LE SACRE GUERRE CONTRO LA KABALA'

"MILHAMOT HA-SHEM"

del

HACHAM YIHYE IBN SHLOMO EL-KAPAH

con il permesso dello

TZADIK HA-SHALEM

HA-MORI HAIM WENNA

e tradotto in italiano dai

suoi Talmidim

 

 

 

Editrice La Giuntina

 

<03>

 

 

Copyright © 1983 by Peretz Green and Davide Levi

<04>

 

 

INDICE

 

 

Prologo

pag. 19

 

Introduzione

 " 21

 

Introduzione al contenuto

 " 39

 

Introduzione alla lettura del testo

 " 45

1

Lettera dallo Yemen ad uno dei kabalisti di Gerusalemme

 " 47

2

Prima risposta

 " 47

3

Seconda lettera dallo Yemen a Gerusalemme

 " 47

4

Seconda risposta

 " 50

5

Terza lettera di R. Shlomò El-Kapah a Gerusalemme

 " 52

6

Terza risposta da Gerusalemme

 " 59

               

<05>                              

 

SEFER MILHAMOT HA-SHEM

 

1

Non si deve deviare dalla Kabalà dei Saggi della Mishnà e del Talmud

 pag 69

 

2

Non bisogna credere a qualsiasi autore che apporta delle innovazioni su argomenti di fede, nel nome di Elia o di atik

 " 70

 

3

È obbligo per ogni Ebreo "conoscere Dio", in accordo con la tradizione dei Saggi — ognuno è fallibile

 " 70

 

4

Persino il Grande Sinedrio avrebbe potuto sbagliare, per questo motivo venne creato il Trattato Horaot

 " 71

 

5

La nuova kabalà è del tutto estranea dalla "via" della Sacra Torà, in merito alla conoscenza di Dio e della Sua Unità

 " 72

 

6

I nuovi kabalisti fanno della maldicenza e calunniano tutti coloro che non si comportano come loro

 " 72

 

7

Tratta di colui che si ritiene Saggio e ci risponde con affermazioni infondate

 " 73

 

8

Risposta alla sua affermazione, per la quale la nuova kabalà è "Halachà le-Moshè me-Sinai"

 " 74

 

9

Uno di essi ha detto "Tu affermi la verità, ma perché bisogna dirlo ai Talmidim?" — egli è come il malvagio tra i quattro figli che dice "che cos'è questo servizio per voi?" — l'affermazione dei Saggi, per la quale "ogni mishnà che non è studiata nella Casa di Studio di R. Hiya e di R. Oshaya ecc. — da un antico manoscritto nel nome di R. Sa'adya Gaon

 " 75

 

10

Lezione dalle sue parole e da quelle di R. Yihye ibn Tam riportate nel libro Revid ha-Zahav

 " 76

 

11

Le parole di Maharshal, per cui uno non deve essere più severo del Talmud, come fanno i kabalisti; perché questo è paragonabile a "minut" — in accordo con i Poskim che non bisogna prendere in considerazione le opinioni dei nuovi kabalisti, allorquando queste sono in contrasto persino con un singolo Posek — questa nuova kabalà non era conosciuta nello Yemen dai nostri antenati, come scritto da Mahari Zahari

 " 77

 

<06>                              

 

12

Risposta a colui che ha detto "Chi vi ha dato il permesso di indagare ?" ecc

 pag 79

13

La mitzvàfondamentale dello studio della Torà consiste nel conoscerla e nel comprendere le parole dei Saggi e della Halachà — cosa significa la guerra della Torà

 " 80

14

Vengono riportate valide prove che il Signore, nostro Dio, è la Prima Causa e non già zeir anpin

 " 82

15

16

Lo Zohar spiega che esiste una molteplicità di cause e di effetti inerenti alla Divinità e che ogni causa è nominata con gli appellativi di Ha-Kadosh Baruch-Hu — in accordo con lo Zohar fu adam kadmon che pronunziò "Vedete, ora, che sono io", ecc.; aba sentenziò "Sia il firmamento" ecc.; ed ema disse "Facciamo l'uomo" ecc

 " 83

17

Spiegazione della Mishnà e della Beraità "Perciò l'uomo fu creato singolo"

 " 86

18

Lo Zohar spiega che "bereshit" è aba, i cieli e la terra sono zeir anpin e nukvei

 " 88

19

Per quale motivo i Settantadue Anziani cambiarono il testo della Torà per Tolomeo

 " 89

20

Lo Zohar spiega il verso "Dio regnò" ecc. e "E Dio nel nostro mezzo o no" — in merito ai sacrifici non viene mai proposto il nome "El" o "Elohim" bensì "ad Ha-Shem", per non dare motivo ... — le parole del Rambam — Lo Zohar sul verso "Qual è il suo nome o il nome di suo figlio?" — ogni servizio deve essere rivolto a zeir anpin — argomento dello Yalkut contro ciò

 " 90

21

Lo Zohar riferisce "il timore di Dio" a nukve e "Lui servirai" lo riferisce a zeir anpin — allorquando Shimon ha-Amsuni arrivò al verso "il Signore, il Dio che tu temerai" si astenne dall'interpretarlo, finché arrivò Akiba ben Yosef, ecc

 " 95

<07>                              

22

Le parole del Sefer ha-Brit e di altri kabalisti per le quali zeir anpin è il nostro Dio e fu Lui, Ha-Kadosh Baruch-Hu che parlò a tutto Israele

 pag 97

23

Un grande fremito ecc., a causa della molteplicità di divinità

 " 98

24

Il Bereshit Raba e lo Yalkut scrivono che "ogni cosa ha generazioni e ogni cosa che ha generazioni appassisce e scompare" — in Mishnat Hassidim è scritto che "i nostri padri" sono aba ed ema che furono fatti schiavi del Faraone, l'Egitto è la sitrà ahra e fu arich anpin che li redense e li liberò — parole della Ghemarà secondo le quali quando Mosè salì per ricevere la Torà, ecc. Sua risposta agli Angeli Servitori

 " 99

25

Allorquando uno pronuncia "ringraziamo, ringraziamo" oppure "Ascolta, ascolta", lo si fa tacere subito — avvertimento dell'autore del S. ha-Ikarim a non studiare lo Zohar ed i testi dei kabalisti. — Cosa rispondono i Saggi a colui che chiede su ciò che precedette la creazione

 " 102

26

"Vieni e ti insegnerò "i segreti del Carro"" — il Maharsha spiega come la nuova kabalà abbia speculato su ciò che è al di là dei segreti del Carro e quale grave errore abbiano commesso i nuovi kabalisti ad indagare su ciò che è al di sopra, al di sotto e dentro ecc

 " 104

27

Parole di Haim Vital e del libro "Oz l'Elohim" — il Rambam nel Morè Nevuhim contro le opinioni di Vital — parole di R. Sa'adya Gaon, S. MitzvotGadol e Yalkut contro la nuova kabalà — un re, in carne ed ossa, viene onorato insieme agli altri importanti esponenti del suo reame, ecc. ma Ha-Kadosh Baruch-Hu

 " 106

28

Citazione dello Zohar secondo cui tutti i partzufim devono essere evocati in preghiera

 " 108

29

I Saggi cercarono di occultare il libro di Kohelet e la profezia di Ezechiele — severità dei Saggi verso chiunque potesse considerare l'esistenza di due distinti "poteri regnanti"

 " 109

<08>                              

30

Non ha senso alcuno quando dicono che "tutto è uno"

 pag 110

31

Haim Vital nel libro "Etz Haim" descrive la Sua Essenza come contenitrice di molti "mutamenti" e rappresenta i mondi di "igulim" e di "yosher", attribuendo loro misure e limiti; — il corpo delle sefirot, i loro indumenti e le loro anime provengono tutte dall'Essenza dell'ein sof

 " 112

32

Il "Shushan Sodot" spiega che il mondo di atzilut è composto da luci e recipienti e persino i suoi indumenti sono fatti di "santità"; mentre i mondi di creazione, formazione e materializzazione, dal loro "male" fino al basso, non sono di completa "santità" — citazione dal Talmud che spiega il verso "dalle divinità delle nazioni che sono vicine e che sono lontane"

 " 115

33

La molteplicità di dèi nella nuova kabalà è maggiore che in altre religioni — Haim Vital spiega che esistono molti generi di ein sof e che tutto il nostro servizio è allo scopo di far scendere l'influsso dall'ein sof che è nascosto nella "Corona"

 " 117

34

Il Kissei Eliahu e Sefer Ha Brit spiegano che "l'intenzione" delle preghiere e delle benedizioni non va rivolta all'Essenza del Dio Uno, giacché Egli è troppo lontano

 " 120

35

Il Rosh in Hullin dice che ogni "tosefta" che fu proposta dopo la chiusura del Talmud. ecc. — R. Hitar, uno dei nostri antenati, spiega il secondo "Principio" — lo Zohar, in parashà "va-ethanan", sulle altre fedi

 " 121

36

La Mishnà "ogni cosa è vista" ecc. Ha Kadosh Baruch-Hu conosce ciò che sarà prima che avvenga

 " 123

37

L'errore dei kabalisti che asseriscono che uno può compiere ciò che è l'opposto di quello che Dio sa — nel mondo di atzilut non c'è interesse per le azioni degli uomini, siano esse buone o cattive

 " 124

38

Il Rashab, in Edra, spiega che il "regno" ed il "servizio" appartengono a zeir anpin

 " 126

<09>      

39

Lo Zohar spiega che R. Shimon b. Yohai non voleva essere giudicato da zeir anpin, bensì da atika kadisha, presso il quale uno abbandona (il giudizio) sempre in uno stato di merito

 pag 127

40

Mishnà in Avot secondo la quale "Egli è Dio, Egli è il Creatore" ecc. — in merito a queste false credenze R. Tam ibn Yihia disse che i kabalisti hanno distrutto le pietre angolari della Torà — il Mahberet ha-Kodesh e lo Hemdat Yomin non pronunciano l'Yigdal Elohim Hai — il S. ha-Brit, per il quale la nostra fede non è simile a quella degli ebrei sull'Unità di Dio e che zeir anpin e la causa "percettibile" che si è rivelata sul Sinai — che la "luce" nel suo discendere si ispessisce e si materializza — l'Oz l'Elohim sostiene che il servizio non deve essere rivolto a zeir anpin, bensì a malka kadisha d'kol kadishin

 " 128

41

L'Ari e lo Hemdat Yomin furono i soli che si opposero a proclamare i primi quattro articoli di fede dello Yigdal Elohim Hai — Lo Yosher Levav sul verso "per conoscere il Dio di vostro padre" — ciò include i cinque partzufim e "per servirLo" è riferito a zeir anpin, sebbene esso sia un oggetto di creazione

 " 132

42

Midrash ha-Gadol e Bereshit Rabbà su Abramo

 " 136

43

Il Rambam paragona l'opinione di R. Yohanan con quella di Resh Lakish

 " 138

44

Lo Zohar ha completamente mutato la Emunà della Torà — S. ha Rokeah è in accordo con la Torà

 " 141

45

Prove dal S. ha-Rokeah che la nuova kabalà è del tutto estranea alla "vera via" ed è completamente eretica — nel Medioevo essi credevano che questa nuova kabalà fosse stata scritta da R.Shimon bar Yohai, senza che notassero le contraddizioni implicite in ciò — l'evoluzione a catena dei partzufim

 " 144

46

I nuovi kabalisti sono in contraddizione con i Saggi in Bereshit Rabbà, in Shemot Rabbà, in Yalkut, in Yerushalmi (Shabat) — S. ha Rokeah: queste sono le categorie dei "minim", ecc

 " 145

<10>

47

Citazione dal S. Mitzvot Gadol per cui è proibito immaginare che esista qualsiasi altro dio all'infuori del Signore, nostro Dio — Rambam in Hilchot Avodà Zarà

 pag 146

48

La credenza dell'autore dello Zohar è analoga a quella della generazione di Enosh

 " 148

49

La Ghemarà in Sanhedrin e in Succà "Chiunque associ il Nome con qualsiasi altra entità" ecc., persino nel pensiero

 " 149

50

La Ghemarà in Minahot "da Tzor fino a Cartagine" ecc. — tale è anche l'opinione dello Zohar

 " 151

51

Ogni racconto menzionato nello Zohar riguardante i segreti di Dio in possesso di R. Shimon b. Yohai non è mai stato espresso né da lui né tantomeno da altri Hachamim — citazione dalla Mishnà e dalla Ghemarà in Zebahim per cui i "sacrifici" venivano compiuti in virtù di sei cose — ma non già "per provocare l'unione di kudshè brichu con shechintei"

 " 152

52

Citazione dal S. Mitzvot Gadol — spiegazione in alto

 " 153

53

Citazione dal S. ha Ghedarim

 " 155

54

Ciò che è chiaramente compreso nel verso e a tutti noto non fu mai pronunciato dai Hachamim, come anche Rambam nel suo commento alla Mishnà — e, del resto, dalle loro risposte ai non credenti c'è sufficiente materiale per capire il vero significato di Yihud Ha-Shem — persino se esaminiamo il Targum alla Torà di Onkelos e il Targum ai Profeti di R. Uziel possiamo comprendere il vero Yihud Ha-Shem — quando uno traduce un verso così come sta, lo manomette — i kabalisti sono andati dietro alla credenza nella Trinità come si può vedere dalla citazione dell'Oz l'Elohim — citazione del Talmud Yerushalmi e da Shemot Rabbà per cui il "Sigillo" di Ha-Kadosh Baruch-Hu è "Emet" (verità) — sul verso "Io sono il Primo, Io sono l'Ultimo", per cui non ho ricevuto il mio regno da alcun altro — i Hachamim considerano la credenza nella trinità come idolatria, sebbene quelli dicano che tre è uno

 " 157

<11>

55

Il loro libro fu nascosto sotto terra per farlo apparire antico e così ingannare il popolo — l'intenzione delle mitzvotè quella di abbellire le donne nominate la Shehinte Superiore e la Shehinte Inferiore. Cosicché esse trovino grazia agli occhi dei rispettivi consorti

 pag 161

 

56

I Saggi amavano la Mishnà e la chiamavano il Tesoro Nascosto di Ha-Kadosh Baruch-Hu — l'ingannevole autore dello Zohar credeva nelle idee degli Egizi e degli antichi Caldei — lo Zohar disprezza la Mishnà ed il Talmud e si autoincensa a dismisura

 " 164

 

57

Lo Zohar deride e offende la Mishnà con spregevoli epiteti

 " 167

 

58

59

Moshè ammise il suo peccato, cioè aver dato questa Mishnà ad Israele e, per questo motivo, venne sepolto fuori dai confini della Terra Santa

 " 169

 

60

Esempio fornito dai Saggi: una donna ha mangiato i frutti del settimo anno ecc

 " 173

 

61

. Citazione del Midrash Gadol per cui Asa aveva fatto costruire una figura mostruosa — lo Zohar invece lo chiama "la Porta del Cielo" — se, come dicono i kabalisti, i cinque partzufim sono insieme una singola entità, perché, dunque, bisogna pregare ad ognuno di essi, singolarmente — essi stessi sono in disaccordo tra di loro sul partzuf che bisogna evocare in preghiera "

 " 175

 

62

Come spesso siamo stati avvisati dalla Torà a non seguire alcun profeta che ci esorta a compiere idolatria — se tutti i partzufim rappresentano una singola unità, così come dicono, come è possibile che atik si sia separato dagli altri, per entrare nel Beit-ha-Midrash e inoltre come è possibile che ema si sia separata da aba quando Adamo peccò — risposta di R. Abraham ibn Ezra a coloro che credono nella trinità — perché i Saggi non ci hanno detto che R. Shimon b. Yohai era un profeta — perché R. Shimon ben Yohai si lamentò che la domestica della casa di suo padre aveva visto un angelo per ben tre volte, mentre lui nemmeno una volta

 " 177

 

<12>

 

63

Citazione dal Talmud Yerushalmi in cui i non credenti chiesero a R. Simlai quanti fossero gli dèi creatori del mondo

 pag 179

 

64

In Shabat raccontano i Saggi che quando Mosè salì in alto, gli Angeli chiesero cosa mai vi facesse in quel posto un essere mortale; risposta di Mosè agli Angeli

 " 180

 

65

L'avodà zarà viene chiamata anche elohim aherim poiché essi non hanno altra esistenza se non la propria; — Il Midrash Rabbà racconta come essi siano stati chiamati con il nome di Ha-Kadosh Baruch-Hu — non esiste altro "dio" all'infuori del Signore

 " 183

 

66

È solo Dio il vero Uno — la Torà avvisa a non considerare forma e immagine alcuna riferita a Dio

 " 185

 

67

Errore che hanno commesso i kabalisti ad interpretare alla lettera i versi, come ad es. "Facciamo l'uomo a nostra immagine"

 " 187

 

68

I kabalisti attribuiscono a Dio una forma strutturata

 " 188

 

69

I kabalisti ritengono che Dio si sia emanato nei partzufim dei mondi di emanazione, creazione, formazione e materializzazione — i kabalisti dissimulano la loro vera credenza, al fine di fare nuovi proseliti — parole di R. Y. Albo nel S. ha-Ikarim

 " 189

 

70

L'ordine e la gerarchia delle divinità secondo la nuova kabalà

 " 191

 

71

Primo e Secondo Principio dei 13 Attributi di Fede

 " 193

 

72

Midrash Rabbà, va-ethanan, "Chi è con Me nei cieli" ecc. giacché Io non ho associato il Mio onore con alcun altro, Io ho creato ogni entità a coppie ecc.

 " 194

 

<13>

 

73

Yalkut — "C'è Uno soltanto, non c'è un secondo". Egli non ha né padre, né figlio, né fratello, ecc. — i nuovi kabalisti credono nell'esistenza di dèi puri e dèi impuri e, alle volte, quelli impuri dominano e rendono schiavi quelli puri — i minhaghim dei kabalisti sono pieni di idolatria

 pag 195

 

74

Non fu corretto da parte dei Rabbini del Medioevo l'apportare dei cambiamenti nei testi di preghiera, conformemente alla nuova kabalà, abbandonando così l'usanza dei loro padri

 " 197

 

75

Terzo Principio — Rambam in Yesodè ha-Torà

 " 198

 

76

77

Quarto Principio — falsità di coloro che affermano che uno non deve suddividere la Torà in "Principi" — Quinto Principio

 " 201

 

78

Zeir anpin è un attributo di spregevolezza e dissennatezza — e il peggio è che costoro attribuiscono a zeir anpin il più basso dei cinque sensi

 " 206

 

79

Rambam e Yehudà ha-Levi trattano sui cinque sensi e sul turpiloquio

 " 207

 

80

Perché mai uno dovrebbe abbandonare la terminologia della Santa Torà per adottare le sconce espressioni dei kabalisti come quelle del seme maschile che penetra nell'utero femminile

 " 209

 

81

82

Come i Saggi abbiano considerato vergognoso l'argomentare di temi sessuali — come il poeta kabalista abbia osato rappresentare la divinità nell'atto di abbracciare, baciare, copulare, ecc. — racconto del Shem — ha-Ghedolim sull'origine dello Zohar — varie opinioni sulla sua origine

 " 210

 

83

R. Yaakov Emdin nel suo S. Mitpahat Seforim

 " 214

 

84

Il Sod Yesharim tenta di negare la molteplicità attribuita ai kabalisti — a tal riguardo, descrizione della "contrazione" e dell'evoluzione delle sefirot — S. ha Brit ci esorta a non temere di materializzare il Creatore

 " 216

 

<14>

 

85

In ogni caso, la sua tesi non ci esime dal ritenere che essi credono in molte divinità e servono zeir anpin — rampogna del Profeta "Quale altra nazione ha scambiato i suoi dèi che non sono poi veri dèi", ecc

 pag 219

 

86

La vera opinione di Rivash — opinione dei dualisti, secondo la quale ci sono due "attivatori" uno che opera il bene e uno che opera il male — Israele non deve cambiare la sua pura fede con credenze estranee

 " 220

 

87

Sulle false credenze, per le quali Geremia tuonò "Essi hanno rinnegato Dio, hanno detto che Egli non è" ecc.

 " 221

 

88

Attraverso il testo dello Zohar, il coperchio che teneva chiuso l'inclinazione all'idolatria è saltato e Satan una volta ancora "balla tra di noi"

 " 223

 

89

Queste idee sono analoghe a quelle che fioriscono nel periodo dei Giudici — citaz. del Talmud Yerushalmi, in Shabat, per cui il Ba'al possedeva il membro maschile ed era adultero

 " 226

 

90

Questa è la prova alla quale ci ha sottoposto il Signore, ma molti di noi hanno fallito la prova

 " 228

 

91

I Talmudisti e la maggior parte del popolo è priva di conoscenze sulla nuova kabalà, per cui la loro fede rimane intatta

 " 230

 

92

93

Un'altra parte del popolo si rende conto della fallacità di queste credenze, tuttavia teme le minacce dei cosiddetti "Hassidim" e questa situazione è analoga a quella dell'adulatore

 " 231

 

94

Altre prove dallo Zohar e dall'Oz l'Elohim che zeir anpin è una creazione e che l'Altissimo lega e unisce insieme le divinità inferiori con quelle superiori — lo Zohar paragona l'Unità di Dio alla calce che cementa le pietre di un edificio

 " 234

 

95

Lo Zohar e i kabalisti hanno trasgredito la proibizione di parlare dell'Essenza

 " 236

 

<15>

 

96

Tesi dei kabalisti per la quale essi servono i partzufim poiché l'Altissimo li permea sia dall'esterno che dall'interno — se ciò è vero, anche gli eserciti del cielo e la terra sono completamente permeati all'interno e all'esterno, come dice il verso "Non riempio forse Io i cieli e la terra?"

 pag 236

 

97

In che modo le creazioni non debbono essere considerate, in alcun modo, divinità

 " 238

 

98

R. Sa'adya Gaon sul tema delle false e vere credenze

 " 239

 

99

Rambam spiega che la rivelazione sul Sinai a tutto Israele è una prova inconfutabile della profezia di Moshè

 " 241

 

100

101

Dalle sue parole concludiamo che non dobbiamo assolutamente credere nello Zohar per scambiare il Signore, nostro Dio, la Causa Prima, con questo piccolo-volto di zeir anpin, che avrebbe ricevuto il regno su tutti gli altri — parole dei Saggi, per le quali ciò che il Profeta ha detto di compiere, in accordo con la Torà, va compiuto, eccezion fatta per il servizio ad altri idoli

 " 244

 

102

Gli antichi filosofi credevano che Dio fosse l'anima delle sfere celesti e degli astri; parimenti l'autore dello Zohar lo ha considerato come l'animo dei partzufim — egli ha chiamato i partzufim "il Carro" e il Carro è formato da una molteplicità di divinità — tutto ciò viene creduto senza bisogno di voci, lampi e tuoni, senza prodigi e miracoli, come avvenne sul Sinai

 " 247

 

103

Dovrebbe sorgere nella mente di ognuno la domanda "Chi disse, dunque, facciamo l'uomo?"

 " 248

 

104

Essi dicono che tutte le mitzvot dipendono da queste superiori forme che essi nominano "Il Corpo del Re", alcune mitzvot sono riferite alla sua testa, altre alla sua mano, altre ancora ai piedi, ecc.

 " 249

 

<16>

 

105

I Poskim hanno spiegato ampiamente le leggi e i dettagli ma la più importante mitzvà, cioè l'Unità del Nome, è stata abbandonata come una città sguarnita di fortificazioni — avrebbero dovuto dilungarsi su tutte le prescrizioni riguardanti lo Yihud Ha-Shem

 pag 250

 

106

Le altre nazioni usavano abbellire i loro idoli con decorazioni di oro, argento, ecc.; i nuovi kabalisti adornano i loro partzufim con le preghiere e le mitzvot che dedicano loro — essi credono che la preghiera sia di grande necessità per i partzufim, ma ciò è in contrasto con la fede della Torà, per la quale la preghiera giova a colui che la esprime — Ha-Kadosh Baruch-Hu non ha bisogno delle creature, sono queste che hanno bisogno di Lui

 " 252

 

107

Contro tutto ciò la Torà avvisò "Se dovesse levarsi un profeta" ecc

 " 253

 

108

Perché, dunque, i Saggi non ci rivelarono questa "anima" della Torà, perché, in precedenza, Ha-Kadosh Baruch-Hu non ci rese meritevoli di questa fede per mezzo dei Suoi Profeti?

 " 254

 

109

O Dio di Abramo, che non sia nostra opera, ecc.

 " 256

 

110

Essi brancolano nel buio e non fanno attenzione persino alle più severe proibizioni della Torà

 " 257

 

111

Chiunque ama Dio e la Torà con un cuore puro non seguirà questa nuova Torà. Ha-Shem è il Primo che non ha inizio al Suo inizio, Egli è il nostro Dio che ci fece uscire dalla terra di Egitto, Egli ci si rivelò sul Sinai e proclamò "Io sono il Signore" ecc. — se si levasse un Profeta che ci mostra prodigi e fa miracoli noi osserveremmo comunque la messa in guardia della Torà, per la quale è proibito servire altre divinità, a maggior ragione non seguiremo lo Zohar

 " 258

 

<17>

 

112

Nel Medioevo molti Rabbini furono influenzati dalle dottrine kabalistiche — i nuovi mihaghim e i nuovi dinim distruggono le pietre angolari della Torà e ogni ebreo deve evitare di adottarli — nella Ghemarà e Yalkut è scritto "Come le leggi delle nazioni" ecc.

 pag 260

 

113

I "segreti" della nuova kabalà sono, invero, in contraddizione con la Torà — La Mishnà e il Talmud sono venuti ad illuminare i nostri occhi prima dell'avvento di questa spregevole fede di Moshè de Leon e della sua falsa profezia

 " 261

 

114

Conclusione

 " 262

 

<18>

 

 

 

PROLOGO

 

L’introduzione che segue fu scritta a Milano dai Talmidim di ha-Mori Haim Wenna. Lo Tzadik già dal giugno 1982, mese della sua sacra dipartita, aveva visto la traduzione in inglese e aveva approvato l’introduzione che gli venne letta compiutamente. La settimana precedente la dipartita del Santo Tzadik, ha-Mori prese nelle sue mani la copia tradotta di Milhamot Ha-Shem con la parte introduttiva, e pronunciò la Sua Benedizione: “Questo Sefer sarà sacro”. Cosicché il lettore che merita di leggerlo con il cuore sincero e la mente sgombra da preconcetti parteciperà alla benedizione che lo Tzadik, ancora più grande nella sua dipartita che nella sua vita terrena, ha impartito a tutti coloro che si abbevereranno dalla sorgente della sua saggezza e si nutriranno dalla purezza della sua fede.

La traduzione in italiano fu completata durante l’anno di lutto.

Riportiamo qui le esatte parole dell’iscrizione incisa sulla lapide dello Tzadik:

 

HA-TZADIK HA-KADOSH

HA-MORI HAIM WENNA

 

Il Giusto Nascosto

Ha-Mori Haim Wenna

nato a Shavuot al tempo

dei tuoni e lampi

a Sana'a, capitale dello

Yemen, nell'anno 1914.

<19>

 

Dipartito il 24 sivan 5742.

Amato da Dio in tutte le sue vie

Capo dei Figli dell’Ascesa

fondamento dell’uomo nella sua generazione

Esperto eccezionale in tutti

gli ordini della saggezza

tutti i segreti della Torah

e tutti i segreti del mondo con lui.

Esperto in tutti gli ordini celesti

e tutti i segreti della natura

sono nei suoi tesori.

Uomo dell’umiltà e delle virtù

insegna il giusto comportamento

ai figli della sua generazione.

Uomo delle potenze

che soffriva in segreto

e ha sofferto con grande amore

terribili afflizioni

per togliere i decreti sul mondo.

Raccolto qui a Milano,

la sua casa

per più di vent’anni

nella santità di Dio, il suo Signore.

 

 

<20>

 

INTRODUZIONE

 

 

1

 

Lo Tzadik e Hacham ha-Razin, ha-Mori Haim Wenna, figlio dello Tzadik e Presidente del Tribunale Rabbinico di Sana’a (Yemen), ha-Mori Moshè Wenna, la pace sia su di lui, nacque a Sana’a all’alba del primo giorno di Shavuot. Ha-Mori Moshè, vedendo che l’esatto momento della nascita del figlio coincideva esattamente con quello del Matan Torà, lo chiamò Haim, in virtù del verso “Haim hem le-mahasikim bà” (Vita è per coloro che La sostengono). Come pochissimi eletti tra gli Tzadikim Superiori, ha-Mori Haim nacque completamente circonciso. Egli, il più giovane tra cinque fratelli ed una sorella, fu prescelto dal padre, Santo Tzadik, per ricevere i Segreti della Torà ed i Segreti del Mondo.

Avvenne circa dodici anni fa, che ha-Mori Haim Wenna, che vive a Milano (Italia) da più di venti anni e che meritiamo alla luce della sua presenza per molti anni ancora, menzionò, per la prima volta, a noi, suoi Talmidim, dell’esistenza di un libro, estremamente importante, scritto dal Hacham yemenita Yihie ibn Shlomò el-Kapah, intitolato “Milhamot Ha-Shem” (Le guerre del Signore), che è l’unico testo, nel suo genere, che espone chiaramente la verità sulle dottrine completamente eretiche contenute nello Zohar e riprese dai kabalisti e dai movimenti hassidici. Il libro era noto ad un gruppo ristretto di ebrei yemeniti, i Dardain, e, praticamente, nessuna copia della sua originale ed esclusiva pubblicazione, nel 1931 a Gerusalemme, era reperibile. Tuttavia, nel gennaio 1981, uno dei Talmidim riuscì a trovare e ad ottenere una copia del testo da uno degli Yemeniti Dardain di Gerusalemme, il quale lo regalò quando seppe che egli era Talmid di ha-Mori Wenna. Siamo in debito verso lo Tzadik Haim per la responsabilità che ci ha accordato nel pubblicare in italiano Sefer Milhamot Ha-Shem (qui intitolato “Le Guerre Sacre contro la Kabalà). Ha-Mori ci ha assicurato che i contenuti di <21> questo libro meraviglieranno il mondo ebraico e, per esteso, la cultura non ebraica, a tal punto che le Guerre Sacre contro la nuova Kabalà si desteranno e si chiariranno nel cuore degli ebrei coscienziosi di tutto il mondo sinceramente interessati alla conservazione del nostro Retaggio. Pertanto siamo convinti della nostra iniziativa poiché ha-Mori Haim, la Luce Coronante di questa pubblicazione, ci ha autorizzato a pubblicare questo testo. Ciò significa che il contenuto sarà accettato davanti all’Onnipotente e, di conseguenza, davanti a tutti i timorati di Dio e sarà caro agli occhi e alle menti delle persone che perseguono la Verità e la Saggezza.

 

 

2

 

Gli Ebrei yemeniti hanno vissuto più di ventisette secoli come i loro padri ed i loro antenati. Essi vivevano “al pi ha-Torà, al pi ha-avodà, ve al pi ha-teva”, secondo la Torà, l’operosità e l’amore della sapienza della natura e dei suoi segreti. Nello Yemen non c’era bisogno di medici, perché ognuno conosceva innumerevoli cure, tramandate da una tradizione orale antica, relativa alle virtù delle erbe e delle loro combinazioni. Si tratta di uno studio complesso, basato sulla conoscenza delle virtù di ogni erba e delle molteplici combinazioni, ciascuna delle quali adempie ad uno specifico scopo terapeutico. La conoscenza segreta delle esatte combinazioni, delle proporzioni degli ingredienti e dei modi di preparazione distinguono la tradizione yemenita da quelle di altri popoli.

Esiste anche uno studio superiore, noto soltanto a pochi eletti, secondo il quale il Saggio (Hacham) conosce il rapporto esistente tra le virtù delle erbe e e gli influssi astrali, per cui egli può calcolare il momento ottimale per ogni singolo rimedio. Come per le erbe, anche la conoscenza della virtù delle pietre comporta una vasta, profonda e segreta cognizione, trasmessa oralmente, con previo giuramento a non rivelare il segreto appreso dal proprio Maestro.

Tali sono solo alcuni esempi di conoscenza segreta della Natura noti agli Ebrei yemeniti ed ereditati direttamente dai Saggi che vivevano a Gerusalemme prima della distruzione del Primo Tempio.

 

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Fu in quel periodo che il Profeta Geremia profetizzò l’imminente distruzione <22> del Tempio e disse che chi desiderava seguire la Parola di Dio avrebbe potuto mettersi in salvo abbandonando la Terra Santa.

Il popolo non prestò attenzione e non credette all’avvertimento del Profeta, eccezion fatta per ottanta capifamiglia, tutti Hachamim e timorati di Dio, i quali, raccolte le loro famiglie ed i loro averi, abbandonarono Gerusalemme, venti anni prima della distruzione del Bet ha Mikdash. Essi si diressero verso sud, attraverso la penisola arabica, fino ad un punto, situato ai piedi di una piccola montagna, dove fu loro mostrato un segno dalle stelle (delle quali avevano una conoscenza molto vasta). Seppero così che in quel luogo si sarebbero stabiliti. Ad esso posero il nome di “Gibel el Negum” (Montagna delle Stelle).

Il fatto che la tradizione yemenita risalga direttamente al periodo precedente la distruzione del Primo Tempio è estremamente significativo. Infatti questa è l’unica tradizione che non ha sperimentato i periodi di caos, persecuzione, disperazione e dispersione associati al primo e al secondo Horban ha-Bait (Distruzione del Santuario).

È altresì significativo che questi Hachamim rifiutarono l’ordine di Ezra di ritornare in terra di Israele. La loro risposta all’Igheret di Ezra è ben nota a tutti gli Ebrei yemeniti: “Noi non abbiamo assistito alla distruzione del Primo Santuario e non desideriamo assistere alla distruzione del Secondo Santuario. Verremo alla volontà di Dio in tempo per il Terzo e finale Santuario, che mai più sarà distrutto”. Cosicché la loro Tradizione fu ininterrotta e non fu mai toccata dalle sofferenze dell’esilio. Questa fu la Mishnà trasmessa direttamente da Moshè a Yehoshua. La Kabalà dello Yemen è dunque la Tradizione Orale più antica che esista. Ciò è vero sia per l'originale Mishnà che per la Tradizione Segreta, tramandata ad una singola persona, in ogni generazione.

In genere, questo è il segreto della Berachà con la quale Ha Kadosh Baruch Hu benedì Abramo, il quale, a sua volta, benedì Isacco e costui il figlio Giacobbe. Con essa, Israele benedì le dodici Tribù e trasmise loro molti Segreti, mentre il Segreto della Berachà vero e proprio fu trasmesso al figlio Levì. Fu in grazia di questo segreto che la Tribù di Levi fu l’unica a non essere toccata dai decreti della schiavitù in Egitto. Mosè ricevette questo Segreto (rivelato da Dio ai Patriarchi col Nome di El Shaddai), insieme ai comandamenti della Torà stessa, per mezzo della diretta Rivelazione di Dio, nel Nome di Ha-Shem. Mosè Lo tramandò a Giosuè, il quale, suo tramite, poté ordinare al sole di rimanere fermo nel suo sentiero per un giorno intero. Il Segreto fu tramandato in ogni generazione fino a quando lo troviamo menzionato nel Libro dei Re e con esso il profeta Elia compì innumerevoli miracoli fra i quali il far ritornare <23> l’anima nel corpo. Al tempo di Elia, esisteva anche la Scuola dei Profeti, che erano suoi allievi; anch’essi possedevano Segreti (in particolare le modalità per prepararsi alla profezia), ma solamente uno singolo, in ogni generazione, avrebbe potuto ricevere tale originale Berachà. Infatti, vediamo che soltanto il profeta Elisha (Eliseo) ricevette da Elia; tutti i Profeti ammisero, infatti che “lo spirito di Eliahu si posò su Elisha”.

 

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Tra gli ottanta Hachamim che condussero le loro famiglie fuori dalla Terra d’Israele vi era anche il diretto ricevitore di questa Tradizione. Egli era l’antenato diretto dello Tzadik ha-Mori Moshé Wenna, la pace sia su di lui, il quale, dopo aver insegnato i Segreti al figlio, ha-Mori Haim Wenna, gli trasmise la Berachà grazie alla quale tutte le cose segrete vengono conosciute. Questi sono i Segreti della Sacra Torà ed i Segreti del mondo, noti solamente agli Tzadikim Nascosti di ogni generazione, i quali sono i ricevitori della Tradizione Orale nascosta. Ad essi soltanto va riferita l’espressione talmudica “Gli Uomini dell’Ascesa sono pochi”. I Segreti in loro possesso non vengono mai scritti, né, del resto, se si potesse scriverli, potrebbero essere compresi. Questi sono i Retti Pilastri del mondo, per il cui merito l’Onnipotente non distrugge il Suo mondo. Infatti allorquando la cattiveria abbonda sulla terra e tutte le stolte vie vengono lodate come saggezza, la preziosa natura del mondo è violata, e le malefatte individuali si accumulano nel calice dell’ira, allora, Dio ci salvi, vengono pronunciati decreti ineluttabili di distruzione sul mondo. E così come il Signore rivelò ad Abramo il Decreto Superiore che si sarebbe riversato sulle cinque città di Sodoma, così pose anche degli Tzadikim in ogni generazione, i quali, in virtù del Segreto che possiedono, sono in grado di elevarsi ad un “livello generale” e di conoscere le disposizioni della Volontà Divina, imminenti a riversarsi, Dio ci scampi, su una grande città, su di un paese o sul mondo intero. Così i Giusti si levano in preghiera davanti al Misericordioso ed accettano su di loro il doloroso onere di quel decreto, affinché esso non si riversi sulle moltitudini. Perciò, essi soffrono in silenzio e lodano Dio per ogni respiro vitale. Grande è la loro Santità e la loro Umiltà ed immenso è il potere del loro Segreto.

Tuttavia, nonostante la loro elevazione e la loro Santità non possono entrare nella “Camera della Responsabilità” che è il retaggio di un singolo Tzadik in ogni generazione, su di lui è Scritto: “Tzadik yesod olam”. <24>

 

 

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Soltanto loro conoscono il Segreto dell’Ascesa e sopportano il peso e la sofferenza dei “peccati generali”. È necessario comprendere bene che se non per i poteri della Kedushà in suo possesso, lo Tzadik non sarebbe in grado di sopportare più della porzione che gli spetta come singolo. Ed è anche in virtù di ciò che i Segreti Superiori non possono venire consegnati ad altri, siccome la loro conoscenza implica necessariamente la responsabilità, che è in rapporto al livello generale dal quale derivano. Ciò è quanto si può esprimere a parole sul Segreto degli Tzadikim sofferenti in ogni generazione, il cui numero non può mancare in qualsiasi momento. Se non per il loro intervento e la loro intercessione, i decreti (ghezerot) cadrebbero sulle masse, Dio ci salvi, ed il mondo tornerebbe nel caos.

Tuttavia, qui, per il nostro scopo, c’è un punto fondamentale da considerare riguardo a questi preziosi e rari insegnamenti: ha-Mori Haim ci ha svelato il contenuto di questa introduzione solamente perché “è il momento di agire per amore di Dio, poiché hanno violato la Tua Torà”. Se la letteratura kabalistica contiene i segreti della Kedushà ed i segreti dell’universo, Dio ci salvi, che ne è della responsabilità richiesta dalla loro conoscenza? E che cosa possono mai compiere con questa saggezza? Un tentativo di tradurre in italiano le frequenti parole dello Tzadik Haim risulterebbe come segue:

“Tutti costoro insieme, usando tutti i loro libri e tutti i ‘Nomi’ e le ‘Kavanot’ menzionate in essi, non sarebbero in grado di sollevare un bicchiere da un tavolo di un solo centimetro”. Ma la persuasione di questi testi li convince che il costante e continuo studio e meditazione li conduca dentro alle “Camere Occulte” e soddisferà, infine, la sete delle loro anime languenti. Il malefico potere di attrazione, presente in questi libri e che ne è la loro origine, illude la loro speranza ed il loro desiderio di credere di essere oramai prossimi a raggiungere l’inizio della loro destinazione desiderata. Ma, invece, raggiungono soltanto la successiva idea e la successiva meditazione, mentre il desiderio inappagato li fa piombare nell’abisso di speranze infondate e nella loro spirale senza fine di costruzioni fantasiose. Giorno dopo giorno, anno dopo anno, e perfino per l’intero arco della loro vita, l’ispirazione malefica che permea l’imbroglio spirituale di Moshé de Leon non permette loro di intuire e di realizzare che essi si trovano al punto di partenza. Al contrario, tutto ciò li conduce a credere in cose false e illusorie. Queste speculazioni gli danno un’immagine falsa di sé e lo distolgono dal suo comportamento normale e dalla giusta ‘derech erez’. <25> Tutti i suoi pensieri diventano sproporzionati e non ha più alcuna comprensione delle stesse parole che si è abituato a proferire.

 

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I Segreti della Torà ed i Segreti del mondo sono due categorie estremamente generali ed inclusive. Una categoria di Segreti della Torà, ad esempio, include la vera conoscenza degli eventi trascorsi, in che modo essi si sono invero svolti. Questa conoscenza è simile, in sostanza, alla ‘Luce’ tramite la quale Ha-Kadosh Baruch-Hu mostrò a Moshè Rabbenu tutte le future generazioni e tutti i futuri avvenimenti in Israele. Comunque, esiste una categoria corrispondente, nei Segreti del mondo, che include la conoscenza degli eventi delle passate generazioni attraverso le stelle. Questa saggezza straordinaria e occulta era nota ad alcuni dei Saggi antichi, ed è rimasta retaggio esclusivo di ha-Mori Haim. In genere, lo Tzadik conosce ciò che è al di sopra, ciò che è di sotto e ciò che è nel mondo. Tuttavia, non abbiamo il permesso di trattare delle categorie appartenenti a livelli superiori. Ecco alcuni esempi di categorie segrete conosciute dallo Tzadik:

— la conoscenza delle anime (neshamot), che comprende, tra l’altro il segreto di sapere quante volte la neshamà è stata nel mondo in precedenza (ghilgul), quando, dove e cosa ha fatto, come è stata giudicata, ecc…

— la conoscenza degli spiriti (ruhot), che comprende il segreto di vedere e di parlare con gli spiriti dei defunti. Altresì, comprende la conoscenza di come esorcizzarli dal corpo di una persona che ne è stata posseduta.

— la conoscenza degli sheddim (tradotta approssimativamente démoni, ossia gli abitanti dei sette mondi inferiori — Shiv’a adamot — ognuno dei quali è abitato da una diversa categoria di sheddim), che comprende il segreto di come evocarli, di parlare con loro, di comandarli, di sapere a che livello appartengono e, se necessario, di sapere il motivo per il quale hanno avuto il permesso di entrare per possedere determinate persone.

Spesso, noi Talmidim, abbiamo avuto il privilegio di assistere all’esorcismo di sheddim da persone possedute, compiuto dal Morè Haim.

Queste succitate sono soltanto alcune delle categorie generali di segreti note al vero Tzadik, senza parlare dei livelli superiori, delle conoscenze che appartengono ai segreti della Creazione o a quelli del Sacro Carro o a quelli degli Angeli ecc. In merito a questi segreti, non c’è il permesso di parlarne, né tanto più di pubblicarli per iscritto, dal momento che sono fuori dalla natura di questo <26> mondo. Cosicché qualsiasi tentativo di spiegarli o di descriverli (ipotizzando che ciò fosse possibile) con il linguaggio di questo mondo, sarebbe inutile. Peggio ancora, qualsiasi tentativo di spiegazione condurrebbe, inevitabilmente, alla confusione e al malinteso e, infine, alla credenza in qualcosa che è contrario alla verità, Dio ci salvi.

Il punto essenziale da considerare in questa esposizione è che ha-Mori Haim ci ha concesso lo zechut di ascoltare, in alcune occasioni, le sue sante parole in merito a questi argomenti. Egli ci ha spiegato che tutti i veri Segreti possono essere conosciuti soltanto attraverso il potere della Kedushà. La loro conoscenza non consiste in un’esposizione speculativo filosofica di una qualsiasi categoria. È la vera conoscenza (il potere di essere su quel livello) di quel segreto. Come, dunque, potrebbe essere descritta in un libro? Nessuna conoscenza del genere e nessun tale potere potrebbero mai venire espressi, descritti e pubblicati in un libro.

Abbiamo, ad esempio, menzionato la conoscenza delle neshamot e di quante volte una particolare neshamà è stata in questo mondo, quando e dove (e, in genere, ogni tipo di informazione desiderata dallo Tzadik, relativa al ghilgul precedente o alla situazione della neshamà stessa, come ad esempio il particolare scopo per il quale quell’anima è stata mandata nel mondo e fino a che livello quello scopo è stato raggiunto). La capacità di conoscere questi segreti non proviene da alcun libro! Esso è un segreto della Kedushà, che può essere trasmesso soltanto agli Tzadikim Nascosti.

Se, però qualcuno studiasse il Sefer ha-Ghilgulim di R. Haim Vital anche per tutta la sua vita, non si troverebbe più vicino alla conoscenza di questo segreto di quanto non lo fosse al principio. È innegabile che questo componimento kabalistico, come pure tanti altri, sia il risultato di una ispirazione e, infatti, ogni ispirazione ha il suo ‘ruah’. Tuttavia, quando la sorgente di quel ‘ruah’ non è stata verificata, in alcun modo, per ciò che concerne la sua origine dalla Kedushà è proibito ad ogni ebreo, amante e fedele alla Sacra Torà, accettarlo come qualcosa di vero.

 

 

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Nel periodo in cui ha-Mori Haim viveva al Cairo (città nella quale soggiornò per venti anni, prima del suo trasferimento a Milano, nel 1961), avvenne, una volta, che una giovane ebrea fosse posseduta da uno spirito. I suoi genitori, dopo essersi rivolti invano ai più noti medici della capitale e aver perciò <27> speso ingenti somme di denaro, decisero di chiedere l’aiuto di alcuni conosciuti kabalisti del Cairo, al fine di liberare la figlia da quel ruah. I tre kabalisti che vennero in soccorso erano religiosi e pii ebrei, conoscitori del Talmud e pur anche dediti allo studio dello Zohar e di altri testi kabalistici. Una volta entrati nella casa della sfortunata ragazza, presero a pronunciare nomi, combinazioni di nomi, orazioni speciali reperibili nei testi kabalistici. Il ‘ruah' della giovane, non appena iniziò l’esorcismo di costoro, cominciò a sgridarli, poi a schernirli, quindi ancora a gettare oggetti contro di loro e, infine, a colpirli. Uno di loro venne ferito al viso, prima che potesse fuggire dalla stanza insieme ai suoi due compagni. Fu allora che uno dei parenti stretti della famiglia, conoscendo ha-Mori (il quale, allora, lavorava alla Comunità Ebraica del Cairo, durante il Rabbinato di R. Haim Nahum), chiese il suo intervento, dal momento che la situazione peggiorava sempre più e la famiglia era oramai piombata nella disperazione. Ha-Mori acconsentì di intervenire la mattina seguente. Quando arrivò, trovò un piccolo gruppo di persone, tra i quali notò i tre kabalisti, che, con i genitori della giovane erano in attesa. Ha-Mori entrò nell’anticamera nella quale stava seduta la ragazza ed ella in sua presenza si alzò subito, mentre il suo capo reclinava leggermente. Quindi, ha-Mori evocò il ruah. L’espressione sul volto della giovane mutò immediatamente ed i suoi occhi uscirono dalle orbite. “Come ti chiami, rashà?” ingiunse ha-Mori. Dalla bocca della ragazza uscì una voce, distintamente maschile, che rispose alle domande di ha-Mori Haim e gli disse il suo nome come morì il luogo della sua sepoltura (più tardi verificato), il motivo della sua punizione e l’errore compiuto dalla giovane, per mezzo del quale aveva ottenuto il permesso di possederla. Il ruah poi cominciò a piangere e ad implorare ha-Mori di non cacciarlo via; ha-Mori rispose che la giovane era già stata sufficientemente punita, per cui ordinò allo spirito malefico di abbandonarla, dando ai presenti un segno visibile della sua uscita. Quando il ruah se ne andò via si levò un terribile vento nella stanza fino a che ha-Mori ingiunse: “Basta!”. Il vento terminò e tutto si calmò. La ragazza tornò alla sua natura, si ridestò come da un sonno e non intese il motivo della sua presenza in quel luogo e dello stupore generale; non realizzava cosa fosse successo e quanto tempo fosse trascorso.

I tre kabalisti chiesero ‘mehilà’ (perdono) ad ha-Mori, che rispose che sarebbe stato meglio per loro abbandonare tutte quelle stoltezza, giacché era pericoloso e proibito esorcizzare un ruah se non si sa quello che si fa e, inoltre, tale conoscenza non era reperibile nei libri. Disse loro: “Non a me dovete chiedere perdono, giacché sono un uomo come voi, bensì al Santo Benedetto <28> Egli sia, poiché avete trasgredito al comandamento della Torà che impone di preservare la propria vita, inoltre avete pronunciato dei Nomi, menzionati in quei libri, che è illecito persino pensare. Inoltre, avete sprecato del prezioso tempo che, altrimenti avrebbe potuto essere usato per lo studio della Torà”. Sia ben chiaro che lo Tzadik, anche se in uno stato di indigenza, non accetta mai un soldo per quello che compie. Le sue azioni ed i suoi interventi sono ‘le shem Shamaim ule shem mitzvà” (per il solo scopo di adempiere alla Volontà di Dio e compierNe i comandamenti).

 

8

 

Non dai libri deriva questa conoscenza! Non dal combinare insieme migliaia di nomi o dal recitare preghiere e brani dello Zohar!

“Il Segreto di Dio è per coloro che Lo temono”. Lo Tzadik è perfetto nel suo Timore di Dio, nel suo amore per tutto ciò che è buono e nella sua avversione per tutto ciò che è malvagio. Egli è completo nel ‘derech erez’ e nel giusto rispetto dovuto ad ogni persona. Egli ama l’umiltà ed odia la superbia e la vanità. Egli predilige la gentilezza e la buona disposizione d’animo, e odia i cuori contorti dei malfattori. È in grazia di codeste virtù che egli può ricevere i Segreti.

Come, dunque, potrebbero essere tali, i segreti, se fossero pubblicati sulla carta stampata e diventassero accessibili alla lettura di ognuno? Sarebbe dunque sufficiente padroneggiare la lingua ebraica per essere inclusi nella categoria di coloro che conoscono i Segreti del mondo? “Il Segreto di Dio è per coloro che Lo temono”. L’Onnipotente ed Onnisciente invero sa chi Lo teme e chi no. Sa chi vive nella Sua Emunà. Sa a chi rivelare i Suoi Segreti, come e quando.

Questo insegnamento profondo di ha-Mori Haim Wenna è tale da essere accolto nel cuore e meditato nella mente più di ogni altro, se uno intende comprendere giustamente questo argomento. È una parola così semplice e così vera che quando qualcuno la ascolta si meraviglia di non averla mai considerata. Ebbene, se i Segreti di Ha-Kadosh Baruch-Hu fossero o potessero essere accessibili alla lettura e allo studio di tutti, come sarebbe dunque possibile chiamarli ‘segreti’?. È forse segreto ciò che tutti sanno?

 

 

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Ha-Mori Haim ci ha spiegato che anche i segreti della vera magia, <29> che è severamente proibita dalla Torà e non possono essere appresi da testi scritti. Anche se uno leggesse o studiasse il vasto repertorio di libri sull’argomento non sarebbe più vicino ai segreti di quanto non lo fosse prima di inoltrarsi in tale lettura. Coloro che praticano la magia (kishuf) possiedono una tradizione orale (le-avdil le-elef avdalot) che, generalmente, viene trasmessa ad un unico allievo, dopo anni di sottomissione e apprendistato col mago-maestro che la impartisce. La vera magia fa sempre ricorso ai ‘nomi impuri’ (scemoth ha-tum'à), per mezzo dei quali gli sheddim vengono evocati e ‘delegati’ ad eseguire la volontà del mago, che deve essere estremamente preciso e coraggioso, giacché l’apparizione di uno shed è fuori dalla dimensione naturale e fisica di questo mondo. Il 'mehashef' (mago, stregone) potrebbe vedere, ad esempio, che il muro davanti a lui si apre e lo shed entra, oppure che si presenta sotto forma di gigante. Ai nostri tempi, però, chi pratica la magia non ha il potere di vedere uno shed, che si presenta senza farsi vedere, giacché egli sa che colui che lo ha evocato morirebbe dallo spavento oppure impazzirebbe, cosicché non intende perdere la sua porzione sacrificale.

I motivi per i quali la Torà ha proibito la magia sono principalmente di due ordini. Il primo è che il mago deve ricompensare lo shed, commissionato a svolgere un determinato servizio, con un sacrificio, che il più delle volte è il sangue di un gatto o di un coniglio. Si tratta, pertanto, di un atto di avodà zarà (idolatria). Va ricordato che il sangue è una grande ‘delicatezza’ per lo shed; questo era il vero motivo dei sacrifici umani e animali cruenti nei culti pagani. I sacerdoti di quei culti erano 'mehashfim che facevano dei prodigi tramite gli sheddim evocati, i quali, d’altra parte, per eseguire la richiesta del mago, esigevano un sacrificio di loro scelta. Avveniva così che il sacerdote, così come era sottomesso alla volontà dello shed, parimenti vedeva il suo potere maggiorato dai ‘benefici’ dello shed. Ciò comprendendo, il lettore attento potrà rendersi conto del perché i sacerdoti dell’antichità avessero un potere così assoluto, e, similmente, perché l’idolatria fosse così diffusa. La gente che aveva una qualche richiesta poteva essere esaudita, a condizione che il sacerdote ottenesse per i suoi servigi una ricompensa pecuniaria e la sottomissione alle sue volontà. Ecco perché la Torà ha proibito il consumo di sangue che è l’alimento preferito degli sheddim.

Il secondo ordine consiste nel fatto che i nomi impuri non possono essere pronunciati da chi si trova in uno stato di purità. Il mago, infatti, per svolgere le sue arti, deve rendersi impuro cospargendosi <30> di urina e/o dei propri escrementi e/o di seme maschile e/o di sangue mestruale; pertanto, la Torà proibisce ogni forma di magia, giacché l’impurità ne è la ‘conditio sine qua non’ e ciò contrasta nettamente con la purità e la Kedushà richieste ad ogni ebreo.

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Se non per questi due succitati motivi, l’evocazione degli sheddim non sarebbe proibita, troviamo, infatti, nel Talmud che i Saggi usavano impiegare un particolare ‘shed’ che li serviva in caso di necessità. Così anche lo Tzadik può chiamare in servizio uno shed per commissionargli una mansione. È per necessità che lo Tzadik deve conoscere i segreti di ogni ‘kishuf’. Può succedere, infatti, che il ‘kishuf’ di qualche mago debba essere annullato per beneficiare chi ne è stato vittima. È necessario conoscere le esatte modalità con le quali si compie una magia per poterla poi annullare completamente.

Noi Talmidim abbiamo avuto il privilegio di essere testimoni di casi di persone, vittime di kishuf (che nessun rimedio avrebbe potuto salvare), che sono state liberate, grazie all’intervento dello Tzadik Haim. Per ha-Morì era sufficiente guardare la persona per conoscere il tipo di magia e chi lo aveva messo in pratica. Possiamo qui menzionare il caso raccontatoci dal Morè, quando viveva in Egitto, di una giovane ebrea, molto bella ed intelligente, della quale si era invaghito un giovane e ricco arabo. Costui si era rivolto ad un noto mago egiziano per far sì che la ragazza corrispondesse al suo amore e lo seguisse. Il mago accettò e richiese una cospicua somma di denaro, dal momento che il kishuf era molto forte e richiedeva numerose e precise preparazioni. Trascorsi solo alcuni giorni, la ragazza, proveniente da una famiglia tradizionalista, decise d'un tratto di abbandonare gli studi universitari e frequentare il suo corteggiatore arabo. Per fortuna di questa famiglia, un amico intimo del padre della ragazza conosceva lo Tzadik Haim che acconsentì ad intervenire, a condizione, però, che la cosa restasse segreta. In breve, lo Tzadik andò a trovare a casa sua la ragazza e vide subito che era stata fatta oggetto di un kishuf difficile, in cui un particolare nome, scritto sulla pelle di un gatto con sangue mestruale in un determinato modo ed in un tempo prescritto, viene posto sotto il teschio di una persona sepolta in cimitero. Ha-Morì si <31> recò direttamente dal mago e, pena la totale distruzione dei suoi poteri, gli ordinò di disfare il kishuf. Ha-Mori gli spiegò che egli stesso avrebbe potuto in un attimo annullare la magia, tuttavia desiderava che fosse lui stesso ad affaticarsi nel farlo; lo stregone fu costretto a distruggere la magia e la ragazza poté tornare alla normalità. Tornò ai suoi studi e lasciò il suo spasimante.

 

 

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Sarà difficile per il lettore immaginare quanto coraggio e quanta forza siano necessari per entrare in tali realtà. Ha-Mori Haim, una volta, ci raccontò in quale modo suo padre, la pace sia su di lui, gli insegnò a non avere paura. “La parola paura, per me, è soltanto una parola. So che esiste, ma non l’ho mai sperimentata per sapere cosa significhi veramente. Quando avevo sette anni e nello Yemen pascolavo il gregge paterno, avvenne una volta che al mio ritorno di sera, mio padre, ha-Mori Moshe, mi chiamò dentro la sua stanza privata e mi chiese che cosa vedevo. Risposi che vedevo degli strani tipi di uomini e di animali con forme che cambiavano costantemente. “Sai chi sono?” mi domandò. “No, papà”. “Sono sheddim. Osservali bene perché un giorno avrai bisogno di loro”.

 

 

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Anche gli antichi adoratori delle stelle (Ovdei kochavim u-mazalot oppure Ba’alè kesamin) possedevano segreti che venivano tramandati per via iniziatica. Ha-Mori Haim ci spiegava che se il ‘kosem’ non era più che esperto nella sua scienza di ottenere benefici dalla stella che venerava, l’influsso desiderato, avrebbe potuto mettere a rischio la sua vita. La sua scienza implicava, tra l’altro, la conoscenza esatta delle condizioni in virtù delle quali veniva recepito l’influsso astrale; le condizioni, infatti, variano da stella a stella. Pertanto, non va sottovalutata da un lettore moderno la conoscenza degli antichi adoratori di astri, come gli Egizi e i Caldei. Tra i segreti che trasmettevano c'erano formule estremamente precise e cognizioni relative alle caratteristiche di ogni stella. Il 'kosem' si rendeva servo di una particolare stella dalla quale scendeva l’influsso desiderato. Egli doveva inchinarsi ad essa e <32> venerarla. Per questo motivo, la Torà proibisce tali pratiche idolatre che prevedono il culto di un oggetto di creazione. Soltanto il Creatore, Benedetto Egli Sia e Benedetto il Suo Nome, è degno di ogni servizio e lode.

Non è però vietato conoscere gli influssi, i poteri e le funzioni di particolari stelle; è soltanto che questa conoscenza è segreta ed è trasmessa in un modo del tutto dissimile da quello degli antichi adoratori di stelle e non può essere tramandata a chi non sia sotto la protezione della Kedushà. Lo Tzadik, per mezzo del suo potere e della sua occulta conoscenza, può dominare questi influssi astrali, ma se non in casi rari e particolari non lo farà mai. Il motivo è che lo Tzadik, nel suo vero livello, è al di sopra delle stelle. L’influsso astrale è, in ogni caso, in diretto rapporto con la natura di questo mondo per cui lo Tzadik non la condizionerà se non c’è un motivo valido per farlo. Tuttavia, questo è un argomento complicato ed esula dallo scopo di questa introduzione. Va comunque sottolineato che lo Tzadik non va mai contro natura; il potere in suo possesso trascende la natura fisica di questo mondo, per cui ha la facoltà di dominare i vari influssi. Un eventuale cambiamento di influsso è tuttavia benefico e nessuna ripercussione negativa al ‘ricettore’ di simile influsso avverrà, come, invece, sarebbe stato nel caso in cui la natura fosse stata distorta o violata. Dio ci salvi. Infatti, quando lo Tzadik usa questo potere, il risultato è ciò che comunemente viene chiamato ‘miracolo’. Questo significa che il naturale influsso celeste viene sovrapposto da un influsso superiore, che è al di sopra delle leggi naturali che governano il normale corso del mondo fisico.

 

13

 

Il Talmud ha evitato di trattare per esteso questo argomento. Tuttavia, in esso vi è un’espressione concisa, molto nota, che racchiude molto e cioè: “Banei, haiei u-mezonei ba-talya miltà” (i figli, gli anni di vita e gli alimenti dipendono dalla stella). Questo significa che queste tre importanti categorie per ogni individuo, ossia la prole (il loro numero, il loro sesso, ecc…), la durata della vita e lo stato di salute, ed il modo di sostentamento dipendono dall’influsso della propria stella, che è stabilito alla nascita.

Ha-Mori Haim ci spiegava che l’influsso della stella, a volte, può venire impedito dalle cattive azioni della persona od anche dalle caratteristiche negative ‘acquisite’ (mentre il carattere naturale dipende direttamente dalla <33> stella). Il motivo per il quale le azioni negative possono precludere l’influsso stellare dipende dal fatto che le azioni individuali derivano dal libero arbitrio, una facoltà concessa all’uomo, la cui origine si trova al di sopra delle stelle create. Il libero arbitrio è il meraviglioso dono che l’Onnipotente ha concesso all’uomo, per cui esso è al di sopra delle contingenze dei figli, degli anni di vita e della parnassà. Le scelte che sono veramente libere, sono quelle compiute per servire Dio e per operare il bene. Tuttavia, la libertà concessa all’uomo può far sì che scelga di agire male; per questo l’individuo è soggetto al giudizio e, conseguentemente, alla ricompensa o alla punizione giacché è libero nelle sue decisioni e nelle sue azioni. Pertanto, le questioni relative al numero dei figli, alla longevità ed al lavoro non rientrano nella categoria del libero arbitrio, né tantomeno per esse l’individuo viene giudicato o punito. Del resto, le azioni compiute con la libertà di scelta saranno o premiate o punite anche in questo mondo, dato che, anche se l’influsso derivante da essi è al di sopra di quello particolare della stella, tuttavia è con essa che scende. Una persona, con un proprio lavoro ed un proprio guadagno (concessi dal mazal) può, tramite le sue buone o cattive azioni, essere soddisfatto o meno di se stesso. Tale stato d'animo è più importante e superiore alla situazione materiale in sé. Per afferrare meglio questo concetto profondo e complicato, che ha interessato le menti più elevate di ogni generazione, ossia del rapporto esistente fra il destino della persona (mazal o goral) e il libero arbitrio, del dove termina la predestinazione ed inizia la libera scelta, sarebbe bene fare un esempio: la stella può, ad esempio, destinare ad un individuo cinquanta milioni di dollari all’anno. Tuttavia, non è ‘scritto’ in che modo questo individuo userà tale somma (specialmente per ciò che riguarda i soldi rimasti dopo le sue spese necessarie). Con i soldi egli è libero di beneficiare altri, di spenderli esclusivamente per sé, di dilapidarli, di impiegarli per fare del male e così via. L'impiego del denaro non è più sotto l’influsso stellare individuale, ma è in rapporto con il libero arbitrio. È anche possibile che azioni negative impediscano l’influsso della propria stella. Supponiamo, ad esempio, che questa persona abbandoni il suo lavoro per qualche stolto motivo. Potrebbe trovarsi con meno di cinquanta milioni di dollari all’anno. Ha-Mori Haim paragonava questa situazione all’acqua piovana che rimane bloccata <34> sulla grondaia per qualche ostacolo che la trattiene: allo stesso modo, l’influsso potrebbe scendere, ma viene trattenuto da decisioni ed azioni indegne ed inopportune.

 

14

 

La sapienza degli astrologi riguarda le tre summenzionate categorie. La conoscenza ricavata dai dodici segni zodiacali, tuttavia, tratta gli influssi generali, giacché ogni segno si occupa delle generalità di un mese. Questo tipo di informazione, pertanto, è generale e spesso approssimativo. Informazioni specifiche (come ad esempio il nome della persona che incontrerai per la prima volta tra cinque giorni) non possono essere conosciute da costoro. Nell’antichità, tuttavia, esisteva una scienza occulta, nota soltanto agli astrologi ed ai maghi di livello superiore; essa era conosciuta anche da un numero ristretto di Hachamim, prima che venisse distrutto il primo Santuario. L’esimio Hacham, citato in precedenza tra le ottanta famiglie, la portò con sé nello Yemen dove fu tramandata in ogni generazione fino ad arrivare a Mori Haim. Questa è la conoscenza della stella individuale, sotto la quale è nata la persona; tale stella segue e governa l’individuo dal momento della nascita fino al giorno della morte. La stella è differente per ogni persona ed è in relazione al luogo ed al momento esatto della nascita. La precisione di quel momento può infatti essere conosciuto per mezzo di tale segreta conoscenza.

Nell’ebraismo, la conoscenza astrologica risale a nostro padre Abramo il quale, come è noto, ne era esperto. Fu per mezzo di questa sapienza che sapeva che sua moglie Sara non avrebbe potuto generargli dei figli. Ha-Kadosh Baruch-Hu, tuttavia, gli ordinò di abbandonare la città di Haran e di insediarsi in un luogo che gli avrebbe indicato (un cambiamento di luogo, infatti, comporta un cambiamento di mazal, ossia di influsso astrale individuale). Ha-Shem disse ad Abramo di uscire dal suo calcolo astrologico, dal quale, appunto, Abramo aveva visto che lui e sua moglie Sarai non avrebbero potuto avere figli. Sebbene il suo calcolo fosse esatto, tuttavia, Ha-Kadosh-Baruch-Hu "meshaded hama’arahot" ossia cambia i decreti celesti, secondo la Sua volontà. Infatti, Dio cambiò il nome di Abram in Abraham ed il nome di Sarai in Sara e, per mezzo di questo mutamento, il mazal cambiò.

Similmente, la sapienza dell’astrologia era nota nell’antico Egitto. Il faraone non disse forse a Moshè: ”Guarda ora che la stella Ra’à (che richiede il sangue di <35> coloro che si trovano sotto il suo influsso) vi segue nel deserto”? Faraone era infatti preciso nel suo calcolo; tuttavia, non poté certo calcolare che Ha-Kadosh-Baruch-Hu avrebbe fatto sì che tutta Israele si circoncidesse sicché il sangue del brit-milà avrebbe sostituito il sangue altrimenti richiesto dalla stella Ra’a.

 

15

 

Con questa nostra breve introduzione abbiamo inteso risvegliare l’attenzione del lettore su alcuni punti fondamentali. I Segreti degli Tzadikim vengono tramandati segretamente ed il modo della trasmissione e della ricezione fanno parte essi stessi del segreto. Tutto ciò avviene oralmente e non per iscritto. I veri segreti implicano una responsabilità che è pari al livello del segreto stesso. Tutti i cosiddetti 'segreti’ riportati nello Zohar, nei Tikkunim e nei testi kabalistici e hassidici sono frutto di immaginazioni ispirate e non hanno niente a che fare con la sapienza superiore dei veri Tzadikim, conosciuti nel loro numero, per merito dei quali il mondo esiste. Essi sono gli Uomini dell’Ascesa (Bnei Aliyà), che soffrono per i peccati della gente e la cui sofferenza è compensata soltanto dalla loro immensa ed occulta sapienza. Costoro sono i veri Servi di Dio che procedono con umiltà tra la gente, rifuggono gli onori e i soldi. Fanno la volontà di Dio nel mondo. Con l’eccezione dei loro Talmidim, la loro identità non è conosciuta in pubblico. Tuttavia, a volte, in qualche particolare frangente della storia, lo Tzadik può sapere che è giunto ‘il momento di agire per Dio, poiché hanno trasgredito la Tua legge’. È per questo motivo che ha-Mori Haim, Capo degli Uomini dell'Ascesa nella sua generazione, ci ha dato il permesso di rivelare il suo nome in questa introduzione. Di necessità, la forza tremenda con la quale questo libro intende risvegliare le menti può essere fornita solo da uno Tzadik, che conosce la Verità che riguarda i segreti della Torà e del mondo. Il breve repertorio di argomenti qui trattati, sarà di ausilio a chi teme Dio ed ai lettori perspicaci e privi di preconcetti che potranno fare la conoscenza con questo capolavoro di R. Shlomò El-Kapah che denuncia così ardentemente ed acutamente un movimento che ha falsato la vera Fede da più secoli.

Il nostro timore è per Dio soltanto. La verità può rimanere nascosta anche per migliaia di anni, ma, alla fine, ciò che è falso svanirà nell’oblio e ciò che è vero emergerà chiaramente come la luce del giorno. Perciò ha-Mori Haim si è assunto la grande responsabilità di rivelare il suo nome, al fine di autorizzare la <36> pubblicazione del libro ‘Milhamot Ha-Shem’. Ogni principio espresso in questo sacro testo di R. Shlomò El-Kapah è vero ed è saldamente fondato sull’Unità del Nome, così come è stata affermata ed insegnata dalla Sacra Torà. Non abbiate timore, dunque, di inoltrarvi nei suoi capitoli e di considerare e studiare le profonde ed essenziali verità qui espresse.

Il tempo è maturo ed esistono, in sufficiente numero, buone, intelligenti e sensibili menti che sono in grado di riconoscere il subdolo e terribile errore, che, Dio ci salvi, si è radicato e ha infestato il pensiero ebraico.

Poco o niente è conosciuto dalla maggior parte degli Ebrei sulla ‘kifrut’ che è presente nelle dottrine kabalistiche dei movimenti ortodossi che si rifanno allo Zohar. Esistono, tuttavia, nell’Ebraismo tradizionale, degli elementi sani che intuiscono l’errore di fondo di queste dottrine; essi, però, sono privi di argomenti validi per controbattere e mettere a nudo la falsa impostazione di fondo dello Zohar e dei testi che ad esso si rifanno. Questo libro viene in aiuto a costoro e provvede a fornire loro gli argomenti idonei a comprendere le basi sulle quali è stata edificata la nuova Kabalà. L’autore ha ingegnosamente intrecciato il suo libro con le citazioni dei nuovi kabalisti, dimostrandone il contenuto idolatra e blasfemo. Per ognuna di tali citazioni l'Autore riporta la contrapposta citazione della Torà, della Mishnà, del Talmud, dei Hachamim, dei Gheonim e dei Rishonim. Ne risulta che il lettore comprenderà la vera natura del sistema cosmogonico dei kabalisti e gli sarà chiaro e semplice capire la distinzione esistente tra la Kabalà della Legge Scritta ed Orale e le dottrine della nuova Kabalà. Se il lettore rimarrà sorpreso, a prima vista, da questa preponderante dicotomia, presto si renderà conto dell’incredibile perspicacia con la quale R. Shlomò El-Kapah ha focalizzato i principi di fondo del sistema kabalistico e le sue implicite contraddizioni con la Kabalà dei Saggi di benedetta memoria.

 

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INTRODUZIONE AL CONTENUTO

 

1

 

I kabalisti considerano il Dio esistente e il Dio Fattore come due distinte entità, di cui il secondo è un'esistenza "emanata" nella forma di un "uomo spirituale" che regna e governa sopra tutti i mondi. Così come un suddito si rivolge ad un re per essere esaudito, allo stesso modo le preghiere dei fedeli devono essere indirizzate al Re del Mondo e non alla Causa Prima di tutte le esistenze.

Il mondo di "atzilut" è un’emanazione, in sostanza, più spirituale del mondo di "berià" (creazione), che è già sceso per diventare un'esistenza a sé. Tuttavia il mondo di berià, di natura ancora spirituale, si deve manifestare nei livelli del mondo di "yezirà" (formazione) e di "assiyà" (azione), prima che si possa parlare di mondo materiale e fisico. Questi sono pertanto i quattro mondi di cui parlano i kabalisti. Essi sono quattro categorie generali e corrispondono nell'uomo all'azione, al linguaggio, al sentimento e all'intelletto. Ogni mondo ha poi dieci "sefirot", generalmente nominate nel modo seguente: Hochmà (Saggezza), Binà (Comprensione), Da'at (Conoscenza), Hesed (Benevolenza), Ghevurà (Severità), Tiferet (Splendore, indicata anche con il termine di Rahamim - Misericordia), Netzah (Vittoria), Hod (Maestà), Yesod (Fondamento), Malchut (Regno). A volte, le dieci sefirot vengono elencate dal Keter (Corona) o il potere di Ratzon (Volontà), nel qual caso Da'at non viene contata. Le dieci sefirot rappresentano i dieci "poteri d'anima" dell'Uomo Spirituale di ogni mondo. L'Uomo Spirituale ha un corpo nominato "Gufa di Malka" (il Corpo del Re), strutturato con 248 membra e 365 vasi e nervi.

Ogni mondo viene poi classificato in cinque "partzufim" (volti, aspetti), in base all'aspetto che è dominante. I cinque partzufim di ogni mondo sono:

1: Keter (Corona), a sua volta diviso in un aspetto esteriore di "Razon" ("volontà") e in un aspetto interiore di "Ta'anug" (Piacere); <39>

2: Aba (Padre), correlato con Hochmà (Saggezza)

3: Ema (Madre), correlato con Binà (Comprensione)

4: Zeir Anpin (Piccolo Volto) correlato con le sei sefirot dei sentimenti e cioè Hesed, Ghevurà, Tiferet, Netzah, Hod, Yesod,

5: Nukve (Femmina) la controparte femminile di Zeir Anpin, correlata con l'ultima sefirà, Malchut.

Il partzuf di keter rappresenta il Re Incoronato, il piacere del quale consiste nel conoscere i "Segreti Superiori", mentre il Re Inferiore, rappresentato da Malchut, si compiace di comandare i suoi sudditi, per vedere realizzata la sua Volontà.

Il partzuf dominante della creazione è Aba, il Padre Saggio, mentre il partzuf di Ema esegue i comandi di Aba, eccezione fatta per la creazione dell'uomo, nella quale Ema si assunse la responsabilità di procrearlo anche contro il buon consiglio di Aba.

Il partzuf Zeir Anpin è il figlio di Aba e di Ema, il "cuore" di Atzilut, che riceve dagli attributi dell'intelletto sopra di Lui ed è chiamato uomo. I cinque partzufim insieme assumono anche una forma umana, ossia Adam Elion (l'Uomo Superiore), mentre zeir anpin forma un partzuf completo dentro alle ristrette "midot" (attributi, misure), che lo delimitano.

Pertanto, secondo i kabalisti, i cinque partzufim insieme sono rappresentati da Erech Apaim (il Longanime) — per lo Zohar Arich Anpin (il lungo volto) — mentre il Ristretto Uomo di Zeir Anpin (che significa volto ristretto e perciò "impaziente") ha il compito di ricompensare i meritevoli e di punire i malvagi.

Quando Zeir Anpin è in un rapporto d'amore con Nukve-Malchut, quest'ultima riceve un buon influsso che origina la "Elohut", la Divinità, una forma più rivelata con conseguenti miracoli visibili. Se, però, Zeir Anpin e Nukve sono separati l'uno dall'altra, l'influsso che scende nel mondo, per mezzo di Malchut, non viene concesso volontariamente, cosicché i miracoli non sono visibili e domina la severità della natura.

Il mondo di Emanazione, generalmente, viene considerato come l'ultima manifestazione della Divinità, la quale non è separata dalla sua Essenza. L'ultima emanazione del mondo di Atzilut è Zeir Anpin, che deve essere però congiunto con Malchut per diventare Dio del mondo.

Le Mitzvot (i Precetti) sono i sentieri segreti che ne derivano e sono connesse con i corpi e con le membra di Zeir Anpin e di Malchut. Pertanto, quando Israele osserva e adempie i Precetti e le Leggi comandate, fa si che i corpi e le membra superiori si congiungano in virtù delle sue buone azioni, mentre le sue <40> "intenzioni" (kavanot) permettono che gli "Spiriti Superiori" siano in amorevole armonia. Per questo motivo, tutti i precetti, i servizi e le preghiere di Israele devono essere diretti alla Divinità, manifestatasi nella forma spirituale di un uomo, cioè Zeir Anpin, congiunto con la sua controparte femminile Malchut, ora denominata Sh'hinte. Infatti, i Kabalisti prima di adempiere una mitzvà, dicono "In grazia dell'amore che unisce Kudshe Brich Hu a Sh'hinte".

 

 

2

 

Il sistema kabalistico considera l'uomo come il centro di tutta l'esistenza. I livelli infiniti e superiori di divinità sono accessibili solo dopo che si sono emanati nel Dio-Uomo di Atzilut. A questo livello è posta la superiore ed elevata "Immagine di Dio" (Tzelem Elohim) alla quale si riferisce il verso in Genesi. Le azioni fisiche, i sentimenti, i poteri dell'intelletto, ecc. sono connessi alle azioni, sentimenti e poteri della "Divina Immagine" di Atzilut. Così dunque Zeir Anpin, l'espressione divina del mondo di Emanazione è il Dio al quale il fedele deve rivolgersi per essere esaudito nella sua preghiera.

Così il sistema cosmogonico dei kabalisti viene rappresentato nella forma di una sfera vuota, all'interno della quale fuoriesce una linea di luce, che dall'esterno, si porta verso il centro della sfera. La linea scende piano piano e, dopo un breve tragitto, disegna una nuova sfera, inclusa in quella precedente. Tale processo si ripete di continuo fino al punto centrale della sfera, dentro il quale l'ultima sfera inferiore è così ristretta da collegarsi alla linea stessa. Quest'ultima, quindi, continua con i cerchi interiori corrispondenti ai livelli circolari già formatasi. La linea, tuttavia, non tocca la superficie interiore dell'altra parte, ma si arresta prima di essa. In questo modo, si può dire che la linea che prima è discesa dalla superficie interiore è la sommità, mentre la fine di quella linea che non tocca è il fondo. Tutte le sfere interiori incluse "guardano" verso il centro della sfera. Così i kabalisti vedono, sommariamente, la costruzione dei mondi. Il punto medio rappresenta per loro il punto culminante dell'emanazione (Atzilut).

Per quanto riguarda le sfere concentriche, il punto di unione tra la linea e la sua corrispondente parte sferica è il centro esatto; esso è estremamente ristretto nello spazio e perciò viene denominato Zeir Anpin (aspetto ristretto). Esso è il punto centrale della linea stessa. Nukve è il punto centrale formato dal livello circondante quello spazio ristretto. Pertanto, Zeir Anpin è l'elemento maschile, il cui punto mediano finisce in una linea retta, mentre Nukve è l'elemento femminile, la cui parte mediana si arresta in una forma <41> circolare. Tale è la rappresentazione cosmogonica dei kabalisti.

Ora, è ben chiaro che ciò è in netto contrasto con la Fede della Santa Torà e della Tradizione Orale.

Il punto mediano, ancorché teorico, è determinato dalla sua posizione. Esso è un'Unità, che è in relazione a tutto ciò che la circonda. Ma l'Uno, al quale noi ci riferiamo, ossia il Nome di Dio, non può essere in relazione con qualsiasi altra entità. Infatti, qualunque esempio che cerchi di esprimere, raffigurare o indicare tale rapporto è per noi blasfemo, perché limitante, e non farà altro che causare una pericolosa confusione nella mente di chi lo studia.

 

3

 

R. Yihye ben Shlomò El-Kapah dimostra in questo libro che in ogni punto della nuova kabalà si riscontra "shituf", cioè associare Dio ad un'altra entità, sia essa fisica o spirituale. Ed è proprio tale "shituf" che è severamente proibito dalla Torà e dalla Tradizione Orale e distingue la fede mosaica da quella di altre religioni.

Oltre ad esporre e ad inficiare le dottrine kabalistiche, l'Autore ha prodotto anche una meritevole opera, in quanto ci ha chiarito, in una forma pura, semplice e comprensibile, il significato dell'Unità di Dio. E noi siamo convinti che ci sia riuscito in un modo completo, come ben pochi altri nella storia dell'Ebraismo.

L'Assoluto ed Indivisibile Uno trascende ogni emanazione ed ogni manifestazione, per cui, la stabilità, la verità e l'unità della Fede in Ha-Shem dipendono dalla stabilità, verità ed unità della Rocca presso la quale il fedele ebreo si rifugia.

La via verso Ha-Shem è un rapporto diretto con l'Unico Uno che è tutto e tutto governa. Qualsiasi speculazione relativa alla Sua Essenza, oltre ad essere blasfema, è anche falsa e conduce all'errore.

L'Unità dell'Onnipotente non ha assolutamente niente a che vedere con il senso di unità, immaginato dalla mente umana.

L'Amore di Dio si esprime tramite la meditazione delle Sue opere e non attraverso la speculazione intellettiva di "luci" che nessuno ha mai visto. Ed in merito ai pochi Eletti che sono entrati nella vera Luce, è certo che non hanno mai riferito né tantomeno descritto tali esperienze, dato che "Sod Ha-Shem <42> le-yereiav u-beritò leodiam" ("Il Segreto di Dio è per coloro che Lo temono e a costoro Egli fa conoscere il Suo Patto). Non già a coloro che lo rivelano ad altri! "Ciò che è occulto è per il Signore nostro Dio, e cio che è manifesto è per noi e per i nostri figli".

 

 

4

 

R. Shlomo El Kapah (1850-1932) fu allievo dello Tzadik ha-Mori Haim Gorah.

Nell'introduzione al S. Milhamot Ha-Shem, l'Autore racconta alcuni avvenimenti che precedettero il suo carteggio con alcuni noti kabalisti di Gerusalemme. Il testo fu scritto in risposta alla sesta lettera del carteggio. Rav El Kapah spiega che la disputa tra coloro che avevano adottato lo Zohar e i Dardain (che lo avevano rifiutato e rigettato), era presente già da molto tempo. All'epoca in cui visse l'Autore, il governo ottomano, che allora imperava anche nello Yemen, aveva concesso il permesso e il sostegno per costruire una yeshivà ed una scuola per ovviare al metodo disordinato delle lezioni che allora vigeva e si teneva in case di privati, spesso malsane. Quando la yeshivà fu costruita e iniziò a funzionare, si decretò che i "bahurim" (gli scolari) ricevessero anche lezioni di turco, matematica e geografia. La decisione fu accolta. Gli allievi riuscivano bene nei loro studi religiosi e secolari. Soddisfatti ne erano anche gli insegnanti e gli ufficiali ottomani. In seguito, giunse da Gerusalemme un gruppo di Rabbini, che voleva verificare le cognizioni degli allievi sui testi talmudici. Tuttavia le domande proposte ai giovani yemeniti si rivelarono così difficili ed oscure, che costoro non seppero rispondere. Questo fu il pretesto per una serie di calunnie (da parte dei Rabbini di Gerusalemme) che culminò con la chiusura della scuola. Il governatore turco dispose, oltre alla chiusura dell'edificio scolastico, anche l'imprigionamento del rabbino El Kapah e degli insegnanti della yeshivà. Essi furono incarcerati per ben due volte, per più di trenta giorni. Si comprese allora che il vero motivo della calunnia era che nella yeshivà non si studiava lo Zohar, perché rifiutato da questi ebrei yemeniti. I rabbini, tornati a Gerusalemme, decretarono pubblicamente che questi Dardain erano "minim" e "kofrim" (negatori di Dio), per cui bisognava recarsi al cimitero e spargere il capo di cenere, in segno di lutto, poiché queste anime yemenite avevano deviato dalla Kabalà di tutto Israele e avevano rifiutato di credere nelle sacre parole dello Zohar. <43>

Pertanto, fu questo episodio che spinse il Hacham El Kapah a scrivere questo accorato componimento. Che peccato avevano commesso col rifiutare di credere a tali astruse dottrine attribuite falsamente al Tanai R. Shimon ben Yohai? Quale prova esisteva della sua autenticità? Perché mai tali dottrine venivano esposte in un modo del tutto diverso dal resto della letteratura ebraica? "E contro coloro che si immergono giorno e notte nello studio della Torà, della Mishnà e del Talmud, con la loro Fede nell'Unico Dio Vivente, che voi state conducendo questa battaglia? Perché non "cinguettiamo" come fate voi i versi dello Zohar?"

Fu così che rav Shlomo EI Kapah decise di non "cinguettare" i versi dello Zohar, bensì di studiarlo in profondità, così come i suoi commentatori, al fine di comprenderne meglio la dottrina, per meglio contrastarlo con l'arma della vera Torà. Egli si meravigliò che la gravità del loro "peccato" avesse causato la chiusura della loro yeshivà. Considerò anche che il rifiuto delle nuove dottrine kabalistiche dello Zohar si fosse accompagnata a calunnie così virulente, da parte di persone "rispettabili". Il Hacham El Kapah concluse che, in passato, non si era fatto abbastanza per smascherare le idee di "shituf" contenute nella nuova kabalà; egli si rese conto che anche molti yemeniti, in buona fede, erano rimasti ammaliati dall'incantesimo di questo testo, per cui sentì l'obbligo morale di fare presente ai propri fratelli la pericolosità di questa continua insidia.

La "Temimut" e la "Emunà" degli ebrei yemeniti erano state contagiate da un'epidemia di astruso misticismo e i responsabili della loro conservazione non avevano affrontato il nemico in modo adeguato, per cui avevano subito una cocente sconfitta. Era arrivato, quindi, il momento di difendere il puro e vero monoteismo ed il significato incorrotto dello Yihud Ha-Shem e della vera Kabalà.       <44>

 

INTRODUZIONE ALLA LETTURA DEL TESTO

 

Le sei lettere introduttive del carteggio tra l'Autore ed un noto kabalista di Gerusalemme, trascritte nel testo originale in ebraico, vengono qui compiutamente tradotte (eccezion fatta per la fine della sesta lettera che è stata abbreviata a motivo della sua prolissità). Il lettore che ha qualche familiarità con questi soggetti troverà interessante questo carteggio, poiché sintetizza quasi tutti gli argomenti che verranno discussi in seguito dall'Autore. Il lettore, invece, che non conosce questa materia (e noi supponiamo che sia la maggioranza) può in un primo tempo tralasciare o quanto meno leggere superficialmente il contenuto del carteggio e inoltrarsi direttamente nella lettura del componimento vero e proprio. Ultimata la lettura, potrà comprendere a pieno il significato di questo scambio epistolare ed apprezzarne il contenuto.

In merito poi alla lettura del componimento, suggeriamo che il libro venga letto lentamente ed attentamente.

Il libro si prefigge due scopi principali: primo, negare tutte le teorie kabalistiche; secondo e in relazione di contrasto al primo, affermare ed insegnare la vera fede dello Yihud Ha Shem (Unità di Dio).

In una nota introduttiva dell'edizione originale, si fa menzione a come l'Autore abbia ammesso di aver scritto il componimento in uno stato di ispirazione, dal momento che le parole uscivano dalla sua penna in un modo naturale, perfetto, profondo. L'Autore consigliò altresì di leggere il testo con cura e con intenzione, spiegando che la profondità del Sefer non può venire intesa da una singola lettura.

È da considerare anche che l'autore ha messo in rilievo il fatto che dopo Maimonide, di benedetta memoria, le leggi governanti il giusto modo di credere nell'Unità di Dio è rimasto come "una città incustodita". Egli si è così premurato di spiegare le esatte modalità della fede monoteista rivelate dalla Torà, affinché questa grave lacuna fosse colmata in un modo consono ai dettami di Ha-Shem. <45> Per raggiungere questo scopo era necessario mettere a nudo tutti i tipi di credenza che rientrano nella categoria di "shituf", l'associare a Dio, Prima Causa di tutte le esistenze, qualsiasi altre entità e dimostrare il loro netto contrasto con la vera Tradizione dei Saggi.

Concludiamo, augurando al lettore di apprezzare il puro contenuto del libro e di goderne i frutti perennemente.

 <46>

 

1

PRIMA LETTERA DI DOMANDA DALLO YEMEN A GERUSALEMME

Uno dei Talmidim chiese: "che il nostro maestro ci spieghi, dunque, a chi appartengono il nostro servizio e le nostre preghiere — alla Causa delle Cause, Benedetto Egli sia, oppure ad una delle Sue emanazioni (zeir anpin), (così come R. Salam ibn Daud, che ha viaggiato da qui alla Terra Santa, ci ha spiegato alla nostra presenza, per cui in conformità alla vera fede, come spiegato in Sefer "Matzref ha-Emunà" e in Sefer "Olat ha-Tamid", colui che serve l'Infinito (Ein Sof) non sta servendo il vero Dio né sta facendo onore al Dio della Giustizia), affinché si possa sapere chiaramente chi dobbiamo servire. Per cortesia, siate solleciti nel rispondere. —

 

 

2

PRIMA LETTERA DI RISPOSTA DA GERUSALEMME ALLO YEMEN

La risposta alla vostra domanda si trova spiegata nel Sefer "Kisei Eliahu" da pagina 13 a pagina 18. "Che il saggio ascolti ed aggiunga sapienza". La Kabalà ci insegna che il servizio (avodà) va rivolto all'Unico Dio al fine di far scendere da Lui l'influsso sulle dieci sefirot, come scritto in Sefer "Lehem Shlomò". —

 

 

3

SECONDA LETTERA DALLO YEMEN A GERUSALEMME

La vostra risposta ci è pervenuta oscura e in essa è presente la sola indicazione <47> di leggere il S. Kisei Eliahu. Tuttavia, non ho inteso la vostra opinione e tantomeno la vostra intenzione. Ciò che avete ricevuto come Kabalà è in accordo o in contrasto con le parole del Kisei Eliahu? Infatti, dopo aver letto ed esaminato con cura le pagine da voi indicate, non vi ho trovato ciò che cercavo. Al contrario, l'autore del testo considera l'Unità del Creatore come altre entità di "uno". Scrive infatti:

— è come una casa che nella sua totalità viene chiamata casa, ma quando entri in essa vi trovi molte stanze, grandi e piccole, ecc. e ciascuna viene descritta con un nome, ecc. o come un muro costruito con pietre, ciottoli, terra, acqua, calce, ciascuno è un'entità fine a sé ecc. — Solo dopo che il muratore con la sua arte ha unito insieme le varie parti, una dentro all'altra, una vicino all'altra ecc...solo allora esso diventa un muro. E così è nel nostro caso, ecc.

 — (a pagina 28, 29 egli lo paragona) ad un corpo umano che ha in sé unite ossa, arterie, carne, testa, occhi, naso, bocca, mani, piedi ecc., mentre tutti insieme vengono chiamati con un singolo nome Reuben, Shimon ecc. —

— (a pagine 25, 26, 27, scrive) il principio generale da dedurre da queste considerazioni è che la Causa Prima, riferita da tutti i kabalisti come l'Ein Sof che si cela dentro zeir anpin, per cui questo diventa il Regnante su tutte le creazioni. Egli le governa, le alimenta, le sostiene per mezzo del potere dell'Ein Sof, presente in Lui". Perciò Egli è il nostro Dio e noi siamo la Sua nazione, giacché le nostre anime sono la Sua porzione e Lui dobbiamo servire. Egli è il Dio dei nostri padri, che governa tutti i mondi per ciò che riguarda il premio e il castigo. Se, tuttavia, uno rivolge la sua preghiera all'Ein Sof o ai partzufim che sovrastano zeir anpin e nukve e prega ad essi individualmente (senza pregare zeir anpin), oppure, rivolge la sua preghiera all'anima che si nasconde in essi, costui pregherà invano e non verrà esaudito. Anzi, coloro che pregano in questo modo saranno puniti. Poiché è in virtù della volontà della Causa Prima che zeir anpin dirige la sua "influenza" (shefa) su tutti i livelli inferiori, per cui non esiste altri all'infuori di Lui —

Queste parole del Kisei Eliahu sono in netto contrasto con quelle del Rambam, di benedetta memoria, nel suo commento alla Mishnà, nello Yad ha-Hazakà e nel Morè Nevuhim; inoltre, contrastano sia con gli insegnamenti del "Hovot ha-Levavot" (Sha'ar ha-Yihud), sia con quelli di R. Sa'adya Gaon nel Sefer "Emunot ve-Deot" sia con quello del Sefer ha-Rokeah.

Nei testi succitati viene chiaramente spiegato che l'Unità di Dio, Benedetto Egli sia, non è un'unità congiunta, né un'unità di specie. Non è come un uomo che è suddiviso in tante unità e neppure è l'unità di un elemento semplice, ecc. Infatti, questi tipi di unità possono suddividersi in un numero infinito di <48> suddivisioni. Ha-Shem Baruch-Hu, invece, è Uno in un modo di Unità Assoluta che non ha pari con qualsiasi altra unità.

Il "Kisei Eliahu" scrive, inoltre, che l'Ein Sof è l'anima (neshamà) di atik, di arich anpin, di aba e di ema, di zeir e nukvei. I nostri Saggi, e tra loro quelli summenzionati, hanno invece scritto che "egli non ha corpo, né ha alcunché di corporeo" (un'entità cioè che agisce dentro un corpo). Secondo costoro, però, Egli è un'entità (neshamà) in un corpo (atik, arich, ecc.).

Il "Kisei Eliahu" scrive, poi, che arich anpin, aba ed ema, precedettero zeir anpin, che è nostro Dio e costui è il figlio di aba e di ema ecc.

I nostri Hachamim hanno invece affermato che Egli è il Primo e precede tutto ciò che esiste. Egli è "Kadmon" (il Primo Eterno e Assoluto) ad ogni esistenza.

Il "Kisei Eliahu" sostiene anche che l'Ein Sof non ha un servizio che gli appartiene, né si può evocarlo in preghiera. Non gli si può attribuire nessun nome, mentre il Tetragramma, il nome di Adonai ecc. vanno riferiti solamente a zeir anpin e nukve nel mondo di atzilut (emanazione). Questi nomi non vanno ascritti neppure ad arich anpin, ad aba ed ema, a zeir e a nukve che si trovano nei mondi superiori a quello di emanazione.

 

Perché si abbandonano, dunque, tutti i partzufim sopra il mondo di atzilut per servire soltanto zeir e nukve del mondo di emanazione? E che ne è di tutti gli atik, gli arich anpin, gli aba e le ema, che precedettero zeir anpin nei mondi superiori e sono più vicini all'Infinito?

 

Forniteci, dunque, risposte comprensibili, affinché possiamo seguire il nostro Dio, il nostro Creatore e il Creatore di tutto l'Universo. Ma non angustiateci con indegne parole, Dio ci scampi. Infatti, chi come voi ha raccolto nel suo pugno l'incanto e la raffinata comprensione di intendere e di conoscere Dio per mezzo di questo studio occulto? Chi come voi salirà alla Montagna di Dio e sosterrà nel luogo della Sua Santità? Io, invece, sono uno stolto tra gli uomini e la comprensione non fa parte del mio possesso.

Ma la Rocca, però, conosce le intime recondite intenzioni del cuore ed Egli cerca ogni cuore. Io non ho dato riposo ai miei occhi e il sonno è stato tolto alle mie palpebre perché potessi trovare le soluzioni. E colui che viene per purificarsi è aiutato dall'Alto, sicché possa trovare una Guida, che gli mostri il sentiero della Santità con chiaro intelletto e cristallina conoscenza. Come l'infante che viene alimentato è come il bambino che viene istruito. Forse tra i vostri Saggi della Verità (1) , intelligenti ed esperti come Etan ed Heman (2), c'erano alcuni Rabbini che erano privi di questa saggezza e ci hanno così elargito squallide falsità, Dio ci salvi — A voi, però, sono stati svelati i segreti ed i tesori nascosti di questa <49> sapienza, con la quale riempite le menti dei vostri allievi fino a quando essi sono sazi e possono così apprezzare il gusto della vostra benevolenza. È quindi nostro dovere ricompensare le vostre buone azioni, per cui non trattenete la bontà da coloro che la richiedono. Vi prego, davanti al Dio dei Cieli, di far risplendere il vostro volto su di noi e così potrete chiarirci con limpida esposizione ogni questione richiestavi. Allora saremo vostri servitori e le nostre labbra potranno esprimere la magnificenza della vostra generosità. Così non saremo svergognati né in questo mondo né in quello futuro. Solo allora torneremo a nutrirci tra le rose nel segreto dei Saggi e di coloro che intendono.

 

1) Hochmei ha-emet, usato per indicare coloro che studiano la kabalà.

2) Famosi saggi dell'antichità, al tempo dei Patriarchi.

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SECONDA LETTERA RISPOSTA DA GERUSALEMME ALLO YEMEN

Ho letto tutto ciò che è stato da voi scritto in modo erudito, simile ad un albero con molti rami alti, come le cime dei cedri. Perdonate il ritardo della risposta, ma il mio tempo è faticosamente occupato. Ma, ogni ritardo è a fin di bene.

Esaminando la vostra lettera, scorgo che avete spesso aperto la vostra bocca per menzionare la parola "dèi". Pensate forse che le vostre parole sono contro di noi? "Chi siamo noi che ci portate le vostre lagnanze"? Del resto, tale disonore non appartiene a noi, bensì ai Saggi di Israele, il più piccolo dei quali è più largo dei vostri lombi e sui quali (Saggi) tutto Israele si appoggia e in grazia dei quali esiste il mondo. È disdicevole per voi proferire tali sentenze indegne. Palesate una semplicità sotto la quale, invece, si trova una grande astuzia. Il giudizio sul vostro conto è comunque già stato espresso da coloro che possiedono sapienza.

Ebbene, per quanto riguarda la vostra affermazione secondo la quale il Kisei Eliahu (pagina 3) paragona l'Unità di Dio ad altre "unità", voi brancolate nel buio, giacché a pagina 20, è spiegato che queste similitudini vanno riferite a "Luci Sacre" (orot kedoshim) che non hanno forma o sembianza che possano essere percepite dall'intelletto umano, in modo alcuno. È solo perché l'intelletto stesso possa considerarle che ci è stato permesso fare tali similitudini. A pag. 4, è <50> scritto anche che gli epiteti (kinuim) e gli attributi descrittivi (to'arim) sono esempi relativi alle sefirot emanate ed alle luci sacre, ma per quanto riguarda il Signore, non esiste né similitudine, né forma, né percezione di Lui nella mente umana, in qualsiasi modo.

 

In quanto alla vostra domanda "perché si abbandonano tutti i partzufim sopra il mondo di atzilut per servire soltanto zeir anpin, con il potere dell'ein sof che è in esso ecc. — questo è stato spiegato a pagina 25 e cioè "quando noi evochiamo zeir anpin, contemporaneamente, evochiamo in un'unità tutti i partzufim, insieme alla neshamà che si cela in essi".

 

Per quanto riguarda la vostra domanda "perché si abbandonano i partzufim che sono più vicini all'ein sof per evocare zeir anpin" — questo è in virtù del fatto che gli "attributi interiori" (midot ha p'nimiot) sono o di "severità" (din) o di "misericordia" (rahamim). Zeir anpin, invece, consiste in tutti quanti. E per questo motivo che il Creatore ha voluto seguire tutte le Sue opere attraverso questo recipiente.

Se volete porre, poi, delle domande sulle similitudini delle Luci Superiori (cosa che non avete permesso di fare neanche nel pensiero, quanto di meno burlarvene) perché non ve la prendete con il corpo materiale che svolge tutto il suo lavoro, mentre la testa rimane al di sopra a non far niente? O anche la facoltà del linguaggio, orgoglio dell'uomo su tutte le altre creature viventi, — perché dunque la bocca non fu posta sopra gli occhi? Così è stato decretato dalla Sua Saggezza. E se voi ritenete di avere un'idea migliore, ebbene, andate dal vostro Creatore e prestategli consiglio!

 

In quanto, poi, all'affermazione che le parole del Kisei Eliahu sono in contrasto con quelle del Rambam e degli altri Hachamim ecc., perché essi hanno scritto che Egli non è il potere di un corpo, mentre, secondo il Kisei Eliahu, Egli è il potere di un corpo — ebbene, tutti i kabalisti sono in pieno e completo accordo sul fatto che chiunque consideri le sefirot in un senso fisico, così come avete fatto voi, costui è un "kofer" e non ha retaggio con il Dio di Israele! Se si riferiscono ad esse come "luci sottili" è per il semplice fatto che bisogna "dare all'orecchio ad intendere qualcosa".

Allo stesso modo, ci chiediamo il senso delle parole del Rambam laddove scrive: "la persona deve disporre il suo cuore verso la Divina Presenza (Shechinà) e poi deve pregare". Nel Morè è invece scritto che la Shechina è una "luce creata" (or nivrà). Ancor di più su ciò che scrive a proposito della "Gloria di Dio" (Kevod Ha-Shem) che anch'essa è creata. Se così fosse come poté Israele lasciare l'uscio delle proprie tende per inchinarsi ad una creazione? E Rambam scrive anche che ogni <51> forma (tzurà) che videro e descrissero i Profeti, era un "luce creata". Ciò significa forse, che non abbiamo profezia dal Creatore, bensì dalle creazioni soltanto? E se noi affermassimo che questa creazione si attacca (dabek) al Creatore, questo significherebbe per voi forse, che Egli è il potere di un corpo?. Attendiamo una vostra risposta, con impazienza.

 

 

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TERZA LETTERA DALLO YEMEN A GERUSALEMME

Il mio spirito desiderava sentire parole purificate, simili ad uno specchio uniforme, parole ispirate dai cieli, in alto. Io, infatti, sono povero di ogni sapienza e anelo all'ombra del ricino. Ma, invece di rispondere, mi avete chiamato in causa (1) . Dalle copiose acque, per me così amare, vorreste abbeverarmi. Mi vorreste porre guardiano di un orto di cetrioli. La mia anima, tuttavia, rimane sbigottita dalle profane lodi di cattiveria, simili alle benedizioni del malvagio Balaam. Avete chiuso la vostra lettera con parole di calunnia, come persona priva di educazione, come orso male addestrato.

Per amore della verità, tale non è la via della Torà. Le vie della Sacra Torà sono vie piacevoli — Ama il tuo prossimo come te stesso — Ciò che ti è odioso non farlo al tuo prossimo. Non era forse questa una sentenza di Hillel?

Avete iniziato la vostra lettera affermando che ho spesso aperto la bocca per disprezzare i Saggi d'Israele e che ho usato parole indegne nei loro confronti. Non mi permetterei mai di svergognare il mio prossimo, Dio ci salvi, appartenga esso alla nostra nazione o a qualsiasi altra nazione. Non riconosco nelle mie frasi parole che abbiano potuto esprimere tale spregevole sentimento.

Tuttavia, se il fine è quello di obiettare a coloro che portano delle affermazioni contrastanti a quelle dei Hachamim, ebbene, in questo non esiste proibizione alcuna. Nel Talmud stesso, le obiezioni vengono usate dai Rabbini per controbattere le asserzioni dei Saggi maggiori di loro e in questo riportano delle prove per sostenere le loro obiezioni, come quando è scritto "l'obiezione (ti'ubta) del tale Rabbino" ecc. oppure "l'opinione di questo Rabbino è sbagliata ("baduta" o come si legge nell'Aruch "baruta", rigettata). In Sanhedrin e in Berachot è scritto: "Noi affermiamo che quando una persona vede l'arcobaleno deve chinare il capo, in <52> base al verso "come la visione dell'arcobaleno che comparirà nella nube" ecc. e "l'ho visto e mi sono chinato"; all'ovest, tuttavia, maledicevano questa affermazione (2) ecc. — R. Abahu ne parlò con disprezzo, ecc. —

Nella vostra lettera, invece, ho scorto molta animosità e molte accuse, ma non vi ho trovato risposta alcuna. Sono stato forse io a chiamare "déi" questi partzufim? Invero, sono i kabalisti che così li hanno chiamati! È sufficiente esaminare le "intenzioni" (kavanot) (3) delle berachot e della tefilà, per scoprire chi è il nostro Dio (Elohenu) e chi il Dio dei nostri Padri (Elohei avotenu)! O è sufficiente considerare la domanda dello Zohar "Qual è questo elohim"? (man elohim da). Dopodiché elohim viene riferito ad uno dei partzufim! I kabalisti spiegano che esistono miriadi di mondi, tutti emanati, creati, plasmati e compiuti, i quali, a causa della loro immensa segretezza e della finezza delle loro luci, non hanno potuto rivelare. Essi sostengono che ognuno di questi mondi contiene dieci sefirot e che ogni singola sefirà contiene dieci sefirot individuali, come nel mondo di emanazione. Essi si presentano in due categorie generali; "igulim" (sferoidali), uno dentro all'altro, e yosher (diritto) nella forma di un uomo in posizione eretta, strutturato con 248 arti. Ciascuno di questi mondi contiene entrambe le categorie (igulim e yosher), sia in senso generale che in senso particolare. Tutte le spiegazioni dei kabalisti, comunque, devono essere riferite al solo mondo di atzilut (emanazione), poiché questo ha già acquisito "densità" e si è rivelato in maggior misura. Essi descrivono in questo mondo di atzilut cinque partzufim generali, ossia arich anpin, aba ed ema, zeir e nukve.

Sono loro stessi che hanno spiegato che l'atzilut è divenuto un mondo con una propria densità e con delle proprie entità rivelate, a cui hanno associato i Nomi di Dio, per cui questo partzuf è il "nostro Dio", quest'altro è il "Dio dei nostri Padri" e così via. Sono loro che hanno insegnato il livello particolare partzuf-sefirà-Nome, indicato per ogni singola parola usata nelle benedizioni e nelle preghiere.

Pertanto, la vostra accusa per la quale ho inteso le sefirot in un senso fisico chiamate "déi" non ricade su di me, bensì sui kabalisti! Per cui la domanda rimane al suo posto. E cioè: perché abbandonare l'ein sof con tutte le sefirot dei mondi superiori di arich anpin, aba ed ema per servire zeir anpin e nukve? E perché dobbiamo proclamare che lo zeir anpin è il nostro Dio e noi siamo la Sua nazione ed i suoi servi, Egli ci ha creato e noi Gli apparteniamo?

L'asserzione riportata nella vostra missiva, per la quale la scelta di zeir anpin tra tutti gli altri partzufim è dovuta al fatto che esso contiene ambedue gli attributi interiori di severità e di misericordia ecc. — dimostra chiaramente <53> che ammettete che il servizio e la preghiera non appartengono alla Causa di tutte le Cause, bensì a zeir anpin soltanto.

Pertanto, è necessario che ci chiariate come risolvere questa contraddizione tra l'opinione dei kabalisti, per la quale servizio e preghiera appartengono a zeir anpin e alla sua anima e l'opinione della Sacra Torà, sia scritta che orale, per la quale servizio e preghiera vanno rivolte esclusivamente alla Causa Prima.

Per quanto riguarda, poi, la vostra collera e il vostro sdegno per aver io inteso le sefirot in un senso fisico, mi sembra che siano del tutto infondate, giacché io ho citato le espressioni dei testi kabalisti. Questi sostengono che il mondo di atzilut contiene corpo, anima, indumento, luci spirituali, che a questo livello sono già più dense e si manifestano. Ciò implica che le sefirot in questione sono "qualcosa" e sono relativamente "materiali" in rapporto ai mondi superiori.

Sapreste forse spiegarmi chi governa tutti i mondi celati, che non sono stati rivelati dai kabalisti? Chi li alimenta e chi li sostiene? È forse zeir anpin di atzilut, al quale anch'essi devono prostrarsi o forse è l'Ein Sof che è il loro Dio, mentre noi terreni dobbiamo servire esclusivamente zeir anpin? Infatti, se zeir anpin alimenta e sostiene i livelli inferiori e l'Infinito è il Dio dei livelli superiori, ciò significa che esistono due poteri regnanti separati, Dio ci scampi!

I nostri Saggi, invece, hanno spiegato (4) che allorquando Dio concesse la Torà aprì i sette cieli superiori e i sette mondi inferiori e disse ad Israele "Considerate i livelli superiori ed i livelli inferiori e sappiate che non esiste altro Dio all'infuori di Me, non in alto e non in basso, Io sono il Signore, vostro Dio".

Nel Midrash Rabbà, parashat Yitrò, sta scritto "Io sono il Signore" — R. Abahu disse: Un re, ad esempio, può avere un padre, un fratello o un figlio. Ha-Kadosh Baruch-Hu disse: Io non sono così, poiché "Io sono il Primo e Io sono l'Ultimo" ecc. — che non ho un figlio, e "all'infuori di Me non c'è altro dio" — che non ho fratelli —

Il libro Etz Yosef commenta: Un re in carne ed ossa se ha un padre deve onorarlo; se ha un fratello, potrebbe dover condividere con lui qualche onore; se ha un figlio, gli concederà l'onore di diventare principe e alla fine gli erediterà la sua carica. — Il significato del verso "Io non ho padre" significa che Egli è la Causa Prima; "Io non ho fratello" significa che Egli è Singolo e non esiste un secondo; "Io non ho un figlio" significa che tutto ciò che da Lui deriva non si manifesta in un modo esistente in natura, come il processo naturale per cui un figlio esce da suo padre, come sostenuto da alcuni (5). Se così fosse, ne conseguirebbe che Egli non ha il potere di cambiare le cose ed il Suo regno non è completo (infatti sarebbe limitato dal dover condividere l'onore con i suoi parenti). Però, il <54> Santo Benedetto Egli Sia disse "Io sono il Signore vostro Dio" poiché è in virtù del Suo potere che Egli li ha tratti fuori dalla terra d'Egitto, dimostrando così che il Suo regno è assoluto e nessuno può limitarLo —

In merito al verso in Daniele "(disse Nabucodonosor) il quarto che vedo sembra un figlio di Dio" spiegarono i Saggi del Talmud, in Shabbat (6): R. Reuben disse "In quel momento, scese un angelo, schiaffeggiò quel malvagio sulla bocca e gli ingiunse "Correggi la tua parola. Ha Egli forse un figlio?". Dopo di ciò troviamo che Nabucodonosor disse "Benedetto sia il Dio di Shadrah Meshah e Avid Nego, che ha inviato il Suo angelo ed ha salvato i Suoi servitori" — non è scritto "figlio" bensì "angelo".

Ciò significa che Nabucodonosor considerava gli angeli come entità "emanate" che scendono da Dio, in modo naturale, come un figlio esce da suo padre. Simile è l'opinione dei kabalisti in relazione alle sefirot di tutti i mondi e alle loro neshamot. Per questo motivo lo schiaffeggiò sulla bocca fino a che il re mutò la sua parola e disse "angelo".

Infatti, tutto ciò che esiste fu creato da Dio "yesh me-ain" (ex nihilo), dalla creatura più complessa fino all'insetto più piccolo. Non fu emanato dalla Sua essenza in un modo simile a quello di un figlio generato dalla potenza fecondatrice del seme paterno.

La conclusione di questo ragionamento è che non si deve servire alcuno "partzuf" o aspetto o forma esistente tra tutte le creazioni, sia superiori che inferiori. Dio soltanto, nella Sua Unità, deve essere servito, onorato e pregato. Dalla semplicità più pura della fede fino ai concetti più sublimi, raggiungibili dalle menti bene istruite, regna assoluto il precetto e il monito della Torà "Io sono il Signore vostro Dio" e "non avrai altri dèi".

Maimonide, di benedetta memoria, scrive che esistono cinque categorie di "minim" (7): — coloro che affermano che non esiste Dio e non c'è alcuno che governa il mondo. — coloro che affermano che il mondo ha un conduttore rappresentato da due o più entità. — coloro che sostengono che esiste un Dio, ma che Egli ha un corpo e una sembianza. — coloro che affermano che Dio non è l'unico Primo e non è l'unica Rocca (fondamento di tutto). — coloro che adorano qualsiasi altra entità, che fa da mediatore tra Dio, Signore del mondo e l'individuo — Ognuno di essi è considerato un "min" —

Il Lehem Mishnà commentando la quarta categoria cita il Ravad, che scrisse: Questo è come colui che dice "Il vostro Dio è veramente un grande Artista, sebbene Egli abbia trovato dei meravigliosi materiali coi quali lavorare: confusione e caos (tohu va-vohu), oscurità, acqua e aria. Egli li usò e fece ciò che fece". — Il Lehem Mishnà commenta l'aggiunta del Ravad alle categorie elencate <55> dal Rambam; anche se uno ammette che nessun'altra "causa" precedette Dio, ma che Egli la creò da un'altra entità esistente (yesh me-yesh), anche costui è un "min". —

Ai fini della nostra trattazione, è sufficiente considerare che la dottrina di fede, spiegata da tutti gli autori della nuova kabalà, è, a nostro avviso, (così come secondo l'avviso di molti illustri Hachamim che l'hanno rigettata del tutto) una credenza in una molteplicità di entità emanate; ein sof, adam kidma'a, adam kadmon, atik, arich, arich anpin, aba, ema, zeir anpin e nukve. Secondariamente, tali entità, che presentano dei corpi celesti di luce, sono in rapporto con l'ein sof, così come l'anima con il corpo. Terzo, il loro servizio non è rivolto alla Causa Prima (nominato, con la loro terminologia, Ein Sof), bensì ad una sua emanazione, zeir anpin, l'ultimo di una catena di cause. Quarto, questo zeir anpin è un "mezzo" (emtzaì) attraverso il quale l'influenza scende dai livelli superiori di atik, arich, aba ed ema; esso viene chiamato "figlio" di aba ed ema nel mondo di atzilut e "padre" o keter (corona-arich e atik) nel mondo della creazione (berià) (negli ordini della catena dei mondi nei quali credono).Così ho letto anche nella vostra lettera e perciò ho riportato tutto questo per calpestarlo sotto i piedi!

Avevo chiesto per quale motivo si doveva abbandonare l'ein sof ed i partzufim superiori, che sono ad esso più vicini. Mi avete risposto che zeir anpin racchiude gli attributi di severità e di misericordia, per cui il Creatore ha optato eseguire le Sue azioni tramite questo recipiente. Ad esempio di ciò, lo avete paragonato ad una mano, che esegue ogni tipo di lavoro, mentre la testa rimane al suo posto, inoperosa, oppure al linguaggio che è l'orgoglio della persona ecc. Tutto ciò è assai curioso. Io avevo chiesto in merito all'affermazione che zeir anpin è il Dio della nostra adorazione, e voi mi avete risposto sulle azioni che vengono eseguire dalla volontà del Fattore. Dobbiamo, pertanto, servire tutte le forze attive che per la loro volontà agiscono su di noi e nominarle Dio? Anche il sole compie per noi molte benefiche azioni; ci illumina, scalda l'aria e la terra, affinché la vita vegetale abbia il suo corso e la frutta possa maturare a tempo. Dobbiamo per questo venerarlo? Anche la luna e le stelle agiscono su ciò che è sottostante, per volontà del Creatore. Così pure la terra e l'acqua sono elementi indispensabili alla vita e alla crescita del mondo fisico. Il fuoco, poi, è necessario per la cottura dei cibi ecc. Dobbiamo per questo servire questi elementi vitali?

Che la volontà di Dio si manifesti per mezzo di messaggeri è principio espresso chiaramente nelle Sacre Scritture — "Che le acque abbondino con una moltitudine di esseri viventi", "che la terra produca creature vive", "che la terra <56> produca germogli, erbe che facciano seme", "Egli fa dei venti i Suoi messaggeri e del fuoco ardente i Suoi servitori" e così via.

Ciò nonostante, Ha-Shem Baruch-Hu ci ordinò di servire soltanto Lui e ci avvertì a non venerare altri all'infuori di Lui. In quell'istante pregiatissimo, nel quale Si rivelò sul Monte Sinai, Egli proclamò "Io sono il Signore, vostro Dio" e "Non avrai altri dèi al Mio cospetto". E così "Io sono Ha-Shem, questo è il Mio Nome e la Mia Gloria non darò ad altri".

Sia voi che il sottoscritto siamo stati davanti all'Artigiano, che ci ha creato, e, da Lui, abbiamo sentito che è proibito servire un altro dio (come il vostro zeir anpin), persino se costui va riferito ad un messaggero inviato per compiere qualche attività. Perché, dunque, non dobbiamo obbedire all'Altissimo e servirLo unicamente, invece di zeir anpin, questo corpo emanato di luci, entro il quale risiede l'Infinito?

 

Ora, è mia intenzione replicare alla vostra domanda in merito alle parole del Rambam, per cui "la persona deve disporre il suo cuore verso la Shechinà e poi deve pregare" e che, come scritto nel Morè Nevuchim, "la Shechinà è una luce creata". ecc. E bene premettere, però, che vi siete rivelati saggi ai vostri occhi e privi di istruzione su questioni di buona educazione. È forse garbato ritorcere la domanda a chi sta chiedendo? Tuttavia, non tratterrò la mia penna dal rispondervi.

 

È ben noto a coloro che sono eruditi nella sacra letteratura di Israele che il termine "Shechinà" si riferisce a tre cose; primo, si riferisce a Dio (come annota Rambam nelle "Leggi di Penitenza": "Grande è la penitenza, poiché essa riavvicina l'individuo a Dio" [Shechinà] — Tale è l'immenso beneficio della penitenza — ieri, era separato dal Dio di Israele, ecc., oggi aderisce alla Shechinà, come è scritto "Voi siete attaccati al Signore, vostro Dio" — l'individuo implora e subito viene esaudito, come è scritto "Ancora prima che essi chiamano, Io risponderò"). Secondo, si riferisce alla "rivelazione" della Shechinà (Ghilui ha-Shechinà) (come quando Abramo procedeva verso il monte Morià per sacrificare Isacco, dove è scritto "Ed egli vide il luogo da lontano". I Saggi spiegano che vide da lontano una "luce" sul monte Morià e il Poeta così espresse "ed egli vide un'immagine dell'Onore, dello Splendore e della Gloria". Questa è la "luce creata" di cui parla il Rambam. Similmente, in relazione al roveto ardente è scritto in Shemot "Ed Egli (Mosè) si avvide che il roveto ardeva per il fuoco". E all'inizio del verso è scritto chiaramente "Un inviato del Signore gli apparve attraverso una fiamma di fuoco di mezzo ad un roveto". Questa è una "luce creata". L'espressione esatta del Rambam è la seguente: "qualora si faccia menzione alla" rivelazione <57> della Shechinà ci si riferisce ad una "luce creata"). Terzo, si riferisce alla Provvidenza di Dio (Ashgahà) su di noi, nominata anche Shechinà. (come dissero i Saggi "Quando vennero esiliati in Babilonia, la Shechinà li accompagnò" — questo significa che la Provvidenza li sorvegliava, come, infatti, promette la Torà "Anche quando saranno in una terra non loro, non li disprezzerò, né li odierò, si da distruggerli o da annullare il Mio Patto con loro, giacché Io sono il Signore, il loro Dio"). Pertanto in tutti i riferimenti di Shechinà è implicito uno di questi tre sensi.

In merito, poi, alla vostra domanda "Ancor di più su ciò che egli (Maimonide) scrive a proposito della "Gloria di Dio" (kevod Ha-Shem) che anch'essa è la luce creata; se così fosse, come poté Israele lasciare l'uscio delle proprie tende per inchinarsi ad una creazione?"

Ebbene, vi rispondo io, essi non si inchinarono alla "Gloria" visibile, bensì a Colui che fece sì che questa Gloria si manifestasse. La Gloria che ivi apparve fu un segno di approvazione, un segno che Dio desiderava il Tabernacolo come propria "dimora". Allo stesso modo noi preghiamo Dio con il viso rivolto al Tempio da Gerusalemme "Poiché Dio scelse Sion e lo desiderò come dimora".

Maimonide aveva in precedenza spiegato che il termine "Kevod Ha-Shem" a volte è riferito ad una "luce creata" che il Signore fa risiedere in un luogo, come è scritto "E la Gloria di Dio dimorò sul monte Sinai ed Egli la ricoprì in una nube" ecc.; a volte, invece, è riferito all'Essenza e alla Verità di Dio, come è scritto "Mostrami, Ti prego, la Tua Gloria". A questa implorazione di Mosè seguì la risposta del Signore "Poiché nessuno Mi può vedere e rimanere in vita". Questo significa che la Gloria qui indicata va riferita a Dio stesso. Parimenti, troviamo nelle parole dei Saggi che il Nome Elohim è da associarsi, alle volte ai "giudici", alle volte agli "angeli" e alle volte con Dio, così come la Shechinà viene associata con i significati testé spiegati.

Pertanto siccome ho notato che vi ritenete saggi, vi chiederò nuovamente di rispondere, con argomentazioni valide, alle parole dei Saggi del Talmud. A voi, infatti, sono stati rivelati "i segreti". Una percezione superiore ed uno spirito rinnovato sono il vostro retaggio. Mostrateci, dunque, come sia possibile conciliare tutte queste contraddizioni. Farete così giustizia a voi stessi e, da parte nostra, riceverete grande onore.

 

1) Con doppio senso, "invece della vostra umiltà vi farete grandi sopra di me".

2) Talmud Gerosolimitano.       <58>

3) Ciò che si deve intendere nel pensiero quando enuncia le benedizioni ed elenca le diciotto benedizioni della "Amidà".

4) Riportato in Menorat ha-Maor, prk. 143.

5) Questa è infatti l'opinione dei kabalisti per cui zeir anpin è figlio di aba ed ema, mentre è padre di ciò che da lui deriva. Egli ha anche delle sorelle (ahajot nukvin)

6) Talmud Gerosolimitano, perek. ba-me-íshà.

7) Miscredenti o coloro che credono in una falsa dottrina, specialmente per ciò che riguarda i fondamenti della fede.

 

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TERZA LETTERA DI RISPOSTA DA GERUSALEMME ALLO YEMEN

"Un uomo sistema i pensieri nel suo cuore, ma il Signore decide ciò che la sua lingua pronuncerà". Sono rimasto stupefatto e sbalordito nel leggere la vostra lettera. Come osò il vostro animo indagare sul retaggio di simili grandi menti e giudicare coloro che mostrano fedeltà alla Torà e le cui genealogie familiari risalgono al seme dei Patriarchi? Come osate sfidare tanti Paskanim, Darshanim primi e ultimi e Hachamim dell'oriente e dell'occidente, sefaraditi, ashkenaziti e yemeniti, e tutte le sacre comunità che originano dal seme santo dei fedeli? La Torà è l'oggetto della loro delizia, più dell'oro e delle pietre preziose. Potrebbe mai tale pietra di inciampo derivare dagli eruditi Giusti e dai Saggi, da uomini che possiedono comprensione, che temono Dio e si astengono da ogni male e che con la loro sapienza hanno abbattuto molti nemici, che in ogni generazione si levano contro di noi? È forse la loro kabalà mescolata con stoltezza e capriccio? Quanti di essi sono diventati illustri per il loro intelletto come kabalisti e come autori di opere di filosofia, di logica, di medicina, di geometria piana e di astronomia. Essi sono uomini che meditano giorno e notte, uomini di pace, che nella loro serenità mangiano i frutti delle loro buone azioni, frutti freschi e maturi. Quanto avete scritto, non può essere creduto, né tantomeno salire nel pensiero, se non di quegli sciocchi che credono in tutto oppure si appoggiano sulla loro intelligenza!

Sarebbe giusto che non vi rispondessi del tutto. Perché chi sono io per addentrarmi in faccende che è proibito persino considerare nel proprio pensiero? E sarebbe meglio non rispondere ad una siffatta lettera. Ma solo poiché è tempo di agire in nome di Dio vi risponderò con ciò che ho trovato tra gli insegnamenti dei Saggi, di benedetta memoria. Che il loro merito sia di sostegno e non sia affatto di ostacolo! <59>

Ebbene, in merito alla vostra affermazione per cui non avete mostrato disonore ai Saggi, ci sono molti che testimoniano il contrario. E voi non potete negarlo. Siete stati condotti a ciò quando avete attribuito a loro un grande errore e li avete considerati "miscredenti". Una persona deve stare molto attenta, giacché non venga arsa dai loro tizzoni ardenti, poiché "i Giusti nella loro morte sono ancora più grandi che nella loro vita".

In merito alla prova che portate per dimostrare la contraddizione esistente tra le parole più autorevoli dei Rabbini (kabalisti) e il Talmud, ebbene, questa prova non ha niente a che vedere con l'argomento trattato. Dove troviamo una prova riportata per contraddire una legge di Mosè dal Sinai (halachà le-Moshè me-Sinai)? Gli stessi kabalisti sostengono che la Kabalà l'hanno ricevuta tale da Mosè. Chi, allora, vi ha dato il permesso di indagare e confutare le loro affermazioni?

In merito alla vostra affermazione che noi chiamiamo "dèi" i partzufim, Dio ci salvi, e che tale è anche l'espressione usata da tutti i kabalisti, così come avete scritto "è sufficiente esaminare le intenzioni delle berachot e della tefilà" ecc., essi hanno già spiegato che la "Causa di tutte le cause si misura in questa e in quest'altra sefirà, con questo e con quel nome, per ogni sefirà".

In merito alla vostra domanda per la quale "i kabalisti spiegano che esistono miriadi e miriadi di mondi" ecc., esistono pure miliardi di mondi, ma essi dicono, alla fine, che il loro Creatore è Uno e che Egli dà vita a tutti. Ebbene, che cosa non va bene in tale affermazione?

In merito alla vostra asserzione che "essi si presentano nel mondo di "yosher" nella forma di un uomo in posizione eretta", è già stato spiegato "grande è il potere dei Profeti, in quanto hanno paragonato l'Onnipotente in Alto ad una forma umana".

In merito alla vostra affermazione per cui ogni sefirà di yosher è strutturata con 248 arti ecc., i kabalisti hanno chiarito cosa siano questi 248 arti: sono le 216 lettere del nome "Av" (ain, bet) sommate ai 32 (lamed, bet) sentieri della saggezza. Tale somma allude ad alcune delle forze divine (kohot elohiim).

In merito alla vostra asserzione per la quale io avrei ammesso che nessuna preghiera appartenga alla Causa di tutte le cause, ebbene, questa è una menzogna. Quando in precedenza, mi avevate chiesto sulle parole del "Matzref Emunà", io vi avevo risposto che dovevate consultare il "Kisei Eliahu", in cui è scritto "ma la nostra kabalà è che la nostra preghiera è diretta all'Ein Sof per <60> attirare l'influsso dentro alle dieci sefirot", come è scritto, del resto, anche nel "Lehem Shlomò". La ragione per la quale vi avevo detto di consultare il Kisei Eliahu era per capire che le parole del "Matzref" sono blasfeme, per cui tale testo deve essere bruciato. Del resto, noi non troviamo le sue parole in qualsiasi altro testo kabalistico, Dio ci salvi, mentre le parole del Kisei Eliahu son ben altre. Il Kisei Eliahu spiega che zeir anpin è soltanto un recipiente per le azioni del Creatore. Vi è scritto a pag. 25 "quando noi evochiamo zeir anpin, contemporaneamente, evochiamo in un'unità tutti i partzufim, insieme alla neshamà che si cela in essi"; ciò non significa che la preghiera non va diretta all'Ein So, significa semplicemente che l'elevazione di questa preghiera all'Ein Sof si attua tramite questo attributo. A comprova di ciò, leggiamo a pag. 17 "ciò che è scritto sulle intenzioni delle preghiere e delle benedizioni, per cui bisogna concentrare, per ogni benedizione, un'intenzione particolare ad una sefirà particolare, non significa che bisogna pregare la sefirà stessa, Dio ci salvi, poiché questo sarebbe considerato "kifrut". È proibito tenere il pensiero su una qualsiasi forza particolare o su una qualsiasi sefirà individuale. Tutto fa parte dell'Ein Sof, Benedetto Egli sia, l'Uno generale di tutte le forze (kohot) unite". E ancora il Kisei Eliahu scrive a pag. 25 "tutte le nostre preghiere sono dirette all'Ein Sof, sebbene non si possa attribuire ad esso alcun epiteto o attributo. E per questo motivo che noi preghiamo per mezzo delle sefirot, in quanto tutti gli epiteti e gli attributi sono riferibili ad esse. Infatti, tutti gli epiteti e gli attributi sono relativi alla Sua essenza, così come si disseminano nelle sefirot". A pag. 26, continua "e se essi non fanno così e, unificano la loro preghiera a zeir anpin, non verranno esauditi".

Tutti i kabalisti concordano su queste regole generali. Perciò, se trovassi scritto, in qualsiasi libro, che la preghiera deve essere rivolta ad una sefirà particolare, direi che è profano prenderlo alla lettera. La vera intenzione consiste nell'elevare la preghiera all'Ein Sof, per mezzo di una sefirà particolare.

Ho puntualizzato tutto affinché fossero chiarite le parole del Kisei Eliahu. Ma la mia kabalà è quella da me già menzionata. Da questo si può arguire che il motivo della vostra indagine non è al fine di ricercare la verità, come avete scritto, bensì al fine di trovare qualche pretesto contro di me. Chi sono io, che mi possiate considerare un kabalista? Poiché "Io sono uno stolto privo di sapienza" e tutte le mie preghiere sono inferiori al cinguettìo di un uccello. Gli uccelli sono alimentati senza difficoltà e non sono costretti alla sottomissione del regno in cui vivono. Forse anche il loro cinguettìo è ben inteso. Ma in quanto a me, il giogo del tempo e la ricerca del pane vengono a disturbare la mia mente ed i <61> miei pensieri. Inoltre, io non ho "ricevuto" da un Hacham della kabalà in modo diretto, da bocca a bocca. Magari il Signore mi avesse alleviato dai fardelli del tempo e del cibo e mi avesse destinato un Maestro della kabalà, che mi conducesse per le vie dirette, così da poter essere nel nòvero degli "Uomini dell'Ascesa"!

Tornando alla vostra lettera, mi scrivete che non siete stati voi a concepire le sefirot in un senso fisico (magshim ba-sefirot) e aggiungete "perciò egli sarebbe un potere in un corpo" e che "la luce ha un corpo fine". Ebbene, io vi avevo già scritto che la ragione per la quale vengono chiamate "luci" è perché "l'orecchio ascolti e intenda". Tutti questi dubbi sono entrati in voi, perché voi vi siete fatti dei concetti materiali.

In merito alla vostra domanda "chi governa tutti i mondi celati" — Colui che li ha creati e che li mantiene in esistenza.

In merito alla vostra considerazione per cui "zeir anpin sarebbe il dio dei livelli inferiori" — ebbene, non vi avevo scritto che zeir anpin è soltanto un recipiente delle azioni del Creatore?

In merito alla vostra affermazione che i veri Hachamim spiegarono che “allorquando Dio concesse la Torà ecc. (riportato in "Menorat ha-Maor"), e, poi, alla vostra citazione del verso in Midrash Rabbà "Io sono il Primo ed Io sono l'Ultimo" ecc. e "non ho né padre, né fratello, né figlio, — ebbene, chi ha mai detto che Egli ha un padre o un fratello o un figlio? Siete voi che calunniate i Saggi accusandoli di aver proferito simili frasi! I kabalisti spiegano che tutti gli epiteti e gli attributi descrittivi si trovano nelle sefirot, per permettere così all'orecchio di intendere qualcosa. Fareste bene a leggere l'introduzione del nostro Maestro e Rabbino Ghiktalia nel suo "Sha'arè Ora" o i testi kabalistici di rav Recanati e rav Haim. Quest'ultimo scrive "Laddove ti imbatti in parole che non sarebbe ortodosso riferire al Creatore, come, ad esempio, "shiur komà" (la misura della statura). ecc., sappi che esse vengono riferite alle sefirot. Invece, laddove ti imbatti in parole di lode e di esaltazione, sappi che queste vengono riferite al Creatore, che è in esse e fuori di esse, poiché non esiste alcunché che lo possa limitare; perciò non è giusto riferire al Creatore limiti quali destra, sinistra, fronte, dietro".

In merito alla vostra asserzione per cui i kabalisti ritengono che le sefirot si evolvano così come, in natura, un figlio esce dal padre — è davvero blasfemo interpretarlo così. Al contrario, i kabalisti sostengono che non bisogna credere né pensare, Dio ci salvi, che le sefirot siano una parte dell'ein sof o che esse si siano evolute da esso, cioè da causa a causa. È infatti peccaminoso <62> pensare così, perché l'Ein Sof non si divide in parti, non ha aggiunte né perdite, ma è, invece, un'Esistenza sempre in esistenza, priva di qualsiasi cambio. E Lui che le ha create completamente dal nulla.

In merito alla vostra considerazione per cui zeir anpin sarebbe il figlio di aba e di ema e il padre del mondo di berià e che avrebbe una moglie ed una sorella — ebbene, tutti questi antropomorfismi sono "termini prestati" in riferimento alle sefirot.

In merito alla vostra asserzione che non si deve servire partzuf alcuno — questo è ben noto a tutti i kabalisti, i quali non hanno bisogno dei vostri moniti.

In merito alle cinque categorie di "minim" descritte dal Maimonide e da voi citate — ebbene, chi ha mai detto che non esiste Dio o che ce ne sono due o che Egli ha un corpo o che Egli non è l'unico Uno o che si deve servire qualche altra entità mediatrice o che Egli aveva già dei bei colori coi quali lavorare o che Egli ha creato il mondo da qualcosa, Dio ci salvi? Il fatto è che un pensiero impuro è entrato nel vostro cuore! Voi leggete i testi di kabalà e poi li interpretate in modo letterale, basandovi sulla vostra comprensione. Avete dimenticato, però, quello che il Saggio dei saggi ha detto "Non appoggiatevi sulla vostra comprensione". Siccome, però, mi avete fatto intendere che voi capite, risolvete i quesiti che in precedenza vi avevo posto e che ancora vi porrò.

In merito alla vostra asserzione per la quale molti grandi Hachamim, sia dei tempi trascorsi che dei tempi presenti, si sono separati da questo studio — questo non è vero. Dio ci salvi che esista un qualsiasi Hacham che si sia separato da tale studio! Ma se ce ne sono, allora lo fanno perché ammettono di non essere all'altezza di tale sapienza.

In merito alla vostra affermazione che Rivash e Havot Ya'ir hanno scritto ecc. — ebbene, voi mentite sul loro conto. Essi, infatti, sono due validi testimoni che voi siete un bugiardo! In breve, così si esprime il Rivash: — "R. Peretz ha Cohen non voleva né trattare, né considerare le sefirot. Aveva anche sentito, direttamente, R. Shimshon di Kinon così esprimersi a riguardo: "Io prego con la mente di un bambino". Questo era detto per dissociarsi dal metodo di preghiera dei kabalisti, che, alle volte, si rivolgono ad una sefirà, e, alle volte, ad un'altra. Anche nella preghiera delle "18 benedizioni" (Amidà), essi dirigono ad ogni singola benedizione un'intenzione per una sefirà particolare. Tutto ciò è infatti molto strano per chi non è kabalista come loro; poiché potrebbe pensare che questo metodo comporti il credere in una molteplicità. Costui aveva anche sentito uno dei filosofi che biasimava i kabalisti <63> ed era solito dire che i Cristiani credono a tre, mentre i kabalisti credono a dieci. A questo proposito, rav Peretz ha Cohen si era rivolto ad un anziano Hacham, Don Yosef ben Shushan, talmudista e kabalista, molto pio e scrupoloso nell'osservanza delle mitzvot: "Perché voi kabalisti — gli chiese — rivolgete il vostro pensiero ad una sefirà particolare per ogni singola benedizione? E dunque, la divinità dentro alle sefirot, che uno deve pregare?" Egli rispose: "No, Dio ci salvi, che la preghiera vada rivolta a qualcun'altro se non ad Ha-Shem, la Causa delle Cause. Questo si fa soltanto perché uno intende con il suo pensiero attrarre l'influenza dentro a quella sefirà che corrisponde all'oggetto della sua richiesta. Per portare un esempio chiarificatore, quando un kabalista pronuncia la beracha "Al ha-Tzadikim" ecc. (per i Giusti, ecc.) egli tiene in mente la sefirà di Hesed, ossia l'aspetto di misericordia ecc". — Allora l'altro gli rispose: "Va bene. Io, comunque, non dedico il mio tempo a questo studio, perché non l'ho ricevuto da un Hacham Mekubal. E anche se ho letto spiegazioni di "segreti" (sodòt) del Nachmanide, tuttavia per uno che ne rivela ne nasconde mille altri". — Egli aggiunse, anche, che un Hacham aveva interpretato la kabalà in un modo differente dall'opinione del Nachmanide (Ramban), per cui sarebbe stato meglio se si fosse astenuto dalle sue interpretazioni. E concluse col dire che è impossibile appoggiarsi su questo studio se non con l'ausilio di un Hacham Mekubal.

Questa è la prova. Rivash si astenne da questo studio perché non lo aveva ricevuto oralmente, da bocca ad orecchio, e non già perché aveva in cuor suo dei dubbi al riguardo, come asserite voi.

Ed ora è mia intenzione portarvi la seconda testimonianza (per la quale avete mentito) e cioè quella del Gaon, autore di Hovot Ya'ir. In breve: — A colui (al Gaon) si rivolse un Hacham, che aveva dedicato tutti i suoi giorni allo studio del Talmud e dei Poskim, fino a quando era entrato in lui uno spirito che lo aveva spronato a studiare la kabalà, la quale, per la sua sublimità, è considerata l'anima della Torà. Questo Saggio aveva letto molti versi dello Zohar "senza i quali sarebbe stato impossibile salire al cospetto del Santo Re" ma che, tuttavia, non erano citati nel Talmud. Al contrario, la Mishnà avverte a non inoltrarsi in questo tipo di studio, poiché è scritto "Non indagherai su ciò che è troppo elevato per te". Fu dunque per questo che si rivolse al Gaon di Hovot Ya'ir, affinché gli chiarisse questo argomento, per lui confuso. Tale fu dunque la risposta del Gaon: — Guai a me se ti avessi consigliato di distogliervi da essa; infatti, non vorrei essere causa di scoraggiamento e mettere un ostacolo a questa Saggezza, <64> che è, senza dubbio, la Neshamà della Torà ed il fondamento della fede. Indubbiamente, chi ne ha meritato lo studio fa parte degli "Uomini dell'Ascesa"; costui è beato e buona è la sua parte e piacevole il suo retaggio. Egli è amato dall'Alto. ecc. —

Il Gaon prosegue e riporta le parole di Yashar da Candia, il quale, dopo aver raccolto molti fogli con le opinioni di coloro che lo precedettero, scrisse a lungo contro il S. Behinat ha-Da'at, un testo che corrompeva le masse. Costui asserì di aver trovato "un chiodo infisso in un pilastro di ferro, posto in un luogo sicuro" che affermava che la ricompensa per essersi separato da essa (dalla kabalà) era maggiore dello studio stesso. Questo era reperibile nel libro di suo padre "Shemen La-Maor" che, in breve, citerò: — Questo è quanto scrisse nel nome di R.M. Gabbai: "Chiunque non abbia ricevuto i Segreti della Torà (Sitrei Torà) dal suo Maestro e crede di essere in grado di "pensarli" con la propria mente trasgredisce al precetto "non ti farai immagini scolpite". — Mi sono impegnato qui a chiarire alcuni atteggiamenti della nostra generazione. — Ho sentito, infatti, coloro che non hanno ancora visto la luce, così vantarsi "Ho visto la luce e l'ho guardata". In loro c'è una cattiva natura, sono simili ai pulcini i cui occhi non sono ancora bene aperti ecc. — Tuttavia, anche i "più grandi" che sono intelligenti e sono esperti nelle "Camere" della Torà, non hanno il potere intellettivo di raggiungere le "Camere" della sua luce... — Eccezion fatta per colui che ha ricevuto dalla bocca di un Maestro anziano, "venuto negli anni".

Riportiamo qui l'affermazione del Ramban, dell'introduzione al suo commento della Torà: — Lo affermo come un patto fedele, come un consiglio valido per colui che consulta questo libro; uno non si deve creare delle opinioni personali su tutte le allusioni (remazim) che ho riportato in relazione ai segreti della Torà. Affermo incontestabilmente che le mie parole non possono essere comprese da qualsiasi mente o intelletto, bensì soltanto per mezzo delle spiegazioni fornite da un Hacham Mekubal, che le trasmette all'orecchio di un Talmid assennato. Altrimenti, tutte le supposizioni che lo sprovveduto suppone a proposito saranno delle distorsioni, foriere di gravi danni ... ecc. (fin quì Ramban) —

— (riprende Shemen la-Maor) Se mi chiedeste perché ho scritto un commento al commento del Ramban, risponderò che è per chiarire le sue parole che sono succinte e allusive, mentre gli altri testi della kabalà si sono dilungati nelle loro spiegazioni. Vedi, ad esempio, il S. Sha're Ora, nel quale, ad ogni pagina, l'autore spiega "ora alluderò a" ... ecc. Così anche nel S. Behiye l'autore usa dire "ve ha-maskil iavin" (e l'iniziato capirà). Ancor di più nello Zohar, così recondito <65> e segreto. Ecco l'esposizione introduttiva dell'Etz Haim: — Sebbene sia convinto che le generazioni future saranno nutrite da questa composizione (lo Zohar), tuttavia è indubbio che le "acque" di questa "saggezza" non saranno svelate al lettore per mezzo dell'intelletto umano, bensì soltanto per mezzo dell'influenza divina che scende su di lui. Infatti, se persino l'ultimo dei kabalisti si spinse a dire che le parole dello Zohar non possono essere comprese, come potrebbe dunque uno immaginare che, per mezzo soltanto del suo intelletto naturale, sarà in grado di capire e di percepire la Voce del Dio Vivente, nelle parole di R. Shimon b. Yohai, che sono come fiamma di fuoco e i cui significati reconditi sono sigillati con mille sigilli? ecc. (fin qui l'Etz Haim) —

 — Pertanto, uomini di cuore, non continuate a leggere testi dei Rabbini Posteriori, che si basano e sono costruiti sull'intelletto umano. Sono convinto che se uno pecca, con qualche pensiero, nel mondo di atzilut, il suo peccato sarà maggiore di quanto potrà sopportare. E nonostante molti kabalisti posteriori abbiano esortato i fedeli a studiare la kabalà, avvertendo, altresì, che chi se ne astiene, viene "espulso dal suo compartimento" e "perde il suo mondo", tuttavia, non mi sembra che ci sia contraddizione tra queste due tesi. Infatti, certamente la può studiare colui che la riceve direttamente da un santo mekubal, che gliene rivela il significato, come fece l'Arì con i suoi discepoli, benedetta sia la sua porzione. E sebbene ci siano dei Rabbini Posteriori che hanno permesso di studiarla direttamente dai testi, in base alla comprensione soggettiva, tuttavia le unghie dei Saggi Anteriori sono migliori degli occhi dei Saggi Posteriori ecc ... "Rimanere nel proprio posto e non far nulla" è comunque preferibile. Infatti, dal momento che noi siamo severi in relazione agli eventuali pericoli per la salute fisica, a maggior ragione dovremmo esserlo con i potenziali pericoli per la salute mentale. Non dobbiamo indagare i segreti arcani, bensì dobbiamo studiare e comprendere il significato semplice dei versi della Torà, al fine di ricavarne insegnamenti morali che giovino al giusto e corretto comportamento e al cammino diritto per le vie dei Giusti. Ma dei segreti arcani la nostra sapienza è povera. — (fin qui la citazione del Shemen La-Maor, che concorda con l'idea di non inoltrarsi in questo tipo di studio).

— Sebbene ti abbia svelato la mia opinione, non fare affidamento su di me, né tu né chiunque altro, giacché non sono in grado di giudicarla — Potrei paragonare questo studio del "Sancta Sanctorum" ad un viaggio in Terra Santa. La grande importanza di questa mitzvà è ben nota. E qui le "tosafot" nel nome di R. Haim aggiungono: "Ora non è una mitzvà vivere in Israele, perché ci sono numerose "mitzvot" riguardanti la Terra Santa che ora non possiamo adempiere; inoltre esiste il pericolo del viaggio, esiste la povertà dei mezzi ecc." — Così <66> anche, chi potrebbe negare l'inestimabile sublimità di questa "saggezza superiore"? A condizione, però, che uno abbia meritato di studiarla direttamente da un mekubal, che, a sua volta, l'abbia ricevuta dal suo maestro. È vero, comunque, che dubito dei testi, scritti dai Rabbini Posteriori, che citano versi dello Zohar e pongono domande su di esso, rispondendo, poi, in base all'interpretazione fornita dal proprio intelletto. Chi ha mai dato permesso all'intelletto naturale di inventarsi l'esistenza di "tre teste" oppure "di tre luci pure"? Infatti, è spiegato nello Zohar che esiste un luogo, a proposito del quale nessuna domanda può essere formulata. Né esiste una prova dallo Zohar o dal Sefer Yezirà, giacché essi l'hanno ricevuta per bocca di saba d'sabin e di Eliahu e così anche per gli "yenukei" (scolari della kabalà) dello Zohar; lo spirito di Dio fu in loro e la Sua parola fu sulle loro labbra. Anche per l'Ari e per i suoi "leoncelli", che da lui la ricevettero oralmente, le parole provengono "dall'alto". Ma noi quando le studiamo non dobbiamo pensare ad altro se non alla lettura testuale delle parole. Ma i Rabbini Posteriori che le hanno spiegate, in base alle loro interpretazioni, non si sono attenuti a questo consiglio. — Per cui, caro amico, potrai capire il valore dell'esempio fatto con il viaggio in Terra Santa. Giacché la grande distanza che esiste da quel luogo di Ha-Shem, in cui è dato capire "i segreti", è dovuta alla breve misura dell'intelligenza umana, da una parte, e dalla grande profondità di questi concetti e dal grande numero di prerogative essenziali per acquisire questa saggezza (la Kabalà), dall'altra. Anche l'autore del libro "Pardes Rimonim", in virtù della sua santità e della sua devozione, fu molto severo nell'ammonire il kabalista a non crearsi falsi pensieri di "separazioni" o di "limitazioni" ecc. Così anche diciamo che uno spirito dall'Alto ci sorvegli, affinché si possa percepire e comprendere, senza allontanarsi dalla verità e dalle fondamenta della nostra fede — Pertanto, si considera regola generale laddove non esiste diversità di opinione tra i testi kabalisti e, quindi, non bisogna indagare per comprenderla, ma bisogna semplicemente accettarla nella forma in cui viene espressa — "E le legherete come segnali sulle vostre mani e saranno come frontali per i vostri occhi". E anche se capitasse che le parole che leggi siano o meravigliose o dubitevoli e ti sembri, Dio ci salvi, contengano "numero" o "separazioni" o "materializzazione" o "cambiamento", ebbene, tu dovrai accettarle come farebbe un servitore fedele e convincerti che la tua intelligenza e la tua capacità di comprensione sono troppo limitate per sondare la profondità dell'argomento. Così non cadrai nel dubbio, Dio ci salvi, su uno qualsiasi dei principi della Fede, così come viene espresso nell'Yigdal Elohim Hai. Poiché anche questi principi non possono essere capiti nella loro essenza dall'intelletto naturale. ecc. —         <67>

— Ora, vi ho svelato i veri pensieri del mio cuore. E tu, da parte tua, per mezzo del tuo approfondito scrutinio e della tua vasta sapienza, informami delle tue vie e non prendere in considerazione quella che sarà la mia reazione alle tue opinioni — (Firmato Yair Haim).

Questa è una chiara dimostrazione su come l'Autore di "Hovot Yair" fosse timoroso e guardingo nella sua opinione, per la quale è bene separarsi dallo studio della kabalà. Egli provò un conforto nelle parole del Shemen La-Maor, ma, tuttavia, ebbe il timore di proibirlo (lo studio) palesemente, sicché in molti si sarebbero scoraggiati dall'intraprendere lo studio di questa sacra sapienza. Osserva, dunque, quanto egli lodi questa saggezza, specialmente per coloro che hanno meritato di riceverla dalle labbra di un mekubal. Egli, altresì, ammette che chiunque tralasci questo studio, uno volta intrapresolo e una volta ricevutolo, “viene espulso dal suo compartimento". Inoltre, egli ammette che uno che si occupa di kabalà, anche se si imbatte in parole che lo fanno dubitare, tuttavia, deve accettarla in buona fede, riconoscendo in ciò la limitatezza della sua comprensione.

 Così dunque, i due antagonisti, da voi menzionati, il Rivash e Hovot Yair, testimoniano, invece, che vi siete inventati tutto di sana pianta. Da dove si deduce che essi si separarono da tale occupazione, come avete scritto? Non è forse Hovot Yair che dice "Magari uno spirito dall'Alto si svegliasse" ecc. Vi potrei dimostrare, ancora, che egli stesso meritò di studiare la kabalà.

Concludendo, nessuno è in disaccordo con la kabalà, non i Rabbini anteriori, non i Rabbini posteriori, non le moltitudini e neppure i singoli individui. Tutti concordano sul fatto che chiunque abbia il merito di studiare la kabalà, da bocca ad orecchio, ha avuto un grandissimo "zechut" (merito) e così anche non e concesso indagare al riguardo. Se uno desidera studiarla, deve accettarla in buona fede e non deve interpretarla con il proprio raziocinio. Qualora si imbattesse in (apparenti) contraddizioni, deve considerare che ciò è da attribuirsi alla sua mancanza di conoscenza e non già considerare che si tratti di concetti materiali. Concludo con le parole del più umile tra gli umili "E tornerai ad ascoltare la Voce di Dio".

 

<68>

RISPOSTA DI YIHIA BEN SHLOMÒ EL-KAPAH

 

Prego l'Onnipotente affinché mi guidi per sentieri diritti, affinché mi salvi da parole false, da lingua mendace. Mostrami, o Dio, le Tue vie e camminerò nella Tua verità. Sottometti il mio cuore al timore del Tuo Nome. La Tua Luce e la Tua Verità siano per me guida, sicché possa rispondere ad ogni parola con chiara esposizione. Togli da me qualsiasi vergogna e disonore, dal momento che ho custodito i Tuoi precetti. Anche se i potenti si riuniscono per tendermi insidie, il Tuo servitore esporrà apertamente le Tue leggi. Allora non verrò svergognato, poiché non avrò abbandonato il sentiero dei Saggi, di benedetta memoria, autori della Mishnà, del Talmud e dei veritieri Midrashim e così anche dei Poskim che hanno seguito le loro orme. Tutto Israele si appoggia su di Loro, poiché sono essi gli eredi della vera Kabalà, ricevuta da Moshè, nostro Maestro, la pace sia su di lui. Queste sono le leggi generali ed i dettagli della Torà per i quali Moshè rimase quaranta giorni e quaranta notti sul monte Sinai. Moshè li tramandò poi a Yoshua; questi agli Anziani e così via.

 

1

 

Anche per noi è un obbligo sacro seguire le loro orme, per ciò che riguarda le cose proibite e le cose permesse, le cose impure e le cose pure. A maggior ragione quando si tratta dell'Unità di Dio (Yihud Ha-Shem), poiché questo è il principio primo sul quale si fonda l'accettazione che riguarda il compimento di tutte le mitzvot.

Nel caso in cui si presenti un qualsiasi autore, che venga ad aggiungere alcunché alle parole dei Saggi, o peggio ancora, venga per distoglierci dalla Vera <69> Fede della Sacra Torà, noi non lo ascolteremo. Anche se costui compisse dei miracoli in cielo e in terra, noi non ci distoglieremo dal Signore, nostro Dio, come ci viene insegnato dalla Tradizione (Masoret) e dalla Kabalà, ricevuta dai Saggi della Mishnà, del Talmud e continuata dai Poskim.

 

2

 

A maggior ragione non gli crederemo quando dice che il Profeta Elia gli si è rivelato oppure che Saba d'Sabin o Atika Kadisha della Corona Celeste (Keter Elion) sono scesi a lui per svelargli i segreti nascosti. Egli è certamente un falso profeta per il quale la punizione da infliggere è lo strangolamento (1).

 

1) Rambam, comm. à Mishnà, introd. a Seder Zeraim.

 

 

3

 

In verità, le parole iniziali della tua lettera si presentano in un modo stolto e malvagio, "Come oso ricercare e indagare su ... ecc.". Perché no? Al contrario, l'opposto è più logico. Siccome quelli dicono che dobbiamo servire zeir anpin, che è una creazione, diventa, pertanto, per noi e per ogni individuo del popolo d'Israele un obbligo assoluto sapere che è Dio il Creatore e non già un oggetto della Sua creazione; inoltre, bisogna servirLo, come è scritto "E riconoscerai questo giorno e imprimerai nel tuo cuore che l'Eterno è il Signore in alto nel cielo e in basso sulla terra e non vi è altri all'infuori di Lui ecc." e così anche "Conosci il Dio di tuo padre e di tua madre".

In merito, poi, alla tua meraviglia "Come avrebbero potuto sbagliare?", questa non è giustificata. Sono forse questi recenti kabalisti che, a volte nella loro buona fede hanno seguito i comandamenti dell'autore filosofico dello Zohar, falsamente attribuito a R. Shimon b. Yohai, R. Elazar suo figlio e al loro gruppo, migliori del Grande Sinedrio? E a proposito del Sinedrio, la Torà ha scritto "Quando si presenta una questione di giudizio che per voi è troppo <70> difficile da dirimere ecc." "vi alzerete e andrete al luogo che il Signore, vostro Dio, avrà scelto ecc." "e farete quello che vi diranno" ecc. Ciò nonostante, la Torà ha comandato che nel caso in cui il Grande Tribunale abbia commesso un errore e, in seguito ad esso, tutta la nazione abbia peccato, è necessario presentare un sacrificio. Se l'errore commesso è quello di idolatria (avodà zarà), oltre al relativo insegnamento al popolo, ogni Tribù doveva presentare un giovenco come olocausto e un capro espiatorio (korban hattat). Questa imposizione deriva dal verso, in Numeri (1) "E se avveniva che all'insaputa della congregazione un errore fu commesso...ecc.". Se l'errore, invece, riguardava un qualsiasi peccato, punibile con il "karet" (estirpazione), oltre al relativo insegnamento al popolo, ogni Tribù doveva espiare con un giovenco (korban hattàt). Questa imposizione deriva dal verso, in Levitico (2) "E se l'intera comunità di Israele ha commesso un errore e qualcosa è stato nascosto agli occhi della congregazione... ecc.".

 

1) Numeri 15:24.

2) Levitico 4:13.

 

4

 

Sarebbe dunque il potere dei Rabbini, autori della nuova kabalà, maggiore di quello del Grande Tribunale e il loro livello di sapienza superiore a quello del Grande Sinedrio? Già la Torà aveva previsto che sarebbe stato possibile un loro errore persino nel permettere ciò che è proibito, anche nel caso relativo all'idolatria. L'uomo, ancorché di elevato livello, ha origine dalla terra per cui è soggetto a sbagliare. Ciò nonostante, entro i limiti della nostra comprensione, siamo in grado di discernere la grande differenza che esiste tra i precedenti Saggi e la Loro Fede in Dio nel giusto modo che comprende l'Unicità, conformemente alla Torà (1) e le nuove credenze, riportate nei testi della nuova kabalà. La fede di costoro, che origina nella Spagna del tredicesimo secolo, da cui, poi si è diffusa, coinvolge una molteplicità in Dio (come dimostrerò spesso in questo libro) e si basa sul fallace fondamento che tutto il nostro "servizio" e tutte le nostre preghiere devono essere rivolte all'ultimo "partzuf" del mondo di "emanazione", nominato zeir anpin. <71>

 

1) Come viene spiegato da R. Behiya in Hovot ha-Levavot; R. Yehuda ha-Levi in Kuzari; R. Sa'adia Gaon in ha-Emunot Ve ha-Deot: Rambam, in Yad Hazakà, nel suo commento alla Mishnà e in Morè ha Nevuhim; R.Eliezer di Garmisa in S. Ha Rokeah e in S. Mitzvoth ha-Gadol; R. Yosef Albo in S. ha-Ikarim; R. Meir Aldabi in S. Shvilei Emunà.

 

 

5

 

Questa nuova dottrina è del tutto estranea alla Torà scritta ed alla Tradizione orale. E appunto per questo motivo che vi abbiamo chiesto di indicare dalle parole dei Tanaim e degli Amoraim come sia possibile conciliare la parola dei kabalisti con quella dei Saggi. La vostra risposta, però, è stata formulata con inganno e in modo accusatorio.

Nella terza lettera, la vostra risposta s'addiceva al "malvagio" tra i quattro figli che domanda "che significato ha questo servizio per voi?" — "per voi" non per lui. Come se non fossimo anche noi comandati dalla Torà "E riconoscerai questo giorno e imprimerai nel tuo cuore che l'Eterno è Iddio, ecc." — e da altri innumerevoli versi della Torà, dei Profeti, dalle Sacre Scritture e dalle parole dei Saggi, i quali ci insegnano il giusto termine di tale sapienza.

Ed ancora una volta avete dimostrato di appartenere a quella categoria di persone che fanno maldicenza e così anche la ricevono. A tale proposito, avete affermato di avere già molti testimoni contro di noi, per il fatto che disprezziamo i Saggi e non abbiamo più la possibilità di negarlo. Ma la nostra Legge è chiara: non si può accogliere una testimonianza se non alla presenza dell'accusato.

 

 

6

 

Ritorciamo a voi la vostra domanda. Come ha osato il vostro cuore raccogliere la maldicenza di stolti ciarlatani, accettare le loro parole come testimonianza vera, valutare i vostri fratelli che studiano la Torà scritta e la Torà orale come "negatori" e "miscredenti"? Non è forse noto a tutti che questa è una generazione deteriore e falsa (specialmente i loro capi), in cui ognuno si compiace di dileggiare il suo prossimo? <72>

Voi avete attizzato il vostro odio contro chi trascorre la notte e il giorno nello studio della Torà, affinché questa non sia dimenticata dal popolo d'Israele! E per quale motivo? Per un'illecita congrega di testimoni calunniosi che vanno in cerca di scandali! Voi avete creduto alle loro parole, avete accettato le loro bugie e per di più alla presenza di un solo giudice, essendo assente l'accusato! Non avete investigato i testimoni, anzi, vi siete compiaciuti delle loro menzogne a tal punto che avete decretato nei nostri confronti "e non potrete più negarlo"! Ma ciò non vi è bastato. Dopo che il regime vigente nello Yemen ci ha messo in prigione, a causa della falsa calunnia da voi pronunciata nei nostri riguardi, avete ordinato a tutti di recarsi al cimitero per spargere cenere sulle proprie teste! E perché tutto ciò? Non già per aver omesso qualche mitzvà o per aver trasgredito qualche comandamento, Dio ci salvi, ma solo perché abbiamo seguito il "minhag" dei nostri Padri, col fissare lo studio della Mishnà, del Talmud, di Rambam, dello Shulhan Aruch, al fine di studiare, insegnare, custodire e mettere in pratica tutto ciò. E così anche perché ci rifiutiamo di studiare questo infido libro dello Zohar, come invece è vostro minhag!

 

 

7

 

Ed ora, con l'aiuto di Dio, torniamo alla domanda principale — Avevamo chiesto a voi kabalisti "a chi è diretta la nostra preghiera e le nostre benedizioni, a chi è rivolto il nostro servizio, a chi chiediamo perdono?".

Voi ci avete risposto, però, come il maldicente che ha in animo la sola vendetta. Si chiese sull'orzo e fu risposto sul frumento. Avete negato ciò che è scritto chiaramente nei libri a tutti manifesti, comportandovi come uno che giura su un uomo che è una donna o viceversa o che un pilastro di marmo è d'oro.

Vi siete adirati contro il "Matzref Emunà". Lo avete ricoperto di ridicolo. Così facendo, avete svelato che siete voi, in verità, i dileggiatori dei Hachamim!

La nostra domanda era questa: se, a detta dei kabalisti, zeir anpin è il nostro Dio ed è lui che ci sostiene ed è lui che dobbiamo servire, chi è dunque colui che "sostiene" e "nutre" tutti i mondi al di sopra del mondo di atzilut? Forse egli dal di sotto innalza il loro "influsso" e il loro "sostentamento", affinché essi lo possano servire e a lui si possano prostrare? O forse il Dio del loro sostentamento è la causa prima che essi servono, mentre noi siamo costretti a servire zeir anpin? Se così fosse, il Dio dei livelli superiori non è il Dio dei livelli inferiori, <73> Dio ci salvi!

Questa è la contraddizione che vi chiedevamo di chiarire. La vostra risposta, invece, fu "la vostra risposta non appartiene a questo argomento"! Quando mai troviamo che bisogna portare una prova per contraddire una legge di Mosè dal Sinai? Poiché sono i kabalisti stessi che l'hanno ricevuta tale da Mosè".

 

 

8

 

Ci stupiscono davvero le vostre parole. È forse "halachà le-Moshè me-Sinai" credere in una molteplicità in Dio oppure servire alcunché all'infuori della Causa Prima, del Fondamento di tutto? Egli soltanto è la Causa di tutto il creato.

L'inganno contenuto nelle vostre risposte ha successo con le persone dal cuore distorto. Sembrerebbe che ad esse abbiate mostrato le vostre lettere per ascoltare le lodi sul vostro acume e sul vostro discernimento nel rispondere alle nostre domande. Nonostante ciò, tutte le vostre risposte sono impregnate di menzogne, mistificazione e sotterfugi. Come se non aveste capito la base sulla quale fu posta la domanda!

È spiegato chiaramente nei principi generali dei Poskim (1) che, nel caso esista una discrepamza tra la Kabalà (tradizione mistica) e il "psak" (decisione legale della Halachà) bisogna seguire il psak. Questo è un principio ben noto.

Se, allora, come sostenete voi, questa kabalà è halachà le-Moshè me-Sinai, come mai verrebbe rifiutata dall'opinione di un Tanai o di un Amorai o a maggior ragione, da uno dei Poskim Posteriori? Siete dunque voi che dovete fornire una prova che ci chiarisca laddove un Tanai o un Amorai abbia mai osato contraddire o insegnare il contrario di una halachà le-Moshe me-Sinai, cioè una legge ricevuta da Moshè, il nostro Maestro, la pace sia su di lui. Solo uno sciocco, un malvagio o uno squilibrato si comporterebbe in tal modo!

Invece, l'espressione che è comune sulle labbra dei Saggi è la seguente: se è halachà (le Moshè) l'accetteremo, ma se invece è una legge (rabbinica) argomenteremo su di essa.

 

1) Vedi Keneset ha-Ghedolà, Radvaz e Shahaz. <74>

 

 

9

 

Le vostre parole sono esagerazioni offensive, sufficienti a spaventare persino gli stolti e i dissennati. Parlate in malo modo, senza comprensione. Rifiutate, in modo ingannevole, di riconoscere Dio, come disse il Profeta Geremia "con il nome di Dio vi sedete con inganno e con inganno si sono rifiutati di conoscerMi, parola dell'Eterno".

Uno dei detrattori tra di voi ha detto: "Sappiamo che avete ragione, ma a che giova rivelarlo e farlo sapere ai Talmidim, è meglio lasciarli nel loro errore". Tale atteggiamento è proprio del figlio "rascià" (malvagio) di cui parla l'Aggadà che dice "cos'è questo servizio per voi ecc.".

Un'ulteriore prova che parlate con inganno è che scrivete apertamente nella vostra lettera che l'autore del libro "Matzref Emunà" è un "miscredente" ed un "negatore di Dio". Dio ci salvi! Avete rinominato il libro "Matsref Emunà" (non il "crogiuolo della Fede" bensì "colui che brucia la Fede"). L'autore, comunque, procede nella sua buona fede, dal momento che non ha scritto alcunché che contrasta con le parole dello Zohar, del Mikdash Melech, del Kisei Eliahu, di Rashab, di Yosher Levav, del Sefer ha-Brit, di Etz Haim, di Nahalat Yosef e di tanti altri.

Comincerò ora, con l'aiuto di Dio, a portare alcune prove che questa kabalà non è halachà le-Moshè me-Sinai.

In Erubin i Saggi dissero:

— Qualsiasi "mishnà" che non venne studiata nella Casa di Studio di R. Hiyà e R. Oshayà non è considerata "mishnà" ed è divieto apprendere alcunché da essa, dal momento che è corrotta. —

Deduciamo così che qualsiasi "mishnà", non inclusa nello studio svolto nel Beit ha-Midrash di R. Hiyà e R. Oshayà, non solo non è halachà le-Moshè me-Sinai, ma anche è proibito trattarla per motivi di studio da parte di un Amorai.

È scritto nel Talmud di Gerusalemme:

— Aba gli disse, nel nome di R. Shimon G. Lakish: Qualsiasi "mishnà" che non è entrata nella "haburà" (gruppo di studio) non è degna di affidamento. —

Ho poi trovato scritto in uno dei manoscritti dei nostri antenati, nel nome di R. Saadia Gaon: "Non ci si può fidare del libro Shiur Komà, perché non viene menzionato nella Mishnà o nel Talmud. È obbligo considerare le parole di R. Ishmael che <75> pronunciò "La verità sulla paternità di un libro deve essere comprovata, perché esistono numerosi libri attribuiti falsamente ai "Grandi Luminari"". —

 

 

10

 

Dalle parole del Gaon possiamo capire come molti libri siano stati falsamente attribuiti a grandi personaggi per motivi di lucro personale che l'autore ne ricavava.

Oltre a ciò, abbiamo qui il "principio" per il quale ogni cosa non menzionata o chiaramente spiegata nella Mishnà o nella Ghemarà o che è in opposizione a quello che è decretato od implicito nel Talmud, non possa essere considerata "kabalà" e su di essa non si possa fare affidamento.

E per questo motivo che non possiamo basare alcuna halachà su una "legge" o "implicazione di una legge" che si trova nel Midrash allorquando essa è in disaccordo con il Talmud. Anche il Talmud di Gerusalemme non ha status legale se è in contrasto con il Talmud Babilonese, il quale è stato accettato come "definitivo" da tutta Israele.

Studiate bene, ora, la seguente citazione di R. Tam ibn Yihia (1) — Ai nostri tempi la conoscenza non esiste ed i segreti della Torà sono celati agli occhi di tutti, perché nessuno conosce più questa "sapienza" (hohmà). Pertanto, chi cerca di impossessarsene reca danno a se stesso e corre il pericolo di perdere la sua parte con il Dio d'Israele.

— L'ammonimento dei Saggi "Non indagare su ciò che è al di sopra del tuo livello di comprensione e non inoltrarti su ciò che ti è occulto" venne appunto espresso per costoro.

— Gli insegnamenti dei Hachamin sono sufficienti. A loro appartiene la vera Kabalà, la Torà Orale che spiega la Torà e i precetti secondo la Tradizione orale tramandata direttamente da un individuo all'altro, fin dal tempo di Mosè. Fu per ricevere questa tradizione che Mosè salì in alto e vi rimase quaranta giorni per studiare i "principi" e i "particolari", in accordo con i <76> metodi di interpretazione a lui rivelati. Ed è con questi che noi siamo obbligati ad occuparci "perché essi sono la nostra vita e la lunghezza dei nostri giorni". E non dobbiamo sbagliare persino in uno di essi perché "colui che trasgredisce le parole dei Saggi è ritenuto colpevole".

— Ma le allusioni nascoste, i segreti della Torà ed i concetti superiori con i quali i "maestri" della Kabalà spendono i loro giorni non sono affatto obblighi incombenti su di noi. È vero che nel passato si sono avuti "individui scelti" (yehidei segulà) ecc. — però "non chiunque che è desideroso di "concepire" il Nome è in grado di farlo" — dal momento che questi sono i "segreti" relativi al mondo.

— Nei nostri giorni, però, questa nuova "sapienza" non deve essere considerata giusta; al contrario, essa abbatte le "pietre angolari" della Torà sradicandone i suoi fondamenti! Coloro che la seguono sono come ciechi che non hanno modo di essere illuminati. Come i ciechi brancolano nel buio, senza poter trovare l'entrata — invece di trarre giovamento, come essi ritengono, si danneggiano con incurabili ferite. Così molti di essi, sebbene ignoranti, cominciano a vantarsi "Noi conosciamo i segreti occulti, nostra è l'eredità delle "acque superiori" — non già voi che seguite il Talmud e la Mishnà e brancolate nel buio". Non si rendono conto di quello che dicono. I loro occhi sono chiusi. Sono saggi nella loro autodistruzione, perché cercano di comprendere ciò che la loro intelligenza non può afferrare. Desiderano salire da un livello all'altro, sicuri di ottenere la loro meta. Alla fine, però, cadono tutti nella trappola. Abbattono i recinti della Torà e ne distruggono le mura. Si vantano di ciò in cui non hanno comprensione alcuna e finiscono per arrivare alla negazione, dopo aver estirpato, nel loro errore, le radici e le fondamenta della Torà. In questo modo si allontanano dalla Sua volontà e dalla Sua vicinanza. Meglio sarebbe stato per loro non venire al mondo ...

 

1) Riportato in Revid ha-Zahav, Hilchot Pesah.

 

 

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Medita, dunque, prezioso lettore, su come R. Tam ibn Yehia si sia pronunciato contro la nuova kabalà e tutti coloro che la studiano: in che modo essi <77> abbiano abbattuto i recinti della Torà e sradicato le basi dello Yihud ha-Shem; in che modo essi pensavano di avvicinarsi al Nome, mentre, invece, deviavano dalla retta via e arrivavano ad una credenza politeista (1).

Tutto questo è dovuto al fatto che si sono erroneamente basati sul presupposto che lo Zohar è d'attribuirsi all'esimio Tanai, R. Shimon b. Yohai.

A seguito però delle approfondite indagini e alle prove reali, compiute dai Hachamim interessati, è stato chiarito da quale penna, in realtà, queste parole furono scritte ed in quale periodo fu composto questo testo. Ebbene, fu provato con chiarezza che l'autore dell'intera opera fu uno dei Rabbini posteriori, certo Moshe de Leon, vissuto nella Spagna del tredicesimo secolo. Le idee espresse in questa opera non sono assolutamente da attribuirsi a R. Shimon b. Yohai. Molti dei concetti concernenti questioni "essenziali" della "Emunà" della Sacra Torà, riportati dallo Zohar, sono in netto contrasto con le parole di R. Shimon b. Yohai, così come con le parole del Talmud, con i Midrashim dei Saggi, noti a tutto Israele.

Lo Zohar non può essere assolutamente considerato una base di appoggio e di affidamento per qualsiasi 'minhag' del popolo d'Israele (2).

Fu altrettanto improprio per i Saggi del Medioevo operare dei cambiamenti nei testi di preghiera, secondo lo Zohar e le opinioni dei nuovi kabalisti. Tali cambiamenti, infatti, conducono a "minut", cioè ad una falsa credenza in molti "poteri regnanti" (reshuiot) e al servizio per altri dei, come sarà spiegato dettagliatamente più avanti.

 

1) Vedi R. Albo, s. ha-Ikarim, prk. 28, in accordo con R. Yihia. Il libro Revid ha-Zahav riporta anche il Maharshal, nella sue "risposte" ed il Yad ha-Shlomò per ciò che concerne coloro che si vantano dei loro "hidushim", dedotti dai libri della kabalà ecc., e conclude che "dopo la chiusura del Talmud uno non deve rendere la Legge più severa rispetto alla Ghemarà" e che ciò è simile a "minut" — Spiegato a lungo in Hok Ya'akob, siman 489, siman katan 11.

2) Il Revid ha-Zahav menziona anche Beit Yosef che "prestò attenzione allo Zohar soltanto quando le sue parole non furono in contrasto con la Ghemarà". Il Ramà spiega che "anche quando la Ghemarà non menziona il contrario, uno non deve deviare dalle parole dei Poskim e non deve prestare attenzione alle parole dello Zohar" — Egli riporta anche il Raam ed altri Poskim, per i quali "uno non deve accettare le parole dei kabalisti in contrasto con un Posek" — Vedi, allora, come i Poskim menzionati nella "risposta" di Revid ha-Zahav (Yosef Caro, Radvaz, Knesset ha-Ghedolà, Mahari ha-Levi, Maharash ha-Levi, R. Alkabuly, R. Tam ibn Yihia, Hok Ya'akov, Maharshal e Maharam Elshaker) sono tutti d'accordo sul fatto che nessuna attenzione debba essere accordata allo Zohar e ai kabalisti in contrasto con Talmud e coi Poskim, persino contro uno di essi. Come prova lampante a quanto detto puoi considerare che ciò che avete scritto sono halachà le-Moshè me-Sinai" è assolutamente falso e tale frase evidenzia la vostra completa ignoranza. <78> Un'ulteriore prova lampante, che non si tratta di kabalà da Mosè, consiste nel fatto che troviamo innumerevoli divergenze e discrepanze tra gli stessi kabalisti, sia nella forma che nella sostanza. Rambam, in Hilchot Ma'amarim, prk. 15, scrive che "non ci sono differenze d'opinione (mahlokot) su questioni di kabalà; e qualora ce ne fossero, puoi star sicuro che non si tratta di kabalà da Moshè Rabbenu" — Siccome dunque, tutte le nostre prove sono ricavate dal Talmud e dai veri Midrashim, come pure dai Gheonim e dai Poskim, come potete argomentare contro i ricettori della vera Kabalà "chi vi ha dato il permesso di fare una ricerca critica sulla nuova kabalà?" — Il Hacham ha-Mahary Zahary, yemenita vissuto nel Medioevo, scrisse: "Adesso citerò qualcosa della nuova kabalà, uscita di recente" — Vedi come testimonianza le numerose leggende nel Midrash ha-Gadol di R. Amram da Aden e Mahari Bashiri in S. Segulat Israel, S. Nur el Zalam, ha-Hefetz di R. Yehia ha-Rofè.

 

 

12

 

L'argomento da voi espresso contro di me "chi vi ha dato il permesso di interrogare e di indagare le loro parole" mi meraviglia assai.

Fu, dunque, concessa la Torà affinché la si leggesse come farebbe un pappagallo o un animale schiamazzante?! E inconcepibile! Chi studia in tal modo è chiamato "scriteriato" e "malvagio". Come cita la Ghemarà (1) :

— R. Ola disse: Cosa dobbiamo dire di uno che ha studiato Torà e Talmud ma che non ha però aiutato i Talmidè Hahamim (2)?

— R. Eliezer disse: Egli non è erudito (am ha-aretz).

— R. Shemuel bar Nahmani disse: Egli è un ignorante (bur).

— R. Yanai disse: Egli è un samaritano (kutì).

— R. Aha b. Ya'akov disse: Egli è un magus (seguace di Zoroastro).

— R. Nahman b. Yitzhak disse: L'opinione di R. Aha b. Ya'akov è la più verosimile, perché è la più comune tra la gente che dice "il magus biascica parole di cui ignora il significato". È la stessa cosa vale per chi studia, senza sapere cosa sta studiando. —

Se, per ipotesi, qualcuno vi consegnasse due lettere che si contraddicono fra di loro su della merce ricevuta, voi le esaminereste bene per controllarne la veridicità al fine di non avere una perdita in denaro. Non le accettereste entrambe in buona fede.

Alla stessa stregua, dovreste accettare in buona fede ciò che contraddice la Emunà della Torà, senza distinguere tra il bene e il male? L'aspetto fondamentale <79> dello studio della Torà consiste nel conoscere i suoi comandamenti e le sue leggi! Come disse il re Davide, alav hashalom, quando implorò Dio: "Dammi la comprensione affinché possa studiare i Tuoi precetti". Ed ancora "Insegnami buoni ragionamenti e sapienza, poiché ho creduto nei Tuoi comandamenti" (3). In tutte le mitzvot della Torà è necessario che l'individuo vi presti la massima attenzione, al fine di capire le leggi e, in tal modo, non permettere ciò che è proibito e proibire ciò che è permesso. Così ammoniscono i Saggi (4): "State attenti con il vostro studio, perché un errore nello studio viene considerato "intenzionale".

A maggior ragione quando si tratta del precetto di "conoscere" Dio e di "comprendere" la vera essenza della Sua Unità, in accordo con il comandamento della Torà (Deut. 4, 39): "E riconoscerai questo giorno e imprimerai nel tuo cuore che Ha-Shem è Dio in alto nei cieli e in basso nella terra e non vi è altri all'infuori di Lui". Così anche Davide comandò a Salomone: "Conosci il Dio dei Tuoi Padri e serviLo" (5). Il Profeta Geremia pronunciò "Non si vanti il saggio della sua saggezza, né il valoroso del suo valore, né il ricco della sua ricchezza. Ma, invece, chi si vuole vantare si vanti di questo: del fatto che egli comprende e conosce Me e sa che Io sono il Signore che opera con bontà, ecc." (6).

Quanto di più è dunque incombente su di noi conoscere chi dobbiamo veramente servire!

 

1) Soteh, pag. 22.

2) Chi studia la Torà in una scuola rabbinica.

3) Salmi 119 vs. 73 e 66.

4) Pirkè Avot.

5) Re 1 (28, 9).

6) Geremia: 9. 22.

 

13

 

La grande capacità di indagare e spiegare la Torà, in accordo con la Kabalà dei Saggi, ci è stata tramandata dai Saggi stessi. Come disse un Tanai (Avot 5, 22): "Voltala (la Torà) e rivoltala ancora, perché Essa contiene tutto". Se una persona studia ma non si sforza di capire chiaramente, il "segreto" e <80> il vero significato dello stesso non gli verrà svelato e alla fine non avrà compreso nulla. Nel primo capitolo di Berahot (6, 72) è scritto: "Ognuno dovrebbe sempre affrettarsi a compiere una mitzvà, persino di Sabato, così come è detto "Essi seguono Dio come un leone ruggente". R. Zira disse: "La ricompensa per una seduta di studio consiste nel "correre" dietro ad essa". Rashi spiega: "La principale ricompensa per chi "corre" ad ascoltare le parole di un Hacham consiste proprio nell'essere corso a seguirle, dal momento che i più non sono in grado di comprendere lo studio in sé e di ricordarlo in seguito. La ricompensa per lo studio, invece, consiste nell'essersi formato un parere, per esempio quando la persona si affatica molto nello studio per capire il perché delle cose".

In Sanhedrin (42) è scritto: "Poiché con abili strategie (tahbulot) tu devi condurre la tua guerra". R. Aba e R. Hanina nel nome di R. Assi nel nome di R. Yohanan spiega: "Chi sono coloro che sostengono la guerra della Torà? Coloro che tengono nelle loro mani fardelli (havilot) di mishnaiot". Rashi spiega: "Per guerra della Torà si intende l'affaticarsi a comprendere le Sue leggi su di una base chiara e solida; non come colui che è molto perspicace e abile nel formulare opinioni, ma che non ha studiato molte mishnaiot e beraitot. Da dove, pertanto, verrà rivelato il segreto e il significato vero dello studio? Esso verrà rivelato soltanto a colui che ha studiato molte mishnaiot, cosicché quando egli deve ricercare la ragione di qualcosa in un punto, può trovarla in un altra mishnà, oppure se ricerca una questione in una mishnà può trovarne la soluzione in un'altra ancora".

In Haghigà (3, 72) è scritto: "Le parole dei Saggi sono simili a pungoli, ecc."Ba'alei asufot" sono i Dotti che si riuniscono in gruppi per studiare la Torà: alcuni di essi affermano che una cosa è impura, altri che è pura, alcuni considerano una cosa proibita, altri permessa e così via. Affinché uno non dica: "Come è possibile, dunque, studiare la Torà?". Sappi, pertanto, che tutte (le parole) furono date da un unico Pastore, un Unico Dio le concesse tutte, il Signore che è al di sopra di ogni cosa che esiste, Benedetto Egli sia, come sta scritto "E Dio proferì tutte queste parole, dicendo ecc. — Così anche voi fate il vostro orecchio simile ad un imbuto e acquistate un cuore pieno di comprensione per distinguere le parole di coloro che dicono puro, impuro, vietato, permesso, ecc.". Rashi spiega: "Un Unico Dio le concesse tutte — nessuno di coloro che discutono potrebbe portare una prova dalla legge di un altro dio, ma solo prove dalla Torà di Ha-Kadosh Baruch-Hu; nessuno di loro potrebbe portare una prova dalle parole di un profeta che venisse a contraddire le parole di Moshe Rabbenu. — "Fate il vostro orecchio <81> simile ad un imbuto" — siccome il cuore di ciascuno di loro è rivolto a Dio, fate in modo che il vostro orecchio ascolti, studi e conosca tutte le opinioni e quando saprete distinguere ciò che è corretto, stabilite conformemente la legge".

 

14

 

È ora mia intenzione dimostrare, con prove inconfutabili e veritiere dalla Torà scritta e dalla Tradizione orale, che Ha-Shem, Benedetto Egli sia, nominato nella Sacra Torà con il Tetragramma (1) e con il nome Adonai e nel linguaggio dei Saggi con Ha-Kadosh Baruch-Hu è la Causa Prima ed Egli soltanto esiste di necessità. Questo è in palese contrasto con quanto è scritto in Yosher Levav (2) e nel nome di Yitzhak Luria, che con lo Zohar ha creato una nuova corrente filosofica, secondo cui il nome va riferito a zeir anpin.

Le prove della Torà sono basate su alcuni versi, quali "La dimora del Dio del passato remoto" (meonà Elohei Kedem) (3) che si riferisce al fatto che Dio è la Causa Prima di tutte le creazioni superiori e inferiori e che è nostro obbligo servire soltanto Lui (4). Ed è pure scritto: "Io sono il Primo e Io sono l'Ultimo e non v'è altri all'infuori di Me" (5). E re Davide disse: "Perché chi è Dio all'infuori di Ha-Shem, chi è la nostra Rocca all'infuori del nostro Dio ?" (6). E come scrive il Rambam: "Poiché Egli, Benedetto il Suo Nome, è la Causa ed il Principio di tutto il resto e non vi è altra Causa che lo precede" (7). E R. Ha Hasid in Hovot ha-Levavot scrive (8): "È necessario concludere che tutto ciò che esiste ha un principio, che non è preceduto da alcun altro principio. Fu Egli che formò il tutto e lo plasmò dal nulla; non lo creò da o su qualcosa di esistente, come è scritto "Io Sono Dio che opera ogni cosa, che stende i cieli per Mio volere e così la terra". E disse Giobbe: "Stende il nord sul caos (tohu) e fa si che la terra penda sul nulla" (bli mah) ecc. Egli precede il tutto (kadmon) e non v'è inizio al Suo Inizio, né tantomeno c'è fine al Suo eterno Inizio, come è scritto "Io sono il Primo e Io sono l'Ultimo". Perciò gli Uomini della Grande Assemblea stabilirono nelle preghiere: "In verità, Tu sei il Primo e Tu sei l'ultimo". <82>

 

1) Il Tetragramma, Yod, Heh, Vav, Heh, spesso letto "Shem Havayà".

2) Riportato in S. Ha Brit.

3) Deuteronomio 33, 27.

4) Spiegato da Rambam nel suo commento alla Mishnà e altrove; così anche da R. Sa'adya ha-Gaon e R. Yehudà ha-Levi.

5) Isaia 44, 6.

6) Samuele 2, 22, 32.

7) Morè Nevuhim, cap. 16.

8) Sha'ar ha-Yihud.

 

15

 

Aprite bene le vostre orecchie e udite le risposte della vera Torà di Moshè Rabbenu, alav hashalom, che rendono onore al Vero Dio.

Ciò che mi avete scritto su ciò che essi chiamano i cinque partzufim "divini" è un paraocchi alla vostra vista, dal momento che non avete letto le parole dello Zohar (1) : "E Dio disse "Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza". "Il segreto di Dio è per coloro che Lo temono". L'Antico degli Antichi (saba d'sabin) aprì e parlò: "Shimon, Shimon, chi è questo Elohim?". Ciò detto, scomparve e non fu più visto. Ma poiché R. Shimon udì che lo aveva chiamato "Shimon, Shimon" e non Rabbi Shimon, disse ai compagni: "Certamente costui era Kudshe Brich Hu", su cui è detto "L'Antico dei Giorni (atik yomin) si sedette" (2). E arrivato dunque il tempo di svelare questo segreto, che prima era vietato rivelare. Così apri e parlò: Un re aveva molte costruzioni da edificare. E il suo artigiano (umana) non faceva alcunché senza il suo permesso, conformemente a quanto è scritto: "sarò fedele (emun) a Lui (Ha Shem)". Il Re allude alla "Sapienza Superiore" (hochmà ila'a). Il "Pilastro Medio" è il Re inferiore (malka le-tata). Elohim è l'artigiano superiore, ossia la "Madre Superiore" (ema ila'a). Elohim è anche l'artigiano inferiore (umana le-tata) ossia Shechintà, il quale non ha il permesso di agire senza il consenso di suo "marito". Per tutte le costruzioni che furono nella "via" di Atzilut, aba disse ad ema "così sia" e immantinente fu; così come sta scritto "Elohim" disse "sia la luce". Il Padrone <83> della costruzione lo ordinò e l'artigianato eseguì. E così a riguardo di tutte le costruzioni nella "via dell'Emanazione"; egli disse "sia il firmamento", "siano i luminari" e immantinente furono. Quando si arrivò al "mondo della separazione" che è il "mondo dei poteri separati", Umana disse alla costruzione "Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza". Il Padrone della Costruzione disse allora: "Sarebbe certamente un'opera buona da compiersi, però, in futuro, egli peccherà contro di Te, giacché egli è un figlio stolto, come sta scritto "un figlio saggio renderà felice suo padre, ma un figlio stolto addolorerà sua madre". Ema gli rispose "Poiché il suo peccato dipende da me e non da te (aba), desidero crearlo a mia somiglianza"; infatti il verso dice "E Dio lo creò a sua immagine". Aba però si rifiutò di partecipare. Così quando l'uomo peccò, cosa sta scritto? (3) "Per le tue trasgressioni venne cacciata via tua madre". Malka disse ad ema: "non ti avevo forse detto che lui peccherà?". In quel momento Egli lo cacciò via (dal Gan Eden) insieme a sua madre. Questa è la ragione per la quale è scritto "un figlio saggio renderà felice suo padre". Ciò allude all'uomo del mondo di atzilut. Il "figlio stolto" va invece riferito all'uomo della creazione. —

Così lo Zohar spiega come Ha-Kadosh Baruch-Hu venga chiamato atik. Egli si rivelò a R. Shimon nella sua casa di studio nelle vesti di un uomo vegliardo, per cui R. Shimon lo chiamò "saba d'sabin". Ha Kadosh Baruch-Hu è qui atik e fu lui che concesse il permesso a R. Shimon di rivelare questo segreto, cioè che Ha Kadosh Baruch-Hu, nominato ema, disse a Kadosh Baruch-Hu, nominato aba "facciamo l'uomo a nostra immagine".

Così dunque atik è nominato sia Kudshe Brich Hu che aba. Ema è nominata Elohim, così come Elohim è il nome di aba (oltre appunto a quello di Kudshe Brich Hu). In tutta l'opera della creazione, aba disse ad ema "sia così e così" e "così fu". Ma a proposito dell'uomo ema disse ad aba "facciamo l'uomo". Aba però non volle questa creazione, cosicché ema gli disse "che differenza ti fa se egli peccherà? È contro di me che pecca, non contro di te", come il verso "un figlio stolto addolorerà sua madre". E quando Adamo peccò con l'Albero della Conoscenza Dio cacciò sia ema che Adamo, perché "per le tue trasgressioni fu cacciata via tua madre". —

Haim Vital spiega inoltre (4) che quando i "sette attributi inferiori" (midot) furono emanati non era stato ancora creato nel mondo Adamo (Adam ha-Rishon), mentre zeir anpin e nukvei erano in una posizione di dorso contro dorso, per timore che i Hitzonim (le cose esterne) potessero "prendere nutrimento" da loro. Infatti, se essi si fossero trovati faccia-a-faccia, "i gusci" (kelipot) avrebbero potuto afferrare il punto della loro congiunzione. Ma quando invece il Primo Uomo fu creato e compì alcuni precetti positivi avvenne che si girarono faccia a faccia. <84>

 

1) Bereshit, 22.

2) Il commento "Derech Emet": — l'Antico degli Antichi è riferito a "Keter Elion" ma il Mikdash Melech lo riferisce ad Atik, poiché aba ed ema sono nominati anziani, mentre atik e arich sono nominati l'Antico degli Antichi.

3) Lo Shevilei Noga commenta che da qui si deduce che Ha-Kadosh Baruch-Hu stesso non era d'accordo, per così dire, alla creazione dell'uomo, ma solo la Shechinà inferiore. Il Mikdash Melech commenta che il "figlio saggio" va riferito ad "Adam ha-Atzilut", cioè zeir anpin di atzilut, mentre Adam di Berià va riferito al Primo Uomo. — Ema disse ad aba "facciamo l'uomo" ma per gli altri "sia" della creazione fu aba a dirlo ed ema — binà, poiché aba dice ed ema esegue.

4) Sha'ar ha Nekudim: vedi "ad locum" tutta la spiegazione che è in completo contrasto con lo Zohar, che sostiene che Adam ha-Rishon fu colpevole di questo peccato e che ema fu scacciata a causa sua. Da ciò potete comprendere che questi nuovi kabalisti si contraddicono tra di loro e ognuno di essi inventa ciò che gli fa comodo.

 

16

 

Nello stesso Zohar è scritto: "R. Shimon aprì e disse: "Or dunque, considerate che soltanto Io sono il Signore e non vi è altro dio con Me". Egli disse: "Ascoltate le parole dell'Antico che ho in animo di rivelare, poiché dall'alto ho ricevuto il permesso di parlare. Chi è colui che disse "Or dunque guardate soltanto Io sono il Signore"? Costui è la Causa di tutte le Cause, nominato "ilat ha-ilot", ossia la causa di tutte quelle cause che non possono agire se non dopo aver ricevuto il permesso da chi sta sopra di loro. E come abbiamo stabilito a riguardo del verso "Facciamo l'uomo", si tratta certamente di una coppia. Così, qui troviamo che una "causa" ha detto alla causa che la sovrasta che non si può agire fino a quando non si è preso il permesso dalla causa superiore, così come quest'altra causa a lei superiore e così via di seguito ... Però quella nominata "La Causa di tutte le Cause" non ha alcuna causa che la sovrasta, cosicché non esiste sotto di essa alcunché che le assomigli, così come è scritto "El mi tedamiuni?" ( = a chi Mi renderete simile e a chi potrò essere comparato? parola dell'Eterno). Ed è anche scritto "Or dunque considerate che soltanto Io sono il Signore e non vi è altro dio con Me", da cui prendere consiglio, dissimile da colui che disse "Facciamo l'uomo".

Etz Haim (1) e Mikdash Melech (2) nel nome di Yitzhak Luria scrivono: "La Causa di tutte le cause" va riferita ad Adam Kadmon, cioè la Causa sopra tutte le altre cause. Spiegazione: quando diciamo "Causa delle cause" ci <85> riferiamo ad ogni partzuf e viene così nominata perché essa è la causa delle altre cause al di sotto di essa. Ma quando diciamo "La Causa di tutte le cause" ci riferiamo ad adam kadmon, la prima causa di tutti i partzufim".

Così viene spiegato dall'esegesi dello Zohar e dai suoi commentatori in che modo Dio diede il permesso a R. Shimon b. Yohai di parlare su ciò che è proibito persino pensare, cioè una molteplicità in Dio e di proferire che Ha-Kadosh Baruch-Hu è nominato Atik. Egli, però, non è colui che disse ai figli d'Israele "Or dunque considerate soltanto Io sono il Signore", dal momento che colui che pronunciò questa sentenza è adam kadmon che è, invece, la prima causa di tutti i partzufim, che non riceve permesso da alcuno. Similmente, colui che disse "Sia la luce" e "Sia il firmamento" e "Si riuniscano le acque" ecc. è aba; mentre chi sentenziò "Facciamo l'uomo a nostra immagine" è ema. Quando ema disse ad aba "Facciamo l'uomo", Ha-Kadosh Baruch-Hu (aba) non era d'accordo con questa creazione, ma ema replicò "Che differenza fa per te? Se egli peccherà, sarà contro di me che pecca e non contro di te". Per questo motivo è scritto "Un figlio stolto angustierà sua madre" e non già te". Per questo motivo è scritto "Un figlio stolto angustierà sua madre" e non già sua padre ... Pertanto, fu creato contro il volere di aba (3), e, come spiega lo Shevilei Noga: "Se aba avesse acconsentito a questa creazione non avrebbe cacciato anche lei dal Gran Eden insieme a lui quando peccò; ma siccome non era d'accordo cacciò pure lei".

 

1) Sha'ar atik. prk. 2.

2) Sefer ha-Likutim.

3) Zohar — parole citate "La ba'ei Le'ishtatfà" (= egli non volle partecipare).

 

 

17

 

Ogni ebreo sarà scosso da un profondo fremito quando ascolterà le parole di questo filosofo e la sua delirante descrizione dei Dieci Ordini della creazione in divinità distinte! Leggiamo infatti in Sanhedrin (1): "Per questo motivo l'uomo venne creato come singola entità, affinché i "minim" non potessero sostenere che esistono numerose "reshuiot" (poteri regnanti) (2) "nei cieli" ecc. (Rashi spiega: e che ciascuno ha creato il proprio) (3). — <86>

E nella Braita (38): "Perché l'uomo fu creato singolo? R. Yehudà disse: "Quando Dio volle creare l'uomo, Egli creò prima una "classe" di Angeli Servitori a cui domandò: "Avete piacere che facciamo l'uomo a nostra immagine?". Essi allora domandarono: "Quali saranno le sue azioni?". E Dio rispose: "Le loro azioni saranno così e così". Essi allora dissero al Suo cospetto "Cos'è l'uomo che Tu lo possa ricordare?". Allora Ha-Shem stese il Suo mignolo e li bruciò. La stessa cosa avvenne con la seconda classe di Angeli. La terza classe di Angeli disse: "Padrone del mondo, a quale scopo la prima classe di Angeli si espresse così al Tuo cospetto? Tutto il mondo Ti appartiene e in esso puoi operare come Ti aggrada". Allorquando, invece, si arrivò alla "generazione del diluvio" e a quella della "torre di Babele", gli Angeli dissero: "Padrone del Mondo, non era forse giustificato ciò che disse la prima classe di Angeli al Tuo cospetto?". Dio rispose "Fino alla vecchiaia sono Io; finché i suoi capelli incanutiscono lo sopporterò" (4).

E nella stessa Braita è scritto: R. Yohanan disse: "Laddove trovi le argomentazioni dei "minim (5) trovi anche la risposta nel verso susseguente: "Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza". "E Dio creò l'uomo a Sua immagine". "Scendiamo e confondiamo il loro linguaggio". "E Dio scese per vedere la città e la torre" ecc.

Ma lo Zohar summenzionato afferma "poiché certamente si tratta di una "coppia"". Spiega che ema disse ad aba "facciamo l'uomo" e che essa operò secondo il suo proposito e creò l'uomo senza il di lui consenso.

 Non è questa la medesima opinione dei "miscredenti", ricordati prima, che cercarono di ricavare delle prove dalla Torà per giustificare le loro false credenze idolatre?

 

1) Cap. 1, dinei mamonot.

2) Anche "mondi di padronanza" dove ciascun padrone avrebbe il permesso di agire come vuole.

3) Il senso è: se Adamo ed Eva fossero stati creati separatamente, uno avrebbe potuto pensare che il creatore di Adamo non fosse lo stesso di Eva; perciò furono prima creati come unità e, in seguito, separati (nota del tr.).

4) Vedi Maharsha ad locum — I primi Angeli, nel loro zelo, non avrebbero potuto sopportare l'azione dell'uomo, perciò dissero "cos'è l'uomo che tu lo possa ricordare?". La terza classe capì <87> che questa risposta fu la causa della loro distruzione, per cui disssero: "tutto il mondo Ti appartiene" ecc. Quando, invece, videro le cattive azioni di quelle due generazioni chiesero se la prima domanda non era poi giustificata, ma Ha-Kadosh Baruch-Hu rispose che Egli è longanime e aspetta fino a che i loro capelli incanutiscono, forse si pentiranno delle loro cattive azioni. (N. del tr.).

5) I "miscredenti" (minim) sostenevano che da qui si evince una molteplicità in Dio e tentarono di portare una prova dal plurale "facciamo", ma laddove troviamo questo plurale troviamo immediatamente espresso, nel verso seguente, il Nome di Dio, con lo stesso verso al singolare. (N. del tr.).

 

 

18

 

Ancora troviamo scritto nello Zohar (Bereshit, 17): "In principio Dio creò i cieli". In questo "principio" (reshit) Egli creò quel "livello nascosto non conosciuto" (Stimà d'la ityada) per questo palazzo (hehala), ecc.

Il Mikdash Melech spiega: il "principio" è riferito ad aba; colui che creò quel "livello nascosto" è arich; il "non conosciuto" è riferito ad atik; "questo palazzo" è ema, nominato anche "elohim".

Nello stesso libro viene addotto un altro commento: "In principio Dio creò i cieli e la terra". Questo significa che, attraverso il potere di aba, Egli creò Elohim che è "binà"; in altri termini elohim (binà) creò, tramite il potere di aba, i cieli e la terra che sono zeir anpin e nukve.

In entrambe le spiegazioni aba è nominato il "principio" (reshit) ed ema (nel secondo commento nominato binà) è nominato "elohim".

Nello Zohar, in parashat Bo, è scritto (2): "I cieli" , questa è la mano destra di "kudshè brich hu"; "la terra" è la mano sinistra; poiché kudshè brich hu stese la sua mano destra e creò la terra.

Haim Vital spiega: "Hassadim" (gli elementi di misericordia) rappresentano zeir anpin mentre "ghevurot" (gli elementi di severità) rappresentano nukve; come sta scritto "Anche la mia mano fondò la terra e la mia destra stese i cieli. Io li chiamo ed essi stanno insieme". Cosa significa "ed essi stanno insieme?". Non come avresti potuto pensare riferito ai cieli e alla terra. In realtà, si riferisce alla sua mano destra e sinistra, ecc. — <88>

Commenta il Mikdash Melech: "Anche la mia mano fondò la terra" — fu binà a pronunciare questa frase; lo avresti potuto pensare riferito ai cieli e alla terra ma non si può affermare "ed essi stanno insieme" (va-ya' amdu yahdav) perché ciò implica "in eterno" e tale condizione non si addice a loro, poiché nukve a volte è separata da zeir anpin in "esilio" (galut) (1). —

Chi intende vedrà e riconoscerà e capirà quanto l'autore filosofico dello Zohar sia in completo contrasto con tutti i metodi di interpretazione usati dai nostri Hachamim di benedetta memoria.

 

 

1) Cioè, quando Israele è in esilio non c'è "unione" tra zeir anpin e nukve,corrispondenti al cielo e alla terra. Così essi non sempre stanno uniti poiché essendo in esilio zeir anpin è separato da nukve. Osservate bene in che modo i kabalisti distruggono e distorcono il senso letterale del verso, per il quale il cielo e la terra obbediscono costantemente ai comandi del Creatore.

 

 

19

 

In che modo, allora, lo Zohar e il Mikdash Melech giustificherebbero il mutamento che fecero i Settantadue Anziani quando tradussero la Torà per Tolomeo? Come leggiamo in Meghilà (9, cap. 141): "Avvenne che il re Tolomeo ordinò che i Settandadue Anziani fossero condotti insieme. Egli li mise in settantadue diverse abitazioni, senza rivelare loro perché li avesse convocati. Poi, entrò in ogni abitazione e comandò a ciascuno di loro: "Traduci per me la Torà di Mosè, vostro Maestro". In seguito, avvenne che Dio ispirò il medesimo pensiero in ogni singolo Anziano, per cui tutti ebbero lo stesso spirito e scrissero "Dio creò in principio i cieli e la terra".

Rashi commenta: "apportarono questo mutamento affinché non venisse detto che "principio" (bereshit) è un nome (di Dio) e che si tratta qui di due regnanti, uno avendo creato l'altro". —

Il Maharsha su questo commento di Rashi spiega che Tolomeo non avrebbe accettato ciò che è riferito in Sanhedrin, per cui laddove trovi le argomentazioni dei miscredenti là trovi anche la risposta appresso — "Facciamo l'uomo" e subito <89> dopo "Egli fece" ecc. Perché, allora, (chiede la Ghemarà) è scritto la prima volta "facciamo"? Risponde R. Yohanan: "Ha-Kadosh Baruch-Hu non prende decisione alcuna se non si è prima consultato con il Suo Tribunale Celeste" (Pamalya shel ma'ala)".

Rashi spiega che qui si vuole mettere in risalto il fatto che un aspetto dell'Umiltà è quello per cui uno più grande chiede l'opinione di uno più piccolo. Nel Morè Nevuhim (cap. 6) il Rambam riporta e chiarisce due distinte versioni: " Dice la prima: Ha-Kadosh Baruch-Hu non fa cosa alcuna se non previa consultazione col suo Tribunale Celeste. Tale opinione è simile all'affermazione di Platone per la quale Dio guarda nel mondo delle intelligenze e influisce su tutta l'esistenza, attraverso loro. Dice la seconda: Ha-Kadosh Baruch-Hu non fa cosa alcuna se non previa decisione nel suo Tribunale Celeste (pamalya shel ma'ala); in greco "pamalya" significa "potere".

Il Bereshit Rabba e il Midrash Kohelet commentano il verso "ciò che Egli non ha già fatto" (asuhu; con la forma al plurale): siamo qui informati che questa forma al plurale indica "Egli e il Suo Tribunale che decidono su ogni singola parte del corpo, mettendola in grado di funzionare nel modo con la quale fu preposta" come sta scritto "Egli la fece secondo la sua destinazione".

In Breishit Rabà è anche scritto: "Laddove trovi scritto "ve ha-Shem" (e Dio) significa Egli e il Suo Tribunale (Bet Dinò)".

Ma l'intenzione di tutte queste affermazioni non consiste nel pensare, come fanno gli stolti, che Dio possieda parole e pensieri, che Egli abbia bisogno di consigli, oppure mediti, oppure venga aiutato dall'opinione altrui! Invece, l'intera questione qui discussa ci indica come persino le spartizioni dettagliate di tutte le creature viventi, fino ad ogni singolo membro, alla sua funzione e alla sua essenza, dipendano dall'opera dei Malachim, gli angeli, poiché tutte le forze sono angeli (1). (Ma la cecità e la stupidità ancora più dannosa si ha quando questi stolti vengono considerati Saggi nel nostro popolo!).

Potrete comprendere, pertanto, come i nostri Saggi, di benedetta memoria, si siano rifiutati di attribuire a Dio qualsiasi necessità alle sue creazioni oppure qualsiasi aiuto da parte loro. Così anche non hanno attribuito agli Angeli, Suoi messaggeri, qualsiasi azione creativa, poiché tutta l'esistenza dipende e appartiene a Dio soltanto.

Non così l'autore filosofico dello Zohar, il quale chiama aba il Creatore e <90> pone ema come l'artigiano che esegue la volontà del padrone; egli non attribuisce la creazione alla Causa Prima ma ad aba oppure ad arich, tramite aba. Come se il Creatore fosse debole e avesse bisogno di un sostegno nella creazione!

Tornando ora alla vostra pretesa che questi kabalisti abbiano ricevuto questa kabalà da Mosè, perché allora i settantadue Anziani avrebbero dovuto cambiare l'ordine della frase nella traduzione di Tolomeo? Avrebbero dovuto lasciarla com'era e spiegare che "Bereshit", cioè aba, creò Elohim (binà) e che il motivo di "facciamo l'uomo" è dovuto al dialogare di una coppia. Perché avrebbero dovuto raggirare le Scritture inutilmente, quando potevano benissimo spiegare gli stessi versi in accordo con la vostra halachà le-Moshè me-Sinai? Le loro parole sarebbero state ben accolte da Tolomeo, che, in ogni caso, era politeista. Potevano anche spiegare che Bereshit è un nome (aba per lo Zohar) e fu lui che ordinò "Sia la luce" ecc. e così anche potevano spiegare come i cieli e la terra fossero i nomi sacri di zeir anpin e nukvei.

In netto contrasto a tutto ciò, il Talmud in Haghigà (perek Ein dorshim) riporta (2): "R. Ishmael chiese a R. Akiva mentre passeggiavano per la strada: "Tu che per ventidue anni hai servito Nahum ish Gamsu, colui che ha interpretato tutti gli -et della Torà, quale interpretazione diede all'-et ha-Shamaim ve et- ha-aretz (il cielo e la terra)"? Gli rispose: "Se fosse scritto solo "ha-Shamaim ve ha-arez" avrei potuto dire che questi siano Nomi di Ha-Kadosh Baruch-Hu, ma poiché è scritto "et-ha-Shamaim ve et-ha aretz" deduco che "ha-Shamaim" significa propriamente il cielo e "et ha-aretz" la terra. —

 

1) Questa affermazione che è estremamente importante ed essenziale è, in verità, una delle chiavi per comprendere l'errore di base dei nuovi kabalistì e cioè che le forze ed i poteri di tutta la creazione siano Angeli ed essi, nonostante la grandezza del loro livello, non debbano essere né serviti, né venerati perché essi stessi sono oggetto della creazione (nota del tr.).

2) In Bereshit Rabbà: chi ha interpretato tutti gli "ach" ( = ma, invero) e i "rak" ( = soltanto), sa che essi vengono ad escludere qualcosa mentre tutti gli -et e i -gam ( = anche) vengono ad includere qualcosa. Se era scritto "shamaim va-aretz" avrei detto che "shamaim" e "aretz" sono divinità. Vedi Maharshà e Etz Yosef per capire che tale, infatti, è l'opinione dello Zohar, perché, secondo loro, zeir anpin e nukve sono il Signore, nostro Dio. <91>

 

 

20

 

Lo Zohar (1) interpreta il verso "Dio regna, Dio regnò, Dio regnerà in eterno" come segue: "Dio regna" — di sopra, "Dio regnò" — nel mezzo, "Dio regnerà" — di sotto.

Il Mikdash Melech commenta: "Dio regna" — Arich Anpin; "Dio regnò" — "Aba" ed "Ema"; "Dio regnerà" — "Zeir Anpin e Nukvei".

Riguardo al verso: "È Dio fra di noi o no ( = im ain)?" (2) chiede lo Zohar se i figli d'Israele fossero veramente così stolti da porre una simile domanda. Spiega, infatti, che volevano sapere se "atikà stimà" nominato "ain" o "zeir anpin" nominato "Ha-Shem" erano fra di noi. Per cui non è scritto "im lo" ( = o no), come, ad esempio, nel verso "se egli camminerà a secondo della mia legge o no (im lo)", ma dissero: "Se è questo chiederemo in un modo, ma se è quello chiederemo in un modo diverso". —

R. Lupis spiega che l'intenzione dello Zohar è sapere se i nostri antenati volevano conoscere "chi" fosse colui che li conduceva e compiva per loro tutti quei miracoli, se era Ha-Kadosh Baruch-Hu, nominato "zeir anpin" (Ha-Shem col tetragramma) oppure "Ain", nominato Atik. La loro domanda era stata formulata per sapere quale fosse il giusto servizio da attuare, se riferito a "zeir anpin" o ad "atik", dal momento che esistono delle differenze in ogni tipo di servizio e anche un'intenzione (kavanà) diversa per ognuno di essi. Così rimasero nel loro dubbio fino a quando fu loro rivelato che era riferito a "zeir anpin". —

E in Menahot (3) è scritto: R. Shimon b. Azai disse: "Venite a vedere cosa è scritto nella sezione relativa ai "Sacrifici": non c'è scritto il nome "El" o il nome "Elohim" ma soltanto "Ha-Shem". Ciò è per non "aprire la bocca" di un accusatore, che riporta un'opinione diversa.

E Rashi commenta: "Questo accusatore non dica che esistono poteri (reshuiot) distinti e, in base a ciò, affermi che uno, il cui nome è tale, ha ordinato di portare il sacrificio "minhà", mentre un secondo, il cui nome è tal'altro, ha ordinato di portare un sacrificio di giovenchi e di montoni".

L'opinione dell'autore dello Zohar, però, è che esistono "divisioni" e "differenze" nella divinità e perciò i nostri antenati cercavano di conoscere quale Dio li stesse conducendo, se "atik" nominato "ain", il cui servizio è da compiersi in un modo, oppure "zeir anpin" il cui servizio è da compiersi in un altro modo. Questa loro richiesta non ebbe chiarimento fino a quando non fu concessa la Torà, che chiarì loro che si trattava di "zeir anpin" ...

Rambam spiega, nelle "Leggi sull'idolatria" (4): "Gli idolatri avevano molti <92> tipi di servizio per ogni tipo di immagine e di forma e ogni servizio era diverso l'uno dall'altro". —

Pertanto come l'autore filosofico dello Zohar può asserire che tutto è Uno? Perché il servizio per "atik" si differenzia da quello per "zeir anpin", se tutto è uno? Ma certamente egli crede in diverse divinità, per cui il servizio e il rito varia per ciascuno, similmente agli idolatri che avevano un servizio distinto per ogni immagine!

Noi, invece, che crediamo nella Sua Unità, che non ha niente di simile in tutte le altre entità di "Uno", respingiamo fermamente le loro parole menzognere e a sostegno di ciò portiamo la Ghemarà in Menahot, testé menzionata. Da tutte le asserzioni riportate dallo Zohar e dai suoi commenti deduciamo che esso chiama ciascun "partzuf di atzilut" con il "Nome tetragrammato", con "Adonai", con "Elohim" e con Ha-Kadosh Baruch-Hu. Però, esso ha scelto come divinità da servire l'ultimo "partzuf", cioè "zeir anpin". Lo Zohar afferma anche che l'"ein sof" e tutti gli altri "partzufim", che da esso si emanarono, non devono essere serviti o pregati, a motivo della loro elevazione superiore; a maggior ragione lo sono quei "partzufim" dei mondi sopra il "mondo di atzilut", di fatto immensamente "segreti". Soltanto "zeir anpin" può essere servito e chiamato nel "momento del bisogno", poiché è il "pilastro di mezzo", che congiunge tutte le forze superiori e inferiori. Egli fu allevato da "aba" ed "ema" e gli venne dato il "Regno" su tutte le creazioni, le quali, a loro volta, furono ordinate di servirlo e di benedirlo. E, a loro dire, costui sarebbe Ha-Shem Elohenu. Dio ci salvi!

Vediamo, ora, come lo Zohar (5), per mezzo del commento del "Mikdash Melech", commenta il verso: "Chi trattiene il grano sarà maledetto dal popolo" (Mone'a bar ikvùù leom). Il "segreto" è qui connesso a ciò che è scritto a proposito del verso "Qual è il suo nome e qual è il nome di suo figlio che lo potresti sapere?" — Il suo nome è uno. Adonai Tzevaot è il suo nome (ossia aba); il nome di suo figlio è Israele (ossia zeir anpin) come è scritto "Mio figlio, il mio primogenito Israele"; tutte le chiavi della fede dipendono da questo Israele; fu infatti lui che disse: "Dio mi disse: tu sei mio figlio" (commento: "zeir anpin" disse che "aba", nominato Adonai Tzevaot, mi disse: "tu sei mio figlio"). È certamente così, poiché "aba" ed "ema" lo incoronarono e lo benedirono con tante benedizioni e con ciò ordinarono a tutti "Fornite il grano, affinché non si adiri"; in altre parole, consegnatelo a questo figlio: per così dire, hanno dato il potere regnante a lui, <93> affinché venga servito da tutti; "affinché non si adiri" (6) significa che, siccome l'hanno incoronato sia con la "severità" (dina) che con la "misericordia" (rahamè), chiunque merita la severità la riceverà e chiunque merita la misericordia altrettanto. Tutte le benedizioni dall'alto e dal basso salgono e diventano corona per quel figlio, ma chiunque trattiene le benedizioni da questo figlio, i suoi peccati saliranno davanti a "ema kadisha" (la sacra madre) che è la sua "vera" madre (ema binà). Così vediamo come lo Zohar chiami Adonai Tzevaot "aba" e "zeir anpin" il figlio di "aba" ed "ema". Questi ultimi gli concessero il "potere regnante" su tutte le creazioni, ordinando loro di servirlo. Tutte le benedizioni e le preghiere diventano "corone" per "zeir anpin" e devono essere dirette esclusivamente a lui; non ad "aba" o "ema", né ad "arich anpin", né ad "atik", né ad "adam kadmon" (che loro chiamano "la Causa di tutte le Cause"), né ad "adam kidmà" (entro le cui sefirot furono creati tutti i mondi sopra il mondo di atzilut), né certamente all'ein sof che è lontano e immensamente al di sopra di tutto il resto, per cui è fuori dall'essere servito o pregato. La Shechinà su tutte le azioni dei "livelli inferiori" appartiene solo a "zeir anpin". Egli concede la giusta ricompensa agli Tzadikim e punisce i Reshaim (malvagi). I partzufim che sono in alto con l'ein sof, che sovrasta il tutto, non "guardano" le azioni dei livelli inferiori e non distinguono tra il bene e il male, né tantomeno possono salvare la persona che li supplica nella sua preghiera.

Dio, dunque, ha abbandonato il cielo e la terra, hass ve halila, e ha lasciato il comando nelle mani di questa "piccola faccia", oggetto di creazione!

Leggiamo invece l'interpretazione dei Saggi: "Chi è salito in cielo?" Questo è Ha-Kadosh Baruch-Hu, come è scritto "Dio è salito con grande strepito"; "è disceso" come è scritto "E Dio scese sul Monte Sinai"; "Chi ha raccolto il vento nel palmo delle Sue mani?", come è scritto "Poiché nella Sua mano è l'anima di tutto ciò che esiste": "Chi ha riunito le acque nella Sua veste?" come è scritto: "Egli riunisce le acque in una densa nube"; e così il verso "Chi ha stabilito tutte le estremità della terra?" come è scritto "Dio fa morire e fa rivivere"; qual è il Suo nome? Tzur (Rocca) è il Suo nome, Shaddai è il Suo nome, Adonai Tzevaot è il Suo nome. "E qual è il nome di Suo figlio?" Israele, come è scritto "Mio figlio, il Mio primogenito, Israele".

Israele viene denominato "figlio", come nella Mishnà "I figli d'Israele" vengono chiamati "Figli di Dio" (banim la-Makom) questo perché, per mezzo di Israele, Dio si è manifestato nel mondo. Non già col nome di "zeir anpin" che l'autore dello Zohar ha chiamato "ben" ( = figlio)! <94>

Concludiamo, ora, il nostro discorso rammentando che lo Zohar e tutti i suoi seguaci hanno asserito che tutte le nostre azioni e preghiere debbano essere rivolte a "zeir anpin", Dio ci liberi!

 

1) Bereshit, pag. 34.

3) Parashà Beshalah, pag. 64.

3) Cap. Harei alei issaron (110)

4) Hilchot avodà zarà cap. 3.

5) Balak p. 191.

6) "Nashkù bar pen yi'naf" — Lo Zohar interpreta "bar" come "figlio" (come in aramaico).

 

 

21

 

Lo Zohar, in parashat va-yerà scrive (1) : "Venite a vedere come non è scritto "Abbi timore del Signore tuo Dio", bensì "Temerai il Signore tuo Dio" ("et" Ha-Shem, con la particella dell'accusativo "et"). Cos'è questo "et"? Questo è il primo livello (dargà kidm'a) del timore di Dio; perciò è scritto "Temerai" perché è appunto a quel "livello" che uno deve temere il proprio Dio e, cioè il "Tribunale" (Bet dinò); "e Lui (otò) servirai" questo è il livello superiore (dargà ila'a), che sovrasta il livello inferiore; l'"et" e "otò" sono congiunti fra di loro e sono inseparabili. Cosa significa "e Lui"?. Questo è il "livello" del "Patto Sacro" (Ha Berit) (2), un "segno" eterno; poiché in nessun servizio -et deve essere servito ma bensì temuto — Il "servizio" invece, è di sopra, perciò sta scritto "e Lui servirai" (commento: "servizio" appartiene a zeir anpin) — a Lui si congiunge "Shechinte" (malchut).

Il senso reale di quanto è scritto dallo Zohar è il seguente: il verso non dice "Abbi timore e servi il Signore tuo Dio" bensì "-et il Signore tuo Dio temerai e servirai". L'-et viene certamente per includere qualcosa e, a parere dello Zohar, si tratta di "malchut", la controparte femminile di zeir anpin, nominata         <95> anche "nukve", che è anch'essa degna di timore. In altre parole, il comandamento di temere il Signore include anche l'obbligo di temere "nukve" e, a conferma di ciò, sta quell'-et in più. D'altra parte, è scritto "e Lui servirai", da cui si evince che il verso viene ad escludere qualcuno (come per dire servirai Lui e non qualcun' altro), cioè "malchut", perché è zeir anpin che deve essere servito. Concludendo, "Malchut" viene esclusa dal servizio, ma inclusa nel timore.

Se questa è kabalà da Moshè, perché allora Shimon Ha-Amsuni si è trattenuto all'interpretare le "inclusioni" di ciascun "-et" della Torà, quando è arrivato al verso testé citato? Leggiamo infatti nella Ghemarà (3) : Shimon Ha-Amsuni (e alcuni dicono Nehemia ha-Amsuni) era occupato ad interpretare ogni -et della Torà. Quando arrivò al verso "-et il Signore tuo Dio temerai e Lui servirai" evitò di interpretarlo. Allora i suoi allievi gli chiesero "Che ne sarà allora di tutti gli altri -et che hai interpretato?". Rispose loro "Così come ho ricevuto ricompensa per averli interpretati, parimenti riceverò ricompensa per essermi astenuto dall'averlo interpretato". Finché Akiba ben Yosef interpretò che esso viene ad includere i "Talmidei Hachamim".

Commenta Rashi: Quando raggiunse questo verso si domandò cosa avesse potuto includere questo "Lui" che è da servire. A tal riguardo, evitò le altre "inclusioni" ( = ribbuim) che in precedenza (4) aveva interpretato; fino a quando Akiba ben Yosef interpretò questo -et come inclusione riferita ai Talmidè Hachamim, affinché "il timore per il Tuo maestro sia pari a quello per il Cielo. (5)

Ma se voi affermate che tale è Kabalà di Mosè dal Sinai, per quale motivo Shimon ha-Amsuni si astenne? Non sapeva forse che tale -et viene ad includere la moglie di zeir anpin che è il Signore Nostro Dio, come voi dite? Perché anche Akiba b. Yosef, il Maestro di Shimon b. Yohai, disse che viene per equiparare il timore per i Tamidè Hachamim, che sono solo carne e sangue, al timore per il Cielo? Perché non incluse la moglie di zeir anpin oppure "aba" ed "ema"?!

 

1) pag. 112.

2) commento riferito a Malchut (Ra-shab).

3) cap. "Kol Sha'à"

4) Se questo -et non poteva essere interpretato, allora non poteva venire accettata come regola generale quella per cui ogni -et viene ad includere qualcosa o qualcuno, fino a quando Akiba <96> b. Yosef ... (N. del Tr.).

5) Pirkè Avot 80, 4.

 

22

 

Lo Yosher Levav afferma che: (1) Il nome "Ha-Kadosh Baruch-Hu" che siamo abituati a pronunciare e il Tetragramma con cui Lo nominiamo sono riferiti al partzuf di zeir anpin. La sua "anima" (neshamà) è nascosta al suo interno da quei partzufim che sono più interiori ad esso (a zeir). Costui è, infatti, la Causa Prima ed è lui che noi serviamo. Il principio generale, dunque, è che la Causa Prima, nominata da tutti i kabalisti "ein sof" ha creato il tutto "ex nihilo" e circonda il tutto dall'esterno. In quella parte "eletta", però, l'"eletto dei Padri", chiamato "zeir anpin" si nasconde come una stanza dentro ad un'altra stanza, come un'anima dentro un corpo, dandole vita. Perciò questo eletto zeir anpin regna sopra tutte le creazioni, le governa e le alimenta. Egli è il nostro Dio e noi siamo il suo popolo. Le nostre anime sono la Sua parte. Egli deve essere esaltato con tutte le lodi menzionate nella Torà, che ci è stata data in retaggio e per mezzo della quale tutti i segreti occulti ci vengono svelati".

L'autore continua, poi, a fornire prove dallo Zohar e dai Tikkunim, per le quali tutto il nostro servizio è rivolto a zeir anpin, il "pilastro medio" che congiunge tutto.

Scrive nel nome di Yizhak Luria (2) riguardo al verso "Fidatevi in Dio per sempre, poiché Yah, Ha-Shem è la Rocca Eterna": perciò quando uno dirige la propria intenzione a zeir anpin soltanto, ciò è sufficiente, siccome qui si trova anche arich anpin.

Anche in Etz Haim di Vital è scritto: (3) Moshè disse ad Israele prima di entrare nella Terra Promessa "E voi che siete attaccati al Signore, vostro Dio, tutti voi viventi in questo giorno" — Questo è riferito a "zeir anpin" e "nukvei" ecc.

E ancora nel suo Sefer Ha-Kavanot sui "minhaghim" (usanze) di Luria: Quando pronunci il Tetragramma devi mettere la tua kavanà ( = intenzione) su zeir anpin, nel modo seguente; le prime tre lettere sono per zeir anpin, l'ultima lettera è per malchut e così devi considerare che qui il <97> nome viene completato, ecc. —

In S. Mahberet ha-Kodesh (seder musaf shabat) scrive: Gli angeli di sopra pongono una "corona" su zeir anpin, che è il Signore, nostro Dio (4) ecc.

Anche il Mikdash Melech scrive: (5) Elaha Rabraba (il Grande Dio) può riferirsi solo a zeir anpin, mentre in Hochmà, il suo nome è Haham (il Saggio), ecc. — ma l'ein sof, per la sua grandezza, non ha né nome, né punto entro il quale può essere limitato e qualsiasi preghiera rivolta a lui non è una preghiera; è permesso pensare a lui solo quando si investe dei suoi attributi.

 

1) In S. ha-Brit, Parte 1, ma'amar 20, cap.15, l'autore di Mishnat Hassidim scrive nel S. Yosher Levav.

2) In Likkutei Tanach.

3) Sha'ar ha-clalim.

4) Ibid. p. 40.

5) pag. 12 parole che cominciano Elaha Rabraba.

 

 

23

 

Vediamo chiaramente così che lo Zohar e i suoi commentatori, il Mikdash Melech, Kisei Eliahu, Mishnat Hassidim, Yosher Levav, Matzref Emunà, Etz Haim, S. ha-Kavanot, Mahberet ha-Kodesh, S. ha-Brit, S. ha-Likkutim, Nahalat Yosef nel nome di Luria (per citare solo i principali), affermano che l'ein sof, l'Infinito o la Causa Prima, non deve né essere servito, né essere pregato. Solamente "zeir anpin", l'ultimo aspetto dell'intera emanazione, che, a loro dire, lega insieme tutti i "partzufim" e alimenta tutte le creazioni, deve essere evocato nel momento del bisogno e servito in ogni momento.

L'autore di Kisei Eliahu, comunque, quando pregava, considerava necessario pronunciare, insieme a "zeir anpin" anche gli altri "partzufim" sopra di esso, perché così facendo, veniva esaudito più velocemente (1): "E' necessario, però, "congiungerli" nel modo indicato sopra; quando si prega zeir anpin bisogna pronunciare i nomi dei partzufim superiori, perché c'è <98> bisogno di loro. Se, però, uno non fa così e prega esclusivamente zeir anpin non verrà esaudito così velocemente ... ecc. (conclude con l'affermare) ... che anche se uno prega solo zeir anpin non è che sia danneggiato in ciò, solamente non viene esaudito rapidamente. (2)

Il lettore amante e devoto alla Sacra Torà ed esperto nella Tradizione orale della Mishnà, del Talmud, e dei Midrashim resterà esterrefatto leggendo tali affermazioni. Ancor di più se ha conoscenza del Hovot ha-Levavot di R. Yehudà ha-Levi, di R. Sa'adya Gaon, del Rambam, di R. Eliezer me-Garmiza (Worms), del S. Mitzvot Gadol, del S. Mitzvot Katan, del S. ha-Ikkarim, ed altri, che trattano dell'Unità di Dio, in accordo con la vera Kabalà dei nostri Saggi. Si spaventerà e trasalirà quando leggerà di tale pantheon con tanti dèi, che si sono moltiplicati e prolificati in Israele, a partire dal tredicesimo secolo.

I kabalisti credono in più cause, sistemate gerarchicamente una sopra l'altra. Quando una di esse vuole creare qualcosa deve consigliarsi e prendere permesso dalla causa che la sovrasta direttamente. Lo Zohar spiega chiaramente che ognuna di queste cause (ilot) prende permesso dalla causa (ilà) soprastante; malchut da zeir, zeir da ema, ema da aba, aba da arich, arich da atik, e atik da adam kadmon, che governa tutti i "partzufím di atzilut". Quest'ultimo è l'unico che pronunciò "Ora vedete che Io solo sono Dio e che non v'è altro dio accanto a Me". Questo lo può pronunciare solo adam kadmon, perché non ha bisogno di prendere permesso da adam kidma'a che lo sovrasta. — In tutto l'atto della creazione, il Creatore fu "aba", nominato nello Zohar anche "malkà ila'a" (il Re Superiore), ma, al momento della creazione di Adamo, aba non voleva crearlo, perché sapeva che avrebbe peccato. Ema rispose che il suo peccato sarebbe dipeso da lei soltanto, come è scritto "Un figlio stolto addolora sua madre" ecc.

 

1) p. 26.

2) Anche Yosher Levav, bait 2, heder 3, prk. 7.

 

 

24

 

Questa affermazione è davvero difficile da capire. Perché mai adam kadmon non deve avere permesso da adam kidma'a e da ein sof che sono sopra di lui? Lo <99> Yosher Levav summenzionato sostiene, però, che Ha-Kadosh Baruch-Hu e il Tetragramma, che le nostre labbra sono solite evocare, vanno riferiti a zeir anpin. (1)

Vediamo ciò che scrive il Bereshit Rabbà (2): "Ogni cosa ha generazioni (toledot). Il cielo e la terra hanno generazioni, come è scritto "Queste sono le generazioni del cielo e della terra quando furono creati". I monti hanno generazioni, come è scritto "Prima ancora che sorgessero i monti". La pioggia ha generazioni, come è scritto "Ha la pioggia un padre?" La rugiada ha generazioni, come è scritto "E chi ha creato le gocce di rugiada?". Abbiamo già studiato nella Mishnà: Tutto ciò che ha generazioni, muore, appassisce, perché è oggetto di creazione, ma non così il Creatore. Pertanto, ciò che non ha generazioni non perisce, non appassisce, e non è oggetto di creazione". Questo è un fondamento vero e chiaro.

L'Etz Yosef commenta che "perire" e "appassire" sono due categorie diverse: la prima è una fine assoluta, mentre la seconda avviene quando è ancora in esistenza. Perché tutto ciò che esiste è in uno stato continuo di degrado naturale, se non che Ha-Kadosh Baruch-Hu, nella Sua bontà, rinnova costantemente, ogni giorno l'Atto della Creazione. — "Tutto ciò che non ha generazioni" — non c'è altri all'infuori di Ha-Kadosh Baruch-Hu ecc. Da ciò dobbiamo concludere che, siccome i partzufim menzionati dallo Zohar e dai kabalisti hanno "generazioni", come pure "gravidanze" e "allattamenti", parimenti è del tutto falso e impossibile chiamare aba o qualsiasi altro partzuf Dio o Creatore. Un altro modo per spiegare "tutto ciò che ha generazioni" consiste nel ritenere che c'è una "causa" alla sua esistenza e perciò viene chiamato "possibile esistenza" (siccome non esiste per "necessità assoluta della propria esistenza" che, infatti, si può riferire solo a Dio. Tutto il resto però, fu "voluto" e perciò "messo in esistenza"). Tutto ciò, del resto, che è di "possibile esistenza" ha la possibilità di perdere quell'esistenza. Solo Dio, Benedetto Egli sia, non ha nessun altra causa che Lo precede, poiché Egli soltanto è la Causa Unica di tutte le creazioni (3). Questa spiegazione è sostenuta dal fatto che il Midrash parla delle generazioni dei monti, della pioggia, ecc. Pertanto è del tutto falso chiamare i partzufim Dio o Creatore, dal momento che ciascuno di essi possiede "una causa" che lo precede.

Il "Mishnat Hassidim" (testo kabalista) nella sua interpretazione della Aggadà di Pesah scrive: <100> "Il Signore, nostro Dio, ci fece uscire" questi sono aba ed ema ecc. "E se Ha-Kadosh Baruch-Hu non ci avesse liberato" questo è arich anpin che ha liberato i nostri padri, aba ed ema dall'Egitto, ecc.

Il S. ha-Ghedarim, sul termine "Adam" afferma che i kabalisti chiamano Ha-Kadosh Baruch-Hu "adam kadmon". Non solo, ma chiamano anche ogni "partzuf" col nome di Ha-Shem Tzevaot col Tetragramma, con Adonai, con Ha-Kadosh Baruch-Hu e con tutti gli altri nomi e le altre espressioni che indicano Ha-Shem Baruch-Hu. Chiunque legge le citazioni contenute in questo libro o chiunque ha studiato con intelligenza i loro libri vedrà che è sicuramente cosi.

Inoltre, dicono che aba ed ema, che sono i nostri padri, furono salvati in Egitto da arich anpin dalla mano del faraone (che è la "sitrà ahrà", nominato "el aher" o "altro dio"). Credono infatti nell'esistenza di un "altro dio", in contrasto alla credenza di tutti i Saggi. Aggiungono anche che gli "altri dei" regnavano su zeir anpin e nukve fino a quando non vennero redenti da arich anpin. Per capire quanto siano insignificanti e false queste innovazioni dei nuovi kabalisti, è sufficiente leggere la Ghemarà in Shabbat: Akiba b. Yosef disse: Quando Mosè sali per ricevere la Torà, gli Angeli Servitori dissero davanti a Ha-Kadosh Baruch-Hu "Che cosa fa qui questo essere umano, nato da donna?" Rispose loro "È venuto per ricevere la Torà" (fino a che) ... Dio disse a Mosè "Rispondi loro". E Mosè disse davanti al Signore: "Temo che mi brucino con l'alito delle loro bocche". Egli disse: "Afferra il Trono della Mia Gloria e rispondi loro". Poi, Ha-Kadosh Baruch-Hu stese un raggio della Sua Presenza (Shechinà) su Mosè, che disse: "Padrone dell'Universo, nella Torà che tu consegni, non è forse scritto "Io sono il Signore tuo Dio che vi ha fatto uscire dalla terra d'Egitto". Per cui disse agli Angeli: "Siete forse voi scesi in Egitto? Eravate forse voi schiavi del faraone? Per quale motivo avete bisogno della Torà? ecc.

Per i nuovi kabalisti, invece, anche aba ed ema, zeir anpin e nukve furono schiavi del faraone (la "sitra ahrà"). Il Mishnat Hassidim scrive chiaramente che zeir anpin si trovava in grave pena e in una condizione di "esilio" come un feto nel grembo della madre.

Le loro parole sono contradditorie, perché dicono che zeir anpin è colui che ha dato la Torà ed è colui che pronunciò "Io sono il Signore vostro Dio che vi ha fatto uscire dalla erra d'Egitto". In realtà, arich anpin, che è Ha-Kadosh Baruch-Hu, ha fatto uscire i nostri padri, cioè aba ed ema, mentre zeir anpin era <101> sofferente in esilio.

Né tanto meno possono controbattere all'affermazione dei Saggi che "quando sono andati in esilio nella terra d'Egitto, la Shechinà li accompagnò"; come è scritto "Per voi fui mandato in Babilonia", ecc. Né tanto meno all'affermazione che Ha-Kadosh Baruch-Hu per così dire, si rattrista quando Israele si trova in difficoltà come è scritto "Io sono con lui nelle avversità". Tutto ciò può essere inteso dal senso di questo verso "poiché non desidero la morte del perituro, bensì che il peccatore si penta delle sue azioni inique, affinché viva".

Anche l'Eterno, per così dire, deve mantenere la Sua promessa verso di noi in esilio, come è scritto "pur trovandosi nella terra dei loro nemici non li ho presi in odio e disprezzati sì da distruggerli completamente" ecc. Dal momento che la Sua Provvidenza ci protegge anche nell'esilio in modo che i nostri nemici non possano mai annientarci.

 

1) Non ho riportato qui il Mazref Emunà, sebbene sia in totale accordo con questa opinione. E pensare che voi avete denunciato questo testo come eretico (kofer)! Questo è dovuto alla vostra ignoranza in materia, dal momento che siete in palese errore.

2) Parashà 12, riportato yalkut, remez 18.

3) Rambam, Hilchot yesodei ha-Torà, il 4° principio per cui bisogna credere che l'Uno è il Primo Assoluto e che tratta l'altra esistenza non è Primo. Due dei nostri antenati, R. Hitar e R. Zacharia ha-Rofè scrissero a proposito: il Primo (kadmon) è colui che non ha inizio; mentre ciò che è pervenuto in esistenza (mehudash) ha un suo inizio. Il Primo non è pervenuto in esistenza da un altro, mentre il "mehudash" fu creato e posto in esistenza da un altro, in tal modo viene spiegato che Dio è il Primo Assoluto.

 

25

 

È ben nota la severità dei Saggi verso colui che dice "modim, modim" ("ringraziamo, ringraziamo") oppure "Shemà, Shemà". Tale persona viene fatta tacere (1).

Tutti i commentatori spiegano che il motivo di tale severità è da ricercarsi nel fatto che si potrebbe dedurre che esistano due poteri oppure si potrebbe credere a due distinte divinità. In Berachot (14, 2) è scritto: Avvenne che un individuo stava pregando alla presenza di Rabà, <102> che lo sentì pronunciare "emet, emet" (verità, verità). Disse Rabà: "Chiunque dica "emet, emet" deve essere zittito". E in "Ain Ya'akov" spiega il motivo: "Nello stesso modo in cui non si può pronunciare "ehad, ehad" (Uno, Uno), perché sembra volere indicare più unità, allo stesso modo non si deve pronunciare "emet, emet" dato che la Verità è una soltanto". Comprendiamo così la spiegazione di Rabà, che sostiene che "il suo grande fervore (di chi pronuncia due volte "emet") nell'affermare la verità lo ha fatto agire. Egli crede di rafforzare le sue parole pronunciando la verità di Ha-Shem Baruch-Hu con tale aggiunta, ma, in realtà, la sminuisce. (2)

Abbiamo così visto come i Saggi fossero scrupolosi verso le parole che potevno far pensare a due regni (reshuiot) (3). A maggior ragione dobbiamo combattere le affermazioni dello Zohar, come quella che abbiamo citato "Dio regna, Dio regnò, Dio regnerà in eterno" e cioè "Dio regna" di sopra, (arich anpin), "Dio regnò" nel mezzo, (aba ed ema), "Dio regnerà" di sotto (zeir anpin e nukve). Questo significa che quando uno dice "Dio regna", riconosce il regno di arich anpin; quando dice "Dio regnò" riconosce il regno di aba ed ema e quando dice "Dio regnerà in eterno" riconosce il regno di zeir anpin e nukve.

Ebbene, c'è forse una credenza in molti "regni" maggiore di questa? E dal momento che riconosce il regno di questi tre re quando pronuncia il succitato verso, come poi può mentire a se stesso quando pronuncia "Avinu Malkenu" "Padre nostro, Re nostro, non abbiamo altro Re all'infuori di Te"?! In verità, ha già coronato tre re. Chi dei tre incoronerà, lasciando gli altri senza regno?

L'autore di S.ha-Ikarim, aveva ragione quando avvertì che non bisogna studiare lo Zohar e tutti gli altri libri della kabalà(4) : "Questa è una regola generale: siate estremamente guardinghi e attenti a non cadere nelle loro trappole e a non rimanere impigliati nei lacci da loro tesi, perché essi hanno abbandonato la retta via per inoltrarsi in sentieri bui, senza rendersi conto di brancolare nel buio. Tali sono coloro che studiano la kabalà per propria decisione; ciò non va riferito, però, a chi riceve la Kabalà vera direttamente da un Hacham, che, a sua volta, l'ha già ricevuta".

Pertanto, chi ama Ha-Shem e aderisce alla Torà ed alla Tradizione Orale, che venne tramandata nella Mishnà e nel Talmud, si terrà ben lontano da questa nuova kabalà e non sarà preda di questa tentazione; così facendo, non devierà dalla vera fede, purificata sette volte tanto dai Tanaim, Amoraim e Poskim. <103>

 

1) Berachot, cap. Ein omdim, cap. Ha-korè 25.

2) Vedi anche Succà, cap. Ha-halil.

3) Così anche i Poskim proibirono la ripetizione della parola "Shemà" o "Modim" appunto perché sembrano riferiti a due "reshuiot".

4) Ma'amar, 2, fine cap. 28.

 

26

 

Il lettore che ha studiato qualcosa dello Zohar e dei testi kabalisti sa che le "sefirot" e i "partzufim" ivi citati originano prima della creazione del cielo e della terra e di ciò che vi è in essa. Come spiega Vital in "sha'ar shevirat ha-kelim" (la rottura dei recipienti) nel suo Etz Haim (cap. 83): "Ora spiegherò l'ordine dei "re", cominciando da da'at (sapienza). Quando il recipiente non fu più in grado di contenerla, si infranse e scese nel mondo di "berià" (creazione). Questo significa che scese nel luogo in cui poi venne creato il mondo di "berià", che non era stato ancora formato. Questo recipiente, pertanto, cadde laddove, in seguito, si sarebbe formato la sapienza di berià".

Da ciò deduciamo che l'errore dei nuovi kabalisti consiste nell'aver cercato spiegazioni su "ciò che è al di sopra, ciò che è al di sotto, ciò che è prima e ciò che è dopo" (o ciò che è dentro e ciò che è dietro). Nei due Talmud, comunque, come pure nel Midrash Rabbà, in Tanhuma, ecc., si proibiscono tali speculazioni. E in Haghigà è scritto (1): "Chiedete, dunque, sui primi giorni". Avrei potuto pensare che si possa chiedere su ciò che era prima della creazione del mondo, ma il verso indica "dal giorno che Dio creò l'uomo sulla terra": ancora avrei potuto pensare che uno non può chiedere sui sei giorni della creazione, ma il verso ci indica "chiedete, dunque, sui primi giorni"; avrei potuto pensare che si può chiedere su ciò che è di sopra, ciò che è di sotto, ciò che è prima, ciò che è dopo", ma il verso ci indica "da un'estremità dei cieli all'altra", Ciò significa che da un'estremità dei cieli all'altra puoi chiedere, ma non puoi indagare su ciò che è di sopra, ciò che è di sotto, ciò che è stato prima e ciò che sarà".

Nel suo commento alle Hagadot, il Mahareshà riporta la storia di R. Elazar al quale R. Yohanan disse: "Vieni e ti insegnerò "Ma-asè Merkavà" (I Misteri<104> del carro). Rispose: "Non sono abbastanza anziano". Quando invecchiò, R. Assì gli disse: "Vieni e ti insegnerò Ma'asè Merkavà". Rispose: "Se l'avessi meritato lo avrei studiato da R. Yohanan, il tuo maestro"; in questo modo si astenne dallo studiare questo argomento, sia in gioventù che in vecchiaia.

Il Mahareshà, ad locum, è sensibile al fatto che la nuova kabalà tratta del Ma'asè Merkavà, mentre questo argomento dovrebbe rimanere celato e non dovrebbe essere insegnato pubblicamente. Io, invece, sostengo che è proibito, in qualsiasi modo, sia studiarlo per sé che insegnarlo in pubblico, perché, a tale riguardo, i Saggi non hanno mai permesso, neppure ad un Haham, in grado di capire dai "rashè prakim", di oltrepassare la questione di "Hashmal". Su Ma'asè Merkavà è vietato persino parlare. Tale è la Kabalà dei Saggi e tale il loro avvertimento e chiunque trasgredisce le parole dei Saggi è colpevole.

I nuovi kabalisti hanno sbagliato troppo su questo punto e, volgarmente, hanno creduto nelle proprie opinioni e sensazioni, speculando su questioni e argomenti che, in verità, i Saggi avevano vietato di trattare. Pertanto i loro stolti cuori si sono creati la falsa idea che, avvicinandosi il tempo della Redenzione (Gheulà), tale proibizione non fosse più valida e fosse così permesso insegnare ciò che, in origine, era proibito (2). Perché non hanno preso in considerazione l'avvertimento dei Saggi, per il quale "tutte le halachot" della legge orale non si invalidano mai? (3) Il non aver considerato le parole dei Saggi li ha fatti cadere in errore e ha fatto loro credere che esistano più entità emanate da Dio e associate ad Ha-Kadosh Baruch-Hu e, così facendo, hanno violato il principio di R. Shimon b. Yohai, che ammoniva "chiunque associa a Dio qualsiasi altra cosa viene estirpato dal mondo".

Alla fine del trattato Pesahim leggiamo: "A cosa si riferisce il verso "Le-mechasè atik" (4) (l'indumento scelto)? Si riferisce a colui che copre (tiene segrete) le parole che l'Antico dei Giorni ha tenuto occultate; e quali sono? Sono i segreti della Torà. (Rashi: i Misteri del Carro, i Misteri della Creazione); altri interpretano: è colui che rivela ciò che l'Antico dei Giorni ha tenuto celato; e cosa è stato rivelato? I motivi (te'amim) della Torà".

Ciò significa che chiunque rivela Ma'ase Merkavà non meriterà quella bontà nascosta che spetta ai Giusti. Peggio ancora se egli rivela ciò che è sopra al Ma'asè Merkavà, dal momento che di tali segreti è proibito persino parlare. Fu permesso rivelare soltanto i motivi della Torà, mentre fu proibito svelare e insegnare pubblicamente i segreti della Torà. È proibito insegnarli         <105> nel Beit-Midrash persino ai Talmidè Hachamim. Quanto di più alle masse che non hanno sapienza e comprensione di tali argomenti! Poiché sicuramente essi si formeranno delle false credenze e colmeranno i loro pensieri con tante divinità, come abbiamo avuto modo di vedere coi nostri occhi.

È altresì profano pensare che il Tanai R. Shimon b. Yohai abbia trasgredito a questa restrizione, parlando di Ma'asè Merkavà su ciò che precedette l'Atto della Creazione (Ma'asè Bereshit). Né qualsiasi altro Tanai o Amorai avrebbe mai detto che Dio gli si rivelò e gli diede il permesso di insegnare ciò che è proibito. Questo sarebbe stato considerato, senza ombra di dubbio, "falsa profezia" e la pena a tal riguardo è la morte per strangolamento. (5)

 

1) Cap. "Ein dorshim".

2) Come la decisione legale (psak), presa da R. Izhak Daltash, stampata all'inizio dello Zohar. Questo è uno sbaglio che ha fatto contrapponendo l'halachà dello Zohar a Mishnà, Talmud e Poskim; non ci si può basare assolutamente su tale psak.

3) Come scrive Rambam, alla fine di "Hilchot Meghilà".

4) Isaia 23:18 — La Ghemarà riferisce qui "Atik" (letteralmente vecchio e perciò scelto o copertura scelta) ad "Atik Yomin" nelle visioni di Daniele (capitoli 7 e 8), l'Antico dei Giorni è interpretato "Mechasè" (letteralmente copritore) come un indumento.

5) Come Rambam, introduzione a "Seder Zeraim"; un profeta non apportare delle innovazioni.

 

 

27

 

Haim Vital, invece, nel suo Etz Haim, osò trattare ed insegnare ciò che era "in origine" e di spiegare i suoi "rashei prakim". Tentò così di spiegare il motivo per il quale il mondo fu creato nel suo momento e non prima, scrivendo: "prima della creazione del mondo, Dio si occupò di creare i "mondi superiori"; ma non ebbe il tempo sufficiente per concluderli per cui arrivò il momento di creare questo mondo".

Dio, dunque, non aveva il "tempo libero" per creare questo mondo, perché era tutto preso a creare i mondi superiori e ciò certamente richiese parecchio tempo! Vital non era cero a conoscenza di ciò che il Rambam, alav ha shalom, scrisse alla fine del capitolo quindicesimo del Morè Nevuhim: "Se volessi dire, per esempio, che Dio aveva creato molti mondi prima <106> di questo mondo ... e che ciascun mondo era rimasto in esistenza per molti anni, tuttavia, quando paragoni questo evento con la Sua esistenza, che è infinita (mentre i mondi creati sono limitati), potresti pensare che Dio abbia creato il mondo ieri. Ma una volta che abbiamo stabilito che il principio di esistenza avviene "ex nihilo" non c'è differenza se parli di centinaia e migliaia di anni oppure se parli di un tempo recente".

Ma il testo kabilistico "Oz I'Elohim" ha osato esprimersi in questi termini (1) "Dal tempo che "Malka Kadisha" iniziò ad esistere, Egli creò i mondi. Perciò ha risolto il problema del perché li creò adesso e non prima, perché appunto li creò dopo che iniziò ad esistere". —

Da queste parole uno deve concludere che il Creatore è soltanto cinque giorni più anziano del primo uomo! Dio ci liberi da tutte queste assurde farneticazioni!

Mahary Zahary nel nome di R. Saadya Gaon ha spiegato (2): "Anche se tu vedi che i cieli sono estremamente immensi nelle loro dimensioni (come è stato provato dai Maestri della geometria piana per i cieli e la terra), tuttavia, non pensare che fu richiesto molto tempo per crearli, "poiché Io li chiamo ed essi si formano". Questo significa che l'atto della creazione avvenne nell'unità di tempo più breve possibile, senza fatica e senza peso, senza sforzo alcuno, come è scritto "Egli non si stanca, né si indebolisce e non v'è limite alla sua comprensione". (3)

In Bereshit Rabà (4), i Saggi chiesero quando vennero creati gli Angeli: "R. Yohanan disse: "Nel secondo giorno" (della creazione) come è scritto "Egli raffredda con acqua le camere superiori" e subito dopo "E rende i Suoi Angeli venti". R. Hanina disse: "Nel quinto giorno furono creati" come è scritto "E i volatili voleranno (ye-ofef) sulla Terra" e così anche "E con due ali ha volato (ye-ofef, riferendosi all'angelo)" — R. Luliani nel nome di R. Yitzhak disse "Che sia valida l'opinione di R. Yohanan o quella di R. Hanina, tuttavia, entrambi sono d'accordo sul fatto che gli Angeli non vennero creati nel primo giorno, affinché nesuno sostenga che l'Angelo Michael stava stendendo la parte meridionale del firmamento, l'Angelo Gabriel quella settentrionale e Ha-Kadosh Baruch-Hu la stendeva al centro, bensì è scritto "Io sono il Dio che opera il tutto, Io solo stendo i cieli e stendo la terra, Io soltanto". Ed è scritto altresì "Mi-itì" (chi è con Me?), cioè, nessuno partecipò con Me all'atto della creazione del mondo (5).

In Yalkut Tilim, sul verso "E fu sera, e fu mattina. Un giorno" (6), spiega: <107> "Il giorno del suo essere Unico nel mondo, perché non esisteva alcun altro nel mondo, all'infuori dell'Onnipotente, come è detto "Tu sei il Signore, Dio, Tu soltanto". Altra spiegazione fornita: — "Poiché Tu sei grande e fai miracoli" (7) — È consuetudine nel mondo che un re di carne e d'ossa venga onorato nel suo paese con i suoi dignitari, dal momento che anch'essi condividono con il re l'ònere del regno. Non così Ha-Kadosh Baruch-Hu, poiché Egli da solo creò il mondo, Egli solamente viene onorato nel Suo mondo ed Egli solamente viene esaltato e lodato nel mondo. R. Tanhuma disse: "Poiché Tu Sei Grande e fai miracoli" questo perché "Tu Sei Dio, Tu soltanto e Tu soltanto hai creato il mondo" (8). —

 

1) Beit Kodesh Kodashim, cap. 31, pg. 67 — "se non ti soddisfa la risposta del Behira (commento), vi risponderemo che dal tempo ...".

2) Bereshit — 7° argomento.

3) Isaia, 40, 28.

4) Cap. 1 e cap. 3, anche Yalkut Bereshit remez 5.

5) Similmente Rashi in cap. "Yom Tov shel Rosh ha-Shanà" scrive che gli Angeli furono creati nel secondo giorno, concordando con l'opinione di R. Yohanan. Anche S. Mizvot Gadol, introduzione ai precetti positivi segue l'opinione di R. Yohanan.

6) "yom ehad" e non "yom rishon" (il primo giorno). N. del tr.

7) Salmo 85, 10.

8) Ho visto che "Melamed ha-Talmidim", parashà Yitrò, sostiene che gli Angeli furono creati prima del cielo e della terra, ma questa è la sua opinione personale (riportata in Menorat ha-Maor, cap. 93), è non in consonanza con quella dei Hachamim. In ogni caso, non dobbiamo tirar per le lunghe una discussione su di una Aggadah che non ha un'applicazione pratica. Il nostro scopo, in questo libro, consiste nello spiegare la vera essenza dello Yihud-Ha-Shem, in accordo con la Santa Torà e con la Kabalà dei Saggi, affinché uno possa avere la giusta conoscenza di ciò che proclama due volte al giorno e cioè "Ascolta Israele, l'Eterno è il nostro Dio, l'Eterno è Uno". E il Signore mi aiuti ad esaudire questa aspirazione.

 

 

28

 

Questa, prezioso lettore, è la vera Fede tramandata dai Saggi, che a loro volta la ricevettero in origine da Mosè, per la quale Ha-Shem Baruch-Hu è la Causa Prima. Egli solo creò il tutto senza essere aiutato da creazione alcuna. Contro questa verità va l'autore filosofico dello Zohar, che crede che una moltitudine di cause, loro stesse oggetti di creazione, si aiutino a vicenda nella        <108> creazione, ognuna prendendo permesso dalla causa che la sovrasta. Così sarebbe possibile affermare che Atik stende il firmamento nel Sud, Arich Anpin, lo stende al Nord, Aba all'Est, Ema all'Ovest, Zeir Anpin e Nukve agli angoli e Adam Kadmon, il più grande di tutti, lo stende al centro. Esattamente come un re umano che viene onorato con i suoi dignitari affinché anch'essi ne condividano l'ònere! Così si sono espressi il falso profeta dello Zohar e il resto dei kabalisti, a riguardo dell'onore al Nostro Padre in Cielo, in modo che tutti i partzufim da loro inventati, vengano onorati insieme a Lui! Così adam kadmon, il maggiore tra loro, è onorato per aver detto "Vedete, ora, che Io sono Dio, Io sono colui che fa morire e fa rivivere" ecc. (non avendo altra causa dalla quale prendere permesso). Aba viene onorato per aver detto "Sia la luce" e "Si raccolgano le acque" ecc. Ema viene onorata per aver detto "Facciamo l'uomo". Atik viene onorato per aver detto "Entro i suoi anni Egli lo fa vivere" (1). Zeir Anpin ha il grande onore per aver detto "Io sono il Signore, tuo Dio che ti ha fatto uscire dalla terra d'Egitto" (2). E, infine, Malchut non è privata del suo onore, poiché ha detto "Queste sono le "forze" (-elohim) che hanno percosso l'Egitto". A dir loro, fu Malchut, con l'aiuto di Binà (Ema) che riversò sugli Egiziani le piaghe.

E stato sufficientemente espresso come i kabalisti, lodando i partzufim con l'onore dovuto al Re dell'Universo, pensino che questi debbano condividerne anche l'onere, Dio ci salvi e liberi da questa falsa credenza!

 

1) Spiegato nel Iorat Na'asé che si riferisce ad atika kadisha.

2) Sefer ha-brit; vedi Nahalat Yosef p. 61-62.

 

 

29

 

Conosci già, prezioso lettore, ciò che i Saggi dissero in Haghigà: R. Yehuda nel nome di Rav disse: Ricordate quell'uomo con buon ricordo, il cui nome è Hananyà b. Hizkiyà, perché se non fosse stato per lui, il libro di Ezechiele sarebbe stato occultato dal momento che le sue parole contraddicevano quelle della Torà. Cosa fece? Si fece portare trecento ampolle di olio, si appartò nel suo abbaino e lo studiò (il libro). Rashi: "contraddicono quelle della Torà" ad esempio "Il cadavere di un <109> animale ed un animale impuro non devono essere mangiati dai Sacerdoti" potevano dunque essere mangiati da Israele? oppure, "Così farete nel settimo giorno del mese" ecc. dove troviamo tale sacrificio menzionato nella Torà? Dobbiamo interpretare questi versi, invece, come furono interpretati in Menahot, che siccome la "melikà" (distacco della testa per mezzo di un'incisione nella nuca) di un uccello fu permesso ai Sacerdoti nel caso di un sacrificio espiatorio (hattat), fu necessario così ammonirli a non usare la "melikà" per le macellazioni profane, ecc.

Giudicate da ciò. Ezechiele fu considerato vero Profeta. Egli aveva già visto la resurrezione dei morti nella vallata di Dora. Il suo libro è incluso nelle Sacre Scritture e si fa obbligo salvarlo dal fuoco anche di Sabato. Nonostante tutto ciò, i Hachamim cercarono di "occultarlo" perché alcune parole sembravano contraddire la Torà, in merito ad una proibizione (1). A maggior ragione si deve fare con lo Zohar, che, in modo palese, contraddice la Torà scritta e la Tradizione orale per ciò che riguarda una proibizione concernente l'idolatria, punibile con la lapidazione e l'espiazione! Non solo, ma si fa beffa della Mishnà e del Talmud laddove li definisce "kelipà" e "sela ah'ra".

In verità, è proibito leggere lo Zohar, dal momento che ci sono Hachamim e uomini di sapienza che hanno già smascherato la sua fraudolenza e il suo inganno e che sanno bene che la dottrina filosofica contenuta contraddice quella della Torà, dei Saggi, dei Gaonim e dei Poskim.

 

1) Vedi anche cap. ba-me-Madlikin, come i Saggi cercarono di occultare Kohelet per lo stesso motivo e usavano leggere solo i Proverbi. Shir ha-Shirim (il Cantico dei Cantici) e Kohelet (Ecclesiaste) furono infatti esclusi fino a quando gli Uomini della Grande Assemblea non li spiegarono e canonizzarono.

 

 

30

 

Meditate bene le parole di R. Tam ibn Yehia, già citata (1), per le quali la "Mishnà ed il Talmud sono la vera Kabalà, concordati in ogni senso". Questo significa che non ci sono dubbi al riguardo. <110>

La nuova kabalà, invece, non è degna d'affidamento per qualsiasi "din" o "halachà" e, quanto di più, per ciò che tratta l'Unità di Dio Onnipotente. Come spiega Rambam, la domanda presente nella Mishnà "perché lo Shemà precede ve-haià im shamoa?": Perché lo "Shemà" contiene il comandamento dell'Yihud ha-Shem, insieme all'Amore per Ha Shem e allo studio della Torà. Questo Yihud ha-Shem è il Grande Principio sul quale tutto si basa. Ho già spiegato, in precedenza, in che modo i Saggi fossero severi verso una qualsiasi parola che potesse essere intesa come due poteri regnanti separati, a tal punto che costrinsero il fedele a stare zitto. E così a cosa gioverà se uno esprime che tutto è uno, dopo aver già espresso e considerato molte cause, una sopra l'altra? È come se fossimo comandati a pronunciare Uno con le nostre labbra, mentre coi nostri cuori considerassimo più dei. Osserviamo, a tal proposito, quanto scrive la Grande Aquila, il Rambam, nel suo Morè Nevuhim (2): "Sappi, pertanto, che la fede (emunà) non è ciò che viene espresso a parole, ma ciò che viene concepito nell'anima (ha-mezuiar ba-nefesh), cioè quello che uno crede di aver veramente concepito. È sufficiente considerare la persona che parla di opinioni vere o da lui ritenute tali, senza per questo credere in ciò che dice, per capire che questa è una cosa vana. Così, infatti, troverai molte persone stolte, che hanno delle convinzioni, senza per questo poter dedurre da esse concezione alcuna ... se, invece, il tuo cuore aspira ad elevarsi ad un livello superiore, nominato il "livello di meditazione" (iyún)(3), potrai constatare in te che Ha-Shem, Benedetto il Suo Nome in eterno, è Uno e tale la sua vera Unità, per la quale non esiste alcun elemento correlato e non esiste assolutamente nel tuo pensiero un concetto di suddivisione; devi sapere che Dio non possiede alcuna qualità descrittiva, né forma qualsiasi. Così come è impossibile che Egli sia materiale, così è impossibile che Egli abbia qualsiasi attributo umano ... pertanto, se una persona crede che Egli è Uno ma che possiede qualità descrittive (4), a parole ha detto uno, ma nel suo pensiero ne concepisce molte. Così è per i Cristiani, per i quali Egli è Uno ma anche Trino e Trino è Uno. Così è per la persona che afferma che Egli è Uno, ma possiede molte qualità per cui Egli e le sue qualità sono un tutt'uno, se solo togliamo il senso materiale e crediamo nella sua semplicità assoluta (5); come se il nostro scopo e la nostra intenzione fossero ciò che dobbiamo dire a parole e non già ciò che dobbiamo credere. Esiste, infatti, una sola forma di vera fede quella che è simile a quella concepita dall'intelletto; se,<111> dunque, il fedele possiede una tale fede che sarà impossibile cambiare in qualsiasi modo, non esisterà nel suo intelletto una ragione che la rifiuti o la stimi tale da poter essere cambiata, solo così e a queste condizioni sarà una fede vera ... Quando ci si spoglia dai desideri fisici e dalle aspirazioni comuni e si arriva alla comprensione, per mezzo della meditazione (iyun) (ciò che verrà trattato nei capitoli seguenti) che riesce ad eliminare tutti gli attributi descrittivi, a quel punto la verità verrà fuori per forza e si sarà in grado di concepire lo Yihud ha-Shem, non come chi lo pronuncia con la sua bocca senza capirne il vero significato. Di costui è scritto "Tu sei vicino alle loro bocche ma lontano dai loro lombi (intenzioni)". Uno deve invece concepire la Verità e capirla anche se non ne parla. Poiché così hanno comandato i Distinti col verso "Pronunciatelo nei vostri cuori sui vostri letti e zittite. Sela".

 

1) Vedi qui cap. 10.

2) cap. 50, della prima edizione del Morè Nevuhim.

3) A meditazione interiore oppure visione chiara di un concetto.

4) o attributo.

5) Spogliato di tutti gli attributi.

 

 

31

 

Da ciò possiamo dedurre che tutti i nuovi kabalisti sono in errore, poiché concepiscono e descrivono Ha-Shem con innumerevoli forme, attributi, linee, aspetti, ognuno diverso dall'altro, uno superiore, uno inferiore e così via. Tutto ciò malgrado la Kabalà dei Saggi, secondo la quale è severamente proibito fare tali speculazioni o immaginare simili fantasticherie, riguardanti ciò che è sopra, sotto, dentro e dietro. Quegli stolti affermano che in principio Dio riempì il vuoto dell'Universo. Poi si contrasse e si restrinse intorno ai lati e mutò forme per dare posto e spazio in ogni mondo.

Così scrive Vital (1) : "Dopo la contrazione viene a crearsi uno spazio vuoto e un aere nel mezzo della luce dell'Infinito (ein sof), che dà vita alle <112> emanazioni, creazioni, formazioni e materializzazioni. Poi, dalla luce dell'Ein Sof, una linea retta (kav), dalla luce della propria sfera esteriore (igul), si espande verso il basso, discendendo fino all'interno dello spazio vuoto. Il punto più elevato di quella linea deriva quindi dall'Ein Sof e lo tocca, mentre la parte terminale della linea ne rimane staccata e non tocca l'Ein Sof nella sua parte inferiore. Ed è in questo margine che Egli si emanò, creò, formò e realizzò tutti i mondi. Questa linea di luce può essere paragonata ad un sottile tubo, attraverso il quale le acque della luce superiore dell'Ein Sof vengono fatte discendere su tutti i mondi. E, secondo l'indagine dei kabalisti, esiste un inizio ed una fine alle Sefirot. Questo perché la parte più alta della linea tocca la luce dell'Ein Sof dal di sopra, mentre la parte terminale della linea non si espande laddove l'Ein Sof circonda i mondi inferiori. Perciò possiamo dire che c'è una testa, un'inizio (rosh) ed una fine (sof). Ma se le due estremità avessero ricevuto entrambe la loro influenza dall'Ein Sof, allora sarebbero state nella categoria di "testa", equivalendosi tra loro; similmente, se l'Ein Sof si fosse esteso ai lati di quello spazio vuoto, non ci sarebbe stato né sopra, né sotto, né dentro, né dietro né i quattro punti cardinali. Siccome però la luce dell'ein sof è fatta discendere tramite una linea ed un sottile tubo, esiste, allora, sopra, sotto, dentro, dietro, a nord, a sud, ad est ad ovest (2). La luce dell'Ein Sof scende sotto la forma di una linea retta entro il vuoto (halal) che si espande di sotto molto lentamente e diventa come una sfera tutt'intorno. Questa sfera non è però legata all'Ein Sof che la circonda da tutti i lati, perché se lo fosse, tornerebbe al suo stato originale e verrebbe annullata dalla luce dell'Ein Sof stesso. Il suo potere non sarebbe riconoscibile e rimarrebbe soltanto la luce dell'Ein Sof come era in origine (3). Cosicché questa sfera è vicina all'ein sof ma ne è staccata, dato che l'emanazione dall'Ein Sof avviene esclusivamente tramite la linea retta. L'Ein Sof circonda la sfera ad una distanza pari da tutti i lati. È uno stato necessario che la luce dell'Ein Sof, che risplende nelle emanazioni, si realizzi esclusivamente tramite la linea, perché se la luce fosse stata fatta discendere anche nella sfera, le emanazioni sarebbero nella categoria dell'Emanatore, illimitate e immisurabili. D'altra parte, la linea è estremamente fine, cosicché la luce che penetra nell'emanazione è limitata. Per questo motivo, le emanazioni vengono chiamate le dieci "midot" (4) oppure le dieci "sefirot" (5) poiché hanno una misura e un numero fisso. Così, la prima sfera (igul), che è più aderente all'Ein Sof, prende il nome <113> di "keter" (corona) di adam kadmon. Dopo questa, la linea scende per un altro tratto, diventa nuovamente circolare e questa sfera si compenetra in quella precedente. Questa è la sfera della "hohmà" (saggezza) di adam kadmon. La linea continua a scendere, diventa circolare e il terzo "igul" che si compenetra nel secondo, viene nominato binà (comprensione) di adam kadmon. Ciò continua fino alla decima sfera, quelao di malhut (regno) di adam kadmon, ecc; è stato spiegato come esistano molti tipi di mondi emanati, creati, formati e realizzati; tutti questi mondi, migliaia di migliaia, sono posizionati in quel vuoto, che nulla ha al suo esterno. Ogni mondo ha le sue dieci "sefirot", ed ogni "sefirà" ha, a sua volta, dieci sefirot individuali in esso incluse.

Ora spiegheremo la seconda categoria delle dieci sefirot, quella di Yosher, che si presenta nella sembianza di un'"uomo superiore" (adam elion). La stessa linea, che si era espansa per dare forma alle sfere, assume poi una direzione diritta (yosher), dall'alto verso il basso, dalla "testa del tetto superiore" del cerchio superiore, fino al punto di chiusura in basso del termine di compenetrazione delle dieci sfere. Ciò consiste di dieci sefirot appartenenti al segreto di "immagine" (tzelem) di un uomo eretto con 248 membra, ecc. È questa seconda categoria che viene chiamata "l'immagine di Dio" e alla quale il verso allude quando dice "E Dio creò l'uomo a Sua immagine". Quasi tutte le parole dello Zohar e dei Tikkunim trattano questa categoria di "yosher".

Similmente Vital spiega (6) come le dieci sefirot del mondo di atzilut non siano né le prime, né le più elevate, ma che sono state precedute da altri mondi di emanazione, creazione, formazione e materializzazione. Data però la loro grande segretezza, lo Zohar e i Tikkunim non ne vollero parlare, se non con qualche nascosta allusione. Vital spiega altresì il livello al quale arrivano i "piedi" di adam kadmon, di atik yomin, di arich anpin, di aba e di ema, di zeir anpin e di nukve; egli definisce aba ed ema "corti": la misura della loro statura va dalla gola all'ombelico di arich anpin (7).

 

1) Etz Haim, sha'ar igulim va-yosher, anaf 2.

2) Le sue parole non hanno senso. Forse ha giustificato un inizio e una fine ma non in che modo dentro, dietro e i quattro punti cardinali siano da esso derivati.

3) Sembra una contraddizione alle parole seguenti, per le quali questa luce circondante fa da indumento alle sefirot. Perché allora non aderisce alle sefirot stesse? Caso nel quale esse, con i loro indumenti, diventerebbero una cosa sola e il recipiente verrebbe annullato e la luce interiore e quella esteriore verrebbero mescolate del tutto.

4) Attribuiti, lett. qualità misurate. <114>

5) Interpreta "sefirà" da "mispar" (numero).

6) Anaf 3, 4.

7) Spiegato similmente in sh'aar hakdamot in Kisei Eliahu e Mikdash Melech, parashat Bereshit.

 

 

32

 

Da tutto ciò è chiaramente spiegato in che modo le sefirot scesero e si emanarono dall'Ein Sof tramite una linea sottile (kav dak). E così anche per i livelli circolari (igulim) ed i livelli diretti (yosher). Secondo questa concezione, il corpo delle sefirot, parimenti alla luce interna che è presente nella loro essenza e alla luce esterna che le riveste, proviene da un unico Ente, l'Ein Sof che si espande e discende. Come il Shushan Sodot esprime chiaramente (1) : "Sappiate che le dieci sefirot non sono oggetto di creazione, bensì si sono emanate dall'Essenza del Creatore e non sono da Lui separate, poiché Egli si trova sempre in esse; similmente alla lumaca la cui corazza fa parte del suo corpo, ecc. —

Ed il Ramaz scrive (2): "I recipienti di atzilut sono nella categoria di divinità (elohut)".

E il Mishnat Hassidim (3): "L'intera atzilut, sia nelle sue luci che nei suoi recipienti e indumenti si trova nella categoria di divinità assoluta (elohut gamur), mentre i mondi di beriyà, yetzirà e assiyà dal livello del loro ruah (spirito, binà — discernimento) non sono nella categoria di divinità assoluta".

Precedentemente (4), ho riportato la citazione dello Zohar che spiega come ciascuno dei partzufim venga nominato la Causa delle Cause (il'at ha-il'ot), giacché ognuno è la causa delle cause sottostanti; mentre adam kadmon è nominato la causa di tutte le cause, poiché egli è la prima causa di tutti i partzufim, ecc.

Ecco dunque la risposta alle vostre parole, con le quali avete negato la verità, scrivendo "Dio ci salvi che i kabalisti abbiano detto così! Al contrario, <115> essi hanno detto che uno non deve né credere né pensare che le sefirot siano parte dell'Ein Sof, Benedetto Egli sia, essendosi evolute da causa a causa, ecc.". Ma, ecco, le vostre parole sono in palese contraddizione con lo Zohar, con Haim Vital, con Shushan Sodot, con Ramaz, col Mishnat Hassidim, che spiegano come le sefirot si siano emanate dall'Ein Sof e siano di natura divina. Persino voi concordate che tali parole siano blasfeme. Ho anche mostrato prima in che modo lo Zohar chiama aba ed ema il Dio delle Schiere (ha-Shem Tzevaot), mentre zeir anpin è figlio di aba ed ema. Esso spiega come il servizio e la preghiera vadano dirette a zeir anpin. Tutti i kabalisti sono d'accordo su ciò (5) e affermano che tutte le lodi e le benedizioni vanno dirette esclusivamente a zeir anpin. Non già all'ein sof o ad altri partzufim sopra a zeir anpin nel mondo di atzilut, nè tanto meno ai partzufim sotto di esso nei mondi di beriyà, yetzirà e assiyà. Ed anche quando affermano che ciascuno di questi mondi contiene tutti i partzufim, che sono nel mondo di atzilut, poiché furono creati dalla stessa materia, cioè dall'essenza dell'ein sof (dalla quale furono fatti scendere ed evolvere attraverso una linea sottile), ciò nonostante, essi non sono "elohut gamur", tali cioè da essere pregati e invocati nel momento del bisogno. Fu a proposito di tale credenza che i Saggi così si espressero in Sanhedrin (6): "Dagli dèi delle nazioni che vi circondano, quelli vicini a voi e quelli lontani". (domanda la Ghemarà):"Che differenza fa se sono vicini o lontani?" (risposta): Dalla natura di quelli che sono vicini puoi comprendere la natura di quelli che sono lontani. Con ciò i Saggi hanno insegnato un metodo per discernere le immagini degli idolatri : ossia, dalle caratteristiche di quelli che sono vicini si possono conoscere le caratteristiche di quelli che sono lontani.

Confrontate e giudicate da ciò la natura dei partzufim. Dicono che in ognuno dei quattro mondi sono presenti tutti i partzufim, ma, ciò nonostante, il nostro servizio vada diretto soltanto a zeir anpin del mondo di atzilut. Nello stesso modo in cui quelli a noi vicini nei mondi di creazione, formazione e materializzazione sono privi di sostanza e non sono divini, così dovrebbe essere anche per quelli lontani, cioè zeir anpin di atzilut che non ha sostanza per cui non esiste Dio all'infuori di Ha-Shem Baruch-Hu Benedetto sia il Suo Nome in eterno! Una volta constatato che tutti i nuovi kabalisti concordano sul fatto che tutte le preghiere, le lodi e le benedizioni sono dirette a zeir anpin diventa evidente che tutte le vostre lamentele nei nostri riguardi e le vostre smentite sono il vano respiro di uno spirito in frantumi, pari a colui che afferma che un uomo è donna o che <116> un pilastro di marmo è d'oro.

Con la vostra risposta vi siete comportati come lo stolto citato nella frase del Tanai (7) per cui "ci sono sette qualità nel Saggio ed il contrario sono nello stolto" e tra di esse è detto che "il Saggio chiede secondo la legge e risponde in conformità alla materia trattata, ma chi agisce in contrasto a ciò è un ignorante". Tale è il vostro caso. Vi avevamo chiesto in modo appropriato e in conformità alla legge "chi dobbiamo servire, secondo la nuova kabalà? Atik, arich anpin, aba, ema, ecc." E voi avete risposto in modo offensivo, non pertinente alla domanda e avete affermato che la vostra tradizione è così e così...come se vi avessimo chiesto a riguardo della vostra tradizione?!

Poi vi siete dilungati sui remazim (allusioni) e le ghematriot (combinazioni dei valori numerici delle lettere) del libro Havot Yair, che non aveva inteso le parole di suo padre e come aveva menzionato remazin che ognuno avrebbe potuto inventare anche senza kabalà, come fece Rav Shemuel, che per dimostrare la sua grande capacità nel combinare lettere e numeri scrisse in una sola notte, da solo, senza kabalà, un libro, chiamato Koah ha-Shem, che è zeppo di tzerufim (combinazioni di lettere), ghematriot e remazim. Così continuate a citare remazin dall'autore del S. Menorat ha Ma'or. Però a ciò che vi venne chiesto non avete risposto, né tanto meno è scemata la debolezza delle vostre labbra. Giusto come la pochezza dello stolto, menzionato in precedenza dal Tanai, che non seppe rispondere alla domanda fattagli.

 

1) In Seder ha-Tefilà ed anche in Seder Sciva'at yemei ha Pesah.

2) A fianco dello Zohar, Behar, p. 109.

3) Così anche è l'autore di Hechal ha-Berachà, Vayikrà, in Otzar ha-haim, pag. 7.

4) Vedi qui, cap. 16.

5) Come sopra nel nome di Mikdash Melech, Rashab, Yosher Levav, S. ha Brit, Etz Haim, S. ha-Likutim nel nome di Luria, Kissei Eliahu, Matzref Emunà e Nahalat Yosef.

6) 61, B.

7) Ultimo cap. di Avot.

 

33

 

 Vediamo, dunque, che i nuovi kabalisti hanno descritto l'Ein Sof, spiegando <117> come, dopo la contrazione, divenne "circondante" e simile ad "una sfera vuota" nella quale ci sono milioni di mondi emanati dalla sua essenza. Poi c'è un numero infinito di partzufim di yosher che si espandono e si sviluppano dalla sua essenza, tramite una linea sottile. Essi si espandono da adam kidma sopra il mondo di atzilut, fino alla fine dei partzufim di tutti i mondi di emanazione, creazione, formazione e materializzazione.

Su di loro cadono le parole del nostro Grande Maestro, il Rambam: "Perché Tu sei vicino nelle loro bocche, ma lontano dai loro lombi". Con le loro bocche dicono Uno ma i loro cuori e i pensieri della loro mente immaginano tanti partzufim e tanti livelli. La loro fede non è dissimile da quella delle altre nazioni (1) . I Cristiani dicono che Dio è trino e tre sono uno. I kabalisti dicono che Dio è cinque nel mondo di atzilut e che i cinque si ridividono in dodici e che tutto ciò è uno. I kabalisti hanno paragonato Dio ad un uomo che ha 248 membra e 375 arterie e vene e viene chiamato con un nome, Reuven, ad esempio; oppure Lo hanno paragonato ad una casa, costruita con molti mattoni, con legno ed argilla, avente molte stanze, ecc., ma pur sempre chiamata casa. Anche nella Prima Causa, che loro chiamano Ein Sof, hanno trovato una molteplicità, come scrisse Vital nel libro "Arba meot shekel kesef" (2): "È giusto che sappiate che tutta l'esistenza dell'Ein Sof che noi chiamiamo "Atik d'kol Atikin" (l'anziano di tutti gli anziani) ha lo scopo e il proposito di svelarci un barlume della sua luce, che è nascosta nella Corona (keter); è risaputo, infatti, che che l'Ein Sof si cela nella Corona. Tuttavia, dovete sapere che esiste un altro Ein Sof che è molto al di sopra di quello precedente, a tal punto che "nessun pensiero lo può concepire" e "chi può esplorare la sua profondità"? Perciò, in vari punti dello Zohar, troverete vari differenti tipi di Ein Sof a tal punto che uno potrebbe mettere in pericolo la sua vita se non avesse familiarità con le "introduzioni" che gli permettono di nuotare indenne in questo grande mare. E a proposito di questo Ein Sof inferiore, studiate lo Zohar in Edrat Na'assè, poiché qui quando l'Ein Sof si trova nel "segreto delle tre teste" assume il nome di "Atik d'kol Atikin". Tale è il significato segreto dello Zohar quando dice "questo Atika Kadisha è presente con tre teste". Ciò significa che la parte essenziale di Atika Kadisha è l'Ein Sof, allorquando esso si è ammantato nelle tre teste e solo allora le tre teste si chiamano atika kadisha".

Ciò significa che il riferimento e l'indirizzo della preghiera non deve essere rivolto al primo Ein Sof estremamente profondo e circondante tutti i mondi. Esso <118> è talmente profondo e distante che nessun pensiero lo potrebbe mai concepire. Tutte le preghiere devono essere rivolte a zeir anpin, che riceve l'influsso da aba e da ema, così come dall'Ein Sof, che è nascosto nella sua corona, affinché possa venirci svelato un barlume della sua luce. L'Ein Sof precedente, però, non può essere concepito da pensiero alcuno e se qualcuno non sa questo potrebbe eventualmente sbagliare nell'indirizzargli la propria preghiera e, così facendo, rischiare la vita, perché la sua preghiera non verrà esaudita e, peggio ancora, sarà punito, come è spiegato nel Kissei Eliahu.

Tutto questo è l'opposto di quanto avete scritto nel nome di Lehem Simlà. Questo libro non è qui reperibile e pertanto non mi è dato consultarlo, ma non escludo la possibilità che mi stiate ingannando con una falsa interpretazione del suo autore, così come avete fatto con il Kissei Eliahu. In ogni caso, le cose non stanno come voi dite, in quanto c'è assoluta convergenza tra i kabalisti sul fatto che l'Ein Sof, che è la Prima Causa, non è per niente collegato con le preghiere e le benedizioni, per cui esse possono soltanto influire sull'Ein Sof, celato nella corona. Perché non possiamo rivolgere le nostre preghiere all'Ein Sof superiore che circonda tutta l'esistenza? Perché mai egli dovrebbe adirarsi contro di noi se ci rivolgiamo a lui in preghiera? Perché Mosè, l'uomo di Dio e il fedele della Sua Casa non ce lo ha fatto sapere nella Torà scritta e nella Legge orale tramandato di bocca in bocca? Anche i Profeti che si sono levati in Israele dai giorni di Mosè fino al periodo di Malachi (l'ultimo dei profeti canonici), ci hanno messo in guardia: "Ricordate la Legge di Mosè, Mio Servo, poiché ho comandato in Horev leggi e statuti" (e non combinazioni e riparazioni d\ei mondi!). Perché non ci hanno fatto conoscere tutto questo? Perché hanno permesso a tutte quelle passate generazioni di essere le vittime della loro innocenza, ignorando il Dio della loro salvezza? Sarebbe stato loro compito informare il popolo che non è all'Altissimo ed Onnipotente Dio che bisogna pregare, data la Sua grandezza e infinità, inconcepibili alla mente umana. Avrebbero dovuto spiegarci che bisogna rivolgersi alla sua manifestazione favorita, cioè all'impaziente zeir anpin, figlio di aba e di ema, che ha già acquisito spessore ed è divenuto comprensibile ai sensi (3).

La nostra accusa è rafforzata dal fatto che ci sono molti tipi di ein sof e vari partzufim e che ognuno agisce per se stesso. Questa è una credenza in molti "poteri regnanti" nell'universo. <119>

 

1) Il Rivash nel nome di "uno dei filosofi". Ma ricordo di aver letto nel S. Bet Yehudà che il Rivash, per timore di essere perseguitato da coloro che amano il proprio onore, aveva attribuito ad altri quella che era la sua propria opinione. Egli sosteneva che non avrebbe speso il suo tempo nello studio della nuova kabalà, poiché la "vecchia" Kabalà della Mishnà e del Talmud erano per lui sufficienti.

2) Pag. 68.

3) Le parole succitate del Kissei Eliahu hanno lo scopo di mostrarvi l'errore che avete commesso nel tentare di giustificare le sue parole. Sarà sufficiente una brezza per spazzare via tutte le vostre argomentazioni poiché chiara è l'opinione dell'autore, per la quale bisogna pregare zeir anpin in unione con i partzufim sopra d'esso.

 

 

34

 

Comunque, con tutta la vostra smoderata insolenza e vanagloria, e la vostra smania di rendere pubblica alle moltitudini la Dimora del Re dei Re, Benedetto Egli sia, avete dimenticato di dirci quale ein sof pregate. Non solo non avete risposto alla nostra domanda, ma le vostre parole contraddicono il pensiero dello Zohar, dei kabalisti e del Kissei Eliahu, che scrive chiaramente (1): "Quando noi parliamo di benedizione (berachà) in congiunzione a Lui, la nostra intenzione non è riferita all'Essenza dell'Unico, Dio ci salvi, dal momento che Egli viene esaltato al di sopra di ogni benedizione".

Ed il Sefer ha Brit scrive (2): "Per quanto riguarda l'Ein Sof nella sua forma più semplice, i filosofi (aristotelici) avevano ragione quando affermavano che nessun servizio o preghiera Lo concerne, dal momento che in questa categoria Egli viene elevato sopra ogni benedizione e lode, per cui sono nullificate le Mitzvot e tutta la Torà". Dato che la kabalà che voi menzionate contraddice lo Zohar e i kabalisti, l'unico termine che vi si addice è "stolto". E allora perché con la vostra calunnia e maldicenza conducete questa polemica contro chi studia la Torà? Per quale motivo lo insultate? Forse perché non "cinguetta" le parole dello Zohar come fate voi? O forse perché si basa esclusivamente sulla Mishnà, sul Talmud e sui Poskim? È soltanto per malafede che avete proclamato pubblicamente che noi siamo "minim" e "kofrim", dal momento che ci rifiutiamo di studiare lo Zohar e i Tikkunim! <120>

Dalle vostre risposte, però, ci è ora chiaro che voi siete ignoranti della letteratura ebraica e del Midrash e che non avete nessuna comprensione del Talmud! E come scrisse R. ibn Tibbun (3): "Uno che crede di essere saggio ma non possiede saggezza alcuna è simile all'asino che gira continuamente intorno al pozzo ma rimane sempre allo stesso posto!". Guai ai cattivi pastori, che con le loro menzogne fanno sbagliare il popolo, mentre si vantano di essere saggi! La vostra saggezza consiste nel nuocere e nel profanare il Nome di Ha-Shem Baruch-Hu e la Sacra Torà! E così fate commercio con le dottrine della Verità la cui vostra conoscenza è superficiale; il vostro vanto (di essere saggi) è per voi "una pala con cui scavare" (4); scavare pozzi infranti che non contengono una goccia di acqua! Come disse il Profeta (5): "Così ha parlato l'Eterno contro i falsi profeti che fanno sbagliare il Mio Popolo, che predicono pace solo quando gli si dà qualcosa da mettere sotto i denti, mentre proclamano guerra contro chi non mette loro nulla in bocca".

 

1) pag. 15.

2) Ma'amar bet.

3) Introduzione a Sha'ar 2 di Hovot nel nome di Mivhar ha-Pninim — ivi trovi anche la citazione "non dire lo so su ciò che non sai, affinché non sii sospettato anche in ciò che sai". Così i Hachamim hanno detto "uno che è ignorante ma crede di essere saggio è doppiamente solto".

4) "Kardom Lahpor bo" ( = una pala con cui scavare in esso). Metafora usata per esprimere il guadagno che si può ricavare dall'occuparsi di cose sacre; il riferimento è qui espresso per i molti libri di kabalà che venivano venduti a prezzi molto alti; all'acquirente veniva promesso di venire a conoscenza dei segreti occulti e di acquisire santità così facendo.

5) Micha 3, 5.

 

 

35

 

Allontanati, dunque, prezioso lettore, da queste credenze immaginarie e medita su quanto scrisse in Massehet Hullin (1) il Rosh, di benedetta memoria, uno dei pilastri dell'erudizione sulla quale si basa Israele: "Concludiamo così affermando che qualsiasi opera aggiunta (toseftà), che non fu conosciuta fino al termine della Ghemarà, non è degna di affidamento, dal momento che i Hachamim volendo creare un'opera di verità perenne,<121> hanno esaminato ed indagato tutti i testi attribuiti ai Saggi, per essere sicuri che fossero degni di affidamento". (2)

Se voi credete veramente che tutte le nostre preghiere e il nostro servizio sono diretti alla Causa Prima, il vero Dio che non ha principio al Suo principio, che ha redento i nostri Padri dalla terra di Egitto, che svelò la Sua Gloria sul Sinai, quando concesse loro la Torà, proclamando "Io sono il Signore vostro Dio, non avete altri dèi all'infuori di Me", perché allora insultate e offendete coloro che hanno la vostra stessa fede e che studiano la Mishnà e il Talmud, giorno e notte? Perché li chiamate "miscredenti" ed "eretici" mentre le vostre peccaminose mani attribuiscono falsamente a R. Shimon bar Yochai lo scritto dello Zohar, prodotto dalla mente idolatra di Moshè da Leon ?

Chi non è in grado di intendere che il profeta mendace dello Zohar ha adottato altre credenze, a noi estranee, come la trinità cristiana, mescolandole con la Emunà della Torà, invertendo l'ordine delle nascite, arrivando a credere che esista un padre, un figlio e uno spirito santo? Osservate come lo Zohar e il Mikdash Melech hanno interpretato il verso "Ascolta, Israele, l'Eterno è nostro Dio, l'Eterno è uno". "Ascolta, Israele". R. Yeishà disse: Questo è "Israel Saba"; R. Itzhak disse(3): la Ayin grande (della parola shemà) rappresenta i settanta nomi che sono testimoni di tutto (questo e il segreto di Binà che ha settanta nomi e Malchut li riceve dalla Ayin). "Ascolta, Israele" come sta scritto "Ascoltate, o cieli". Anche qui "Ascolta, Israele" è lo stesso (zeir anpin). Ha-Shem (la prima menzione dell'Eterno) è il Principio di tutto, nella luce di Atika Kadisha e viene nominato Padre (aba che riceve dalla Yod di Arich), "Nostro Dio" (Elohenu) questo è la "Valle Profonda" dalla quale sgorgano le sorgenti e i fiumi che scendono al tutto (Ema). "Ha-Shem" (la seconda menzione dell'Eterno) è il "Corpo dell'Albero" completo con le sue radici (Zeir Anpin). "Uno" (ehad) questo è "Knesset Israel" (la alef e la het sono le nuove Sefirot di Zeir, la Dalet è Malchut di Zeir) e tutto è una cosa completa, ciascuno legato con l'altro, in modo che non esiste separazione alcuna".

Lo Zohar considera i tre nomi menzionati come tre "partzufim" distinti: Ha-Shem-aba, Elohenu-ema, Ha-Shem-zeir anpin. La parola "ehad" (uno) include zeir anpin e nukve, uno ed inseparabile, e i cinque partzufim come uno. Questa interpretazione segue la dottrina espressa in Bereshit, dove considera l'Essenza del Creatore aba, l'artigiano ema, zeir anpin il figlio (di aba ed ema). I Cristiani, d'altronde, considerano l'essenza del Creatore, arich, che chiamano <122> Padre, la sefirà di hochmà (saggezza) il Figlio e la sefirà di binà (ema) lo spirito santo (4).

Chi dunque è abbastanza saggio per intendere e spiegarmi la differenza tra coloro che credono nella Trinità e quella dei nuovi kabalisti che credono in cinque o dodici emanazioni?

 

1) Perek ha-Shohet, portato in Mavò ha-Talmud.

2) Vedi qui cap. 9 e 10 in cui R. Saadya Gaon concorda col Rosh così come con il Rambam.

3) La lettera ayin equivale al numero 70. La ayin di "Shemà" è tradizionalmente scritta grande.

4) Questo è lo "Spirito della Vita" riferito nello Zohar a Elohim Haim (il Dio vivente).

 

 

36

 

In Pirkei Avot (1) è scritto: "Tutto è visto, il permesso è stato dato" ecc. Rambam spiega: "Tutto ciò che esiste è noto al Creatore e da Lui percepito sia per il passato che per il futuro. Non devi però considerare che, sapendo il Creatore ciò che un individuo farà, sia questi costretto nelle sue azioni a comportarsi bene o male. Poiché gli è stata data la facoltà di scegliere fra il bene o il male; non v'è alcunché che lo costringe in qualche modo". Alla fine degli Otto Capitoli, Rambam scrive: "Il sapere di Ha-Shem, benedetto Egli Sia, (noi usiamo il termine "sapere" nel senso a noi percepibile) è soltanto in associazione all'idea di conoscenza. Ma nello stesso modo in cui non abbiamo la capacità di sapere e di conoscere la Sua vera Essenza, come è scritto "Anche se indaghi su Dio, Lo troverai? Anche fino all'estremità di Shaddai, potrai concepirLo?", alla stessa stregua non abbiamo la capacità di concepire la Sua Conoscenza. Poiché Egli e la Sua conoscenza sono un'unica cosa, mentre nell'uomo Egli e la Sua conoscenza sono due cose distinte, come sta scritto "Poiché i miei pensieri non sono simili ai vostri pensieri" (2).

L'argomento qui esaminato spiega come Dio non sia limitato nel tempo, <123> poiché il tempo stesso è stato da Lui creato ed Egli ne conosce la realtà, passato-presente-futuro. Niente è a Lui celato, come gli Uomini della Grande Assemblea stabilirono nel Mussaf di Rosh Ha-Shanà, "Egli scruta e osserva fino alla fine di tutte le generazioni". Questo significa che passato, presente, futuro sono per Lui intelliggibili. Benedetto Egli Sia. Perciò i Saggi parlarono di ciò usando i termini "scrutare" e "osservare" invece di "conoscere" per insegnarci, appunto, che tutto è ordinato, sistemato e noto a Lui e che, per così dire, Egli lo osserva. Del resto, la concisa affermazione di Rambam, per la quale non possiamo intendere la Sua vera Conoscenzaa, intende farci capire che l'uomo può percepire soltanto il presente, non il futuro.

 

1) 3:19.

2) Vedi anche Hilchot Teshuvà, cap. 5, oppure Morè Nevuchim, 20; anche Sa'adya Gaon in "Ha-Emunot ve ha-Deot", ma'amar 4, vedi Tosafot Yom Tov, che spiega a lungo questa Mishnà.

 

 

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Dopo che avete considerato i capitoli precedenti, vi dimostrerò ora, con l'aiuto di Dio, come i nuovi kabalisti abbiano minimizzato la "conoscenza" di Ha-Shem Baruch-Hu per ciò che concerne il futuro e in che modo abbiano rimosso la Provvidenza (Hashgahà) dell'Altissimo Re dell'Universo per trasferirla unicamente su zeir anpin. Essi hanno affermato che non c'è distinzione tra bene e male per i partzufim superiori, cioè aba, ema, arich, atik, adam kadmon, e così anche per l'ein sof. Il fattore del bene è simile al fattore del male. I giusti sono come i malvagi. La questione viene trattata nel libro "Arba meot shekel kesef" di Vital (1) : "Il famoso e santo kabalista R. Abraham Munzuz, della città di Tapinal, pose questa domanda all'Ari, di santa memoria. Ho una domanda difficile da fare: abbiamo studiato nei libri della Kabalà e nello Zohar, nel S. ha-Madà e nel S. ha-Kanè, che quando Dio si accinge a creare, nel mondo di berià, non sa, ma quando Egli è nel mondo di emanazione (atzilut), sa. Questo significa forse che la prescienza di Dio implichi la costrizione all'azione delle persone ed è reperibile nel mondo di atzilut? Se così fosse, questo sarebbe in contrasto con la concezione dei Saggi, per ciò che riguarda il verso "E Dio disse a Mosè: Parla ai Cohanim, i figli di Aharon" ecc. <124> (Mosè domandò a Dio): "Il primo Re che si leverà in Israele morirà di spada?" Dio gli rispose: "Perché lo chiedi a Me? Chiedilo ai Cohanim, figli di Aharon, dato che egli (Saul) ucciderà tutti nella città di Nob, la città dei Cohanim". Significa forse (chiede Manzuz) che Saul fu costretto ad agire dalla prescienza di Dio, poiché, in ogni caso, nel mondo di berià o di atzilut veniamo costretti ad agire?. (Riprende Vital): Il mio Maestro, Ari, di santa memoria, gli rispose così: "E’ pur vero che in atzilut c'è la preveggenza, però l'individuo può agire come vuole, come sta scritto: "Ecco, Ho dato a voi in questo giorno la vita e il bene, la morte e il male e sceglierete la vita, affinché possiate vivere voi e la vostra discendenza". Pertanto, da una parte, c'è la coazione di Saul, dall'altra, nel verso "sceglierete la vita" c'è la prova che esiste il libero arbitrio". Ed anche i Saggi dissero: "Il male non scende dal cielo". Ciò è dovuto al fatto che sopra, nel mondo di atzilut, tutto è nella sua forma più semplice e la conoscenza di Dio non scende per costringere la persona ad agire. Poiché qui non c'è né ricompensa, né punizione, né libero arbitrio, né volontà". Questo è il segreto del verso "Non è Esaù fratello di Giacobbe, parola dell'Eterno? Ed Egli amò Giacobbe". Sta forse affermando il Signore che Esaù è come Giacobbe? La Torà ha già dato prova che Giacobbe fu di cuore puro e "risiede nelle tende", mentre Esaù praticava l'idolatria. Il primo era Tzadik (giusto) mentre il secondo era rashà (malvagio). E poiché Dio sceglie i Giusti, cosa significa "ed Egli amò Giacobbe"? Questo vuol dire che, sopra, nel mondo di atzilut, Giacobbe ed Esaù sono considerati alla stessa stregua, perché qui non esiste ricompensa né punizione". Questo è il segreto del verso "Non è Esaù fratello di Giacobbe, parola dell'Eterno?". Questa Parola dell'Eterno (neum ha-Shem) è atika kadisha. Come viene spiegato in Edrà: "Perciò il verso significa "devi ascoltare la Mia voce a ricevere il Mio Regno, perché ho scelto Giacobbe, anche se Egli è simile ad Esaù". Anche se dicessimo che la preveggenza è coercitiva, non ci sarebbe bisogno della Torà e delle mitzvot, perché tutte le azioni della persona sarebbero di necessità, come chiarisce l'affermazione di R. Hania b. Hakashia "Ha-Kadosh Baruch-Hu voleva dar merito ad Israele, per cui concesse loro Torà e mitzvot". Se però la Sua conoscenza di sopra è di necessità, non ci sarebbe bisogno né di Torà né di mitzvot. Ciò significa, allora, che, sopra, nel mondo di atzilut c'è la preveggenza, però la coercizione a fare le cattive azioni non scende di sotto; rimane di sopra e la persona ha la libera facoltà di agire come vuole. Perciò la Torà ci ha ordinato di osservare le mitzvot e di aderire alla Torà, perché, così facendo, portiamo il bene su noi stessi, dal momento che il <125> male non scende da solo, dal di sopra, se non che la persona lo trascina su di sé. Con tutto ciò, possiamo comprendere l'affermazione per la quale, prima di scendere nel mondo, Dio fa firmare all'anima "Sii giusto e non essere malvagio". Se noi dicessimo che tutto è già previsto si tratterebbe di un falso giuramento, perché Dio sa che la persona tale peccherebbe, una volta che è al mondo. Tale affermazione, come tante altre, dimostra che nel momento della Creazione, Egli non ha la preveggenza. Diciamo quindi che la conoscenza nel mondo di atzilut è "semplice" e non influisce sul libero arbitrio dell'uomo, sul quale è scritto "è simile al suo Padrone, poiché ha libera scelta"; e così il verso "poiché è Giacobbe che Egli ha scelto, ed Israele per la sua virtù speciale". Egli associa anche Israele con Se Stesso come è scritto "Santi siate poiché Santo sono Io, vostro Dio" oppure "Ed Egli li chiama miei fratelli, miei amati, miei figli" (2).

 

1) pag. 91 b.

2) Levitico, 19. 2.

 

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Ora, prezioso lettore, presta attenzione e intendi in che modo i nuovi kabalisti abbiano falsato la conoscenza di Colui che scruta e osserva fino alla fine di tutte le generazioni, e conosce in anticipo ciò che avverrà in futuro. Questi stolti hanno paragonato la Sua conoscenza a quella umana, andando contro, così facendo, all'insegnamento dei nostri Padri e Saggi di benedetta memoria, degli Uomini della Grande Assemblea, che stabilirono e ordinarono le nostre preghiere e benedizioni; i kabalisti negano ciò che disse il grande Tanai (Pirkei Avot 3, 15): "Tutto è previsto (passato, presente, futuro) ma la facoltà di scegliere viene data " e ciò che insegnarono R. Sa'adya Gaon, nel suo S. ha-Emunot ve ha-Deot, e il Rambam nel S. Ha-Madà, nel suo commento alla Mishnà e così anche nel Morè Nevuhim.

La conoscenza del Dio dei kabalisti è ambigua, dal momento che un individuo, che possiede il libero arbitrio, potrebbe scegliere il contrario di ciò che l'Onnisciente sa. E il fatto di aver paragonato la Sua conoscenza alla loro, Dio ci salvi, che li ha portati all'errore! Non hanno fatto proprie le parole del Profeta "poiché i Miei pensieri non sono come i vostri". Non solo, ma hanno rimosso dalla Causa Prima la Sua Provvidenza su tutte le creazioni inferiori! Essi hanno osato pronunciare "Dio conosce il futuro perché non c'è la conoscenza in alto". <126> In alto, non ci sarebbe differenza tra il giusto e il malvagio, Giacobbe è pari a Esaù e chi fa il bene è simile a chi fa il male! A loro dire, la Provvidenza appartiene solo a zeir anpin! È lui che giudica, che retribuisce l'individuo, a seconda delle sue azioni, come viene esposto nell'Edrà: "A proposito di zeir anpin, sta scritto: "Poiché il Signore è il Dio di ogni conoscenza (El Deot ha-Shem) (1) e in Lui viene annoverato tutto ciò che accade"; (2) perché esso (zeír) è di due tipi: il primo dice "Tutti gli avvenimenti sono annoverati (nella forma al plurale), ma per quel che riguarda atika kadisha s'tima non vengono annoverati. Perché dunque sono annoverati da zeir? Perché ha ricevuto due porzioni..." Il Rashab spiega che questa è anche l'opinione dello Zohar, in parashat Balak, in cui è scritto "Diede il suo potere regnante a lui (zeir anpin) su tutte le creature, affinché queste lo servissero, poiché fu lui che venne incoronato con la severità (dina) e la misericordia (rahamè); chi merita severità la riceve, chi merita misericordia, altrettanto".

Da ciò si deduce che lo Zohar e i kabalisti credono che le emanazioni superiori non tengono in considerazione le creazioni inferiori. Quanto di più quando si tratta della Causa Prima. Solo in zeir anpin tutti gli avvenimenti sono annoverati, ma, al di sopra di esso, gli eventi sottostanti non vengono presi in considerazione!

 

1) Letteralmente, il Dio delle Conoscenze (al plurale) è Ha-Shem. Lo Zohar interpreta questo plurale come due tipi di attributi, cioè severità e misericordia.

2) Samuele 1, 2:3.

 

39

 

Fu su questo fondamento inconsistente che l'autore dello Zohar (1) edificò un castello di storielle, secondo cui R. Shimon b. Yohai, nei suoi ultimi giorni, scelse di venir giudicato da atika kadiska, e non da zeir anpin, nominato anche "bet din" ( = tribunale): "Allorquando R. Shimon b. Yohai si ammalò, si presentarono a lui R. Pinhas, <127> R. Hiya, R. Aba, che gli dissero: "Chi è presente nell'aldilà?". Rispose loro: "Non è il Tribunale Superiore (zeir anpin) che è in procinto di giudicare la mia persona, poiché io vedo che non mi consegneranno all'Angelo e ai Giudici Superiori, dal momento che io non sono simile agli altri uomini. Invece è Ha-Kadosh Baruch-Hu che mi giudicherà, senza l'attributo di severità. Ciò è come disse Davide: "Giudicami Dio e perora per me". Anche Salomone disse: "Esegue il giudizio del Suo servo". Egli solo e nessun altro. Poiché abbiamo studiato che quando una persona giace malata al suo capezzale, il Tribunale Superiore esamina il suo caso. I difensori che perorano la sua causa elencano i suoi meriti, mentre gli accusatori giudicano con severità ed elencano i suoi peccati. Il giudizio finale, però, non è come uno si aspetta. Chi, però, viene giudicato dall'Alto Re, che su tutto regna, riceve solo il bene, perché da quel giudizio non si esce assolti nel bene. Per quale motivo? Perché le forze dell'Alto Re tendono costantemente verso il merito e questo è interamente il "Lato della Fede" (Tzad d'emunà). Ed Egli può respingere i peccati e le maledizioni, come sta scritto "Poiché con Te è il perdono, sì che Tu possa essere temuto". Con Te e con nessun'altro. Perciò prego l'Onnipotente affinché sia il mio Giudice si che possa entrare per i tredici "Portoni" dell'aldilà".

L'Autore afferma così che R. Shimon b. Yohai scelse di essere giudicato da atika kadisha, che essi nominano anche "rav'av de' ra'vavin" (la volontà delle volontà), il quale è Misericordioso, tende al perdono e giudica a secondo dei desideri della persona e non tiene in considerazione le azioni sottostanti, siano esse buone o cattive, Giacobbe è simile ad Esaù. Nessuno lascia il suo giudizio se non in uno stato di merito. Non così zeir anpin, nominato Bet Din, che non giudica a seconda dell'opinione espressa dal Giudice. Chi è degno di severità viene punito, chi è degno di misericordia viene assolto. C'è forse una credenza in molti "poteri regnanti" (reshuiot) maggiore di questa?!

 

1) Zohar Hadash, riportato alla fine dello Zohar, nell'appendice.

 

 

40

 

L'autore dello Zohar ha dimenticato una mishnà intera in Avot (4, 22) : <128> "Conoscere, far conoscere e capire che Egli è Dio, Egli è il Creatore, Egli è il Fattore, Egli è l'Intenditore, Egli è il Giudice, ora e in futuro, Benedetto Egli sia, alla cui presenza non c'è né inganno, né dimenticanza, né favoritismo, né corruzione".

Similmente i Saggi dissero (1): "Chiunque afferma che il Signore tende a lasciar correre nel giudizio, possano sciogliersi le sue viscere; Egli è comunque longanime prima di giudicare". Ed è anche scritto che Ha-Kadosh Baruch-Hu è scrupoloso nel giudicare i Suoi pii come lo spessore di un pelo". E nel Talmud gerosolimitano (Shavuot 39) è scritto: "Egli perdona la colpa di coloro che si pentono, ma non di coloro che non tornano a Lui". È contro le nuove false credenze, così contrarie alla Sacra Torà, che R. Tam ibn Yihia (2) si espresse, quando affermò che coloro che si occupano di questa nuova kabalà demoliscono le pietre angolari della Torà, abbattendone i suoi pilastri. Le sue parole vanno riferite anche a ciò che venne scritto nei nome di Yitzhak Luria (3), per cui non bisogna recitare l'Yigdal Elohim Hai (Glorificato sia il Dio vivente (4)). A spiegazione di tale divieto, viene addotto il fatto che costoro credono che nessun servizio, preghiera e lode debbano essere attribuiti a Dio quale Causa Prima, dal momento che è del tutto privo di qualsiasi forma o sostanza. Questa convinzione origina dai pagani che credevano che l'Onnipotente fosse trascendente e quindi al disopra anche delle lodi e delle benedizioni; Egli, nella sua infinita grandezza, è indifferente a lodi, culti e preghiere. A loro dire, anche quando si emana nelle sefirot degli innumerevoli mondi, sopra il mondo di atzilut, queste sono troppo "sottili" e "spirituali" per poter essere concepite o percepite. Anche adam kadmon di atzilut, come pure atik yomin, arich anpin, aba ed ema non possono essere serviti o pregati, a causa della loro "sottilezza" e "segretezza". Solamente l'ultimo partzuf di atzilut, zeir anpin (e nukve), può essere servito e pregato perché ha già acquisito un minimo di "densità". Osservate ora la spiegazione di Sefer ha-Brit: "A proposito di ciò, fratello mio, devi sapere che la nostra fede è diversa da quella dei filosofi (metafisici) e degli Ismaeliti per ciò che riguarda l'Unità del Creatore. Essi, infatti, non hanno conoscenza alcuna del glorificato e meraviglioso Tetragramma. Essi credono soltanto in quell'Esistenza Necessaria <129> nella sua forma più semplice, di principio precedente la Creazione. La nostra fede, invece, è incomprensibile a qualsiasi altro e ad essa non si può neppure accennare. A riguardo di questa categoria di fede, però, i filosofi intuirono, a ragione, che nessun servizio o preghiera la possa concernere, poiché essa trascende ogni benedizione o lode. Come spiega R. Meir Gabai "Tutta la Torà e tutte le Mitzvot non hanno qui alcuna corrispondenza". "Colui che, però, medita bene, capirà, indubbiamente, che qui non c'è posto per tutto questo servizio, se non tramite le Sefirot". "Non così il popolo del Dio di Abramo, che crede nella Sua Esistenza Necessaria, come essa viene a vestirsi dei suoi attributi. Questo è il segreto del Tetragramma, nella categoria del "dopo la creazione", "percepito" dalla Casa di Giacobbe. Esso fu rivelato a Mosè sul monte Sinai, ci trasse dalla terra d'Egitto, diede la Torà ai nostri padri, la generazione del deserto, "faccia a faccia". Ed è a questa categoria che bisogna rivolgere i nostri servizi, i nostri sacrifici, le nostre preghiere e tutte le mitzvot menzionate nella Torà. Fu questo glorificato e meraviglioso Nome, Ha-Shem Eloheha (zeir anpin) che Mosè ci esortò a temere".

Similmente Vital, nel suo Etz Haim (5) spiega: "La luce che scende da Adam Kadmon è estremamente pura; tuttavia, durante la sua discesa ed il suo allontanamento dalla fonte, acquista sempre più densità. Ecco spiegato in che modo: La luce che scende dall'orecchio è estremamente pura ma quando viene aspirata nel naso, ne esce con una certa densità. Via via acquisisce densità e materialità, dopo esser uscita dalla sua sorgente. Quindi viene fatta scendere fino alla bocca e, una volta uscita da essa, aumenta di nuova densità" (6). La ragione per la quale servizio e preghiera si addicono soltanto ad un Dio che è percepibile e possiede una certa densità è perché l'individuo può immaginarlo in una forma organica e materializzata. L'ein sof, però, oppure adam kidma e adam kadmon e persino atik ed arich, che non hanno raggiunto densità e non si sono ancora concretizzati, non possono essere associati a servizio alcuno. Non sono, cioè, abbastanza, densi o materiali per essere rappresentati e immaginati nel pensiero. Cosicché tutto il nostro servizio è rivolto a questo "piccolo naso" di zeir anpin che, a detta dei kabalisti, è il nostro Dio (Dio ci salvi), e tale si manifestò a Mosè nel roveto ardente ed ai nostri padri sul Sinai! Tali stolti hanno dimenticato che la Torà esprime chiaramente che fu un angelo che apparve nel roveto, come è scritto (Esodo, 3, 2): "E gli apparve un angelo di Dio in una fiamma di fuoco all'interno del roveto". E per quanto riguarda il Sinai è scritto (Deut. 4, 15): "Poiché <130> non vedeste immagine alcuna il giorno in cui Dio parlò con voi". Non videro dunque un'immagine "percettibile" con 248 membra e 365 vene ed arterie, come, farneticando, essi affermano! Simile è la spiegazione dell'Oz l'Elohim (7): "Chiunque creda che l'ein sof sia la divinità essenziale è un miscredente. Su di loro tuonò il Profeta Isaia (29, 15): "Guai a coloro che si immergono nelle profondità di Ha-Shem e distruggono il buon consiglio". Costoro sostengono che la divinità essenziale (elohut) è il Tetragramma, per cui ciò che possiede un nome e delle lettere possiede anche una statura misurabile (shiur komà). Ma noi diciamo invece che il nome di una cosa è anche il suo limite. Così, ad esempio, il nome di una persona si riferisce alla persona stessa, dal momento che la limita. Tutti i nomi associati all'uomo gli appartengono, mentre i kabalisti credono erroneamente che la divinità essenziale sia l'ein sof". Da ciò vediamo come l'Oz l'Elohim sia in disaccordo con Vital e gli altri kabalisti, i quali ritengono che Tiferet (lo Splendore) sia zeir anpin nel suo attributo "nostro Dio". L'autore di Oz l'Elohim è invece convinto che il nostro servizio e le nostre preghiere vadano a "malka kadisha d'kol kadishin" (il Santo Re di tutti i Re) che splende nel cuore di zeir anpin (8). Così scrive (9): "In qualsiasi caso, non è come tu dici che tiferet è la divinità essenziale. Se così fosse, perché dovremmo servire tiferet che riceve da aba e da ema? Perché non servire arich anpin o keter, che sono sopra di lui? Se, d'altronde, affermi che la divinità essenziale è l'ein sof, come è possibile dire "Benedetto sii Tu, o Signore" ecc. Da chi riceve la benedizione o l'influsso?". Discorrendo a lungo, il S. ha-Brit (10) scrive, nel nome di molti kabalisti: "Chi crede di servire l'Altissimo, che è al di sopra di tutte le altezze ed è immutato dalla Creazione, per associarlo o combinarlo con le sue emanazioni ed evoluzioni, è in errore sul principio generale e nega l'essenziale, glorioso e meraviglioso Nome e "Dio cancellerà il suo nome da sotto i cieli".

 

1) Talmud Yerushalmì, shekalim, 65.

2) Vedi qui, cap. 10.

3) S. Mahberet ha-Kodesh, p. 28 b; S. Hemdat yomin e cap. 6 di Tikkunei Shabat.

4) Sia esaltato il Dio vivente e glorificato

Egli esiste e non v'è tempo alla Sua Esistenza

Egli è Unico, la Sua Unità non ha pari <131>

Incomprensibile e Infinito nella Sua Unità

Non ha forma alcuna, né corpo

Nulla può paragonarsi alla Sua Santità

Anteriore ad ogni cosa creata

Egli è il Primo e non c'è inizio al Suo inizio, ecc.

5) Sha'ar ta'amim, nekudot, raghin, otiot, fine prk. 2.

6) Così anche Sha'ar ha-nekudim che scrive che quanto più la luce scende tanto più diventa "riconoscibile", "percepibile" e "rivelata".

7) Beit kodesh ha-Kodoshim p. 26.

8) Prk. 19 p. 59.

9) Pag. 26.

 10) Ma'amar 20, prk. 15.

 

41

 

Vedi dunque, prezioso lettore, che i loro cuori si sono colmati di cattive intenzioni perché si sono espressi contro i Saggi d'Israele e hanno estirpato le quattro fondamenta della Sacra Torà, pronunciate nel "Yigdal" (1). Il S. Hemdat Yomin, ne spiega il motivo: (2) "Dopo aver dato prova in "va-ichulù" (3) del costante rinnovamento del mondo, è diventata consuetudine recitare di sabato il "piut" (composizione liturgica) "Yigdal Elohim Hai". È bene recitarlo con intenzione a casa propria. E sebbene si sappia che l'Ari (Yitzhak Luria) si rifiutò di recitarlo, tuttavia, lo faceva solo con i primi quattro principi, che non concordano con la "vera via". Lo Zohar, infatti, in parashat terumà, permette che si reciti soltanto ciò che è vera kabalà. "È permesso recitare tale piut da "Hinò Adon Olam lechol notzar" (Padrone dell'Universo di ogni cosa creata) in avanti". Questa spiegazione è molto chiara. I primi quattro principi dell'Yigdal Elohim Hai non sono considerati da loro vera kabalà. Capite dunque come R. Tam ibn Yihie avesse ragione quando affermò che costoro distruggono i recinti della Torà e finiscono col rinnegarla. A loro dire, la Kabalà dei Saggi, valida per tutto Israele, non solo è di secondaria importanza, ma persino falsa, Dio ci salvi! Essi pervennero a questa considerazione poiché videro che Hachamim, quali R. Sa'adya Gaon, il Rambam, Yehudà ha-Levi, R. Behiye (in Hovot ha-levavot) <132> si rifacevano spesso alle parole dei filosofi, per riportare prove valide sulla verità dell'Unità di Dio, e, così facendo, chiudevano la bocca ai miscredenti, che criticavano la Sacra Torà. Sbagliavano a pensare che, siccome tali prove si basavano sulle parole dei filosofi, non fossero allora vera Kabalà. Le nuove idee dell'autore filosofico dello Zohar, invece, espresse nella sua esegesi (usando il metodo del "significato esteso" per il senso letterale di ogni termine, per cui "la mano di Dio", "gli occhi di Dio" ecc. vanno intesi prima letteralmente e dopo a livello metafisico) furono falsamente attribuite a R. Shimon b. Yohai ed ad altri Tanaim ed Amoraim vissuti in periodi posteriori e accettate come vera Kabalà. Fu per questo motivo che si rifiutarono di recitare l'Yigadal Elohim Hai. convinti che il servizio e la preghiera debbano essere rivolti solamente a zeir anpin. Prima della creazione, però, zeir anpin non esisteva ancora; per questo l'Ari si rifiutava di leggere le prime quattro frasi. Infatti, come avrebbe potuto affermare "Egli esiste ma non c'è tempo alla Sua esistenza" se zeir anpin aveva un tempo definito alla sua esistenza, cioè dopo la creazione e non prima, oppure da Abramo in poi (essi affermano (4) che fino ad Abramo, zeir anpin non si era ancora stabilito fissamente, per cui non era logico servire un dio ancora mancante). Luria, dunque, avrebbe espresso una vana lode se avesse pronunciato "Egli esiste e non c'è tempo alla Sua esistenza", poiché zeir anpin prima non esisteva e non era ancora degno di essere servito o lodato. Cosi anche lo infastidiva proclamare "Egli è Uno e non c'è unità alcuna pari alla Sua", che non era da lui considerato articolo di fede. Abbiamo già riportato, in precedenza, l'esempio (usato spesso dai nuovi kabalisti) di una casa a più stanze, costruita con legno, pietre, sabbia, calce ecc. in cui il costruttore è colui che nella sua saggezza li amalgama insieme, per farne un'unica entità. Ciò significa che, per loro, l'Unità di Dio è formata da altre entità di "uno", che combinano e uniscono insieme singole unità, che, alla fine, hanno un unico nome che le comprende tutte (casa, appunto). Come avrebbe potuto proclamare "Egli è Uno e non c'è unità alcuna pari alla Sua" se teneva a mente una simile concezione di unità ? Inoltre, l'Ari si rifiutava di dire "Egli è nascosto (ne'elam) e non c'è termine alla Sua Unità". Questo perché, a suo dire, ci sono più mondi emanati, creati, formati e materializzati sopra al mondo di atzilut. A motivo, però, della loro immensa segretezza non si provò a rivelarli o spiegarli. Così nello Zohar, adam kadmon viene menzionato solo con alcuni vaghi accenni. La loro opinione generale considera che tutti i partzufim, sovrastanti il mondo di <133> atzilut, a causa della loro segretezza, raffinatezza e spiritualità non possano venire serviti e invocati nella preghiera. Solo i partzufim che hanno acquisito densità completa o parziale e in particolare zeir anpin (l'ultimo di essi nel mondo di atzilut che a maggior misura è diventato denso e sufficientemente rivelato da essere comprensibile) possono essere serviti e invocati nella preghiera. Cosicché non possono dire "Egli è nascosto e non c'è termine alla Sua Unità", perché questa non è una vera lode a zeir anpin. Similmente si rifiutava di proclamare "Egli non ha forma corporea e non è corpo" poiché in contrasto col fatto che zeir anpin ha la forma di un corpo con 248 membra ecc. Come è noto dai loro testi, i cinque partzufim del mondo di atzilut hanno tutti 248 membra e 365 arterie e vene.Una volta compreso il motivo per il quale Luria evitò di pronunciare "Egli non ha forma corporea e non è corpo", è necessario comprendere anche l'infondatezza della loro replica per la quale Egli non è un corpo materiale bensì un corpo di luce. A tale proposito, però, la forma (d'mut) rimane tale (cioè di un corpo con 248 membra ecc.) (5). Inoltre non sanno forse essi che anche il fuoco e la luce hanno una loro consistenza materiale, sebbene più "sottile" e "spirituale"? Essi stessi affermano che l'essenza dei partzufim di atzilut comprende un'anima, un corpo e un indumento. La sefirà è il corpo, la luce interiore è l'anima e la luce che la riveste è l'indumento. Così anche in molti tratti dello Zohar si parla di "gufa d'malka" (il corpo del Re). Per questo motivo si sarebbero contraddetti se avessero pronunciato "Egli non ha forma corporea ed Egli non è corpo" perché tale articolo di fede non è una lode attinente ai partzufim. Così anche si rifiutavano di dire "Egli è il Primo e non c'è inizio al Suo inizio", poiché, secondo la loro kabalà, ci sono molti inizi di zeir anpin sul quale è incentrato tutto il loro culto, Dio ci salvi! Inoltre, c'erano moltissime cause che precedettero zeir anpin, come l'ein sof, adam kidma'a, adam kadmon, atik, arich, aba, ema. Per tale motivo, si rifiutarono di lodare zeir anpin con quella lode specifica per la quale egli regna sopra tutte le creazioni. Egli viene così associato al Tetragramma, egli è il Primo e non ha altro inizio che precede il suo, siccome tutto questo è in contrasto con la nuova kabalà. E perciò è scritto nello Zohar, parashat terumà, che è lecito recitare solo quelle lodi che sono "vera kabalà"! La nostra vecchia Kabalà, invece, per la quale Ha-Shem Baruch-Hu è il Primo e non c'è inizio al Suo inizio, non è vera Kabalà, e così hanno evitato di proclamare i primi quattro articoli di fede dell'Yigdal Elohim Hai. Pertanto, da "hinò Adon olam" si può recitare, poiché sono lodi attribuite a zeir anpin e <134> quindi considerate vera kabalà e non tali da provocare lo sdegno dell'Ari, come le prime quattro strofe. L'orecchio capace di intendere, potrà capire il grande errore dei Rabbini, autori della nuova kabalà, che hanno divelto quattro principi basilari della nostra Sacra Torà. Lo Yosher Levav scrive in modo manifesto (6): "Conoscete il Dio dei vostri padri" — ciò include cinque partzufim; "e servitelo" — questo è zeir anpin, "anche se è oggetto di creazione tuttavia in questo modo servite la sua anima senza la quale non c'è esistenza" ecc. L'affermazione per la quale zeir anpin è un oggetto di creazione è reperibile anche nell'Edra Raba: "Dio ti ha fatto, entro gli anni Egli lo fa vivere" — questo fu detto ad atik yomin; "ha fatto chi? zeir anpin; a chi dà vita? A zeir anpin, la luce intera del quale proviene l'Anziano dei giorni". E anche se è un oggetto di creazione è obbligo servirlo! Se avessero fatto loro le parole dei Saggi, per le quali "tutto ciò che ha generazioni" ecc. non sarebbero caduti in questo volgare errore di servire una creazione! (7)

 

1) Spiegato in S. ha-Kavanot, per cui l'Ari non recitava l'Yigdal, vedi Mahberet ha-Kodesh. p. 28 b, vedi qui cap. 40.

2) Fine cap. 6 di Tikunei Shabat.

3) È furono "completati" i cieli e la terra e tutti i loro "eserciti".

4) In S. ha-Berit, Kissei Eliahu, Oz l'Elohim, in S. Hayei Shalom di R. Yihia ha-Cohen, parashat Hayè Sarà, che anche dopo la creazione fino ad Abramo, zeir anpin non era ancora "fissato" e tutte le precedenti generazioni ricevevano il loro influsso da aba ed ema.

5) Anche Etz Haim, sha'ar igulim ve-yosher, secondo cui la "linea" che si estende dall'ein sof, nella categoria di yosher, si trova nella forma di un uomo con 248 membra, ecc., nel segreto di "Tzelem Elohim" (immagine di Dio); vedi Ravad, cap. 4, Hilchot teshuvà, su ciò che ha scritto il Rambam, per cui "colui che crede che c'è soltanto un Dio ed egli ha un corpo è un "miscredente" — chiede Ravad "perché chiamarlo "miscredente"? Molti uomini insigni e più grandi di lui hanno seguito questo pensiero, in base a ciò che hanno visto nei versi, ecc.

6) Pag. 138 b.

7) Il fatto che nel Medioevo molti seguaci della nuova kabalà recitavano I'Yigdal non significa niente. Il loro "leggere lo Zohar" era la tipica lettura pappagallesca (praticata fino ai giorni nostri), del tutto superficiale, senza comprensione e senza raziocinio. Non si rendevano <135> conto che le "pietre angolari" della Sacra Torà, i suoi principi e le sue basi venivano stravolti. Così recitavano l'Yigdal Elohim Hai e poi nuovamente si occupavano della lettura dello Zohar, senza rendersi conto della contraddizione nella quale erano caduti. Se avessero capito il vero contenuto o avessero ben conosciuto i concetti di base di questa nuova dottrina, sei ne sarebbero tenuti ben lontani.

 

42

Ora riprenderò, mi nutrirò tra le rose, le parole cioè dei Saggi del Talmud e dei Midrashim. Nota è la santità dalla quale derivano. Non contengono dubbi. Custodirò le loro parole, più preziose dell'oro e dei diamanti, a riguardo dell'Unità di Dio, un'Unità Assoluta, priva di congiunzioni, di combinazioni o di associazioni con altre creazioni ed emanazioni. Egli, Lodato Sia, per fare conoscere le Sue vie, scelse i Patriarchi e disse "E l'ho conosciuto, affinché comandi ai suoi figli e alla casa della sua discendenza di custodire la via di Ha-Shem". Così fu, infatti. Abramo inculcò ai suoi figli, Isacco e Ismaele, la fede della Sua Unità, per la quale Egli è il vero Uno, che non esiste altro vero Uno all'infuori di Lui, che Egli precede tutta la creazione, Egli è il Primo, il cui inizio non ha altro inizio. Vediamo ora quanto riporta il Midrash Rabbà: "Terah, il padre di Abramo, era abituato a servire gli idoli che egli stesso costruiva con le sue mani. E avvenne che il malvagio Nimrod, divenuto re, si proclamò Dio. E tutte le nazioni venivano e si prostravano a lui. Fino a quando iniziò a splendere una forte e grande luce nel mondo, nostro padre Abramo. E quando nacque Abramo, gli astrologi, i maghi e i sapienti del regno dissero a Nimrod: "Oggi è nato un bambino che, in futuro, erediterà tutto il mondo e distruggerà molti regni e, inoltre, ti spodesterà dal tuo trono. Se lo desideri, affrancalo da suo padre per una casa di oro e di argento e tòglilo dal mondo!" Terah, che era presente, disse: "Le vostre parole sono simili a quelle di colui che disse al mulo "prendi questa soma di cereali e poi ti mozzerò la testa". A cosa serviranno i cereali se gli si taglia la testa? La stessa cosa vale per colui il cui figlio viene ucciso. A che gli gioverà una casa di oro e di argento?" Allora essi gli risposero "Dalle tue parole si capisce che il neonato è tuo". E Terah: "Non posso negare che mi sia nato un figlio, ma purtroppo è già morto". Dissero: "Non stiamo parlando di uno morto, bensì di uno vivo e vediamo anche la sua stella in cielo. Ora vai e portalo qui!" Terah uscì, prese Abramo con la sua levatrice e li nascose in una grotta, per la <136> durata di tre anni. Quando Abramo lasciò la grotta, tornò alla casa paterna. Nel suo cuore Abramo rifletteva sulla creazione del mondo e sulle sfere celesti per sapere come servirle e come poter distinguere tra loro ed il vero Dio. Osservò la luna, che con la sua luce faceva chiarore alla notte, circondata dagli eserciti delle stelle. Disse in cuor suo "Questo è Dio". La notte passò. Alla mattina, al levar del sole, vide che la luce della luna scemava e il suo potere si indeboliva. Allora pensò "Il sole è il vero Dio". All'imbrunire, però riapparvero la luna e le stelle. Allora Abramo considerò "certamente c'è chi governa questi luminari" ecc. In seguito, quando Abramo venne salvato per miracolo dalla fornace di Nimrod, rivolse tutti i suoi pensieri al Cielo e pronunciò "Benedetto il nome del Santo Dio Unico a cui il sole, la luna e tutte le stelle si inchinano". Uno potrebbe pensare che Abramo ebbe un maestro, ma non fu così. Dio aveva donato ad Abramo due reni che erano come due fontane, che gli fornivano saggezza, come sta scritto "Desideri la verità, fammi conoscere le vie sicure e saggezza segreta".

Il Midrash, inizio di parashat Lech-Lechà, riporta: Sta scritto nei Salmi (45, 8): "Hai amato la giustizia ed hai odiato l'iniquità, perciò il Signore, tuo Dio, ti ha unto con l'olio della gioia sopra gli altri". Questo verso va riferito ad Abramo, nostro padre, che amava Dio e si avvicinò alla Presenza Divina. Così, nella stessa misura, odiava l'idolatria. Nella casa di suo padre venivano costruiti idoli e Abramo aveva il compito di venderli al mercato. Cosa fece? Quando si presentava un cliente desideroso di un idolo, Abramo prendeva un martello, colpiva la testa dell'idolo, staccandogliela, e poi chiedeva "È questo che desideri?". Ciò vedendo, l'acquirente se ne andava senza comprare niente. E Abramo rifletteva: "Ma fino a quando dovremo inchinarci all'opera delle nostre mani? Non sarebbe più giusto inchinarci e venerare la terra che produce i frutti e ci alimenta?". Quando considerava, però, che anche la terra necessita dell'acqua e che se non si aprono i cieli per far scendere la pioggia, anche la terra non può produrre, cambiò opinione e pensò: "Allora è più giusto rendere culto ai soli cieli". Osservò poi il sole, che illuminava il mondo e dava vita alle piante. Disse allora in cuor suo: "E giusto prostrarsi soltanto al sole". Osservò però che anche il sole tramonta e scompare, per cui disse: "No, il sole non è il vero Dio". Osservò poi la luna e le stelle, che rischiarano la notte e pensò: "Forse è giusto adorarli". Ma quando spuntò l'alba e scomparvero disse: "Certo, questi non sono dei". E aggiunse: "Certamente esiste un Dio che li governa, che fa si che uno tramonti e l'altro sorga, vicendevolmente". A cosa è simile la cosa? Ad un uomo che procedeva per la sua strada e arrivò <137> ad un grande castello. Cercò di entrarvi e dopo averla circondato tutt'intorno non vi trovò l'entrata. Chiamò più volte ma non gli fu risposto. Alzò lo sguardo e vide della lana scarlatta stesa su di un terrazzo. Passate alcune ore, vide del lino bianco steso sullo stesso terrazzo. Quando si fece sera vide delle torce accese. Pensò allora: "Certamente c'è qualcuno nel castello che mette a stendere e poi rimuove le cose". Quando il padrone del castello vide il viandante così assorto nei suoi pensieri, gli si mostrò e gli disse "Sono io il padrone della città". Similmente avvenne con Abramo, nostro padre ecc. fino a quando Ha-Kadosh Baruch-Hu gli disse: "Sono Io il Padrone del Mondo". In Bereshit Rabà e Yalkut Shim'oni sul verso "poiché Abramo ascoltò la mia voce": R. Yohanan e R. Haninà dissero: Abramo aveva 48 anni, quando riconobbe il suo Creatore". Etz Yosef scrive: Da questo si comprende che tutti concordano sul fatto che Abramo iniziò a conoscere il Signore all'età di tre anni e pervenne alla completa maturità di pensiero a 48 anni".

 

 

43

 

Il Rambam, di benedetta memoria, spiega (1): "Dopo essere stato svezzato ed essere cresciuto, Abramo cominciò a porsi delle domande ed a riflettere giorno e notte. Si domandava come fosse possibile che questo mondo alternasse il giorno e la notte se non per una Guida, che lo rendesse possibile. Ma chi faceva ruotare il mondo? Certo non poteva ruotare di moto proprio. Abramo non aveva un maestro, né tantomeno qualcuno che lo istruisse, dal momento che abitava tra gli stolti idolatri di Ur Kasdim. Anche i suoi genitori, il suo parentado, la sua gente era idolatra. Il suo spirito però era in fermento e il suo intelletto era così attivo che <138> arrivò da solo a percepire la verità. Fu allora che comprese che esiste un solo Dio che governa il mondo e alterna il giorno alla notte. Egli è il Dio che aveva creato il tutto e non c'era altri all'infuori di Lui. Abramo capì che l'intera nazione era nell'errore perché venerava gli astri del firmamento e adorava gli idoli che essa stessa costruiva. Egli aveva 40 anni quando conobbe il suo Creatore e, una volta conseguita questa conoscenza, iniziò a combattere l'idolatria a Ur Kasdim e a fare proseliti nella nuova fede. Quando la gente si raccoglieva ad ascoltarlo, Abramo insegnava loro, ciascuno a secondo della sua capacità, la verità, fino a quando li convinceva a credere in un unico Dio. Furono in tanti ad abbracciare la sua fede monoteista. Furono costoro gli uomini della "Casa di Abramo", ai quali egli insegnò il grande principio dell'Unità di Dio. Abramo scrisse libri e li insegnò a suo figlio Isacco. Costui si sedette e li studiò; a sua volta, li insegnò al figlio Giacobbe e a lui ordinò di farli imparare a tutti coloro che erano al suo seguito. Così Giacobbe li insegnò e li trasmise ai suoi figli e separò il figlio Levi, nominandolo capo, affinché custodisse costantemente questo studio secondo le vie di Ha Shem. Giacobbe comandò ai suoi figli di non lasciare mai vacante questa occupazione dei figli di Levi, cosicché lo studio non venisse meno. Fu così che i figli di Giacobbe e quanti erano al suo seguito crebbero e si moltiplicarono e divennero una grande nazione nel mondo, "la nazione che conosce" Ha-Shem. Col passare degli anni, però, in terra d'Egitto, ripresero le usanze idolatre dei pagani, ma non così la tribù di Levi, che non abbandonò mai il comandamento dei Patriarchi e mai si macchiò di idolatria".

Nelle "Leggi sulla lettura dello Shemà", scrive il Rambam: "Quando Israele fu in punto di morte, raccolse i suoi figli e comandò loro di seguire la strada dello Yihud Ha Shem come avevano fatto Abramo e suo padre Isacco. E domandò loro: "C'è qualcuno tra di voi che si è reso indegno e ha deviato dall'Unità del Padrone del mondo?". Tutti risposero all'unisono "Ascolta, Israele, l'Eterno è il nostro Dio, l'Eterno è Uno" (confermiamo ciò che abbiamo ascoltato dal nostro padre Israele, che il Signore è il nostro Dio ed Egli è Uno). Allora il loro anziano genitore pronunciò: "Benedetto sia il nome della Gloria del Suo Regno in eterno". Vediamo così che il nostro padre Abramo, la pace sia su Lui, insegnò al mondo la vera fede monoteista. Egli scrisse anche libri che fece conoscere ai suoi figli e ai suoi proseliti. Anche Ismaele venne incluso perché la tradizione ci insegna che egli fece "teshuvà". Forse la ricompensa del pentimento di Ismaele è che la sua discendenza, dopo tante generazioni, meritò di diventare monoteista, poiché Maometto la apprese dagli Ebrei. Per i discendenti di Giacobbe, <139> invece, non ci fu mai interruzione e la fede nell'Unità di Dio rimase con i Leviti e con una rimanenza di individui delle altre tribù, fino al tempo del nostro grande Legislatore, Padre di tutti i Profeti e Capo di tutti i Hachamim, Moshè Rabbenu, la pace sia su Lui. Fu a lui che l'angelo di Dio si rivelò nel roveto ardente, in adempimento alla promessa che Dio fece ad Abramo. Tramite la guida di Mosè, il Santo Benedetto redense i nostri antenati dall'Egitto, li portò sul monte Sinai, li coronò con i precetti, insegnò loro l'essenza della Sua Unità e prospettò loro delle severe punizioni nel caso avessero commesso idolatria. Quando fu vicino il tempo della morte di Mosè, Ha-Kadosh Baruch-Hu gli rivelò ciò che sarebbe avvenuto alla fine del periodo di esilio: "Adesso giacerai con i tuoi padri; questo popolo però si allontanerà e si prostituirà alle divinità delle altre nazioni presso le quali dimorerà" (2).

Così è successo a noi. Siamo stati ingannati dallo Zohar, libro scritto da Moshè de Leon e falsamente attribuito a R. Shimon b. Yohai, che ci fa abbandonare il nostro Dio per sostituirLo con una falsa credenza in molteplici divinità emanate. La grande maggioranza dei Rabbini e dei Hachamim, però, non si è fatta scrupolo di indagare la fonte di quelle mendaci parole e di quei concetti idolatri. Come ciechi e come pecore condotte al macello hanno caricato su di loro la soma del suo vuoto fardello, credendo, in buona fede, che R. Shimon b. Yohai l'avesse davvero scritto. E per questo motivo che non si sono capacitati di riconoscere le trappole tese da questo insidioso inganno. I Rabbini sbagliarono e le moltitudini furono ingannate. Sottilmente, ma efficacemente, lo Zohar ha stravolto la pura fede con un modello intricato ma sistematico di emanazioni "divine". Si tratta invece di una credenza estranea alla Torà quanto le religioni vediche dell'India. Ma la sua attrazione è molto forte perché le nuove dottrine non furono rigettate e respinte a suo tempo. La prostituta si era ormai infiltrata nel campo e nessuno era riuscito a fermarla o a trattenerla dalla sua infame professione. Piano piano al suo inizio, ma con passo poi sicuro, la falsa kabalà era divenuta la "Matrona", mentre la vera Kabalà, trasmessa oralmente ed ininterrottamente da Moshè a Rabì, a R. Ashi, a Rabina e a R. Yohanan di Israele, era diventata (Dio ci salvi e ci perdoni) una disgustosa serva, sotto la quale la terra mostrò la sua collera. E così siamo disonorati e la vergogna ci ricopre, poiché abbiamo abbandonato l'inadulterata fede per sostituirla con il pantheon dello Zohar. Gli Ismaeliti, però, sono rimasti fedeli all'Unità di Dio. così è stato anche <140> spiegato da molti Hachamim, tra i quali il Rambam, nella sua risposta ad un convertito, che i musulmani credono all'Unità di Dio come noi. Per cui l'affermazione dei nuovi kabalisti secondo cui la nostra fede dell'Unità di Dio è dissimile da quella degli Ismaeliti è falsa. È la "loro" fede che è differente, dal momento che consiste nell'adorazione di un livello associato e di una creazione manifesta simile, in sostanza, alla Trinità dei Cristiani.

 

1) Prima sezione di "Hilchot avodà zarà".

2) Deut. 31:16.

 

 

44

 

Con l'aiuto di Colui che insegna la sapienza all'uomo, esaminiamo ora le parole di alcuni Saggi che insegnano le illuminate Leggi, secondo le quali noi viviamo e per mezzo delle quali entriamo nella saggezza della Torà e dei suoi precetti. Abbiamo già riportato alcune parole del Rambam sull'argomento e riportiamo ora quelle di R. Eliezer, autore di S. ha-Rokeah (1) : "Quando si menziona il Nome in "Baruch Attà Ha-Shem" (Benedetto sii Tu, o Signore) non bisogna pensare alla Gloria che apparve nei cuori dei profeti, né tantomeno alla visione del Trono. Bisogna invece pensare solo a Dio che è nei cieli, in terra, nell'aria, nel mare, e ovunque; il Dio dei nostri Padri è Onnipresente, come sta scritto "Ho sempre posto Ha-Shem davanti a me". Per quanto concerne l'Unità di Dio, scrive: "A Te si addice ogni lode. Tu non sei simile a tutti i Tuoi servi. Chi ha visto e conosce il Tuo segreto? Davanti a Te è tutto chiaro e chi ha saggezza nel suo cuore deve conoscere i fondamenti dell'Unità di Dio. Non esiste facoltà, né modo che possa esprimere il segreto del Creatore e la Sua Essenza, poiché tutto ciò che ha vita non Lo può vedere, né angelo, né profeta. Egli creò tutto e tutto plasmò. Egli è Uno e Uno soltanto. Egli non deve essere immaginato in forma alcuna, in apparenza alcuna, dato che ciò che ha un aspetto ha anche uno scopo e un limite, ma il Creatore non ha scopo, né sopra, né sotto, né nelle quattro direzioni del mondo. Non c'è inizio né fine alla Sua saggezza e alla Sua Onnipotenza. Solamente che "la potenza delle Sue azioni rivelò alla Sua nazione" <141> per far conoscere la Gloria del Suo Regno. Contemporaneamente, in un attimo, tutte le creature Lo chiamano e Lo invocano, ciascuna turbata nel suo cuore da qualche avversità. Egli risponde e ascolta tutti, poiché "vicino è a coloro che Lo invocano". Pertanto, chi è saggio e intelligente, presterà ascolto alle mie parole e non si affaticherà cercando di indagare sulla Sua Essenza. Poiché nulla si può sapere del Creatore in quanto Egli non è oggetto di creazione. "A chi Mi potresti paragonare e rendere simile?" detto del Signore. Tutte le forme delle creature sono opera Sua. Tutto ciò che può essere paragonato o immaginato nella creazione non è possibile con il Creatore, poiché "Tu sei Dio e Tu solo hai creato il mondo". "Poiché Tu Sei Grande e fai meraviglie". "In principio Dio creò" senza fatica o lavoro. "Con la parola di Dio i cieli furono creati". Comprendi nella tua saggezza che Egli tutto riempie, nessuno può vederLo ed Egli non ha fine. Nulla che è in te Gli è nascosto poiché è scritto "Io riempio i cieli e la terra". La dimora della Sua Gloria è nei cieli di sopra e la dimora del Suo potere è nelle Altezze Superiori. Egli è il nostro Dio e non vi è altri all'infuori di Lui. "Se io salgo ai cieli, Tu lì ti trovi. Se io mi trovo in fondo al pozzo Tu mi sei vicino e la Tua mano mi solleverà". Il mondo con tutto ciò che contiene non può contenerLo e a volte Dio parla tra i capelli della testa (cioè la piccolezza che rivela la grandezza). "Io riempio i cieli e la terra": Ecco l'amore per Israele, quando Egli rivelò la Sua Gloria tra i due Angeli Cherubini. "E Dio vide tutto ciò che aveva creato": Tutto ciò che è di sopra e di sotto con un solo sguardo, sia questo mondo che quello a venire. Egli è Uno. Egli creò il mondo senza altri mezzi. Soltanto con la Sua volontà. Egli lo desiderò e così fu. Egli decretò ed i cieli furono. Il Creatore non ha bisogno né di spazio, né di posto, poiché Egli è esistito prima di tutte le esistenze. Non ci sono limiti o separazioni davanti a Dio. Benedetto sia il Creatore, il Fattore di tutto, Meraviglioso, il Nascosto e Occulto. Davanti al Creatore tutto è privo di valore. Egli non ha né misura, né numero delimitante. Egli è privo di lunghezza, larghezza, forma, volume corporeo. Egli non ha congiunzioni, né membra, né ombra, né luce, né vortici. A secondo della Sua Volontà, Egli fa che la Sua voce sia sentita davanti alla Sua Gloria, il Creatore è Onnipresente. Egli è privo di forma, di volume, di movimento, di massa corporea, di associazione, di vincolo. Egli non necessita di alcunché. Egli è privo di dimora e di spazio. Egli riempie i cieli, la terra, il mare, l'aria e tutto il creato. Egli non ha né postura, né incedere, né movimento, né affaticamento. Egli è privo di recipienti e non ha strumenti con i quali lavorare. Egli crea tutto senza sforzo e senza lavoro. Né gli occhi dei Profeti né di alcun altro essere hanno mai visto Dio. Il Creatore precedette tutte le esistenze. Egli è <142> il Primo Vivente, Grande, Onnipotente, Meraviglioso, Degno di Lode, Re esaltato ed encomiato. Da Lui nulla può essere tolto o aggiunto. Egli non diminuisce, né s'incrementa e non c'è termine alla Sua esistenza. "Anche se cerchi il Tuo Dio lo troverai?" Scoprirai forse l'estremità di Shaddai? Non c'è limite alla Sua comprensione e non c'è indagine alla Sua Grandezza. Egli è l'Unico Creatore. Egli mostra la Sua Gloria quando e come vuole; la visione della Gloria di Ha-Shem (2) come fuoco divoratore o la visione di una luce informe sono impossibili a vedersi per qualsiasi creatura. Soltanto la Voce è sentita ed una visione meravigliosa viene percepita dal Profeta che esclama "Ho visto Ha-Shem" (3). Egli mostra la forma della Sua Gloria come decreta la Sua Volontà. A volte nelle sembianze di un uomo oppure in altre forme. A volte Egli mostra la Sua Gloria sotto forma di grandi Eserciti, che si uniscono uno con l'altro (Ha-Shem Tzevaot) oppure che si presentano con corpi separati (Ha-Shem Elohei Ha Tzevaot). Fu da questa visione della Gloria e dello Splendore che la Sua Voce veniva sentita. Ma, a tale proposito, non immaginare e non pensare fallaci pensieri. Sii estremamente prudente con te stesso, affinché il tuo corpo non cada nel peccato affermando che Egli è suddiviso in membra, Dio ci scampi! "Con quale immagine Lo potresti paragonare?". "Poiché non avete visto nessuna immagine". (4) R. Shimon b. Yohai disse: "Persino gli Angeli Servitori, la cui vita è lunga come il mondo non possono vedere la sua Gloria". R. Eliezer continua ancora a lungo e conclude: "Il Creatore ci comandò di proclamare la Sua Unità due volte ogni giorno, "Dio è il nostro Signore. Dio è Uno". Questa è la fede che deve essere appresa nel cuore e non semplicemente intesa dalle orecchie. Con queste parole noi riconosciamo Ha-Shem come il nostro Dio. Egli è Uno ed Egli ed il Suo nome sono tutt'Uno. "E lo riconoscerai oggi e lo imprimerai nel tuo cuore che Ha-Shem è Dio nei cieli di sopra e sulla terra di sotto e non vi è altri all'infuori di Lui". Egli è il Primo ed è la Vita di tutte le creature. Non c'è alcuno insieme a Lui. Egli è Uno e non deve essere immaginato in forma o concezione alcuna. Osservate fino al fondo delle vostre anime "poiché non avete visto immagine alcuna". "Con quale immagine Lo potresti paragonare?" Poiché non esiste niente che sia in qualsiasi modo simile all'Onnipotente Dio dell'Universo, Benedetto Egli sia e Benedetto il Suo Nome in eterno.

 

1) Shoresh zechirat Ha-Shem.

2) A volte nominato Shechinà (Presenza Divina). <143>

3) "et Ha-Shem; et per includere la Sua Gloria (kavod).

4) Anche se è scritto "videro il Dio di Israele", la Torà avverte in modo categorico "poiché non avete visto immagine alcuna", poiché ciò che hanno visto era la rivelazione della Sacra Gloria (kevod Ha-Shem).

 

 

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Medita, prezioso lettore, le parole di R. Eliezer sul vero Yihud Ha-Shem e sulla vera fede, purificata da tutte le idee fallaci e immaginarie. Tali parole sgorgano da una sorgente fedele, cioè la Tradizione dei Saggi del Talmud e dei Midrashim. Esse sono in completo accordo con le parole del Rambam, di R. Sa'adya Gaon, di Yehudà ha-Levi, di R. Behiye, ecc. i quali affermano che il Glorificato è Uno e non c'è altra unità simile alla Sua, che tutto ciò che può essere immaginato nel pensiero non ha riscontro nel Creatore e che tutte le forme create non si trovano nel Fattore. Dio non possiede aspetti, né tantomeno "partzufim", come i nuovi kabalisti sostengono. Non è lecito evocare un simile pensiero, né meditare sul Suo Essere o indagare sul Suo operato. Dicono infatti i Saggi: "E non seguirete i vostri cuori" questa è negazione (minut). Esiste infatti negazione maggiore di questa, credere cioè che il Creatore possieda aspetti distinti, che hanno nomi distinti, attributi distinti ed azioni distinte e che per mezzo della loro congiunzione essi diano origine a nuove generazioni, ad anime di angeli, ad Israele e ad altre nazioni?! Dopo aver descritto i vari partzufim, attribuendo loro i nomi dell'Eterno, a cosa servirà poi mentire con la bocca, proclamando che Egli è Uno? Le loro labbra hanno già espresso i pensieri del loro pensiero. Anche se dopo li raggruppano in un'unità, può forse una parola cancellare le intenzioni del loro pensiero?

La vera Kabalà, accettata dal nostro popolo di generazione in generazione, proclama che il nostro Dio, Benedetto Sia il Suo nome, non ha misura, né limite, né lunghezza, né larghezza, né forma, né corpo. Né tantomeno possiede una consorte che lo supporta! Giacché l'Onnipotente non ha bisogno di aiuto. "Non c'è indagine alla Sua Grandezza e non c'è fine alla Sua Immensità". Egli è il Primo e non c'è inizio al Suo inizio. Questa è l'essenza della nostra fede e della Kabalà ricevuta direttamente da Moshè Rabbenu e da Abramo, il Primo Patriarca. Non è dissimile alla fede <144> degli Ismaeliti che l'hanno ricevuta da Israele. Essa deriva dalla stessa sorgente, da Abramo. Al nostro popolo fu però data grande dimostrazione d'amore, perché il Signore ci ha condotti sul Sinai e qui si rivelò a tutto il popolo. In tal modo permise a tutti i presenti di ascoltare la Sua Voce che proclamava i primi due comandamenti. "Io sono il Signore Dio vostro" e "Non avrai altri dèi al Mio cospetto". E come nostra parte ci ha dato la Torà, i Precetti e gli Statuti.

 

 

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La verità è nelle parole dei Saggi per cui Dio è Uno e non esiste altra Unità simile alla Sua. Osserviamo ora in che modo il S. ha-Rokeah elenchi le varie categorie di "miscredenti" (minim) (1) : "Colui che afferma che il mondo opera da solo e non esiste un Dio che lo governa".

"Colui che afferma che il Creatore non precede tutto il resto". Così sostiene anche l'autore dello Zohar, che crede che atik si rivelò a R. Shimon b. Yohai e gli diede il permesso di rivelare il segreto per cui Dio è composto da molte cause ed effetti, uno sopra all'altro; inoltre, aba è il creatore che pronunciò "Sia la luce", "sia il firmamento", "siano i luminari", ecc., ma fu ema che disse "facciamo l'uomo" e adam kadmon disse "Vedete ora come Io Sono il Signore" ecc.".

"Colui che afferma che Dio ha una forma o un'immagine, come, ad es., un uomo con un corpo" A tale riguardo, considera come i kabalisti spieghino il significato recondito del verso "e Dio creò l'uomo a sua immagine" (2).

"Colui che associa un attributo a Dio (shituf)". La dottrina dei kabalisti è una dottrina di associazione, nella quale l'Eterno si manifesta tramite emanazioni come un'anima in un corpo; questo è già stato spiegato a proposito del loro rifiuto di recitare i primi quattro articoli di fede dell'Yigdal Elohim Hai.

"Colui che sostiene che la profezia nel mondo non deriva da Dio".

"Colui che nega la Torà di Moshè Rabbenu, anche trattandosi di una singola parola o di un singolo dettaglio".

"Colui che sostiene che il Creatore non conosce i pensieri dell'uomo". <145>

"Colui che afferma che una persona non viene giudicata in base alle sue azioni". Tale è anche la credenza dei kabalisti che spiegano che i perzufim di atik e di arich, più quelli che li sovrastano, non giudicano la persona in base alle sue azioni e nessuno esce dal loro giudizio in uno stato di colpevolezza; come il malvagio, così il giusto; tutto quello che una persona opera non viene preso in considerazione da loro, poiché il giudizio spetta esclusivamente a zeir anpin.

"Colui che sostiene che non esiste l'aldilà e che non esiste ricompensa".

Tutti costoro sono miscredenti e negatori che devono essere sottomessi ed umiliati fino a quando non avranno fatto penitenza.

 

1) Shoresh ha-Teshuvà.

2) Come pure la loro credenza che ogni partzuf ha la sua controparte femminile e la credenza nell'esistenza distinta di dieci sefirot di kelipà, nominate "el aher" (altro dio). —

 

 

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In S. Mitzvot Gadol, sui precetti negativi, è scritto: "La prima mitzvà consiste nel non credere che esista un qualsiasi dio all'infuori di Ha-Shem Baruch-Hu, come sta scritto "Non avrai altri dèi al Mio cospetto". Chiunque associa il nome di Dio ad una qualsiasi altra entità viene estirpato dal mondo, come sta scritto "A Dio soltanto", tale verso si presenta per punire (colui che non lo adempie), mentre quello precedente si presenta come avvertimento".

Il Rambam, sull'idolatria (1) scrive: "Per quanto concerne l'idolatria, il comandamento essenziale consiste nel non servire alcuna creazione, né angeli, né sfere celesti, né stelle, né uno dei quattro elementi fondamentali, né tutto ciò che proviene dalle loro associazioni. Anche se colui che li serve sa che Ha-Shem è Dio e persiste in tale servizio, come la generazione di Enosh al suo inizio, è, tuttavia, uno che pratica l'idolatria (avodà zarà)". Nella generazione di Enosh, i popoli persistevano in un grave errore, perché credevano che poiché Dio aveva creato le stelle e le sfere celesti (galgalim) per condurre il mondo, le avesse messe in alto affinché fossero oggetto di lodi, onori e adorazione, essendo esse serve di Dio. <146> E quindi Dio avesse piacere che le sue opere fossero magnificate, esaltate e venerate, similmente ad un re che ha piacere a vedere onorati i suoi sudditi, dato che l'onore loro è anche l'onore del re".

In Yalkut (2) è scritto: "Non avrai altri dèi" ecc. R. Yossi disse: "Perché sta scritto "altri dèi"?". Questo è per chiudere la bocca alle nazioni del mondo, affinché non dicano "se costoro (i loro dèi) fossero stati chiamati con il Suo Nome (Elohim), allora sarebbero stati necessari e utili". Poiché, infatti, furono chiamati con questi nomi "elohim aherim" (altri dèi), sebbene non avessero sostanza? Quando avvenne che in verità venivano chiamati con il Suo Nome? Avvenne durante la generazione di Enosh, figlio di Shet, come sta scritto "Allora cominciarono a profanare il Nome di Dio" (3). Fu allora che salirono le acque degli oceani e inondarono un terzo del mondo".

In Midrash Hefez di R. Zacharia ha-Rofè è scritto (4): "Non ti farai alcuna scultura" (pessel); avrei potuto pensare che una scultura scolpita sia proibita, ma non una informe; perciò poi dice "né immagine alcuna" (temunà); forse non va riferito ad una pianta; perciò dice: "non pianterai una asherà" (5); forse non va riferito al legno, perciò dice: "qualsiasi albero" (etz); forse non va riferito alla pietra, perciò dice: "qualsiasi immagine scolpita nella pietra" (even mas'hit); forse non va riferito all'oro, perciò dice: "qualsiasi divinità costruita con l'oro"; forse non va riferito ai metalli, quali il bronzo, il ferro, il piombo ecc., perciò dice: "non ti farai immagini di metallo fuso". Potrei pensare che sia proibito costruirli ma non già rappresentarli nella mente, perciò dice: "non avrai altri dèi al Mio cospetto".

Similmente il Rambam spiega (6) che chiunque trasgredisce questo precetto negativo di "riconoscere" un qualsiasi altro dio, anche se nel solo pensiero, ha negato Dio, giacché è questo il principio fondamentale sul quale tutto il resto si appoggia". La halachà viene così chiarita: chiunque immagina nel suo pensiero che esista un altro dio posizionato "sotto il Dio superiore", anche se non ha compiuto azioni idolatre, tuttavia, egli è considerato un miscredente ed eretico (kofer).

 

1) Hilchot avodà zarà, inizio cap. 1 . 2.

2) Parashat Yitrò.

3) Genesi 4:26 — "Uhal" racchiude entrambe le accezioni di "cominciare" e "profanare". <147>

4) Parashat Yitrò.

5) L'asherà era un albero che veniva adorato nei culti antichi.

6) Hilchot Yesodè ha-Torà, cap. 1

 

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Il lettore intelligente capirà facilmente, da quanto abbiamo riportato, che le idee dei nuovi kabalisti sono simili a quelle della generazione di Enosh, in cui i fedeli pregavano i loro oggetti di culto con il nome di Dio. I nuovi kabalisti chiamano ogni partzuf con un nome di Ha-Kadosh Baruch-Hu e affermano che le preghiere e le benedizioni, stabilite dagli Uomini della Grande Assemblea, debbano essere rivolte a zeir anpin, in congiunzione con i partzufim superiori, nonostante siano essi stessi oggetto di creazione. Essi credono che la palese contraddizione presente nella loro dottrina sia risolvibile, in quanto, a loro dire, servono l'anima che è nei partzufim. La verità è che, invece, essi hanno abbandonato la vera fede, quella espressa in tutte le Sacre Scritture, tramandata con la Legge orale, per cui il nostro Dio, Benedetto il Suo Nome, non è corpo, né anima di un corpo. Essi teorizzano molti corpi e molti indumenti di Dio, descritti nei minimi particolari, in cui vengono soffiate le "anime" dal loro Ein Sof, trascendente e irraggiungibile alla preghiera dei mortali. Tutte le mitzvot ed i racconti della Torà sono in rapporto con il "Corpo del Re" (gufa d'malka) e le sue mani, i suoi piedi, ecc. Essi sostengono che anche quando si parla del corpo della sefirà, o della sua anima o del suo indumento, si tratta comunque di un'entità completa, perché tutti i partzufim derivano dall'essenza dell'ein sof, come "una chiocciola il cui guscio fa parte del corpo". Così si sviluppa la catena, come un figlio da suo padre, per cui zeir anpin viene chiamato figlio di aba e di ema. E lui che regna sopra tutte le creazioni e le alimenta, in ottemperanza ai comandi di suo padre e di sua madre!

Chi ha un buon orecchio non potrà che inorridire. Ma il Creatore che ci ha fornito gli orecchi ci ha dato anche uno spirito di comprensione e di discernimento per capire che il loro pensiero è analogo a quello della generazione di Enosh, che teneva in grande onore i parto della propria immaginazione e attribuiva loro il nome <148> di dio, servendo tali creazioni fantasiose, convinti di attirare l'influsso del Dio Superiore! E se uno volesse sostenere che la generazione di Enosh era veramente idolatra perché si prostrava ad immagini materiali create dalle loro stesse mani, mentre i kabalisti si guardano bene dal servire idoli materiali, ma parlano solo di aspetti simbolici, noi gli risponderemo che è esattamente la stessa cosa. Ma è l'idea di base che li accomuna. I nostri Saggi ci hanno spiegato che la proibizione non riguarda solo colui che costruisce con le sue mani un idolo, ma anche colui che lo ha partorito nel suo pensiero, perciò è scritto "Non avrai altri dèi al Mio cospetto". Tale è anche il significato del verso "affinché tu non alzi gli occhi al cielo ed, ecco, vedendo il sole, la luna, le stelle, tu elevi il pensiero" ecc. Tutto è qui incluso. Anche pensare a "divinità" e "poteri regnanti" di qualsiasi creazione ed emanazione. Vengono tutti inclusi nella categoria di "Schiere Celesti", per le quali la Torà ci ha severamente proibito il servizio. Anche se non li si chiama con il nome di Dio, essi hanno sostanza. Dio ha creato gli elementi, non perché siano venerati, ma perché il mondo proceda secondo la Sua Volontà. Essi sono servitori che stanno davanti al Re, pronti ad eseguirne la volontà. Così è scritto "Migliaia di moltitudini Mi servono e innumerevoli Mi stanno davanti". Essi non devono essere oggetto di culto, perché il servizio va solo ad Ha-Shem, la nostra Rocca. Egli solo è il potente Creatore dell'Universo ed Egli solo è vicino a coloro che Lo invocano con sincerità d'intenti. Ed anche se tutte le creazioni Lo chiamassero contemporaneamente, il Glorificato, in quello stesso momento, ne ascolta la preghiera e risponde ad essa, esaudendo la richiesta se la persona lo merita, in base alle sue azioni. Poiché soltanto le cattive azioni della persona impediscono che la richiesta venga esaudita, come è scritto "Concedi all'uomo secondo la sua intenzione, secondo il frutto delle sue azioni", ed è anche scritto "poiché i vostri peccati vi separano dal vostro Dio".

 

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In Sanhedrin (1) , sul verso in cui Israele proclama la lode al vitello d'oro "Questi è il vostro Dio (i vostri dei), o Israele, che vi hanno fatto salire (he-elucha con la "vav", al plurale) dalla terra di Egitto", è scritto: "R. Yehudà disse: Se non per la "vav" di he'elucha tutti i nemici di <149> Israele sarebbero stati distrutti; R. Shimon b. Yohai gli rispose: (in tutti i casi) chiunque associ il nome di Dio con qualsiasi altra cosa viene estirpato dal mondo, come sta scritto "a Dio solo". Che cosa viene ad insegnarci, dunque, la parola "he-elucha" ? Che desideravano molti dei. R. Yehudà ritiene che la "vav" o segno plurale di he'elucha (rendendo così eloheha, i vostri dèi) indica la loro credenza in una pluralità di divinità, mentre se il vitello fosse stato inteso al singolare avrebbe potuto essere associato ad un unico dio. Pertanto il loro peccato sarebbe stato meno grave e Israele avrebbe meritato la distruzione di tutti i suoi nemici. E R. Shimon b. Yohai ritiene, d'altro canto, che il loro peccato sarebbe stato meno grave perché si tratta di associazione e chiunque "associa" non merita la distruzione dei suoi nemici.

Distinguete bene tra la vera Kabalà dei Saggi e quella dei nuovi kabalisti. Questi ultimi sostengono che Ha-Kadosh Baruch-Hu, nella Sua più elementare e semplice Essenza, non è l'oggetto delle nostre preghiere e così l'intenzione delle nostre azioni non va rivolta a questo aspetto di assoluto. Egli da solo non è in grado di aiutare, né ha la facoltà di redimere alcuno, se non si è prima congiunto con i partzufim e in particolare con zeir anpin. Solo allora si può parlare di servizio, di preghiera e di benedizione. E necessario però congiungere zeir anpin con la sua controparte femminile, come pure con gli altri cinque partzufim. In questo modo la preghiera sarà esaudita, perché viene attuato il giusto modo di combinare Dio con i suoi attributi. Questo è vero e proprio "shituf"! Perché, secondo loro, Dio da solo non è in grado di operare se non si è prima congiunto con i partzufim. Non c'è "associazione" maggiore di questa! E proprio a R. Shimon b. Yohai, che nella vera Kabalà del Talmud era stato il più esplicito ad avversare le associazioni e le congiunzioni, è stata attribuita la falsa kabalà dell'autore mendace dello Zohar! Ma la fede pura e incorrotta consiste nel credere, in modo assoluto, che Dio solamente ha il potere e il regno sopra tutte le creazioni ed è grazie alla Sua Bontà che queste sono entrate in esistenza. Nelle preghiere, nelle azioni e nelle mitzvot comandateci, la nostra unica intenzione deve essere rivolta ad Ha-Shem, alla Causa Prima priva di congiunzioni o di associazioni di alcun genere. Poiché tutto ciò che esiste ha bisogno di Dio, ma Dio non ha bisogno delle Sue creazioni. Ho sentito poi qualche stolto argomentare che l'associazione si attua solo quando uno la esprime a parole; questo è falso, perché quando uno pronuncia una <150> benedizione o una preghiera e menziona il Nome, mentre la sua vera intenzione è quella di associarLo con un altro potere e un'altra emanazione, egli, in realtà, sta compiendo un atto di idolatria. Leggiamo quanto è scritto in Kiddushim (2): "Ciò che è scritto: "Affinché tu ricerchi la Casa di Israele dentro ai loro cuori" va riferito al pensiero di idolatria. Perché è sufficiente che uno lo pensi per essere considerato tale anche nell'azione. Cosicché chiunque si rivolge a zeir anpin pratica l'idolatria. È su di lui che vanno riferite le parole del Rambam "Tu sei vicino nelle loro bocche, ma lontano dai loro lombi (pensieri)".

 

1) Cap. Dalet mitot.

2) Kidushin 39 e Hullin 142.

 

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Leggiamo ora la Ghemarà in Menahot (1) : "R. A. ben Yitzhak ed alcuni dicono R. Yehudà disse nel nome di Rav: "Da Tiro a Cartagine riconoscono Israele ed il loro Padre in cielo, ma da Tiro ad ovest non riconoscono né Israele, né il loro Padre in cielo". R. Simi b. Yihia risolveva una contraddizione davanti a Rav. Sta scritto "Dal levarsi del sole fino al suo tramonto (2)". Gli altri chiamavano il Dio d'Israele il "Dio degli Dèi". Il Maharsha spiega questa passo: menziona prima Israele, poiché è tramite Israele che la conoscenza dell'Onnipotente veniva resa nota al mondo e così Egli è il Dio d'Israele la cui Provvidenza sovrasta tutta la terra, così come il loro Padre in cielo; ma da Tiro verso ovest, siccome non riconoscono Israele, non hanno conoscenza del loro Padre in cielo, la cui conoscenza è in questo mondo; credono invece che Egli è il Dio degli Dèi (Elohei ha-elohim), che trasmette alle divinità sottostanti il potere e il regno, mentre Egli stesso non scruta il mondo inferiore.

Rivolgete il vostro cuore, preziosi lettori, alla vera sapienza dei Saggi. Aprite i vostri occhi per vedere la luce e così vi convincerete che l'opinione dei kabalisti secondo cui l'Eterno è al di sopra di ogni pensiero concepibile per cui bisogna pregare solo zeir anpin (che ha ricevuto il potere regnante) e chi si rivolge <151> a Dio Altissimo (da loro nominato Ein Sof) non viene esaudito, concorda esattamente con l'opinione summenzionata delle popolazioni ad occidente di Tiro e ad oriente di Cartagine. E coloro che sono dell'opinione che il Nostro Padre nei Cieli è troppo in alto, per scendere ad interessarsi degli eventi dei livelli inferiori, ragiona come i nuovi kabalisti, che hanno spiegato che i cinque partzufim hanno delegato a zeir anpin il potere regnante e lui si occupa degli avvenimenti umani. Ben si adatta la rampogna del profeta Isaia ad Israele "È troppo corta la Mia mano che Io possa redimere? Non ho forse la potenza per salvare?"... se non che venga aiutato dai partzufim che sono sotto a me? O li abbia delegati al posto Mio? Ma la Causa Prima comandò chiaramente di non servire altre creazioni. Egli non è il potere dentro ad un corpo come sostengono i nuovi kabalisti (3).

 

1) Cap. Harei alai issaron, pag. 110.

2) Per indicare che tutto il mondo riconosce Dio.

3) Zohar, Balak, 191 e Ha'azinu, 292.

 

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Così bisogna proclamare manifestamente che l'intera dottrina dello Zohar, relativa a Dio, contrasta con la fede di R. Shimon b. Yohai, che disse "Chiunque associa il Nome di Dio ad una qualsiasi altra cosa viene estirpato dal mondo". È una volgare profanazione ritenere che il pio Tanai, R. Shimon b. Yohai, o chiunque altro tra i Saggi, abbia mai pensato o affermato che si debba servire zeir anpin, congiungendolo nel pensiero ad Ha-Shem Elohenu, che sarebbe l'anima di questi partzufim; inoltre, le preghiere ai partzufim andrebbero a questa "neshamà" che è parte dell'ein sof; che ognuno dovrebbe unire i partzufim maschili e femminili, rappresentati nel Tetragramma ("Yod", hochmà nominato aba; la prima "he", binà nominata ema; "vav", tifferet cioè zeir anpin; l'ultima "he", malchut cioè nukve); che la prima menzione del Nome in "Shemà Israel" va riferita ad aba, Eloheinu ad ema, mentre la seconda menzione del Nome va riferita a zeir anpin (tiferet) e Uno sarebbe malchut; infine, che bisogna <152> congiungerli e legarli insieme, cosicché i quattro diventano uno. (1) Per loro Yihud (unità) significa congiungere e combinare nel pensiero le diverse categorie immaginate e disegnate nella loro fantasia come "luci separate", finché diventano un'unità. Per questo dicono "Per l'amore di congiungere Kudshe Brich Hu con Shechinte, per unire il nome "yod" con la "he" ecc. (2). Quando il fedele pronuncia questa frase deve tenere in mente aba, ema, zeir anpin e nukve, indicati nel Tetragramma, insieme con arich e atik, accennati nel "punto della yod". Quando i Saggi dissero che un sacrificio veniva portato per sei motivi e cioè il sacrificio in sé, per colui che lo presenta, per Ha-Shem, per il fuoco, per il profumo e per il piacere (la Ghemarà spiega che il piacere è quello di Dio in quanto viene adempiuta la Sua Volontà), perché non inclusero anche la formula "per l'amore di Kudshe Brich Hu e Shechinte?". Il motivo è semplice: i Saggi ritenevano che Ha-Shem Baruch-Hu fosse Unico, di un'Unità Assoluta, dissimile da qualsiasi altra unità. Non c'è bisogno di unirLo da parti separate, né tantomeno congiungerLo e associarLo con i differenti partzufim. È pura blasfemia permettere a tali idee di entrare nel cuore e nel pensiero, perché sono del tutto estranee alla Sacra Torà. Mai siamo stati comandati di unire, congiungere e associare ha Shem ad un'altra creazione; la nostra fede ci impone di credere e riconoscere che Egli è Uno, come sta scritto "E tu riconoscerai questo giorno e lo imprimerai nel tuo cuore che Ha-Shem è il nostro Dio nei cieli di sopra e sulla terra di sotto, né vi è altri con Lui".

 

1) Zohar va-ethanan, 263 A.

2) Questa espressione è persino entrata nei testi di preghiera, a seguito dell'influenza dei kabalisti che pronunciano tale formula prima di iniziare un rito o una preghiera.

 

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In S. Mitzvot Gadol è scritto (1): "È un precetto positivo credere e ascoltare (ricevere su di sé) che Dio è <153> Uno nei cieli e sulla terra e nelle quattro direzioni del mondo, come è scritto "Ascolta, o Israele, il Signore nostro Dio, il Signore è Uno". "Ascolta" significa "ricevere", come in "Tu ascolterai i Cieli" ecc. (nel senso "tu riceverai su di te il giogo del cielo"). Questo è differente da ogni altro "uno"; un re è uno nel suo paese ma non è uno in tutti i sensi; ci sono infatti uomini nel suo paese simili a lui e così anche ce ne sono in altri paesi; se un angelo scendesse sulla terra, ci sarebbe un angelo nella terra, ma non è uno in tutti i sensi, dal momento che esistono altri angeli nei cieli che gli sono simili. Ha-Shem Elohenu, invece, è Uno in tutti i sensi. R. Sa'adya Gaon rispose ai miscredenti che sostenevano che Egli è due o tre. "Se uno non può fare qualcosa senza l'aiuto di un altro, tutt'e due sono deboli; se uno, invece, è in grado di sopraffare l'altro, entrambe sono costretti; se ambedue sono liberi di fare ciò che vogliono, allora quando uno desidera la morte di un uomo, per fare un esempio, e l'altro ne desidera la vita, sarebbe logico che lo stesso mortale vivesse e morisse contemporaneamente; e se uno dei due fosse in grado di celare una cosa all'altro, sarebbero costantemente in azione e si affaticherebbero (perché uno deve annullare l'azione dell'altro)". Il Gaon continua nella spiegazione, ma a noi è sufficiente comprendere che tutto Israele possiede questa fede, impressa fermamente nei cuori, per la quale il Fattore di tutto è Uno, come è scritto "Dio è Uno" e così anche "Vedi ora che sono Io, Io sono Dio e non c'è altri con Me". Osserva e medita, prezioso lettore, le succitate parole del S. Mitzvot Gadol e di R. Sa'adya Gaon. Ai loro occhi la nostra fede è un dato di fatto semplice ed è estraneo a qualsiasi idea innovatrice. La nuova kabalà, invece, rende l'idea di Uno diversa da quello che è. Un paio significa due. I nuovi kabalisti credono che Dio contenga e includa in sé più partzufim, prima cinque e dopo dodici nel mondo di atzilut, non considerando pure gli innumerevoli partzufim sopra i mondi di creazione, formazione, azione e materializzazione. Ciascuno di questi partzufim viene associato alle lettere del Tetragramma, ad Adonai, ad Elohim, a Ha-Kadosh Baruch-Hu. I loro livelli sono divisi e distinti l'uno dall'altro. Ogni partzuf non può creare, dare la vita o la morte, se non ha prima preso il permesso dal partzuf sovrastante; come gli ufficiali di un re che danno ordini ai sottoufficiali, i quali, a loro volta, li trasmettono ai graduati minori e infine a tutto l'esercito; e ognuno opera a seconda del suo ruolo, mentre trattandosi di decisioni importanti ci si attiene solo ai decreti dei superiori. Essi chiamano questo Re Superiore adam kadmon; fu lui che pronunciò "vedete, ora, che sono Io, Io solo il Dio e non c'è altro dio con Me" e anche "Io faccio morire e faccio rivivere", siccome questo <154> adam kadmon è l'inizio dei partzufim di atzilut e non c'è nessuno sopra di lui che rifiuti la sua decisione. È davvero strano che adam kadmon non abbia bisogno di prendere permesso da adam kidma'a, che lo sovrasta e lo spazio del quale è colmato da innumerevoli mondi, oppure dall'Ein Sof, il Dio Superiore, che tutti sovrasta.

Abbiamo così visto che fino al tempo del S. Mitzvot Gadol la fede di tutto Israele era esclusivamente nell'Unità che non ha pari e questa, senza dubbio, è l'opinione della Sacra Torà, sia scritta che orale, e di tutti i Saggi del Talmud. Diversa è però l'opinione dei nuovi kabalisti che mentono quando proclamano che Dio è Uno, ma, nei loro cuori, credono che Egli sia composto da molte cause ed evoluzioni che si susseguono e che ogni causa viene chiamata Ha-Kadosh Baruch-Hu, Dio ci salvi!!

 

1) Precetti positivi.

 

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Il Ram, autore di S. ha-Ghedarim, sul significato di "emunà" scrive: "Emunà (fede, credenza) è quella immaginata nell'anima, tale come lui la rappresenta, sia essa vera o falsa, dal momento che il credente desidera immaginarla così". "Vera emunà" è tale quando uno crede che la cosa da lui immaginata nel pensiero esista nello stesso modo fuori dal suo intelletto; poiché il credere non è ciò che uno esprime con il linguaggio bensì ciò che uno afferra e immagina nel pensiero e nel sentimento (il credere segue ciò che si è già formato nel pensiero). Se questa credenza è tale, che risulta impossibile cambiarla in qualche modo, essa è una fede vera e duratura, perché concorda con la realtà e non può venir scambiata con qualsiasi altra cosa, opposta ad essa. È allora che egli crede nella verità". (1) Il commento a lato riporta le seguenti spiegazioni: — "Emunà è quella immaginata nell'anima" — ciò viene ad escludere <155> l'opinione secondo la quale la fede non è qualcosa da poter essere "afferrata" nella mente, perché essa non è tale (la fede infatti deve essere compresa, giacché uno deve capire ciò in cui crede. — vera emunà — ciò si rifà alle parole del Rambam nel Morè Nevuhim, che scrive: "La vera fede comporta tre elementi, che devono essere tra loro in completo accordo: la forma nel pensiero, la fede nel cuore, la realtà; come, ad esempio, quando uno immagina nel suo pensiero la forma di un leone e crede nel suo cuore che tale sia nella realtà delle cose, fuori di se stesso; dal momento, però, che l'anima non si soddisfa con la fede, se non alla condizione che l'intelletto sia d'accordo, diventa incombente sulla persona rafforzare la nostra fede e le nostre convinzioni, relative alla Torà, per mezzo dell'indagine intellettuale e la concordanza con altri studi, parallelamente allo studio della Torà. Poiché, una volta combinatisi insieme, l'anima si rafforza nella sua fede. Così la verità e la fede si appoggiano vicendevolmente e insieme raggiungono la perfezione e per sempre saranno unite nel cuore". Continua il Ram: "Ci sono però alcuni sedicenti saggi che sostengono che la fede sublime sia quella che è in antitesi con l'intelletto. Essi sono stati influenzati dalla dottrina cristiana. Ma questa, tuttavia, non è l'eredità di Giacobbe, poiché la nostra fede non viene traviata dall'intelletto; come è scritto: "Non paragonare Israele con le altre nazioni, che non sono uscite dalla confusione e che nelle loro opinioni. cadono in contraddizione". Così nel Kusari è scritto (ma'amar 6): "È una profanazione attribuire a Dio qualcosa di falso, dire che Egli ha incluso nella Torà qualcosa che l'intelletto respinge e considera fallace. La persona istruita capisce chiaramente che la maggioranza delle mitzvot non fu concessa affinché venisse studiata solo dalla Torà scritta ma anche dai chiarimenti dei Saggi di benedetta memoria nella Tradizione orale. La mitzvà che riguarda l'Unità è quella di credere che Ha-Shem Baruch-Hu è il vero ed indivisibile Uno. A questa fede si arriva, dopo aver negato tutti i casi, gli attributi e gli antropomorfismi (2). È il credere nella assoluta necessità del Suo Essere Unico senza mutamento alcuno. Esistono anche concetti non spiegati nella Torà scritta ed orale, i quali, se uno crede in essi in un modo non corretto, rendono impossibile la completezza della fede".

Così scrive anche il Hovot ha-Levavot "Solamente il Profeta o il vero e completo Hacham è capace di servire la Causa Prima". Pertanto è una mitzvà per noi studiare nei libri di filosofia e di teologia quei passi che chiariscono tali mitzvot, al fine di non errare nella nostra fede". <156>

 

1) Dunque il rapporto emunà-fede, emet-verità.

2) Hagshamot: il senso non è soltanto "antropomorfismo" ma anche l'attribuire a Dio una qualsiasi qualità presente nel mondo materiale.

 

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Quanto in precedenza espresso secondo cui la mitzvà dell'Unità di Dio viene inclusa nella categoria di "concetti" non spiegati nella Torà scritta ed orale appare strano ai miei occhi per vari motivi. È noto che il metodo usato dai Saggi della Mishnà e del Talmud era quello di menzionare ciò che si sarebbe potuto dubitare per quel che riguarda la cosa proibita (assur) e quella lecita (mutar). Quando, però, non esisteva dubbio alcuno, il Tanai non la menzionava. Ecco quanto spiega il Rambam (1) : "Soltanto le cose che potevano essere messe in dubbio, in relazione al loro essere proibite o permesse, vennero spiegate nella Mishnà; il proibire qualcosa che uno avrebbe potuto pensare fosse permesso o il permettere qualcosa che uno avrebbe potuto pensare fosse proibito. Le cose ben conosciute, però, non vennero menzionate nella Mishnà. È per questo motivo che quando la Mishnà tratta di una cosa ben conosciuta, la Ghemarà domanda sempre: ma questo non è semplice (peshità)? E dopo: "Cosa ci viene ad insegnare ( = Mai k'mashma lan)? È già stato chiarito dalle parole del S. Mitzvot Gadol che l'Unità di Dio (almeno fino al tempo in cui uscì quel libro) era fermamente radicata nei cuori di tutto Israele. Quanto di più all'epoca dei nostri Saggi della Mishnà e del Talmud. Peraltro, il concetto viene ribadito in molti punti della Torà, dei Profeti e nelle Sacre Scritture: "Ascolta, o Israele, il Signore, nostro Dio, il Signore è Uno". "E riconoscerai questo giorno e lo imprimerai nel tuo cuore che Ha-Shem è Dio nei cieli di sopra e sulla terra di sotto, né vi è altro dio". "Non c'è altro dio all'infuori di Lui". "Vedi, ora, che sono Io, Io sono Dio e non c'è altro Dio con Me". "Dio governa da solo e non vi è un altro dio con Lui". "Io ho steso i cieli da solo, chi era con Me quando stesi la terra, chi Mi ha preceduto?". Ci sono in verità, molti versi che trattano la Sua Unità e il Suo Essere <157> Primo. Questa convinzione era ben radicata nella nazione di Israele e pertanto non c'era bisogno di spiegazioni. Inoltre la negazione di un qualsiasi pensiero materiale o antropomorfico viene espressa in più punti nella Torà scritta: "Poiché non avete visto immagine alcuna". "Avete ascoltato la Voce, ma nessuna immagine avete visto". "Con chi Mi potresti paragonare o confrontare?". "A chi Mi renderesti simile?" Così anche la negazione di un qualsiasi cambiamento in Ha-Kadosh Baruch-Hu, nel verso: "Io sono Iddio, non sono cambiato".

I Saggi, tuttavia, si sono permessi di citare, nel Talmud e nei Midrashim, le domande dei miscredenti e dei negatori della nostra fede, riportando così le loro risposte, per cui c'è materiale a sufficienza per insegnare il giusto modo dell'Yihud Ha Shem. Più tardi questi argomenti furono discussi da R. Sa'adya Gaon, Rambam, R. Behiya, R. Eliezer di Garmiza, R. Yehudà ha- Levi ed altri. Inoltre i Saggi cercarono di minimizzare, per quanto possibile, l'uso di nomi descrittivi, che potessero far pensare a due poteri regnanti, così, ad esempio, colui che dice "Ascolta, ascolta" oppure "ringraziamo, ringraziamo" viene subito zittito. (2) Troveremo ulteriori spiegazioni della vera Kabalà, relativa all'Unità del Nome, studiando con attenzione i Targumim tramandati dai Saggi, ossia il Targum di Onkelòs, il proselita che tradusse la Torà grazie alla tradizione diretta di R. Eliezer e R. Yehoshua; e anche il Targum di Yonatan b. Uziel, l'allievo più anziano di Hillel, che tradusse i Profeti rimanendo fedele alla tradizione ricevuta da Hillel. Essi hanno inculcato al popolo la vera Fede e hanno fissato le giuste interpretazioni dei versi, affinché non sorgesse qualche dubbio nella tradizione trasmessa e accettata. (3) Ed a tale riguardo i Saggi si espressero: "Colui che traduce un verso alla lettera ne falsifica il significato" poiché il verso si esprime con un linguaggio lato, associato, sincopato, preso in prestito (da altri aspetti), anacronistico. Perciò deve essere tradotto esattamente come è stato trasmesso e ricevuto dai Saggi. Nel Talmud si racconta che quando Yonatan b. Uziel terminò di tradurre i Profeti "una voce (bat kol) scese e disse "chi ha rivelato questi segreti ai figli di Adamo?". Anche R. Yosef aveva spesso affermato: se non per il Targum di questo verso non ne avremmo compreso il significato.

Nel Midrash ha-Gadol <158> sul verso "Videro il Dio di Israele" (4): R. Eliezer disse: Colui che traduce il verso alla lettera lo falsa e colui che aggiunge alcunché al verso è blasfemo e schernitore; ad esempio, se uno traduce il verso "Videro il Dio d'Israele" alla lettera lo ha falsato, perché Dio vede ma non è visto; se, però, lo traduce "Videro lo Splendore (Yekar) della Presenza Divina (Shechinà) del Dio d'Israele" è blasfemo perché, così traducendo, hanno formato una trinità (yekar, shechinà, el)." (5) Contro la credenza della Trinità, proposta nel periodo mishnaico dai discepoli di Gesù, i Saggi spiegavano il verso "Io sono il Signore, tuo Dio che ti ha fatto uscire" ecc. (6): Ha-Kadosh Baruch-Hu disse: un re di carne e sangue ha un padre o un fratello o un figlio, ma Io no, poiché "Io sono il Primo" per cui non ho un padre e "Io sono l'Ultimo" per cui non ho un figlio e "all'infuori di Me non c'è altri" per cui non ho un fratello".

Ma ecco che anche i nuovi kabalisti hanno adottato la credenza cristiana del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, come si può capire dalle parole dell'Oz l'Elohim: (7) "Dal momento che malka d'kol kadishin non è mai separato da esso e splende nel cuore di zeir anpin, il cuore di atzilut, viene anch'esso chiamato "la luce scura" (buzina d'kardinuta), che risplende nel cuore di zeir anpin di atzilut. Così, quando viene chiamato con questo nome, il riferimento va all'anima e non al suo indumento, come avviene con gli altri nomi. È lui che è chiamato Re dai figli d'Israele. Egli è il nostro Re e noi siamo i suoi sudditi ed a Lui vanno le nostre preghiere e le nostre intenzioni; persino aba ed ema sono scrupolosi nell'onorare questo figlio e lo temono perché Egli è il Re che regna su tutto; e sebbene questo Sacro Figlio sia originato da aba ed ema, spiegheremo in seguito che Egli è fondamentale; per adesso vi porto un esempio. Se c'è un re che ha un padre e una madre, chi è giusto servire? Certamente il re, ed anche suo padre e sua madre hanno bisogno di lui, perché è lui il re. È su di lui che fu pronunziato il verso "nashkù bar pen ye'enaf" (8) (spiegato nello Zohar) "Bacia le mani di questo Figlio Sacro" poiché a lui fu concesso il regno su tutti ecc. Perciò anche aba ed ema hanno bisogno di lui".

Quanto riportato è in netto contrasto con il Midrash summenzionato e con quanto è scritto nel Talmud Yerushalmì (9): Qual è il sigillo (hotam) di Ha-Kadosh Baruch-Hu? R. Babi nel nome di <159> R. Reuben: "Emet" (verità). Cos'è la verità? R. Bun disse: Che Egli è il Dio Vivente e il Re dell'Universo; Reish Lakisk disse: "Alef" è la testa dell'alfabeto, "Mem" è nel mezzo dell'alfabeto, "Tav" è l'ultima lettera dell'alfabeto (10): questo ci insegna che "Io sono Ha-Shem, il "Primo" che non ha ricevuto da nessun altro"; "all'infuori di Me non c'è altro dio che non ha alcun socio"; "l'Ultimo sono Io" che non lo darò mai (il mio onore) ad un altro.

Nella versione di Shir ha-Shirim Rabbà si legge: (11) Reish Lakish disse: "Cos'è la verità? Che non ho ricevuto il Mio regno (malhutì) da un altro; che non esiste un secondo ecc. L'Etz Yosef spiega che questi tre fondamenti, l'essere Primo, l'essere Uno e l'essere Eterno, appartengono solo a Dio.

Vediamo quindi che lo Yerushalmì, il Shir ha-Shirim Rabbà e Shemot Rabbà sono in completa concordanza con i principi della Sua Unità che, più tardi, vengono ripresi dal Rambam. Lo Zohar ed i kabalisti, invece, contraddicono questi principi, perché influenzati dalla credenza nella trinità! Siccome al tempo dei Saggi Israele era fermamente radicato nella fede dell'Unità del Nome, non c'era bisogno di spiegare nella Mishnà e nel Talmud che chiunque considerasse l'esistenza di emanazioni originate dal Creatore e affermasse che esse fossero "Uno" con il loro Emanatore, stesse compiendo un atto di idolatria. Tale infatti fu il concetto che si affermò in seguito con la fede cristiana del Messia. Tuttavia, già dapprima si era espresso in tal senso R. Shimon b. Yohai quando disse: "Chiunque associ al Nome di Dio una qualsiasi altra entità viene estirpato dal mondo". Pertanto S. Mitzvot Gadol scrisse che non era necessario dilungarsi, perché tutto Israele era radicato fermamente nella sua Fede dello Yihud Ha-Shem.

 

1. Commento alla Mishnà, cap. 7 Berachot.

2. Vedi qui cap. 25.

3. Spiegato da Rambam e R. Sa'adya Gaon. Vedi introduzione generale di R. Adler, autore di Netinà la-gher.

4. Shemot Rabà, parashat Mishpatim.

5. Vedi riferimento in fine meghilà sull'espressione di R. Nissim. In ogni caso, la giusta traduzione è "Videro lo splendore del Dio di Israele". —

6. Midrash Rabbà, parashat Yitrò.

7. Beit kodesh ha-Kedoshim.

8. Vedi qui.

9. Dinei mamonot.

10. Di "emet" alef-mem-tav.

11. Vedi Talmud, avodà zarà, cap. Ein rna'amidim riguardo ai "minim" e Yerushalmì, cap. Shemonà sherazim — di Ben Dama che fu morso da un serpente ecc. — vedi Rambam, cap. 9, Avodà zarà. <160>

 

 

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L'autore di S. ha-Ghedarim sulla parola "Yihud" spiega: Yihud, che deriva da yahid (singolo, unico), indica la vera Unità che non contiene in sé congiunzione (harkavà) alcuna. Tale concetto può essere capito soltanto da un Hacham, avvezzo alla riflessione, che conosce i modi di negazione dei concetti materiali. L'ignorante, però, non li conosce e lo stolto non li comprende. La mitzvà di riconoscere l'Unità del Suo Nome deriva dal verso "Ascolta, o Israele, il Signore, nostro Dio, il Signore è Uno".

È noto che le leggi relative ad una mitzvà non devono essere decretate esclusivamente dalla Torà scritta, ma devono avere il supporto della Tradizione orale che le spiega. Sul coman