale grave errore abbiano commesso i nuovi kabalisti ad indagare su
ciò che è al di sopra, al di sotto e dentro ecc |
" 104 |
||
27 |
Parole di Haim Vital e del libro "Oz l'Elohim" — il
Rambam nel Morè Nevuhim contro le opinioni di Vital — parole di R.
Sa'adya Gaon, S. MitzvotGadol e Yalkut contro la nuova kabalà — un re,
in carne ed ossa, viene onorato insieme agli altri importanti esponenti del
suo reame, ecc. ma Ha-Kadosh Baruch-Hu |
" 106 |
||
28 |
Citazione dello Zohar secondo cui tutti i partzufim devono essere
evocati in preghiera |
" 108 |
||
29 |
I Saggi cercarono di occultare il libro di Kohelet e la profezia
di Ezechiele — severità dei Saggi verso chiunque potesse considerare l'esistenza
di due distinti "poteri regnanti" |
" 109 |
||
<08> |
||||
30 |
Non ha senso alcuno quando dicono che "tutto è
uno" |
pag 110 |
||
31 |
Haim Vital nel libro "Etz Haim" descrive la Sua Essenza
come contenitrice di molti "mutamenti" e rappresenta i mondi di
"igulim" e di "yosher", attribuendo loro misure e limiti;
— il corpo delle sefirot, i loro indumenti e le loro anime provengono tutte
dall'Essenza dell'ein sof |
" 112 |
||
32 |
Il "Shushan Sodot" spiega che il mondo di atzilut
è composto da luci e recipienti e persino i suoi indumenti sono fatti
di "santità"; mentre i mondi di creazione, formazione e
materializzazione, dal loro "male" fino al basso, non sono di
completa "santità" — citazione dal Talmud che spiega il
verso "dalle divinità delle nazioni che sono vicine e che sono
lontane" |
" 115 |
||
33 |
La molteplicità di dèi nella nuova kabalà
è maggiore che in altre religioni — Haim Vital spiega che esistono
molti generi di ein sof e che tutto il nostro servizio è allo scopo di
far scendere l'influsso dall'ein sof che è nascosto nella
"Corona" |
" 117 |
||
34 |
Il Kissei Eliahu e Sefer Ha Brit spiegano che
"l'intenzione" delle preghiere e delle benedizioni non va rivolta
all'Essenza del Dio Uno, giacché Egli è troppo lontano |
" 120 |
||
35 |
Il Rosh in Hullin dice che ogni "tosefta" che fu
proposta dopo la chiusura del Talmud. ecc. — R. Hitar, uno dei nostri
antenati, spiega il secondo "Principio" — lo Zohar, in
parashà "va-ethanan", sulle altre fedi |
" 121 |
||
36 |
La Mishnà "ogni cosa è vista" ecc. Ha
Kadosh Baruch-Hu conosce ciò che sarà prima che avvenga |
" 123 |
||
37 |
L'errore dei kabalisti che asseriscono che uno può
compiere ciò che è l'opposto di quello che Dio sa — nel mondo
di atzilut non c'è interesse per le azioni degli uomini, siano esse
buone o cattive |
" 124 |
||
38 |
Il Rashab, in Edra, spiega che il "regno" ed il
"servizio" appartengono a zeir anpin |
" 126 |
||
<09> |
||||
39 |
Lo Zohar spiega che R. Shimon b. Yohai non voleva essere
giudicato da zeir anpin, bensì da atika kadisha, presso il quale uno
abbandona (il giudizio) sempre in uno stato di merito |
pag 127 |
||
40 |
Mishnà in Avot secondo la quale "Egli è Dio,
Egli è il Creatore" ecc. — in merito a queste false credenze R.
Tam ibn Yihia disse che i kabalisti hanno distrutto le pietre angolari della
Torà — il Mahberet ha-Kodesh e lo Hemdat Yomin non pronunciano
l'Yigdal Elohim Hai — il S. ha-Brit, per il quale la nostra fede non è
simile a quella degli ebrei sull'Unità di Dio e che zeir anpin e la
causa "percettibile" che si è rivelata sul Sinai — che la
"luce" nel suo discendere si ispessisce e si materializza — l'Oz
l'Elohim sostiene che il servizio non deve essere rivolto a zeir anpin,
bensì a malka kadisha d'kol kadishin |
" 128 |
||
41 |
L'Ari e lo Hemdat Yomin furono i soli che si opposero a
proclamare i primi quattro articoli di fede dello Yigdal Elohim Hai — Lo
Yosher Levav sul verso "per conoscere il Dio di vostro padre" —
ciò include i cinque partzufim e "per servirLo" è
riferito a zeir anpin, sebbene esso sia un oggetto di creazione |
" 132 |
||
42 |
Midrash ha-Gadol e Bereshit Rabbà su Abramo |
" 136 |
||
43 |
Il Rambam paragona l'opinione di R. Yohanan con quella di Resh
Lakish |
" 138 |
||
44 |
Lo Zohar ha completamente mutato la Emunà della
Torà — S. ha Rokeah è in accordo con la Torà |
" 141 |
||
45 |
Prove dal S. ha-Rokeah che la nuova kabalà è del tutto
estranea alla "vera via" ed è completamente eretica — nel
Medioevo essi credevano che questa nuova kabalà fosse stata scritta da
R.Shimon bar Yohai, senza che notassero le contraddizioni implicite in
ciò — l'evoluzione a catena dei partzufim |
" 144 |
||
46 |
I nuovi kabalisti sono in contraddizione con i Saggi in Bereshit
Rabbà, in Shemot Rabbà, in Yalkut, in Yerushalmi (Shabat) — S.
ha Rokeah: queste sono le categorie dei "minim", ecc |
" 145 |
||
<10> |
||||
47 |
Citazione dal S. Mitzvot Gadol per cui è proibito
immaginare che esista qualsiasi altro dio all'infuori del Signore, nostro Dio
— Rambam in Hilchot Avodà Zarà |
pag 146 |
||
48 |
La credenza dell'autore dello Zohar è analoga a quella della
generazione di Enosh |
" 148 |
||
49 |
La Ghemarà in Sanhedrin e in Succà "Chiunque
associ il Nome con qualsiasi altra entità" ecc., persino nel
pensiero |
" 149 |
||
50 |
La Ghemarà in Minahot "da Tzor fino a Cartagine"
ecc. — tale è anche l'opinione dello Zohar |
" 151 |
||
51 |
Ogni racconto menzionato nello Zohar riguardante i segreti di Dio
in possesso di R. Shimon b. Yohai non è mai stato espresso né
da lui né tantomeno da altri Hachamim — citazione dalla Mishnà
e dalla Ghemarà in Zebahim per cui i "sacrifici" venivano
compiuti in virtù di sei cose — ma non già "per provocare
l'unione di kudshè brichu con shechintei" |
" 152 |
||
52 |
Citazione dal S. Mitzvot Gadol — spiegazione in alto |
" 153 |
||
53 |
Citazione dal S. ha Ghedarim |
" 155 |
||
54 |
Ciò che è chiaramente compreso nel verso e a tutti
noto non fu mai pronunciato dai Hachamim, come anche Rambam nel suo commento
alla Mishnà — e, del resto, dalle loro risposte ai non credenti
c'è sufficiente materiale per capire il vero significato di Yihud
Ha-Shem — persino se esaminiamo il Targum alla Torà di Onkelos e il
Targum ai Profeti di R. Uziel possiamo comprendere il vero Yihud Ha-Shem —
quando uno traduce un verso così come sta, lo manomette — i kabalisti
sono andati dietro alla credenza nella Trinità come si può
vedere dalla citazione dell'Oz l'Elohim — citazione del Talmud Yerushalmi e
da Shemot Rabbà per cui il "Sigillo" di Ha-Kadosh Baruch-Hu
è "Emet" (verità) — sul verso "Io sono il Primo,
Io sono l'Ultimo", per cui non ho ricevuto il mio regno da alcun altro —
i Hachamim considerano la credenza nella trinità come idolatria,
sebbene quelli dicano che tre è uno |
" 157 |
||
<11> |
||||
55 |
Il loro libro fu nascosto sotto terra per farlo apparire antico e
così ingannare il popolo — l'intenzione delle mitzvotè quella
di abbellire le donne nominate la Shehinte Superiore e la Shehinte Inferiore.
Cosicché esse trovino grazia agli occhi dei rispettivi consorti |
pag 161 |
|
|
56 |
I Saggi amavano la Mishnà e la chiamavano il Tesoro
Nascosto di Ha-Kadosh Baruch-Hu — l'ingannevole autore dello Zohar credeva
nelle idee degli Egizi e degli antichi Caldei — lo Zohar disprezza la
Mishnà ed il Talmud e si autoincensa a dismisura |
" 164 |
|
|
57 |
Lo Zohar deride e offende la Mishnà con spregevoli epiteti |
" 167 |
|
|
58 59 |
Moshè ammise il suo peccato, cioè aver dato questa
Mishnà ad Israele e, per questo motivo, venne sepolto fuori dai
confini della Terra Santa |
" 169 |
|
|
60 |
Esempio fornito dai Saggi: una donna ha mangiato i frutti del
settimo anno ecc |
" 173 |
|
|
61 |
. Citazione del Midrash Gadol per cui Asa aveva fatto costruire
una figura mostruosa — lo Zohar invece lo chiama "la Porta del
Cielo" — se, come dicono i kabalisti, i cinque partzufim sono insieme
una singola entità, perché, dunque, bisogna pregare ad ognuno
di essi, singolarmente — essi stessi sono in disaccordo tra di loro sul
partzuf che bisogna evocare in preghiera " |
" 175 |
|
|
62 |
Come spesso siamo stati avvisati dalla Torà a non seguire alcun
profeta che ci esorta a compiere idolatria — se tutti i partzufim
rappresentano una singola unità, così come dicono, come
è possibile che atik si sia separato dagli altri, per entrare nel
Beit-ha-Midrash e inoltre come è possibile che ema si sia separata da
aba quando Adamo peccò — risposta di R. Abraham ibn Ezra a coloro che
credono nella trinità — perché i Saggi non ci hanno detto che
R. Shimon b. Yohai era un profeta — perché R. Shimon ben Yohai si
lamentò che la domestica della casa di suo padre aveva visto un angelo
per ben tre volte, mentre lui nemmeno una volta |
" 177 |
|
|
<12> |
|
|||
63 |
Citazione dal Talmud Yerushalmi in cui i non credenti chiesero a
R. Simlai quanti fossero gli dèi creatori del mondo |
pag 179 |
|
|
64 |
In Shabat raccontano i Saggi che quando Mosè salì
in alto, gli Angeli chiesero cosa mai vi facesse in quel posto un essere
mortale; risposta di Mosè agli Angeli |
" 180 |
|
|
65 |
L'avodà zarà viene chiamata anche elohim aherim
poiché essi non hanno altra esistenza se non la propria; — Il Midrash
Rabbà racconta come essi siano stati chiamati con il nome di Ha-Kadosh
Baruch-Hu — non esiste altro "dio" all'infuori del Signore |
" 183 |
|
|
66 |
È solo Dio il vero Uno — la Torà avvisa a non
considerare forma e immagine alcuna riferita a Dio |
" 185 |
|
|
67 |
Errore che hanno commesso i kabalisti ad interpretare alla
lettera i versi, come ad es. "Facciamo l'uomo a nostra immagine" |
" 187 |
|
|
68 |
I kabalisti attribuiscono a Dio una forma strutturata |
" 188 |
|
|
69 |
I kabalisti ritengono che Dio si sia emanato nei partzufim dei
mondi di emanazione, creazione, formazione e materializzazione — i kabalisti dissimulano
la loro vera credenza, al fine di fare nuovi proseliti — parole di R. Y. Albo
nel S. ha-Ikarim |
" 189 |
|
|
70 |
L'ordine e la gerarchia delle divinità secondo la nuova
kabalà |
" 191 |
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|
71 |
Primo e Secondo Principio dei 13 Attributi di Fede |
" 193 |
|
|
72 |
Midrash Rabbà, va-ethanan, "Chi è con Me nei
cieli" ecc. giacché Io non ho associato il Mio onore con alcun
altro, Io ho creato ogni entità a coppie ecc. |
" 194 |
|
|
<13> |
|
|||
73 |
Yalkut — "C'è Uno soltanto, non c'è un
secondo". Egli non ha né padre, né figlio, né
fratello, ecc. — i nuovi kabalisti credono nell'esistenza di dèi puri
e dèi impuri e, alle volte, quelli impuri dominano e rendono schiavi quelli
puri — i minhaghim dei kabalisti sono pieni di idolatria |
pag 195 |
|
|
74 |
Non fu corretto da parte dei Rabbini del Medioevo l'apportare dei
cambiamenti nei testi di preghiera, conformemente alla nuova kabalà,
abbandonando così l'usanza dei loro padri |
" 197 |
|
|
75 |
Terzo Principio — Rambam in Yesodè ha-Torà |
" 198 |
|
|
76 77 |
Quarto Principio — falsità di coloro che affermano che uno
non deve suddividere la Torà in "Principi" — Quinto
Principio |
" 201 |
|
|
78 |
Zeir anpin è un attributo di spregevolezza e dissennatezza
— e il peggio è che costoro attribuiscono a zeir anpin il più
basso dei cinque sensi |
" 206 |
|
|
79 |
Rambam e Yehudà ha-Levi trattano sui cinque sensi e sul
turpiloquio |
" 207 |
|
|
80 |
Perché mai uno dovrebbe abbandonare la terminologia della
Santa Torà per adottare le sconce espressioni dei kabalisti come
quelle del seme maschile che penetra nell'utero femminile |
" 209 |
|
|
81 82 |
Come i Saggi abbiano considerato vergognoso l'argomentare di temi
sessuali — come il poeta kabalista abbia osato rappresentare la
divinità nell'atto di abbracciare, baciare, copulare, ecc. — racconto
del Shem — ha-Ghedolim sull'origine dello Zohar — varie opinioni sulla sua
origine |
" 210 |
|
|
83 |
R. Yaakov Emdin nel suo S. Mitpahat Seforim |
" 214 |
|
|
84 |
Il Sod Yesharim tenta di negare la molteplicità attribuita
ai kabalisti — a tal riguardo, descrizione della "contrazione" e dell'evoluzione
delle sefirot — S. ha Brit ci esorta a non temere di materializzare il
Creatore |
" 216 |
|
|
<14> |
|
|||
85 |
In ogni caso, la sua tesi non ci esime dal ritenere che essi
credono in molte divinità e servono zeir anpin — rampogna del Profeta
"Quale altra nazione ha scambiato i suoi dèi che non sono poi
veri dèi", ecc |
pag 219 |
|
|
86 |
La vera opinione di Rivash — opinione dei dualisti, secondo la
quale ci sono due "attivatori" uno che opera il bene e uno che
opera il male — Israele non deve cambiare la sua pura fede con credenze
estranee |
" 220 |
|
|
87 |
Sulle false credenze, per le quali Geremia tuonò
"Essi hanno rinnegato Dio, hanno detto che Egli non è" ecc. |
" 221 |
|
|
88 |
Attraverso il testo dello Zohar, il coperchio che teneva chiuso
l'inclinazione all'idolatria è saltato e Satan una volta ancora
"balla tra di noi" |
" 223 |
|
|
89 |
Queste idee sono analoghe a quelle che fioriscono nel periodo dei
Giudici — citaz. del Talmud Yerushalmi, in Shabat, per cui il Ba'al possedeva
il membro maschile ed era adultero |
" 226 |
|
|
90 |
Questa è la prova alla quale ci ha sottoposto il Signore,
ma molti di noi hanno fallito la prova |
" 228 |
|
|
91 |
I Talmudisti e la maggior parte del popolo è priva di
conoscenze sulla nuova kabalà, per cui la loro fede rimane intatta |
" 230 |
|
|
92 93 |
Un'altra parte del popolo si rende conto della fallacità di
queste credenze, tuttavia teme le minacce dei cosiddetti "Hassidim"
e questa situazione è analoga a quella dell'adulatore |
" 231 |
|
|
94 |
Altre prove dallo Zohar e dall'Oz l'Elohim che zeir anpin
è una creazione e che l'Altissimo lega e unisce insieme le
divinità inferiori con quelle superiori — lo Zohar paragona
l'Unità di Dio alla calce che cementa le pietre di un edificio |
" 234 |
|
|
95 |
Lo Zohar e i kabalisti hanno trasgredito la proibizione di
parlare dell'Essenza |
" 236 |
|
|
<15> |
|
|||
96 |
Tesi dei kabalisti per la quale essi servono i partzufim
poiché l'Altissimo li permea sia dall'esterno che dall'interno — se
ciò è vero, anche gli eserciti del cielo e la terra sono
completamente permeati all'interno e all'esterno, come dice il verso
"Non riempio forse Io i cieli e la terra?" |
pag 236 |
|
|
97 |
In che modo le creazioni non debbono essere considerate, in alcun
modo, divinità |
" 238 |
|
|
98 |
R. Sa'adya Gaon sul tema delle false e vere credenze |
" 239 |
|
|
99 |
Rambam spiega che la rivelazione sul Sinai a tutto Israele
è una prova inconfutabile della profezia di Moshè |
" 241 |
|
|
100 101 |
Dalle sue parole concludiamo che non dobbiamo assolutamente
credere nello Zohar per scambiare il Signore, nostro Dio, la Causa Prima, con
questo piccolo-volto di zeir anpin, che avrebbe ricevuto il regno su tutti
gli altri — parole dei Saggi, per le quali ciò che il Profeta ha detto
di compiere, in accordo con la Torà, va compiuto, eccezion fatta per
il servizio ad altri idoli |
" 244 |
|
|
102 |
Gli antichi filosofi credevano che Dio fosse l'anima delle sfere celesti
e degli astri; parimenti l'autore dello Zohar lo ha considerato come l'animo
dei partzufim — egli ha chiamato i partzufim "il Carro" e il Carro
è formato da una molteplicità di divinità — tutto
ciò viene creduto senza bisogno di voci, lampi e tuoni, senza prodigi
e miracoli, come avvenne sul Sinai |
" 247 |
|
|
103 |
Dovrebbe sorgere nella mente di ognuno la domanda "Chi
disse, dunque, facciamo l'uomo?" |
" 248 |
|
|
104 |
Essi dicono che tutte le mitzvot dipendono da queste superiori forme
che essi nominano "Il Corpo del Re", alcune mitzvot sono riferite
alla sua testa, altre alla sua mano, altre ancora ai piedi, ecc. |
" 249 |
|
|
<16> |
|
|||
105 |
I Poskim hanno spiegato ampiamente le leggi e i dettagli ma la
più importante mitzvà, cioè l'Unità del Nome,
è stata abbandonata come una città sguarnita di fortificazioni
— avrebbero dovuto dilungarsi su tutte le prescrizioni riguardanti lo Yihud
Ha-Shem |
pag 250 |
|
|
106 |
Le altre nazioni usavano abbellire i loro idoli con decorazioni
di oro, argento, ecc.; i nuovi kabalisti adornano i loro partzufim con le
preghiere e le mitzvot che dedicano loro — essi credono che la preghiera sia
di grande necessità per i partzufim, ma ciò è in
contrasto con la fede della Torà, per la quale la preghiera giova a
colui che la esprime — Ha-Kadosh Baruch-Hu non ha bisogno delle creature,
sono queste che hanno bisogno di Lui |
" 252 |
|
|
107 |
Contro tutto ciò la Torà avvisò "Se dovesse
levarsi un profeta" ecc |
" 253 |
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108 |
Perché, dunque, i Saggi non ci rivelarono questa
"anima" della Torà, perché, in precedenza, Ha-Kadosh
Baruch-Hu non ci rese meritevoli di questa fede per mezzo dei Suoi Profeti? |
" 254 |
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109 |
O Dio di Abramo, che non sia nostra opera, ecc. |
" 256 |
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110 |
Essi brancolano nel buio e non fanno attenzione persino alle
più severe proibizioni della Torà |
" 257 |
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111 |
Chiunque ama Dio e la Torà con un cuore puro non
seguirà questa nuova Torà. Ha-Shem è il Primo che non ha
inizio al Suo inizio, Egli è il nostro Dio che ci fece uscire dalla
terra di Egitto, Egli ci si rivelò sul Sinai e proclamò
"Io sono il Signore" ecc. — se si levasse un Profeta che ci mostra
prodigi e fa miracoli noi osserveremmo comunque la messa in guardia della
Torà, per la quale è proibito servire altre divinità, a
maggior ragione non seguiremo lo Zohar |
" 258 |
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<17> |
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112 |
Nel Medioevo molti Rabbini furono influenzati dalle dottrine kabalistiche
— i nuovi mihaghim e i nuovi dinim distruggono le pietre angolari della
Torà e ogni ebreo deve evitare di adottarli — nella Ghemarà e
Yalkut è scritto "Come le leggi delle nazioni" ecc. |
pag 260 |
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113 |
I "segreti" della nuova kabalà sono, invero, in
contraddizione con la Torà — La Mishnà e il Talmud sono venuti
ad illuminare i nostri occhi prima dell'avvento di questa spregevole fede di
Moshè de Leon e della sua falsa profezia |
" 261 |
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114 |
Conclusione |
" 262 |
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<18> |
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PROLOGO
L’introduzione
che segue fu scritta a Milano dai Talmidim di ha-Mori Haim Wenna. Lo Tzadik
già dal giugno 1982, mese della sua sacra dipartita, aveva visto la
traduzione in inglese e aveva approvato l’introduzione che gli venne letta
compiutamente. La settimana precedente la dipartita del Santo Tzadik, ha-Mori
prese nelle sue mani la copia tradotta di Milhamot Ha-Shem con la parte
introduttiva, e pronunciò la Sua Benedizione: “Questo Sefer sarà
sacro”. Cosicché il lettore che merita di leggerlo con il cuore sincero
e la mente sgombra da preconcetti parteciperà alla benedizione che lo
Tzadik, ancora più grande nella sua dipartita che nella sua vita
terrena, ha impartito a tutti coloro che si abbevereranno dalla sorgente della
sua saggezza e si nutriranno dalla purezza della sua fede.
La traduzione
in italiano fu completata durante l’anno di lutto.
Riportiamo qui
le esatte parole dell’iscrizione incisa sulla lapide dello Tzadik:
HA-TZADIK
HA-KADOSH
HA-MORI
HAIM WENNA
Il
Giusto Nascosto
Ha-Mori
Haim Wenna
nato
a Shavuot al tempo
dei
tuoni e lampi
a
Sana'a, capitale dello
Yemen,
nell'anno 1914.
<19>
Dipartito
il 24 sivan 5742.
Amato
da Dio in tutte le sue vie
Capo
dei Figli dell’Ascesa
fondamento
dell’uomo nella sua generazione
Esperto
eccezionale in tutti
gli
ordini della saggezza
tutti
i segreti della Torah
e
tutti i segreti del mondo con lui.
Esperto
in tutti gli ordini celesti
e
tutti i segreti della natura
sono
nei suoi tesori.
Uomo
dell’umiltà e delle virtù
insegna
il giusto comportamento
ai
figli della sua generazione.
Uomo
delle potenze
che
soffriva in segreto
e ha
sofferto con grande amore
terribili
afflizioni
per
togliere i decreti sul mondo.
Raccolto
qui a Milano,
la
sua casa
per
più di vent’anni
nella
santità di Dio, il suo Signore.
<20>
INTRODUZIONE
1
Lo Tzadik e
Hacham ha-Razin, ha-Mori Haim Wenna, figlio dello Tzadik e Presidente del
Tribunale Rabbinico di Sana’a (Yemen), ha-Mori Moshè Wenna, la pace sia
su di lui, nacque a Sana’a all’alba del primo giorno di Shavuot. Ha-Mori
Moshè, vedendo che l’esatto momento della nascita del figlio coincideva
esattamente con quello del Matan Torà, lo chiamò Haim, in
virtù del verso “Haim hem le-mahasikim bà” (Vita è per
coloro che La sostengono). Come pochissimi eletti tra gli Tzadikim Superiori,
ha-Mori Haim nacque completamente circonciso. Egli, il più giovane tra
cinque fratelli ed una sorella, fu prescelto dal padre, Santo Tzadik, per
ricevere i Segreti della Torà ed i Segreti del Mondo.
Avvenne circa
dodici anni fa, che ha-Mori Haim Wenna, che vive a Milano (Italia) da
più di venti anni e che meritiamo alla luce della sua presenza per molti
anni ancora, menzionò, per la prima volta, a noi, suoi Talmidim,
dell’esistenza di un libro, estremamente importante, scritto dal Hacham
yemenita Yihie ibn Shlomò el-Kapah, intitolato “Milhamot Ha-Shem” (Le
guerre del Signore), che è l’unico testo, nel suo genere, che espone
chiaramente la verità sulle dottrine completamente eretiche contenute
nello Zohar e riprese dai kabalisti e dai movimenti hassidici. Il libro era
noto ad un gruppo ristretto di ebrei yemeniti, i Dardain, e, praticamente,
nessuna copia della sua originale ed esclusiva pubblicazione, nel 1931 a
Gerusalemme, era reperibile. Tuttavia, nel gennaio 1981, uno dei Talmidim
riuscì a trovare e ad ottenere una copia del testo da uno degli Yemeniti
Dardain di Gerusalemme, il quale lo regalò quando seppe che egli era
Talmid di ha-Mori Wenna. Siamo in debito verso lo Tzadik Haim per la
responsabilità che ci ha accordato nel pubblicare in italiano Sefer
Milhamot Ha-Shem (qui intitolato “Le Guerre Sacre contro la Kabalà).
Ha-Mori ci ha assicurato che i contenuti di <21> questo libro meraviglieranno il mondo
ebraico e, per esteso, la cultura non ebraica, a tal punto che le Guerre Sacre
contro la nuova Kabalà si desteranno e si chiariranno nel cuore degli
ebrei coscienziosi di tutto il mondo sinceramente interessati alla
conservazione del nostro Retaggio. Pertanto siamo convinti della nostra
iniziativa poiché ha-Mori Haim, la Luce Coronante di questa
pubblicazione, ci ha autorizzato a pubblicare questo testo. Ciò
significa che il contenuto sarà accettato davanti all’Onnipotente e, di
conseguenza, davanti a tutti i timorati di Dio e sarà caro agli occhi e
alle menti delle persone che perseguono la Verità e la Saggezza.
2
Gli Ebrei
yemeniti hanno vissuto più di ventisette secoli come i loro padri ed i
loro antenati. Essi vivevano “al pi ha-Torà, al pi ha-avodà, ve
al pi ha-teva”, secondo la Torà, l’operosità e l’amore della
sapienza della natura e dei suoi segreti. Nello Yemen non c’era bisogno di
medici, perché ognuno conosceva innumerevoli cure, tramandate da una
tradizione orale antica, relativa alle virtù delle erbe e delle loro
combinazioni. Si tratta di uno studio complesso, basato sulla conoscenza delle
virtù di ogni erba e delle molteplici combinazioni, ciascuna delle quali
adempie ad uno specifico scopo terapeutico. La conoscenza segreta delle esatte
combinazioni, delle proporzioni degli ingredienti e dei modi di preparazione
distinguono la tradizione yemenita da quelle di altri popoli.
Esiste anche
uno studio superiore, noto soltanto a pochi eletti, secondo il quale il Saggio
(Hacham) conosce il rapporto esistente tra le virtù delle erbe e e gli
influssi astrali, per cui egli può calcolare il momento ottimale per
ogni singolo rimedio. Come per le erbe, anche la conoscenza della virtù
delle pietre comporta una vasta, profonda e segreta cognizione, trasmessa
oralmente, con previo giuramento a non rivelare il segreto appreso dal proprio
Maestro.
Tali sono solo
alcuni esempi di conoscenza segreta della Natura noti agli Ebrei yemeniti ed
ereditati direttamente dai Saggi che vivevano a Gerusalemme prima della
distruzione del Primo Tempio.
3
Fu in quel
periodo che il Profeta Geremia profetizzò l’imminente distruzione <22> del Tempio e disse
che chi desiderava seguire la Parola di Dio avrebbe potuto mettersi in salvo
abbandonando la Terra Santa.
Il popolo non
prestò attenzione e non credette all’avvertimento del Profeta, eccezion
fatta per ottanta capifamiglia, tutti Hachamim e timorati di Dio, i quali,
raccolte le loro famiglie ed i loro averi, abbandonarono Gerusalemme, venti
anni prima della distruzione del Bet ha Mikdash. Essi si diressero verso sud,
attraverso la penisola arabica, fino ad un punto, situato ai piedi di una
piccola montagna, dove fu loro mostrato un segno dalle stelle (delle quali
avevano una conoscenza molto vasta). Seppero così che in quel luogo si
sarebbero stabiliti. Ad esso posero il nome di “Gibel el Negum” (Montagna delle
Stelle).
Il fatto che la
tradizione yemenita risalga direttamente al periodo precedente la distruzione
del Primo Tempio è estremamente significativo. Infatti questa è
l’unica tradizione che non ha sperimentato i periodi di caos, persecuzione,
disperazione e dispersione associati al primo e al secondo Horban ha-Bait
(Distruzione del Santuario).
È
altresì significativo che questi Hachamim rifiutarono l’ordine di Ezra
di ritornare in terra di Israele. La loro risposta all’Igheret di Ezra è
ben nota a tutti gli Ebrei yemeniti: “Noi non abbiamo assistito alla
distruzione del Primo Santuario e non desideriamo assistere alla distruzione
del Secondo Santuario. Verremo alla volontà di Dio in tempo per il Terzo
e finale Santuario, che mai più sarà distrutto”. Cosicché
la loro Tradizione fu ininterrotta e non fu mai toccata dalle sofferenze
dell’esilio. Questa fu la Mishnà trasmessa direttamente da Moshè
a Yehoshua. La Kabalà dello Yemen è dunque la Tradizione Orale
più antica che esista. Ciò è vero sia per l'originale
Mishnà che per la Tradizione Segreta, tramandata ad una singola persona,
in ogni generazione.
In genere,
questo è il segreto della Berachà con la quale Ha Kadosh Baruch
Hu benedì Abramo, il quale, a sua volta, benedì Isacco e costui
il figlio Giacobbe. Con essa, Israele benedì le dodici Tribù e
trasmise loro molti Segreti, mentre il Segreto della Berachà vero e
proprio fu trasmesso al figlio Levì. Fu in grazia di questo segreto che
la Tribù di Levi fu l’unica a non essere toccata dai decreti della
schiavitù in Egitto. Mosè ricevette questo Segreto (rivelato da
Dio ai Patriarchi col Nome di El Shaddai), insieme ai comandamenti della
Torà stessa, per mezzo della diretta Rivelazione di Dio, nel Nome di
Ha-Shem. Mosè Lo tramandò a Giosuè, il quale, suo tramite,
poté ordinare al sole di rimanere fermo nel suo sentiero per un giorno
intero. Il Segreto fu tramandato in ogni generazione fino a quando lo troviamo
menzionato nel Libro dei Re e con esso il profeta Elia compì
innumerevoli miracoli fra i quali il far ritornare <23> l’anima nel corpo. Al tempo di Elia,
esisteva anche la Scuola dei Profeti, che erano suoi allievi; anch’essi
possedevano Segreti (in particolare le modalità per prepararsi alla
profezia), ma solamente uno singolo, in ogni generazione, avrebbe potuto
ricevere tale originale Berachà. Infatti, vediamo che soltanto il
profeta Elisha (Eliseo) ricevette da Elia; tutti i Profeti ammisero, infatti
che “lo spirito di Eliahu si posò su Elisha”.
4
Tra gli ottanta
Hachamim che condussero le loro famiglie fuori dalla Terra d’Israele vi era
anche il diretto ricevitore di questa Tradizione. Egli era l’antenato diretto
dello Tzadik ha-Mori Moshé Wenna, la pace sia su di lui, il quale, dopo
aver insegnato i Segreti al figlio, ha-Mori Haim Wenna, gli trasmise la
Berachà grazie alla quale tutte le cose segrete vengono conosciute.
Questi sono i Segreti della Sacra Torà ed i Segreti del mondo, noti
solamente agli Tzadikim Nascosti di ogni generazione, i quali sono i ricevitori
della Tradizione Orale nascosta. Ad essi soltanto va riferita l’espressione talmudica
“Gli Uomini dell’Ascesa sono pochi”. I Segreti in loro possesso non vengono mai
scritti, né, del resto, se si potesse scriverli, potrebbero essere
compresi. Questi sono i Retti Pilastri del mondo, per il cui merito
l’Onnipotente non distrugge il Suo mondo. Infatti allorquando la cattiveria
abbonda sulla terra e tutte le stolte vie vengono lodate come saggezza, la
preziosa natura del mondo è violata, e le malefatte individuali si
accumulano nel calice dell’ira, allora, Dio ci salvi, vengono pronunciati decreti
ineluttabili di distruzione sul mondo. E così come il Signore
rivelò ad Abramo il Decreto Superiore che si sarebbe riversato sulle
cinque città di Sodoma, così pose anche degli Tzadikim in ogni
generazione, i quali, in virtù del Segreto che possiedono, sono in grado
di elevarsi ad un “livello generale” e di conoscere le disposizioni della
Volontà Divina, imminenti a riversarsi, Dio ci scampi, su una grande
città, su di un paese o sul mondo intero. Così i Giusti si levano
in preghiera davanti al Misericordioso ed accettano su di loro il doloroso
onere di quel decreto, affinché esso non si riversi sulle moltitudini.
Perciò, essi soffrono in silenzio e lodano Dio per ogni respiro vitale.
Grande è la loro Santità e la loro Umiltà ed immenso
è il potere del loro Segreto.
Tuttavia,
nonostante la loro elevazione e la loro Santità non possono entrare
nella “Camera della Responsabilità” che è il retaggio di un
singolo Tzadik in ogni generazione, su di lui è Scritto: “Tzadik yesod
olam”. <24>
5
Soltanto loro conoscono
il Segreto dell’Ascesa e sopportano il peso e la sofferenza dei “peccati
generali”. È necessario comprendere bene che se non per i poteri della
Kedushà in suo possesso, lo Tzadik non sarebbe in grado di sopportare
più della porzione che gli spetta come singolo. Ed è anche in
virtù di ciò che i Segreti Superiori non possono venire
consegnati ad altri, siccome la loro conoscenza implica necessariamente la
responsabilità, che è in rapporto al livello generale dal quale
derivano. Ciò è quanto si può esprimere a parole sul
Segreto degli Tzadikim sofferenti in ogni generazione, il cui numero non
può mancare in qualsiasi momento. Se non per il loro intervento e la
loro intercessione, i decreti (ghezerot) cadrebbero sulle masse, Dio ci salvi,
ed il mondo tornerebbe nel caos.
Tuttavia, qui,
per il nostro scopo, c’è un punto fondamentale da considerare riguardo a
questi preziosi e rari insegnamenti: ha-Mori Haim ci ha svelato il contenuto di
questa introduzione solamente perché “è il momento di agire per amore
di Dio, poiché hanno violato la Tua Torà”. Se la letteratura
kabalistica contiene i segreti della Kedushà ed i segreti dell’universo,
Dio ci salvi, che ne è della responsabilità richiesta dalla loro
conoscenza? E che cosa possono mai compiere con questa saggezza? Un tentativo
di tradurre in italiano le frequenti parole dello Tzadik Haim risulterebbe come
segue:
“Tutti costoro
insieme, usando tutti i loro libri e tutti i ‘Nomi’ e le ‘Kavanot’ menzionate
in essi, non sarebbero in grado di sollevare un bicchiere da un tavolo di un
solo centimetro”. Ma la persuasione di questi testi li convince che il costante
e continuo studio e meditazione li conduca dentro alle “Camere Occulte” e
soddisferà, infine, la sete delle loro anime languenti. Il malefico potere
di attrazione, presente in questi libri e che ne è la loro origine,
illude la loro speranza ed il loro desiderio di credere di essere oramai
prossimi a raggiungere l’inizio della loro destinazione desiderata. Ma, invece,
raggiungono soltanto la successiva idea e la successiva meditazione, mentre il
desiderio inappagato li fa piombare nell’abisso di speranze infondate e nella
loro spirale senza fine di costruzioni fantasiose. Giorno dopo giorno, anno
dopo anno, e perfino per l’intero arco della loro vita, l’ispirazione malefica
che permea l’imbroglio spirituale di Moshé de Leon non permette loro di
intuire e di realizzare che essi si trovano al punto di partenza. Al contrario,
tutto ciò li conduce a credere in cose false e illusorie. Queste speculazioni
gli danno un’immagine falsa di sé e lo distolgono dal suo comportamento
normale e dalla giusta ‘derech erez’. <25> Tutti i suoi pensieri diventano sproporzionati e non ha
più alcuna comprensione delle stesse parole che si è abituato a
proferire.
6
I Segreti della
Torà ed i Segreti del mondo sono due categorie estremamente generali ed
inclusive. Una categoria di Segreti della Torà, ad esempio, include la
vera conoscenza degli eventi trascorsi, in che modo essi si sono invero svolti.
Questa conoscenza è simile, in sostanza, alla ‘Luce’ tramite la quale
Ha-Kadosh Baruch-Hu mostrò a Moshè Rabbenu tutte le future
generazioni e tutti i futuri avvenimenti in Israele. Comunque, esiste una
categoria corrispondente, nei Segreti del mondo, che include la conoscenza
degli eventi delle passate generazioni attraverso le stelle. Questa saggezza
straordinaria e occulta era nota ad alcuni dei Saggi antichi, ed è
rimasta retaggio esclusivo di ha-Mori Haim. In genere, lo Tzadik conosce
ciò che è al di sopra, ciò che è di sotto e
ciò che è nel mondo. Tuttavia, non abbiamo il permesso di
trattare delle categorie appartenenti a livelli superiori. Ecco alcuni esempi
di categorie segrete conosciute dallo Tzadik:
— la conoscenza
delle anime (neshamot), che comprende, tra l’altro il segreto di sapere quante
volte la neshamà è stata nel mondo in precedenza (ghilgul),
quando, dove e cosa ha fatto, come è stata giudicata, ecc…
— la conoscenza
degli spiriti (ruhot), che comprende il segreto di vedere e di parlare con gli
spiriti dei defunti. Altresì, comprende la conoscenza di come
esorcizzarli dal corpo di una persona che ne è stata posseduta.
— la conoscenza
degli sheddim (tradotta approssimativamente démoni, ossia gli abitanti
dei sette mondi inferiori — Shiv’a adamot — ognuno dei quali è abitato
da una diversa categoria di sheddim), che comprende il segreto di come
evocarli, di parlare con loro, di comandarli, di sapere a che livello
appartengono e, se necessario, di sapere il motivo per il quale hanno avuto il
permesso di entrare per possedere determinate persone.
Spesso, noi
Talmidim, abbiamo avuto il privilegio di assistere all’esorcismo di sheddim da
persone possedute, compiuto dal Morè Haim.
Queste
succitate sono soltanto alcune delle categorie generali di segreti note al vero
Tzadik, senza parlare dei livelli superiori, delle conoscenze che appartengono
ai segreti della Creazione o a quelli del Sacro Carro o a quelli degli Angeli
ecc. In merito a questi segreti, non c’è il permesso di parlarne,
né tanto più di pubblicarli per iscritto, dal momento che sono
fuori dalla natura di questo <26>
mondo. Cosicché qualsiasi tentativo di spiegarli o di descriverli
(ipotizzando che ciò fosse possibile) con il linguaggio di questo mondo,
sarebbe inutile. Peggio ancora, qualsiasi tentativo di spiegazione condurrebbe,
inevitabilmente, alla confusione e al malinteso e, infine, alla credenza in
qualcosa che è contrario alla verità, Dio ci salvi.
Il punto
essenziale da considerare in questa esposizione è che ha-Mori Haim ci ha
concesso lo zechut di ascoltare, in alcune occasioni, le sue sante parole in
merito a questi argomenti. Egli ci ha spiegato che tutti i veri Segreti possono
essere conosciuti soltanto attraverso il potere della Kedushà. La loro
conoscenza non consiste in un’esposizione speculativo filosofica di una
qualsiasi categoria. È la vera conoscenza (il potere di essere su quel
livello) di quel segreto. Come, dunque, potrebbe essere descritta in un libro?
Nessuna conoscenza del genere e nessun tale potere potrebbero mai venire
espressi, descritti e pubblicati in un libro.
Abbiamo, ad
esempio, menzionato la conoscenza delle neshamot e di quante volte una
particolare neshamà è stata in questo mondo, quando e dove (e, in
genere, ogni tipo di informazione desiderata dallo Tzadik, relativa al ghilgul
precedente o alla situazione della neshamà stessa, come ad esempio il
particolare scopo per il quale quell’anima è stata mandata nel mondo e
fino a che livello quello scopo è stato raggiunto). La capacità
di conoscere questi segreti non proviene da alcun libro! Esso è un
segreto della Kedushà, che può essere trasmesso soltanto agli
Tzadikim Nascosti.
Se, però
qualcuno studiasse il Sefer ha-Ghilgulim di R. Haim Vital anche per tutta la
sua vita, non si troverebbe più vicino alla conoscenza di questo segreto
di quanto non lo fosse al principio. È innegabile che questo
componimento kabalistico, come pure tanti altri, sia il risultato di una
ispirazione e, infatti, ogni ispirazione ha il suo ‘ruah’. Tuttavia, quando la
sorgente di quel ‘ruah’ non è stata verificata, in alcun modo, per
ciò che concerne la sua origine dalla Kedushà è proibito
ad ogni ebreo, amante e fedele alla Sacra Torà, accettarlo come qualcosa
di vero.
7
Nel periodo in
cui ha-Mori Haim viveva al Cairo (città nella quale soggiornò per
venti anni, prima del suo trasferimento a Milano, nel 1961), avvenne, una
volta, che una giovane ebrea fosse posseduta da uno spirito. I suoi genitori,
dopo essersi rivolti invano ai più noti medici della capitale e aver
perciò <27>
speso ingenti somme di denaro, decisero di chiedere l’aiuto di alcuni
conosciuti kabalisti del Cairo, al fine di liberare la figlia da quel ruah. I
tre kabalisti che vennero in soccorso erano religiosi e pii ebrei, conoscitori
del Talmud e pur anche dediti allo studio dello Zohar e di altri testi
kabalistici. Una volta entrati nella casa della sfortunata ragazza, presero a
pronunciare nomi, combinazioni di nomi, orazioni speciali reperibili nei testi
kabalistici. Il ‘ruah' della giovane, non appena iniziò l’esorcismo di
costoro, cominciò a sgridarli, poi a schernirli, quindi ancora a gettare
oggetti contro di loro e, infine, a colpirli. Uno di loro venne ferito al viso,
prima che potesse fuggire dalla stanza insieme ai suoi due compagni. Fu allora
che uno dei parenti stretti della famiglia, conoscendo ha-Mori (il quale,
allora, lavorava alla Comunità Ebraica del Cairo, durante il Rabbinato
di R. Haim Nahum), chiese il suo intervento, dal momento che la situazione
peggiorava sempre più e la famiglia era oramai piombata nella disperazione.
Ha-Mori acconsentì di intervenire la mattina seguente. Quando
arrivò, trovò un piccolo gruppo di persone, tra i quali
notò i tre kabalisti, che, con i genitori della giovane erano in attesa.
Ha-Mori entrò nell’anticamera nella quale stava seduta la ragazza ed
ella in sua presenza si alzò subito, mentre il suo capo reclinava
leggermente. Quindi, ha-Mori evocò il ruah. L’espressione sul volto
della giovane mutò immediatamente ed i suoi occhi uscirono dalle orbite.
“Come ti chiami, rashà?” ingiunse ha-Mori. Dalla bocca della ragazza
uscì una voce, distintamente maschile, che rispose alle domande di
ha-Mori Haim e gli disse il suo nome come morì il luogo della sua
sepoltura (più tardi verificato), il motivo della sua punizione e
l’errore compiuto dalla giovane, per mezzo del quale aveva ottenuto il permesso
di possederla. Il ruah poi cominciò a piangere e ad implorare ha-Mori di
non cacciarlo via; ha-Mori rispose che la giovane era già stata
sufficientemente punita, per cui ordinò allo spirito malefico di
abbandonarla, dando ai presenti un segno visibile della sua uscita. Quando il
ruah se ne andò via si levò un terribile vento nella stanza fino
a che ha-Mori ingiunse: “Basta!”. Il vento terminò e tutto si
calmò. La ragazza tornò alla sua natura, si ridestò come
da un sonno e non intese il motivo della sua presenza in quel luogo e dello
stupore generale; non realizzava cosa fosse successo e quanto tempo fosse
trascorso.
I tre kabalisti
chiesero ‘mehilà’ (perdono) ad ha-Mori, che rispose che sarebbe stato
meglio per loro abbandonare tutte quelle stoltezza, giacché era
pericoloso e proibito esorcizzare un ruah se non si sa quello che si fa e,
inoltre, tale conoscenza non era reperibile nei libri. Disse loro: “Non a me
dovete chiedere perdono, giacché sono un uomo come voi, bensì al
Santo Benedetto <28>
Egli sia, poiché avete trasgredito al comandamento della Torà che
impone di preservare la propria vita, inoltre avete pronunciato dei Nomi,
menzionati in quei libri, che è illecito persino pensare. Inoltre, avete
sprecato del prezioso tempo che, altrimenti avrebbe potuto essere usato per lo
studio della Torà”. Sia ben chiaro che lo Tzadik, anche se in uno stato
di indigenza, non accetta mai un soldo per quello che compie. Le sue azioni ed
i suoi interventi sono ‘le shem Shamaim ule shem mitzvà” (per il solo
scopo di adempiere alla Volontà di Dio e compierNe i comandamenti).
8
Non dai libri
deriva questa conoscenza! Non dal combinare insieme migliaia di nomi o dal
recitare preghiere e brani dello Zohar!
“Il Segreto di
Dio è per coloro che Lo temono”. Lo Tzadik è perfetto nel suo
Timore di Dio, nel suo amore per tutto ciò che è buono e nella
sua avversione per tutto ciò che è malvagio. Egli è
completo nel ‘derech erez’ e nel giusto rispetto dovuto ad ogni persona. Egli
ama l’umiltà ed odia la superbia e la vanità. Egli predilige la
gentilezza e la buona disposizione d’animo, e odia i cuori contorti dei
malfattori. È in grazia di codeste virtù che egli può
ricevere i Segreti.
Come, dunque,
potrebbero essere tali, i segreti, se fossero pubblicati sulla carta stampata e
diventassero accessibili alla lettura di ognuno? Sarebbe dunque sufficiente
padroneggiare la lingua ebraica per essere inclusi nella categoria di coloro
che conoscono i Segreti del mondo? “Il Segreto di Dio è per coloro che
Lo temono”. L’Onnipotente ed Onnisciente invero sa chi Lo teme e chi no. Sa chi
vive nella Sua Emunà. Sa a chi rivelare i Suoi Segreti, come e quando.
Questo
insegnamento profondo di ha-Mori Haim Wenna è tale da essere accolto nel
cuore e meditato nella mente più di ogni altro, se uno intende
comprendere giustamente questo argomento. È una parola così
semplice e così vera che quando qualcuno la ascolta si meraviglia di non
averla mai considerata. Ebbene, se i Segreti di Ha-Kadosh Baruch-Hu fossero o
potessero essere accessibili alla lettura e allo studio di tutti, come sarebbe
dunque possibile chiamarli ‘segreti’?. È forse segreto ciò che
tutti sanno?
9
Ha-Mori Haim ci
ha spiegato che anche i segreti della vera magia, <29> che è severamente proibita dalla
Torà e non possono essere appresi da testi scritti. Anche se uno
leggesse o studiasse il vasto repertorio di libri sull’argomento non sarebbe
più vicino ai segreti di quanto non lo fosse prima di inoltrarsi in tale
lettura. Coloro che praticano la magia (kishuf) possiedono una tradizione orale
(le-avdil le-elef avdalot) che, generalmente, viene trasmessa ad un unico
allievo, dopo anni di sottomissione e apprendistato col mago-maestro che la
impartisce. La vera magia fa sempre ricorso ai ‘nomi impuri’ (scemoth
ha-tum'à), per mezzo dei quali gli sheddim vengono evocati e ‘delegati’
ad eseguire la volontà del mago, che deve essere estremamente preciso e
coraggioso, giacché l’apparizione di uno shed è fuori dalla
dimensione naturale e fisica di questo mondo. Il 'mehashef' (mago, stregone)
potrebbe vedere, ad esempio, che il muro davanti a lui si apre e lo shed entra,
oppure che si presenta sotto forma di gigante. Ai nostri tempi, però,
chi pratica la magia non ha il potere di vedere uno shed, che si presenta senza
farsi vedere, giacché egli sa che colui che lo ha evocato morirebbe
dallo spavento oppure impazzirebbe, cosicché non intende perdere la sua
porzione sacrificale.
I motivi per i
quali la Torà ha proibito la magia sono principalmente di due ordini. Il
primo è che il mago deve ricompensare lo shed, commissionato a svolgere
un determinato servizio, con un sacrificio, che il più delle volte
è il sangue di un gatto o di un coniglio. Si tratta, pertanto, di un
atto di avodà zarà (idolatria). Va ricordato che il sangue
è una grande ‘delicatezza’ per lo shed; questo era il vero motivo dei
sacrifici umani e animali cruenti nei culti pagani. I sacerdoti di quei culti
erano 'mehashfim che facevano dei prodigi tramite gli sheddim evocati, i quali,
d’altra parte, per eseguire la richiesta del mago, esigevano un sacrificio di
loro scelta. Avveniva così che il sacerdote, così come era
sottomesso alla volontà dello shed, parimenti vedeva il suo potere
maggiorato dai ‘benefici’ dello shed. Ciò comprendendo, il lettore
attento potrà rendersi conto del perché i sacerdoti
dell’antichità avessero un potere così assoluto, e, similmente,
perché l’idolatria fosse così diffusa. La gente che aveva una
qualche richiesta poteva essere esaudita, a condizione che il sacerdote
ottenesse per i suoi servigi una ricompensa pecuniaria e la sottomissione alle
sue volontà. Ecco perché la Torà ha proibito il consumo di
sangue che è l’alimento preferito degli sheddim.
Il secondo
ordine consiste nel fatto che i nomi impuri non possono essere pronunciati da
chi si trova in uno stato di purità. Il mago, infatti, per svolgere le
sue arti, deve rendersi impuro cospargendosi <30> di urina e/o dei propri escrementi e/o
di seme maschile e/o di sangue mestruale; pertanto, la Torà proibisce
ogni forma di magia, giacché l’impurità ne è la ‘conditio
sine qua non’ e ciò contrasta nettamente con la purità e la
Kedushà richieste ad ogni ebreo.
10
Se non per
questi due succitati motivi, l’evocazione degli sheddim non sarebbe proibita,
troviamo, infatti, nel Talmud che i Saggi usavano impiegare un particolare
‘shed’ che li serviva in caso di necessità. Così anche lo Tzadik
può chiamare in servizio uno shed per commissionargli una mansione.
È per necessità che lo Tzadik deve conoscere i segreti di ogni
‘kishuf’. Può succedere, infatti, che il ‘kishuf’ di qualche mago debba
essere annullato per beneficiare chi ne è stato vittima. È
necessario conoscere le esatte modalità con le quali si compie una magia
per poterla poi annullare completamente.
Noi Talmidim
abbiamo avuto il privilegio di essere testimoni di casi di persone, vittime di
kishuf (che nessun rimedio avrebbe potuto salvare), che sono state liberate,
grazie all’intervento dello Tzadik Haim. Per ha-Morì era sufficiente
guardare la persona per conoscere il tipo di magia e chi lo aveva messo in
pratica. Possiamo qui menzionare il caso raccontatoci dal Morè, quando
viveva in Egitto, di una giovane ebrea, molto bella ed intelligente, della
quale si era invaghito un giovane e ricco arabo. Costui si era rivolto ad un
noto mago egiziano per far sì che la ragazza corrispondesse al suo amore
e lo seguisse. Il mago accettò e richiese una cospicua somma di denaro,
dal momento che il kishuf era molto forte e richiedeva numerose e precise
preparazioni. Trascorsi solo alcuni giorni, la ragazza, proveniente da una
famiglia tradizionalista, decise d'un tratto di abbandonare gli studi
universitari e frequentare il suo corteggiatore arabo. Per fortuna di questa
famiglia, un amico intimo del padre della ragazza conosceva lo Tzadik Haim che
acconsentì ad intervenire, a condizione, però, che la cosa
restasse segreta. In breve, lo Tzadik andò a trovare a casa sua la
ragazza e vide subito che era stata fatta oggetto di un kishuf difficile, in
cui un particolare nome, scritto sulla pelle di un gatto con sangue mestruale
in un determinato modo ed in un tempo prescritto, viene posto sotto il teschio
di una persona sepolta in cimitero. Ha-Morì si <31> recò direttamente dal mago e,
pena la totale distruzione dei suoi poteri, gli ordinò di disfare il
kishuf. Ha-Mori gli spiegò che egli stesso avrebbe potuto in un attimo
annullare la magia, tuttavia desiderava che fosse lui stesso ad affaticarsi nel
farlo; lo stregone fu costretto a distruggere la magia e la ragazza poté
tornare alla normalità. Tornò ai suoi studi e lasciò il
suo spasimante.
11
Sarà
difficile per il lettore immaginare quanto coraggio e quanta forza siano
necessari per entrare in tali realtà. Ha-Mori Haim, una volta, ci
raccontò in quale modo suo padre, la pace sia su di lui, gli
insegnò a non avere paura. “La parola paura, per me, è soltanto
una parola. So che esiste, ma non l’ho mai sperimentata per sapere cosa
significhi veramente. Quando avevo sette anni e nello Yemen pascolavo il gregge
paterno, avvenne una volta che al mio ritorno di sera, mio padre, ha-Mori
Moshe, mi chiamò dentro la sua stanza privata e mi chiese che cosa
vedevo. Risposi che vedevo degli strani tipi di uomini e di animali con forme
che cambiavano costantemente. “Sai chi sono?” mi domandò. “No,
papà”. “Sono sheddim. Osservali bene perché un giorno avrai
bisogno di loro”.
12
Anche gli
antichi adoratori delle stelle (Ovdei kochavim u-mazalot oppure Ba’alè kesamin)
possedevano segreti che venivano tramandati per via iniziatica. Ha-Mori Haim ci
spiegava che se il ‘kosem’ non era più che esperto nella sua scienza di
ottenere benefici dalla stella che venerava, l’influsso desiderato, avrebbe
potuto mettere a rischio la sua vita. La sua scienza implicava, tra l’altro, la
conoscenza esatta delle condizioni in virtù delle quali veniva recepito
l’influsso astrale; le condizioni, infatti, variano da stella a stella.
Pertanto, non va sottovalutata da un lettore moderno la conoscenza degli
antichi adoratori di astri, come gli Egizi e i Caldei. Tra i segreti che
trasmettevano c'erano formule estremamente precise e cognizioni relative alle
caratteristiche di ogni stella. Il 'kosem' si rendeva servo di una particolare
stella dalla quale scendeva l’influsso desiderato. Egli doveva inchinarsi ad
essa e <32>
venerarla. Per questo motivo, la Torà proibisce tali pratiche idolatre
che prevedono il culto di un oggetto di creazione. Soltanto il Creatore,
Benedetto Egli Sia e Benedetto il Suo Nome, è degno di ogni servizio e
lode.
Non è
però vietato conoscere gli influssi, i poteri e le funzioni di
particolari stelle; è soltanto che questa conoscenza è segreta ed
è trasmessa in un modo del tutto dissimile da quello degli antichi adoratori
di stelle e non può essere tramandata a chi non sia sotto la protezione
della Kedushà. Lo Tzadik, per mezzo del suo potere e della sua occulta
conoscenza, può dominare questi influssi astrali, ma se non in casi rari
e particolari non lo farà mai. Il motivo è che lo Tzadik, nel suo
vero livello, è al di sopra delle stelle. L’influsso astrale è,
in ogni caso, in diretto rapporto con la natura di questo mondo per cui lo
Tzadik non la condizionerà se non c’è un motivo valido per farlo.
Tuttavia, questo è un argomento complicato ed esula dallo scopo di
questa introduzione. Va comunque sottolineato che lo Tzadik non va mai contro
natura; il potere in suo possesso trascende la natura fisica di questo mondo,
per cui ha la facoltà di dominare i vari influssi. Un eventuale
cambiamento di influsso è tuttavia benefico e nessuna ripercussione
negativa al ‘ricettore’ di simile influsso avverrà, come, invece,
sarebbe stato nel caso in cui la natura fosse stata distorta o violata. Dio ci
salvi. Infatti, quando lo Tzadik usa questo potere, il risultato è
ciò che comunemente viene chiamato ‘miracolo’. Questo significa che il
naturale influsso celeste viene sovrapposto da un influsso superiore, che
è al di sopra delle leggi naturali che governano il normale corso del
mondo fisico.
13
Il Talmud ha
evitato di trattare per esteso questo argomento. Tuttavia, in esso vi è
un’espressione concisa, molto nota, che racchiude molto e cioè: “Banei,
haiei u-mezonei ba-talya miltà” (i figli, gli anni di vita e gli
alimenti dipendono dalla stella). Questo significa che queste tre importanti
categorie per ogni individuo, ossia la prole (il loro numero, il loro sesso,
ecc…), la durata della vita e lo stato di salute, ed il modo di sostentamento
dipendono dall’influsso della propria stella, che è stabilito alla
nascita.
Ha-Mori Haim ci
spiegava che l’influsso della stella, a volte, può venire impedito dalle
cattive azioni della persona od anche dalle caratteristiche negative
‘acquisite’ (mentre il carattere naturale dipende direttamente dalla <33> stella). Il motivo
per il quale le azioni negative possono precludere l’influsso stellare dipende
dal fatto che le azioni individuali derivano dal libero arbitrio, una
facoltà concessa all’uomo, la cui origine si trova al di sopra delle
stelle create. Il libero arbitrio è il meraviglioso dono che
l’Onnipotente ha concesso all’uomo, per cui esso è al di sopra delle
contingenze dei figli, degli anni di vita e della parnassà. Le scelte
che sono veramente libere, sono quelle compiute per servire Dio e per operare
il bene. Tuttavia, la libertà concessa all’uomo può far sì
che scelga di agire male; per questo l’individuo è soggetto al giudizio
e, conseguentemente, alla ricompensa o alla punizione giacché è
libero nelle sue decisioni e nelle sue azioni. Pertanto, le questioni relative
al numero dei figli, alla longevità ed al lavoro non rientrano nella
categoria del libero arbitrio, né tantomeno per esse l’individuo viene
giudicato o punito. Del resto, le azioni compiute con la libertà di
scelta saranno o premiate o punite anche in questo mondo, dato che, anche se
l’influsso derivante da essi è al di sopra di quello particolare della
stella, tuttavia è con essa che scende. Una persona, con un proprio
lavoro ed un proprio guadagno (concessi dal mazal) può, tramite le sue
buone o cattive azioni, essere soddisfatto o meno di se stesso. Tale stato
d'animo è più importante e superiore alla situazione materiale in
sé. Per afferrare meglio questo concetto profondo e complicato, che ha
interessato le menti più elevate di ogni generazione, ossia del rapporto
esistente fra il destino della persona (mazal o goral) e il libero arbitrio,
del dove termina la predestinazione ed inizia la libera scelta, sarebbe bene
fare un esempio: la stella può, ad esempio, destinare ad un individuo
cinquanta milioni di dollari all’anno. Tuttavia, non è ‘scritto’ in che
modo questo individuo userà tale somma (specialmente per ciò che
riguarda i soldi rimasti dopo le sue spese necessarie). Con i soldi egli
è libero di beneficiare altri, di spenderli esclusivamente per
sé, di dilapidarli, di impiegarli per fare del male e così via.
L'impiego del denaro non è più sotto l’influsso stellare
individuale, ma è in rapporto con il libero arbitrio. È anche possibile
che azioni negative impediscano l’influsso della propria stella. Supponiamo, ad
esempio, che questa persona abbandoni il suo lavoro per qualche stolto motivo.
Potrebbe trovarsi con meno di cinquanta milioni di dollari all’anno. Ha-Mori
Haim paragonava questa situazione all’acqua piovana che rimane bloccata <34> sulla grondaia per
qualche ostacolo che la trattiene: allo stesso modo, l’influsso potrebbe
scendere, ma viene trattenuto da decisioni ed azioni indegne ed inopportune.
14
La sapienza
degli astrologi riguarda le tre summenzionate categorie. La conoscenza ricavata
dai dodici segni zodiacali, tuttavia, tratta gli influssi generali,
giacché ogni segno si occupa delle generalità di un mese. Questo
tipo di informazione, pertanto, è generale e spesso approssimativo. Informazioni
specifiche (come ad esempio il nome della persona che incontrerai per la prima
volta tra cinque giorni) non possono essere conosciute da costoro.
Nell’antichità, tuttavia, esisteva una scienza occulta, nota soltanto
agli astrologi ed ai maghi di livello superiore; essa era conosciuta anche da
un numero ristretto di Hachamim, prima che venisse distrutto il primo
Santuario. L’esimio Hacham, citato in precedenza tra le ottanta famiglie, la
portò con sé nello Yemen dove fu tramandata in ogni generazione
fino ad arrivare a Mori Haim. Questa è la conoscenza della stella
individuale, sotto la quale è nata la persona; tale stella segue e
governa l’individuo dal momento della nascita fino al giorno della morte. La
stella è differente per ogni persona ed è in relazione al luogo ed
al momento esatto della nascita. La precisione di quel momento può
infatti essere conosciuto per mezzo di tale segreta conoscenza.
Nell’ebraismo,
la conoscenza astrologica risale a nostro padre Abramo il quale, come è
noto, ne era esperto. Fu per mezzo di questa sapienza che sapeva che sua moglie
Sara non avrebbe potuto generargli dei figli. Ha-Kadosh Baruch-Hu, tuttavia,
gli ordinò di abbandonare la città di Haran e di insediarsi in un
luogo che gli avrebbe indicato (un cambiamento di luogo, infatti, comporta un
cambiamento di mazal, ossia di influsso astrale individuale). Ha-Shem disse ad
Abramo di uscire dal suo calcolo astrologico, dal quale, appunto, Abramo aveva
visto che lui e sua moglie Sarai non avrebbero potuto avere figli. Sebbene il
suo calcolo fosse esatto, tuttavia, Ha-Kadosh-Baruch-Hu "meshaded
hama’arahot" ossia cambia i decreti celesti, secondo la Sua
volontà. Infatti, Dio cambiò il nome di Abram in Abraham ed il
nome di Sarai in Sara e, per mezzo di questo mutamento, il mazal cambiò.
Similmente, la
sapienza dell’astrologia era nota nell’antico Egitto. Il faraone non disse
forse a Moshè: ”Guarda ora che la stella Ra’à (che richiede il
sangue di <35>
coloro che si trovano sotto il suo influsso) vi segue nel deserto”? Faraone era
infatti preciso nel suo calcolo; tuttavia, non poté certo calcolare che
Ha-Kadosh-Baruch-Hu avrebbe fatto sì che tutta Israele si circoncidesse
sicché il sangue del brit-milà avrebbe sostituito il sangue
altrimenti richiesto dalla stella Ra’a.
15
Con questa
nostra breve introduzione abbiamo inteso risvegliare l’attenzione del lettore
su alcuni punti fondamentali. I Segreti degli Tzadikim vengono tramandati
segretamente ed il modo della trasmissione e della ricezione fanno parte essi
stessi del segreto. Tutto ciò avviene oralmente e non per iscritto. I
veri segreti implicano una responsabilità che è pari al livello
del segreto stesso. Tutti i cosiddetti 'segreti’ riportati nello Zohar, nei
Tikkunim e nei testi kabalistici e hassidici sono frutto di immaginazioni
ispirate e non hanno niente a che fare con la sapienza superiore dei veri
Tzadikim, conosciuti nel loro numero, per merito dei quali il mondo esiste.
Essi sono gli Uomini dell’Ascesa (Bnei Aliyà), che soffrono per i
peccati della gente e la cui sofferenza è compensata soltanto dalla loro
immensa ed occulta sapienza. Costoro sono i veri Servi di Dio che procedono con
umiltà tra la gente, rifuggono gli onori e i soldi. Fanno la
volontà di Dio nel mondo. Con l’eccezione dei loro Talmidim, la loro
identità non è conosciuta in pubblico. Tuttavia, a volte, in
qualche particolare frangente della storia, lo Tzadik può sapere che
è giunto ‘il momento di agire per Dio, poiché hanno trasgredito
la Tua legge’. È per questo motivo che ha-Mori Haim, Capo degli Uomini
dell'Ascesa nella sua generazione, ci ha dato il permesso di rivelare il suo
nome in questa introduzione. Di necessità, la forza tremenda con la
quale questo libro intende risvegliare le menti può essere fornita solo
da uno Tzadik, che conosce la Verità che riguarda i segreti della
Torà e del mondo. Il breve repertorio di argomenti qui trattati,
sarà di ausilio a chi teme Dio ed ai lettori perspicaci e privi di
preconcetti che potranno fare la conoscenza con questo capolavoro di R.
Shlomò El-Kapah che denuncia così ardentemente ed acutamente un
movimento che ha falsato la vera Fede da più secoli.
Il nostro
timore è per Dio soltanto. La verità può rimanere nascosta
anche per migliaia di anni, ma, alla fine, ciò che è falso
svanirà nell’oblio e ciò che è vero emergerà chiaramente
come la luce del giorno. Perciò ha-Mori Haim si è assunto la
grande responsabilità di rivelare il suo nome, al fine di autorizzare la
<36>
pubblicazione del libro ‘Milhamot Ha-Shem’. Ogni principio espresso in questo
sacro testo di R. Shlomò El-Kapah è vero ed è saldamente
fondato sull’Unità del Nome, così come è stata affermata
ed insegnata dalla Sacra Torà. Non abbiate timore, dunque, di inoltrarvi
nei suoi capitoli e di considerare e studiare le profonde ed essenziali
verità qui espresse.
Il tempo
è maturo ed esistono, in sufficiente numero, buone, intelligenti e
sensibili menti che sono in grado di riconoscere il subdolo e terribile errore,
che, Dio ci salvi, si è radicato e ha infestato il pensiero ebraico.
Poco o niente
è conosciuto dalla maggior parte degli Ebrei sulla ‘kifrut’ che è
presente nelle dottrine kabalistiche dei movimenti ortodossi che si rifanno
allo Zohar. Esistono, tuttavia, nell’Ebraismo tradizionale, degli elementi sani
che intuiscono l’errore di fondo di queste dottrine; essi, però, sono
privi di argomenti validi per controbattere e mettere a nudo la falsa
impostazione di fondo dello Zohar e dei testi che ad esso si rifanno. Questo
libro viene in aiuto a costoro e provvede a fornire loro gli argomenti idonei a
comprendere le basi sulle quali è stata edificata la nuova
Kabalà. L’autore ha ingegnosamente intrecciato il suo libro con le
citazioni dei nuovi kabalisti, dimostrandone il contenuto idolatra e blasfemo.
Per ognuna di tali citazioni l'Autore riporta la contrapposta citazione della
Torà, della Mishnà, del Talmud, dei Hachamim, dei Gheonim e dei
Rishonim. Ne risulta che il lettore comprenderà la vera natura del
sistema cosmogonico dei kabalisti e gli sarà chiaro e semplice capire la
distinzione esistente tra la Kabalà della Legge Scritta ed Orale e le
dottrine della nuova Kabalà. Se il lettore rimarrà sorpreso, a
prima vista, da questa preponderante dicotomia, presto si renderà conto
dell’incredibile perspicacia con la quale R. Shlomò El-Kapah ha
focalizzato i principi di fondo del sistema kabalistico e le sue implicite
contraddizioni con la Kabalà dei Saggi di benedetta memoria.
<37>
<38 bianca>
INTRODUZIONE
AL CONTENUTO
1
I kabalisti
considerano il Dio esistente e il Dio Fattore come due distinte entità, di
cui il secondo è un'esistenza "emanata" nella forma di un
"uomo spirituale" che regna e governa sopra tutti i mondi.
Così come un suddito si rivolge ad un re per essere esaudito, allo
stesso modo le preghiere dei fedeli devono essere indirizzate al Re del Mondo e
non alla Causa Prima di tutte le esistenze.
Il mondo di
"atzilut" è un’emanazione, in sostanza, più spirituale
del mondo di "berià" (creazione), che è già
sceso per diventare un'esistenza a sé. Tuttavia il mondo di
berià, di natura ancora spirituale, si deve manifestare nei livelli del
mondo di "yezirà" (formazione) e di "assiyà"
(azione), prima che si possa parlare di mondo materiale e fisico. Questi sono
pertanto i quattro mondi di cui parlano i kabalisti. Essi sono quattro
categorie generali e corrispondono nell'uomo all'azione, al linguaggio, al
sentimento e all'intelletto. Ogni mondo ha poi dieci "sefirot",
generalmente nominate nel modo seguente: Hochmà (Saggezza), Binà
(Comprensione), Da'at (Conoscenza), Hesed (Benevolenza), Ghevurà (Severità),
Tiferet (Splendore, indicata anche con il termine di Rahamim - Misericordia),
Netzah (Vittoria), Hod (Maestà), Yesod (Fondamento), Malchut (Regno). A
volte, le dieci sefirot vengono elencate dal Keter (Corona) o il potere di
Ratzon (Volontà), nel qual caso Da'at non viene contata. Le dieci
sefirot rappresentano i dieci "poteri d'anima" dell'Uomo Spirituale
di ogni mondo. L'Uomo Spirituale ha un corpo nominato "Gufa di Malka"
(il Corpo del Re), strutturato con 248 membra e 365 vasi e nervi.
Ogni mondo viene
poi classificato in cinque "partzufim" (volti, aspetti), in base
all'aspetto che è dominante. I cinque partzufim di ogni mondo sono:
1: Keter (Corona), a sua volta diviso in un aspetto esteriore di
"Razon" ("volontà") e in un aspetto interiore di
"Ta'anug" (Piacere); <39>
2: Aba (Padre), correlato con Hochmà (Saggezza)
3: Ema (Madre), correlato con Binà (Comprensione)
4: Zeir Anpin (Piccolo Volto) correlato con le sei sefirot dei
sentimenti e cioè Hesed, Ghevurà, Tiferet, Netzah, Hod, Yesod,
5: Nukve (Femmina) la controparte femminile di Zeir Anpin,
correlata con l'ultima sefirà, Malchut.
Il partzuf di
keter rappresenta il Re Incoronato, il piacere del quale consiste nel conoscere
i "Segreti Superiori", mentre il Re Inferiore, rappresentato da
Malchut, si compiace di comandare i suoi sudditi, per vedere realizzata la sua
Volontà.
Il partzuf
dominante della creazione è Aba, il Padre Saggio, mentre il partzuf di
Ema esegue i comandi di Aba, eccezione fatta per la creazione dell'uomo, nella
quale Ema si assunse la responsabilità di procrearlo anche contro il
buon consiglio di Aba.
Il partzuf Zeir
Anpin è il figlio di Aba e di Ema, il "cuore" di Atzilut, che
riceve dagli attributi dell'intelletto sopra di Lui ed è chiamato uomo.
I cinque partzufim insieme assumono anche una forma umana, ossia Adam Elion
(l'Uomo Superiore), mentre zeir anpin forma un partzuf completo dentro alle
ristrette "midot" (attributi, misure), che lo delimitano.
Pertanto,
secondo i kabalisti, i cinque partzufim insieme sono rappresentati da Erech
Apaim (il Longanime) — per lo Zohar Arich Anpin (il lungo volto) — mentre il
Ristretto Uomo di Zeir Anpin (che significa volto ristretto e perciò
"impaziente") ha il compito di ricompensare i meritevoli e di punire
i malvagi.
Quando Zeir
Anpin è in un rapporto d'amore con Nukve-Malchut, quest'ultima riceve un
buon influsso che origina la "Elohut", la Divinità, una forma
più rivelata con conseguenti miracoli visibili. Se, però, Zeir
Anpin e Nukve sono separati l'uno dall'altra, l'influsso che scende nel mondo,
per mezzo di Malchut, non viene concesso volontariamente, cosicché i
miracoli non sono visibili e domina la severità della natura.
Il mondo di
Emanazione, generalmente, viene considerato come l'ultima manifestazione della
Divinità, la quale non è separata dalla sua Essenza. L'ultima
emanazione del mondo di Atzilut è Zeir Anpin, che deve essere
però congiunto con Malchut per diventare Dio del mondo.
Le Mitzvot (i
Precetti) sono i sentieri segreti che ne derivano e sono connesse con i corpi e
con le membra di Zeir Anpin e di Malchut. Pertanto, quando Israele osserva e
adempie i Precetti e le Leggi comandate, fa si che i corpi e le membra
superiori si congiungano in virtù delle sue buone azioni, mentre le sue <40>
"intenzioni" (kavanot) permettono che gli "Spiriti
Superiori" siano in amorevole armonia. Per questo motivo, tutti i
precetti, i servizi e le preghiere di Israele devono essere diretti alla
Divinità, manifestatasi nella forma spirituale di un uomo, cioè
Zeir Anpin, congiunto con la sua controparte femminile Malchut, ora denominata
Sh'hinte. Infatti, i Kabalisti prima di adempiere una mitzvà, dicono
"In grazia dell'amore che unisce Kudshe Brich Hu a Sh'hinte".
2
Il sistema kabalistico
considera l'uomo come il centro di tutta l'esistenza. I livelli infiniti e
superiori di divinità sono accessibili solo dopo che si sono emanati nel
Dio-Uomo di Atzilut. A questo livello è posta la superiore ed elevata
"Immagine di Dio" (Tzelem Elohim) alla quale si riferisce il verso in
Genesi. Le azioni fisiche, i sentimenti, i poteri dell'intelletto, ecc. sono
connessi alle azioni, sentimenti e poteri della "Divina Immagine" di
Atzilut. Così dunque Zeir Anpin, l'espressione divina del mondo di
Emanazione è il Dio al quale il fedele deve rivolgersi per essere
esaudito nella sua preghiera.
Così il
sistema cosmogonico dei kabalisti viene rappresentato nella forma di una sfera
vuota, all'interno della quale fuoriesce una linea di luce, che dall'esterno,
si porta verso il centro della sfera. La linea scende piano piano e, dopo un
breve tragitto, disegna una nuova sfera, inclusa in quella precedente. Tale
processo si ripete di continuo fino al punto centrale della sfera, dentro il
quale l'ultima sfera inferiore è così ristretta da collegarsi
alla linea stessa. Quest'ultima, quindi, continua con i cerchi interiori
corrispondenti ai livelli circolari già formatasi. La linea, tuttavia,
non tocca la superficie interiore dell'altra parte, ma si arresta prima di
essa. In questo modo, si può dire che la linea che prima è
discesa dalla superficie interiore è la sommità, mentre la fine
di quella linea che non tocca è il fondo. Tutte le sfere interiori
incluse "guardano" verso il centro della sfera. Così i kabalisti
vedono, sommariamente, la costruzione dei mondi. Il punto medio rappresenta per
loro il punto culminante dell'emanazione (Atzilut).
Per quanto
riguarda le sfere concentriche, il punto di unione tra la linea e la sua
corrispondente parte sferica è il centro esatto; esso è
estremamente ristretto nello spazio e perciò viene denominato Zeir Anpin
(aspetto ristretto). Esso è il punto centrale della linea stessa. Nukve
è il punto centrale formato dal livello circondante quello spazio
ristretto. Pertanto, Zeir Anpin è l'elemento maschile, il cui punto
mediano finisce in una linea retta, mentre Nukve è l'elemento femminile,
la cui parte mediana si arresta in una forma <41> circolare. Tale è la
rappresentazione cosmogonica dei kabalisti.
Ora, è
ben chiaro che ciò è in netto contrasto con la Fede della Santa
Torà e della Tradizione Orale.
Il punto
mediano, ancorché teorico, è determinato dalla sua posizione.
Esso è un'Unità, che è in relazione a tutto ciò che
la circonda. Ma l'Uno, al quale noi ci riferiamo, ossia il Nome di Dio, non
può essere in relazione con qualsiasi altra entità. Infatti,
qualunque esempio che cerchi di esprimere, raffigurare o indicare tale rapporto
è per noi blasfemo, perché limitante, e non farà altro che
causare una pericolosa confusione nella mente di chi lo studia.
3
R. Yihye ben
Shlomò El-Kapah dimostra in questo libro che in ogni punto della nuova
kabalà si riscontra "shituf", cioè associare Dio ad
un'altra entità, sia essa fisica o spirituale. Ed è proprio tale
"shituf" che è severamente proibito dalla Torà e dalla
Tradizione Orale e distingue la fede mosaica da quella di altre religioni.
Oltre ad
esporre e ad inficiare le dottrine kabalistiche, l'Autore ha prodotto anche una
meritevole opera, in quanto ci ha chiarito, in una forma pura, semplice e
comprensibile, il significato dell'Unità di Dio. E noi siamo convinti
che ci sia riuscito in un modo completo, come ben pochi altri nella storia
dell'Ebraismo.
L'Assoluto ed
Indivisibile Uno trascende ogni emanazione ed ogni manifestazione, per cui, la
stabilità, la verità e l'unità della Fede in Ha-Shem
dipendono dalla stabilità, verità ed unità della Rocca
presso la quale il fedele ebreo si rifugia.
La via verso
Ha-Shem è un rapporto diretto con l'Unico Uno che è tutto e tutto
governa. Qualsiasi speculazione relativa alla Sua Essenza, oltre ad essere
blasfema, è anche falsa e conduce all'errore.
L'Unità
dell'Onnipotente non ha assolutamente niente a che vedere con il senso di
unità, immaginato dalla mente umana.
L'Amore di Dio
si esprime tramite la meditazione delle Sue opere e non attraverso la
speculazione intellettiva di "luci" che nessuno ha mai visto. Ed in
merito ai pochi Eletti che sono entrati nella vera Luce, è certo che non
hanno mai riferito né tantomeno descritto tali esperienze, dato che
"Sod Ha-Shem <42>
le-yereiav u-beritò leodiam" ("Il Segreto di Dio è per
coloro che Lo temono e a costoro Egli fa conoscere il Suo Patto). Non
già a coloro che lo rivelano ad altri! "Ciò che è
occulto è per il Signore nostro Dio, e cio che è manifesto
è per noi e per i nostri figli".
4
R. Shlomo El
Kapah (1850-1932) fu allievo dello Tzadik ha-Mori Haim Gorah.
Nell'introduzione
al S. Milhamot Ha-Shem, l'Autore racconta alcuni avvenimenti che precedettero
il suo carteggio con alcuni noti kabalisti di Gerusalemme. Il testo fu scritto
in risposta alla sesta lettera del carteggio. Rav El Kapah spiega che la
disputa tra coloro che avevano adottato lo Zohar e i Dardain (che lo avevano
rifiutato e rigettato), era presente già da molto tempo. All'epoca in cui
visse l'Autore, il governo ottomano, che allora imperava anche nello Yemen,
aveva concesso il permesso e il sostegno per costruire una yeshivà ed
una scuola per ovviare al metodo disordinato delle lezioni che allora vigeva e
si teneva in case di privati, spesso malsane. Quando la yeshivà fu
costruita e iniziò a funzionare, si decretò che i
"bahurim" (gli scolari) ricevessero anche lezioni di turco,
matematica e geografia. La decisione fu accolta. Gli allievi riuscivano bene
nei loro studi religiosi e secolari. Soddisfatti ne erano anche gli insegnanti
e gli ufficiali ottomani. In seguito, giunse da Gerusalemme un gruppo di
Rabbini, che voleva verificare le cognizioni degli allievi sui testi talmudici.
Tuttavia le domande proposte ai giovani yemeniti si rivelarono così
difficili ed oscure, che costoro non seppero rispondere. Questo fu il pretesto
per una serie di calunnie (da parte dei Rabbini di Gerusalemme) che
culminò con la chiusura della scuola. Il governatore turco dispose,
oltre alla chiusura dell'edificio scolastico, anche l'imprigionamento del
rabbino El Kapah e degli insegnanti della yeshivà. Essi furono
incarcerati per ben due volte, per più di trenta giorni. Si comprese
allora che il vero motivo della calunnia era che nella yeshivà non si
studiava lo Zohar, perché rifiutato da questi ebrei yemeniti. I rabbini,
tornati a Gerusalemme, decretarono pubblicamente che questi Dardain erano
"minim" e "kofrim" (negatori di Dio), per cui bisognava
recarsi al cimitero e spargere il capo di cenere, in segno di lutto,
poiché queste anime yemenite avevano deviato dalla Kabalà di
tutto Israele e avevano rifiutato di credere nelle sacre parole dello Zohar. <43>
Pertanto, fu
questo episodio che spinse il Hacham El Kapah a scrivere questo accorato
componimento. Che peccato avevano commesso col rifiutare di credere a tali
astruse dottrine attribuite falsamente al Tanai R. Shimon ben Yohai? Quale
prova esisteva della sua autenticità? Perché mai tali dottrine
venivano esposte in un modo del tutto diverso dal resto della letteratura
ebraica? "E contro coloro che si immergono giorno e notte nello studio
della Torà, della Mishnà e del Talmud, con la loro Fede
nell'Unico Dio Vivente, che voi state conducendo questa battaglia?
Perché non "cinguettiamo" come fate voi i versi dello
Zohar?"
Fu così
che rav Shlomo EI Kapah decise di non "cinguettare" i versi dello
Zohar, bensì di studiarlo in profondità, così come i suoi
commentatori, al fine di comprenderne meglio la dottrina, per meglio
contrastarlo con l'arma della vera Torà. Egli si meravigliò che
la gravità del loro "peccato" avesse causato la chiusura della
loro yeshivà. Considerò anche che il rifiuto delle nuove dottrine
kabalistiche dello Zohar si fosse accompagnata a calunnie così
virulente, da parte di persone "rispettabili". Il Hacham El Kapah
concluse che, in passato, non si era fatto abbastanza per smascherare le idee
di "shituf" contenute nella nuova kabalà; egli si rese conto
che anche molti yemeniti, in buona fede, erano rimasti ammaliati dall'incantesimo
di questo testo, per cui sentì l'obbligo morale di fare presente ai
propri fratelli la pericolosità di questa continua insidia.
La
"Temimut" e la "Emunà" degli ebrei yemeniti erano
state contagiate da un'epidemia di astruso misticismo e i responsabili della
loro conservazione non avevano affrontato il nemico in modo adeguato, per cui
avevano subito una cocente sconfitta. Era arrivato, quindi, il momento di
difendere il puro e vero monoteismo ed il significato incorrotto dello Yihud
Ha-Shem e della vera Kabalà. <44>
INTRODUZIONE
ALLA LETTURA DEL TESTO
Le sei lettere
introduttive del carteggio tra l'Autore ed un noto kabalista di Gerusalemme,
trascritte nel testo originale in ebraico, vengono qui compiutamente tradotte (eccezion
fatta per la fine della sesta lettera che è stata abbreviata a motivo
della sua prolissità). Il lettore che ha qualche familiarità con
questi soggetti troverà interessante questo carteggio, poiché
sintetizza quasi tutti gli argomenti che verranno discussi in seguito
dall'Autore. Il lettore, invece, che non conosce questa materia (e noi
supponiamo che sia la maggioranza) può in un primo tempo tralasciare o
quanto meno leggere superficialmente il contenuto del carteggio e inoltrarsi
direttamente nella lettura del componimento vero e proprio. Ultimata la
lettura, potrà comprendere a pieno il significato di questo scambio
epistolare ed apprezzarne il contenuto.
In merito poi
alla lettura del componimento, suggeriamo che il libro venga letto lentamente ed
attentamente.
Il libro si
prefigge due scopi principali: primo, negare tutte le teorie kabalistiche;
secondo e in relazione di contrasto al primo, affermare ed insegnare la vera
fede dello Yihud Ha Shem (Unità di Dio).
In una nota
introduttiva dell'edizione originale, si fa menzione a come l'Autore abbia
ammesso di aver scritto il componimento in uno stato di ispirazione, dal
momento che le parole uscivano dalla sua penna in un modo naturale, perfetto,
profondo. L'Autore consigliò altresì di leggere il testo con cura
e con intenzione, spiegando che la profondità del Sefer non può
venire intesa da una singola lettura.
È da
considerare anche che l'autore ha messo in rilievo il fatto che dopo Maimonide,
di benedetta memoria, le leggi governanti il giusto modo di credere
nell'Unità di Dio è rimasto come "una città
incustodita". Egli si è così premurato di spiegare le esatte
modalità della fede monoteista rivelate dalla Torà,
affinché questa grave lacuna fosse colmata in un modo consono ai dettami
di Ha-Shem. <45> Per raggiungere questo scopo era
necessario mettere a nudo tutti i tipi di credenza che rientrano nella
categoria di "shituf", l'associare a Dio, Prima Causa di tutte le
esistenze, qualsiasi altre entità e dimostrare il loro netto contrasto
con la vera Tradizione dei Saggi.
Concludiamo,
augurando al lettore di apprezzare il puro contenuto del libro e di goderne i
frutti perennemente.
<46>
1
PRIMA
LETTERA DI DOMANDA DALLO YEMEN A GERUSALEMME
Uno dei
Talmidim chiese: "che il nostro maestro ci spieghi, dunque, a chi
appartengono il nostro servizio e le nostre preghiere — alla Causa delle Cause,
Benedetto Egli sia, oppure ad una delle Sue emanazioni (zeir anpin),
(così come R. Salam ibn Daud, che ha viaggiato da qui alla Terra Santa,
ci ha spiegato alla nostra presenza, per cui in conformità alla vera
fede, come spiegato in Sefer "Matzref ha-Emunà" e in Sefer
"Olat ha-Tamid", colui che serve l'Infinito (Ein Sof) non sta
servendo il vero Dio né sta facendo onore al Dio della Giustizia),
affinché si possa sapere chiaramente chi dobbiamo servire. Per cortesia,
siate solleciti nel rispondere. —
2
PRIMA
LETTERA DI RISPOSTA DA GERUSALEMME ALLO YEMEN
La risposta
alla vostra domanda si trova spiegata nel Sefer "Kisei Eliahu" da
pagina 13 a pagina 18. "Che il saggio ascolti ed aggiunga sapienza".
La Kabalà ci insegna che il servizio (avodà) va rivolto all'Unico
Dio al fine di far scendere da Lui l'influsso sulle dieci sefirot, come scritto
in Sefer "Lehem Shlomò". —
3
SECONDA
LETTERA DALLO YEMEN A GERUSALEMME
La vostra
risposta ci è pervenuta oscura e in essa è presente la sola
indicazione <47>
di leggere il S. Kisei Eliahu. Tuttavia, non ho inteso la vostra opinione e
tantomeno la vostra intenzione. Ciò che avete ricevuto come
Kabalà è in accordo o in contrasto con le parole del Kisei
Eliahu? Infatti, dopo aver letto ed esaminato con cura le pagine da voi
indicate, non vi ho trovato ciò che cercavo. Al contrario, l'autore del
testo considera l'Unità del Creatore come altre entità di
"uno". Scrive infatti:
— è come
una casa che nella sua totalità viene chiamata casa, ma quando entri in
essa vi trovi molte stanze, grandi e piccole, ecc. e ciascuna viene descritta
con un nome, ecc. o come un muro costruito con pietre, ciottoli, terra, acqua,
calce, ciascuno è un'entità fine a sé ecc. — Solo dopo che
il muratore con la sua arte ha unito insieme le varie parti, una dentro
all'altra, una vicino all'altra ecc...solo allora esso diventa un muro. E
così è nel nostro caso, ecc.
— (a pagina 28, 29 egli lo paragona) ad un
corpo umano che ha in sé unite ossa, arterie, carne, testa, occhi, naso,
bocca, mani, piedi ecc., mentre tutti insieme vengono chiamati con un singolo
nome Reuben, Shimon ecc. —
— (a pagine 25,
26, 27, scrive) il principio generale da dedurre da queste considerazioni
è che la Causa Prima, riferita da tutti i kabalisti come l'Ein Sof che
si cela dentro zeir anpin, per cui questo diventa il Regnante su tutte le
creazioni. Egli le governa, le alimenta, le sostiene per mezzo del potere
dell'Ein Sof, presente in Lui". Perciò Egli è il nostro Dio
e noi siamo la Sua nazione, giacché le nostre anime sono la Sua porzione
e Lui dobbiamo servire. Egli è il Dio dei nostri padri, che governa
tutti i mondi per ciò che riguarda il premio e il castigo. Se, tuttavia,
uno rivolge la sua preghiera all'Ein Sof o ai partzufim che sovrastano zeir
anpin e nukve e prega ad essi individualmente (senza pregare zeir anpin),
oppure, rivolge la sua preghiera all'anima che si nasconde in essi, costui
pregherà invano e non verrà esaudito. Anzi, coloro che pregano in
questo modo saranno puniti. Poiché è in virtù della
volontà della Causa Prima che zeir anpin dirige la sua "influenza"
(shefa) su tutti i livelli inferiori, per cui non esiste altri all'infuori di
Lui —
Queste parole
del Kisei Eliahu sono in netto contrasto con quelle del Rambam, di benedetta
memoria, nel suo commento alla Mishnà, nello Yad ha-Hazakà e nel
Morè Nevuhim; inoltre, contrastano sia con gli insegnamenti del
"Hovot ha-Levavot" (Sha'ar ha-Yihud), sia con quelli di R. Sa'adya
Gaon nel Sefer "Emunot ve-Deot" sia con quello del Sefer ha-Rokeah.
Nei testi
succitati viene chiaramente spiegato che l'Unità di Dio, Benedetto Egli
sia, non è un'unità congiunta, né un'unità di
specie. Non è come un uomo che è suddiviso in tante unità
e neppure è l'unità di un elemento semplice, ecc. Infatti, questi
tipi di unità possono suddividersi in un numero infinito di <48> suddivisioni.
Ha-Shem Baruch-Hu, invece, è Uno in un modo di Unità Assoluta che
non ha pari con qualsiasi altra unità.
Il "Kisei
Eliahu" scrive, inoltre, che l'Ein Sof è l'anima (neshamà)
di atik, di arich anpin, di aba e di ema, di zeir e nukvei. I nostri Saggi, e
tra loro quelli summenzionati, hanno invece scritto che "egli non ha
corpo, né ha alcunché di corporeo" (un'entità
cioè che agisce dentro un corpo). Secondo costoro, però, Egli
è un'entità (neshamà) in un corpo (atik, arich, ecc.).
Il "Kisei
Eliahu" scrive, poi, che arich anpin, aba ed ema, precedettero zeir anpin,
che è nostro Dio e costui è il figlio di aba e di ema ecc.
I nostri
Hachamim hanno invece affermato che Egli è il Primo e precede tutto
ciò che esiste. Egli è "Kadmon" (il Primo Eterno e
Assoluto) ad ogni esistenza.
Il "Kisei
Eliahu" sostiene anche che l'Ein Sof non ha un servizio che gli
appartiene, né si può evocarlo in preghiera. Non gli si
può attribuire nessun nome, mentre il Tetragramma, il nome di Adonai
ecc. vanno riferiti solamente a zeir anpin e nukve nel mondo di atzilut
(emanazione). Questi nomi non vanno ascritti neppure ad arich anpin, ad aba ed
ema, a zeir e a nukve che si trovano nei mondi superiori a quello di
emanazione.
Perché
si abbandonano, dunque, tutti i partzufim sopra il mondo di atzilut per servire
soltanto zeir e nukve del mondo di emanazione? E che ne è di tutti gli
atik, gli arich anpin, gli aba e le ema, che precedettero zeir anpin nei mondi
superiori e sono più vicini all'Infinito?
Forniteci,
dunque, risposte comprensibili, affinché possiamo seguire il nostro Dio,
il nostro Creatore e il Creatore di tutto l'Universo. Ma non angustiateci con
indegne parole, Dio ci scampi. Infatti, chi come voi ha raccolto nel suo pugno
l'incanto e la raffinata comprensione di intendere e di conoscere Dio per mezzo
di questo studio occulto? Chi come voi salirà alla Montagna di Dio e
sosterrà nel luogo della Sua Santità? Io, invece, sono uno stolto
tra gli uomini e la comprensione non fa parte del mio possesso.
Ma la Rocca,
però, conosce le intime recondite intenzioni del cuore ed Egli cerca
ogni cuore. Io non ho dato riposo ai miei occhi e il sonno è stato tolto
alle mie palpebre perché potessi trovare le soluzioni. E colui che viene
per purificarsi è aiutato dall'Alto, sicché possa trovare una
Guida, che gli mostri il sentiero della Santità con chiaro intelletto e
cristallina conoscenza. Come l'infante che viene alimentato è come il
bambino che viene istruito. Forse tra i vostri Saggi della Verità (1)
, intelligenti ed esperti come Etan ed Heman (2), c'erano alcuni
Rabbini che erano privi di questa saggezza e ci hanno così elargito
squallide falsità, Dio ci salvi — A voi, però, sono stati svelati
i segreti ed i tesori nascosti di questa <49> sapienza, con la quale riempite le menti
dei vostri allievi fino a quando essi sono sazi e possono così
apprezzare il gusto della vostra benevolenza. È quindi nostro dovere
ricompensare le vostre buone azioni, per cui non trattenete la bontà da
coloro che la richiedono. Vi prego, davanti al Dio dei Cieli, di far
risplendere il vostro volto su di noi e così potrete chiarirci con
limpida esposizione ogni questione richiestavi. Allora saremo vostri servitori
e le nostre labbra potranno esprimere la magnificenza della vostra
generosità. Così non saremo svergognati né in questo mondo
né in quello futuro. Solo allora torneremo a nutrirci tra le rose nel
segreto dei Saggi e di coloro che intendono.
1) Hochmei ha-emet, usato per indicare coloro che studiano la
kabalà.
2) Famosi saggi dell'antichità, al tempo dei Patriarchi.
4
SECONDA
LETTERA RISPOSTA DA GERUSALEMME ALLO YEMEN
Ho letto tutto
ciò che è stato da voi scritto in modo erudito, simile ad un
albero con molti rami alti, come le cime dei cedri. Perdonate il ritardo della
risposta, ma il mio tempo è faticosamente occupato. Ma, ogni ritardo
è a fin di bene.
Esaminando la
vostra lettera, scorgo che avete spesso aperto la vostra bocca per menzionare
la parola "dèi". Pensate forse che le vostre parole sono
contro di noi? "Chi siamo noi che ci portate le vostre lagnanze"? Del
resto, tale disonore non appartiene a noi, bensì ai Saggi di Israele, il
più piccolo dei quali è più largo dei vostri lombi e sui
quali (Saggi) tutto Israele si appoggia e in grazia dei quali esiste il mondo.
È disdicevole per voi proferire tali sentenze indegne. Palesate una
semplicità sotto la quale, invece, si trova una grande astuzia. Il
giudizio sul vostro conto è comunque già stato espresso da coloro
che possiedono sapienza.
Ebbene, per
quanto riguarda la vostra affermazione secondo la quale il Kisei Eliahu (pagina
3) paragona l'Unità di Dio ad altre "unità", voi
brancolate nel buio, giacché a pagina 20, è spiegato che queste
similitudini vanno riferite a "Luci Sacre" (orot kedoshim) che non
hanno forma o sembianza che possano essere percepite dall'intelletto umano, in
modo alcuno. È solo perché l'intelletto stesso possa considerarle
che ci è stato permesso fare tali similitudini. A pag. 4, è <50> scritto anche che
gli epiteti (kinuim) e gli attributi descrittivi (to'arim) sono esempi relativi
alle sefirot emanate ed alle luci sacre, ma per quanto riguarda il Signore, non
esiste né similitudine, né forma, né percezione di Lui
nella mente umana, in qualsiasi modo.
In quanto alla
vostra domanda "perché si abbandonano tutti i partzufim sopra il
mondo di atzilut per servire soltanto zeir anpin, con il potere dell'ein sof
che è in esso ecc. — questo è stato spiegato a pagina 25 e
cioè "quando noi evochiamo zeir anpin, contemporaneamente,
evochiamo in un'unità tutti i partzufim, insieme alla neshamà che
si cela in essi".
Per quanto riguarda
la vostra domanda "perché si abbandonano i partzufim che sono
più vicini all'ein sof per evocare zeir anpin" — questo è in
virtù del fatto che gli "attributi interiori" (midot ha
p'nimiot) sono o di "severità" (din) o di
"misericordia" (rahamim). Zeir anpin, invece, consiste in tutti
quanti. E per questo motivo che il Creatore ha voluto seguire tutte le Sue
opere attraverso questo recipiente.
Se volete
porre, poi, delle domande sulle similitudini delle Luci Superiori (cosa che non
avete permesso di fare neanche nel pensiero, quanto di meno burlarvene)
perché non ve la prendete con il corpo materiale che svolge tutto il suo
lavoro, mentre la testa rimane al di sopra a non far niente? O anche la
facoltà del linguaggio, orgoglio dell'uomo su tutte le altre creature
viventi, — perché dunque la bocca non fu posta sopra gli occhi?
Così è stato decretato dalla Sua Saggezza. E se voi ritenete di
avere un'idea migliore, ebbene, andate dal vostro Creatore e prestategli
consiglio!
In quanto, poi,
all'affermazione che le parole del Kisei Eliahu sono in contrasto con quelle
del Rambam e degli altri Hachamim ecc., perché essi hanno scritto che
Egli non è il potere di un corpo, mentre, secondo il Kisei Eliahu, Egli
è il potere di un corpo — ebbene, tutti i kabalisti sono in pieno e
completo accordo sul fatto che chiunque consideri le sefirot in un senso
fisico, così come avete fatto voi, costui è un "kofer"
e non ha retaggio con il Dio di Israele! Se si riferiscono ad esse come
"luci sottili" è per il semplice fatto che bisogna "dare
all'orecchio ad intendere qualcosa".
Allo stesso
modo, ci chiediamo il senso delle parole del Rambam laddove scrive: "la
persona deve disporre il suo cuore verso la Divina Presenza (Shechinà) e
poi deve pregare". Nel Morè è invece scritto che la Shechina
è una "luce creata" (or nivrà). Ancor di più su
ciò che scrive a proposito della "Gloria di Dio" (Kevod
Ha-Shem) che anch'essa è creata. Se così fosse come poté
Israele lasciare l'uscio delle proprie tende per inchinarsi ad una creazione? E
Rambam scrive anche che ogni <51>
forma (tzurà) che videro e descrissero i Profeti, era un "luce
creata". Ciò significa forse, che non abbiamo profezia dal
Creatore, bensì dalle creazioni soltanto? E se noi affermassimo che
questa creazione si attacca (dabek) al Creatore, questo significherebbe per voi
forse, che Egli è il potere di un corpo?. Attendiamo una vostra
risposta, con impazienza.
5
TERZA
LETTERA DALLO YEMEN A GERUSALEMME
Il mio spirito
desiderava sentire parole purificate, simili ad uno specchio uniforme, parole
ispirate dai cieli, in alto. Io, infatti, sono povero di ogni sapienza e anelo
all'ombra del ricino. Ma, invece di rispondere, mi avete chiamato in causa (1)
. Dalle copiose acque, per me così amare, vorreste abbeverarmi. Mi
vorreste porre guardiano di un orto di cetrioli. La mia anima, tuttavia, rimane
sbigottita dalle profane lodi di cattiveria, simili alle benedizioni del
malvagio Balaam. Avete chiuso la vostra lettera con parole di calunnia, come
persona priva di educazione, come orso male addestrato.
Per amore della
verità, tale non è la via della Torà. Le vie della Sacra
Torà sono vie piacevoli — Ama il tuo prossimo come te stesso —
Ciò che ti è odioso non farlo al tuo prossimo. Non era forse
questa una sentenza di Hillel?
Avete iniziato
la vostra lettera affermando che ho spesso aperto la bocca per disprezzare i
Saggi d'Israele e che ho usato parole indegne nei loro confronti. Non mi
permetterei mai di svergognare il mio prossimo, Dio ci salvi, appartenga esso
alla nostra nazione o a qualsiasi altra nazione. Non riconosco nelle mie frasi
parole che abbiano potuto esprimere tale spregevole sentimento.
Tuttavia, se il
fine è quello di obiettare a coloro che portano delle affermazioni
contrastanti a quelle dei Hachamim, ebbene, in questo non esiste proibizione
alcuna. Nel Talmud stesso, le obiezioni vengono usate dai Rabbini per
controbattere le asserzioni dei Saggi maggiori di loro e in questo riportano
delle prove per sostenere le loro obiezioni, come quando è scritto
"l'obiezione (ti'ubta) del tale Rabbino" ecc. oppure "l'opinione
di questo Rabbino è sbagliata ("baduta" o come si legge
nell'Aruch "baruta", rigettata). In Sanhedrin e in Berachot è
scritto: "Noi affermiamo che quando una persona vede l'arcobaleno deve
chinare il capo, in <52>
base al verso "come la visione dell'arcobaleno che comparirà nella
nube" ecc. e "l'ho visto e mi sono chinato"; all'ovest,
tuttavia, maledicevano questa affermazione (2) ecc. — R. Abahu ne
parlò con disprezzo, ecc. —
Nella vostra
lettera, invece, ho scorto molta animosità e molte accuse, ma non vi ho
trovato risposta alcuna. Sono stato forse io a chiamare "déi"
questi partzufim? Invero, sono i kabalisti che così li hanno chiamati!
È sufficiente esaminare le "intenzioni" (kavanot) (3)
delle berachot e della tefilà, per scoprire chi è il nostro Dio
(Elohenu) e chi il Dio dei nostri Padri (Elohei avotenu)! O è
sufficiente considerare la domanda dello Zohar "Qual è questo
elohim"? (man elohim da). Dopodiché elohim viene riferito ad uno
dei partzufim! I kabalisti spiegano che esistono miriadi di mondi, tutti
emanati, creati, plasmati e compiuti, i quali, a causa della loro immensa
segretezza e della finezza delle
loro luci, non hanno potuto rivelare. Essi sostengono che ognuno di questi
mondi contiene dieci sefirot e che ogni singola sefirà contiene dieci
sefirot individuali, come nel mondo di emanazione. Essi si presentano in due
categorie generali; "igulim" (sferoidali), uno dentro all'altro, e
yosher (diritto) nella forma di un uomo in posizione eretta, strutturato con
248 arti. Ciascuno di questi mondi contiene entrambe le categorie (igulim e
yosher), sia in senso generale che in senso particolare. Tutte le spiegazioni
dei kabalisti, comunque, devono essere riferite al solo mondo di atzilut
(emanazione), poiché questo ha già acquisito
"densità" e si è rivelato in maggior misura. Essi
descrivono in questo mondo di atzilut cinque partzufim generali, ossia arich
anpin, aba ed ema, zeir e nukve.
Sono loro
stessi che hanno spiegato che l'atzilut è divenuto un mondo con una
propria densità e con delle proprie entità rivelate, a cui hanno
associato i Nomi di Dio, per cui questo partzuf è il "nostro
Dio", quest'altro è il "Dio dei nostri Padri" e
così via. Sono loro che hanno insegnato il livello particolare partzuf-sefirà-Nome,
indicato per ogni singola parola usata nelle benedizioni e nelle preghiere.
Pertanto, la
vostra accusa per la quale ho inteso le sefirot in un senso fisico chiamate
"déi" non ricade su di me, bensì sui kabalisti! Per cui
la domanda rimane al suo posto. E cioè: perché abbandonare l'ein
sof con tutte le sefirot dei mondi superiori di arich anpin, aba ed ema per
servire zeir anpin e nukve? E perché dobbiamo proclamare che lo zeir
anpin è il nostro Dio e noi siamo la Sua nazione ed i suoi servi, Egli
ci ha creato e noi Gli apparteniamo?
L'asserzione
riportata nella vostra missiva, per la quale la scelta di zeir anpin tra tutti
gli altri partzufim è dovuta al fatto che esso contiene ambedue gli
attributi interiori di severità e di misericordia ecc. — dimostra
chiaramente <53>
che ammettete che il servizio e la preghiera non appartengono alla Causa di
tutte le Cause, bensì a zeir anpin soltanto.
Pertanto,
è necessario che ci chiariate come risolvere questa contraddizione tra
l'opinione dei kabalisti, per la quale servizio e preghiera appartengono a zeir
anpin e alla sua anima e l'opinione della Sacra Torà, sia scritta che
orale, per la quale servizio e preghiera vanno rivolte esclusivamente alla
Causa Prima.
Per quanto
riguarda, poi, la vostra collera e il vostro sdegno per aver io inteso le
sefirot in un senso fisico, mi sembra che siano del tutto infondate,
giacché io ho citato le espressioni dei testi kabalisti. Questi
sostengono che il mondo di atzilut contiene corpo, anima, indumento, luci spirituali,
che a questo livello sono già più dense e si manifestano.
Ciò implica che le sefirot in questione sono "qualcosa" e sono
relativamente "materiali" in rapporto ai mondi superiori.
Sapreste forse
spiegarmi chi governa tutti i mondi celati, che non sono stati rivelati dai
kabalisti? Chi li alimenta e chi li sostiene? È forse zeir anpin di
atzilut, al quale anch'essi devono prostrarsi o forse è l'Ein Sof che
è il loro Dio, mentre noi terreni dobbiamo servire esclusivamente zeir
anpin? Infatti, se zeir anpin alimenta e sostiene i livelli inferiori e
l'Infinito è il Dio dei livelli superiori, ciò significa che
esistono due poteri regnanti separati, Dio ci scampi!
I nostri Saggi,
invece, hanno spiegato (4) che allorquando Dio concesse la
Torà aprì i sette cieli superiori e i sette mondi inferiori e
disse ad Israele "Considerate i livelli superiori ed i livelli inferiori e
sappiate che non esiste altro Dio all'infuori di Me, non in alto e non in
basso, Io sono il Signore, vostro Dio".
Nel Midrash
Rabbà, parashat Yitrò, sta scritto "Io sono il Signore"
— R. Abahu disse: Un re, ad esempio, può avere un padre, un fratello o
un figlio. Ha-Kadosh Baruch-Hu disse: Io non sono così, poiché
"Io sono il Primo e Io sono l'Ultimo" ecc. — che non ho un figlio, e
"all'infuori di Me non c'è altro dio" — che non ho fratelli —
Il libro Etz
Yosef commenta: Un re in carne ed ossa se ha un padre deve onorarlo; se ha un
fratello, potrebbe dover condividere con lui qualche onore; se ha un figlio,
gli concederà l'onore di diventare principe e alla fine gli
erediterà la sua carica. — Il significato del verso "Io non ho
padre" significa che Egli è la Causa Prima; "Io non ho
fratello" significa che Egli è Singolo e non esiste un secondo; "Io
non ho un figlio" significa che tutto ciò che da Lui deriva non si
manifesta in un modo esistente in natura, come il processo naturale per cui un
figlio esce da suo padre, come sostenuto da alcuni (5). Se
così fosse, ne conseguirebbe che Egli non ha il potere di cambiare le
cose ed il Suo regno non è completo (infatti sarebbe limitato dal dover
condividere l'onore con i suoi parenti). Però, il <54> Santo Benedetto
Egli Sia disse "Io sono il Signore vostro Dio" poiché è
in virtù del Suo potere che Egli li ha tratti fuori dalla terra
d'Egitto, dimostrando così che il Suo regno è assoluto e nessuno
può limitarLo —
In merito al
verso in Daniele "(disse Nabucodonosor) il quarto che vedo sembra un
figlio di Dio" spiegarono i Saggi del Talmud, in Shabbat (6):
R. Reuben disse "In quel momento, scese un angelo, schiaffeggiò
quel malvagio sulla bocca e gli ingiunse "Correggi la tua parola. Ha Egli
forse un figlio?". Dopo di ciò troviamo che Nabucodonosor disse
"Benedetto sia il Dio di Shadrah Meshah e Avid Nego, che ha inviato il Suo
angelo ed ha salvato i Suoi servitori" — non è scritto
"figlio" bensì "angelo".
Ciò
significa che Nabucodonosor considerava gli angeli come entità
"emanate" che scendono da Dio, in modo naturale, come un figlio esce
da suo padre. Simile è l'opinione dei kabalisti in relazione alle sefirot
di tutti i mondi e alle loro neshamot. Per questo motivo lo schiaffeggiò
sulla bocca fino a che il re mutò la sua parola e disse
"angelo".
Infatti, tutto
ciò che esiste fu creato da Dio "yesh me-ain" (ex nihilo),
dalla creatura più complessa fino all'insetto più piccolo. Non fu
emanato dalla Sua essenza in un modo simile a quello di un figlio generato
dalla potenza fecondatrice del seme paterno.
La conclusione
di questo ragionamento è che non si deve servire alcuno
"partzuf" o aspetto o forma esistente tra tutte le creazioni, sia
superiori che inferiori. Dio soltanto, nella Sua Unità, deve essere
servito, onorato e pregato. Dalla semplicità più pura della fede
fino ai concetti più sublimi, raggiungibili dalle menti bene istruite,
regna assoluto il precetto e il monito della Torà "Io sono il
Signore vostro Dio" e "non avrai altri dèi".
Maimonide, di
benedetta memoria, scrive che esistono cinque categorie di "minim" (7):
— coloro che affermano che non esiste Dio e non c'è alcuno che governa
il mondo. — coloro che affermano che il mondo ha un conduttore rappresentato da
due o più entità. — coloro che sostengono che esiste un Dio, ma
che Egli ha un corpo e una sembianza. — coloro che affermano che Dio non
è l'unico Primo e non è l'unica Rocca (fondamento di tutto). —
coloro che adorano qualsiasi altra entità, che fa da mediatore tra Dio,
Signore del mondo e l'individuo — Ognuno di essi è considerato un
"min" —
Il Lehem
Mishnà commentando la quarta categoria cita il Ravad, che scrisse:
Questo è come colui che dice "Il vostro Dio è veramente un
grande Artista, sebbene Egli abbia trovato dei meravigliosi materiali coi quali
lavorare: confusione e caos (tohu va-vohu), oscurità, acqua e aria. Egli
li usò e fece ciò che fece". — Il Lehem Mishnà
commenta l'aggiunta del Ravad alle categorie elencate <55> dal Rambam; anche se uno ammette che
nessun'altra "causa" precedette Dio, ma che Egli la creò da
un'altra entità esistente (yesh me-yesh), anche costui è un
"min". —
Ai fini della
nostra trattazione, è sufficiente considerare che la dottrina di fede,
spiegata da tutti gli autori della nuova kabalà, è, a nostro
avviso, (così come secondo l'avviso di molti illustri Hachamim che
l'hanno rigettata del tutto) una credenza in una molteplicità di
entità emanate; ein sof, adam kidma'a, adam kadmon, atik, arich, arich
anpin, aba, ema, zeir anpin e nukve. Secondariamente, tali entità, che
presentano dei corpi celesti di luce, sono in rapporto con l'ein sof,
così come l'anima con il corpo. Terzo, il loro servizio non è
rivolto alla Causa Prima (nominato, con la loro terminologia, Ein Sof),
bensì ad una sua emanazione, zeir anpin, l'ultimo di una catena di
cause. Quarto, questo zeir anpin è un "mezzo" (emtzaì)
attraverso il quale l'influenza scende dai livelli superiori di atik, arich,
aba ed ema; esso viene chiamato "figlio" di aba ed ema nel mondo di
atzilut e "padre" o keter (corona-arich e atik) nel mondo della
creazione (berià) (negli ordini della catena dei mondi nei quali
credono).Così ho letto anche nella vostra lettera e perciò ho
riportato tutto questo per calpestarlo sotto i piedi!
Avevo chiesto
per quale motivo si doveva abbandonare l'ein sof ed i partzufim superiori, che
sono ad esso più vicini. Mi avete risposto che zeir anpin racchiude gli
attributi di severità e di misericordia, per cui il Creatore ha optato
eseguire le Sue azioni tramite questo recipiente. Ad esempio di ciò, lo
avete paragonato ad una mano, che esegue ogni tipo di lavoro, mentre la testa
rimane al suo posto, inoperosa, oppure al linguaggio che è l'orgoglio
della persona ecc. Tutto ciò è assai curioso. Io avevo chiesto in
merito all'affermazione che zeir anpin è il Dio della nostra adorazione,
e voi mi avete risposto sulle azioni che vengono eseguire dalla volontà
del Fattore. Dobbiamo, pertanto, servire tutte le forze attive che per la loro
volontà agiscono su di noi e nominarle Dio? Anche il sole compie per noi
molte benefiche azioni; ci illumina, scalda l'aria e la terra, affinché
la vita vegetale abbia il suo corso e la frutta possa maturare a tempo.
Dobbiamo per questo venerarlo? Anche la luna e le stelle agiscono su ciò
che è sottostante, per volontà del Creatore. Così pure la
terra e l'acqua sono elementi indispensabili alla vita e alla crescita del
mondo fisico. Il fuoco, poi, è necessario per la cottura dei cibi ecc.
Dobbiamo per questo servire questi elementi vitali?
Che la
volontà di Dio si manifesti per mezzo di messaggeri è principio
espresso chiaramente nelle Sacre Scritture — "Che le acque abbondino con
una moltitudine di esseri viventi", "che la terra produca creature
vive", "che la terra <56>
produca germogli, erbe che facciano seme", "Egli fa dei venti i Suoi
messaggeri e del fuoco ardente i Suoi servitori" e così via.
Ciò
nonostante, Ha-Shem Baruch-Hu ci ordinò di servire soltanto Lui e ci
avvertì a non venerare altri all'infuori di Lui. In quell'istante
pregiatissimo, nel quale Si rivelò sul Monte Sinai, Egli proclamò
"Io sono il Signore, vostro Dio" e "Non avrai altri dèi
al Mio cospetto". E così "Io sono Ha-Shem, questo è il
Mio Nome e la Mia Gloria non darò ad altri".
Sia voi che il
sottoscritto siamo stati davanti all'Artigiano, che ci ha creato, e, da Lui,
abbiamo sentito che è proibito servire un altro dio (come il vostro zeir
anpin), persino se costui va riferito ad un messaggero inviato per compiere
qualche attività. Perché, dunque, non dobbiamo obbedire
all'Altissimo e servirLo unicamente, invece di zeir anpin, questo corpo emanato
di luci, entro il quale risiede l'Infinito?
Ora, è
mia intenzione replicare alla vostra domanda in merito alle parole del Rambam,
per cui "la persona deve disporre il suo cuore verso la Shechinà e
poi deve pregare" e che, come scritto nel Morè Nevuchim, "la
Shechinà è una luce creata". ecc. E bene premettere,
però, che vi siete rivelati saggi ai vostri occhi e privi di istruzione
su questioni di buona educazione. È forse garbato ritorcere la domanda a
chi sta chiedendo? Tuttavia, non tratterrò la mia penna dal rispondervi.
È ben
noto a coloro che sono eruditi nella sacra letteratura di Israele che il termine
"Shechinà" si riferisce a tre cose; primo, si riferisce a Dio
(come annota Rambam nelle "Leggi di Penitenza": "Grande è
la penitenza, poiché essa riavvicina l'individuo a Dio"
[Shechinà] — Tale è l'immenso beneficio della penitenza — ieri,
era separato dal Dio di Israele, ecc., oggi aderisce alla Shechinà, come
è scritto "Voi siete attaccati al Signore, vostro Dio" —
l'individuo implora e subito viene esaudito, come è scritto "Ancora
prima che essi chiamano, Io risponderò"). Secondo, si riferisce alla
"rivelazione" della Shechinà (Ghilui ha-Shechinà) (come
quando Abramo procedeva verso il monte Morià per sacrificare Isacco,
dove è scritto "Ed egli vide il luogo da lontano". I Saggi
spiegano che vide da lontano una "luce" sul monte Morià e il
Poeta così espresse "ed egli vide un'immagine dell'Onore, dello
Splendore e della Gloria". Questa è la "luce creata" di
cui parla il Rambam. Similmente, in relazione al roveto ardente è
scritto in Shemot "Ed Egli (Mosè) si avvide che il roveto ardeva
per il fuoco". E all'inizio del verso è scritto chiaramente
"Un inviato del Signore gli apparve attraverso una fiamma di fuoco di
mezzo ad un roveto". Questa è una "luce creata".
L'espressione esatta del Rambam è la seguente: "qualora si faccia
menzione alla" rivelazione <57> della Shechinà ci si riferisce ad una "luce
creata"). Terzo, si riferisce alla Provvidenza di Dio (Ashgahà) su
di noi, nominata anche Shechinà. (come dissero i Saggi "Quando
vennero esiliati in Babilonia, la Shechinà li accompagnò" —
questo significa che la Provvidenza li sorvegliava, come, infatti, promette la
Torà "Anche quando saranno in una terra non loro, non li
disprezzerò, né li odierò, si da distruggerli o da
annullare il Mio Patto con loro, giacché Io sono il Signore, il loro
Dio"). Pertanto in tutti i riferimenti di Shechinà è
implicito uno di questi tre sensi.
In merito, poi,
alla vostra domanda "Ancor di più su ciò che egli
(Maimonide) scrive a proposito della "Gloria di Dio" (kevod Ha-Shem)
che anch'essa è la luce creata; se così fosse, come poté
Israele lasciare l'uscio delle proprie tende per inchinarsi ad una
creazione?"
Ebbene, vi
rispondo io, essi non si inchinarono alla "Gloria" visibile,
bensì a Colui che fece sì che questa Gloria si manifestasse. La
Gloria che ivi apparve fu un segno di approvazione, un segno che Dio desiderava
il Tabernacolo come propria "dimora". Allo stesso modo noi preghiamo
Dio con il viso rivolto al Tempio da Gerusalemme "Poiché Dio scelse
Sion e lo desiderò come dimora".
Maimonide aveva
in precedenza spiegato che il termine "Kevod Ha-Shem" a volte
è riferito ad una "luce creata" che il Signore fa risiedere in
un luogo, come è scritto "E la Gloria di Dio dimorò sul
monte Sinai ed Egli la ricoprì in una nube" ecc.; a volte, invece,
è riferito all'Essenza e alla Verità di Dio, come è
scritto "Mostrami, Ti prego, la Tua Gloria". A questa implorazione di
Mosè seguì la risposta del Signore "Poiché nessuno Mi
può vedere e rimanere in vita". Questo significa che la Gloria qui
indicata va riferita a Dio stesso. Parimenti, troviamo nelle parole dei Saggi
che il Nome Elohim è da associarsi, alle volte ai "giudici",
alle volte agli "angeli" e alle volte con Dio, così come la
Shechinà viene associata con i significati testé spiegati.
Pertanto
siccome ho notato che vi ritenete saggi, vi chiederò nuovamente di
rispondere, con argomentazioni valide, alle parole dei Saggi del Talmud. A voi,
infatti, sono stati rivelati "i segreti". Una percezione superiore ed
uno spirito rinnovato sono il vostro retaggio. Mostrateci, dunque, come sia
possibile conciliare tutte queste contraddizioni. Farete così giustizia
a voi stessi e, da parte nostra, riceverete grande onore.
1) Con doppio senso, "invece della vostra umiltà vi
farete grandi sopra di me".
2) Talmud Gerosolimitano. <58>
3) Ciò che si deve intendere nel pensiero quando enuncia le
benedizioni ed elenca le diciotto benedizioni della "Amidà".
4) Riportato in Menorat ha-Maor, prk. 143.
5) Questa è infatti l'opinione dei kabalisti per cui zeir
anpin è figlio di aba ed ema, mentre è padre di ciò che da
lui deriva. Egli ha anche delle sorelle (ahajot nukvin)
6) Talmud Gerosolimitano, perek. ba-me-íshà.
7) Miscredenti o coloro che credono in una falsa dottrina,
specialmente per ciò che riguarda i fondamenti della fede.
6
TERZA
LETTERA DI RISPOSTA DA GERUSALEMME ALLO YEMEN
"Un uomo
sistema i pensieri nel suo cuore, ma il Signore decide ciò che la sua
lingua pronuncerà". Sono rimasto stupefatto e sbalordito nel
leggere la vostra lettera. Come osò il vostro animo indagare sul retaggio
di simili grandi menti e giudicare coloro che mostrano fedeltà alla
Torà e le cui genealogie familiari risalgono al seme dei Patriarchi?
Come osate sfidare tanti Paskanim, Darshanim primi e ultimi e Hachamim
dell'oriente e dell'occidente, sefaraditi, ashkenaziti e yemeniti, e tutte le
sacre comunità che originano dal seme santo dei fedeli? La Torà
è l'oggetto della loro delizia, più dell'oro e delle pietre
preziose. Potrebbe mai tale pietra di inciampo derivare dagli eruditi Giusti e
dai Saggi, da uomini che possiedono comprensione, che temono Dio e si astengono
da ogni male e che con la loro sapienza hanno abbattuto molti nemici, che in
ogni generazione si levano contro di noi? È forse la loro kabalà
mescolata con stoltezza e capriccio? Quanti di essi sono diventati illustri per
il loro intelletto come kabalisti e come autori di opere di filosofia, di
logica, di medicina, di geometria piana e di astronomia. Essi sono uomini che
meditano giorno e notte, uomini di pace, che nella loro serenità mangiano
i frutti delle loro buone azioni, frutti freschi e maturi. Quanto avete
scritto, non può essere creduto, né tantomeno salire nel
pensiero, se non di quegli sciocchi che credono in tutto oppure si appoggiano
sulla loro intelligenza!
Sarebbe giusto
che non vi rispondessi del tutto. Perché chi sono io per addentrarmi in
faccende che è proibito persino considerare nel proprio pensiero? E
sarebbe meglio non rispondere ad una siffatta lettera. Ma solo poiché
è tempo di agire in nome di Dio vi risponderò con ciò che ho
trovato tra gli insegnamenti dei Saggi, di benedetta memoria. Che il loro
merito sia di sostegno e non sia affatto di ostacolo! <59>
Ebbene, in
merito alla vostra affermazione per cui non avete mostrato disonore ai Saggi,
ci sono molti che testimoniano il contrario. E voi non potete negarlo. Siete
stati condotti a ciò quando avete attribuito a loro un grande errore e
li avete considerati "miscredenti". Una persona deve stare molto
attenta, giacché non venga arsa dai loro tizzoni ardenti, poiché
"i Giusti nella loro morte sono ancora più grandi che nella loro
vita".
In merito alla
prova che portate per dimostrare la contraddizione esistente tra le parole
più autorevoli dei Rabbini (kabalisti) e il Talmud, ebbene, questa prova
non ha niente a che vedere con l'argomento trattato. Dove troviamo una prova
riportata per contraddire una legge di Mosè dal Sinai (halachà
le-Moshè me-Sinai)? Gli stessi kabalisti sostengono che la Kabalà
l'hanno ricevuta tale da Mosè. Chi, allora, vi ha dato il permesso di
indagare e confutare le loro affermazioni?
In merito alla
vostra affermazione che noi chiamiamo "dèi" i partzufim, Dio
ci salvi, e che tale è anche l'espressione usata da tutti i kabalisti,
così come avete scritto "è sufficiente esaminare le
intenzioni delle berachot e della tefilà" ecc., essi hanno
già spiegato che la "Causa di tutte le cause si misura in questa e
in quest'altra sefirà, con questo e con quel nome, per ogni
sefirà".
In merito alla
vostra domanda per la quale "i kabalisti spiegano che esistono miriadi e
miriadi di mondi" ecc., esistono pure miliardi di mondi, ma essi dicono,
alla fine, che il loro Creatore è Uno e che Egli dà vita a tutti.
Ebbene, che cosa non va bene in tale affermazione?
In merito alla
vostra asserzione che "essi si presentano nel mondo di "yosher"
nella forma di un uomo in posizione eretta", è già stato
spiegato "grande è il potere dei Profeti, in quanto hanno
paragonato l'Onnipotente in Alto ad una forma umana".
In merito alla
vostra affermazione per cui ogni sefirà di yosher è strutturata
con 248 arti ecc., i kabalisti hanno chiarito cosa siano questi 248 arti: sono
le 216 lettere del nome "Av" (ain, bet) sommate ai 32 (lamed, bet)
sentieri della saggezza. Tale somma allude ad alcune delle forze divine (kohot
elohiim).
In merito alla
vostra asserzione per la quale io avrei ammesso che nessuna preghiera
appartenga alla Causa di tutte le cause, ebbene, questa è una menzogna.
Quando in precedenza, mi avevate chiesto sulle parole del "Matzref
Emunà", io vi avevo risposto che dovevate consultare il "Kisei
Eliahu", in cui è scritto "ma la nostra kabalà è
che la nostra preghiera è diretta all'Ein Sof per <60> attirare
l'influsso dentro alle dieci sefirot", come è scritto, del resto,
anche nel "Lehem Shlomò". La ragione per la quale vi avevo detto
di consultare il Kisei Eliahu era per capire che le parole del
"Matzref" sono blasfeme, per cui tale testo deve essere bruciato. Del
resto, noi non troviamo le sue parole in qualsiasi altro testo kabalistico, Dio
ci salvi, mentre le parole del Kisei Eliahu son ben altre. Il Kisei Eliahu
spiega che zeir anpin è soltanto un recipiente per le azioni del
Creatore. Vi è scritto a pag. 25 "quando noi evochiamo zeir anpin,
contemporaneamente, evochiamo in un'unità tutti i partzufim, insieme
alla neshamà che si cela in essi"; ciò non significa che la
preghiera non va diretta all'Ein So, significa semplicemente che l'elevazione
di questa preghiera all'Ein Sof si attua tramite questo attributo. A comprova
di ciò, leggiamo a pag. 17 "ciò che è scritto sulle
intenzioni delle preghiere e delle benedizioni, per cui bisogna concentrare,
per ogni benedizione, un'intenzione particolare ad una sefirà
particolare, non significa che bisogna pregare la sefirà stessa, Dio ci
salvi, poiché questo sarebbe considerato "kifrut". È
proibito tenere il pensiero su una qualsiasi forza particolare o su una
qualsiasi sefirà individuale. Tutto fa parte dell'Ein Sof, Benedetto
Egli sia, l'Uno generale di tutte le forze (kohot) unite". E ancora il
Kisei Eliahu scrive a pag. 25 "tutte le nostre preghiere sono dirette
all'Ein Sof, sebbene non si possa attribuire ad esso alcun epiteto o attributo.
E per questo motivo che noi preghiamo per mezzo delle sefirot, in quanto tutti
gli epiteti e gli attributi sono riferibili ad esse. Infatti, tutti gli epiteti
e gli attributi sono relativi alla Sua essenza, così come si disseminano
nelle sefirot". A pag. 26, continua "e se essi non fanno così
e, unificano la loro preghiera a zeir anpin, non verranno esauditi".
Tutti i
kabalisti concordano su queste regole generali. Perciò, se trovassi
scritto, in qualsiasi libro, che la preghiera deve essere rivolta ad una
sefirà particolare, direi che è profano prenderlo alla lettera.
La vera intenzione consiste nell'elevare la preghiera all'Ein Sof, per mezzo di
una sefirà particolare.
Ho
puntualizzato tutto affinché fossero chiarite le parole del Kisei
Eliahu. Ma la mia kabalà è quella da me già menzionata. Da
questo si può arguire che il motivo della vostra indagine non è
al fine di ricercare la verità, come avete scritto, bensì al fine
di trovare qualche pretesto contro di me. Chi sono io, che mi possiate
considerare un kabalista? Poiché "Io sono uno stolto privo di
sapienza" e tutte le mie preghiere sono inferiori al cinguettìo di un
uccello. Gli uccelli sono alimentati senza difficoltà e non sono
costretti alla sottomissione del regno in cui vivono. Forse anche il loro
cinguettìo è ben inteso. Ma in quanto a me, il giogo del tempo e
la ricerca del pane vengono a disturbare la mia mente ed i <61> miei pensieri. Inoltre,
io non ho "ricevuto" da un Hacham della kabalà in modo
diretto, da bocca a bocca. Magari il Signore mi avesse alleviato dai fardelli
del tempo e del cibo e mi avesse destinato un Maestro della kabalà, che
mi conducesse per le vie dirette, così da poter essere nel nòvero
degli "Uomini dell'Ascesa"!
Tornando alla
vostra lettera, mi scrivete che non siete stati voi a concepire le sefirot in
un senso fisico (magshim ba-sefirot) e aggiungete "perciò egli
sarebbe un potere in un corpo" e che "la luce ha un corpo fine".
Ebbene, io vi avevo già scritto che la ragione per la quale vengono
chiamate "luci" è perché "l'orecchio ascolti e
intenda". Tutti questi dubbi sono entrati in voi, perché voi vi
siete fatti dei concetti materiali.
In merito alla
vostra domanda "chi governa tutti i mondi celati" — Colui che li ha
creati e che li mantiene in esistenza.
In merito alla
vostra considerazione per cui "zeir anpin sarebbe il dio dei livelli
inferiori" — ebbene, non vi avevo scritto che zeir anpin è soltanto
un recipiente delle azioni del Creatore?
In merito alla
vostra affermazione che i veri Hachamim spiegarono che “allorquando Dio
concesse la Torà ecc. (riportato in "Menorat ha-Maor"), e,
poi, alla vostra citazione del verso in Midrash Rabbà "Io sono il
Primo ed Io sono l'Ultimo" ecc. e "non ho né padre, né
fratello, né figlio, — ebbene, chi ha mai detto che Egli ha un padre o
un fratello o un figlio? Siete voi che calunniate i Saggi accusandoli di aver
proferito simili frasi! I kabalisti spiegano che tutti gli epiteti e gli
attributi descrittivi si trovano nelle sefirot, per permettere così
all'orecchio di intendere qualcosa. Fareste bene a leggere l'introduzione del
nostro Maestro e Rabbino Ghiktalia nel suo "Sha'arè Ora" o i
testi kabalistici di rav Recanati e rav Haim. Quest'ultimo scrive "Laddove
ti imbatti in parole che non sarebbe ortodosso riferire al Creatore, come, ad
esempio, "shiur komà" (la misura della statura). ecc., sappi
che esse vengono riferite alle sefirot. Invece, laddove ti imbatti in parole di
lode e di esaltazione, sappi che queste vengono riferite al Creatore, che
è in esse e fuori di esse, poiché non esiste alcunché che
lo possa limitare; perciò non è giusto riferire al Creatore
limiti quali destra, sinistra, fronte, dietro".
In merito alla
vostra asserzione per cui i kabalisti ritengono che le sefirot si evolvano
così come, in natura, un figlio esce dal padre — è davvero
blasfemo interpretarlo così. Al contrario, i kabalisti sostengono che
non bisogna credere né pensare, Dio ci salvi, che le sefirot siano una
parte dell'ein sof o che esse si siano evolute da esso, cioè da causa a
causa. È infatti peccaminoso <62> pensare così, perché l'Ein Sof non si
divide in parti, non ha aggiunte né perdite, ma è, invece,
un'Esistenza sempre in esistenza, priva di qualsiasi cambio. E Lui che le ha
create completamente dal nulla.
In merito alla
vostra considerazione per cui zeir anpin sarebbe il figlio di aba e di ema e il
padre del mondo di berià e che avrebbe una moglie ed una sorella —
ebbene, tutti questi antropomorfismi sono "termini prestati" in
riferimento alle sefirot.
In merito alla
vostra asserzione che non si deve servire partzuf alcuno — questo è ben
noto a tutti i kabalisti, i quali non hanno bisogno dei vostri moniti.
In merito alle
cinque categorie di "minim" descritte dal Maimonide e da voi citate —
ebbene, chi ha mai detto che non esiste Dio o che ce ne sono due o che Egli ha
un corpo o che Egli non è l'unico Uno o che si deve servire qualche
altra entità mediatrice o che Egli aveva già dei bei colori coi
quali lavorare o che Egli ha creato il mondo da qualcosa, Dio ci salvi? Il
fatto è che un pensiero impuro è entrato nel vostro cuore! Voi
leggete i testi di kabalà e poi li interpretate in modo letterale,
basandovi sulla vostra comprensione. Avete dimenticato, però, quello che
il Saggio dei saggi ha detto "Non appoggiatevi sulla vostra
comprensione". Siccome, però, mi avete fatto intendere che voi
capite, risolvete i quesiti che in precedenza vi avevo posto e che ancora vi
porrò.
In merito alla
vostra asserzione per la quale molti grandi Hachamim, sia dei tempi trascorsi
che dei tempi presenti, si sono separati da questo studio — questo non è
vero. Dio ci salvi che esista un qualsiasi Hacham che si sia separato da tale
studio! Ma se ce ne sono, allora lo fanno perché ammettono di non essere
all'altezza di tale sapienza.
In merito alla
vostra affermazione che Rivash e Havot Ya'ir hanno scritto ecc. — ebbene, voi
mentite sul loro conto. Essi, infatti, sono due validi testimoni che voi siete un
bugiardo! In breve, così si esprime il Rivash: — "R. Peretz ha
Cohen non voleva né trattare, né considerare le sefirot. Aveva
anche sentito, direttamente, R. Shimshon di Kinon così esprimersi a
riguardo: "Io prego con la mente di un bambino". Questo era detto per
dissociarsi dal metodo di preghiera dei kabalisti, che, alle volte, si
rivolgono ad una sefirà, e, alle volte, ad un'altra. Anche nella
preghiera delle "18 benedizioni" (Amidà), essi dirigono ad
ogni singola benedizione un'intenzione per una sefirà particolare. Tutto
ciò è infatti molto strano per chi non è kabalista come
loro; poiché potrebbe pensare che questo metodo comporti il credere in
una molteplicità. Costui aveva anche sentito uno dei filosofi che
biasimava i kabalisti <63>
ed era solito dire che i Cristiani credono a tre, mentre i kabalisti credono a
dieci. A questo proposito, rav Peretz ha Cohen si era rivolto ad un anziano
Hacham, Don Yosef ben Shushan, talmudista e kabalista, molto pio e scrupoloso
nell'osservanza delle mitzvot: "Perché voi kabalisti — gli chiese —
rivolgete il vostro pensiero ad una sefirà particolare per ogni singola
benedizione? E dunque, la divinità dentro alle sefirot, che uno deve
pregare?" Egli rispose: "No, Dio ci salvi, che la preghiera vada
rivolta a qualcun'altro se non ad Ha-Shem, la Causa delle Cause. Questo si fa
soltanto perché uno intende con il suo pensiero attrarre l'influenza
dentro a quella sefirà che corrisponde all'oggetto della sua richiesta.
Per portare un esempio chiarificatore, quando un kabalista pronuncia la beracha
"Al ha-Tzadikim" ecc. (per i Giusti, ecc.) egli tiene in mente la
sefirà di Hesed, ossia l'aspetto di misericordia ecc". — Allora
l'altro gli rispose: "Va bene. Io, comunque, non dedico il mio tempo a questo
studio, perché non l'ho ricevuto da un Hacham Mekubal. E anche se ho
letto spiegazioni di "segreti" (sodòt) del Nachmanide,
tuttavia per uno che ne rivela ne nasconde mille altri". — Egli aggiunse,
anche, che un Hacham aveva interpretato la kabalà in un modo differente
dall'opinione del Nachmanide (Ramban), per cui sarebbe stato meglio se si fosse
astenuto dalle sue interpretazioni. E concluse col dire che è
impossibile appoggiarsi su questo studio se non con l'ausilio di un Hacham
Mekubal.
Questa è
la prova. Rivash si astenne da questo studio perché non lo aveva
ricevuto oralmente, da bocca ad orecchio, e non già perché aveva
in cuor suo dei dubbi al riguardo, come asserite voi.
Ed ora è
mia intenzione portarvi la seconda testimonianza (per la quale avete mentito) e
cioè quella del Gaon, autore di Hovot Ya'ir. In breve: — A colui (al
Gaon) si rivolse un Hacham, che aveva dedicato tutti i suoi giorni allo studio
del Talmud e dei Poskim, fino a quando era entrato in lui uno spirito che lo
aveva spronato a studiare la kabalà, la quale, per la sua
sublimità, è considerata l'anima della Torà. Questo Saggio
aveva letto molti versi dello Zohar "senza i quali sarebbe stato
impossibile salire al cospetto del Santo Re" ma che, tuttavia, non erano
citati nel Talmud. Al contrario, la Mishnà avverte a non inoltrarsi in
questo tipo di studio, poiché è scritto "Non indagherai su
ciò che è troppo elevato per te". Fu dunque per questo che
si rivolse al Gaon di Hovot Ya'ir, affinché gli chiarisse questo argomento,
per lui confuso. Tale fu dunque la risposta del Gaon: — Guai a me se ti avessi
consigliato di distogliervi da essa; infatti, non vorrei essere causa di
scoraggiamento e mettere un ostacolo a questa Saggezza, <64> che è, senza dubbio, la
Neshamà della Torà ed il fondamento della fede. Indubbiamente,
chi ne ha meritato lo studio fa parte degli "Uomini dell'Ascesa";
costui è beato e buona è la sua parte e piacevole il suo
retaggio. Egli è amato dall'Alto. ecc. —
Il Gaon
prosegue e riporta le parole di Yashar da Candia, il quale, dopo aver raccolto
molti fogli con le opinioni di coloro che lo precedettero, scrisse a lungo
contro il S. Behinat ha-Da'at, un testo che corrompeva le masse. Costui
asserì di aver trovato "un chiodo infisso in un pilastro di ferro,
posto in un luogo sicuro" che affermava che la ricompensa per essersi
separato da essa (dalla kabalà) era maggiore dello studio stesso. Questo
era reperibile nel libro di suo padre "Shemen La-Maor" che, in breve,
citerò: — Questo è quanto scrisse nel nome di R.M. Gabbai:
"Chiunque non abbia ricevuto i Segreti della Torà (Sitrei
Torà) dal suo Maestro e crede di essere in grado di "pensarli"
con la propria mente trasgredisce al precetto "non ti farai immagini
scolpite". — Mi sono impegnato qui a chiarire alcuni atteggiamenti della
nostra generazione. — Ho sentito, infatti, coloro che non hanno ancora visto la
luce, così vantarsi "Ho visto la luce e l'ho guardata". In
loro c'è una cattiva natura, sono simili ai pulcini i cui occhi non sono
ancora bene aperti ecc. — Tuttavia, anche i "più grandi" che
sono intelligenti e sono esperti nelle "Camere" della Torà,
non hanno il potere intellettivo di raggiungere le "Camere" della sua
luce... — Eccezion fatta per colui che ha ricevuto dalla bocca di un Maestro
anziano, "venuto negli anni".
Riportiamo qui
l'affermazione del Ramban, dell'introduzione al suo commento della Torà:
— Lo affermo come un patto fedele, come un consiglio valido per colui che
consulta questo libro; uno non si deve creare delle opinioni personali su tutte
le allusioni (remazim) che ho riportato in relazione ai segreti della
Torà. Affermo incontestabilmente che le mie parole non possono essere
comprese da qualsiasi mente o intelletto, bensì soltanto per mezzo delle
spiegazioni fornite da un Hacham Mekubal, che le trasmette all'orecchio di un
Talmid assennato. Altrimenti, tutte le supposizioni che lo sprovveduto suppone
a proposito saranno delle distorsioni, foriere di gravi danni ... ecc. (fin
quì Ramban) —
— (riprende
Shemen la-Maor) Se mi chiedeste perché ho scritto un commento al commento
del Ramban, risponderò che è per chiarire le sue parole che sono
succinte e allusive, mentre gli altri testi della kabalà si sono
dilungati nelle loro spiegazioni. Vedi, ad esempio, il S. Sha're Ora, nel
quale, ad ogni pagina, l'autore spiega "ora alluderò a" ...
ecc. Così anche nel S. Behiye l'autore usa dire "ve ha-maskil
iavin" (e l'iniziato capirà). Ancor di più nello Zohar,
così recondito <65>
e segreto. Ecco l'esposizione introduttiva dell'Etz Haim: — Sebbene sia convinto
che le generazioni future saranno nutrite da questa composizione (lo Zohar),
tuttavia è indubbio che le "acque" di questa
"saggezza" non saranno svelate al lettore per mezzo dell'intelletto
umano, bensì soltanto per mezzo dell'influenza divina che scende su di
lui. Infatti, se persino l'ultimo dei kabalisti si spinse a dire che le parole
dello Zohar non possono essere comprese, come potrebbe dunque uno immaginare
che, per mezzo soltanto del suo intelletto naturale, sarà in grado di
capire e di percepire la Voce del Dio Vivente, nelle parole di R. Shimon b.
Yohai, che sono come fiamma di fuoco e i cui significati reconditi sono
sigillati con mille sigilli? ecc. (fin qui l'Etz Haim) —
— Pertanto, uomini di cuore, non continuate a
leggere testi dei Rabbini Posteriori, che si basano e sono costruiti
sull'intelletto umano. Sono convinto che se uno pecca, con qualche pensiero,
nel mondo di atzilut, il suo peccato sarà maggiore di quanto
potrà sopportare. E nonostante molti kabalisti posteriori abbiano esortato
i fedeli a studiare la kabalà, avvertendo, altresì, che chi se ne
astiene, viene "espulso dal suo compartimento" e "perde il suo
mondo", tuttavia, non mi sembra che ci sia contraddizione tra queste due
tesi. Infatti, certamente la può studiare colui che la riceve
direttamente da un santo mekubal, che gliene rivela il significato, come fece
l'Arì con i suoi discepoli, benedetta sia la sua porzione. E sebbene ci
siano dei Rabbini Posteriori che hanno permesso di studiarla direttamente dai
testi, in base alla comprensione soggettiva, tuttavia le unghie dei Saggi
Anteriori sono migliori degli occhi dei Saggi Posteriori ecc ... "Rimanere
nel proprio posto e non far nulla" è comunque preferibile. Infatti,
dal momento che noi siamo severi in relazione agli eventuali pericoli per la
salute fisica, a maggior ragione dovremmo esserlo con i potenziali pericoli per
la salute mentale. Non dobbiamo indagare i segreti arcani, bensì
dobbiamo studiare e comprendere il significato semplice dei versi della Torà,
al fine di ricavarne insegnamenti morali che giovino al giusto e corretto
comportamento e al cammino diritto per le vie dei Giusti. Ma dei segreti arcani
la nostra sapienza è povera. — (fin qui la citazione del Shemen La-Maor,
che concorda con l'idea di non inoltrarsi in questo tipo di studio).
— Sebbene ti
abbia svelato la mia opinione, non fare affidamento su di me, né tu
né chiunque altro, giacché non sono in grado di giudicarla —
Potrei paragonare questo studio del "Sancta Sanctorum" ad un viaggio
in Terra Santa. La grande importanza di questa mitzvà è ben nota.
E qui le "tosafot" nel nome di R. Haim aggiungono: "Ora non
è una mitzvà vivere in Israele, perché ci sono numerose
"mitzvot" riguardanti la Terra Santa che ora non possiamo adempiere;
inoltre esiste il pericolo del viaggio, esiste la povertà dei mezzi
ecc." — Così <66>
anche, chi potrebbe negare l'inestimabile sublimità di questa
"saggezza superiore"? A condizione, però, che uno abbia
meritato di studiarla direttamente da un mekubal, che, a sua volta, l'abbia
ricevuta dal suo maestro. È vero, comunque, che dubito dei testi,
scritti dai Rabbini Posteriori, che citano versi dello Zohar e pongono domande
su di esso, rispondendo, poi, in base all'interpretazione fornita dal proprio
intelletto. Chi ha mai dato permesso all'intelletto naturale di inventarsi
l'esistenza di "tre teste" oppure "di tre luci pure"?
Infatti, è spiegato nello Zohar che esiste un luogo, a proposito del
quale nessuna domanda può essere formulata. Né esiste una prova
dallo Zohar o dal Sefer Yezirà, giacché essi l'hanno ricevuta per
bocca di saba d'sabin e di Eliahu e così anche per gli
"yenukei" (scolari della kabalà) dello Zohar; lo spirito di
Dio fu in loro e la Sua parola fu sulle loro labbra. Anche per l'Ari e per i
suoi "leoncelli", che da lui la ricevettero oralmente, le parole
provengono "dall'alto". Ma noi quando le studiamo non dobbiamo
pensare ad altro se non alla lettura testuale delle parole. Ma i Rabbini
Posteriori che le hanno spiegate, in base alle loro interpretazioni, non si
sono attenuti a questo consiglio. — Per cui, caro amico, potrai capire il
valore dell'esempio fatto con il viaggio in Terra Santa. Giacché la
grande distanza che esiste da quel luogo di Ha-Shem, in cui è dato
capire "i segreti", è dovuta alla breve misura
dell'intelligenza umana, da una parte, e dalla grande profondità di
questi concetti e dal grande numero di prerogative essenziali per acquisire
questa saggezza (la Kabalà), dall'altra. Anche l'autore del libro
"Pardes Rimonim", in virtù della sua santità e della
sua devozione, fu molto severo nell'ammonire il kabalista a non crearsi falsi
pensieri di "separazioni" o di "limitazioni" ecc.
Così anche diciamo che uno spirito dall'Alto ci sorvegli,
affinché si possa percepire e comprendere, senza allontanarsi dalla
verità e dalle fondamenta della nostra fede — Pertanto, si considera
regola generale laddove non esiste diversità di opinione tra i testi
kabalisti e, quindi, non bisogna indagare per comprenderla, ma bisogna
semplicemente accettarla nella forma in cui viene espressa — "E le
legherete come segnali sulle vostre mani e saranno come frontali per i vostri
occhi". E anche se capitasse che le parole che leggi siano o meravigliose
o dubitevoli e ti sembri, Dio ci salvi, contengano "numero" o
"separazioni" o "materializzazione" o
"cambiamento", ebbene, tu dovrai accettarle come farebbe un servitore
fedele e convincerti che la tua intelligenza e la tua capacità di
comprensione sono troppo limitate per sondare la profondità dell'argomento.
Così non cadrai nel dubbio, Dio ci salvi, su uno qualsiasi dei principi
della Fede, così come viene espresso nell'Yigdal Elohim Hai.
Poiché anche questi principi non possono essere capiti nella loro
essenza dall'intelletto naturale. ecc. — <67>
— Ora, vi ho
svelato i veri pensieri del mio cuore. E tu, da parte tua, per mezzo del tuo
approfondito scrutinio e della tua vasta sapienza, informami delle tue vie e
non prendere in considerazione quella che sarà la mia reazione alle tue
opinioni — (Firmato Yair Haim).
Questa è
una chiara dimostrazione su come l'Autore di "Hovot Yair" fosse
timoroso e guardingo nella sua opinione, per la quale è bene separarsi
dallo studio della kabalà. Egli provò un conforto nelle parole
del Shemen La-Maor, ma, tuttavia, ebbe il timore di proibirlo (lo studio)
palesemente, sicché in molti si sarebbero scoraggiati dall'intraprendere
lo studio di questa sacra sapienza. Osserva, dunque, quanto egli lodi questa
saggezza, specialmente per coloro che hanno meritato di riceverla dalle labbra
di un mekubal. Egli, altresì, ammette che chiunque tralasci questo
studio, uno volta intrapresolo e una volta ricevutolo, “viene espulso dal suo
compartimento". Inoltre, egli ammette che uno che si occupa di
kabalà, anche se si imbatte in parole che lo fanno dubitare, tuttavia,
deve accettarla in buona fede, riconoscendo in ciò la limitatezza della
sua comprensione.
Così dunque, i due antagonisti, da voi
menzionati, il Rivash e Hovot Yair, testimoniano, invece, che vi siete
inventati tutto di sana pianta. Da dove si deduce che essi si separarono da
tale occupazione, come avete scritto? Non è forse Hovot Yair che dice
"Magari uno spirito dall'Alto si svegliasse" ecc. Vi potrei
dimostrare, ancora, che egli stesso meritò di studiare la kabalà.
Concludendo,
nessuno è in disaccordo con la kabalà, non i Rabbini anteriori,
non i Rabbini posteriori, non le moltitudini e neppure i singoli individui.
Tutti concordano sul fatto che chiunque abbia il merito di studiare la
kabalà, da bocca ad orecchio, ha avuto un grandissimo "zechut"
(merito) e così anche non e concesso indagare al riguardo. Se uno
desidera studiarla, deve accettarla in buona fede e non deve interpretarla con
il proprio raziocinio. Qualora si imbattesse in (apparenti) contraddizioni,
deve considerare che ciò è da attribuirsi alla sua mancanza di
conoscenza e non già considerare che si tratti di concetti materiali.
Concludo con le parole del più umile tra gli umili "E tornerai ad
ascoltare la Voce di Dio".
<68>
RISPOSTA DI YIHIA BEN SHLOMÒ EL-KAPAH
Prego
l'Onnipotente affinché mi guidi per sentieri diritti, affinché mi
salvi da parole false, da lingua mendace. Mostrami, o Dio, le Tue vie e
camminerò nella Tua verità. Sottometti il mio cuore al timore del
Tuo Nome. La Tua Luce e la Tua Verità siano per me guida, sicché
possa rispondere ad ogni parola con chiara esposizione. Togli da me qualsiasi
vergogna e disonore, dal momento che ho custodito i Tuoi precetti. Anche se i
potenti si riuniscono per tendermi insidie, il Tuo servitore esporrà
apertamente le Tue leggi. Allora non verrò svergognato, poiché
non avrò abbandonato il sentiero dei Saggi, di benedetta memoria, autori
della Mishnà, del Talmud e dei veritieri Midrashim e così anche
dei Poskim che hanno seguito le loro orme. Tutto Israele si appoggia su di
Loro, poiché sono essi gli eredi della vera Kabalà, ricevuta da
Moshè, nostro Maestro, la pace sia su di lui. Queste sono le leggi
generali ed i dettagli della Torà per i quali Moshè rimase
quaranta giorni e quaranta notti sul monte Sinai. Moshè li
tramandò poi a Yoshua; questi agli Anziani e così via.
1
Anche per noi
è un obbligo sacro seguire le loro orme, per ciò che riguarda le
cose proibite e le cose permesse, le cose impure e le cose pure. A maggior
ragione quando si tratta dell'Unità di Dio (Yihud Ha-Shem),
poiché questo è il principio primo sul quale si fonda
l'accettazione che riguarda il compimento di tutte le mitzvot.
Nel caso in cui
si presenti un qualsiasi autore, che venga ad aggiungere alcunché alle
parole dei Saggi, o peggio ancora, venga per distoglierci dalla Vera <69> Fede della Sacra
Torà, noi non lo ascolteremo. Anche se costui compisse dei miracoli in
cielo e in terra, noi non ci distoglieremo dal Signore, nostro Dio, come ci
viene insegnato dalla Tradizione (Masoret) e dalla Kabalà, ricevuta dai
Saggi della Mishnà, del Talmud e continuata dai Poskim.
2
A maggior
ragione non gli crederemo quando dice che il Profeta Elia gli si è
rivelato oppure che Saba d'Sabin o Atika Kadisha della Corona Celeste (Keter Elion)
sono scesi a lui per svelargli i segreti nascosti. Egli è certamente un
falso profeta per il quale la punizione da infliggere è lo
strangolamento (1).
1) Rambam, comm. à Mishnà, introd. a Seder Zeraim.
3
In
verità, le parole iniziali della tua lettera si presentano in un modo
stolto e malvagio, "Come oso ricercare e indagare su ... ecc.".
Perché no? Al contrario, l'opposto è più logico. Siccome
quelli dicono che dobbiamo servire zeir anpin, che è una creazione,
diventa, pertanto, per noi e per ogni individuo del popolo d'Israele un obbligo
assoluto sapere che è Dio il Creatore e non già un oggetto della
Sua creazione; inoltre, bisogna servirLo, come è scritto "E
riconoscerai questo giorno e imprimerai nel tuo cuore che l'Eterno è il
Signore in alto nel cielo e in basso sulla terra e non vi è altri
all'infuori di Lui ecc." e così anche "Conosci il Dio di tuo
padre e di tua madre".
In merito, poi,
alla tua meraviglia "Come avrebbero potuto sbagliare?", questa non
è giustificata. Sono forse questi recenti kabalisti che, a volte nella
loro buona fede hanno seguito i comandamenti dell'autore filosofico dello
Zohar, falsamente attribuito a R. Shimon b. Yohai, R. Elazar suo figlio e al
loro gruppo, migliori del Grande Sinedrio? E a proposito del Sinedrio, la
Torà ha scritto "Quando si presenta una questione di giudizio che
per voi è troppo <70>
difficile da dirimere ecc." "vi alzerete e andrete al luogo che il
Signore, vostro Dio, avrà scelto ecc." "e farete quello che vi
diranno" ecc. Ciò nonostante, la Torà ha comandato che nel
caso in cui il Grande Tribunale abbia commesso un errore e, in seguito ad esso,
tutta la nazione abbia peccato, è necessario presentare un sacrificio.
Se l'errore commesso è quello di idolatria (avodà zarà),
oltre al relativo insegnamento al popolo, ogni Tribù doveva presentare
un giovenco come olocausto e un capro espiatorio (korban hattat). Questa
imposizione deriva dal verso, in Numeri (1) "E se avveniva che
all'insaputa della congregazione un errore fu commesso...ecc.". Se l'errore,
invece, riguardava un qualsiasi peccato, punibile con il "karet"
(estirpazione), oltre al relativo insegnamento al popolo, ogni Tribù
doveva espiare con un giovenco (korban hattàt). Questa imposizione
deriva dal verso, in Levitico (2) "E se l'intera comunità
di Israele ha commesso un errore e qualcosa è stato nascosto agli occhi
della congregazione... ecc.".
1) Numeri 15:24.
2) Levitico 4:13.
4
Sarebbe dunque
il potere dei Rabbini, autori della nuova kabalà, maggiore di quello del
Grande Tribunale e il loro livello di sapienza superiore a quello del Grande
Sinedrio? Già la Torà aveva previsto che sarebbe stato possibile
un loro errore persino nel permettere ciò che è proibito, anche
nel caso relativo all'idolatria. L'uomo, ancorché di elevato livello, ha
origine dalla terra per cui è soggetto a sbagliare. Ciò
nonostante, entro i limiti della nostra comprensione, siamo in grado di
discernere la grande differenza che esiste tra i precedenti Saggi e la Loro
Fede in Dio nel giusto modo che comprende l'Unicità, conformemente alla
Torà (1) e le nuove credenze, riportate nei testi della nuova
kabalà. La fede di costoro, che origina nella Spagna del tredicesimo
secolo, da cui, poi si è diffusa, coinvolge una molteplicità in
Dio (come dimostrerò spesso in questo libro) e si basa sul fallace
fondamento che tutto il nostro "servizio" e tutte le nostre preghiere
devono essere rivolte all'ultimo "partzuf" del mondo di
"emanazione", nominato zeir anpin. <71>
1) Come viene spiegato da R. Behiya in Hovot ha-Levavot; R. Yehuda
ha-Levi in Kuzari; R. Sa'adia Gaon in ha-Emunot Ve ha-Deot: Rambam, in Yad
Hazakà, nel suo commento alla Mishnà e in Morè ha Nevuhim;
R.Eliezer di Garmisa in S. Ha Rokeah e in S. Mitzvoth ha-Gadol; R. Yosef Albo
in S. ha-Ikarim; R. Meir Aldabi in S. Shvilei Emunà.
5
Questa nuova
dottrina è del tutto estranea alla Torà scritta ed alla
Tradizione orale. E appunto per questo motivo che vi abbiamo chiesto di
indicare dalle parole dei Tanaim e degli Amoraim come sia possibile conciliare
la parola dei kabalisti con quella dei Saggi. La vostra risposta, però,
è stata formulata con inganno e in modo accusatorio.
Nella terza
lettera, la vostra risposta s'addiceva al "malvagio" tra i quattro
figli che domanda "che significato ha questo servizio per voi?" — "per
voi" non per lui. Come se non fossimo anche noi comandati dalla
Torà "E riconoscerai questo giorno e imprimerai nel tuo cuore che
l'Eterno è Iddio, ecc." — e da altri innumerevoli versi della
Torà, dei Profeti, dalle Sacre Scritture e dalle parole dei Saggi, i
quali ci insegnano il giusto termine di tale sapienza.
Ed ancora una
volta avete dimostrato di appartenere a quella categoria di persone che fanno
maldicenza e così anche la ricevono. A tale proposito, avete affermato
di avere già molti testimoni contro di noi, per il fatto che
disprezziamo i Saggi e non abbiamo più la possibilità di negarlo.
Ma la nostra Legge è chiara: non si può accogliere una
testimonianza se non alla presenza dell'accusato.
6
Ritorciamo a
voi la vostra domanda. Come ha osato il vostro cuore raccogliere la maldicenza
di stolti ciarlatani, accettare le loro parole come testimonianza vera,
valutare i vostri fratelli che studiano la Torà scritta e la Torà
orale come "negatori" e "miscredenti"? Non è forse
noto a tutti che questa è una generazione deteriore e falsa
(specialmente i loro capi), in cui ognuno si compiace di dileggiare il suo
prossimo? <72>
Voi avete
attizzato il vostro odio contro chi trascorre la notte e il giorno nello studio
della Torà, affinché questa non sia dimenticata dal popolo
d'Israele! E per quale motivo? Per un'illecita congrega di testimoni calunniosi
che vanno in cerca di scandali! Voi avete creduto alle loro parole, avete
accettato le loro bugie e per di più alla presenza di un solo giudice, essendo
assente l'accusato! Non avete investigato i testimoni, anzi, vi siete
compiaciuti delle loro menzogne a tal punto che avete decretato nei nostri
confronti "e non potrete più negarlo"! Ma ciò non vi
è bastato. Dopo che il regime vigente nello Yemen ci ha messo in
prigione, a causa della falsa calunnia da voi pronunciata nei nostri riguardi,
avete ordinato a tutti di recarsi al cimitero per spargere cenere sulle proprie
teste! E perché tutto ciò? Non già per aver omesso qualche
mitzvà o per aver trasgredito qualche comandamento, Dio ci salvi, ma
solo perché abbiamo seguito il "minhag" dei nostri Padri, col
fissare lo studio della Mishnà, del Talmud, di Rambam, dello Shulhan
Aruch, al fine di studiare, insegnare, custodire e mettere in pratica tutto
ciò. E così anche perché ci rifiutiamo di studiare questo
infido libro dello Zohar, come invece è vostro minhag!
7
Ed ora, con
l'aiuto di Dio, torniamo alla domanda principale — Avevamo chiesto a voi
kabalisti "a chi è diretta la nostra preghiera e le nostre benedizioni,
a chi è rivolto il nostro servizio, a chi chiediamo perdono?".
Voi ci avete
risposto, però, come il maldicente che ha in animo la sola vendetta. Si
chiese sull'orzo e fu risposto sul frumento. Avete negato ciò che
è scritto chiaramente nei libri a tutti manifesti, comportandovi come
uno che giura su un uomo che è una donna o viceversa o che un pilastro
di marmo è d'oro.
Vi siete
adirati contro il "Matzref Emunà". Lo avete ricoperto di
ridicolo. Così facendo, avete svelato che siete voi, in verità, i
dileggiatori dei Hachamim!
La nostra
domanda era questa: se, a detta dei kabalisti, zeir anpin è il nostro
Dio ed è lui che ci sostiene ed è lui che dobbiamo servire, chi
è dunque colui che "sostiene" e "nutre" tutti i
mondi al di sopra del mondo di atzilut? Forse egli dal di sotto innalza il loro
"influsso" e il loro "sostentamento", affinché essi
lo possano servire e a lui si possano prostrare? O forse il Dio del loro
sostentamento è la causa prima che essi servono, mentre noi siamo
costretti a servire zeir anpin? Se così fosse, il Dio dei livelli
superiori non è il Dio dei livelli inferiori, <73> Dio ci salvi!
Questa è
la contraddizione che vi chiedevamo di chiarire. La vostra risposta, invece, fu
"la vostra risposta non appartiene a questo argomento"! Quando mai
troviamo che bisogna portare una prova per contraddire una legge di Mosè
dal Sinai? Poiché sono i kabalisti stessi che l'hanno ricevuta tale da
Mosè".
8
Ci stupiscono
davvero le vostre parole. È forse "halachà le-Moshè
me-Sinai" credere in una molteplicità in Dio oppure servire
alcunché all'infuori della Causa Prima, del Fondamento di tutto? Egli
soltanto è la Causa di tutto il creato.
L'inganno
contenuto nelle vostre risposte ha successo con le persone dal cuore distorto.
Sembrerebbe che ad esse abbiate mostrato le vostre lettere per ascoltare le
lodi sul vostro acume e sul vostro discernimento nel rispondere alle nostre
domande. Nonostante ciò, tutte le vostre risposte sono impregnate di
menzogne, mistificazione e sotterfugi. Come se non aveste capito la base sulla
quale fu posta la domanda!
È
spiegato chiaramente nei principi generali dei Poskim (1) che, nel
caso esista una discrepamza tra la Kabalà (tradizione mistica) e il
"psak" (decisione legale della Halachà) bisogna seguire il
psak. Questo è un principio ben noto.
Se, allora,
come sostenete voi, questa kabalà è halachà
le-Moshè me-Sinai, come mai verrebbe rifiutata dall'opinione di un Tanai
o di un Amorai o a maggior ragione, da uno dei Poskim Posteriori? Siete dunque
voi che dovete fornire una prova che ci chiarisca laddove un Tanai o un Amorai
abbia mai osato contraddire o insegnare il contrario di una halachà
le-Moshe me-Sinai, cioè una legge ricevuta da Moshè, il nostro
Maestro, la pace sia su di lui. Solo uno sciocco, un malvagio o uno squilibrato
si comporterebbe in tal modo!
Invece,
l'espressione che è comune sulle labbra dei Saggi è la seguente:
se è halachà (le Moshè) l'accetteremo, ma se invece
è una legge (rabbinica) argomenteremo su di essa.
1) Vedi Keneset ha-Ghedolà, Radvaz e Shahaz. <74>
9
Le vostre
parole sono esagerazioni offensive, sufficienti a spaventare persino gli stolti
e i dissennati. Parlate in malo modo, senza comprensione. Rifiutate, in modo
ingannevole, di riconoscere Dio, come disse il Profeta Geremia "con il
nome di Dio vi sedete con inganno e con inganno si sono rifiutati di
conoscerMi, parola dell'Eterno".
Uno dei
detrattori tra di voi ha detto: "Sappiamo che avete ragione, ma a che
giova rivelarlo e farlo sapere ai Talmidim, è meglio lasciarli nel loro
errore". Tale atteggiamento è proprio del figlio
"rascià" (malvagio) di cui parla l'Aggadà che dice
"cos'è questo servizio per voi ecc.".
Un'ulteriore
prova che parlate con inganno è che scrivete apertamente nella vostra
lettera che l'autore del libro "Matzref Emunà" è un
"miscredente" ed un "negatore di Dio". Dio ci salvi! Avete
rinominato il libro "Matsref Emunà" (non il "crogiuolo
della Fede" bensì "colui che brucia la Fede"). L'autore,
comunque, procede nella sua buona fede, dal momento che non ha scritto
alcunché che contrasta con le parole dello Zohar, del Mikdash Melech,
del Kisei Eliahu, di Rashab, di Yosher Levav, del Sefer ha-Brit, di Etz Haim,
di Nahalat Yosef e di tanti altri.
Comincerò
ora, con l'aiuto di Dio, a portare alcune prove che questa kabalà non
è halachà le-Moshè me-Sinai.
In Erubin i
Saggi dissero:
— Qualsiasi
"mishnà" che non venne studiata nella Casa di Studio di R.
Hiyà e R. Oshayà non è considerata
"mishnà" ed è divieto apprendere alcunché da
essa, dal momento che è corrotta. —
Deduciamo
così che qualsiasi "mishnà", non inclusa nello studio
svolto nel Beit ha-Midrash di R. Hiyà e R. Oshayà, non solo non
è halachà le-Moshè me-Sinai, ma anche è proibito
trattarla per motivi di studio da parte di un Amorai.
È
scritto nel Talmud di Gerusalemme:
— Aba gli
disse, nel nome di R. Shimon G. Lakish: Qualsiasi "mishnà" che
non è entrata nella "haburà" (gruppo di studio) non
è degna di affidamento. —
Ho poi trovato
scritto in uno dei manoscritti dei nostri antenati, nel nome di R. Saadia Gaon:
"Non ci si può fidare del libro Shiur Komà, perché
non viene menzionato nella Mishnà o nel Talmud. È obbligo
considerare le parole di R. Ishmael che <75> pronunciò "La verità
sulla paternità di un libro deve essere comprovata, perché
esistono numerosi libri attribuiti falsamente ai "Grandi
Luminari"". —
10
Dalle parole
del Gaon possiamo capire come molti libri siano stati falsamente attribuiti a
grandi personaggi per motivi di lucro personale che l'autore ne ricavava.
Oltre a
ciò, abbiamo qui il "principio" per il quale ogni cosa non
menzionata o chiaramente spiegata nella Mishnà o nella Ghemarà o
che è in opposizione a quello che è decretato od implicito nel
Talmud, non possa essere considerata "kabalà" e su di essa non
si possa fare affidamento.
E per questo
motivo che non possiamo basare alcuna halachà su una "legge" o
"implicazione di una legge" che si trova nel Midrash allorquando essa
è in disaccordo con il Talmud. Anche il Talmud di Gerusalemme non ha
status legale se è in contrasto con il Talmud Babilonese, il quale
è stato accettato come "definitivo" da tutta Israele.
Studiate bene,
ora, la seguente citazione di R. Tam ibn Yihia (1) — Ai nostri tempi
la conoscenza non esiste ed i segreti della Torà sono celati agli occhi
di tutti, perché nessuno conosce più questa "sapienza"
(hohmà). Pertanto, chi cerca di impossessarsene reca danno a se stesso e
corre il pericolo di perdere la sua parte con il Dio d'Israele.
— L'ammonimento
dei Saggi "Non indagare su ciò che è al di sopra del tuo
livello di comprensione e non inoltrarti su ciò che ti è
occulto" venne appunto espresso per costoro.
— Gli
insegnamenti dei Hachamin sono sufficienti. A loro appartiene la vera
Kabalà, la Torà Orale che spiega la Torà e i precetti
secondo la Tradizione orale tramandata direttamente da un individuo all'altro,
fin dal tempo di Mosè. Fu per ricevere questa tradizione che Mosè
salì in alto e vi rimase quaranta giorni per studiare i
"principi" e i "particolari", in accordo con i <76> metodi di
interpretazione a lui rivelati. Ed è con questi che noi siamo obbligati
ad occuparci "perché essi sono la nostra vita e la lunghezza dei
nostri giorni". E non dobbiamo sbagliare persino in uno di essi
perché "colui che trasgredisce le parole dei Saggi è
ritenuto colpevole".
— Ma le
allusioni nascoste, i segreti della Torà ed i concetti superiori con i
quali i "maestri" della Kabalà spendono i loro giorni non sono
affatto obblighi incombenti su di noi. È vero che nel passato si sono
avuti "individui scelti" (yehidei segulà) ecc. — però
"non chiunque che è desideroso di "concepire" il Nome
è in grado di farlo" — dal momento che questi sono i
"segreti" relativi al mondo.
— Nei nostri
giorni, però, questa nuova "sapienza" non deve essere
considerata giusta; al contrario, essa abbatte le "pietre angolari"
della Torà sradicandone i suoi fondamenti! Coloro che la seguono sono
come ciechi che non hanno modo di essere illuminati. Come i ciechi brancolano
nel buio, senza poter trovare l'entrata — invece di trarre giovamento, come
essi ritengono, si danneggiano con incurabili ferite. Così molti di
essi, sebbene ignoranti, cominciano a vantarsi "Noi conosciamo i segreti
occulti, nostra è l'eredità delle "acque superiori" —
non già voi che seguite il Talmud e la Mishnà e brancolate nel
buio". Non si rendono conto di quello che dicono. I loro occhi sono
chiusi. Sono saggi nella loro autodistruzione, perché cercano di
comprendere ciò che la loro intelligenza non può afferrare.
Desiderano salire da un livello all'altro, sicuri di ottenere la loro meta.
Alla fine, però, cadono tutti nella trappola. Abbattono i recinti della
Torà e ne distruggono le mura. Si vantano di ciò in cui non hanno
comprensione alcuna e finiscono per arrivare alla negazione, dopo aver
estirpato, nel loro errore, le radici e le fondamenta della Torà. In
questo modo si allontanano dalla Sua volontà e dalla Sua vicinanza.
Meglio sarebbe stato per loro non venire al mondo ...
1) Riportato in Revid ha-Zahav, Hilchot Pesah.
11
Medita, dunque,
prezioso lettore, su come R. Tam ibn Yehia si sia pronunciato contro la nuova
kabalà e tutti coloro che la studiano: in che modo essi <77> abbiano abbattuto
i recinti della Torà e sradicato le basi dello Yihud ha-Shem; in che
modo essi pensavano di avvicinarsi al Nome, mentre, invece, deviavano dalla
retta via e arrivavano ad una credenza politeista (1).
Tutto questo
è dovuto al fatto che si sono erroneamente basati sul presupposto che lo
Zohar è d'attribuirsi all'esimio Tanai, R. Shimon b. Yohai.
A seguito
però delle approfondite indagini e alle prove reali, compiute dai
Hachamim interessati, è stato chiarito da quale penna, in realtà,
queste parole furono scritte ed in quale periodo fu composto questo testo.
Ebbene, fu provato con chiarezza che l'autore dell'intera opera fu uno dei
Rabbini posteriori, certo Moshe de Leon, vissuto nella Spagna del tredicesimo
secolo. Le idee espresse in questa opera non sono assolutamente da attribuirsi
a R. Shimon b. Yohai. Molti dei concetti concernenti questioni "essenziali"
della "Emunà" della Sacra Torà, riportati dallo Zohar,
sono in netto contrasto con le parole di R. Shimon b. Yohai, così come
con le parole del Talmud, con i Midrashim dei Saggi, noti a tutto Israele.
Lo Zohar non
può essere assolutamente considerato una base di appoggio e di
affidamento per qualsiasi 'minhag' del popolo d'Israele (2).
Fu altrettanto
improprio per i Saggi del Medioevo operare dei cambiamenti nei testi di
preghiera, secondo lo Zohar e le opinioni dei nuovi kabalisti. Tali
cambiamenti, infatti, conducono a "minut", cioè ad una falsa
credenza in molti "poteri regnanti" (reshuiot) e al servizio per
altri dei, come sarà spiegato dettagliatamente più avanti.
1) Vedi R. Albo, s. ha-Ikarim, prk. 28, in accordo con R. Yihia. Il
libro Revid ha-Zahav riporta anche il Maharshal, nella sue "risposte"
ed il Yad ha-Shlomò per ciò che concerne coloro che si vantano
dei loro "hidushim", dedotti dai libri della kabalà ecc., e
conclude che "dopo la chiusura del Talmud uno non deve rendere la Legge
più severa rispetto alla Ghemarà" e che ciò è
simile a "minut" — Spiegato a lungo in Hok Ya'akob, siman 489, siman
katan 11.
2) Il Revid ha-Zahav menziona anche Beit Yosef che
"prestò attenzione allo Zohar soltanto quando le sue parole non
furono in contrasto con la Ghemarà". Il Ramà spiega che
"anche quando la Ghemarà non menziona il contrario, uno non deve
deviare dalle parole dei Poskim e non deve prestare attenzione alle parole
dello Zohar" — Egli riporta anche il Raam ed altri Poskim, per i quali
"uno non deve accettare le parole dei kabalisti in contrasto con un
Posek" — Vedi, allora, come i Poskim menzionati nella "risposta"
di Revid ha-Zahav (Yosef Caro, Radvaz, Knesset ha-Ghedolà, Mahari
ha-Levi, Maharash ha-Levi, R. Alkabuly, R. Tam ibn Yihia, Hok Ya'akov,
Maharshal e Maharam Elshaker) sono tutti d'accordo sul fatto che nessuna
attenzione debba essere accordata allo Zohar e ai kabalisti in contrasto con
Talmud e coi Poskim, persino contro uno di essi. Come prova lampante a quanto
detto puoi considerare che ciò che avete scritto sono halachà
le-Moshè me-Sinai" è assolutamente falso e tale frase
evidenzia la vostra completa ignoranza. <78> Un'ulteriore prova lampante, che non si
tratta di kabalà da Mosè, consiste nel fatto che troviamo
innumerevoli divergenze e discrepanze tra gli stessi kabalisti, sia nella forma
che nella sostanza. Rambam, in Hilchot Ma'amarim, prk. 15, scrive che "non
ci sono differenze d'opinione (mahlokot) su questioni di kabalà; e
qualora ce ne fossero, puoi star sicuro che non si tratta di kabalà da
Moshè Rabbenu" — Siccome dunque, tutte le nostre prove sono
ricavate dal Talmud e dai veri Midrashim, come pure dai Gheonim e dai Poskim,
come potete argomentare contro i ricettori della vera Kabalà "chi
vi ha dato il permesso di fare una ricerca critica sulla nuova
kabalà?" — Il Hacham ha-Mahary Zahary, yemenita vissuto nel
Medioevo, scrisse: "Adesso citerò qualcosa della nuova
kabalà, uscita di recente" — Vedi come testimonianza le numerose
leggende nel Midrash ha-Gadol di R. Amram da Aden e Mahari Bashiri in S.
Segulat Israel, S. Nur el Zalam, ha-Hefetz di R. Yehia ha-Rofè.
12
L'argomento da
voi espresso contro di me "chi vi ha dato il permesso di interrogare e di
indagare le loro parole" mi meraviglia assai.
Fu, dunque,
concessa la Torà affinché la si leggesse come farebbe un
pappagallo o un animale schiamazzante?! E inconcepibile! Chi studia in tal modo
è chiamato "scriteriato" e "malvagio". Come cita la
Ghemarà (1) :
— R. Ola disse:
Cosa dobbiamo dire di uno che ha studiato Torà e Talmud ma che non ha
però aiutato i Talmidè Hahamim (2)?
— R. Eliezer
disse: Egli non è erudito (am ha-aretz).
— R. Shemuel
bar Nahmani disse: Egli è un ignorante (bur).
— R. Yanai
disse: Egli è un samaritano (kutì).
— R. Aha b.
Ya'akov disse: Egli è un magus (seguace di Zoroastro).
— R. Nahman b.
Yitzhak disse: L'opinione di R. Aha b. Ya'akov è la più
verosimile, perché è la più comune tra la gente che dice
"il magus biascica parole di cui ignora il significato". È la
stessa cosa vale per chi studia, senza sapere cosa sta studiando. —
Se, per
ipotesi, qualcuno vi consegnasse due lettere che si contraddicono fra di loro
su della merce ricevuta, voi le esaminereste bene per controllarne la
veridicità al fine di non avere una perdita in denaro. Non le
accettereste entrambe in buona fede.
Alla stessa
stregua, dovreste accettare in buona fede ciò che contraddice la
Emunà della Torà, senza distinguere tra il bene e il male?
L'aspetto fondamentale <79>
dello studio della Torà consiste nel conoscere i suoi comandamenti e le
sue leggi! Come disse il re Davide, alav hashalom, quando implorò Dio:
"Dammi la comprensione affinché possa studiare i Tuoi
precetti". Ed ancora "Insegnami buoni ragionamenti e sapienza,
poiché ho creduto nei Tuoi comandamenti" (3). In tutte
le mitzvot della Torà è necessario che l'individuo vi presti la
massima attenzione, al fine di capire le leggi e, in tal modo, non permettere
ciò che è proibito e proibire ciò che è permesso.
Così ammoniscono i Saggi (4): "State attenti con il
vostro studio, perché un errore nello studio viene considerato
"intenzionale".
A maggior
ragione quando si tratta del precetto di "conoscere" Dio e di
"comprendere" la vera essenza della Sua Unità, in accordo con
il comandamento della Torà (Deut. 4, 39): "E riconoscerai questo
giorno e imprimerai nel tuo cuore che Ha-Shem è Dio in alto nei cieli e
in basso nella terra e non vi è altri all'infuori di Lui".
Così anche Davide comandò a Salomone: "Conosci il Dio dei
Tuoi Padri e serviLo" (5). Il Profeta Geremia pronunciò
"Non si vanti il saggio della sua saggezza, né il valoroso del suo
valore, né il ricco della sua ricchezza. Ma, invece, chi si vuole
vantare si vanti di questo: del fatto che egli comprende e conosce Me e sa che
Io sono il Signore che opera con bontà, ecc." (6).
Quanto di
più è dunque incombente su di noi conoscere chi dobbiamo
veramente servire!
1) Soteh, pag. 22.
2) Chi studia la Torà in una scuola rabbinica.
3) Salmi 119 vs. 73 e 66.
4) Pirkè Avot.
5) Re 1 (28, 9).
6) Geremia: 9. 22.
13
La grande
capacità di indagare e spiegare la Torà, in accordo con la
Kabalà dei Saggi, ci è stata tramandata dai Saggi stessi. Come
disse un Tanai (Avot 5, 22): "Voltala (la Torà) e rivoltala ancora,
perché Essa contiene tutto". Se una persona studia ma non si sforza
di capire chiaramente, il "segreto" e <80> il vero significato dello stesso non gli
verrà svelato e alla fine non avrà compreso nulla. Nel primo
capitolo di Berahot (6, 72) è scritto: "Ognuno dovrebbe sempre
affrettarsi a compiere una mitzvà, persino di Sabato, così come
è detto "Essi seguono Dio come un leone ruggente". R. Zira
disse: "La ricompensa per una seduta di studio consiste nel
"correre" dietro ad essa". Rashi spiega: "La principale
ricompensa per chi "corre" ad ascoltare le parole di un Hacham
consiste proprio nell'essere corso a seguirle, dal momento che i più non
sono in grado di comprendere lo studio in sé e di ricordarlo in seguito.
La ricompensa per lo studio, invece, consiste nell'essersi formato un parere,
per esempio quando la persona si affatica molto nello studio per capire il
perché delle cose".
In Sanhedrin
(42) è scritto: "Poiché con abili strategie (tahbulot) tu
devi condurre la tua guerra". R. Aba e R. Hanina nel nome di R. Assi nel
nome di R. Yohanan spiega: "Chi sono coloro che sostengono la guerra della
Torà? Coloro che tengono nelle loro mani fardelli (havilot) di
mishnaiot". Rashi spiega: "Per guerra della Torà si intende
l'affaticarsi a comprendere le Sue leggi su di una base chiara e solida; non
come colui che è molto perspicace e abile nel formulare opinioni, ma che
non ha studiato molte mishnaiot e beraitot. Da dove, pertanto, verrà
rivelato il segreto e il significato vero dello studio? Esso verrà
rivelato soltanto a colui che ha studiato molte mishnaiot, cosicché
quando egli deve ricercare la ragione di qualcosa in un punto, può
trovarla in un altra mishnà, oppure se ricerca una questione in una
mishnà può trovarne la soluzione in un'altra ancora".
In
Haghigà (3, 72) è scritto: "Le parole dei Saggi sono simili
a pungoli, ecc."Ba'alei asufot" sono i Dotti che si riuniscono in
gruppi per studiare la Torà: alcuni di essi affermano che una cosa
è impura, altri che è pura, alcuni considerano una cosa proibita,
altri permessa e così via. Affinché uno non dica: "Come
è possibile, dunque, studiare la Torà?". Sappi, pertanto,
che tutte (le parole) furono date da un unico Pastore, un Unico Dio le concesse
tutte, il Signore che è al di sopra di ogni cosa che esiste, Benedetto
Egli sia, come sta scritto "E Dio proferì tutte queste parole,
dicendo ecc. — Così anche voi fate il vostro orecchio simile ad un
imbuto e acquistate un cuore pieno di comprensione per distinguere le parole di
coloro che dicono puro, impuro, vietato, permesso, ecc.". Rashi spiega:
"Un Unico Dio le concesse tutte — nessuno di coloro che discutono potrebbe
portare una prova dalla legge di un altro dio, ma solo prove dalla Torà
di Ha-Kadosh Baruch-Hu; nessuno di loro potrebbe portare una prova dalle parole
di un profeta che venisse a contraddire le parole di Moshe Rabbenu. —
"Fate il vostro orecchio <81>
simile ad un imbuto" — siccome il cuore di ciascuno di loro è
rivolto a Dio, fate in modo che il vostro orecchio ascolti, studi e conosca
tutte le opinioni e quando saprete distinguere ciò che è corretto,
stabilite conformemente la legge".
14
È ora
mia intenzione dimostrare, con prove inconfutabili e veritiere dalla
Torà scritta e dalla Tradizione orale, che Ha-Shem, Benedetto Egli sia,
nominato nella Sacra Torà con il Tetragramma (1) e con il nome
Adonai e nel linguaggio dei Saggi con Ha-Kadosh Baruch-Hu è la Causa
Prima ed Egli soltanto esiste di necessità. Questo è in palese
contrasto con quanto è scritto in Yosher Levav (2) e nel nome
di Yitzhak Luria, che con lo Zohar ha creato una nuova corrente filosofica,
secondo cui il nome va riferito a zeir anpin.
Le prove della
Torà sono basate su alcuni versi, quali "La dimora del Dio del
passato remoto" (meonà Elohei Kedem) (3) che si
riferisce al fatto che Dio è la Causa Prima di tutte le creazioni superiori
e inferiori e che è nostro obbligo servire soltanto Lui (4).
Ed è pure scritto: "Io sono il Primo e Io sono l'Ultimo e non
v'è altri all'infuori di Me" (5). E re Davide disse:
"Perché chi è Dio all'infuori di Ha-Shem, chi è la
nostra Rocca all'infuori del nostro Dio ?" (6). E come scrive
il Rambam: "Poiché Egli, Benedetto il Suo Nome, è la Causa
ed il Principio di tutto il resto e non vi è altra Causa che lo
precede" (7). E R. Ha Hasid in Hovot ha-Levavot scrive (8):
"È necessario concludere che tutto ciò che esiste ha
un principio, che non è preceduto da alcun altro principio. Fu Egli che
formò il tutto e lo plasmò dal nulla; non lo creò da o su
qualcosa di esistente, come è scritto "Io Sono Dio che opera ogni
cosa, che stende i cieli per Mio volere e così la terra". E disse
Giobbe: "Stende il nord sul caos (tohu) e fa si che la terra penda sul
nulla" (bli mah) ecc. Egli precede il tutto (kadmon) e non v'è
inizio al Suo Inizio, né tantomeno c'è fine al Suo eterno Inizio,
come è scritto "Io sono il Primo e Io sono l'Ultimo".
Perciò gli Uomini della Grande Assemblea stabilirono nelle preghiere:
"In verità, Tu sei il Primo e Tu sei l'ultimo". <82>
1) Il Tetragramma, Yod, Heh, Vav, Heh, spesso letto "Shem
Havayà".
2) Riportato in S. Ha Brit.
3) Deuteronomio 33, 27.
4) Spiegato da Rambam nel suo commento alla Mishnà e
altrove; così anche da R. Sa'adya ha-Gaon e R. Yehudà ha-Levi.
5) Isaia 44, 6.
6) Samuele 2, 22, 32.
7) Morè Nevuhim, cap. 16.
8) Sha'ar ha-Yihud.
15
Aprite bene le
vostre orecchie e udite le risposte della vera Torà di Moshè
Rabbenu, alav hashalom, che rendono onore al Vero Dio.
Ciò che
mi avete scritto su ciò che essi chiamano i cinque partzufim
"divini" è un paraocchi alla vostra vista, dal momento che non
avete letto le parole dello Zohar (1) : "E Dio disse
"Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza". "Il segreto
di Dio è per coloro che Lo temono". L'Antico degli Antichi (saba
d'sabin) aprì e parlò: "Shimon, Shimon, chi è questo
Elohim?". Ciò detto, scomparve e non fu più visto. Ma
poiché R. Shimon udì che lo aveva chiamato "Shimon,
Shimon" e non Rabbi Shimon, disse ai compagni: "Certamente costui era
Kudshe Brich Hu", su cui è detto "L'Antico dei Giorni (atik
yomin) si sedette" (2). E arrivato dunque il tempo di svelare questo
segreto, che prima era vietato rivelare. Così apri e parlò: Un re
aveva molte costruzioni da edificare. E il suo artigiano (umana) non faceva
alcunché senza il suo permesso, conformemente a quanto è scritto:
"sarò fedele (emun) a Lui (Ha Shem)". Il Re allude alla
"Sapienza Superiore" (hochmà ila'a). Il "Pilastro
Medio" è il Re inferiore (malka le-tata). Elohim è
l'artigiano superiore, ossia la "Madre Superiore" (ema ila'a). Elohim
è anche l'artigiano inferiore (umana le-tata) ossia Shechintà, il
quale non ha il permesso di agire senza il consenso di suo "marito".
Per tutte le costruzioni che furono nella "via" di Atzilut, aba disse
ad ema "così sia" e immantinente fu; così come sta
scritto "Elohim" disse "sia la luce". Il Padrone <83> della costruzione
lo ordinò e l'artigianato eseguì. E così a riguardo di
tutte le costruzioni nella "via dell'Emanazione"; egli disse
"sia il firmamento", "siano i luminari" e immantinente
furono. Quando si arrivò al "mondo della separazione" che
è il "mondo dei poteri separati", Umana disse alla costruzione
"Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza". Il Padrone della
Costruzione disse allora: "Sarebbe certamente un'opera buona da compiersi,
però, in futuro, egli peccherà contro di Te, giacché egli
è un figlio stolto, come sta scritto "un figlio saggio
renderà felice suo padre, ma un figlio stolto addolorerà sua
madre". Ema gli rispose "Poiché il suo peccato dipende da me e
non da te (aba), desidero crearlo a mia somiglianza"; infatti il verso
dice "E Dio lo creò a sua immagine". Aba però si
rifiutò di partecipare. Così quando l'uomo peccò, cosa sta
scritto? (3) "Per le tue trasgressioni venne cacciata via tua
madre". Malka disse ad ema: "non ti avevo forse detto che lui
peccherà?". In quel momento Egli lo cacciò via (dal Gan
Eden) insieme a sua madre. Questa è la ragione per la quale è
scritto "un figlio saggio renderà felice suo padre".
Ciò allude all'uomo del mondo di atzilut. Il "figlio stolto"
va invece riferito all'uomo della creazione. —
Così lo
Zohar spiega come Ha-Kadosh Baruch-Hu venga chiamato atik. Egli si
rivelò a R. Shimon nella sua casa di studio nelle vesti di un uomo
vegliardo, per cui R. Shimon lo chiamò "saba d'sabin". Ha
Kadosh Baruch-Hu è qui atik e fu lui che concesse il permesso a R.
Shimon di rivelare questo segreto, cioè che Ha Kadosh Baruch-Hu,
nominato ema, disse a Kadosh Baruch-Hu, nominato aba "facciamo l'uomo a
nostra immagine".
Così
dunque atik è nominato sia Kudshe Brich Hu che aba. Ema è
nominata Elohim, così come Elohim è il nome di aba (oltre appunto
a quello di Kudshe Brich Hu). In tutta l'opera della creazione, aba disse ad
ema "sia così e così" e "così fu". Ma
a proposito dell'uomo ema disse ad aba "facciamo l'uomo". Aba però
non volle questa creazione, cosicché ema gli disse "che differenza
ti fa se egli peccherà? È contro di me che pecca, non contro di
te", come il verso "un figlio stolto addolorerà sua
madre". E quando Adamo peccò con l'Albero della Conoscenza Dio
cacciò sia ema che Adamo, perché "per le tue trasgressioni
fu cacciata via tua madre". —
Haim Vital
spiega inoltre (4) che quando i "sette attributi
inferiori" (midot) furono emanati non era stato ancora creato nel mondo
Adamo (Adam ha-Rishon), mentre zeir anpin e nukvei erano in una posizione di dorso
contro dorso, per timore che i Hitzonim (le cose esterne) potessero
"prendere nutrimento" da loro. Infatti, se essi si fossero trovati
faccia-a-faccia, "i gusci" (kelipot) avrebbero potuto afferrare il
punto della loro congiunzione. Ma quando invece il Primo Uomo fu creato e
compì alcuni precetti positivi avvenne che si girarono faccia a faccia. <84>
1) Bereshit, 22.
2) Il commento "Derech Emet": — l'Antico degli Antichi
è riferito a "Keter Elion" ma il Mikdash Melech lo riferisce
ad Atik, poiché aba ed ema sono nominati anziani, mentre atik e arich
sono nominati l'Antico degli Antichi.
3) Lo Shevilei Noga commenta che da qui si deduce che Ha-Kadosh
Baruch-Hu stesso non era d'accordo, per così dire, alla creazione
dell'uomo, ma solo la Shechinà inferiore. Il Mikdash Melech commenta che
il "figlio saggio" va riferito ad "Adam ha-Atzilut",
cioè zeir anpin di atzilut, mentre Adam di Berià va riferito al
Primo Uomo. — Ema disse ad aba "facciamo l'uomo" ma per gli altri
"sia" della creazione fu aba a dirlo ed ema — binà,
poiché aba dice ed ema esegue.
4) Sha'ar ha Nekudim: vedi "ad locum" tutta la
spiegazione che è in completo contrasto con lo Zohar, che sostiene che
Adam ha-Rishon fu colpevole di questo peccato e che ema fu scacciata a causa
sua. Da ciò potete comprendere che questi nuovi kabalisti si
contraddicono tra di loro e ognuno di essi inventa ciò che gli fa
comodo.
16
Nello stesso
Zohar è scritto: "R. Shimon aprì e disse: "Or dunque,
considerate che soltanto Io sono il Signore e non vi è altro dio con
Me". Egli disse: "Ascoltate le parole dell'Antico che ho in animo di
rivelare, poiché dall'alto ho ricevuto il permesso di parlare. Chi
è colui che disse "Or dunque guardate soltanto Io sono il
Signore"? Costui è la Causa di tutte le Cause, nominato "ilat
ha-ilot", ossia la causa di tutte quelle cause che non possono agire se
non dopo aver ricevuto il permesso da chi sta sopra di loro. E come abbiamo
stabilito a riguardo del verso "Facciamo l'uomo", si tratta
certamente di una coppia. Così, qui troviamo che una "causa"
ha detto alla causa che la sovrasta che non si può agire fino a quando
non si è preso il permesso dalla causa superiore, così come
quest'altra causa a lei superiore e così via di seguito ... Però
quella nominata "La Causa di tutte le Cause" non ha alcuna causa che
la sovrasta, cosicché non esiste sotto di essa alcunché che le
assomigli, così come è scritto "El mi tedamiuni?" ( = a
chi Mi renderete simile e a chi potrò essere comparato? parola
dell'Eterno). Ed è anche scritto "Or dunque considerate che
soltanto Io sono il Signore e non vi è altro dio con Me", da cui
prendere consiglio, dissimile da colui che disse "Facciamo l'uomo".
Etz Haim (1)
e Mikdash Melech (2) nel nome di Yitzhak Luria scrivono: "La
Causa di tutte le cause" va riferita ad Adam Kadmon, cioè la Causa
sopra tutte le altre cause. Spiegazione: quando diciamo "Causa delle
cause" ci <85>
riferiamo ad ogni partzuf e viene così nominata perché essa
è la causa delle altre cause al di sotto di essa. Ma quando diciamo
"La Causa di tutte le cause" ci riferiamo ad adam kadmon, la prima
causa di tutti i partzufim".
Così
viene spiegato dall'esegesi dello Zohar e dai suoi commentatori in che modo Dio
diede il permesso a R. Shimon b. Yohai di parlare su ciò che è
proibito persino pensare, cioè una molteplicità in Dio e di
proferire che Ha-Kadosh Baruch-Hu è nominato Atik. Egli, però,
non è colui che disse ai figli d'Israele "Or dunque considerate
soltanto Io sono il Signore", dal momento che colui che pronunciò
questa sentenza è adam kadmon che è, invece, la prima causa di
tutti i partzufim, che non riceve permesso da alcuno. Similmente, colui che
disse "Sia la luce" e "Sia il firmamento" e "Si
riuniscano le acque" ecc. è aba; mentre chi sentenziò
"Facciamo l'uomo a nostra immagine" è ema. Quando ema disse ad
aba "Facciamo l'uomo", Ha-Kadosh Baruch-Hu (aba) non era d'accordo
con questa creazione, ma ema replicò "Che differenza fa per te? Se
egli peccherà, sarà contro di me che pecca e non contro di te".
Per questo motivo è scritto "Un figlio stolto angustierà sua
madre" e non già te". Per questo motivo è scritto
"Un figlio stolto angustierà sua madre" e non già sua
padre ... Pertanto, fu creato contro il volere di aba (3), e, come
spiega lo Shevilei Noga: "Se aba avesse acconsentito a questa creazione
non avrebbe cacciato anche lei dal Gran Eden insieme a lui quando peccò;
ma siccome non era d'accordo cacciò pure lei".
1) Sha'ar atik. prk. 2.
2) Sefer ha-Likutim.
3) Zohar — parole citate "La ba'ei Le'ishtatfà" (=
egli non volle partecipare).
17
Ogni ebreo
sarà scosso da un profondo fremito quando ascolterà le parole di
questo filosofo e la sua delirante descrizione dei Dieci Ordini della creazione
in divinità distinte! Leggiamo infatti in Sanhedrin (1):
"Per questo motivo l'uomo venne creato come singola entità,
affinché i "minim" non potessero sostenere che esistono
numerose "reshuiot" (poteri regnanti) (2) "nei
cieli" ecc. (Rashi spiega: e che ciascuno ha creato il proprio) (3).
— <86>
E nella Braita
(38): "Perché l'uomo fu creato singolo? R. Yehudà disse:
"Quando Dio volle creare l'uomo, Egli creò prima una
"classe" di Angeli Servitori a cui domandò: "Avete
piacere che facciamo l'uomo a nostra immagine?". Essi allora domandarono:
"Quali saranno le sue azioni?". E Dio rispose: "Le loro azioni
saranno così e così". Essi allora dissero al Suo cospetto
"Cos'è l'uomo che Tu lo possa ricordare?". Allora Ha-Shem
stese il Suo mignolo e li bruciò. La stessa cosa avvenne con la seconda
classe di Angeli. La terza classe di Angeli disse: "Padrone del mondo, a
quale scopo la prima classe di Angeli si espresse così al Tuo cospetto?
Tutto il mondo Ti appartiene e in esso puoi operare come Ti aggrada".
Allorquando, invece, si arrivò alla "generazione del diluvio"
e a quella della "torre di Babele", gli Angeli dissero: "Padrone
del Mondo, non era forse giustificato ciò che disse la prima classe di
Angeli al Tuo cospetto?". Dio rispose "Fino alla vecchiaia sono Io;
finché i suoi capelli incanutiscono lo sopporterò" (4).
E nella stessa
Braita è scritto: R. Yohanan disse: "Laddove trovi le
argomentazioni dei "minim (5) trovi anche la risposta nel verso
susseguente: "Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza".
"E Dio creò l'uomo a Sua immagine". "Scendiamo e
confondiamo il loro linguaggio". "E Dio scese per vedere la
città e la torre" ecc.
Ma lo Zohar
summenzionato afferma "poiché certamente si tratta di una
"coppia"". Spiega che ema disse ad aba "facciamo
l'uomo" e che essa operò secondo il suo proposito e creò
l'uomo senza il di lui consenso.
Non è questa la medesima opinione dei
"miscredenti", ricordati prima, che cercarono di ricavare delle prove
dalla Torà per giustificare le loro false credenze idolatre?
1) Cap. 1, dinei mamonot.
2) Anche "mondi di padronanza" dove ciascun padrone
avrebbe il permesso di agire come vuole.
3) Il senso è: se Adamo ed Eva fossero stati creati
separatamente, uno avrebbe potuto pensare che il creatore di Adamo non fosse lo
stesso di Eva; perciò furono prima creati come unità e, in
seguito, separati (nota del tr.).
4) Vedi Maharsha ad locum — I primi Angeli, nel loro zelo, non
avrebbero potuto sopportare l'azione dell'uomo, perciò dissero
"cos'è l'uomo che tu lo possa ricordare?". La terza classe
capì <87>
che questa risposta fu la causa della loro distruzione, per cui disssero:
"tutto il mondo Ti appartiene" ecc. Quando, invece, videro le cattive
azioni di quelle due generazioni chiesero se la prima domanda non era poi
giustificata, ma Ha-Kadosh Baruch-Hu rispose che Egli è longanime e
aspetta fino a che i loro capelli incanutiscono, forse si pentiranno delle loro
cattive azioni. (N. del tr.).
5) I "miscredenti" (minim) sostenevano che da qui si
evince una molteplicità in Dio e tentarono di portare una prova dal
plurale "facciamo", ma laddove troviamo questo plurale troviamo
immediatamente espresso, nel verso seguente, il Nome di Dio, con lo stesso
verso al singolare. (N. del tr.).
18
Ancora troviamo
scritto nello Zohar (Bereshit, 17): "In principio Dio creò i
cieli". In questo "principio" (reshit) Egli creò quel
"livello nascosto non conosciuto" (Stimà d'la ityada) per
questo palazzo (hehala), ecc.
Il Mikdash
Melech spiega: il "principio" è riferito ad aba; colui che
creò quel "livello nascosto" è arich; il "non
conosciuto" è riferito ad atik; "questo palazzo" è
ema, nominato anche "elohim".
Nello stesso
libro viene addotto un altro commento: "In principio Dio creò i
cieli e la terra". Questo significa che, attraverso il potere di aba, Egli
creò Elohim che è "binà"; in altri termini
elohim (binà) creò, tramite il potere di aba, i cieli e la terra
che sono zeir anpin e nukve.
In entrambe le
spiegazioni aba è nominato il "principio" (reshit) ed ema (nel
secondo commento nominato binà) è nominato "elohim".
Nello Zohar, in
parashat Bo, è scritto (2): "I cieli" , questa
è la mano destra di "kudshè brich hu"; "la
terra" è la mano sinistra; poiché kudshè brich hu
stese la sua mano destra e creò la terra.
Haim Vital
spiega: "Hassadim" (gli elementi di misericordia) rappresentano zeir
anpin mentre "ghevurot" (gli elementi di severità)
rappresentano nukve; come sta scritto "Anche la mia mano fondò la
terra e la mia destra stese i cieli. Io li chiamo ed essi stanno insieme".
Cosa significa "ed essi stanno insieme?". Non come avresti potuto
pensare riferito ai cieli e alla terra. In realtà, si riferisce alla sua
mano destra e sinistra, ecc. — <88>
Commenta il
Mikdash Melech: "Anche la mia mano fondò la terra" — fu
binà a pronunciare questa frase; lo avresti potuto pensare riferito ai
cieli e alla terra ma non si può affermare "ed essi stanno
insieme" (va-ya' amdu yahdav) perché ciò implica "in
eterno" e tale condizione non si addice a loro, poiché nukve a
volte è separata da zeir anpin in "esilio" (galut) (1).
—
Chi intende
vedrà e riconoscerà e capirà quanto l'autore filosofico dello
Zohar sia in completo contrasto con tutti i metodi di interpretazione usati dai
nostri Hachamim di benedetta memoria.
1) Cioè, quando Israele è in esilio non c'è
"unione" tra zeir anpin e nukve,corrispondenti al cielo e alla terra.
Così essi non sempre stanno uniti poiché essendo in esilio zeir
anpin è separato da nukve. Osservate bene in che modo i kabalisti
distruggono e distorcono il senso letterale del verso, per il quale il cielo e
la terra obbediscono costantemente ai comandi del Creatore.
19
In che modo,
allora, lo Zohar e il Mikdash Melech giustificherebbero il mutamento che fecero
i Settantadue Anziani quando tradussero la Torà per Tolomeo? Come
leggiamo in Meghilà (9, cap. 141): "Avvenne che il re Tolomeo
ordinò che i Settandadue Anziani fossero condotti insieme. Egli li mise
in settantadue diverse abitazioni, senza rivelare loro perché li avesse
convocati. Poi, entrò in ogni abitazione e comandò a ciascuno di
loro: "Traduci per me la Torà di Mosè, vostro Maestro".
In seguito, avvenne che Dio ispirò il medesimo pensiero in ogni singolo
Anziano, per cui tutti ebbero lo stesso spirito e scrissero "Dio
creò in principio i cieli e la terra".
Rashi commenta:
"apportarono questo mutamento affinché non venisse detto che
"principio" (bereshit) è un nome (di Dio) e che si tratta qui
di due regnanti, uno avendo creato l'altro". —
Il Maharsha su
questo commento di Rashi spiega che Tolomeo non avrebbe accettato ciò
che è riferito in Sanhedrin, per cui laddove trovi le argomentazioni dei
miscredenti là trovi anche la risposta appresso — "Facciamo
l'uomo" e subito <89>
dopo "Egli fece" ecc. Perché, allora, (chiede la
Ghemarà) è scritto la prima volta "facciamo"? Risponde
R. Yohanan: "Ha-Kadosh Baruch-Hu non prende decisione alcuna se non si
è prima consultato con il Suo Tribunale Celeste" (Pamalya shel
ma'ala)".
Rashi spiega
che qui si vuole mettere in risalto il fatto che un aspetto dell'Umiltà
è quello per cui uno più grande chiede l'opinione di uno
più piccolo. Nel Morè Nevuhim (cap. 6) il Rambam riporta e
chiarisce due distinte versioni: " Dice la prima: Ha-Kadosh Baruch-Hu non
fa cosa alcuna se non previa consultazione col suo Tribunale Celeste. Tale
opinione è simile all'affermazione di Platone per la quale Dio guarda
nel mondo delle intelligenze e influisce su tutta l'esistenza, attraverso loro.
Dice la seconda: Ha-Kadosh Baruch-Hu non fa cosa alcuna se non previa decisione
nel suo Tribunale Celeste (pamalya shel ma'ala); in greco "pamalya"
significa "potere".
Il Bereshit
Rabba e il Midrash Kohelet commentano il verso "ciò che Egli non ha
già fatto" (asuhu; con la forma al plurale): siamo qui informati
che questa forma al plurale indica "Egli e il Suo Tribunale che decidono
su ogni singola parte del corpo, mettendola in grado di funzionare nel modo con
la quale fu preposta" come sta scritto "Egli la fece secondo la sua
destinazione".
In Breishit
Rabà è anche scritto: "Laddove trovi scritto "ve
ha-Shem" (e Dio) significa Egli e il Suo Tribunale (Bet
Dinò)".
Ma l'intenzione
di tutte queste affermazioni non consiste nel pensare, come fanno gli stolti,
che Dio possieda parole e pensieri, che Egli abbia bisogno di consigli, oppure
mediti, oppure venga aiutato dall'opinione altrui! Invece, l'intera questione
qui discussa ci indica come persino le spartizioni dettagliate di tutte le
creature viventi, fino ad ogni singolo membro, alla sua funzione e alla sua
essenza, dipendano dall'opera dei Malachim, gli angeli, poiché tutte le
forze sono angeli (1). (Ma la cecità e la stupidità
ancora più dannosa si ha quando questi stolti vengono considerati Saggi
nel nostro popolo!).
Potrete
comprendere, pertanto, come i nostri Saggi, di benedetta memoria, si siano
rifiutati di attribuire a Dio qualsiasi necessità alle sue creazioni
oppure qualsiasi aiuto da parte loro. Così anche non hanno attribuito
agli Angeli, Suoi messaggeri, qualsiasi azione creativa, poiché tutta
l'esistenza dipende e appartiene a Dio soltanto.
Non così
l'autore filosofico dello Zohar, il quale chiama aba il Creatore e <90> pone ema come
l'artigiano che esegue la volontà del padrone; egli non attribuisce la
creazione alla Causa Prima ma ad aba oppure ad arich, tramite aba. Come se il
Creatore fosse debole e avesse bisogno di un sostegno nella creazione!
Tornando ora
alla vostra pretesa che questi kabalisti abbiano ricevuto questa kabalà
da Mosè, perché allora i settantadue Anziani avrebbero dovuto
cambiare l'ordine della frase nella traduzione di Tolomeo? Avrebbero dovuto
lasciarla com'era e spiegare che "Bereshit", cioè aba,
creò Elohim (binà) e che il motivo di "facciamo l'uomo"
è dovuto al dialogare di una coppia. Perché avrebbero dovuto
raggirare le Scritture inutilmente, quando potevano benissimo spiegare gli
stessi versi in accordo con la vostra halachà le-Moshè me-Sinai?
Le loro parole sarebbero state ben accolte da Tolomeo, che, in ogni caso, era
politeista. Potevano anche spiegare che Bereshit è un nome (aba per lo
Zohar) e fu lui che ordinò "Sia la luce" ecc. e così
anche potevano spiegare come i cieli e la terra fossero i nomi sacri di zeir
anpin e nukvei.
In netto
contrasto a tutto ciò, il Talmud in Haghigà (perek Ein dorshim)
riporta (2): "R. Ishmael chiese a R. Akiva mentre passeggiavano per la
strada: "Tu che per ventidue anni hai servito Nahum ish Gamsu, colui che
ha interpretato tutti gli -et della Torà, quale interpretazione diede
all'-et ha-Shamaim ve et- ha-aretz (il cielo e la terra)"? Gli rispose:
"Se fosse scritto solo "ha-Shamaim ve ha-arez" avrei potuto dire
che questi siano Nomi di Ha-Kadosh Baruch-Hu, ma poiché è scritto
"et-ha-Shamaim ve et-ha aretz" deduco che "ha-Shamaim"
significa propriamente il cielo e "et ha-aretz" la terra. —
1) Questa affermazione che è estremamente importante ed
essenziale è, in verità, una delle chiavi per comprendere
l'errore di base dei nuovi kabalistì e cioè che le forze ed i
poteri di tutta la creazione siano Angeli ed essi, nonostante la grandezza del
loro livello, non debbano essere né serviti, né venerati
perché essi stessi sono oggetto della creazione (nota del tr.).
2) In Bereshit Rabbà: chi ha interpretato tutti gli
"ach" ( = ma, invero) e i "rak" ( = soltanto), sa che essi
vengono ad escludere qualcosa mentre tutti gli -et e i -gam ( = anche) vengono
ad includere qualcosa. Se era scritto "shamaim va-aretz" avrei detto
che "shamaim" e "aretz" sono divinità. Vedi
Maharshà e Etz Yosef per capire che tale, infatti, è l'opinione
dello Zohar, perché, secondo loro, zeir anpin e nukve sono il Signore,
nostro Dio. <91>
20
Lo Zohar (1)
interpreta il verso "Dio regna, Dio regnò, Dio regnerà in
eterno" come segue: "Dio regna" — di sopra, "Dio
regnò" — nel mezzo, "Dio regnerà" — di sotto.
Il Mikdash
Melech commenta: "Dio regna" — Arich Anpin; "Dio
regnò" — "Aba" ed "Ema"; "Dio
regnerà" — "Zeir Anpin e Nukvei".
Riguardo al
verso: "È Dio fra di noi o no ( = im ain)?" (2)
chiede lo Zohar se i figli d'Israele fossero veramente così stolti da
porre una simile domanda. Spiega, infatti, che volevano sapere se
"atikà stimà" nominato "ain" o "zeir
anpin" nominato "Ha-Shem" erano fra di noi. Per cui non è
scritto "im lo" ( = o no), come, ad esempio, nel verso "se egli
camminerà a secondo della mia legge o no (im lo)", ma dissero:
"Se è questo chiederemo in un modo, ma se è quello
chiederemo in un modo diverso". —
R. Lupis spiega
che l'intenzione dello Zohar è sapere se i nostri antenati volevano
conoscere "chi" fosse colui che li conduceva e compiva per loro tutti
quei miracoli, se era Ha-Kadosh Baruch-Hu, nominato "zeir anpin"
(Ha-Shem col tetragramma) oppure "Ain", nominato Atik. La loro domanda
era stata formulata per sapere quale fosse il giusto servizio da attuare, se
riferito a "zeir anpin" o ad "atik", dal momento che
esistono delle differenze in ogni tipo di servizio e anche un'intenzione
(kavanà) diversa per ognuno di essi. Così rimasero nel loro
dubbio fino a quando fu loro rivelato che era riferito a "zeir
anpin". —
E in Menahot (3)
è scritto: R. Shimon b. Azai disse: "Venite a vedere cosa è
scritto nella sezione relativa ai "Sacrifici": non c'è scritto
il nome "El" o il nome "Elohim" ma soltanto
"Ha-Shem". Ciò è per non "aprire la bocca" di
un accusatore, che riporta un'opinione diversa.
E Rashi
commenta: "Questo accusatore non dica che esistono poteri (reshuiot)
distinti e, in base a ciò, affermi che uno, il cui nome è tale,
ha ordinato di portare il sacrificio "minhà", mentre un
secondo, il cui nome è tal'altro, ha ordinato di portare un sacrificio
di giovenchi e di montoni".
L'opinione
dell'autore dello Zohar, però, è che esistono
"divisioni" e "differenze" nella divinità e
perciò i nostri antenati cercavano di conoscere quale Dio li stesse
conducendo, se "atik" nominato "ain", il cui servizio
è da compiersi in un modo, oppure "zeir anpin" il cui servizio
è da compiersi in un altro modo. Questa loro richiesta non ebbe
chiarimento fino a quando non fu concessa la Torà, che chiarì
loro che si trattava di "zeir anpin" ...
Rambam spiega,
nelle "Leggi sull'idolatria" (4): "Gli idolatri
avevano molti <92>
tipi di servizio per ogni tipo di immagine e di forma e ogni servizio era
diverso l'uno dall'altro". —
Pertanto come
l'autore filosofico dello Zohar può asserire che tutto è Uno?
Perché il servizio per "atik" si differenzia da quello per
"zeir anpin", se tutto è uno? Ma certamente egli crede in
diverse divinità, per cui il servizio e il rito varia per ciascuno,
similmente agli idolatri che avevano un servizio distinto per ogni immagine!
Noi, invece,
che crediamo nella Sua Unità, che non ha niente di simile in tutte le
altre entità di "Uno", respingiamo fermamente le loro parole
menzognere e a sostegno di ciò portiamo la Ghemarà in Menahot,
testé menzionata. Da tutte le asserzioni riportate dallo Zohar e dai
suoi commenti deduciamo che esso chiama ciascun "partzuf di atzilut"
con il "Nome tetragrammato", con "Adonai", con
"Elohim" e con Ha-Kadosh Baruch-Hu. Però, esso ha scelto come
divinità da servire l'ultimo "partzuf", cioè "zeir
anpin". Lo Zohar afferma anche che l'"ein sof" e tutti gli altri
"partzufim", che da esso si emanarono, non devono essere serviti o
pregati, a motivo della loro elevazione superiore; a maggior ragione lo sono
quei "partzufim" dei mondi sopra il "mondo di atzilut", di
fatto immensamente "segreti". Soltanto "zeir anpin"
può essere servito e chiamato nel "momento del bisogno",
poiché è il "pilastro di mezzo", che congiunge tutte le
forze superiori e inferiori. Egli fu allevato da "aba" ed
"ema" e gli venne dato il "Regno" su tutte le creazioni, le
quali, a loro volta, furono ordinate di servirlo e di benedirlo. E, a loro
dire, costui sarebbe Ha-Shem Elohenu. Dio ci salvi!
Vediamo, ora,
come lo Zohar (5), per mezzo del commento del "Mikdash
Melech", commenta il verso: "Chi trattiene il grano sarà
maledetto dal popolo" (Mone'a bar ikvùù leom). Il
"segreto" è qui connesso a ciò che è scritto a
proposito del verso "Qual è il suo nome e qual è il nome di
suo figlio che lo potresti sapere?" — Il suo nome è uno. Adonai
Tzevaot è il suo nome (ossia aba); il nome di suo figlio è
Israele (ossia zeir anpin) come è scritto "Mio figlio, il mio
primogenito Israele"; tutte le chiavi della fede dipendono da questo
Israele; fu infatti lui che disse: "Dio mi disse: tu sei mio figlio"
(commento: "zeir anpin" disse che "aba", nominato Adonai
Tzevaot, mi disse: "tu sei mio figlio"). È certamente così,
poiché "aba" ed "ema" lo incoronarono e lo benedirono
con tante benedizioni e con ciò ordinarono a tutti "Fornite il
grano, affinché non si adiri"; in altre parole, consegnatelo a
questo figlio: per così dire, hanno dato il potere regnante a lui, <93> affinché
venga servito da tutti; "affinché non si adiri" (6)
significa che, siccome l'hanno incoronato sia con la
"severità" (dina) che con la "misericordia"
(rahamè), chiunque merita la severità la riceverà e
chiunque merita la misericordia altrettanto. Tutte le benedizioni dall'alto e
dal basso salgono e diventano corona per quel figlio, ma chiunque trattiene le
benedizioni da questo figlio, i suoi peccati saliranno davanti a "ema
kadisha" (la sacra madre) che è la sua "vera" madre (ema
binà). Così vediamo come lo Zohar chiami Adonai Tzevaot
"aba" e "zeir anpin" il figlio di "aba" ed
"ema". Questi ultimi gli concessero il "potere regnante" su
tutte le creazioni, ordinando loro di servirlo. Tutte le benedizioni e le
preghiere diventano "corone" per "zeir anpin" e devono
essere dirette esclusivamente a lui; non ad "aba" o "ema",
né ad "arich anpin", né ad "atik", né
ad "adam kadmon" (che loro chiamano "la Causa di tutte le
Cause"), né ad "adam kidmà" (entro le cui sefirot
furono creati tutti i mondi sopra il mondo di atzilut), né certamente
all'ein sof che è lontano e immensamente al di sopra di tutto il resto,
per cui è fuori dall'essere servito o pregato. La Shechinà su
tutte le azioni dei "livelli inferiori" appartiene solo a "zeir
anpin". Egli concede la giusta ricompensa agli Tzadikim e punisce i Reshaim
(malvagi). I partzufim che sono in alto con l'ein sof, che sovrasta il tutto,
non "guardano" le azioni dei livelli inferiori e non distinguono tra
il bene e il male, né tantomeno possono salvare la persona che li
supplica nella sua preghiera.
Dio, dunque, ha
abbandonato il cielo e la terra, hass ve halila, e ha lasciato il comando nelle
mani di questa "piccola faccia", oggetto di creazione!
Leggiamo invece
l'interpretazione dei Saggi: "Chi è salito in cielo?" Questo
è Ha-Kadosh Baruch-Hu, come è scritto "Dio è salito
con grande strepito"; "è disceso" come è scritto
"E Dio scese sul Monte Sinai"; "Chi ha raccolto il vento nel
palmo delle Sue mani?", come è scritto "Poiché nella
Sua mano è l'anima di tutto ciò che esiste": "Chi ha
riunito le acque nella Sua veste?" come è scritto: "Egli
riunisce le acque in una densa nube"; e così il verso "Chi ha
stabilito tutte le estremità della terra?" come è scritto
"Dio fa morire e fa rivivere"; qual è il Suo nome? Tzur
(Rocca) è il Suo nome, Shaddai è il Suo nome, Adonai Tzevaot
è il Suo nome. "E qual è il nome di Suo figlio?"
Israele, come è scritto "Mio figlio, il Mio primogenito,
Israele".
Israele viene
denominato "figlio", come nella Mishnà "I figli
d'Israele" vengono chiamati "Figli di Dio" (banim la-Makom)
questo perché, per mezzo di Israele, Dio si è manifestato nel
mondo. Non già col nome di "zeir anpin" che l'autore dello
Zohar ha chiamato "ben" ( = figlio)! <94>
Concludiamo,
ora, il nostro discorso rammentando che lo Zohar e tutti i suoi seguaci hanno
asserito che tutte le nostre azioni e preghiere debbano essere rivolte a
"zeir anpin", Dio ci liberi!
1) Bereshit, pag. 34.
3) Parashà Beshalah, pag. 64.
3) Cap. Harei alei issaron (110)
4) Hilchot avodà zarà cap. 3.
5) Balak p. 191.
6) "Nashkù bar pen yi'naf" — Lo Zohar interpreta
"bar" come "figlio" (come in aramaico).
21
Lo Zohar, in
parashat va-yerà scrive (1) : "Venite a vedere come non
è scritto "Abbi timore del Signore tuo Dio", bensì
"Temerai il Signore tuo Dio" ("et" Ha-Shem, con la particella
dell'accusativo "et"). Cos'è questo "et"? Questo
è il primo livello (dargà kidm'a) del timore di Dio;
perciò è scritto "Temerai" perché è
appunto a quel "livello" che uno deve temere il proprio Dio e,
cioè il "Tribunale" (Bet dinò); "e Lui
(otò) servirai" questo è il livello superiore (dargà
ila'a), che sovrasta il livello inferiore; l'"et" e
"otò" sono congiunti fra di loro e sono inseparabili. Cosa
significa "e Lui"?. Questo è il "livello" del
"Patto Sacro" (Ha Berit) (2), un "segno" eterno;
poiché in nessun servizio -et deve essere servito ma bensì temuto
— Il "servizio" invece, è di sopra, perciò sta scritto
"e Lui servirai" (commento: "servizio" appartiene a zeir
anpin) — a Lui si congiunge "Shechinte" (malchut).
Il senso reale
di quanto è scritto dallo Zohar è il seguente: il verso non dice
"Abbi timore e servi il Signore tuo Dio" bensì "-et il
Signore tuo Dio temerai e servirai". L'-et viene certamente per includere
qualcosa e, a parere dello Zohar, si tratta di "malchut", la
controparte femminile di zeir anpin, nominata <95> anche
"nukve", che è anch'essa degna di timore. In altre parole, il
comandamento di temere il Signore include anche l'obbligo di temere
"nukve" e, a conferma di ciò, sta quell'-et in più.
D'altra parte, è scritto "e Lui servirai", da cui si evince
che il verso viene ad escludere qualcuno (come per dire servirai Lui e non
qualcun' altro), cioè "malchut", perché è zeir
anpin che deve essere servito. Concludendo, "Malchut" viene esclusa
dal servizio, ma inclusa nel timore.
Se questa
è kabalà da Moshè, perché allora Shimon Ha-Amsuni
si è trattenuto all'interpretare le "inclusioni" di ciascun
"-et" della Torà, quando è arrivato al verso
testé citato? Leggiamo infatti nella Ghemarà (3) :
Shimon Ha-Amsuni (e alcuni dicono Nehemia ha-Amsuni) era occupato ad
interpretare ogni -et della Torà. Quando arrivò al verso
"-et il Signore tuo Dio temerai e Lui servirai" evitò di
interpretarlo. Allora i suoi allievi gli chiesero "Che ne sarà allora
di tutti gli altri -et che hai interpretato?". Rispose loro
"Così come ho ricevuto ricompensa per averli interpretati,
parimenti riceverò ricompensa per essermi astenuto dall'averlo
interpretato". Finché Akiba ben Yosef interpretò che esso
viene ad includere i "Talmidei Hachamim".
Commenta Rashi:
Quando raggiunse questo verso si domandò cosa avesse potuto includere
questo "Lui" che è da servire. A tal riguardo, evitò le
altre "inclusioni" ( = ribbuim) che in precedenza (4)
aveva interpretato; fino a quando Akiba ben Yosef interpretò questo -et
come inclusione riferita ai Talmidè Hachamim, affinché "il
timore per il Tuo maestro sia pari a quello per il Cielo. (5)
Ma se voi
affermate che tale è Kabalà di Mosè dal Sinai, per quale
motivo Shimon ha-Amsuni si astenne? Non sapeva forse che tale -et viene ad
includere la moglie di zeir anpin che è il Signore Nostro Dio, come voi
dite? Perché anche Akiba b. Yosef, il Maestro di Shimon b. Yohai, disse
che viene per equiparare il timore per i Tamidè Hachamim, che sono solo
carne e sangue, al timore per il Cielo? Perché non incluse la moglie di
zeir anpin oppure "aba" ed "ema"?!
1) pag. 112.
2) commento riferito a Malchut (Ra-shab).
3) cap. "Kol Sha'à"
4) Se questo -et non poteva essere interpretato, allora non poteva
venire accettata come regola generale quella per cui ogni -et viene ad
includere qualcosa o qualcuno, fino a quando Akiba <96> b. Yosef ... (N. del Tr.).
5) Pirkè Avot 80, 4.
22
Lo Yosher Levav
afferma che: (1) Il nome "Ha-Kadosh Baruch-Hu" che siamo
abituati a pronunciare e il Tetragramma con cui Lo nominiamo sono riferiti al
partzuf di zeir anpin. La sua "anima" (neshamà) è
nascosta al suo interno da quei partzufim che sono più interiori ad esso
(a zeir). Costui è, infatti, la Causa Prima ed è lui che noi
serviamo. Il principio generale, dunque, è che la Causa Prima, nominata
da tutti i kabalisti "ein sof" ha creato il tutto "ex
nihilo" e circonda il tutto dall'esterno. In quella parte
"eletta", però, l'"eletto dei Padri", chiamato
"zeir anpin" si nasconde come una stanza dentro ad un'altra stanza,
come un'anima dentro un corpo, dandole vita. Perciò questo eletto zeir
anpin regna sopra tutte le creazioni, le governa e le alimenta. Egli è
il nostro Dio e noi siamo il suo popolo. Le nostre anime sono la Sua parte.
Egli deve essere esaltato con tutte le lodi menzionate nella Torà, che
ci è stata data in retaggio e per mezzo della quale tutti i segreti
occulti ci vengono svelati".
L'autore
continua, poi, a fornire prove dallo Zohar e dai Tikkunim, per le quali tutto
il nostro servizio è rivolto a zeir anpin, il "pilastro medio"
che congiunge tutto.
Scrive nel nome
di Yizhak Luria (2) riguardo al verso "Fidatevi in Dio per
sempre, poiché Yah, Ha-Shem è la Rocca Eterna":
perciò quando uno dirige la propria intenzione a zeir anpin soltanto,
ciò è sufficiente, siccome qui si trova anche arich anpin.
Anche in Etz
Haim di Vital è scritto: (3) Moshè disse ad Israele
prima di entrare nella Terra Promessa "E voi che siete attaccati al
Signore, vostro Dio, tutti voi viventi in questo giorno" — Questo è
riferito a "zeir anpin" e "nukvei" ecc.
E ancora nel
suo Sefer Ha-Kavanot sui "minhaghim" (usanze) di Luria: Quando
pronunci il Tetragramma devi mettere la tua kavanà ( = intenzione) su
zeir anpin, nel modo seguente; le prime tre lettere sono per zeir anpin, l'ultima
lettera è per malchut e così devi considerare che qui il <97> nome viene
completato, ecc. —
In S. Mahberet
ha-Kodesh (seder musaf shabat) scrive: Gli angeli di sopra pongono una
"corona" su zeir anpin, che è il Signore, nostro Dio (4)
ecc.
Anche il Mikdash
Melech scrive: (5) Elaha Rabraba (il Grande Dio) può
riferirsi solo a zeir anpin, mentre in Hochmà, il suo nome è
Haham (il Saggio), ecc. — ma l'ein sof, per la sua grandezza, non ha né
nome, né punto entro il quale può essere limitato e qualsiasi preghiera
rivolta a lui non è una preghiera; è permesso pensare a lui solo
quando si investe dei suoi attributi.
1) In S. ha-Brit, Parte 1, ma'amar 20, cap.15, l'autore di Mishnat
Hassidim scrive nel S. Yosher Levav.
2) In Likkutei Tanach.
3) Sha'ar ha-clalim.
4) Ibid. p. 40.
5) pag. 12 parole che cominciano Elaha Rabraba.
23
Vediamo
chiaramente così che lo Zohar e i suoi commentatori, il Mikdash Melech,
Kisei Eliahu, Mishnat Hassidim, Yosher Levav, Matzref Emunà, Etz Haim,
S. ha-Kavanot, Mahberet ha-Kodesh, S. ha-Brit, S. ha-Likkutim, Nahalat Yosef
nel nome di Luria (per citare solo i principali), affermano che l'ein sof,
l'Infinito o la Causa Prima, non deve né essere servito, né
essere pregato. Solamente "zeir anpin", l'ultimo aspetto dell'intera
emanazione, che, a loro dire, lega insieme tutti i "partzufim" e
alimenta tutte le creazioni, deve essere evocato nel momento del bisogno e
servito in ogni momento.
L'autore di
Kisei Eliahu, comunque, quando pregava, considerava necessario pronunciare,
insieme a "zeir anpin" anche gli altri "partzufim" sopra di
esso, perché così facendo, veniva esaudito più velocemente
(1): "E' necessario, però, "congiungerli" nel
modo indicato sopra; quando si prega zeir anpin bisogna pronunciare i nomi dei
partzufim superiori, perché c'è <98> bisogno di loro. Se, però, uno non
fa così e prega esclusivamente zeir anpin non verrà esaudito
così velocemente ... ecc. (conclude con l'affermare) ... che anche se
uno prega solo zeir anpin non è che sia danneggiato in ciò,
solamente non viene esaudito rapidamente. (2)
Il lettore
amante e devoto alla Sacra Torà ed esperto nella Tradizione orale della
Mishnà, del Talmud, e dei Midrashim resterà esterrefatto leggendo
tali affermazioni. Ancor di più se ha conoscenza del Hovot ha-Levavot di
R. Yehudà ha-Levi, di R. Sa'adya Gaon, del Rambam, di R. Eliezer
me-Garmiza (Worms), del S. Mitzvot Gadol, del S. Mitzvot Katan, del S.
ha-Ikkarim, ed altri, che trattano dell'Unità di Dio, in accordo con la
vera Kabalà dei nostri Saggi. Si spaventerà e trasalirà
quando leggerà di tale pantheon con tanti dèi, che si sono
moltiplicati e prolificati in Israele, a partire dal tredicesimo secolo.
I kabalisti
credono in più cause, sistemate gerarchicamente una sopra l'altra.
Quando una di esse vuole creare qualcosa deve consigliarsi e prendere permesso
dalla causa che la sovrasta direttamente. Lo Zohar spiega chiaramente che
ognuna di queste cause (ilot) prende permesso dalla causa (ilà)
soprastante; malchut da zeir, zeir da ema, ema da aba, aba da arich, arich da
atik, e atik da adam kadmon, che governa tutti i "partzufím di
atzilut". Quest'ultimo è l'unico che pronunciò "Ora
vedete che Io solo sono Dio e che non v'è altro dio accanto a Me".
Questo lo può pronunciare solo adam kadmon, perché non ha bisogno
di prendere permesso da adam kidma'a che lo sovrasta. — In tutto l'atto della
creazione, il Creatore fu "aba", nominato nello Zohar anche
"malkà ila'a" (il Re Superiore), ma, al momento della
creazione di Adamo, aba non voleva crearlo, perché sapeva che avrebbe
peccato. Ema rispose che il suo peccato sarebbe dipeso da lei soltanto, come
è scritto "Un figlio stolto addolora sua madre" ecc.
1) p. 26.
2) Anche Yosher Levav, bait 2, heder 3,
prk. 7.
24
Questa
affermazione è davvero difficile da capire. Perché mai adam
kadmon non deve avere permesso da adam kidma'a e da ein sof che sono sopra di
lui? Lo <99>
Yosher Levav summenzionato sostiene, però, che Ha-Kadosh Baruch-Hu e il
Tetragramma, che le nostre labbra sono solite evocare, vanno riferiti a zeir
anpin. (1)
Vediamo
ciò che scrive il Bereshit Rabbà (2): "Ogni cosa
ha generazioni (toledot). Il cielo e la terra hanno generazioni, come è
scritto "Queste sono le generazioni del cielo e della terra quando furono
creati". I monti hanno generazioni, come è scritto "Prima
ancora che sorgessero i monti". La pioggia ha generazioni, come è
scritto "Ha la pioggia un padre?" La rugiada ha generazioni, come
è scritto "E chi ha creato le gocce di rugiada?". Abbiamo
già studiato nella Mishnà: Tutto ciò che ha generazioni,
muore, appassisce, perché è oggetto di creazione, ma non
così il Creatore. Pertanto, ciò che non ha generazioni non
perisce, non appassisce, e non è oggetto di creazione". Questo
è un fondamento vero e chiaro.
L'Etz Yosef
commenta che "perire" e "appassire" sono due categorie
diverse: la prima è una fine assoluta, mentre la seconda avviene quando
è ancora in esistenza. Perché tutto ciò che esiste
è in uno stato continuo di degrado naturale, se non che Ha-Kadosh Baruch-Hu,
nella Sua bontà, rinnova costantemente, ogni giorno l'Atto della
Creazione. — "Tutto ciò che non ha generazioni" — non
c'è altri all'infuori di Ha-Kadosh Baruch-Hu ecc. Da ciò dobbiamo
concludere che, siccome i partzufim menzionati dallo Zohar e dai kabalisti
hanno "generazioni", come pure "gravidanze" e
"allattamenti", parimenti è del tutto falso e impossibile
chiamare aba o qualsiasi altro partzuf Dio o Creatore. Un altro modo per
spiegare "tutto ciò che ha generazioni" consiste nel ritenere
che c'è una "causa" alla sua esistenza e perciò viene
chiamato "possibile esistenza" (siccome non esiste per
"necessità assoluta della propria esistenza" che, infatti, si
può riferire solo a Dio. Tutto il resto però, fu
"voluto" e perciò "messo in esistenza"). Tutto
ciò, del resto, che è di "possibile esistenza" ha la
possibilità di perdere quell'esistenza. Solo Dio, Benedetto Egli sia,
non ha nessun altra causa che Lo precede, poiché Egli soltanto è
la Causa Unica di tutte le creazioni (3). Questa spiegazione
è sostenuta dal fatto che il Midrash parla delle generazioni dei monti,
della pioggia, ecc. Pertanto è del tutto falso chiamare i partzufim Dio
o Creatore, dal momento che ciascuno di essi possiede "una causa" che
lo precede.
Il
"Mishnat Hassidim" (testo kabalista) nella sua interpretazione della
Aggadà di Pesah scrive: <100>
"Il Signore, nostro Dio, ci fece uscire" questi sono aba ed ema ecc.
"E se Ha-Kadosh Baruch-Hu non ci avesse liberato" questo è
arich anpin che ha liberato i nostri padri, aba ed ema dall'Egitto, ecc.
Il S.
ha-Ghedarim, sul termine "Adam" afferma che i kabalisti chiamano
Ha-Kadosh Baruch-Hu "adam kadmon". Non solo, ma chiamano anche ogni
"partzuf" col nome di Ha-Shem Tzevaot col Tetragramma, con Adonai,
con Ha-Kadosh Baruch-Hu e con tutti gli altri nomi e le altre espressioni che
indicano Ha-Shem Baruch-Hu. Chiunque legge le citazioni contenute in questo
libro o chiunque ha studiato con intelligenza i loro libri vedrà che
è sicuramente cosi.
Inoltre, dicono
che aba ed ema, che sono i nostri padri, furono salvati in Egitto da arich
anpin dalla mano del faraone (che è la "sitrà
ahrà", nominato "el aher" o "altro dio").
Credono infatti nell'esistenza di un "altro dio", in contrasto alla
credenza di tutti i Saggi. Aggiungono anche che gli "altri dei"
regnavano su zeir anpin e nukve fino a quando non vennero redenti da arich
anpin. Per capire quanto siano insignificanti e false queste innovazioni dei
nuovi kabalisti, è sufficiente leggere la Ghemarà in Shabbat:
Akiba b. Yosef disse: Quando Mosè sali per ricevere la Torà, gli
Angeli Servitori dissero davanti a Ha-Kadosh Baruch-Hu "Che cosa fa qui
questo essere umano, nato da donna?" Rispose loro "È venuto
per ricevere la Torà" (fino a che) ... Dio disse a Mosè
"Rispondi loro". E Mosè disse davanti al Signore: "Temo
che mi brucino con l'alito delle loro bocche". Egli disse: "Afferra
il Trono della Mia Gloria e rispondi loro". Poi, Ha-Kadosh Baruch-Hu stese
un raggio della Sua Presenza (Shechinà) su Mosè, che disse:
"Padrone dell'Universo, nella Torà che tu consegni, non è
forse scritto "Io sono il Signore tuo Dio che vi ha fatto uscire dalla
terra d'Egitto". Per cui disse agli Angeli: "Siete forse voi scesi in
Egitto? Eravate forse voi schiavi del faraone? Per quale motivo avete bisogno
della Torà? ecc.
Per i nuovi
kabalisti, invece, anche aba ed ema, zeir anpin e nukve furono schiavi del
faraone (la "sitra ahrà"). Il Mishnat Hassidim scrive
chiaramente che zeir anpin si trovava in grave pena e in una condizione di
"esilio" come un feto nel grembo della madre.
Le loro parole
sono contradditorie, perché dicono che zeir anpin è colui che ha
dato la Torà ed è colui che pronunciò "Io sono il
Signore vostro Dio che vi ha fatto uscire dalla erra d'Egitto". In realtà,
arich anpin, che è Ha-Kadosh Baruch-Hu, ha fatto uscire i nostri padri,
cioè aba ed ema, mentre zeir anpin era <101> sofferente in
esilio.
Né tanto
meno possono controbattere all'affermazione dei Saggi che "quando sono
andati in esilio nella terra d'Egitto, la Shechinà li
accompagnò"; come è scritto "Per voi fui mandato in
Babilonia", ecc. Né tanto meno all'affermazione che Ha-Kadosh
Baruch-Hu per così dire, si rattrista quando Israele si trova in
difficoltà come è scritto "Io sono con lui nelle avversità".
Tutto ciò può essere inteso dal senso di questo verso
"poiché non desidero la morte del perituro, bensì che il
peccatore si penta delle sue azioni inique, affinché viva".
Anche l'Eterno,
per così dire, deve mantenere la Sua promessa verso di noi in esilio,
come è scritto "pur trovandosi nella terra dei loro nemici non li
ho presi in odio e disprezzati sì da distruggerli completamente"
ecc. Dal momento che la Sua Provvidenza ci protegge anche nell'esilio in modo
che i nostri nemici non possano mai annientarci.
1) Non ho riportato qui il Mazref Emunà, sebbene sia in
totale accordo con questa opinione. E pensare che voi avete denunciato questo
testo come eretico (kofer)! Questo è dovuto alla vostra ignoranza in
materia, dal momento che siete in palese errore.
2) Parashà 12, riportato yalkut, remez 18.
3) Rambam, Hilchot yesodei ha-Torà, il 4° principio per cui
bisogna credere che l'Uno è il Primo Assoluto e che tratta l'altra
esistenza non è Primo. Due dei nostri antenati, R. Hitar e R. Zacharia
ha-Rofè scrissero a proposito: il Primo (kadmon) è colui che non
ha inizio; mentre ciò che è pervenuto in esistenza (mehudash) ha
un suo inizio. Il Primo non è pervenuto in esistenza da un altro, mentre
il "mehudash" fu creato e posto in esistenza da un altro, in tal modo
viene spiegato che Dio è il Primo Assoluto.
25
È ben
nota la severità dei Saggi verso colui che dice "modim, modim"
("ringraziamo, ringraziamo") oppure "Shemà,
Shemà". Tale persona viene fatta tacere (1).
Tutti i
commentatori spiegano che il motivo di tale severità è da
ricercarsi nel fatto che si potrebbe dedurre che esistano due poteri oppure si
potrebbe credere a due distinte divinità. In Berachot (14, 2) è
scritto: Avvenne che un individuo stava pregando alla presenza di Rabà, <102> che lo
sentì pronunciare "emet, emet" (verità, verità).
Disse Rabà: "Chiunque dica "emet, emet" deve essere
zittito". E in "Ain Ya'akov" spiega il motivo: "Nello
stesso modo in cui non si può pronunciare "ehad, ehad" (Uno,
Uno), perché sembra volere indicare più unità, allo stesso
modo non si deve pronunciare "emet, emet" dato che la Verità
è una soltanto". Comprendiamo così la spiegazione di
Rabà, che sostiene che "il suo grande fervore (di chi pronuncia due
volte "emet") nell'affermare la verità lo ha fatto agire. Egli
crede di rafforzare le sue parole pronunciando la verità di Ha-Shem
Baruch-Hu con tale aggiunta, ma, in realtà, la sminuisce. (2)
Abbiamo
così visto come i Saggi fossero scrupolosi verso le parole che potevno
far pensare a due regni (reshuiot) (3). A maggior ragione dobbiamo
combattere le affermazioni dello Zohar, come quella che abbiamo citato
"Dio regna, Dio regnò, Dio regnerà in eterno" e
cioè "Dio regna" di sopra, (arich anpin), "Dio
regnò" nel mezzo, (aba ed ema), "Dio regnerà" di
sotto (zeir anpin e nukve). Questo significa che quando uno dice "Dio
regna", riconosce il regno di arich anpin; quando dice "Dio
regnò" riconosce il regno di aba ed ema e quando dice "Dio
regnerà in eterno" riconosce il regno di zeir anpin e nukve.
Ebbene,
c'è forse una credenza in molti "regni" maggiore di questa? E
dal momento che riconosce il regno di questi tre re quando pronuncia il
succitato verso, come poi può mentire a se stesso quando pronuncia
"Avinu Malkenu" "Padre nostro, Re nostro, non abbiamo altro Re
all'infuori di Te"?! In verità, ha già coronato tre re. Chi
dei tre incoronerà, lasciando gli altri senza regno?
L'autore di
S.ha-Ikarim, aveva ragione quando avvertì che non bisogna studiare lo
Zohar e tutti gli altri libri della kabalà(4) : "Questa
è una regola generale: siate estremamente guardinghi e attenti a non
cadere nelle loro trappole e a non rimanere impigliati nei lacci da loro tesi,
perché essi hanno abbandonato la retta via per inoltrarsi in sentieri
bui, senza rendersi conto di brancolare nel buio. Tali sono coloro che studiano
la kabalà per propria decisione; ciò non va riferito,
però, a chi riceve la Kabalà vera direttamente da un Hacham, che,
a sua volta, l'ha già ricevuta".
Pertanto, chi
ama Ha-Shem e aderisce alla Torà ed alla Tradizione Orale, che venne
tramandata nella Mishnà e nel Talmud, si terrà ben lontano da
questa nuova kabalà e non sarà preda di questa tentazione;
così facendo, non devierà dalla vera fede, purificata sette volte
tanto dai Tanaim, Amoraim e Poskim. <103>
1) Berachot, cap. Ein omdim, cap. Ha-korè 25.
2) Vedi anche Succà, cap. Ha-halil.
3) Così anche i Poskim proibirono la ripetizione della
parola "Shemà" o "Modim" appunto perché
sembrano riferiti a due "reshuiot".
4) Ma'amar, 2, fine cap. 28.
26
Il lettore che
ha studiato qualcosa dello Zohar e dei testi kabalisti sa che le
"sefirot" e i "partzufim" ivi citati originano prima della
creazione del cielo e della terra e di ciò che vi è in essa. Come
spiega Vital in "sha'ar shevirat ha-kelim" (la rottura dei recipienti)
nel suo Etz Haim (cap. 83): "Ora spiegherò l'ordine dei
"re", cominciando da da'at (sapienza). Quando il recipiente non fu
più in grado di contenerla, si infranse e scese nel mondo di
"berià" (creazione). Questo significa che scese nel luogo in
cui poi venne creato il mondo di "berià", che non era stato
ancora formato. Questo recipiente, pertanto, cadde laddove, in seguito, si
sarebbe formato la sapienza di berià".
Da ciò
deduciamo che l'errore dei nuovi kabalisti consiste nell'aver cercato
spiegazioni su "ciò che è al di sopra, ciò che
è al di sotto, ciò che è prima e ciò che è
dopo" (o ciò che è dentro e ciò che è dietro).
Nei due Talmud, comunque, come pure nel Midrash Rabbà, in Tanhuma, ecc.,
si proibiscono tali speculazioni. E in Haghigà è scritto (1):
"Chiedete, dunque, sui primi giorni". Avrei potuto pensare che si
possa chiedere su ciò che era prima della creazione del mondo, ma il
verso indica "dal giorno che Dio creò l'uomo sulla terra":
ancora avrei potuto pensare che uno non può chiedere sui sei giorni
della creazione, ma il verso ci indica "chiedete, dunque, sui primi
giorni"; avrei potuto pensare che si può chiedere su ciò che
è di sopra, ciò che è di sotto, ciò che è
prima, ciò che è dopo", ma il verso ci indica "da
un'estremità dei cieli all'altra", Ciò significa che da
un'estremità dei cieli all'altra puoi chiedere, ma non puoi indagare su
ciò che è di sopra, ciò che è di sotto, ciò
che è stato prima e ciò che sarà".
Nel suo
commento alle Hagadot, il Mahareshà riporta la storia di R. Elazar al
quale R. Yohanan disse: "Vieni e ti insegnerò "Ma-asè
Merkavà" (I Misteri<104>
del carro). Rispose: "Non sono abbastanza anziano". Quando
invecchiò, R. Assì gli disse: "Vieni e ti insegnerò
Ma'asè Merkavà". Rispose: "Se l'avessi meritato lo
avrei studiato da R. Yohanan, il tuo maestro"; in questo modo si astenne
dallo studiare questo argomento, sia in gioventù che in vecchiaia.
Il
Mahareshà, ad locum, è sensibile al fatto che la nuova
kabalà tratta del Ma'asè Merkavà, mentre questo argomento
dovrebbe rimanere celato e non dovrebbe essere insegnato pubblicamente. Io,
invece, sostengo che è proibito, in qualsiasi modo, sia studiarlo per
sé che insegnarlo in pubblico, perché, a tale riguardo, i Saggi
non hanno mai permesso, neppure ad un Haham, in grado di capire dai "rashè
prakim", di oltrepassare la questione di "Hashmal". Su
Ma'asè Merkavà è vietato persino parlare. Tale è la
Kabalà dei Saggi e tale il loro avvertimento e chiunque trasgredisce le
parole dei Saggi è colpevole.
I nuovi
kabalisti hanno sbagliato troppo su questo punto e, volgarmente, hanno creduto
nelle proprie opinioni e sensazioni, speculando su questioni e argomenti che,
in verità, i Saggi avevano vietato di trattare. Pertanto i loro stolti
cuori si sono creati la falsa idea che, avvicinandosi il tempo della Redenzione
(Gheulà), tale proibizione non fosse più valida e fosse
così permesso insegnare ciò che, in origine, era proibito (2).
Perché non hanno preso in considerazione l'avvertimento dei Saggi, per
il quale "tutte le halachot" della legge orale non si invalidano mai?
(3) Il non aver considerato le parole dei Saggi li ha fatti cadere
in errore e ha fatto loro credere che esistano più entità emanate
da Dio e associate ad Ha-Kadosh Baruch-Hu e, così facendo, hanno violato
il principio di R. Shimon b. Yohai, che ammoniva "chiunque associa a Dio
qualsiasi altra cosa viene estirpato dal mondo".
Alla fine del
trattato Pesahim leggiamo: "A cosa si riferisce il verso
"Le-mechasè atik" (4) (l'indumento scelto)? Si
riferisce a colui che copre (tiene segrete) le parole che l'Antico dei Giorni
ha tenuto occultate; e quali sono? Sono i segreti della Torà. (Rashi: i
Misteri del Carro, i Misteri della Creazione); altri interpretano: è
colui che rivela ciò che l'Antico dei Giorni ha tenuto celato; e cosa
è stato rivelato? I motivi (te'amim) della Torà".
Ciò
significa che chiunque rivela Ma'ase Merkavà non meriterà quella
bontà nascosta che spetta ai Giusti. Peggio ancora se egli rivela
ciò che è sopra al Ma'asè Merkavà, dal momento che
di tali segreti è proibito persino parlare. Fu permesso rivelare
soltanto i motivi della Torà, mentre fu proibito svelare e insegnare
pubblicamente i segreti della Torà. È proibito insegnarli <105> nel Beit-Midrash persino ai Talmidè Hachamim.
Quanto di più alle masse che non hanno sapienza e comprensione di tali
argomenti! Poiché sicuramente essi si formeranno delle false credenze e
colmeranno i loro pensieri con tante divinità, come abbiamo avuto modo
di vedere coi nostri occhi.
È
altresì profano pensare che il Tanai R. Shimon b. Yohai abbia
trasgredito a questa restrizione, parlando di Ma'asè Merkavà su
ciò che precedette l'Atto della Creazione (Ma'asè Bereshit).
Né qualsiasi altro Tanai o Amorai avrebbe mai detto che Dio gli si
rivelò e gli diede il permesso di insegnare ciò che è
proibito. Questo sarebbe stato considerato, senza ombra di dubbio, "falsa
profezia" e la pena a tal riguardo è la morte per strangolamento. (5)
1) Cap. "Ein dorshim".
2) Come la decisione legale (psak), presa da R. Izhak Daltash,
stampata all'inizio dello Zohar. Questo è uno sbaglio che ha fatto
contrapponendo l'halachà dello Zohar a Mishnà, Talmud e Poskim;
non ci si può basare assolutamente su tale psak.
3) Come scrive Rambam, alla fine di "Hilchot
Meghilà".
4) Isaia 23:18 — La Ghemarà riferisce qui "Atik"
(letteralmente vecchio e perciò scelto o copertura scelta) ad "Atik
Yomin" nelle visioni di Daniele (capitoli 7 e 8), l'Antico dei Giorni
è interpretato "Mechasè" (letteralmente copritore) come
un indumento.
5) Come Rambam, introduzione a "Seder Zeraim"; un profeta
non apportare delle innovazioni.
27
Haim Vital,
invece, nel suo Etz Haim, osò trattare ed insegnare ciò che era
"in origine" e di spiegare i suoi "rashei prakim".
Tentò così di spiegare il motivo per il quale il mondo fu creato nel
suo momento e non prima, scrivendo: "prima della creazione del mondo, Dio
si occupò di creare i "mondi superiori"; ma non ebbe il tempo
sufficiente per concluderli per cui arrivò il momento di creare questo
mondo".
Dio, dunque,
non aveva il "tempo libero" per creare questo mondo, perché
era tutto preso a creare i mondi superiori e ciò certamente richiese
parecchio tempo! Vital non era cero a conoscenza di ciò che il Rambam,
alav ha shalom, scrisse alla fine del capitolo quindicesimo del Morè
Nevuhim: "Se volessi dire, per esempio, che Dio aveva creato molti mondi
prima <106> di
questo mondo ... e che ciascun mondo era rimasto in esistenza per molti anni,
tuttavia, quando paragoni questo evento con la Sua esistenza, che è
infinita (mentre i mondi creati sono limitati), potresti pensare che Dio abbia
creato il mondo ieri. Ma una volta che abbiamo stabilito che il principio di
esistenza avviene "ex nihilo" non c'è differenza se parli di
centinaia e migliaia di anni oppure se parli di un tempo recente".
Ma il testo
kabilistico "Oz I'Elohim" ha osato esprimersi in questi termini (1)
"Dal tempo che "Malka Kadisha" iniziò ad esistere, Egli
creò i mondi. Perciò ha risolto il problema del perché li
creò adesso e non prima, perché appunto li creò dopo che
iniziò ad esistere". —
Da queste
parole uno deve concludere che il Creatore è soltanto cinque giorni
più anziano del primo uomo! Dio ci liberi da tutte queste assurde
farneticazioni!
Mahary Zahary
nel nome di R. Saadya Gaon ha spiegato (2): "Anche se tu vedi
che i cieli sono estremamente immensi nelle loro dimensioni (come è
stato provato dai Maestri della geometria piana per i cieli e la terra),
tuttavia, non pensare che fu richiesto molto tempo per crearli,
"poiché Io li chiamo ed essi si formano". Questo significa che
l'atto della creazione avvenne nell'unità di tempo più breve
possibile, senza fatica e senza peso, senza sforzo alcuno, come è
scritto "Egli non si stanca, né si indebolisce e non v'è
limite alla sua comprensione". (3)
In Bereshit
Rabà (4), i Saggi chiesero quando vennero creati gli Angeli:
"R. Yohanan disse: "Nel secondo giorno" (della creazione) come
è scritto "Egli raffredda con acqua le camere superiori" e
subito dopo "E rende i Suoi Angeli venti". R. Hanina disse: "Nel
quinto giorno furono creati" come è scritto "E i volatili
voleranno (ye-ofef) sulla Terra" e così anche "E con due ali
ha volato (ye-ofef, riferendosi all'angelo)" — R. Luliani nel nome di R.
Yitzhak disse "Che sia valida l'opinione di R. Yohanan o quella di R.
Hanina, tuttavia, entrambi sono d'accordo sul fatto che gli Angeli non vennero
creati nel primo giorno, affinché nesuno sostenga che l'Angelo Michael
stava stendendo la parte meridionale del firmamento, l'Angelo Gabriel quella
settentrionale e Ha-Kadosh Baruch-Hu la stendeva al centro, bensì
è scritto "Io sono il Dio che opera il tutto, Io solo stendo i
cieli e stendo la terra, Io soltanto". Ed è scritto altresì
"Mi-itì" (chi è con Me?), cioè, nessuno partecipò
con Me all'atto della creazione del mondo (5).
In Yalkut
Tilim, sul verso "E fu sera, e fu mattina. Un giorno" (6),
spiega: <107>
"Il giorno del suo essere Unico nel mondo, perché non esisteva
alcun altro nel mondo, all'infuori dell'Onnipotente, come è detto
"Tu sei il Signore, Dio, Tu soltanto". Altra spiegazione fornita: —
"Poiché Tu sei grande e fai miracoli" (7) —
È consuetudine nel mondo che un re di carne e d'ossa venga onorato nel
suo paese con i suoi dignitari, dal momento che anch'essi condividono con il re
l'ònere del regno. Non così Ha-Kadosh Baruch-Hu, poiché
Egli da solo creò il mondo, Egli solamente viene onorato nel Suo mondo
ed Egli solamente viene esaltato e lodato nel mondo. R. Tanhuma disse:
"Poiché Tu Sei Grande e fai miracoli" questo perché
"Tu Sei Dio, Tu soltanto e Tu soltanto hai creato il mondo" (8).
—
1) Beit Kodesh Kodashim, cap. 31, pg. 67 — "se non ti soddisfa
la risposta del Behira (commento), vi risponderemo che dal tempo ...".
2) Bereshit — 7° argomento.
3) Isaia, 40, 28.
4) Cap. 1 e cap. 3, anche Yalkut Bereshit remez 5.
5) Similmente Rashi in cap. "Yom Tov shel Rosh
ha-Shanà" scrive che gli Angeli furono creati nel secondo giorno,
concordando con l'opinione di R. Yohanan. Anche S. Mizvot Gadol, introduzione
ai precetti positivi segue l'opinione di R. Yohanan.
6) "yom ehad" e non "yom rishon" (il primo
giorno). N. del tr.
7) Salmo 85, 10.
8) Ho visto che "Melamed ha-Talmidim", parashà
Yitrò, sostiene che gli Angeli furono creati prima del cielo e della
terra, ma questa è la sua opinione personale (riportata in Menorat
ha-Maor, cap. 93), è non in consonanza con quella dei Hachamim. In ogni
caso, non dobbiamo tirar per le lunghe una discussione su di una Aggadah che
non ha un'applicazione pratica. Il nostro scopo, in questo libro, consiste
nello spiegare la vera essenza dello Yihud-Ha-Shem, in accordo con la Santa
Torà e con la Kabalà dei Saggi, affinché uno possa avere
la giusta conoscenza di ciò che proclama due volte al giorno e
cioè "Ascolta Israele, l'Eterno è il nostro Dio, l'Eterno è
Uno". E il Signore mi aiuti ad esaudire questa aspirazione.
28
Questa,
prezioso lettore, è la vera Fede tramandata dai Saggi, che a loro volta
la ricevettero in origine da Mosè, per la quale Ha-Shem Baruch-Hu
è la Causa Prima. Egli solo creò il tutto senza essere aiutato da
creazione alcuna. Contro questa verità va l'autore filosofico dello
Zohar, che crede che una moltitudine di cause, loro stesse oggetti di
creazione, si aiutino a vicenda nella <108> creazione, ognuna
prendendo permesso dalla causa che la sovrasta. Così sarebbe possibile
affermare che Atik stende il firmamento nel Sud, Arich Anpin, lo stende al
Nord, Aba all'Est, Ema all'Ovest, Zeir Anpin e Nukve agli angoli e Adam Kadmon,
il più grande di tutti, lo stende al centro. Esattamente come un re
umano che viene onorato con i suoi dignitari affinché anch'essi ne
condividano l'ònere! Così si sono espressi il falso profeta dello
Zohar e il resto dei kabalisti, a riguardo dell'onore al Nostro Padre in Cielo,
in modo che tutti i partzufim da loro inventati, vengano onorati insieme a Lui!
Così adam kadmon, il maggiore tra loro, è onorato per aver detto
"Vedete, ora, che Io sono Dio, Io sono colui che fa morire e fa
rivivere" ecc. (non avendo altra causa dalla quale prendere permesso). Aba
viene onorato per aver detto "Sia la luce" e "Si raccolgano le
acque" ecc. Ema viene onorata per aver detto "Facciamo l'uomo".
Atik viene onorato per aver detto "Entro i suoi anni Egli lo fa
vivere" (1). Zeir Anpin ha il grande onore per aver detto
"Io sono il Signore, tuo Dio che ti ha fatto uscire dalla terra
d'Egitto" (2). E, infine, Malchut non è privata del suo
onore, poiché ha detto "Queste sono le "forze" (-elohim)
che hanno percosso l'Egitto". A dir loro, fu Malchut, con l'aiuto di
Binà (Ema) che riversò sugli Egiziani le piaghe.
E stato
sufficientemente espresso come i kabalisti, lodando i partzufim con l'onore
dovuto al Re dell'Universo, pensino che questi debbano condividerne anche
l'onere, Dio ci salvi e liberi da questa falsa credenza!
1) Spiegato nel Iorat Na'asé che si riferisce ad atika
kadisha.
2) Sefer ha-brit; vedi Nahalat Yosef p. 61-62.
29
Conosci
già, prezioso lettore, ciò che i Saggi dissero in Haghigà:
R. Yehuda nel nome di Rav disse: Ricordate quell'uomo con buon ricordo, il cui
nome è Hananyà b. Hizkiyà, perché se non fosse
stato per lui, il libro di Ezechiele sarebbe stato occultato dal momento che le
sue parole contraddicevano quelle della Torà. Cosa fece? Si fece portare
trecento ampolle di olio, si appartò nel suo abbaino e lo studiò
(il libro). Rashi: "contraddicono quelle della Torà" ad
esempio "Il cadavere di un <109> animale ed un animale impuro non devono essere
mangiati dai Sacerdoti" potevano dunque essere mangiati da Israele?
oppure, "Così farete nel settimo giorno del mese" ecc. dove
troviamo tale sacrificio menzionato nella Torà? Dobbiamo interpretare
questi versi, invece, come furono interpretati in Menahot, che siccome la
"melikà" (distacco della testa per mezzo di un'incisione nella
nuca) di un uccello fu permesso ai Sacerdoti nel caso di un sacrificio
espiatorio (hattat), fu necessario così ammonirli a non usare la
"melikà" per le macellazioni profane, ecc.
Giudicate da
ciò. Ezechiele fu considerato vero Profeta. Egli aveva già visto
la resurrezione dei morti nella vallata di Dora. Il suo libro è incluso
nelle Sacre Scritture e si fa obbligo salvarlo dal fuoco anche di Sabato.
Nonostante tutto ciò, i Hachamim cercarono di "occultarlo"
perché alcune parole sembravano contraddire la Torà, in merito ad
una proibizione (1). A maggior ragione si deve fare con lo Zohar,
che, in modo palese, contraddice la Torà scritta e la Tradizione orale
per ciò che riguarda una proibizione concernente l'idolatria, punibile
con la lapidazione e l'espiazione! Non solo, ma si fa beffa della Mishnà
e del Talmud laddove li definisce "kelipà" e "sela
ah'ra".
In
verità, è proibito leggere lo Zohar, dal momento che ci sono
Hachamim e uomini di sapienza che hanno già smascherato la sua
fraudolenza e il suo inganno e che sanno bene che la dottrina filosofica
contenuta contraddice quella della Torà, dei Saggi, dei Gaonim e dei
Poskim.
1) Vedi anche cap. ba-me-Madlikin, come i Saggi cercarono di
occultare Kohelet per lo stesso motivo e usavano leggere solo i Proverbi. Shir
ha-Shirim (il Cantico dei Cantici) e Kohelet (Ecclesiaste) furono infatti
esclusi fino a quando gli Uomini della Grande Assemblea non li spiegarono e
canonizzarono.
30
Meditate bene
le parole di R. Tam ibn Yehia, già citata (1), per le quali
la "Mishnà ed il Talmud sono la vera Kabalà, concordati in
ogni senso". Questo significa che non ci sono dubbi al riguardo. <110>
La nuova
kabalà, invece, non è degna d'affidamento per qualsiasi
"din" o "halachà" e, quanto di più, per
ciò che tratta l'Unità di Dio Onnipotente. Come spiega Rambam, la
domanda presente nella Mishnà "perché lo Shemà
precede ve-haià im shamoa?": Perché lo
"Shemà" contiene il comandamento dell'Yihud ha-Shem, insieme
all'Amore per Ha Shem e allo studio della Torà. Questo Yihud ha-Shem
è il Grande Principio sul quale tutto si basa. Ho già spiegato,
in precedenza, in che modo i Saggi fossero severi verso una qualsiasi parola
che potesse essere intesa come due poteri regnanti separati, a tal punto che
costrinsero il fedele a stare zitto. E così a cosa gioverà se uno
esprime che tutto è uno, dopo aver già espresso e considerato
molte cause, una sopra l'altra? È come se fossimo comandati a
pronunciare Uno con le nostre labbra, mentre coi nostri cuori considerassimo
più dei. Osserviamo, a tal proposito, quanto scrive la Grande Aquila, il
Rambam, nel suo Morè Nevuhim (2): "Sappi, pertanto, che
la fede (emunà) non è ciò che viene espresso a parole, ma
ciò che viene concepito nell'anima (ha-mezuiar ba-nefesh), cioè
quello che uno crede di aver veramente concepito. È sufficiente
considerare la persona che parla di opinioni vere o da lui ritenute tali, senza
per questo credere in ciò che dice, per capire che questa è una
cosa vana. Così, infatti, troverai molte persone stolte, che hanno delle
convinzioni, senza per questo poter dedurre da esse concezione alcuna ... se,
invece, il tuo cuore aspira ad elevarsi ad un livello superiore, nominato il
"livello di meditazione" (iyún)(3), potrai
constatare in te che Ha-Shem, Benedetto il Suo Nome in eterno, è Uno e
tale la sua vera Unità, per la quale non esiste alcun elemento correlato
e non esiste assolutamente nel tuo pensiero un concetto di suddivisione; devi
sapere che Dio non possiede alcuna qualità descrittiva, né forma
qualsiasi. Così come è impossibile che Egli sia materiale,
così è impossibile che Egli abbia qualsiasi attributo umano ...
pertanto, se una persona crede che Egli è Uno ma che possiede
qualità descrittive (4), a parole ha detto uno, ma nel suo
pensiero ne concepisce molte. Così è per i Cristiani, per i quali
Egli è Uno ma anche Trino e Trino è Uno. Così è per
la persona che afferma che Egli è Uno, ma possiede molte qualità
per cui Egli e le sue qualità sono un tutt'uno, se solo togliamo il
senso materiale e crediamo nella sua semplicità assoluta (5);
come se il nostro scopo e la nostra intenzione fossero ciò che dobbiamo
dire a parole e non già ciò che dobbiamo credere. Esiste,
infatti, una sola forma di vera fede quella che è simile a quella
concepita dall'intelletto; se,<111>
dunque, il fedele possiede una tale fede che sarà impossibile cambiare
in qualsiasi modo, non esisterà nel suo intelletto una ragione che la
rifiuti o la stimi tale da poter essere cambiata, solo così e a queste
condizioni sarà una fede vera ... Quando ci si spoglia dai desideri
fisici e dalle aspirazioni comuni e si arriva alla comprensione, per mezzo
della meditazione (iyun) (ciò che verrà trattato nei capitoli
seguenti) che riesce ad eliminare tutti gli attributi descrittivi, a quel punto
la verità verrà fuori per forza e si sarà in grado di
concepire lo Yihud ha-Shem, non come chi lo pronuncia con la sua bocca senza
capirne il vero significato. Di costui è scritto "Tu sei vicino
alle loro bocche ma lontano dai loro lombi (intenzioni)". Uno deve invece
concepire la Verità e capirla anche se non ne parla. Poiché
così hanno comandato i Distinti col verso "Pronunciatelo nei vostri
cuori sui vostri letti e zittite. Sela".
1) Vedi qui cap. 10.
2) cap. 50, della prima edizione del Morè Nevuhim.
3) A meditazione interiore oppure visione chiara di un concetto.
4) o attributo.
5) Spogliato di tutti gli attributi.
31
Da ciò
possiamo dedurre che tutti i nuovi kabalisti sono in errore, poiché
concepiscono e descrivono Ha-Shem con innumerevoli forme, attributi, linee, aspetti,
ognuno diverso dall'altro, uno superiore, uno inferiore e così via.
Tutto ciò malgrado la Kabalà dei Saggi, secondo la quale è
severamente proibito fare tali speculazioni o immaginare simili fantasticherie,
riguardanti ciò che è sopra, sotto, dentro e dietro. Quegli
stolti affermano che in principio Dio riempì il vuoto dell'Universo. Poi
si contrasse e si restrinse intorno ai lati e mutò forme per dare posto
e spazio in ogni mondo.
Così
scrive Vital (1) : "Dopo la contrazione viene a crearsi uno spazio
vuoto e un aere nel mezzo della luce dell'Infinito (ein sof), che dà
vita alle <112>
emanazioni, creazioni, formazioni e materializzazioni. Poi, dalla luce dell'Ein
Sof, una linea retta (kav), dalla luce della propria sfera esteriore (igul), si
espande verso il basso, discendendo fino all'interno dello spazio vuoto. Il
punto più elevato di quella linea deriva quindi dall'Ein Sof e lo tocca,
mentre la parte terminale della linea ne rimane staccata e non tocca l'Ein Sof
nella sua parte inferiore. Ed è in questo margine che Egli si
emanò, creò, formò e realizzò tutti i mondi. Questa
linea di luce può essere paragonata ad un sottile tubo, attraverso il
quale le acque della luce superiore dell'Ein Sof vengono fatte discendere su
tutti i mondi. E, secondo l'indagine dei kabalisti, esiste un inizio ed una
fine alle Sefirot. Questo perché la parte più alta della linea
tocca la luce dell'Ein Sof dal di sopra, mentre la parte terminale della linea
non si espande laddove l'Ein Sof circonda i mondi inferiori. Perciò
possiamo dire che c'è una testa, un'inizio (rosh) ed una fine (sof). Ma
se le due estremità avessero ricevuto entrambe la loro influenza
dall'Ein Sof, allora sarebbero state nella categoria di "testa",
equivalendosi tra loro; similmente, se l'Ein Sof si fosse esteso ai lati di
quello spazio vuoto, non ci sarebbe stato né sopra, né sotto,
né dentro, né dietro né i quattro punti cardinali. Siccome
però la luce dell'ein sof è fatta discendere tramite una linea ed
un sottile tubo, esiste, allora, sopra, sotto, dentro, dietro, a nord, a sud,
ad est ad ovest (2). La luce dell'Ein Sof scende sotto la forma di
una linea retta entro il vuoto (halal) che si espande di sotto molto lentamente
e diventa come una sfera tutt'intorno. Questa sfera non è però
legata all'Ein Sof che la circonda da tutti i lati, perché se lo fosse,
tornerebbe al suo stato originale e verrebbe annullata dalla luce dell'Ein Sof
stesso. Il suo potere non sarebbe riconoscibile e rimarrebbe soltanto la luce
dell'Ein Sof come era in origine (3). Cosicché questa sfera
è vicina all'ein sof ma ne è staccata, dato che l'emanazione
dall'Ein Sof avviene esclusivamente tramite la linea retta. L'Ein Sof circonda
la sfera ad una distanza pari da tutti i lati. È uno stato necessario
che la luce dell'Ein Sof, che risplende nelle emanazioni, si realizzi
esclusivamente tramite la linea, perché se la luce fosse stata fatta
discendere anche nella sfera, le emanazioni sarebbero nella categoria
dell'Emanatore, illimitate e immisurabili. D'altra parte, la linea è
estremamente fine, cosicché la luce che penetra nell'emanazione è
limitata. Per questo motivo, le emanazioni vengono chiamate le dieci
"midot" (4) oppure le dieci "sefirot" (5)
poiché hanno una misura e un numero fisso. Così, la prima sfera
(igul), che è più aderente all'Ein Sof, prende il nome <113> di
"keter" (corona) di adam kadmon. Dopo questa, la linea scende per un
altro tratto, diventa nuovamente circolare e questa sfera si compenetra in
quella precedente. Questa è la sfera della "hohmà"
(saggezza) di adam kadmon. La linea continua a scendere, diventa circolare e il
terzo "igul" che si compenetra nel secondo, viene nominato
binà (comprensione) di adam kadmon. Ciò continua fino alla decima
sfera, quelao di malhut (regno) di adam kadmon, ecc; è stato spiegato
come esistano molti tipi di mondi emanati, creati, formati e realizzati; tutti
questi mondi, migliaia di migliaia, sono posizionati in quel vuoto, che nulla
ha al suo esterno. Ogni mondo ha le sue dieci "sefirot", ed ogni
"sefirà" ha, a sua volta, dieci sefirot individuali in esso
incluse.
Ora spiegheremo
la seconda categoria delle dieci sefirot, quella di Yosher, che si presenta
nella sembianza di un'"uomo superiore" (adam elion). La stessa linea,
che si era espansa per dare forma alle sfere, assume poi una direzione diritta
(yosher), dall'alto verso il basso, dalla "testa del tetto superiore"
del cerchio superiore, fino al punto di chiusura in basso del termine di
compenetrazione delle dieci sfere. Ciò consiste di dieci sefirot appartenenti
al segreto di "immagine" (tzelem) di un uomo eretto con 248 membra,
ecc. È questa seconda categoria che viene chiamata "l'immagine di
Dio" e alla quale il verso allude quando dice "E Dio creò
l'uomo a Sua immagine". Quasi tutte le parole dello Zohar e dei Tikkunim
trattano questa categoria di "yosher".
Similmente
Vital spiega (6) come le dieci sefirot del mondo di atzilut non
siano né le prime, né le più elevate, ma che sono state
precedute da altri mondi di emanazione, creazione, formazione e
materializzazione. Data però la loro grande segretezza, lo Zohar e i
Tikkunim non ne vollero parlare, se non con qualche nascosta allusione. Vital
spiega altresì il livello al quale arrivano i "piedi" di adam
kadmon, di atik yomin, di arich anpin, di aba e di ema, di zeir anpin e di
nukve; egli definisce aba ed ema "corti": la misura della loro
statura va dalla gola all'ombelico di arich anpin (7).
1) Etz Haim, sha'ar igulim va-yosher, anaf
2.
2) Le sue parole non hanno senso. Forse ha giustificato un inizio e
una fine ma non in che modo dentro, dietro e i quattro punti cardinali siano da
esso derivati.
3) Sembra una contraddizione alle parole seguenti, per le quali
questa luce circondante fa da indumento alle sefirot. Perché allora non
aderisce alle sefirot stesse? Caso nel quale esse, con i loro indumenti,
diventerebbero una cosa sola e il recipiente verrebbe annullato e la luce
interiore e quella esteriore verrebbero mescolate del tutto.
4) Attribuiti, lett. qualità misurate. <114>
5) Interpreta "sefirà" da "mispar"
(numero).
6) Anaf 3, 4.
7) Spiegato similmente in sh'aar hakdamot in Kisei Eliahu e Mikdash
Melech, parashat Bereshit.
32
Da tutto
ciò è chiaramente spiegato in che modo le sefirot scesero e si
emanarono dall'Ein Sof tramite una linea sottile (kav dak). E così anche
per i livelli circolari (igulim) ed i livelli diretti (yosher). Secondo questa
concezione, il corpo delle sefirot, parimenti alla luce interna che è
presente nella loro essenza e alla luce esterna che le riveste, proviene da un
unico Ente, l'Ein Sof che si espande e discende. Come il Shushan Sodot esprime
chiaramente (1) : "Sappiate che le dieci sefirot non sono
oggetto di creazione, bensì si sono emanate dall'Essenza del Creatore e
non sono da Lui separate, poiché Egli si trova sempre in esse;
similmente alla lumaca la cui corazza fa parte del suo corpo, ecc. —
Ed il Ramaz
scrive (2): "I recipienti di atzilut sono nella categoria di
divinità (elohut)".
E il Mishnat
Hassidim (3): "L'intera atzilut, sia nelle sue luci che nei suoi
recipienti e indumenti si trova nella categoria di divinità assoluta
(elohut gamur), mentre i mondi di beriyà, yetzirà e assiyà
dal livello del loro ruah (spirito, binà — discernimento) non sono nella
categoria di divinità assoluta".
Precedentemente
(4), ho riportato la citazione dello Zohar che spiega come ciascuno
dei partzufim venga nominato la Causa delle Cause (il'at ha-il'ot),
giacché ognuno è la causa delle cause sottostanti; mentre adam
kadmon è nominato la causa di tutte le cause, poiché egli è
la prima causa di tutti i partzufim, ecc.
Ecco dunque la
risposta alle vostre parole, con le quali avete negato la verità,
scrivendo "Dio ci salvi che i kabalisti abbiano detto così! Al
contrario, <115>
essi hanno detto che uno non deve né credere né pensare che le
sefirot siano parte dell'Ein Sof, Benedetto Egli sia, essendosi evolute da
causa a causa, ecc.". Ma, ecco, le vostre parole sono in palese
contraddizione con lo Zohar, con Haim Vital, con Shushan Sodot, con Ramaz, col
Mishnat Hassidim, che spiegano come le sefirot si siano emanate dall'Ein Sof e
siano di natura divina. Persino voi concordate che tali parole siano blasfeme.
Ho anche mostrato prima in che modo lo Zohar chiama aba ed ema il Dio delle
Schiere (ha-Shem Tzevaot), mentre zeir anpin è figlio di aba ed ema.
Esso spiega come il servizio e la preghiera vadano dirette a zeir anpin. Tutti
i kabalisti sono d'accordo su ciò (5) e affermano che tutte
le lodi e le benedizioni vanno dirette esclusivamente a zeir anpin. Non
già all'ein sof o ad altri partzufim sopra a zeir anpin nel mondo di
atzilut, nè tanto meno ai partzufim sotto di esso nei mondi di
beriyà, yetzirà e assiyà. Ed anche quando affermano che
ciascuno di questi mondi contiene tutti i partzufim, che sono nel mondo di
atzilut, poiché furono creati dalla stessa materia, cioè
dall'essenza dell'ein sof (dalla quale furono fatti scendere ed evolvere
attraverso una linea sottile), ciò nonostante, essi non sono
"elohut gamur", tali cioè da essere pregati e invocati nel
momento del bisogno. Fu a proposito di tale credenza che i Saggi così si
espressero in Sanhedrin (6): "Dagli dèi delle nazioni
che vi circondano, quelli vicini a voi e quelli lontani". (domanda la
Ghemarà):"Che differenza fa se sono vicini o lontani?"
(risposta): Dalla natura di quelli che sono vicini puoi comprendere la natura
di quelli che sono lontani. Con ciò i Saggi hanno insegnato un metodo
per discernere le immagini degli idolatri : ossia, dalle caratteristiche di
quelli che sono vicini si possono conoscere le caratteristiche di quelli che
sono lontani.
Confrontate e
giudicate da ciò la natura dei partzufim. Dicono che in ognuno dei
quattro mondi sono presenti tutti i partzufim, ma, ciò nonostante, il
nostro servizio vada diretto soltanto a zeir anpin del mondo di atzilut. Nello
stesso modo in cui quelli a noi vicini nei mondi di creazione, formazione e
materializzazione sono privi di sostanza e non sono divini, così
dovrebbe essere anche per quelli lontani, cioè zeir anpin di atzilut che
non ha sostanza per cui non esiste Dio all'infuori di Ha-Shem Baruch-Hu
Benedetto sia il Suo Nome in eterno! Una volta constatato che tutti i nuovi
kabalisti concordano sul fatto che tutte le preghiere, le lodi e le benedizioni
sono dirette a zeir anpin diventa evidente che tutte le vostre lamentele nei
nostri riguardi e le vostre smentite sono il vano respiro di uno spirito in
frantumi, pari a colui che afferma che un uomo è donna o che <116> un pilastro di
marmo è d'oro.
Con la vostra
risposta vi siete comportati come lo stolto citato nella frase del Tanai (7)
per cui "ci sono sette qualità nel Saggio ed il contrario sono
nello stolto" e tra di esse è detto che "il Saggio chiede
secondo la legge e risponde in conformità alla materia trattata, ma chi
agisce in contrasto a ciò è un ignorante". Tale è il
vostro caso. Vi avevamo chiesto in modo appropriato e in conformità alla
legge "chi dobbiamo servire, secondo la nuova kabalà? Atik, arich
anpin, aba, ema, ecc." E voi avete risposto in modo offensivo, non pertinente
alla domanda e avete affermato che la vostra tradizione è così e
così...come se vi avessimo chiesto a riguardo della vostra tradizione?!
Poi vi siete
dilungati sui remazim (allusioni) e le ghematriot (combinazioni dei valori
numerici delle lettere) del libro Havot Yair, che non aveva inteso le parole di
suo padre e come aveva menzionato remazin che ognuno avrebbe potuto inventare
anche senza kabalà, come fece Rav Shemuel, che per dimostrare la sua
grande capacità nel combinare lettere e numeri scrisse in una sola notte,
da solo, senza kabalà, un libro, chiamato Koah ha-Shem, che è
zeppo di tzerufim (combinazioni di lettere), ghematriot e remazim. Così
continuate a citare remazin dall'autore del S. Menorat ha Ma'or. Però a
ciò che vi venne chiesto non avete risposto, né tanto meno
è scemata la debolezza delle vostre labbra. Giusto come la pochezza
dello stolto, menzionato in precedenza dal Tanai, che non seppe rispondere alla
domanda fattagli.
1) In Seder ha-Tefilà ed anche in Seder Sciva'at yemei ha
Pesah.
2) A fianco dello Zohar, Behar, p. 109.
3) Così anche è l'autore di Hechal ha-Berachà,
Vayikrà, in Otzar ha-haim, pag. 7.
4) Vedi qui, cap. 16.
5) Come sopra nel nome di Mikdash Melech, Rashab, Yosher Levav, S.
ha Brit, Etz Haim, S. ha-Likutim nel nome di Luria, Kissei Eliahu, Matzref
Emunà e Nahalat Yosef.
6) 61, B.
7) Ultimo cap. di Avot.
33
Vediamo, dunque, che i nuovi kabalisti hanno
descritto l'Ein Sof, spiegando <117>
come, dopo la contrazione, divenne "circondante" e simile ad
"una sfera vuota" nella quale ci sono milioni di mondi emanati dalla
sua essenza. Poi c'è un numero infinito di partzufim di yosher che si
espandono e si sviluppano dalla sua essenza, tramite una linea sottile. Essi si
espandono da adam kidma sopra il mondo di atzilut, fino alla fine dei partzufim
di tutti i mondi di emanazione, creazione, formazione e materializzazione.
Su di loro
cadono le parole del nostro Grande Maestro, il Rambam: "Perché Tu
sei vicino nelle loro bocche, ma lontano dai loro lombi". Con le loro
bocche dicono Uno ma i loro cuori e i pensieri della loro mente immaginano
tanti partzufim e tanti livelli. La loro fede non è dissimile da quella
delle altre nazioni (1) . I Cristiani dicono che Dio è trino
e tre sono uno. I kabalisti dicono che Dio è cinque nel mondo di atzilut
e che i cinque si ridividono in dodici e che tutto ciò è uno. I
kabalisti hanno paragonato Dio ad un uomo che ha 248 membra e 375 arterie e
vene e viene chiamato con un nome, Reuven, ad esempio; oppure Lo hanno
paragonato ad una casa, costruita con molti mattoni, con legno ed argilla,
avente molte stanze, ecc., ma pur sempre chiamata casa. Anche nella Prima
Causa, che loro chiamano Ein Sof, hanno trovato una molteplicità, come
scrisse Vital nel libro "Arba meot shekel kesef" (2):
"È giusto che sappiate che tutta l'esistenza dell'Ein Sof che noi
chiamiamo "Atik d'kol Atikin" (l'anziano di tutti gli anziani) ha lo
scopo e il proposito di svelarci un barlume della sua luce, che è
nascosta nella Corona (keter); è risaputo, infatti, che che l'Ein Sof si
cela nella Corona. Tuttavia, dovete sapere che esiste un altro Ein Sof che
è molto al di sopra di quello precedente, a tal punto che "nessun
pensiero lo può concepire" e "chi può esplorare la sua
profondità"? Perciò, in vari punti dello Zohar, troverete
vari differenti tipi di Ein Sof a tal punto che uno potrebbe mettere in
pericolo la sua vita se non avesse familiarità con le
"introduzioni" che gli permettono di nuotare indenne in questo grande
mare. E a proposito di questo Ein Sof inferiore, studiate lo Zohar in Edrat
Na'assè, poiché qui quando l'Ein Sof si trova nel "segreto
delle tre teste" assume il nome di "Atik d'kol Atikin". Tale
è il significato segreto dello Zohar quando dice "questo Atika
Kadisha è presente con tre teste". Ciò significa che la
parte essenziale di Atika Kadisha è l'Ein Sof, allorquando esso si
è ammantato nelle tre teste e solo allora le tre teste si chiamano atika
kadisha".
Ciò
significa che il riferimento e l'indirizzo della preghiera non deve essere
rivolto al primo Ein Sof estremamente profondo e circondante tutti i mondi.
Esso <118>
è talmente profondo e distante che nessun pensiero lo potrebbe mai
concepire. Tutte le preghiere devono essere rivolte a zeir anpin, che riceve
l'influsso da aba e da ema, così come dall'Ein Sof, che è
nascosto nella sua corona, affinché possa venirci svelato un barlume
della sua luce. L'Ein Sof precedente, però, non può essere
concepito da pensiero alcuno e se qualcuno non sa questo potrebbe eventualmente
sbagliare nell'indirizzargli la propria preghiera e, così facendo, rischiare
la vita, perché la sua preghiera non verrà esaudita e, peggio
ancora, sarà punito, come è spiegato nel Kissei Eliahu.
Tutto questo
è l'opposto di quanto avete scritto nel nome di Lehem Simlà.
Questo libro non è qui reperibile e pertanto non mi è dato
consultarlo, ma non escludo la possibilità che mi stiate ingannando con
una falsa interpretazione del suo autore, così come avete fatto con il
Kissei Eliahu. In ogni caso, le cose non stanno come voi dite, in quanto
c'è assoluta convergenza tra i kabalisti sul fatto che l'Ein Sof, che
è la Prima Causa, non è per niente collegato con le preghiere e
le benedizioni, per cui esse possono soltanto influire sull'Ein Sof, celato
nella corona. Perché non possiamo rivolgere le nostre preghiere all'Ein
Sof superiore che circonda tutta l'esistenza? Perché mai egli dovrebbe
adirarsi contro di noi se ci rivolgiamo a lui in preghiera? Perché
Mosè, l'uomo di Dio e il fedele della Sua Casa non ce lo ha fatto sapere
nella Torà scritta e nella Legge orale tramandato di bocca in bocca?
Anche i Profeti che si sono levati in Israele dai giorni di Mosè fino al
periodo di Malachi (l'ultimo dei profeti canonici), ci hanno messo in guardia:
"Ricordate la Legge di Mosè, Mio Servo, poiché ho comandato
in Horev leggi e statuti" (e non combinazioni e riparazioni d\ei mondi!).
Perché non ci hanno fatto conoscere tutto questo? Perché hanno
permesso a tutte quelle passate generazioni di essere le vittime della loro
innocenza, ignorando il Dio della loro salvezza? Sarebbe stato loro compito
informare il popolo che non è all'Altissimo ed Onnipotente Dio che
bisogna pregare, data la Sua grandezza e infinità, inconcepibili alla
mente umana. Avrebbero dovuto spiegarci che bisogna rivolgersi alla sua
manifestazione favorita, cioè all'impaziente zeir anpin, figlio di aba e
di ema, che ha già acquisito spessore ed è divenuto comprensibile
ai sensi (3).
La nostra
accusa è rafforzata dal fatto che ci sono molti tipi di ein sof e vari
partzufim e che ognuno agisce per se stesso. Questa è una credenza in
molti "poteri regnanti" nell'universo. <119>
1) Il Rivash nel nome di "uno dei filosofi". Ma ricordo
di aver letto nel S. Bet Yehudà che il Rivash, per timore di essere
perseguitato da coloro che amano il proprio onore, aveva attribuito ad altri quella
che era la sua propria opinione. Egli sosteneva che non avrebbe speso il suo
tempo nello studio della nuova kabalà, poiché la
"vecchia" Kabalà della Mishnà e del Talmud erano per
lui sufficienti.
2) Pag. 68.
3) Le parole succitate del Kissei Eliahu hanno lo scopo di
mostrarvi l'errore che avete commesso nel tentare di giustificare le sue
parole. Sarà sufficiente una brezza per spazzare via tutte le vostre
argomentazioni poiché chiara è l'opinione dell'autore, per la
quale bisogna pregare zeir anpin in unione con i partzufim sopra d'esso.
34
Comunque, con
tutta la vostra smoderata insolenza e vanagloria, e la vostra smania di rendere
pubblica alle moltitudini la Dimora del Re dei Re, Benedetto Egli sia, avete
dimenticato di dirci quale ein sof pregate. Non solo non avete risposto alla
nostra domanda, ma le vostre parole contraddicono il pensiero dello Zohar, dei
kabalisti e del Kissei Eliahu, che scrive chiaramente (1):
"Quando noi parliamo di benedizione (berachà) in congiunzione a
Lui, la nostra intenzione non è riferita all'Essenza dell'Unico, Dio ci
salvi, dal momento che Egli viene esaltato al di sopra di ogni
benedizione".
Ed il Sefer ha
Brit scrive (2): "Per quanto riguarda l'Ein Sof nella sua forma
più semplice, i filosofi (aristotelici) avevano ragione quando
affermavano che nessun servizio o preghiera Lo concerne, dal momento che in
questa categoria Egli viene elevato sopra ogni benedizione e lode, per cui sono
nullificate le Mitzvot e tutta la Torà". Dato che la kabalà che
voi menzionate contraddice lo Zohar e i kabalisti, l'unico termine che vi si
addice è "stolto". E allora perché con la vostra
calunnia e maldicenza conducete questa polemica contro chi studia la
Torà? Per quale motivo lo insultate? Forse perché non
"cinguetta" le parole dello Zohar come fate voi? O forse
perché si basa esclusivamente sulla Mishnà, sul Talmud e sui
Poskim? È soltanto per malafede che avete proclamato pubblicamente che
noi siamo "minim" e "kofrim", dal momento che ci rifiutiamo
di studiare lo Zohar e i Tikkunim! <120>
Dalle vostre
risposte, però, ci è ora chiaro che voi siete ignoranti della
letteratura ebraica e del Midrash e che non avete nessuna comprensione del
Talmud! E come scrisse R. ibn Tibbun (3): "Uno che crede di
essere saggio ma non possiede saggezza alcuna è simile all'asino che
gira continuamente intorno al pozzo ma rimane sempre allo stesso posto!".
Guai ai cattivi pastori, che con le loro menzogne fanno sbagliare il popolo,
mentre si vantano di essere saggi! La vostra saggezza consiste nel nuocere e
nel profanare il Nome di Ha-Shem Baruch-Hu e la Sacra Torà! E
così fate commercio con le dottrine della Verità la cui vostra
conoscenza è superficiale; il vostro vanto (di essere saggi) è
per voi "una pala con cui scavare" (4); scavare pozzi
infranti che non contengono una goccia di acqua! Come disse il Profeta (5):
"Così ha parlato l'Eterno contro i falsi profeti che fanno
sbagliare il Mio Popolo, che predicono pace solo quando gli si dà
qualcosa da mettere sotto i denti, mentre proclamano guerra contro chi non
mette loro nulla in bocca".
1) pag. 15.
2) Ma'amar bet.
3) Introduzione a Sha'ar 2 di Hovot nel nome di Mivhar ha-Pninim —
ivi trovi anche la citazione "non dire lo so su ciò che non sai,
affinché non sii sospettato anche in ciò che sai".
Così i Hachamim hanno detto "uno che è ignorante ma crede di
essere saggio è doppiamente solto".
4) "Kardom Lahpor bo" ( = una pala con cui scavare in
esso). Metafora usata per esprimere il guadagno che si può ricavare
dall'occuparsi di cose sacre; il riferimento è qui espresso per i molti
libri di kabalà che venivano venduti a prezzi molto alti; all'acquirente
veniva promesso di venire a conoscenza dei segreti occulti e di acquisire
santità così facendo.
5) Micha 3, 5.
35
Allontanati,
dunque, prezioso lettore, da queste credenze immaginarie e medita su quanto
scrisse in Massehet Hullin (1) il Rosh, di benedetta memoria, uno
dei pilastri dell'erudizione sulla quale si basa Israele: "Concludiamo
così affermando che qualsiasi opera aggiunta (toseftà), che non fu
conosciuta fino al termine della Ghemarà, non è degna di
affidamento, dal momento che i Hachamim volendo creare un'opera di
verità perenne,<121>
hanno esaminato ed indagato tutti i testi attribuiti ai Saggi, per essere
sicuri che fossero degni di affidamento". (2)
Se voi credete
veramente che tutte le nostre preghiere e il nostro servizio sono diretti alla
Causa Prima, il vero Dio che non ha principio al Suo principio, che ha redento
i nostri Padri dalla terra di Egitto, che svelò la Sua Gloria sul Sinai,
quando concesse loro la Torà, proclamando "Io sono il Signore
vostro Dio, non avete altri dèi all'infuori di Me", perché
allora insultate e offendete coloro che hanno la vostra stessa fede e che
studiano la Mishnà e il Talmud, giorno e notte? Perché li chiamate
"miscredenti" ed "eretici" mentre le vostre peccaminose
mani attribuiscono falsamente a R. Shimon bar Yochai lo scritto dello Zohar,
prodotto dalla mente idolatra di Moshè da Leon ?
Chi non
è in grado di intendere che il profeta mendace dello Zohar ha adottato
altre credenze, a noi estranee, come la trinità cristiana, mescolandole
con la Emunà della Torà, invertendo l'ordine delle nascite,
arrivando a credere che esista un padre, un figlio e uno spirito santo?
Osservate come lo Zohar e il Mikdash Melech hanno interpretato il verso
"Ascolta, Israele, l'Eterno è nostro Dio, l'Eterno è
uno". "Ascolta, Israele". R. Yeishà disse: Questo
è "Israel Saba"; R. Itzhak disse(3): la Ayin grande
(della parola shemà) rappresenta i settanta nomi che sono testimoni di
tutto (questo e il segreto di Binà che ha settanta nomi e Malchut li
riceve dalla Ayin). "Ascolta, Israele" come sta scritto
"Ascoltate, o cieli". Anche qui "Ascolta, Israele" è
lo stesso (zeir anpin). Ha-Shem (la prima menzione dell'Eterno) è il
Principio di tutto, nella luce di Atika Kadisha e viene nominato Padre (aba che
riceve dalla Yod di Arich), "Nostro Dio" (Elohenu) questo è la
"Valle Profonda" dalla quale sgorgano le sorgenti e i fiumi che
scendono al tutto (Ema). "Ha-Shem" (la seconda menzione dell'Eterno)
è il "Corpo dell'Albero" completo con le sue radici (Zeir
Anpin). "Uno" (ehad) questo è "Knesset Israel" (la
alef e la het sono le nuove Sefirot di Zeir, la Dalet è Malchut di Zeir)
e tutto è una cosa completa, ciascuno legato con l'altro, in modo che
non esiste separazione alcuna".
Lo Zohar
considera i tre nomi menzionati come tre "partzufim" distinti:
Ha-Shem-aba, Elohenu-ema, Ha-Shem-zeir anpin. La parola "ehad" (uno) include
zeir anpin e nukve, uno ed inseparabile, e i cinque partzufim come uno. Questa
interpretazione segue la dottrina espressa in Bereshit, dove considera
l'Essenza del Creatore aba, l'artigiano ema, zeir anpin il figlio (di aba ed
ema). I Cristiani, d'altronde, considerano l'essenza del Creatore, arich, che
chiamano <122>
Padre, la sefirà di hochmà (saggezza) il Figlio e la
sefirà di binà (ema) lo spirito santo (4).
Chi dunque
è abbastanza saggio per intendere e spiegarmi la differenza tra coloro
che credono nella Trinità e quella dei nuovi kabalisti che credono in
cinque o dodici emanazioni?
1) Perek ha-Shohet, portato in Mavò ha-Talmud.
2) Vedi qui cap. 9 e 10 in cui R. Saadya Gaon concorda col Rosh
così come con il Rambam.
3) La lettera ayin equivale al numero 70. La ayin di
"Shemà" è tradizionalmente scritta grande.
4) Questo è lo "Spirito della Vita" riferito nello
Zohar a Elohim Haim (il Dio vivente).
36
In Pirkei Avot (1)
è scritto: "Tutto è visto, il permesso è stato
dato" ecc. Rambam spiega: "Tutto ciò che esiste è noto
al Creatore e da Lui percepito sia per il passato che per il futuro. Non devi
però considerare che, sapendo il Creatore ciò che un individuo
farà, sia questi costretto nelle sue azioni a comportarsi bene o male.
Poiché gli è stata data la facoltà di scegliere fra il
bene o il male; non v'è alcunché che lo costringe in qualche
modo". Alla fine degli Otto Capitoli, Rambam scrive: "Il sapere di
Ha-Shem, benedetto Egli Sia, (noi usiamo il termine "sapere" nel
senso a noi percepibile) è soltanto in associazione all'idea di
conoscenza. Ma nello stesso modo in cui non abbiamo la capacità di
sapere e di conoscere la Sua vera Essenza, come è scritto "Anche se
indaghi su Dio, Lo troverai? Anche fino all'estremità di Shaddai, potrai
concepirLo?", alla stessa stregua non abbiamo la capacità di
concepire la Sua Conoscenza. Poiché Egli e la Sua conoscenza sono
un'unica cosa, mentre nell'uomo Egli e la Sua conoscenza sono due cose
distinte, come sta scritto "Poiché i miei pensieri non sono simili
ai vostri pensieri" (2).
L'argomento qui
esaminato spiega come Dio non sia limitato nel tempo, <123> poiché il tempo stesso
è stato da Lui creato ed Egli ne conosce la realtà,
passato-presente-futuro. Niente è a Lui celato, come gli Uomini della
Grande Assemblea stabilirono nel Mussaf di Rosh Ha-Shanà, "Egli
scruta e osserva fino alla fine di tutte le generazioni". Questo significa
che passato, presente, futuro sono per Lui intelliggibili. Benedetto Egli Sia.
Perciò i Saggi parlarono di ciò usando i termini
"scrutare" e "osservare" invece di "conoscere"
per insegnarci, appunto, che tutto è ordinato, sistemato e noto a Lui e
che, per così dire, Egli lo osserva. Del resto, la concisa affermazione
di Rambam, per la quale non possiamo intendere la Sua vera Conoscenzaa, intende
farci capire che l'uomo può percepire soltanto il presente, non il
futuro.
1) 3:19.
2) Vedi anche Hilchot Teshuvà, cap. 5, oppure Morè
Nevuchim, 20; anche Sa'adya Gaon in "Ha-Emunot ve ha-Deot", ma'amar
4, vedi Tosafot Yom Tov, che spiega a lungo questa Mishnà.
37
Dopo che avete
considerato i capitoli precedenti, vi dimostrerò ora, con l'aiuto di
Dio, come i nuovi kabalisti abbiano minimizzato la "conoscenza" di
Ha-Shem Baruch-Hu per ciò che concerne il futuro e in che modo abbiano rimosso
la Provvidenza (Hashgahà) dell'Altissimo Re dell'Universo per
trasferirla unicamente su zeir anpin. Essi hanno affermato che non c'è
distinzione tra bene e male per i partzufim superiori, cioè aba, ema,
arich, atik, adam kadmon, e così anche per l'ein sof. Il fattore del
bene è simile al fattore del male. I giusti sono come i malvagi. La
questione viene trattata nel libro "Arba meot shekel kesef" di Vital (1)
: "Il famoso e santo kabalista R. Abraham Munzuz, della città di
Tapinal, pose questa domanda all'Ari, di santa memoria. Ho una domanda
difficile da fare: abbiamo studiato nei libri della Kabalà e nello
Zohar, nel S. ha-Madà e nel S. ha-Kanè, che quando Dio si accinge
a creare, nel mondo di berià, non sa, ma quando Egli è nel mondo
di emanazione (atzilut), sa. Questo significa forse che la prescienza di Dio
implichi la costrizione all'azione delle persone ed è reperibile nel
mondo di atzilut? Se così fosse, questo sarebbe in contrasto con la
concezione dei Saggi, per ciò che riguarda il verso "E Dio disse a
Mosè: Parla ai Cohanim, i figli di Aharon" ecc. <124> (Mosè
domandò a Dio): "Il primo Re che si leverà in Israele
morirà di spada?" Dio gli rispose: "Perché lo chiedi a
Me? Chiedilo ai Cohanim, figli di Aharon, dato che egli (Saul) ucciderà
tutti nella città di Nob, la città dei Cohanim". Significa
forse (chiede Manzuz) che Saul fu costretto ad agire dalla prescienza di Dio,
poiché, in ogni caso, nel mondo di berià o di atzilut veniamo
costretti ad agire?. (Riprende Vital): Il mio Maestro, Ari, di santa memoria,
gli rispose così: "E’ pur vero che in atzilut c'è la
preveggenza, però l'individuo può agire come vuole, come sta
scritto: "Ecco, Ho dato a voi in questo giorno la vita e il bene, la morte
e il male e sceglierete la vita, affinché possiate vivere voi e la
vostra discendenza". Pertanto, da una parte, c'è la coazione di
Saul, dall'altra, nel verso "sceglierete la vita" c'è la prova
che esiste il libero arbitrio". Ed anche i Saggi dissero: "Il male
non scende dal cielo". Ciò è dovuto al fatto che sopra, nel
mondo di atzilut, tutto è nella sua forma più semplice e la
conoscenza di Dio non scende per costringere la persona ad agire. Poiché
qui non c'è né ricompensa, né punizione, né libero
arbitrio, né volontà". Questo è il segreto del verso
"Non è Esaù fratello di Giacobbe, parola dell'Eterno? Ed
Egli amò Giacobbe". Sta forse affermando il Signore che Esaù
è come Giacobbe? La Torà ha già dato prova che Giacobbe fu
di cuore puro e "risiede nelle tende", mentre Esaù praticava
l'idolatria. Il primo era Tzadik (giusto) mentre il secondo era rashà
(malvagio). E poiché Dio sceglie i Giusti, cosa significa "ed Egli
amò Giacobbe"? Questo vuol dire che, sopra, nel mondo di atzilut,
Giacobbe ed Esaù sono considerati alla stessa stregua, perché qui
non esiste ricompensa né punizione". Questo è il segreto del
verso "Non è Esaù fratello di Giacobbe, parola
dell'Eterno?". Questa Parola dell'Eterno (neum ha-Shem) è atika
kadisha. Come viene spiegato in Edrà: "Perciò il verso
significa "devi ascoltare la Mia voce a ricevere il Mio Regno,
perché ho scelto Giacobbe, anche se Egli è simile ad
Esaù". Anche se dicessimo che la preveggenza è coercitiva,
non ci sarebbe bisogno della Torà e delle mitzvot, perché tutte
le azioni della persona sarebbero di necessità, come chiarisce
l'affermazione di R. Hania b. Hakashia "Ha-Kadosh Baruch-Hu voleva dar
merito ad Israele, per cui concesse loro Torà e mitzvot". Se
però la Sua conoscenza di sopra è di necessità, non ci
sarebbe bisogno né di Torà né di mitzvot. Ciò
significa, allora, che, sopra, nel mondo di atzilut c'è la preveggenza,
però la coercizione a fare le cattive azioni non scende di sotto; rimane
di sopra e la persona ha la libera facoltà di agire come vuole.
Perciò la Torà ci ha ordinato di osservare le mitzvot e di aderire
alla Torà, perché, così facendo, portiamo il bene su noi
stessi, dal momento che il <125>
male non scende da solo, dal di sopra, se non che la persona lo trascina su di
sé. Con tutto ciò, possiamo comprendere l'affermazione per la quale,
prima di scendere nel mondo, Dio fa firmare all'anima "Sii giusto e non
essere malvagio". Se noi dicessimo che tutto è già previsto
si tratterebbe di un falso giuramento, perché Dio sa che la persona tale
peccherebbe, una volta che è al mondo. Tale affermazione, come tante
altre, dimostra che nel momento della Creazione, Egli non ha la preveggenza.
Diciamo quindi che la conoscenza nel mondo di atzilut è
"semplice" e non influisce sul libero arbitrio dell'uomo, sul quale
è scritto "è simile al suo Padrone, poiché ha libera
scelta"; e così il verso "poiché è Giacobbe che
Egli ha scelto, ed Israele per la sua virtù speciale". Egli associa
anche Israele con Se Stesso come è scritto "Santi siate
poiché Santo sono Io, vostro Dio" oppure "Ed Egli li chiama miei
fratelli, miei amati, miei figli" (2).
1) pag. 91 b.
2) Levitico, 19. 2.
38
Ora, prezioso
lettore, presta attenzione e intendi in che modo i nuovi kabalisti abbiano
falsato la conoscenza di Colui che scruta e osserva fino alla fine di tutte le generazioni,
e conosce in anticipo ciò che avverrà in futuro. Questi stolti
hanno paragonato la Sua conoscenza a quella umana, andando contro, così
facendo, all'insegnamento dei nostri Padri e Saggi di benedetta memoria, degli
Uomini della Grande Assemblea, che stabilirono e ordinarono le nostre preghiere
e benedizioni; i kabalisti negano ciò che disse il grande Tanai (Pirkei
Avot 3, 15): "Tutto è previsto (passato, presente, futuro) ma la
facoltà di scegliere viene data " e ciò che insegnarono R.
Sa'adya Gaon, nel suo S. ha-Emunot ve ha-Deot, e il Rambam nel S.
Ha-Madà, nel suo commento alla Mishnà e così anche nel
Morè Nevuhim.
La conoscenza
del Dio dei kabalisti è ambigua, dal momento che un individuo, che
possiede il libero arbitrio, potrebbe scegliere il contrario di ciò che
l'Onnisciente sa. E il fatto di aver paragonato la Sua conoscenza alla loro,
Dio ci salvi, che li ha portati all'errore! Non hanno fatto proprie le parole
del Profeta "poiché i Miei pensieri non sono come i vostri".
Non solo, ma hanno rimosso dalla Causa Prima la Sua Provvidenza su tutte le
creazioni inferiori! Essi hanno osato pronunciare "Dio conosce il futuro
perché non c'è la conoscenza in alto". <126> In alto, non ci
sarebbe differenza tra il giusto e il malvagio, Giacobbe è pari a
Esaù e chi fa il bene è simile a chi fa il male! A loro dire, la
Provvidenza appartiene solo a zeir anpin! È lui che giudica, che
retribuisce l'individuo, a seconda delle sue azioni, come viene esposto
nell'Edrà: "A proposito di zeir anpin, sta scritto:
"Poiché il Signore è il Dio di ogni conoscenza (El Deot
ha-Shem) (1) e in Lui viene annoverato tutto ciò che
accade"; (2) perché esso (zeír) è di due
tipi: il primo dice "Tutti gli avvenimenti sono annoverati (nella forma al
plurale), ma per quel che riguarda atika kadisha s'tima non vengono annoverati.
Perché dunque sono annoverati da zeir? Perché ha ricevuto due
porzioni..." Il Rashab spiega che questa è anche l'opinione dello
Zohar, in parashat Balak, in cui è scritto "Diede il suo potere
regnante a lui (zeir anpin) su tutte le creature, affinché queste lo
servissero, poiché fu lui che venne incoronato con la severità
(dina) e la misericordia (rahamè); chi merita severità la riceve,
chi merita misericordia, altrettanto".
Da ciò
si deduce che lo Zohar e i kabalisti credono che le emanazioni superiori non
tengono in considerazione le creazioni inferiori. Quanto di più quando
si tratta della Causa Prima. Solo in zeir anpin tutti gli avvenimenti sono
annoverati, ma, al di sopra di esso, gli eventi sottostanti non vengono presi
in considerazione!
1) Letteralmente, il Dio delle Conoscenze (al plurale) è
Ha-Shem. Lo Zohar interpreta questo plurale come due tipi di attributi,
cioè severità e misericordia.
2) Samuele 1, 2:3.
39
Fu su questo
fondamento inconsistente che l'autore dello Zohar (1) edificò
un castello di storielle, secondo cui R. Shimon b. Yohai, nei suoi ultimi
giorni, scelse di venir giudicato da atika kadiska, e non da zeir anpin,
nominato anche "bet din" ( = tribunale): "Allorquando R. Shimon
b. Yohai si ammalò, si presentarono a lui R. Pinhas, <127> R. Hiya, R. Aba,
che gli dissero: "Chi è presente nell'aldilà?". Rispose
loro: "Non è il Tribunale Superiore (zeir anpin) che è in
procinto di giudicare la mia persona, poiché io vedo che non mi consegneranno
all'Angelo e ai Giudici Superiori, dal momento che io non sono simile agli
altri uomini. Invece è Ha-Kadosh Baruch-Hu che mi giudicherà,
senza l'attributo di severità. Ciò è come disse Davide:
"Giudicami Dio e perora per me". Anche Salomone disse: "Esegue
il giudizio del Suo servo". Egli solo e nessun altro. Poiché
abbiamo studiato che quando una persona giace malata al suo capezzale, il
Tribunale Superiore esamina il suo caso. I difensori che perorano la sua causa
elencano i suoi meriti, mentre gli accusatori giudicano con severità ed
elencano i suoi peccati. Il giudizio finale, però, non è come uno
si aspetta. Chi, però, viene giudicato dall'Alto Re, che su tutto regna,
riceve solo il bene, perché da quel giudizio non si esce assolti nel
bene. Per quale motivo? Perché le forze dell'Alto Re tendono
costantemente verso il merito e questo è interamente il "Lato della
Fede" (Tzad d'emunà). Ed Egli può respingere i peccati e le
maledizioni, come sta scritto "Poiché con Te è il perdono,
sì che Tu possa essere temuto". Con Te e con nessun'altro.
Perciò prego l'Onnipotente affinché sia il mio Giudice si che
possa entrare per i tredici "Portoni" dell'aldilà".
L'Autore
afferma così che R. Shimon b. Yohai scelse di essere giudicato da atika
kadisha, che essi nominano anche "rav'av de' ra'vavin" (la
volontà delle volontà), il quale è Misericordioso, tende
al perdono e giudica a secondo dei desideri della persona e non tiene in
considerazione le azioni sottostanti, siano esse buone o cattive, Giacobbe
è simile ad Esaù. Nessuno lascia il suo giudizio se non in uno
stato di merito. Non così zeir anpin, nominato Bet Din, che non giudica
a seconda dell'opinione espressa dal Giudice. Chi è degno di
severità viene punito, chi è degno di misericordia viene assolto.
C'è forse una credenza in molti "poteri regnanti" (reshuiot)
maggiore di questa?!
1) Zohar Hadash, riportato alla fine dello Zohar, nell'appendice.
40
L'autore dello
Zohar ha dimenticato una mishnà intera in Avot (4, 22) : <128> "Conoscere,
far conoscere e capire che Egli è Dio, Egli è il Creatore, Egli
è il Fattore, Egli è l'Intenditore, Egli è il Giudice, ora
e in futuro, Benedetto Egli sia, alla cui presenza non c'è né
inganno, né dimenticanza, né favoritismo, né
corruzione".
Similmente i
Saggi dissero (1): "Chiunque afferma che il Signore tende a
lasciar correre nel giudizio, possano sciogliersi le sue viscere; Egli è
comunque longanime prima di giudicare". Ed è anche scritto che
Ha-Kadosh Baruch-Hu è scrupoloso nel giudicare i Suoi pii come lo
spessore di un pelo". E nel Talmud gerosolimitano (Shavuot 39) è
scritto: "Egli perdona la colpa di coloro che si pentono, ma non di coloro
che non tornano a Lui". È contro le nuove false credenze,
così contrarie alla Sacra Torà, che R. Tam ibn Yihia (2)
si espresse, quando affermò che coloro che si occupano di questa nuova
kabalà demoliscono le pietre angolari della Torà, abbattendone i
suoi pilastri. Le sue parole vanno riferite anche a ciò che venne
scritto nei nome di Yitzhak Luria (3), per cui non bisogna recitare
l'Yigdal Elohim Hai (Glorificato sia il Dio vivente (4)). A
spiegazione di tale divieto, viene addotto il fatto che costoro credono che
nessun servizio, preghiera e lode debbano essere attribuiti a Dio quale Causa
Prima, dal momento che è del tutto privo di qualsiasi forma o sostanza.
Questa convinzione origina dai pagani che credevano che l'Onnipotente fosse
trascendente e quindi al disopra anche delle lodi e delle benedizioni; Egli,
nella sua infinita grandezza, è indifferente a lodi, culti e preghiere.
A loro dire, anche quando si emana nelle sefirot degli innumerevoli mondi,
sopra il mondo di atzilut, queste sono troppo "sottili" e
"spirituali" per poter essere concepite o percepite. Anche adam
kadmon di atzilut, come pure atik yomin, arich anpin, aba ed ema non possono
essere serviti o pregati, a causa della loro "sottilezza" e
"segretezza". Solamente l'ultimo partzuf di atzilut, zeir anpin (e
nukve), può essere servito e pregato perché ha già
acquisito un minimo di "densità". Osservate ora la spiegazione
di Sefer ha-Brit: "A proposito di ciò, fratello mio, devi sapere
che la nostra fede è diversa da quella dei filosofi (metafisici) e degli
Ismaeliti per ciò che riguarda l'Unità del Creatore. Essi,
infatti, non hanno conoscenza alcuna del glorificato e meraviglioso
Tetragramma. Essi credono soltanto in quell'Esistenza Necessaria <129> nella sua forma
più semplice, di principio precedente la Creazione. La nostra fede,
invece, è incomprensibile a qualsiasi altro e ad essa non si può
neppure accennare. A riguardo di questa categoria di fede, però, i
filosofi intuirono, a ragione, che nessun servizio o preghiera la possa
concernere, poiché essa trascende ogni benedizione o lode. Come spiega
R. Meir Gabai "Tutta la Torà e tutte le Mitzvot non hanno qui alcuna
corrispondenza". "Colui che, però, medita bene, capirà,
indubbiamente, che qui non c'è posto per tutto questo servizio, se non
tramite le Sefirot". "Non così il popolo del Dio di Abramo,
che crede nella Sua Esistenza Necessaria, come essa viene a vestirsi dei suoi
attributi. Questo è il segreto del Tetragramma, nella categoria del
"dopo la creazione", "percepito" dalla Casa di Giacobbe.
Esso fu rivelato a Mosè sul monte Sinai, ci trasse dalla terra d'Egitto,
diede la Torà ai nostri padri, la generazione del deserto, "faccia
a faccia". Ed è a questa categoria che bisogna rivolgere i nostri
servizi, i nostri sacrifici, le nostre preghiere e tutte le mitzvot menzionate
nella Torà. Fu questo glorificato e meraviglioso Nome, Ha-Shem Eloheha
(zeir anpin) che Mosè ci esortò a temere".
Similmente
Vital, nel suo Etz Haim (5) spiega: "La luce che scende da Adam
Kadmon è estremamente pura; tuttavia, durante la sua discesa ed il suo
allontanamento dalla fonte, acquista sempre più densità. Ecco spiegato
in che modo: La luce che scende dall'orecchio è estremamente pura ma
quando viene aspirata nel naso, ne esce con una certa densità. Via via
acquisisce densità e materialità, dopo esser uscita dalla sua
sorgente. Quindi viene fatta scendere fino alla bocca e, una volta uscita da
essa, aumenta di nuova densità" (6). La ragione per la
quale servizio e preghiera si addicono soltanto ad un Dio che è
percepibile e possiede una certa densità è perché
l'individuo può immaginarlo in una forma organica e materializzata.
L'ein sof, però, oppure adam kidma e adam kadmon e persino atik ed
arich, che non hanno raggiunto densità e non si sono ancora
concretizzati, non possono essere associati a servizio alcuno. Non sono,
cioè, abbastanza, densi o materiali per essere rappresentati e
immaginati nel pensiero. Cosicché tutto il nostro servizio è
rivolto a questo "piccolo naso" di zeir anpin che, a detta dei
kabalisti, è il nostro Dio (Dio ci salvi), e tale si manifestò a
Mosè nel roveto ardente ed ai nostri padri sul Sinai! Tali stolti hanno
dimenticato che la Torà esprime chiaramente che fu un angelo che apparve
nel roveto, come è scritto (Esodo, 3, 2): "E gli apparve un angelo
di Dio in una fiamma di fuoco all'interno del roveto". E per quanto
riguarda il Sinai è scritto (Deut. 4, 15): "Poiché <130> non vedeste
immagine alcuna il giorno in cui Dio parlò con voi". Non videro
dunque un'immagine "percettibile" con 248 membra e 365 vene ed
arterie, come, farneticando, essi affermano! Simile è la spiegazione
dell'Oz l'Elohim (7): "Chiunque creda che l'ein sof sia la
divinità essenziale è un miscredente. Su di loro tuonò il
Profeta Isaia (29, 15): "Guai a coloro che si immergono nelle
profondità di Ha-Shem e distruggono il buon consiglio". Costoro
sostengono che la divinità essenziale (elohut) è il Tetragramma,
per cui ciò che possiede un nome e delle lettere possiede anche una
statura misurabile (shiur komà). Ma noi diciamo invece che il nome di
una cosa è anche il suo limite. Così, ad esempio, il nome di una
persona si riferisce alla persona stessa, dal momento che la limita. Tutti i
nomi associati all'uomo gli appartengono, mentre i kabalisti credono
erroneamente che la divinità essenziale sia l'ein sof". Da
ciò vediamo come l'Oz l'Elohim sia in disaccordo con Vital e gli altri
kabalisti, i quali ritengono che Tiferet (lo Splendore) sia zeir anpin nel suo
attributo "nostro Dio". L'autore di Oz l'Elohim è invece
convinto che il nostro servizio e le nostre preghiere vadano a "malka
kadisha d'kol kadishin" (il Santo Re di tutti i Re) che splende nel cuore
di zeir anpin (8). Così scrive (9): "In
qualsiasi caso, non è come tu dici che tiferet è la
divinità essenziale. Se così fosse, perché dovremmo
servire tiferet che riceve da aba e da ema? Perché non servire arich
anpin o keter, che sono sopra di lui? Se, d'altronde, affermi che la
divinità essenziale è l'ein sof, come è possibile dire
"Benedetto sii Tu, o Signore" ecc. Da chi riceve la benedizione o
l'influsso?". Discorrendo a lungo, il S. ha-Brit (10) scrive,
nel nome di molti kabalisti: "Chi crede di servire l'Altissimo, che
è al di sopra di tutte le altezze ed è immutato dalla Creazione,
per associarlo o combinarlo con le sue emanazioni ed evoluzioni, è in
errore sul principio generale e nega l'essenziale, glorioso e meraviglioso Nome
e "Dio cancellerà il suo nome da sotto i cieli".
1) Talmud Yerushalmì, shekalim, 65.
2) Vedi qui, cap. 10.
3) S. Mahberet ha-Kodesh, p. 28 b; S. Hemdat yomin e cap. 6 di
Tikkunei Shabat.
4) Sia esaltato il Dio vivente e glorificato
Egli esiste e
non v'è tempo alla Sua Esistenza
Egli è
Unico, la Sua Unità non ha pari <131>
Incomprensibile
e Infinito nella Sua Unità
Non ha forma
alcuna, né corpo
Nulla
può paragonarsi alla Sua Santità
Anteriore ad
ogni cosa creata
Egli è
il Primo e non c'è inizio al Suo inizio, ecc.
5) Sha'ar ta'amim, nekudot, raghin, otiot,
fine prk. 2.
6) Così anche Sha'ar ha-nekudim che scrive che quanto
più la luce scende tanto più diventa "riconoscibile",
"percepibile" e "rivelata".
7) Beit kodesh ha-Kodoshim p. 26.
8) Prk. 19 p. 59.
9) Pag. 26.
10)
Ma'amar 20, prk. 15.
41
Vedi dunque,
prezioso lettore, che i loro cuori si sono colmati di cattive intenzioni
perché si sono espressi contro i Saggi d'Israele e hanno estirpato le
quattro fondamenta della Sacra Torà, pronunciate nel "Yigdal"
(1). Il S. Hemdat Yomin, ne spiega il motivo: (2) "Dopo aver dato prova in
"va-ichulù" (3) del costante rinnovamento del mondo, è
diventata consuetudine recitare di sabato il "piut" (composizione
liturgica) "Yigdal Elohim Hai". È bene recitarlo con
intenzione a casa propria. E sebbene si sappia che l'Ari (Yitzhak Luria) si
rifiutò di recitarlo, tuttavia, lo faceva solo con i primi quattro
principi, che non concordano con la "vera via". Lo Zohar, infatti, in
parashat terumà, permette che si reciti soltanto ciò che è
vera kabalà. "È permesso recitare tale piut da
"Hinò Adon Olam lechol notzar" (Padrone dell'Universo di ogni
cosa creata) in avanti". Questa spiegazione è molto chiara. I primi
quattro principi dell'Yigdal Elohim Hai non sono considerati da loro vera
kabalà. Capite dunque come R. Tam ibn Yihie avesse ragione quando
affermò che costoro distruggono i recinti della Torà e finiscono
col rinnegarla. A loro dire, la Kabalà dei Saggi, valida per tutto
Israele, non solo è di secondaria importanza, ma persino falsa, Dio ci
salvi! Essi pervennero a questa considerazione poiché videro che
Hachamim, quali R. Sa'adya Gaon, il Rambam, Yehudà ha-Levi, R. Behiye
(in Hovot ha-levavot) <132>
si rifacevano spesso alle parole dei filosofi, per riportare prove valide sulla
verità dell'Unità di Dio, e, così facendo, chiudevano la
bocca ai miscredenti, che criticavano la Sacra Torà. Sbagliavano a
pensare che, siccome tali prove si basavano sulle parole dei filosofi, non
fossero allora vera Kabalà. Le nuove idee dell'autore filosofico dello
Zohar, invece, espresse nella sua esegesi (usando il metodo del
"significato esteso" per il senso letterale di ogni termine, per cui
"la mano di Dio", "gli occhi di Dio" ecc. vanno intesi
prima letteralmente e dopo a livello metafisico) furono falsamente attribuite a
R. Shimon b. Yohai ed ad altri Tanaim ed Amoraim vissuti in periodi posteriori
e accettate come vera Kabalà. Fu per questo motivo che si rifiutarono di
recitare l'Yigadal Elohim Hai. convinti che il servizio e la preghiera debbano
essere rivolti solamente a zeir anpin. Prima della creazione, però, zeir
anpin non esisteva ancora; per questo l'Ari si rifiutava di leggere le prime
quattro frasi. Infatti, come avrebbe potuto affermare "Egli esiste ma non c'è
tempo alla Sua esistenza" se zeir anpin aveva un tempo definito alla sua
esistenza, cioè dopo la creazione e non prima, oppure da Abramo in poi
(essi affermano (4) che fino ad Abramo, zeir anpin non si era ancora stabilito
fissamente, per cui non era logico servire un dio ancora mancante). Luria,
dunque, avrebbe espresso una vana lode se avesse pronunciato "Egli esiste
e non c'è tempo alla Sua esistenza", poiché zeir anpin prima
non esisteva e non era ancora degno di essere servito o lodato. Cosi anche lo
infastidiva proclamare "Egli è Uno e non c'è unità
alcuna pari alla Sua", che non era da lui considerato articolo di fede.
Abbiamo già riportato, in precedenza, l'esempio (usato spesso dai nuovi
kabalisti) di una casa a più stanze, costruita con legno, pietre,
sabbia, calce ecc. in cui il costruttore è colui che nella sua saggezza
li amalgama insieme, per farne un'unica entità. Ciò significa
che, per loro, l'Unità di Dio è formata da altre entità di
"uno", che combinano e uniscono insieme singole unità, che,
alla fine, hanno un unico nome che le comprende tutte (casa, appunto). Come
avrebbe potuto proclamare "Egli è Uno e non c'è unità
alcuna pari alla Sua" se teneva a mente una simile concezione di
unità ? Inoltre, l'Ari si rifiutava di dire "Egli è nascosto
(ne'elam) e non c'è termine alla Sua Unità". Questo
perché, a suo dire, ci sono più mondi emanati, creati, formati e
materializzati sopra al mondo di atzilut. A motivo, però, della loro
immensa segretezza non si provò a rivelarli o spiegarli. Così nello
Zohar, adam kadmon viene menzionato solo con alcuni vaghi accenni. La loro
opinione generale considera che tutti i partzufim, sovrastanti il mondo di <133> atzilut, a causa
della loro segretezza, raffinatezza e spiritualità non possano venire
serviti e invocati nella preghiera. Solo i partzufim che hanno acquisito
densità completa o parziale e in particolare zeir anpin (l'ultimo di
essi nel mondo di atzilut che a maggior misura è diventato denso e
sufficientemente rivelato da essere comprensibile) possono essere serviti e
invocati nella preghiera. Cosicché non possono dire "Egli è
nascosto e non c'è termine alla Sua Unità", perché
questa non è una vera lode a zeir anpin. Similmente si rifiutava di proclamare
"Egli non ha forma corporea e non è corpo" poiché in
contrasto col fatto che zeir anpin ha la forma di un corpo con 248 membra ecc.
Come è noto dai loro testi, i cinque partzufim del mondo di atzilut
hanno tutti 248 membra e 365 arterie e vene.Una volta compreso il motivo per il
quale Luria evitò di pronunciare "Egli non ha forma corporea e non
è corpo", è necessario comprendere anche l'infondatezza
della loro replica per la quale Egli non è un corpo materiale
bensì un corpo di luce. A tale proposito, però, la forma (d'mut)
rimane tale (cioè di un corpo con 248 membra ecc.) (5). Inoltre non
sanno forse essi che anche il fuoco e la luce hanno una loro consistenza
materiale, sebbene più "sottile" e "spirituale"?
Essi stessi affermano che l'essenza dei partzufim di atzilut comprende
un'anima, un corpo e un indumento. La sefirà è il corpo, la luce
interiore è l'anima e la luce che la riveste è l'indumento.
Così anche in molti tratti dello Zohar si parla di "gufa
d'malka" (il corpo del Re). Per questo motivo si sarebbero contraddetti se
avessero pronunciato "Egli non ha forma corporea ed Egli non è
corpo" perché tale articolo di fede non è una lode attinente
ai partzufim. Così anche si rifiutavano di dire "Egli è il
Primo e non c'è inizio al Suo inizio", poiché, secondo la
loro kabalà, ci sono molti inizi di zeir anpin sul quale è
incentrato tutto il loro culto, Dio ci salvi! Inoltre, c'erano moltissime cause
che precedettero zeir anpin, come l'ein sof, adam kidma'a, adam kadmon, atik,
arich, aba, ema. Per tale motivo, si rifiutarono di lodare zeir anpin con quella
lode specifica per la quale egli regna sopra tutte le creazioni. Egli viene
così associato al Tetragramma, egli è il Primo e non ha altro
inizio che precede il suo, siccome tutto questo è in contrasto con la
nuova kabalà. E perciò è scritto nello Zohar, parashat
terumà, che è lecito recitare solo quelle lodi che sono
"vera kabalà"! La nostra vecchia Kabalà, invece, per la
quale Ha-Shem Baruch-Hu è il Primo e non c'è inizio al Suo
inizio, non è vera Kabalà, e così hanno evitato di
proclamare i primi quattro articoli di fede dell'Yigdal Elohim Hai. Pertanto,
da "hinò Adon olam" si può recitare, poiché sono
lodi attribuite a zeir anpin e <134>
quindi considerate vera kabalà e non tali da provocare lo sdegno
dell'Ari, come le prime quattro strofe. L'orecchio capace di intendere,
potrà capire il grande errore dei Rabbini, autori della nuova
kabalà, che hanno divelto quattro principi basilari della nostra Sacra
Torà. Lo Yosher Levav scrive in modo manifesto (6): "Conoscete il
Dio dei vostri padri" — ciò include cinque partzufim; "e
servitelo" — questo è zeir anpin, "anche se è oggetto
di creazione tuttavia in questo modo servite la sua anima senza la quale non
c'è esistenza" ecc. L'affermazione per la quale zeir anpin è
un oggetto di creazione è reperibile anche nell'Edra Raba: "Dio ti
ha fatto, entro gli anni Egli lo fa vivere" — questo fu detto ad atik
yomin; "ha fatto chi? zeir anpin; a chi dà vita? A zeir anpin, la
luce intera del quale proviene l'Anziano dei giorni". E anche se è
un oggetto di creazione è obbligo servirlo! Se avessero fatto loro le
parole dei Saggi, per le quali "tutto ciò che ha generazioni"
ecc. non sarebbero caduti in questo volgare errore di servire una creazione!
(7)
1) Spiegato in S. ha-Kavanot, per cui l'Ari non recitava l'Yigdal,
vedi Mahberet ha-Kodesh. p. 28 b, vedi qui cap. 40.
2) Fine cap. 6 di Tikunei Shabat.
3) È furono "completati" i cieli e la terra e
tutti i loro "eserciti".
4) In S. ha-Berit, Kissei Eliahu, Oz l'Elohim, in S. Hayei Shalom
di R. Yihia ha-Cohen, parashat Hayè Sarà, che anche dopo la
creazione fino ad Abramo, zeir anpin non era ancora "fissato" e tutte
le precedenti generazioni ricevevano il loro influsso da aba ed ema.
5) Anche Etz Haim, sha'ar igulim ve-yosher, secondo cui la
"linea" che si estende dall'ein sof, nella categoria di yosher, si
trova nella forma di un uomo con 248 membra, ecc., nel segreto di "Tzelem
Elohim" (immagine di Dio); vedi Ravad, cap. 4, Hilchot teshuvà, su
ciò che ha scritto il Rambam, per cui "colui che crede che
c'è soltanto un Dio ed egli ha un corpo è un
"miscredente" — chiede Ravad "perché chiamarlo
"miscredente"? Molti uomini insigni e più grandi di lui hanno
seguito questo pensiero, in base a ciò che hanno visto nei versi, ecc.
6) Pag. 138 b.
7) Il fatto che nel Medioevo molti seguaci della nuova
kabalà recitavano I'Yigdal non significa niente. Il loro "leggere
lo Zohar" era la tipica lettura pappagallesca (praticata fino ai giorni
nostri), del tutto superficiale, senza comprensione e senza raziocinio. Non si
rendevano <135> conto che le "pietre angolari" della Sacra
Torà, i suoi principi e le sue basi venivano stravolti. Così
recitavano l'Yigdal Elohim Hai e poi nuovamente si occupavano della lettura
dello Zohar, senza rendersi conto della contraddizione nella quale erano
caduti. Se avessero capito il vero contenuto o avessero ben conosciuto i
concetti di base di questa nuova dottrina, sei ne sarebbero tenuti ben lontani.
42
Ora riprenderò, mi nutrirò tra le rose, le parole
cioè dei Saggi del Talmud e dei Midrashim. Nota è la santità
dalla quale derivano. Non contengono dubbi. Custodirò le loro parole,
più preziose dell'oro e dei diamanti, a riguardo dell'Unità di
Dio, un'Unità Assoluta, priva di congiunzioni, di combinazioni o di
associazioni con altre creazioni ed emanazioni. Egli, Lodato Sia, per fare
conoscere le Sue vie, scelse i Patriarchi e disse "E l'ho conosciuto,
affinché comandi ai suoi figli e alla casa della sua discendenza di
custodire la via di Ha-Shem". Così fu, infatti. Abramo
inculcò ai suoi figli, Isacco e Ismaele, la fede della Sua Unità,
per la quale Egli è il vero Uno, che non esiste altro vero Uno
all'infuori di Lui, che Egli precede tutta la creazione, Egli è il
Primo, il cui inizio non ha altro inizio. Vediamo ora quanto riporta il Midrash
Rabbà: "Terah, il padre di Abramo, era abituato a servire gli idoli
che egli stesso costruiva con le sue mani. E avvenne che il malvagio Nimrod,
divenuto re, si proclamò Dio. E tutte le nazioni venivano e si
prostravano a lui. Fino a quando iniziò a splendere una forte e grande
luce nel mondo, nostro padre Abramo. E quando nacque Abramo, gli astrologi, i
maghi e i sapienti del regno dissero a Nimrod: "Oggi è nato un
bambino che, in futuro, erediterà tutto il mondo e distruggerà
molti regni e, inoltre, ti spodesterà dal tuo trono. Se lo desideri,
affrancalo da suo padre per una casa di oro e di argento e tòglilo dal
mondo!" Terah, che era presente, disse: "Le vostre parole sono simili
a quelle di colui che disse al mulo "prendi questa soma di cereali e poi
ti mozzerò la testa". A cosa serviranno i cereali se gli si taglia
la testa? La stessa cosa vale per colui il cui figlio viene ucciso. A che gli
gioverà una casa di oro e di argento?" Allora essi gli risposero
"Dalle tue parole si capisce che il neonato è tuo". E Terah:
"Non posso negare che mi sia nato un figlio, ma purtroppo è
già morto". Dissero: "Non stiamo parlando di uno morto,
bensì di uno vivo e vediamo anche la sua stella in cielo. Ora vai e
portalo qui!" Terah uscì, prese Abramo con la sua levatrice e li
nascose in una grotta, per la <136>
durata di tre anni. Quando Abramo lasciò la grotta, tornò alla
casa paterna. Nel suo cuore Abramo rifletteva sulla creazione del mondo e sulle
sfere celesti per sapere come servirle e come poter distinguere tra loro ed il
vero Dio. Osservò la luna, che con la sua luce faceva chiarore alla
notte, circondata dagli eserciti delle stelle. Disse in cuor suo "Questo
è Dio". La notte passò. Alla mattina, al levar del sole,
vide che la luce della luna scemava e il suo potere si indeboliva. Allora
pensò "Il sole è il vero Dio". All'imbrunire,
però riapparvero la luna e le stelle. Allora Abramo considerò
"certamente c'è chi governa questi luminari" ecc. In seguito,
quando Abramo venne salvato per miracolo dalla fornace di Nimrod, rivolse tutti
i suoi pensieri al Cielo e pronunciò "Benedetto il nome del Santo
Dio Unico a cui il sole, la luna e tutte le stelle si inchinano". Uno
potrebbe pensare che Abramo ebbe un maestro, ma non fu così. Dio aveva
donato ad Abramo due reni che erano come due fontane, che gli fornivano
saggezza, come sta scritto "Desideri la verità, fammi conoscere le
vie sicure e saggezza segreta".
Il Midrash,
inizio di parashat Lech-Lechà, riporta: Sta scritto nei Salmi (45, 8):
"Hai amato la giustizia ed hai odiato l'iniquità, perciò il
Signore, tuo Dio, ti ha unto con l'olio della gioia sopra gli altri".
Questo verso va riferito ad Abramo, nostro padre, che amava Dio e si
avvicinò alla Presenza Divina. Così, nella stessa misura, odiava
l'idolatria. Nella casa di suo padre venivano costruiti idoli e Abramo aveva il
compito di venderli al mercato. Cosa fece? Quando si presentava un cliente
desideroso di un idolo, Abramo prendeva un martello, colpiva la testa
dell'idolo, staccandogliela, e poi chiedeva "È questo che desideri?".
Ciò vedendo, l'acquirente se ne andava senza comprare niente. E Abramo
rifletteva: "Ma fino a quando dovremo inchinarci all'opera delle nostre
mani? Non sarebbe più giusto inchinarci e venerare la terra che produce
i frutti e ci alimenta?". Quando considerava, però, che anche la
terra necessita dell'acqua e che se non si aprono i cieli per far scendere la
pioggia, anche la terra non può produrre, cambiò opinione e
pensò: "Allora è più giusto rendere culto ai soli cieli".
Osservò poi il sole, che illuminava il mondo e dava vita alle piante.
Disse allora in cuor suo: "E giusto prostrarsi soltanto al sole".
Osservò però che anche il sole tramonta e scompare, per cui
disse: "No, il sole non è il vero Dio". Osservò poi la
luna e le stelle, che rischiarano la notte e pensò: "Forse è
giusto adorarli". Ma quando spuntò l'alba e scomparvero disse:
"Certo, questi non sono dei". E aggiunse: "Certamente esiste un
Dio che li governa, che fa si che uno tramonti e l'altro sorga, vicendevolmente".
A cosa è simile la cosa? Ad un uomo che procedeva per la sua strada e
arrivò <137>
ad un grande castello. Cercò di entrarvi e dopo averla circondato
tutt'intorno non vi trovò l'entrata. Chiamò più volte ma
non gli fu risposto. Alzò lo sguardo e vide della lana scarlatta stesa
su di un terrazzo. Passate alcune ore, vide del lino bianco steso sullo stesso
terrazzo. Quando si fece sera vide delle torce accese. Pensò allora:
"Certamente c'è qualcuno nel castello che mette a stendere e poi
rimuove le cose". Quando il padrone del castello vide il viandante
così assorto nei suoi pensieri, gli si mostrò e gli disse
"Sono io il padrone della città". Similmente avvenne con
Abramo, nostro padre ecc. fino a quando Ha-Kadosh Baruch-Hu gli disse:
"Sono Io il Padrone del Mondo". In Bereshit Rabà e Yalkut Shim'oni
sul verso "poiché Abramo ascoltò la mia voce": R.
Yohanan e R. Haninà dissero: Abramo aveva 48 anni, quando riconobbe il
suo Creatore". Etz Yosef scrive: Da questo si comprende che tutti
concordano sul fatto che Abramo iniziò a conoscere il Signore
all'età di tre anni e pervenne alla completa maturità di pensiero
a 48 anni".
43
Il Rambam, di
benedetta memoria, spiega (1): "Dopo essere stato svezzato ed
essere cresciuto, Abramo cominciò a porsi delle domande ed a riflettere giorno
e notte. Si domandava come fosse possibile che questo mondo alternasse il
giorno e la notte se non per una Guida, che lo rendesse possibile. Ma chi
faceva ruotare il mondo? Certo non poteva ruotare di moto proprio. Abramo non
aveva un maestro, né tantomeno qualcuno che lo istruisse, dal momento
che abitava tra gli stolti idolatri di Ur Kasdim. Anche i suoi genitori, il suo
parentado, la sua gente era idolatra. Il suo spirito però era in
fermento e il suo intelletto era così attivo che <138> arrivò da solo a percepire
la verità. Fu allora che comprese che esiste un solo Dio che governa il
mondo e alterna il giorno alla notte. Egli è il Dio che aveva creato il
tutto e non c'era altri all'infuori di Lui. Abramo capì che l'intera nazione
era nell'errore perché venerava gli astri del firmamento e adorava gli
idoli che essa stessa costruiva. Egli aveva 40 anni quando conobbe il suo
Creatore e, una volta conseguita questa conoscenza, iniziò a combattere
l'idolatria a Ur Kasdim e a fare proseliti nella nuova fede. Quando la gente si
raccoglieva ad ascoltarlo, Abramo insegnava loro, ciascuno a secondo della sua
capacità, la verità, fino a quando li convinceva a credere in un
unico Dio. Furono in tanti ad abbracciare la sua fede monoteista. Furono
costoro gli uomini della "Casa di Abramo", ai quali egli
insegnò il grande principio dell'Unità di Dio. Abramo scrisse
libri e li insegnò a suo figlio Isacco. Costui si sedette e li
studiò; a sua volta, li insegnò al figlio Giacobbe e a lui
ordinò di farli imparare a tutti coloro che erano al suo seguito.
Così Giacobbe li insegnò e li trasmise ai suoi figli e
separò il figlio Levi, nominandolo capo, affinché custodisse
costantemente questo studio secondo le vie di Ha Shem. Giacobbe comandò
ai suoi figli di non lasciare mai vacante questa occupazione dei figli di Levi,
cosicché lo studio non venisse meno. Fu così che i figli di
Giacobbe e quanti erano al suo seguito crebbero e si moltiplicarono e divennero
una grande nazione nel mondo, "la nazione che conosce" Ha-Shem. Col passare
degli anni, però, in terra d'Egitto, ripresero le usanze idolatre dei
pagani, ma non così la tribù di Levi, che non abbandonò
mai il comandamento dei Patriarchi e mai si macchiò di idolatria".
Nelle
"Leggi sulla lettura dello Shemà", scrive il Rambam:
"Quando Israele fu in punto di morte, raccolse i suoi figli e
comandò loro di seguire la strada dello Yihud Ha Shem come avevano fatto
Abramo e suo padre Isacco. E domandò loro: "C'è qualcuno tra
di voi che si è reso indegno e ha deviato dall'Unità del Padrone
del mondo?". Tutti risposero all'unisono "Ascolta, Israele, l'Eterno
è il nostro Dio, l'Eterno è Uno" (confermiamo ciò che
abbiamo ascoltato dal nostro padre Israele, che il Signore è il nostro
Dio ed Egli è Uno). Allora il loro anziano genitore pronunciò:
"Benedetto sia il nome della Gloria del Suo Regno in eterno". Vediamo
così che il nostro padre Abramo, la pace sia su Lui, insegnò al
mondo la vera fede monoteista. Egli scrisse anche libri che fece conoscere ai suoi
figli e ai suoi proseliti. Anche Ismaele venne incluso perché la
tradizione ci insegna che egli fece "teshuvà". Forse la
ricompensa del pentimento di Ismaele è che la sua discendenza, dopo
tante generazioni, meritò di diventare monoteista, poiché
Maometto la apprese dagli Ebrei. Per i discendenti di Giacobbe, <139> invece, non ci fu
mai interruzione e la fede nell'Unità di Dio rimase con i Leviti e con
una rimanenza di individui delle altre tribù, fino al tempo del nostro
grande Legislatore, Padre di tutti i Profeti e Capo di tutti i Hachamim,
Moshè Rabbenu, la pace sia su Lui. Fu a lui che l'angelo di Dio si
rivelò nel roveto ardente, in adempimento alla promessa che Dio fece ad
Abramo. Tramite la guida di Mosè, il Santo Benedetto redense i nostri
antenati dall'Egitto, li portò sul monte Sinai, li coronò con i
precetti, insegnò loro l'essenza della Sua Unità e
prospettò loro delle severe punizioni nel caso avessero commesso
idolatria. Quando fu vicino il tempo della morte di Mosè, Ha-Kadosh
Baruch-Hu gli rivelò ciò che sarebbe avvenuto alla fine del
periodo di esilio: "Adesso giacerai con i tuoi padri; questo popolo
però si allontanerà e si prostituirà alle divinità
delle altre nazioni presso le quali dimorerà" (2).
Così
è successo a noi. Siamo stati ingannati dallo Zohar, libro scritto da
Moshè de Leon e falsamente attribuito a R. Shimon b. Yohai, che ci fa
abbandonare il nostro Dio per sostituirLo con una falsa credenza in molteplici
divinità emanate. La grande maggioranza dei Rabbini e dei Hachamim,
però, non si è fatta scrupolo di indagare la fonte di quelle
mendaci parole e di quei concetti idolatri. Come ciechi e come pecore condotte
al macello hanno caricato su di loro la soma del suo vuoto fardello, credendo,
in buona fede, che R. Shimon b. Yohai l'avesse davvero scritto. E per questo
motivo che non si sono capacitati di riconoscere le trappole tese da questo
insidioso inganno. I Rabbini sbagliarono e le moltitudini furono ingannate.
Sottilmente, ma efficacemente, lo Zohar ha stravolto la pura fede con un
modello intricato ma sistematico di emanazioni "divine". Si tratta
invece di una credenza estranea alla Torà quanto le religioni vediche
dell'India. Ma la sua attrazione è molto forte perché le nuove
dottrine non furono rigettate e respinte a suo tempo. La prostituta si era
ormai infiltrata nel campo e nessuno era riuscito a fermarla o a trattenerla
dalla sua infame professione. Piano piano al suo inizio, ma con passo poi
sicuro, la falsa kabalà era divenuta la "Matrona", mentre la
vera Kabalà, trasmessa oralmente ed ininterrottamente da Moshè a
Rabì, a R. Ashi, a Rabina e a R. Yohanan di Israele, era diventata (Dio
ci salvi e ci perdoni) una disgustosa serva, sotto la quale la terra
mostrò la sua collera. E così siamo disonorati e la vergogna ci
ricopre, poiché abbiamo abbandonato l'inadulterata fede per sostituirla
con il pantheon dello Zohar. Gli Ismaeliti, però, sono rimasti fedeli
all'Unità di Dio. così è stato anche <140> spiegato da molti
Hachamim, tra i quali il Rambam, nella sua risposta ad un convertito, che i
musulmani credono all'Unità di Dio come noi. Per cui l'affermazione dei
nuovi kabalisti secondo cui la nostra fede dell'Unità di Dio è
dissimile da quella degli Ismaeliti è falsa. È la
"loro" fede che è differente, dal momento che consiste
nell'adorazione di un livello associato e di una creazione manifesta simile, in
sostanza, alla Trinità dei Cristiani.
1) Prima sezione di "Hilchot avodà zarà".
2) Deut. 31:16.
44
Con l'aiuto di
Colui che insegna la sapienza all'uomo, esaminiamo ora le parole di alcuni Saggi
che insegnano le illuminate Leggi, secondo le quali noi viviamo e per mezzo
delle quali entriamo nella saggezza della Torà e dei suoi precetti.
Abbiamo già riportato alcune parole del Rambam sull'argomento e
riportiamo ora quelle di R. Eliezer, autore di S. ha-Rokeah (1) :
"Quando si menziona il Nome in "Baruch Attà Ha-Shem"
(Benedetto sii Tu, o Signore) non bisogna pensare alla Gloria che apparve nei
cuori dei profeti, né tantomeno alla visione del Trono. Bisogna invece
pensare solo a Dio che è nei cieli, in terra, nell'aria, nel mare, e
ovunque; il Dio dei nostri Padri è Onnipresente, come sta scritto
"Ho sempre posto Ha-Shem davanti a me". Per quanto concerne
l'Unità di Dio, scrive: "A Te si addice ogni lode. Tu non sei
simile a tutti i Tuoi servi. Chi ha visto e conosce il Tuo segreto? Davanti a
Te è tutto chiaro e chi ha saggezza nel suo cuore deve conoscere i
fondamenti dell'Unità di Dio. Non esiste facoltà, né modo
che possa esprimere il segreto del Creatore e la Sua Essenza, poiché
tutto ciò che ha vita non Lo può vedere, né angelo,
né profeta. Egli creò tutto e tutto plasmò. Egli è
Uno e Uno soltanto. Egli non deve essere immaginato in forma alcuna, in
apparenza alcuna, dato che ciò che ha un aspetto ha anche uno scopo e un
limite, ma il Creatore non ha scopo, né sopra, né sotto,
né nelle quattro direzioni del mondo. Non c'è inizio né
fine alla Sua saggezza e alla Sua Onnipotenza. Solamente che "la potenza
delle Sue azioni rivelò alla Sua nazione" <141> per far conoscere la Gloria del Suo
Regno. Contemporaneamente, in un attimo, tutte le creature Lo chiamano e Lo
invocano, ciascuna turbata nel suo cuore da qualche avversità. Egli
risponde e ascolta tutti, poiché "vicino è a coloro che Lo
invocano". Pertanto, chi è saggio e intelligente, presterà ascolto
alle mie parole e non si affaticherà cercando di indagare sulla Sua
Essenza. Poiché nulla si può sapere del Creatore in quanto Egli
non è oggetto di creazione. "A chi Mi potresti paragonare e rendere
simile?" detto del Signore. Tutte le forme delle creature sono opera Sua.
Tutto ciò che può essere paragonato o immaginato nella creazione
non è possibile con il Creatore, poiché "Tu sei Dio e Tu
solo hai creato il mondo". "Poiché Tu Sei Grande e fai meraviglie".
"In principio Dio creò" senza fatica o lavoro. "Con la
parola di Dio i cieli furono creati". Comprendi nella tua saggezza che
Egli tutto riempie, nessuno può vederLo ed Egli non ha fine. Nulla che
è in te Gli è nascosto poiché è scritto "Io
riempio i cieli e la terra". La dimora della Sua Gloria è nei cieli
di sopra e la dimora del Suo potere è nelle Altezze Superiori. Egli
è il nostro Dio e non vi è altri all'infuori di Lui. "Se io
salgo ai cieli, Tu lì ti trovi. Se io mi trovo in fondo al pozzo Tu mi
sei vicino e la Tua mano mi solleverà". Il mondo con tutto
ciò che contiene non può contenerLo e a volte Dio parla tra i
capelli della testa (cioè la piccolezza che rivela la grandezza).
"Io riempio i cieli e la terra": Ecco l'amore per Israele, quando
Egli rivelò la Sua Gloria tra i due Angeli Cherubini. "E Dio vide
tutto ciò che aveva creato": Tutto ciò che è di sopra
e di sotto con un solo sguardo, sia questo mondo che quello a venire. Egli
è Uno. Egli creò il mondo senza altri mezzi. Soltanto con la Sua
volontà. Egli lo desiderò e così fu. Egli decretò
ed i cieli furono. Il Creatore non ha bisogno né di spazio, né di
posto, poiché Egli è esistito prima di tutte le esistenze. Non ci
sono limiti o separazioni davanti a Dio. Benedetto sia il Creatore, il Fattore
di tutto, Meraviglioso, il Nascosto e Occulto. Davanti al Creatore tutto
è privo di valore. Egli non ha né misura, né numero
delimitante. Egli è privo di lunghezza, larghezza, forma, volume
corporeo. Egli non ha congiunzioni, né membra, né ombra, né
luce, né vortici. A secondo della Sua Volontà, Egli fa che la Sua
voce sia sentita davanti alla Sua Gloria, il Creatore è Onnipresente.
Egli è privo di forma, di volume, di movimento, di massa corporea, di
associazione, di vincolo. Egli non necessita di alcunché. Egli è privo
di dimora e di spazio. Egli riempie i cieli, la terra, il mare, l'aria e tutto
il creato. Egli non ha né postura, né incedere, né
movimento, né affaticamento. Egli è privo di recipienti e non ha
strumenti con i quali lavorare. Egli crea tutto senza sforzo e senza lavoro.
Né gli occhi dei Profeti né di alcun altro essere hanno mai visto
Dio. Il Creatore precedette tutte le esistenze. Egli è <142> il Primo Vivente,
Grande, Onnipotente, Meraviglioso, Degno di Lode, Re esaltato ed encomiato. Da
Lui nulla può essere tolto o aggiunto. Egli non diminuisce, né
s'incrementa e non c'è termine alla Sua esistenza. "Anche se cerchi
il Tuo Dio lo troverai?" Scoprirai forse l'estremità di Shaddai?
Non c'è limite alla Sua comprensione e non c'è indagine alla Sua
Grandezza. Egli è l'Unico Creatore. Egli mostra la Sua Gloria quando e
come vuole; la visione della Gloria di Ha-Shem (2) come fuoco
divoratore o la visione di una luce informe sono impossibili a vedersi per
qualsiasi creatura. Soltanto la Voce è sentita ed una visione
meravigliosa viene percepita dal Profeta che esclama "Ho visto
Ha-Shem" (3). Egli mostra la forma della Sua Gloria come
decreta la Sua Volontà. A volte nelle sembianze di un uomo oppure in
altre forme. A volte Egli mostra la Sua Gloria sotto forma di grandi Eserciti,
che si uniscono uno con l'altro (Ha-Shem Tzevaot) oppure che si presentano con
corpi separati (Ha-Shem Elohei Ha Tzevaot). Fu da questa visione della Gloria e
dello Splendore che la Sua Voce veniva sentita. Ma, a tale proposito, non
immaginare e non pensare fallaci pensieri. Sii estremamente prudente con te
stesso, affinché il tuo corpo non cada nel peccato affermando che Egli
è suddiviso in membra, Dio ci scampi! "Con quale immagine Lo
potresti paragonare?". "Poiché non avete visto nessuna
immagine". (4) R. Shimon b. Yohai disse: "Persino gli
Angeli Servitori, la cui vita è lunga come il mondo non possono vedere
la sua Gloria". R. Eliezer continua ancora a lungo e conclude: "Il
Creatore ci comandò di proclamare la Sua Unità due volte ogni
giorno, "Dio è il nostro Signore. Dio è Uno". Questa
è la fede che deve essere appresa nel cuore e non semplicemente intesa
dalle orecchie. Con queste parole noi riconosciamo Ha-Shem come il nostro Dio.
Egli è Uno ed Egli ed il Suo nome sono tutt'Uno. "E lo riconoscerai
oggi e lo imprimerai nel tuo cuore che Ha-Shem è Dio nei cieli di sopra
e sulla terra di sotto e non vi è altri all'infuori di Lui". Egli
è il Primo ed è la Vita di tutte le creature. Non c'è
alcuno insieme a Lui. Egli è Uno e non deve essere immaginato in forma o
concezione alcuna. Osservate fino al fondo delle vostre anime
"poiché non avete visto immagine alcuna". "Con quale
immagine Lo potresti paragonare?" Poiché non esiste niente che sia
in qualsiasi modo simile all'Onnipotente Dio dell'Universo, Benedetto Egli sia
e Benedetto il Suo Nome in eterno.
1) Shoresh zechirat Ha-Shem.
2) A volte nominato Shechinà (Presenza Divina). <143>
3) "et Ha-Shem; et per includere la Sua Gloria (kavod).
4) Anche se è scritto "videro il Dio di Israele",
la Torà avverte in modo categorico "poiché non avete visto
immagine alcuna", poiché ciò che hanno visto era la
rivelazione della Sacra Gloria (kevod Ha-Shem).
45
Medita,
prezioso lettore, le parole di R. Eliezer sul vero Yihud Ha-Shem e sulla vera
fede, purificata da tutte le idee fallaci e immaginarie. Tali parole sgorgano
da una sorgente fedele, cioè la Tradizione dei Saggi del Talmud e dei
Midrashim. Esse sono in completo accordo con le parole del Rambam, di R.
Sa'adya Gaon, di Yehudà ha-Levi, di R. Behiye, ecc. i quali affermano
che il Glorificato è Uno e non c'è altra unità simile alla
Sua, che tutto ciò che può essere immaginato nel pensiero non ha
riscontro nel Creatore e che tutte le forme create non si trovano nel Fattore.
Dio non possiede aspetti, né tantomeno "partzufim", come i
nuovi kabalisti sostengono. Non è lecito evocare un simile pensiero,
né meditare sul Suo Essere o indagare sul Suo operato. Dicono infatti i
Saggi: "E non seguirete i vostri cuori" questa è negazione
(minut). Esiste infatti negazione maggiore di questa, credere cioè che
il Creatore possieda aspetti distinti, che hanno nomi distinti, attributi
distinti ed azioni distinte e che per mezzo della loro congiunzione essi diano
origine a nuove generazioni, ad anime di angeli, ad Israele e ad altre nazioni?!
Dopo aver descritto i vari partzufim, attribuendo loro i nomi dell'Eterno, a
cosa servirà poi mentire con la bocca, proclamando che Egli è
Uno? Le loro labbra hanno già espresso i pensieri del loro pensiero.
Anche se dopo li raggruppano in un'unità, può forse una parola
cancellare le intenzioni del loro pensiero?
La vera
Kabalà, accettata dal nostro popolo di generazione in generazione,
proclama che il nostro Dio, Benedetto Sia il Suo nome, non ha misura, né
limite, né lunghezza, né larghezza, né forma, né
corpo. Né tantomeno possiede una consorte che lo supporta!
Giacché l'Onnipotente non ha bisogno di aiuto. "Non c'è
indagine alla Sua Grandezza e non c'è fine alla Sua
Immensità". Egli è il Primo e non c'è inizio al Suo
inizio. Questa è l'essenza della nostra fede e della Kabalà
ricevuta direttamente da Moshè Rabbenu e da Abramo, il Primo Patriarca.
Non è dissimile alla fede <144> degli Ismaeliti che l'hanno ricevuta da Israele. Essa
deriva dalla stessa sorgente, da Abramo. Al nostro popolo fu però data
grande dimostrazione d'amore, perché il Signore ci ha condotti sul Sinai
e qui si rivelò a tutto il popolo. In tal modo permise a tutti i
presenti di ascoltare la Sua Voce che proclamava i primi due comandamenti.
"Io sono il Signore Dio vostro" e "Non avrai altri dèi al
Mio cospetto". E come nostra parte ci ha dato la Torà, i Precetti e
gli Statuti.
46
La
verità è nelle parole dei Saggi per cui Dio è Uno e non
esiste altra Unità simile alla Sua. Osserviamo ora in che modo il S.
ha-Rokeah elenchi le varie categorie di "miscredenti" (minim) (1)
: "Colui che afferma che il mondo opera da solo e non esiste un Dio che lo
governa".
"Colui che
afferma che il Creatore non precede tutto il resto". Così sostiene
anche l'autore dello Zohar, che crede che atik si rivelò a R. Shimon b.
Yohai e gli diede il permesso di rivelare il segreto per cui Dio è
composto da molte cause ed effetti, uno sopra all'altro; inoltre, aba è
il creatore che pronunciò "Sia la luce", "sia il firmamento",
"siano i luminari", ecc., ma fu ema che disse "facciamo
l'uomo" e adam kadmon disse "Vedete ora come Io Sono il Signore"
ecc.".
"Colui che
afferma che Dio ha una forma o un'immagine, come, ad es., un uomo con un
corpo" A tale riguardo, considera come i kabalisti spieghino il significato
recondito del verso "e Dio creò l'uomo a sua immagine" (2).
"Colui che
associa un attributo a Dio (shituf)". La dottrina dei kabalisti è
una dottrina di associazione, nella quale l'Eterno si manifesta tramite
emanazioni come un'anima in un corpo; questo è già stato spiegato
a proposito del loro rifiuto di recitare i primi quattro articoli di fede
dell'Yigdal Elohim Hai.
"Colui che
sostiene che la profezia nel mondo non deriva da Dio".
"Colui che
nega la Torà di Moshè Rabbenu, anche trattandosi di una singola
parola o di un singolo dettaglio".
"Colui che
sostiene che il Creatore non conosce i pensieri dell'uomo". <145>
"Colui che
afferma che una persona non viene giudicata in base alle sue azioni". Tale
è anche la credenza dei kabalisti che spiegano che i perzufim di atik e
di arich, più quelli che li sovrastano, non giudicano la persona in base
alle sue azioni e nessuno esce dal loro giudizio in uno stato di colpevolezza;
come il malvagio, così il giusto; tutto quello che una persona opera non
viene preso in considerazione da loro, poiché il giudizio spetta
esclusivamente a zeir anpin.
"Colui che
sostiene che non esiste l'aldilà e che non esiste ricompensa".
Tutti costoro
sono miscredenti e negatori che devono essere sottomessi ed umiliati fino a quando
non avranno fatto penitenza.
1) Shoresh ha-Teshuvà.
2) Come pure la loro credenza che ogni partzuf ha la sua
controparte femminile e la credenza nell'esistenza distinta di dieci sefirot di
kelipà, nominate "el aher" (altro dio). —
47
In S. Mitzvot
Gadol, sui precetti negativi, è scritto: "La prima mitzvà
consiste nel non credere che esista un qualsiasi dio all'infuori di Ha-Shem
Baruch-Hu, come sta scritto "Non avrai altri dèi al Mio
cospetto". Chiunque associa il nome di Dio ad una qualsiasi altra
entità viene estirpato dal mondo, come sta scritto "A Dio
soltanto", tale verso si presenta per punire (colui che non lo adempie),
mentre quello precedente si presenta come avvertimento".
Il Rambam,
sull'idolatria (1) scrive: "Per quanto concerne l'idolatria, il
comandamento essenziale consiste nel non servire alcuna creazione, né
angeli, né sfere celesti, né stelle, né uno dei quattro
elementi fondamentali, né tutto ciò che proviene dalle loro
associazioni. Anche se colui che li serve sa che Ha-Shem è Dio e
persiste in tale servizio, come la generazione di Enosh al suo inizio,
è, tuttavia, uno che pratica l'idolatria (avodà
zarà)". Nella generazione di Enosh, i popoli persistevano in un
grave errore, perché credevano che poiché Dio aveva creato le
stelle e le sfere celesti (galgalim) per condurre il mondo, le avesse messe in
alto affinché fossero oggetto di lodi, onori e adorazione, essendo esse
serve di Dio. <146>
E quindi Dio avesse piacere che le sue opere fossero magnificate, esaltate e
venerate, similmente ad un re che ha piacere a vedere onorati i suoi sudditi,
dato che l'onore loro è anche l'onore del re".
In Yalkut (2)
è scritto: "Non avrai altri dèi" ecc. R. Yossi disse:
"Perché sta scritto "altri dèi"?". Questo
è per chiudere la bocca alle nazioni del mondo, affinché non
dicano "se costoro (i loro dèi) fossero stati chiamati con il Suo
Nome (Elohim), allora sarebbero stati necessari e utili". Poiché,
infatti, furono chiamati con questi nomi "elohim aherim" (altri
dèi), sebbene non avessero sostanza? Quando avvenne che in verità
venivano chiamati con il Suo Nome? Avvenne durante la generazione di Enosh,
figlio di Shet, come sta scritto "Allora cominciarono a profanare il Nome
di Dio" (3). Fu allora che salirono le acque degli oceani e
inondarono un terzo del mondo".
In Midrash
Hefez di R. Zacharia ha-Rofè è scritto (4): "Non
ti farai alcuna scultura" (pessel); avrei potuto pensare che una scultura
scolpita sia proibita, ma non una informe; perciò poi dice
"né immagine alcuna" (temunà); forse non va riferito ad
una pianta; perciò dice: "non pianterai una asherà" (5);
forse non va riferito al legno, perciò dice: "qualsiasi
albero" (etz); forse non va riferito alla pietra, perciò dice:
"qualsiasi immagine scolpita nella pietra" (even mas'hit); forse non va
riferito all'oro, perciò dice: "qualsiasi divinità costruita
con l'oro"; forse non va riferito ai metalli, quali il bronzo, il ferro,
il piombo ecc., perciò dice: "non ti farai immagini di metallo
fuso". Potrei pensare che sia proibito costruirli ma non già
rappresentarli nella mente, perciò dice: "non avrai altri
dèi al Mio cospetto".
Similmente il
Rambam spiega (6) che chiunque trasgredisce questo precetto negativo
di "riconoscere" un qualsiasi altro dio, anche se nel solo pensiero,
ha negato Dio, giacché è questo il principio fondamentale sul
quale tutto il resto si appoggia". La halachà viene così
chiarita: chiunque immagina nel suo pensiero che esista un altro dio
posizionato "sotto il Dio superiore", anche se non ha compiuto azioni
idolatre, tuttavia, egli è considerato un miscredente ed eretico
(kofer).
1) Hilchot avodà zarà, inizio cap. 1 . 2.
2) Parashat Yitrò.
3) Genesi 4:26 — "Uhal" racchiude entrambe le accezioni
di "cominciare" e "profanare". <147>
4) Parashat Yitrò.
5) L'asherà era un albero che veniva adorato nei culti
antichi.
6) Hilchot Yesodè ha-Torà, cap. 1
48
Il lettore
intelligente capirà facilmente, da quanto abbiamo riportato, che le idee
dei nuovi kabalisti sono simili a quelle della generazione di Enosh, in cui i
fedeli pregavano i loro oggetti di culto con il nome di Dio. I nuovi kabalisti
chiamano ogni partzuf con un nome di Ha-Kadosh Baruch-Hu e affermano che le
preghiere e le benedizioni, stabilite dagli Uomini della Grande Assemblea,
debbano essere rivolte a zeir anpin, in congiunzione con i partzufim superiori,
nonostante siano essi stessi oggetto di creazione. Essi credono che la palese
contraddizione presente nella loro dottrina sia risolvibile, in quanto, a loro
dire, servono l'anima che è nei partzufim. La verità è
che, invece, essi hanno abbandonato la vera fede, quella espressa in tutte le
Sacre Scritture, tramandata con la Legge orale, per cui il nostro Dio,
Benedetto il Suo Nome, non è corpo, né anima di un corpo. Essi
teorizzano molti corpi e molti indumenti di Dio, descritti nei minimi
particolari, in cui vengono soffiate le "anime" dal loro Ein Sof,
trascendente e irraggiungibile alla preghiera dei mortali. Tutte le mitzvot ed
i racconti della Torà sono in rapporto con il "Corpo del Re"
(gufa d'malka) e le sue mani, i suoi piedi, ecc. Essi sostengono che anche
quando si parla del corpo della sefirà, o della sua anima o del suo
indumento, si tratta comunque di un'entità completa, perché tutti
i partzufim derivano dall'essenza dell'ein sof, come "una chiocciola il
cui guscio fa parte del corpo". Così si sviluppa la catena, come un
figlio da suo padre, per cui zeir anpin viene chiamato figlio di aba e di ema.
E lui che regna sopra tutte le creazioni e le alimenta, in ottemperanza ai
comandi di suo padre e di sua madre!
Chi ha un buon
orecchio non potrà che inorridire. Ma il Creatore che ci ha fornito gli
orecchi ci ha dato anche uno spirito di comprensione e di discernimento per
capire che il loro pensiero è analogo a quello della generazione di
Enosh, che teneva in grande onore i parto della propria immaginazione e
attribuiva loro il nome <148>
di dio, servendo tali creazioni fantasiose, convinti di attirare l'influsso del
Dio Superiore! E se uno volesse sostenere che la generazione di Enosh era
veramente idolatra perché si prostrava ad immagini materiali create
dalle loro stesse mani, mentre i kabalisti si guardano bene dal servire idoli
materiali, ma parlano solo di aspetti simbolici, noi gli risponderemo che
è esattamente la stessa cosa. Ma è l'idea di base che li
accomuna. I nostri Saggi ci hanno spiegato che la proibizione non riguarda solo
colui che costruisce con le sue mani un idolo, ma anche colui che lo ha
partorito nel suo pensiero, perciò è scritto "Non avrai
altri dèi al Mio cospetto". Tale è anche il significato del
verso "affinché tu non alzi gli occhi al cielo ed, ecco, vedendo il
sole, la luna, le stelle, tu elevi il pensiero" ecc. Tutto è qui
incluso. Anche pensare a "divinità" e "poteri regnanti"
di qualsiasi creazione ed emanazione. Vengono tutti inclusi nella categoria di
"Schiere Celesti", per le quali la Torà ci ha severamente
proibito il servizio. Anche se non li si chiama con il nome di Dio, essi hanno
sostanza. Dio ha creato gli elementi, non perché siano venerati, ma
perché il mondo proceda secondo la Sua Volontà. Essi sono
servitori che stanno davanti al Re, pronti ad eseguirne la volontà.
Così è scritto "Migliaia di moltitudini Mi servono e
innumerevoli Mi stanno davanti". Essi non devono essere oggetto di culto,
perché il servizio va solo ad Ha-Shem, la nostra Rocca. Egli solo
è il potente Creatore dell'Universo ed Egli solo è vicino a
coloro che Lo invocano con sincerità d'intenti. Ed anche se tutte le
creazioni Lo chiamassero contemporaneamente, il Glorificato, in quello stesso
momento, ne ascolta la preghiera e risponde ad essa, esaudendo la richiesta se
la persona lo merita, in base alle sue azioni. Poiché soltanto le
cattive azioni della persona impediscono che la richiesta venga esaudita, come
è scritto "Concedi all'uomo secondo la sua intenzione, secondo il
frutto delle sue azioni", ed è anche scritto "poiché i
vostri peccati vi separano dal vostro Dio".
49
In Sanhedrin (1)
, sul verso in cui Israele proclama la lode al vitello d'oro "Questi
è il vostro Dio (i vostri dei), o Israele, che vi hanno fatto salire
(he-elucha con la "vav", al plurale) dalla terra di Egitto",
è scritto: "R. Yehudà disse: Se non per la "vav"
di he'elucha tutti i nemici di <149>
Israele sarebbero stati distrutti; R. Shimon b. Yohai gli rispose: (in tutti i
casi) chiunque associ il nome di Dio con qualsiasi altra cosa viene estirpato
dal mondo, come sta scritto "a Dio solo". Che cosa viene ad
insegnarci, dunque, la parola "he-elucha" ? Che desideravano molti
dei. R. Yehudà ritiene che la "vav" o segno plurale di
he'elucha (rendendo così eloheha, i vostri dèi) indica la loro
credenza in una pluralità di divinità, mentre se il vitello fosse
stato inteso al singolare avrebbe potuto essere associato ad un unico dio.
Pertanto il loro peccato sarebbe stato meno grave e Israele avrebbe meritato la
distruzione di tutti i suoi nemici. E R. Shimon b. Yohai ritiene, d'altro
canto, che il loro peccato sarebbe stato meno grave perché si tratta di
associazione e chiunque "associa" non merita la distruzione dei suoi
nemici.
Distinguete
bene tra la vera Kabalà dei Saggi e quella dei nuovi kabalisti. Questi
ultimi sostengono che Ha-Kadosh Baruch-Hu, nella Sua più elementare e
semplice Essenza, non è l'oggetto delle nostre preghiere e così
l'intenzione delle nostre azioni non va rivolta a questo aspetto di assoluto.
Egli da solo non è in grado di aiutare, né ha la facoltà
di redimere alcuno, se non si è prima congiunto con i partzufim e in
particolare con zeir anpin. Solo allora si può parlare di servizio, di
preghiera e di benedizione. E necessario però congiungere zeir anpin con
la sua controparte femminile, come pure con gli altri cinque partzufim. In
questo modo la preghiera sarà esaudita, perché viene attuato il
giusto modo di combinare Dio con i suoi attributi. Questo è vero e
proprio "shituf"! Perché, secondo loro, Dio da solo non
è in grado di operare se non si è prima congiunto con i
partzufim. Non c'è "associazione" maggiore di questa! E
proprio a R. Shimon b. Yohai, che nella vera Kabalà del Talmud era stato
il più esplicito ad avversare le associazioni e le congiunzioni,
è stata attribuita la falsa kabalà dell'autore mendace dello
Zohar! Ma la fede pura e incorrotta consiste nel credere, in modo assoluto, che
Dio solamente ha il potere e il regno sopra tutte le creazioni ed è
grazie alla Sua Bontà che queste sono entrate in esistenza. Nelle
preghiere, nelle azioni e nelle mitzvot comandateci, la nostra unica intenzione
deve essere rivolta ad Ha-Shem, alla Causa Prima priva di congiunzioni o di
associazioni di alcun genere. Poiché tutto ciò che esiste ha
bisogno di Dio, ma Dio non ha bisogno delle Sue creazioni. Ho sentito poi
qualche stolto argomentare che l'associazione si attua solo quando uno la
esprime a parole; questo è falso, perché quando uno pronuncia una
<150> benedizione
o una preghiera e menziona il Nome, mentre la sua vera intenzione è
quella di associarLo con un altro potere e un'altra emanazione, egli, in
realtà, sta compiendo un atto di idolatria. Leggiamo quanto è
scritto in Kiddushim (2): "Ciò che è scritto:
"Affinché tu ricerchi la Casa di Israele dentro ai loro cuori"
va riferito al pensiero di idolatria. Perché è sufficiente che
uno lo pensi per essere considerato tale anche nell'azione. Cosicché
chiunque si rivolge a zeir anpin pratica l'idolatria. È su di lui che
vanno riferite le parole del Rambam "Tu sei vicino nelle loro bocche, ma
lontano dai loro lombi (pensieri)".
1) Cap. Dalet mitot.
2) Kidushin 39 e Hullin 142.
50
Leggiamo ora la
Ghemarà in Menahot (1) : "R. A. ben Yitzhak ed alcuni
dicono R. Yehudà disse nel nome di Rav: "Da Tiro a Cartagine
riconoscono Israele ed il loro Padre in cielo, ma da Tiro ad ovest non
riconoscono né Israele, né il loro Padre in cielo". R. Simi
b. Yihia risolveva una contraddizione davanti a Rav. Sta scritto "Dal
levarsi del sole fino al suo tramonto (2)". Gli altri
chiamavano il Dio d'Israele il "Dio degli Dèi". Il Maharsha
spiega questa passo: menziona prima Israele, poiché è tramite
Israele che la conoscenza dell'Onnipotente veniva resa nota al mondo e
così Egli è il Dio d'Israele la cui Provvidenza sovrasta tutta la
terra, così come il loro Padre in cielo; ma da Tiro verso ovest, siccome
non riconoscono Israele, non hanno conoscenza del loro Padre in cielo, la cui
conoscenza è in questo mondo; credono invece che Egli è il Dio
degli Dèi (Elohei ha-elohim), che trasmette alle divinità
sottostanti il potere e il regno, mentre Egli stesso non scruta il mondo
inferiore.
Rivolgete il
vostro cuore, preziosi lettori, alla vera sapienza dei Saggi. Aprite i vostri
occhi per vedere la luce e così vi convincerete che l'opinione dei
kabalisti secondo cui l'Eterno è al di sopra di ogni pensiero
concepibile per cui bisogna pregare solo zeir anpin (che ha ricevuto il potere
regnante) e chi si rivolge
<151> a Dio Altissimo (da loro nominato Ein Sof) non viene
esaudito, concorda esattamente con l'opinione summenzionata delle popolazioni
ad occidente di Tiro e ad oriente di Cartagine. E coloro che sono dell'opinione
che il Nostro Padre nei Cieli è troppo in alto, per scendere ad interessarsi
degli eventi dei livelli inferiori, ragiona come i nuovi kabalisti, che hanno
spiegato che i cinque partzufim hanno delegato a zeir anpin il potere regnante
e lui si occupa degli avvenimenti umani. Ben si adatta la rampogna del profeta
Isaia ad Israele "È troppo corta la Mia mano che Io possa redimere?
Non ho forse la potenza per salvare?"... se non che venga aiutato dai
partzufim che sono sotto a me? O li abbia delegati al posto Mio? Ma la Causa
Prima comandò chiaramente di non servire altre creazioni. Egli non
è il potere dentro ad un corpo come sostengono i nuovi kabalisti (3).
1) Cap. Harei alai issaron, pag. 110.
2) Per indicare che tutto il mondo riconosce Dio.
3) Zohar, Balak, 191 e Ha'azinu, 292.
51
Così bisogna
proclamare manifestamente che l'intera dottrina dello Zohar, relativa a Dio,
contrasta con la fede di R. Shimon b. Yohai, che disse "Chiunque associa
il Nome di Dio ad una qualsiasi altra cosa viene estirpato dal mondo".
È una volgare profanazione ritenere che il pio Tanai, R. Shimon b.
Yohai, o chiunque altro tra i Saggi, abbia mai pensato o affermato che si debba
servire zeir anpin, congiungendolo nel pensiero ad Ha-Shem Elohenu, che sarebbe
l'anima di questi partzufim; inoltre, le preghiere ai partzufim andrebbero a
questa "neshamà" che è parte dell'ein sof; che ognuno
dovrebbe unire i partzufim maschili e femminili, rappresentati nel Tetragramma
("Yod", hochmà nominato aba; la prima "he", binà
nominata ema; "vav", tifferet cioè zeir anpin; l'ultima
"he", malchut cioè nukve); che la prima menzione del Nome in
"Shemà Israel" va riferita ad aba, Eloheinu ad ema, mentre la
seconda menzione del Nome va riferita a zeir anpin (tiferet) e Uno sarebbe
malchut; infine, che bisogna <152>
congiungerli e legarli insieme, cosicché i quattro diventano uno. (1)
Per loro Yihud (unità) significa congiungere e combinare nel
pensiero le diverse categorie immaginate e disegnate nella loro fantasia come
"luci separate", finché diventano un'unità. Per questo
dicono "Per l'amore di congiungere Kudshe Brich Hu con Shechinte, per
unire il nome "yod" con la "he" ecc. (2). Quando
il fedele pronuncia questa frase deve tenere in mente aba, ema, zeir anpin e
nukve, indicati nel Tetragramma, insieme con arich e atik, accennati nel
"punto della yod". Quando i Saggi dissero che un sacrificio veniva
portato per sei motivi e cioè il sacrificio in sé, per colui che
lo presenta, per Ha-Shem, per il fuoco, per il profumo e per il piacere (la
Ghemarà spiega che il piacere è quello di Dio in quanto viene
adempiuta la Sua Volontà), perché non inclusero anche la formula
"per l'amore di Kudshe Brich Hu e Shechinte?". Il motivo è
semplice: i Saggi ritenevano che Ha-Shem Baruch-Hu fosse Unico, di
un'Unità Assoluta, dissimile da qualsiasi altra unità. Non
c'è bisogno di unirLo da parti separate, né tantomeno
congiungerLo e associarLo con i differenti partzufim. È pura blasfemia
permettere a tali idee di entrare nel cuore e nel pensiero, perché sono
del tutto estranee alla Sacra Torà. Mai siamo stati comandati di unire,
congiungere e associare ha Shem ad un'altra creazione; la nostra fede ci impone
di credere e riconoscere che Egli è Uno, come sta scritto "E tu
riconoscerai questo giorno e lo imprimerai nel tuo cuore che Ha-Shem è
il nostro Dio nei cieli di sopra e sulla terra di sotto, né vi è
altri con Lui".
1) Zohar va-ethanan, 263 A.
2) Questa espressione è persino entrata nei testi di
preghiera, a seguito dell'influenza dei kabalisti che pronunciano tale formula
prima di iniziare un rito o una preghiera.
52
In S. Mitzvot
Gadol è scritto (1): "È un precetto positivo
credere e ascoltare (ricevere su di sé) che Dio è <153> Uno nei cieli e
sulla terra e nelle quattro direzioni del mondo, come è scritto
"Ascolta, o Israele, il Signore nostro Dio, il Signore è Uno".
"Ascolta" significa "ricevere", come in "Tu ascolterai
i Cieli" ecc. (nel senso "tu riceverai su di te il giogo del
cielo"). Questo è differente da ogni altro "uno"; un re
è uno nel suo paese ma non è uno in tutti i sensi; ci sono
infatti uomini nel suo paese simili a lui e così anche ce ne sono in
altri paesi; se un angelo scendesse sulla terra, ci sarebbe un angelo nella
terra, ma non è uno in tutti i sensi, dal momento che esistono altri
angeli nei cieli che gli sono simili. Ha-Shem Elohenu, invece, è Uno in
tutti i sensi. R. Sa'adya Gaon rispose ai miscredenti che sostenevano che Egli
è due o tre. "Se uno non può fare qualcosa senza l'aiuto di
un altro, tutt'e due sono deboli; se uno, invece, è in grado di
sopraffare l'altro, entrambe sono costretti; se ambedue sono liberi di fare
ciò che vogliono, allora quando uno desidera la morte di un uomo, per
fare un esempio, e l'altro ne desidera la vita, sarebbe logico che lo stesso
mortale vivesse e morisse contemporaneamente; e se uno dei due fosse in grado
di celare una cosa all'altro, sarebbero costantemente in azione e si
affaticherebbero (perché uno deve annullare l'azione dell'altro)".
Il Gaon continua nella spiegazione, ma a noi è sufficiente comprendere
che tutto Israele possiede questa fede, impressa fermamente nei cuori, per la
quale il Fattore di tutto è Uno, come è scritto "Dio
è Uno" e così anche "Vedi ora che sono Io, Io sono Dio
e non c'è altri con Me". Osserva e medita, prezioso lettore, le
succitate parole del S. Mitzvot Gadol e di R. Sa'adya Gaon. Ai loro occhi la
nostra fede è un dato di fatto semplice ed è estraneo a qualsiasi
idea innovatrice. La nuova kabalà, invece, rende l'idea di Uno diversa
da quello che è. Un paio significa due. I nuovi kabalisti credono che
Dio contenga e includa in sé più partzufim, prima cinque e dopo
dodici nel mondo di atzilut, non considerando pure gli innumerevoli partzufim
sopra i mondi di creazione, formazione, azione e materializzazione. Ciascuno di
questi partzufim viene associato alle lettere del Tetragramma, ad Adonai, ad
Elohim, a Ha-Kadosh Baruch-Hu. I loro livelli sono divisi e distinti l'uno
dall'altro. Ogni partzuf non può creare, dare la vita o la morte, se non
ha prima preso il permesso dal partzuf sovrastante; come gli ufficiali di un re
che danno ordini ai sottoufficiali, i quali, a loro volta, li trasmettono ai
graduati minori e infine a tutto l'esercito; e ognuno opera a seconda del suo
ruolo, mentre trattandosi di decisioni importanti ci si attiene solo ai decreti
dei superiori. Essi chiamano questo Re Superiore adam kadmon; fu lui che
pronunciò "vedete, ora, che sono Io, Io solo il Dio e non
c'è altro dio con Me" e anche "Io faccio morire e faccio
rivivere", siccome questo <154>
adam kadmon è l'inizio dei partzufim di atzilut e non c'è nessuno
sopra di lui che rifiuti la sua decisione. È davvero strano che adam
kadmon non abbia bisogno di prendere permesso da adam kidma'a, che lo sovrasta
e lo spazio del quale è colmato da innumerevoli mondi, oppure dall'Ein
Sof, il Dio Superiore, che tutti sovrasta.
Abbiamo
così visto che fino al tempo del S. Mitzvot Gadol la fede di tutto
Israele era esclusivamente nell'Unità che non ha pari e questa, senza
dubbio, è l'opinione della Sacra Torà, sia scritta che orale, e
di tutti i Saggi del Talmud. Diversa è però l'opinione dei nuovi
kabalisti che mentono quando proclamano che Dio è Uno, ma, nei loro
cuori, credono che Egli sia composto da molte cause ed evoluzioni che si
susseguono e che ogni causa viene chiamata Ha-Kadosh Baruch-Hu, Dio ci salvi!!
1) Precetti positivi.
53
Il Ram, autore
di S. ha-Ghedarim, sul significato di "emunà" scrive:
"Emunà (fede, credenza) è quella immaginata nell'anima, tale
come lui la rappresenta, sia essa vera o falsa, dal momento che il credente
desidera immaginarla così". "Vera emunà" è
tale quando uno crede che la cosa da lui immaginata nel pensiero esista nello
stesso modo fuori dal suo intelletto; poiché il credere non è
ciò che uno esprime con il linguaggio bensì ciò che uno
afferra e immagina nel pensiero e nel sentimento (il credere segue ciò
che si è già formato nel pensiero). Se questa credenza è
tale, che risulta impossibile cambiarla in qualche modo, essa è una fede
vera e duratura, perché concorda con la realtà e non può
venir scambiata con qualsiasi altra cosa, opposta ad essa. È allora che
egli crede nella verità". (1) Il commento a lato riporta
le seguenti spiegazioni: — "Emunà è quella immaginata
nell'anima" — ciò viene ad escludere <155> l'opinione secondo la quale la fede non
è qualcosa da poter essere "afferrata" nella mente,
perché essa non è tale (la fede infatti deve essere compresa,
giacché uno deve capire ciò in cui crede. — vera emunà —
ciò si rifà alle parole del Rambam nel Morè Nevuhim, che
scrive: "La vera fede comporta tre elementi, che devono essere tra loro in
completo accordo: la forma nel pensiero, la fede nel cuore, la realtà;
come, ad esempio, quando uno immagina nel suo pensiero la forma di un leone e
crede nel suo cuore che tale sia nella realtà delle cose, fuori di se stesso;
dal momento, però, che l'anima non si soddisfa con la fede, se non alla
condizione che l'intelletto sia d'accordo, diventa incombente sulla persona
rafforzare la nostra fede e le nostre convinzioni, relative alla Torà,
per mezzo dell'indagine intellettuale e la concordanza con altri studi,
parallelamente allo studio della Torà. Poiché, una volta
combinatisi insieme, l'anima si rafforza nella sua fede. Così la
verità e la fede si appoggiano vicendevolmente e insieme raggiungono la
perfezione e per sempre saranno unite nel cuore". Continua il Ram:
"Ci sono però alcuni sedicenti saggi che sostengono che la fede
sublime sia quella che è in antitesi con l'intelletto. Essi sono stati
influenzati dalla dottrina cristiana. Ma questa, tuttavia, non è
l'eredità di Giacobbe, poiché la nostra fede non viene traviata
dall'intelletto; come è scritto: "Non paragonare Israele con le
altre nazioni, che non sono uscite dalla confusione e che nelle loro opinioni.
cadono in contraddizione". Così nel Kusari è scritto
(ma'amar 6): "È una profanazione attribuire a Dio qualcosa di
falso, dire che Egli ha incluso nella Torà qualcosa che l'intelletto
respinge e considera fallace. La persona istruita capisce chiaramente che la
maggioranza delle mitzvot non fu concessa affinché venisse studiata solo
dalla Torà scritta ma anche dai chiarimenti dei Saggi di benedetta
memoria nella Tradizione orale. La mitzvà che riguarda l'Unità
è quella di credere che Ha-Shem Baruch-Hu è il vero ed
indivisibile Uno. A questa fede si arriva, dopo aver negato tutti i casi, gli
attributi e gli antropomorfismi (2). È il credere nella
assoluta necessità del Suo Essere Unico senza mutamento alcuno. Esistono
anche concetti non spiegati nella Torà scritta ed orale, i quali, se uno
crede in essi in un modo non corretto, rendono impossibile la completezza della
fede".
Così
scrive anche il Hovot ha-Levavot "Solamente il Profeta o il vero e
completo Hacham è capace di servire la Causa Prima". Pertanto
è una mitzvà per noi studiare nei libri di filosofia e di
teologia quei passi che chiariscono tali mitzvot, al fine di non errare nella
nostra fede". <156>
1) Dunque il rapporto emunà-fede, emet-verità.
2) Hagshamot: il senso non è soltanto
"antropomorfismo" ma anche l'attribuire a Dio una qualsiasi
qualità presente nel mondo materiale.
54
Quanto in
precedenza espresso secondo cui la mitzvà dell'Unità di Dio viene
inclusa nella categoria di "concetti" non spiegati nella Torà
scritta ed orale appare strano ai miei occhi per vari motivi. È noto che
il metodo usato dai Saggi della Mishnà e del Talmud era quello di
menzionare ciò che si sarebbe potuto dubitare per quel che riguarda la
cosa proibita (assur) e quella lecita (mutar). Quando, però, non
esisteva dubbio alcuno, il Tanai non la menzionava. Ecco quanto spiega il
Rambam (1) : "Soltanto le cose che potevano essere messe in
dubbio, in relazione al loro essere proibite o permesse, vennero spiegate nella
Mishnà; il proibire qualcosa che uno avrebbe potuto pensare fosse
permesso o il permettere qualcosa che uno avrebbe potuto pensare fosse
proibito. Le cose ben conosciute, però, non vennero menzionate nella
Mishnà. È per questo motivo che quando la Mishnà tratta di
una cosa ben conosciuta, la Ghemarà domanda sempre: ma questo non
è semplice (peshità)? E dopo: "Cosa ci viene ad insegnare (
= Mai k'mashma lan)? È già stato chiarito dalle parole del S.
Mitzvot Gadol che l'Unità di Dio (almeno fino al tempo in cui
uscì quel libro) era fermamente radicata nei cuori di tutto Israele.
Quanto di più all'epoca dei nostri Saggi della Mishnà e del
Talmud. Peraltro, il concetto viene ribadito in molti punti della Torà,
dei Profeti e nelle Sacre Scritture: "Ascolta, o Israele, il Signore,
nostro Dio, il Signore è Uno". "E riconoscerai questo giorno e
lo imprimerai nel tuo cuore che Ha-Shem è Dio nei cieli di sopra e sulla
terra di sotto, né vi è altro dio". "Non c'è
altro dio all'infuori di Lui". "Vedi, ora, che sono Io, Io sono Dio e
non c'è altro Dio con Me". "Dio governa da solo e non vi
è un altro dio con Lui". "Io ho steso i cieli da solo, chi era
con Me quando stesi la terra, chi Mi ha preceduto?". Ci sono in
verità, molti versi che trattano la Sua Unità e il Suo Essere <157> Primo. Questa
convinzione era ben radicata nella nazione di Israele e pertanto non c'era
bisogno di spiegazioni. Inoltre la negazione di un qualsiasi pensiero materiale
o antropomorfico viene espressa in più punti nella Torà scritta:
"Poiché non avete visto immagine alcuna". "Avete
ascoltato la Voce, ma nessuna immagine avete visto". "Con chi Mi
potresti paragonare o confrontare?". "A chi Mi renderesti
simile?" Così anche la negazione di un qualsiasi cambiamento in
Ha-Kadosh Baruch-Hu, nel verso: "Io sono Iddio, non sono cambiato".
I Saggi,
tuttavia, si sono permessi di citare, nel Talmud e nei Midrashim, le domande
dei miscredenti e dei negatori della nostra fede, riportando così le
loro risposte, per cui c'è materiale a sufficienza per insegnare il
giusto modo dell'Yihud Ha Shem. Più tardi questi argomenti furono
discussi da R. Sa'adya Gaon, Rambam, R. Behiya, R. Eliezer di Garmiza, R.
Yehudà ha- Levi ed altri. Inoltre i Saggi cercarono di minimizzare, per
quanto possibile, l'uso di nomi descrittivi, che potessero far pensare a due
poteri regnanti, così, ad esempio, colui che dice "Ascolta,
ascolta" oppure "ringraziamo, ringraziamo" viene subito zittito.
(2) Troveremo ulteriori spiegazioni della vera Kabalà,
relativa all'Unità del Nome, studiando con attenzione i Targumim
tramandati dai Saggi, ossia il Targum di Onkelòs, il proselita che
tradusse la Torà grazie alla tradizione diretta di R. Eliezer e R.
Yehoshua; e anche il Targum di Yonatan b. Uziel, l'allievo più anziano
di Hillel, che tradusse i Profeti rimanendo fedele alla tradizione ricevuta da
Hillel. Essi hanno inculcato al popolo la vera Fede e hanno fissato le giuste
interpretazioni dei versi, affinché non sorgesse qualche dubbio nella
tradizione trasmessa e accettata. (3) Ed a tale riguardo i Saggi si
espressero: "Colui che traduce un verso alla lettera ne falsifica il
significato" poiché il verso si esprime con un linguaggio lato,
associato, sincopato, preso in prestito (da altri aspetti), anacronistico.
Perciò deve essere tradotto esattamente come è stato trasmesso e
ricevuto dai Saggi. Nel Talmud si racconta che quando Yonatan b. Uziel terminò
di tradurre i Profeti "una voce (bat kol) scese e disse "chi ha
rivelato questi segreti ai figli di Adamo?". Anche R. Yosef aveva spesso
affermato: se non per il Targum di questo verso non ne avremmo compreso il
significato.
Nel Midrash
ha-Gadol <158> sul
verso "Videro il Dio di Israele" (4): R. Eliezer disse:
Colui che traduce il verso alla lettera lo falsa e colui che aggiunge
alcunché al verso è blasfemo e schernitore; ad esempio, se uno
traduce il verso "Videro il Dio d'Israele" alla lettera lo ha falsato,
perché Dio vede ma non è visto; se, però, lo traduce
"Videro lo Splendore (Yekar) della Presenza Divina (Shechinà) del
Dio d'Israele" è blasfemo perché, così traducendo,
hanno formato una trinità (yekar, shechinà, el)." (5) Contro
la credenza della Trinità, proposta nel periodo mishnaico dai discepoli
di Gesù, i Saggi spiegavano il verso "Io sono il Signore, tuo Dio
che ti ha fatto uscire" ecc. (6): Ha-Kadosh Baruch-Hu disse: un
re di carne e sangue ha un padre o un fratello o un figlio, ma Io no, poiché
"Io sono il Primo" per cui non ho un padre e "Io sono
l'Ultimo" per cui non ho un figlio e "all'infuori di Me non
c'è altri" per cui non ho un fratello".
Ma ecco che
anche i nuovi kabalisti hanno adottato la credenza cristiana del Padre, del
Figlio e dello Spirito Santo, come si può capire dalle parole dell'Oz
l'Elohim: (7) "Dal momento che malka d'kol kadishin non
è mai separato da esso e splende nel cuore di zeir anpin, il cuore di
atzilut, viene anch'esso chiamato "la luce scura" (buzina d'kardinuta),
che risplende nel cuore di zeir anpin di atzilut. Così, quando viene
chiamato con questo nome, il riferimento va all'anima e non al suo indumento,
come avviene con gli altri nomi. È lui che è chiamato Re dai
figli d'Israele. Egli è il nostro Re e noi siamo i suoi sudditi ed a Lui
vanno le nostre preghiere e le nostre intenzioni; persino aba ed ema sono
scrupolosi nell'onorare questo figlio e lo temono perché Egli è
il Re che regna su tutto; e sebbene questo Sacro Figlio sia originato da aba ed
ema, spiegheremo in seguito che Egli è fondamentale; per adesso vi porto
un esempio. Se c'è un re che ha un padre e una madre, chi è
giusto servire? Certamente il re, ed anche suo padre e sua madre hanno bisogno
di lui, perché è lui il re. È su di lui che fu pronunziato
il verso "nashkù bar pen ye'enaf" (8) (spiegato
nello Zohar) "Bacia le mani di questo Figlio Sacro" poiché a
lui fu concesso il regno su tutti ecc. Perciò anche aba ed ema hanno
bisogno di lui".
Quanto
riportato è in netto contrasto con il Midrash summenzionato e con quanto
è scritto nel Talmud Yerushalmì (9): Qual è il
sigillo (hotam) di Ha-Kadosh Baruch-Hu? R. Babi nel nome di <159> R. Reuben:
"Emet" (verità). Cos'è la verità? R. Bun disse:
Che Egli è il Dio Vivente e il Re dell'Universo; Reish Lakisk disse:
"Alef" è la testa dell'alfabeto, "Mem" è nel
mezzo dell'alfabeto, "Tav" è l'ultima lettera dell'alfabeto (10):
questo ci insegna che "Io sono Ha-Shem, il "Primo" che non ha
ricevuto da nessun altro"; "all'infuori di Me non c'è altro dio
che non ha alcun socio"; "l'Ultimo sono Io" che non lo
darò mai (il mio onore) ad un altro.
Nella versione
di Shir ha-Shirim Rabbà si legge: (11) Reish Lakish disse:
"Cos'è la verità? Che non ho ricevuto il Mio regno
(malhutì) da un altro; che non esiste un secondo ecc. L'Etz Yosef spiega
che questi tre fondamenti, l'essere Primo, l'essere Uno e l'essere Eterno,
appartengono solo a Dio.
Vediamo quindi
che lo Yerushalmì, il Shir ha-Shirim Rabbà e Shemot Rabbà
sono in completa concordanza con i principi della Sua Unità che,
più tardi, vengono ripresi dal Rambam. Lo Zohar ed i kabalisti, invece,
contraddicono questi principi, perché influenzati dalla credenza nella
trinità! Siccome al tempo dei Saggi Israele era fermamente radicato
nella fede dell'Unità del Nome, non c'era bisogno di spiegare nella
Mishnà e nel Talmud che chiunque considerasse l'esistenza di emanazioni
originate dal Creatore e affermasse che esse fossero "Uno" con il
loro Emanatore, stesse compiendo un atto di idolatria. Tale infatti fu il concetto
che si affermò in seguito con la fede cristiana del Messia. Tuttavia,
già dapprima si era espresso in tal senso R. Shimon b. Yohai quando
disse: "Chiunque associ al Nome di Dio una qualsiasi altra entità
viene estirpato dal mondo". Pertanto S. Mitzvot Gadol scrisse che non era
necessario dilungarsi, perché tutto Israele era radicato fermamente
nella sua Fede dello Yihud Ha-Shem.
1. Commento alla Mishnà, cap. 7 Berachot.
2. Vedi qui cap. 25.
3. Spiegato da Rambam e R. Sa'adya Gaon. Vedi introduzione generale
di R. Adler, autore di Netinà la-gher.
4. Shemot Rabà, parashat Mishpatim.
5. Vedi riferimento in fine meghilà sull'espressione di R.
Nissim. In ogni caso, la giusta traduzione è "Videro lo splendore
del Dio di Israele". —
6. Midrash Rabbà, parashat
Yitrò.
7. Beit kodesh ha-Kedoshim.
8. Vedi qui.
9. Dinei mamonot.
10. Di "emet" alef-mem-tav.
11. Vedi Talmud, avodà zarà, cap. Ein rna'amidim
riguardo ai "minim" e Yerushalmì, cap. Shemonà sherazim
— di Ben Dama che fu morso da un serpente ecc. — vedi Rambam, cap. 9,
Avodà zarà.
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55
L'autore di S.
ha-Ghedarim sulla parola "Yihud" spiega: Yihud, che deriva da yahid
(singolo, unico), indica la vera Unità che non contiene in sé
congiunzione (harkavà) alcuna. Tale concetto può essere capito
soltanto da un Hacham, avvezzo alla riflessione, che conosce i modi di
negazione dei concetti materiali. L'ignorante, però, non li conosce e lo
stolto non li comprende. La mitzvà di riconoscere l'Unità del Suo
Nome deriva dal verso "Ascolta, o Israele, il Signore, nostro Dio, il
Signore è Uno".
È noto che le leggi relative ad una mitzvà non devono essere decretate esclusivamente dalla Torà scritta, ma devono avere il supporto della Tradizione orale che le spiega. Sul coman