Autore: Peretz Green

Traduzione: Davide Levi

 

I Cinque Libri del Patto

 

Quarta Tavola – Aharon

 

Passo 1 – (Esodo 4, 14-16) (14) Allora il Signore si sdegnò contro Mosè e disse: "C'è Aharon, tuo fratello, il Levita, Io so che lui sa parlare; egli sta per venirti incontro e quando ti vedrà gioirà nel suo cuore. (15) Tu gli parlerai e gli suggerirai le parole che dovrà dire. Io poi ispirerò la tua bocca e vi indicherò quello che dovrete dire. (16) Egli parlerà in tuo nome al popolo; in modo che egli sarà per te il portavoce e tu sarai l'ispiratore della parola divina. (ibid. 30) Ed Aharon ripeté tutto quanto il Signore aveva detto a Mosè e fece i prodigi alla presenza del popolo. (Ibid. 6, 13) E il Signore parlò a Mosè e ad Aharon, incaricandoli di recarsi dai figli d'Israele e dal Faraone, re d'Egitto, con l'ordine di fare uscire i figli d'Israele dalla terra d'Egitto. (Ibid. 7, 1) E il Signore rispose a Mosè: "Tu sarai come Dio davanti al Faraone e Aharon tuo fratello sarà il tuo profeta (neviecha)".

I versi summenzionati dimostrano la grandezza di Aharon, il fratello maggiore di Mosè, ancor prima di diventare Sommo Sacerdote. Aharon era amato da Dio Onnipotente ed era un profeta che ricevette le Sue parole.

Lo sdegno di Dio verso Mosè era dovuto alla sua eccessiva umiltà, che travalicava la giusta misura. Mosè era stato prescelto per la sua umiltà interiore, ma Ha-Shem non desiderava che a causa di questa sua virtù egli non si sentisse degno di compiere la missione che gli aveva destinato.

Per sette giorni interi Mosè rifiutò la missione fino a quando, come spiegato dal Maestro Haim, i suoi piedi iniziarono a camminare da soli; sorpreso, domandò: "Cos'è? Signore del mondo?" Ha-Shem gli rispose: "Se accetti la Mia volontà, bene, o, altrimenti, ti manderò tuo malgrado". E fu allora che Mosè accettò e chiese a Dio di congedarsi prima dai suoi cari. Ha-Shem accettò, e Mosè disse: "Aharon è il mio fratello maggiore, non è forse più degno di me?". Allora Dio si adirò contro Mosè e disse: "Certo, Aharon, tuo fratello, il Levita, so bene che sa parlare; egli ti sta venendo incontro e gioirà nel suo cuore vedendoti".

Mosè agì non per mancanza di fede, mai sia!, o per testardaggine, ma a causa della sua eccessiva umiltà, fuori luogo in quella contingenza. Perché a cosa sarebbe servita l'umiltà se non si fosse compiuta quella missione di salvezza a beneficio del popolo intero?

Tale fu la differenza in quella settimana di "trattativa" fra il Signore, Benedetto sia il Suo Nome in eterno, e Moshe Rabbenu: quest'ultimo, per la sua eccessiva umiltà, pensava di non essere degno di quella missione, mentre Dio Onnipotente pensava in che modo salvare il popolo. Mosè non capiva che proprio in virtù della sua umiltà era stato prescelto.

Se non fosse per questo punto, in che modo Ha-Shem avrebbe accettato un simile rifiuto da parte di un qualsiasi altro delegato? Mosè, tuttavia, era molto amato da Dio perché era l'uomo più umile sulla faccia della terra; perciò Ha-Shem fu disposto ad insistere per una settimana intera, ascoltando le sue remore e rispondendogli con pazienza.

Dopo sette giorni, Ha-Shem ordinò ai piedi di Mosè di mettersi in cammino in modo autonomo; e quando Mosè fece il nome di suo fratello, Dio gli ricordò, che a causa della sua eccessiva umiltà, si era dimenticato della conoscenza di Dio (come se Mosè anteponesse la grandezza di Aharon a quella di Dio), per cui gli disse: "Non sapevo forse che Aharon parlerà al posto tuo? Ma non sei certo tu a dovermelo rammentare; tuttavia, ecco te lo sto mandando, perché ho già preparato quanto necessario per compiere la missione; poiché Io ispirerò la tua bocca e vi indicherò cosa dovrete dire - in modo che egli sarà il tuo portavoce e tu sarai l'ispiratore della Mia parola".

 Passo 2 – Possiamo qui constatare l'elevato livello di Aharon davanti a Dio, che lo aveva destinato come secondo in quell'incredibile missione. In generale, la redenzione ha bisogno di due persone come in questo caso: "Tu sarai come Dio davanti al Faraone e Aharon tuo fratello sarà il tuo profeta". Il livello di Aharon è noto nella Tradizione sia come Sommo Sacerdote, sia per il suo amore e la sua vicinanza verso il popolo di Israele, che contraccambiava il suo affetto.

In questo scritto dobbiamo cercare di capire il peccato che persino "i tuoi padri non avevano riconosciuto" (parashat Ha'azinu) e di cui si macchiò Aharon che non fu in grado di riconoscere l'intenzione idolatra del Vitello d'oro voluto dalla moltitudine mista e da una parte del popolo stesso.

 Passo 3 – Sarà bene, prima di tutto, considerare la connessione tra quel peccato e il peccato degli ultimi quattro secoli, ba-avonot, ossia il peccato della dottrina di Emanazione dello Zohar e di tutta la successiva falsa Kabalà. Per poterlo fare, dobbiamo approfondire le parole del Secondo Comandamento.

La nostra visione rientra nella logica generale della Redenzione Finale in cui ciò che è scritto nella Torà va compreso nel contesto di una nuova interpretazione, tramite le Chiavi che ci fornisce il Goel Haim.

In Isaia (44, 6) è scritto: "Io Sono il Primo e Io sono l'Ultimo e non c'è altro Dio al di fuori di Me". Quando arriva il periodo storico di "Io sono l'Ultimo", si completa l'intero verso che esclude, in modo categorico, ogni altra divinità al cospetto dell'Eterno.

Nel mondo, in generale, il vero Dio sarà conosciuto nei giorni della Redenzione Finale come scritto in Geremia (31, 34): "E non insegneranno più ciascuno il suo compagno e ciascuno il suo fratello dicendo: "Conoscete l'Eterno!", poiché tutti Mi conosceranno dal più piccolo al più grande, dice il Signore". Ancora ai nostri giorni ci sono molti che non conoscono il vero Dio e praticano l'idolatria. Il mondo è pieno di culti idolatri, di ogni tipo e di ogni forma; ma il peggiore è senza dubbio la venerazione del dio Mamon, il culto satanico del dio Denaro. Esso ha una potenza incredibile e fa cadere i più convincendoli ad adorarlo, e chi diventa succube del suo potere non ha la forza di ribellarsi, ignaro spesso del proprio peccato.

Ci sono poi alcuni miscredenti che, dall'alto della loro superbia intellettuale, si reputano superiori e considerano inferiori o primitivi coloro che ripongono la loro fede in Dio. In verità, antepongono il loro intelletto alla saggezza di Dio e questo è un grave peccato di superbia.

E non mancano altresì gli idolatri del sesso, che provano piacere ad infrangere le proibizioni dettate da Dio e a praticare il sesso contro natura. Il loro comportamento va contro il Dio della Torà, che ama la modestia, il pudore e i pensieri puliti e detesta la promiscuità e la fornicazione.

Esistono ovviamente molteplici forme di idolatria, soprattutto in Asia e in Africa, dove sussistono a tutt'oggi culti pagani a statue ed immagini. Senza dimenticare che anche il Cristianesimo è ben lontano dalla vera fede monoteista del Secondo Comandamento.

Passo 4 - Tuttavia, i versi che nella Torà parlano di idolatria non sono riferiti alle nazioni, in generale, ma anche al popolo d'Israele, in particolare e non solo ad Efraim, ma anche a Giuda. Non è possibile che le profezie riguardanti l'idolatria riguardino il solo passato. Infatti, "le azioni dei Patriarchi sono segni per i loro discendenti". Il verso della Torà allude ad Abramo per la Prima Redenzione, ad Isacco per la Redenzione di Purim e a Giacobbe per la Redenzione Finale. I 20 anni che Giacobbe trascorse presso Labano rappresentano i 2000 anni della diaspora ebraica tra le nazioni. Importante è l'allusione che riguarda Giacobbe, nostro padre, quando fa ritorno a Beth El, nella terra di Canaan, dopo la riconciliazione con Esaù.

Passo 5 – (Genesi 35, 2-4) (2) Giacobbe disse ai suoi familiari e a tutti quelli che erano al suo seguito: "Togliete gli dèi stranieri che sono fra voi, purificatevi e cambiatevi gli abiti. (3) Poi ci leveremo e ci recheremo a Beth El dove farò un altare a Dio che mi esaudì nel tempo della mia angustia e fu con me nel viaggio che intrapresi". (4) Essi consegnarono a Giacobbe tutti gli dèi stranieri che erano in loro possesso e i pendenti che avevano agli orecchi e Giacobbe li seppellì sotto la quercia (ha-elà) che era presso Scehem.

Ecco un'allusione al tempo della Redenzione Finale nella quale Giacobbe, nostro padre, nomina l'Eterno, e il suo ritorno a Canaan coincide, in termini storici, con la creazione dello Stato di Israele nel 1948, e il tempo che intercorre tra il suo ritorno e il suo arrivo a Beth El allude al periodo che intercorre tra la fondazione di Israele e la futura costruzione del Terzo Tempio Finale a Gerusalemme.

Pertanto non è necessaria alcuna fede in più per capire che tra il ritorno di Giacobbe a Canaan e la sua ascesa a Beth El ci sono ancora divinità straniere che devono essere rimosse, perché l'idolatria impura ostacola la Gheulà Shlemà. Questo segno storico dell'esistenza di Israele è già fissato nel disegno di Ha-Shem e non scomparirà mai più.

Cerchiamo di capire a quale peccato idolatra si fa allusione.

Il verso summenzionato dice: (Gen. 35, 4) "E consegnarono a Giacobbe tutti gli dèi stranieri che erano in loro possesso e i pendenti che avevano agli orecchi e Giacobbe li seppellì sotto la quercia (ha-elà) che era presso Scehem".

"E consegnarono" propriamente rimossero e consegnarono qualcosa che possedevano; questo perché quando verrà riconosciuto il terribile errore, la dottrina idolatra dello Zohar e tutta la susseguente falsa Kabalà verrà rimossa perché considerata idolatria nella forma e nella sostanza.

"E i pendenti che avevano agli orecchi": peggio era se li avessero tenuti nascosti nelle tende e non li avessero ostentati in pubblico. Per cui non ci fu migliore correzione che quella di raccoglierli e sotterrarli sotto la quercia (qui va sottolineato che 'elà' in ebraico oltre a 'quercia' significa anche 'anatema'), alludendo con ciò allo Herem mi Deoraita (anatema lanciato dalla Torà) contro i partzufim e le sefirot dello Zohar e tutti gli altri idoli stranieri derivati, inclusi il falso messianesimo di Habad o la Scuola kabalistica di Ashlag (col suo commento allo Zohar, il Sullam).

 I pendenti agli orecchi alludono a quei rqbbini che credono nello Zohar e ostentano la loro dottrina con tanto di commenti nelle loro omelie sinagogali; ne sono orgogliosi e si pavoneggiano con le loro competenze di misticismo. Ma tale dottrina è fine a se stessa e non ha basi vere. Qualunque cosa ne venga fuori sembrerà logico e corretto come la dottrina cristiana della Trinità che una volta accettata come assioma ha fatto sfornare migliaia di scritti. Ebbene, tali dottrine sono fondamentalmente false perché speculano su Dio e sostengono che la Causa Prima si sia emanata in forme inferiori oppure sia associata a forme umane, Dio ci salvi!

Passo 6 – Il saggio cristiano che abbraccerà la vera fede disconoscerà la dottrina che gli hanno insegnato al catechismo; la fede in un Dio Uno, Creatore del tutto, è la verità. Dio non può "incarnarsi" in un Figlio e Dio non può avere una Madre. Tutto ciò va contro il puro monoteismo. E non si può fare di un'assurdità un atto di fede!

"E Giacobbe li seppellì sotto la quercia". Dopo aver raccolto gli dèi stranieri, nostro padre Giacobbe non li frantumò e non li bruciò, ma li sotterrò sotto la elà. Elà ha due forme con tzereh, quercia, oppure alà (anatema, maledizione) verso chi pratica l'idolatria. I figli di Israele furono così messi in guardia: se avessero praticato l'idolatria sarebbero stati sepolti sotto una coltre di maledizione

Così sarà in Aharit ha-Yamim, quando il popolo di Israele riconoscerà la falsa Kabalà dello Zohar e tutti i falsi movimenti che l'hanno seguita; tutto sarà raccolto e sepolto sotto l'anatema dello Herem Mi-Deoraita, e nessun ebreo crederà più al falso misticismo.

 Il timore reverenziale verso l'Onnipotente regnerà ovunque. Il verso allude alla santità superiore che cadrà sul mondo, in quella santificazione derivante dalla purificazione del popolo di Giacobbe dall'avon ketz, il peccato dei tempi della fine. La città di Sc'hem allude alle dieci tribù perdute poiché Giuseppe, che è legato a Sc'hem, rappresenta le dieci tribù le cui anime si sono disperse principalmente tra le nazioni cristiane.

"E il timore di Dio sarà su tutte le città" con la purificazione dallo Zohar; "e i figli torneranno entro i loro confini", molte di quelle anime disperse erano radicate in Israele ed erano presenti sul Sinai. E così anche molti cristiani, uomini e donne, capiranno la questione della fede purificata di Israele e cercheranno la verità sul Monte Sion di Gerusalemme.

Passo 7 – I versi summenzionati sono stupefacenti. Rashi spiega che gli dèi stranieri e i pendenti provenivano dal saccheggio della città di Sc'hem perpetrato da Shimon e Levi nell'episodio di Dina.

Comunque, non a caso la Torà pone in rilievo il fatto. Anche se andiamo secondo Rashi, di benedetta memoria, rimangono dei punti interrogtivi. Perché Giacobbe non agì in precedenza vedendo gli oggetti idolatri indossati dai suoi cari? Come poteva ignorarli fino a quando gli fu comandato di salire a Beth El ?

Non ci furono segni simili con Abramo o Isacco. Per cui l'episodio di Giacobbe allude a questa attuale Quarta Generazione della Redenzione Finale e al peccato del tempo della fine.

È a causa del peccato di Emanazione che il Terzo Tempio non può ancora essere costruito. Prima bisogna estirpare e seppellire lo Zohar e tutta la falsa Kabalà che si è radicata nei movimenti hassidici con i loro falsi messia e nell'ebraismo mainstream dei nostri giorni.

Il peccato del tempo della fine (Avon ketz) si chiama così perché è la manifestazione del male estremo e la "gelosia" di Dio contro di esso. Perché non è un peccato che è rimasto al di fuori dell'ebraismo ma è ne diventato, purtroppo, parte integrante, non tanto fra gli ebrei che non sono eruditi di Torà, quanto piuttosto fra i rabbini e i religiosi che frequentano le sinagoghe.

Passo 8 – Il peccato principale che commise Aharon col Vitello d'oro derivò dal suo ignorare la concezione idolatra della moltitudine mista che lo esigette; solo dopo aver visto i comportamenti orgiastici intorno all'idolo, egli capì la gravità del peccato, che coincise con la discesa di Mosè dalla montagna.

Così va interpretata la causa del peccato, nonostante i nostri Hachamim giustifichino la colpa di Aharon con la paura, dopo che dovette assistere all'uccisione di Hor, figlio di Miriam, che si era opposto all'atto idolatra; i nostri Saggi spiegano che l'eventuale omicidio di Aharon avrebbe comportato la fine di tutto il popolo, hass ve-shalom.

Se, tuttavia, Aharon avesse temuto di essere eliminato, non sarebbe stato peggio per lui commettere un atto di idolatria in forma pubblica?

L'intero episodio del Vitello d'oro e del peccato di Aharon, in effetti, non è del tutto chiaro. Ad esempio, dopo che la moltitudine mista disse ad Aharon (Esodo 32,1): "Orsù facci un dio (elohim) che marci alla nostra testa (in ebraico, al plurale) perché di questo Mosè, colui che ci fece uscire dalla terra d'Egitto, non sappiamo che cosa gli sia successo", come è possibile che Aharon risponda loro (ibid. 2): "Staccate i pendenti d'oro che sono agli orecchi... ecc", e dopo aver visto che quelli eseguirono il suo ordine in modo rapido, come mai non capì che tutto era opera dello Yetzer ha-Rà? E se sì, come mai (4) "ricevuto questo oro dalle loro mani, lo avviluppò in uno stampo facendone un vitello di metallo fuso"? Il verso prosegue: "ed essi dissero (ibid 5): "Questi sono i tuoi Dei (elohecha – al plurale) che ti fecero uscire dalla terra d'Egitto". Eppure, subito dopo, (5) ciò vedendo, Aharon eresse un altare dinanzi al vitello e disse; "Domani è festa solenne in onore del Signore". E più avanti è scritto (ibid. 25): "E Mosè vide che il popolo era senza freno (parua, ha le stesse lettere di par'oh, faraone), avendolo Aharon reso vile, così da essere esposto al disprezzo dei suoi nemici". Cosa significa esattamente?

Dall'inizio alla fine dell'episodio, la Torà sembra rivelare una misura e nasconderne nove. Sono presenti anche due versi in forma poetica, e ciò risulta strano in un evento così negativo nella storia di Israele. Scendendo dal Monte Sinai e incontrando Yeoshua bin Nun, Mosè dice (Esodo 32, 18): "Non è questo un grido di canto di vittoria (ein kol anot g'vurà), né grido annunziante disfatta (halushà); ciò che io sento sono voci di canto (oppure afflizione)". Perché una materia così grave dovrebbe ricevere una forma poetica (melitzà)?

Il secondo verso recita: "E Mosè vide che il popolo era senza freno (abbiamo qui sopra detto che parua, ha le stesse lettere di par'oh, faraone), avendolo Aharon reso vile, così da essere esposto al disprezzo dei suoi nemici". E perché la Torà ha scelto di usare due volte la radice peh-resh-ain ?. E perché nella forma scritta è par'oh (che termina in hei) e nella forma letta farou (che termina in vav)?

Passo 9 - Cominciamo dalla fine. La parola par'oh ci aiuta in breve a raggiungere il punto focale in un modo relativamente rapido. Non c'è dubbio che la Torà alluda qui al Faraone, re d'Egitto, per associare il peccato del Vitello al culto idolatra verso il Faraone.

Le questioni sono collegate poiché il peccato del Vitello venne commesso prima di tutto dalla moltitudine mista. Quella caduta era legata a coloro che non si erano ancora purificati dall'idolatria egiziana, che credeva alla natura divina del faraone.

Il faraone è quindi la chiave per comprendere il Vitello d'oro dal quale comprenderemo meglio l'errore di Aharon e dal suo errore possiamo conoscere l'intenzione profetica della Torà riguardo ad Aharit ha-Yamim.

Prima di affrontare la questione del Faraone, ci sono alcune generalità da comprendere. Il fatto essenziale è che Aharon non capì le intenzioni idolatre della moltitudine mista, e non già che fosse impaurito. Se avesse saputo che si trattava di idolatria, non avrebbe certo costruito un altare dicendo "Domani è festa solenne in onore di Dio" ".

Siamo così costretti a dire che fino alla fine Aharon fu convinto che il Vitello, l'altare e la festa avrebbero rappresentato delle manifestazioni di culto al Signore.

Ciò non esclude il fatto che Aharon temesse di essere ucciso, come avvenne a Hor, scatenando in questo modo la collera di Dio verso tutta la nazione.

 La nostra spiegazione, inoltre, non esclude le "strategie" fallite di Aharon per temporeggiare fino al ritorno di Mosè, come sostenuto da Rashi, la pace sia con lui. Ma tali motivi di timore e di strategie di temporeggiamento non rispondono al punto essenziale e cioè l'annuncio di Aharon "domani è festa solenne in onore del Signore".

Di sicuro, è molto difficile sapere cosa stesse pensando Aharon in quel frangente con la confusione che lo circondava e lo Yetzer ha-Rà che lavorava a tempo pieno sulla moltitudine mista mostrando loro visioni confuse come la figura di Mosè che saliva in cielo.

Aharon, in seguito divenuto Sommo Sacerdote di Israele, certamente non peccò in alcun modo nelle sua buona fede. Allo stesso modo, fino alla fine, dal momento in cui disse "Domani è festa solenne in onore del Signore" fino all'indomani in cui parte del popolo esagitato si scatenò in atti orgiastici intorno al vitello, Aharon percepì il grande peccato in atto, originato anche dalla sua incomprensione.

Una tale giustificazione trova fondamento nelle parole di Aharon quando rivede suo fratello Mosè sceso dal monte; (ibid. 22) "e Aharon rispose: "non si accenda la collera del mio signore (adonì), tu stesso conosci come questo popolo sia incline al male". La giustificazione di Aharon arriva in risposta alla domanda di Mosè (ibid. 21) "Che cosa ti ha fatto questo popolo che tu l'abbia indotto ad una così grave colpa?"

Dalle parole di Mosè è indubbio che egli non attribuì la colpa al fratello, ma piuttosto alla moltitudine mista, mentre allo stesso tempo è anche vero che il peccato di idolatria avvenne con la mediazione di Aharon.

Ovviamente, in quel momento Mosè cercò di giustificare e di scolpare il fratello dal momento che entrambi erano i due maggiori responsabili della nazione. La giustificazione arrivò nella risposta di Aharon, "tu stesso conosci l'inclinazione al male di questa moltitudine mista" e il loro desiderio interno di praticare l'idolatria; non è colpa mia. Tale giustificazione era corretta. Aharon era semplice e puro e in buona fede aveva proclamato "domani è festa solenne in onore el Signore".

Aharon non immaginava minimamente che dopo i portenti divini a cui avevano assistito (le dieci piaghe, la spaccatura del Mar Rosso, la proclamazione dei Dieci Comandamenti), ci fosse ancora una parte del popolo che, al primo contrattempo (la ritardata discesa di Mosè dal Sinai) mettesse in dubbio il tutto e volesse una figura sostitutiva (nelle sembianze di un idolo) che li guidasse oltre.

E, in effetti, la moltitudine mista non parlava di sostituire Dio con un altro dio; la loro intenzione era di sostituire Mosè (Esodo, 32, 1) "il popolo, vedendo che Mosè ritardava a discendere dal monte, si radunò intorno ad Aharon e gli disse: "Orsù, facci un dio che marci alla nostra testa, perché di questo Mosè, colui che ci fece uscire dalla terra d'Egitto, non sappiamo che cosa gli sia successo".

Non misero in dubbio l'esistenza di Dio, ma il fatto che Mosè fosse ancora vivo soprattutto dopo che Satana aveva mostrato loro l'immagine della sua bara; è importante capire il loro errore che scaturì da un pensiero di natura idolatra. Mosè, il nostro Elohim, non è più con noi e ora abbiamo bisogno di un altro Elohim che ci guidi.

Il termine 'elohim' non fu usato da Aharon per indicare Dio Onnipotente ma per indicare un'autorità o un potere superiore, come nel verso (Esodo, 4, 16) "egli parlerà in nome tuo al popolo, in modo che egli sarà il tuo portavoce e tu sarai l'ispiratore della parola divina (veattà tihyè lo le elohim)" .

Così il Saggio Yehuda ha-Levi, nel suo libro Kuzari, per giustificare Aharon, spiega che secondo la concezione del tempo, un vitello di metallo fuso e il suo altare potevano fungere da tabernacolo per il servizio a Dio.

Mi sembra che entrambe le interpretazioni (quella della "paura" e quella della "strategia di temporeggiamento"), proposte dai nostri Saggi di benedetta memoria, abbiano in comune, il volere discolpare Aharon dall'accusa di idolatria.

Il nostro obbligo è di parlare nel contesto della Nuova Santità della Redenzione Finale e di spiegare come il peccato del Vitello d'oro scaturito dall'errore di Aharon, vada associato al Vitello d'oro di questa Quarta Generazione Finale. Aharon era responsabile del popolo, specialmente in assenza di Mosè, e il suo peccato allude all'Avon ha Ketz, il peccato del Tempo della Fine, in cui un terribile peccato d'idolatria è stato ignorato da Saggi e Rabbini, i quali hanno permesso alle radici della dottrina di Atzilut dello Zohar di radicarsi profondamente nel terreno dell'ebraismo. Tutto ciò che tratta di mondi al di sopra della creazione, emanatisi in Sefirot e Partzufim, livelli e categorie, rappresentano "altri dèi al Mio cospetto", generando pensieri e associazioni mentali idolatre.

Anche le condizioni di questa Quarta Generazione lasciano spazio allo sviluppo del peccato fino al suo completamento, poiché (Gen. 15, 16) 'il peccato degli Emorei fino allora non avrà raggiunto l'acme".

Passo 10 – Il Vitello d'oro fu il risultato dell'errata convinzione della moltitudine mista associata al culto precedente al Faraone, considerato un dio in terra. Moshe Rabbenu, a differenza di suo fratello, capì il male della loro intenzione. Mosè conosceva tutti i culti idolatri, le magie e l'adorazione degli astri dei Hartumei Mitzraim perché li aveva appresi alla corte del Faraone.

 Un altro importante fattore da considerare è che quando Mosè vide il Vitello, lo distrusse frantumando le Tavole scritte da Dio. Da ciò si deduce che l'azione di Mosè di infrangere le Tavole è collegata alla correzione del peccato idolatra. Fu quello un momento di straordinaria gravità nella storia di Israele e l'azione di Moshe Rabbenu ha ripercussioni fino all'Aharit Hayamim. Per estirpare le radici dell'idolatria, fu necessario infrangere le Tavole di Dio.

Ricapitolando, gli elementi essenziali per spiegare il Vitello d'oro sono:

Le intenzioni della moltitudine mista.

Aharon non capisce tali intenzioni. 

La differenza tra la semplice e pura fede di Aharon e le conoscenze di Mosè.

La correzione del peccato tramite Mosè che rompe le Tavole.

Il confronto tra il peccato del Vitello e il servizio al Faraone.

Per comprendere le intenzioni idolatre della moltitudine mista, bisogna esaminare 3 aspetti:

La loro esortazione ad Aharon, "Orsù, facci un dio che marci alla nostra testai" ecc. "perché questo Mosè" ecc.

Il nesso tra la rottura delle Tavole e il peccato del Vitello

L'essenza del servizio idolatra al Faraone.

Quindi la categoria del servizio al Faraone è la Chiave per comprendere il peccato del Vitello; è come se la Torà volesse dirci: "è difficile capire le radici del peccato del Vitello; infatti, Aharon stesso non lo capì e il peccato fu così grande che Mosè fu costretto a rompere le Tavole di Dio per correggere il peccato.

Agli occhi dell'erev rav (la moltitudine mista) Mosè era il faraone, re d'Egitto. Va qui ricordato che nella dottrina degli Hartumei Mitzraim esistevano 10 grandi divinità che erano considerate "le madri" e "i padri" di tutti gli altri dèi minori. Il Faraone era il decimo dio, supremo, che governava l'Ennade del Pantheon egizio. Nel Messaggio dell'Arcangelo Gabriele viene spiegato che il Faraone era associato al dio "Horus" che è anche il dio del Nilo. Il Faraone, pertanto, era il dio del regno che governava l'Egitto e riceveva la sua potenza da Horus, che, a sua volta, la riceveva dagli dèi supremi.

Questa era una credenza radicata nella fede idolatra degli antichi Egizi. Il Faraone era il dio del regno, figlio di 9 divinità celesti e il primo fra tutti gli dèi delle altre nazioni. Veniva chiamato primogenito dagli dèi delle nazioni e Figlio Speciale dagli dèi celesti. Quindi era il responsabile del sostentamento del mondo più degli altri dèi che si occupavano di altre questioni generali; e poiché il faraone era il responsabile del loro sostentamento, ecco che diventava indispensabile e vantaggioso servirlo.

Il faraone era considerato il figlio di Osiride (il Sole) e di Iside (la Luna); nei geroglifici si può vedere il Nilo che, scorrendo tra le braccia del Sole e della Luna, dà la vita al faraone.

Non è necessario conoscere le diverse funzioni della decade divina ma il numero 10 è davvero importante, perché compare anche nella storia delle Dieci Makot (piaghe) in Egitto e del Decalogo sul Sinai (vedi Petalo 7, Messaggio dell'Arcangelo Gabriele, sulle Dieci Piaghe contro i 10 dèi dell'Egitto).

E' noto che le 10 Piaghe vennero per colpire i culti idolatri in Egitto, e, in particolare, le 10 divinità maggiori; la decima piaga, makat habehorot (la morte dei primogeniti) riguardava lo stesso Faraone, il decimo dio.

In virtù di quelle piaghe, Israele meritò di ricevere i Dieci Comandamenti, i primi 2 direttamente da Dio e gli altri 8 mediante la voce di Mosè. Avrebbero ricevuto anche le Prime Tavole se non avessero peccato con il Vitello.

Gli italiani usano dire "morto un Papa, se ne fa un altro". Così era anche nell'antico Egitto. Anche se il faraone era considerato un dio in terra, possedeva tuttavia un corpo fisico che aveva una fine. Così quando moriva un faraone se ne investiva un altro il più rapidamente possibile per evitare che venissero a mancare gli influssi celesti sulla terra e sul Nilo. Il faraone era considerato dai suoi sudditi "il dio che marciava alla loro testa" e benediceva il Nilo, rendendo fertile il paese. Per questo motivo il faraone si immergeva nelle acque del fiume ogni mattina prima dell'alba. 

E' importante capire che il Vitello, nella mente della moltitudine mista, doveva sostituire immediatamente Mosè altrimenti veniva a mancare il collegamento con il Dio superiore. Ciò è reso chiaro dal verso succitato in cui l'erev rav esige da Aharon un dio "che marci alla nostra testa, perché di questo Mosè, colui che ci fece uscire dalla terra d'Egitto, non sappiamo che cosa gli sia successo".

Nel fondo dei loro pensieri, Mosè era un dio, figlio del dio superiore, che li guidava nel mondo e, venendo a mancare, bisognava sostituirlo subito. Per questo, realizzarono con estrema rapidità l'idolo di oro fuso.

Aharon, tuttavia, ignorava il modo di pensare dell'erev rav che considerava Mosè una sorta di dio-faraone. Aharon riteneva che volessero un "recipiente" per ricevere la presenza di Dio e per calmare il loro turbamento, dato che Mosè tardava a tornare. Così cercò di giustificarli e salvarli dal peccato.

Il fatto che Aharon ignorasse le intenzioni della moltitudine mista che considerava Mosè un dio-faraone, lo si può dedurre dal verso "e Mosè vide che il popolo era senza freno, avendolo Aharon reso vile, sì che esso veniva esposto al disprezzo dei suoi nemici". Ciò significa che Mosè vide che il popolo era scatenato e degno di punizione a causa dell'idolatria di pensiero che lo aveva istigato a richiedere un dio che marciasse alla loro testa.

Passo 11 – Ciò che contraddistingue una dottrina idolatra (come quella dell'antico Egitto) è in effetti il concetto di "Emanazione".

Nell'antichità, prima dell'esodo dall'Egitto, tra le astruse dottrine degli Egizi e dei Babilonesi, prevaleva l'idea che il Dio Supremo e Primario si fosse emanato in divinità superiori, le quali, in seguito, diedero vita a tutte le cose della natura, umanità compresa; (urge qui aprire una parentesi: nei testi antichi, non si parla di Emanazione, bensì di Creazione o Formazione; il concetto di Emanazione è relativamente recente e compare nella terminologia mistica dello Zohar).

Ad Adamo, secondo la loro concezione, era stata impressa una forma primordiale, simile a quella di Dio e tale da ricevere anche la Sua collera. In seguito, gli Hartumei Mitzraim stabilirono ad Eliopoli che il faraone fosse il decimo dio, l'ultimo fra le divnità superiori e il primo fra le creature in terra; siccome il faraone, era il decimo delle 10 divinità supreme, aveva ricevuto anche una forma umana nel mondo per cui, si può dire, che fosse l'incarnazione di un'emanazione divina.

Questo pensava la moltitudine mista di Mosè che lo considerava un'emanazione di Dio (Atzilut). Concezione analoga a quella dei seguaci della setta Habad che considera il loro Rebbe un'emanazione divina, che Dio ci salvi e distrugga per sempre tale kifrut in seno all'ebraismo!

Come detto, l'errore fondamentale di Aharon fu quello di non comprendere che Mosè era considerato dalla moltitudine mista "un dio emanato dal Dio superiore" e quando si fece pressante l'idea che Mosè fosse tornato al suo Emanatore si insinuò la paura e la necessità di sostituirlo immediatamente.

Questo fu l'inizio del peccato già radicato nella 'forma mentis' della moltitudine mista. Poiché questa questione è profonda e complessa, la Torà la tratta per allusioni, per cui Aharon aveva reso 'parua' il popolo, e tale accusa era come un'arma nelle mani dei detrattori. Per capirlo dobbiamo collegare il peccato idolatra del Vitello all'idolatria verso il faraone.

In ogni caso, saremmo ancora confusi da quell'allusione e non capiremmo che l'idolatria per il Faraone era un male tanto radicato da essere all'origine del terribile peccato del Vitello, che viene a tutt'oggi usato come capo di accusa contro Israele da parte dei suoi nemici. Noi, del resto, abbiamo qui spiegato che all'origine del peccato idolatra c'era l'idea di considerare Mosè come un faraone, un uomo-dio emanato dall'Emanatore Superiore.

In questa ottica, possiamo anche capire il significato di "poiché di questo Mosè, colui che ci fece uscire dalla terra d'Egitto, non sappiamo che cosa gli sia successo". Il concetto della parola "ish" (uomo) nella bocca della moltitudine mista era analogo all'uso che ne fa la Torà, ossia di "essere angelico" (specialmente l'Arcangelo Gabriele) come nel racconto di Giuseppe (Gen. 37, 15) "e un uomo (ish) lo trovò mentre si era perso per la campagna e gli chiese: "Cosa stai cercando?". E' noto che per realizzare una missione nel mondo, a volte, il Signore fa ricorso ad angeli in sembianze umane. Il corpo viene annullato dopo la fine della missione e l'angelo ritorna alla sua vera natura. La categoria più elevata degli esseri angelici supremi è chiamata 'Ishim' (vedi Rambam, Mishnè Torà, Sefer ha-Madà, Hilchot Deot).

Questo vale per quel "poiché di questo Mosè, l'uomo che ci fece uscire ecc", una frase che intende esprimere lo stato d'animo e di pensiero della moltitudine mista che, non vedendo ricomparire l'ish Mosè, tornato dal suo Emanatore, esige da Aharon una nuova guida con gli stessi poteri del dio faraone.

 Passo 12 – Una comprensione più chiara dell'idolatria al faraone si riscontra nella rottura delle Tavole dei 10 Comandamenti e nel peccato del Vitello originato dalla credenza della sua provenienza divina.

La rottura delle Tavole è collegata alla concezione dei 10 dèi emanati e quindi alla dottrina di Emanazione. Ciò ci aiuta a capire meglio l'origine del peccato profetico del tempo della fine, che è strettamente collegato alle 10 Sefirot dello Zohar e a tutto ciò che ne è seguito.

Possiamo allora dire che la rottura delle Tavole dei 10 Comandamenti ha rappresentato la correzione, da parte di Mosè, del peccato della moltitudine mista dei 10 grandi dèi emanati dell'Egitto. Le 10 Piaghe prima e i 10 Comandamenti dopo hanno rappresentato la vittoria delle guerre di Dio contro i 10 dèi emanati dell'Egitto.

Quando la moltitudine mista, nella sua intima convinzione idolatra, non vide più Mosè, ebbe paura e richiese un suo sostituto; così facendo, corruppero il popolo che non meritò di ricevere le Tavole di Dio.

Moshe Rabbenu, la pace sia su di lui, era a conoscenza della fonte del loro peccato idolatra, per cui fu costretto a rompere le Tavole dei 10 Comandamenti poiché il numero 10 relativo alle 10 grandi generalità della Torà era in contrapposizione agli 10 dèi che Ha-Shem, Benedetto Egli sia, aveva distrutto in Egitto tramite le 10 Makot, con la decima piaga riservata al Faraone, il decimo dio del Pantheon egizio.

Sorge ora legittima una domanda: perché Mosè non fu in grado di parlare con loro e spiegare il loro errore o persino punirli e ucciderli, senza dover rompere le Tavole? Il motivo principale è che le Tavole stesse con i Comandamenti scritti erano estremamente sante e potenti, dato che erano opera diretta di Ha Shem, Lodato sia il Suo nome in eterno. Per questo motivo, Mosè, che era a conoscenza del supremo livello di santità delle Tavole, prevedeva che se il peccato idolatra riguardante l'emanazione dei 10 dèi egizi, non fosse stato reciso alla fonte, avrebbe originato una nuova forma di idolatria verso le 10 Tavole, alla stessa stregua delle 10 divinità egizie.

 Moshe Rabbenu dovette così frantumare le Tavole con i 10 Comandamenti in modo che il popolo vedesse e sapesse che esse non rappresentavano "Dio" ma erano un Suo grande e immenso regalo, da usare con la fede semplice e non nel contesto egizio di pensieri idolatri.

Passo 13 – Nient'altro era più vicino a Dio che le Tavole che l'erev rav avrebbe considerato "emanate". Pertanto Mosè le ruppe per estirpare una volta per sempre l'idea di emanazione. Abbiamo trattato in altra sede la Kabalà di Yehoshua bin Nun in relazione al Secondo Comandamento. Abbiamo spiegato che la dottrina di emanazione rappresenta il peccato dei padri; poiché ci sono livelli di idolatria: "padri, figli, terza e quarta generazione per coloro che Mi odiano". E non oltre. Solo nella Quarta Generazione si completa il peccato idolatra. Quindi la collera scende direttamente da EL KANA, Dio geloso nella verità del Suo nome, Lodato sia in eterno. Pertanto, la radice del concetto idolatra di Atzilut è il peccato dei padri, il peccato più sottile e raffinato e persino logico (come spiegato per la generazione di Enosh).

La dottrina di emanazione nelle menti della moltitudine mista non venne capita da Aharon in quel frangente caotico; perciò egli sbagliò pensando che si potessero canalizzare quelle intenzioni idolatre entro il servizio ad Ha-Shem, senza rendersi conto che si trattava di una contraddizione e di un travisamento dalla fede stessa. Aharon pensava che fosse sufficiente la fede di chi aveva assistito ai prodigiosi miracoli in Egitto, alla scissione dello Yam Suf, al Ma'amad Har Sinai. Egli aveva una fede semplice e pura in Dio e non presumeva che le intenzioni dell'erev rav sarebbero sfociate in un atto di idolatria.

Non così Moshe Rabbenu che era cresciuto alla corte del faraone ed era a conoscenza delle dottrine filosofiche dell'epoca. Egli sapeva che se non avesse infranto le Tavole con i 10 Comandamenti davanti al popolo, non sarebbe stato in grado in alcun altro modo di estirpare le radici dell'idolatria di pensiero che portano a false idee su Ha-Shem e non riconoscono che l'intelletto umano non è in grado di valicare determinati limiti di conoscenza. La temimut è la qualità amata dal Santo Benedetto e non la speculazione su questioni che ci prescindono.

Le azioni di Mosè, la pace sia con lui, continuano fino alla fine delle generazioni, come la Torà stessa; perciò il peccato di Avon ha Ketz, lo Herem Mi-Deoraita e tutta l'idolatria fanno parte della Torà incluso il peccato di aver mangiato dall'Albero della Conoscenza del Bene e del Male.

Il primo e il più generale di tutti i peccati di idolatria è quello di Emanazione, poiché in esso Satana convinse la nostra prima madre, Eva, a mangiare il frutto proibito che le avrebbe aperto gli occhi, acquisendo la conoscenza come Dio. In quel momento ad Eva piacque l'idea di essere come Dio che conosce il bene e il male. In Genesi (3, 5), tuttavia, il verbo è al plurale (yodei tov va-rà, ossia che conoscono il bene e il male). Questo significa che c'è un solo Dio ma se diventano più di uno, allora, insieme, possono conoscere il bene e il male. La molteplicità di dèi, pertanto, è la più elevata forma di idolatria che permette all'uomo di diventare come Dio; tale è la radice idolatra di Emanazione del libro dello Zohar o della Trinità cristiana o della maggior parte delle fedi orientali che credono in entità emanate da Dio che possiedono la conoscenza dell'universo.

La rottura delle Tavole ha rappresentato un segno eterno in quanto avrà il potere, alla fine, di estirpare l'idolatria dalla sua radice (avon avot), mettendo così fine a partzufim e sefirot ed emanazioni di ogni fede.

Il Vitello d'oro, purtroppo, è un segno profetico per Israele e abbiamo ricevuto in sogno che il Goel Haim scendeva dalla montagna per bruciare il nuovo Vitello d'oro che impedisce la Redenzione Finale.

Passo 14 – Questo male è si è riproposto con più vigore nell'ebraismo recente, attraverso la moltitudine di regni (ribui reshuiot) o l'associare Dio ad altre entità (shituf) o il credere ad altre entità divine oltre a Dio (Elohim aherim al panai). Tali idee, elaborate nel misticismo spagnolo del XIII secolo, non sono state capite dai Saggi (vedasi la profezia in Ha'azinu, Deut. 32, 17) che hanno così permesso che si parlasse di Sefirot, come manifestazioni ed emanazioni divine.

 (Genesi 3:6) "La donna, vedendo che l'albero era buono da mangiare, piacevole a vedersi e desiderabile perché faceva acquisire conoscenza, prese del frutto e mangiò. Ne diede anche al suo uomo che era con lei, ed egli pure mangiò".

Così come nella generazione di Enosh si associava il nome EL (Dio) alle stelle, così anche i kabalisti dello Zohar hanno associato i santi nomi di Dio alle Sefirot emanate dato che sono più vicine a noi. Nella generazione di Enosh si credeva che Dio fosse irrangiungibile, per cui aveva delegato gli astri e le stelle a far da mediatori alle preghiere della gente comune.

E nella generazione della Torre dello Zohar i kabalisti hanno costruito un odioso edificio di Quattro Mondi che esiste solo nelle loro fantasie. E la vetta della Torre raggiunge i cieli che sono, per loro, il mondo di Atzilut.

I rabbini che permisero questo errore non vagliarono le origini e si affidarono a tali nuove speculazioni, nonostante la loro grande saggezza e conoscenza della Torà e della Halachà. Eppure caddero terribilmente nella trappola satanica e permisero ciò che era assolutamente proibito!

Passo 15 – La situazione dell'ebraismo attuale ricorda la condizione di Aharon che era ignaro delle intenzioni idolatre della moltitudine mista e pensava che fosse possibile canalizzarle al servizio di Dio; per questo dichiarò: "Domani sarà festa in onore di Dio ".

 

 

Passo 16 – Questo Herem (anatema) è Mi-Deoraita ossia della Torà; ciò significa che era già stato previsto dalla Torà che in futuro avrebbe avuto bisogno con tutta la sua forza di maledire, distruggere, estirpare e scomunicare tale disgustoso peccato idolatra di "altri dèi al Mio cospetto".

Purtroppo quel peccato si è completato, come l'episodio della Torre, (Gen. 11, 6) "niente impedirà loro di fare tutto ciò che avevano in mente di fare". Il pensiero iniziale emerge nell'azione finale. Ciò allude a questa Quarta Generazione Finale in cui il peccato di emanazione sarà completato (in progressione, comincia con la mistica spagnola del XIII secolo, per poi proseguire con quella di Zfat, di Polonia e Russia, del Hassidismo, per completarsi con Habad e con la Scuola di Kabalà di R. Ashlag a Gerusalemme e Bnei Brak. Alla fine, verranno rivelate la Città e la Torre con il falso messianesimo di Lubavitch e il business milionario della kabalà dello Zohar tramite canali televisivi speciali e siti informatici).

Passo 17 – (Esodo, 32, 1) "E il popolo vedendo che Mosè ritardava a scendere dal monte, si radunò intorno ad Aharon". Lo pshat (il significato semplice) profetico: circa 400 anni prima della Shoà, i rabbini erano impazienti e aspettavano la Gheulà Shlemà, per cui volevano accelerare i Tempi della Fine. Analogamente, sul Sinai, la moltitudine mista temeva di perdere il suo "intermediario divino" che li aveva fino ad allora guidati e riscattati. Tale concetto distorto è proseguito sino alla fine del tempo di Habad, che con arroganza, stupidità e sfacciataggine proclama pubblicamente "We want Moshiah now!" (vogliamo il Messia adesso!) riferendosi al loro falso messia e alla Torre della Hassidut Habad .

Ci sono molte allusioni nella parola "boshesh" (ritardava), ma il nostro scopo qui è quello di collegare le profezie nascoste nella Torà ai giorni nostri, nella rivelazione dei Segni Completi della Redenzione Finale per merito del Goel Haim.

'Boshesh' significa anche "bo (in esso) shesh (il numero 6) con allusione ai 6 Segni Completi.

Passo 18 – Moshe Rabbenu rimase sul Sinai per 40 giorni e 40 notti e quella prima salita racchiudeva tutto. Ciò significa che se non fosse stato commesso alcun peccato, non sarebbe stata necessaria una seconda ascesa e nulla della Torà sarebbe mancato.

Mosè aveva ricevuto il nome di Dio EHEYE ASHER EHEYE. Il Nome Kadosh racchiude le 3 redenzioni, quella dall'Egitto, quella di Purim e la Redenzione Finale. Chiaramente, Mosè, il capo di tutti i profeti, apprese direttamente da Ha-Shem dei tre esili e delle tre redenzioni future, ed è noto dalla Tradizione che gli furono fatte vedere profeticamente tutte le generazioni di Israele.

Ciò non contraddice il fatto che la redenzione di Mosè e il dono della Torà fino alla costruzione del Primo Tempio furono sotto il primo EHEYE. La seconda redenzione di Purim, tramite Mordechai ed Ester, fu sotto il nome ASHER. E la Redenzione Finale è sotto il secondo EHEYE e viene per redimere Israele e l'umanità intera.

Non fu strano quindi che verso la fine dei primi 40 giorni e notti, Mosè, la pace sia su di lui, fu in grado di meditare sui Sei Segni Completi della Gheulà Shlemà. Questa è un'allusione nascosta nella Torà, nei suoi tesori, come quella (Gen. 33,4) dei sei punti sulla parola "va-yishakehu" che è una tradizione del Sinai e che diventa nota solo con l'avvento del Goel Finale.

Si può supporre che la visione del futuro arrivò alla fine della Prima Ascesa quando Dio mostrò a Mosè anche le future redenzioni.

"Bo-shesh" (che può anche essere letto "be-shesh". "Beit" = 2 in ghematria. "Shesh" = 6 in ebraico) - nelle 6 ore in cui Mosè tardò può alludere anche alle due volte dei Sei Segni Completi, ossia sono necessari 12 anni per completare il Segno, 6 anni nei Segni di Yosef e 6 anni nei Segni di David.

Passo 19 – "E il popolo vedendo che Mosè tardava". Cosa vide il popolo? Se vide che Mosè non arrivava, perché abbiamo bisogno del "boshesh" se non per le allusioni che implica? Cosa vide la moltitudine mista che poteva alludere alla Redenzione Finale?

Per rispondere, bisogna esaminare il tipo di relazione che esisteva fra Mosè e la moltitudine mista sulla quale, come noto, Ha-Shem disse a Mosè "il tuo popolo" e NON "il Mio popolo".

La moltitudine mista desiderava veramente accodarsi al popolo ebraico e diventarne parte integrale, per cui si aggregò a Mosè e credette nella sua missione. Mosè la accolse con grande gioia senza chiedere il permesso di Ha-Shem. Era convinto che ciò fosse gradito anche a Dio. I miracoli in Egitto non erano forse stati manifesti a tutti? Ma il merito di Giacobbe non apparteneva all'erev rav che si accodò al popolo per merito di Mosè. Per questo, Ha Shem dice a Mosè "il tuo popolo".

Pertanto, la moltitudine mista credette che Mosè fosse salito alla sua Fonte e avesse già raggiunto la grande luce della GHEULA' SHLEMA'. Questo, naturalmente, non era nel loro pensiero attivo, ma sentì qualcosa di quella beatidudine universale e redenzionale in quelle 6 ore in cui Mosè era in Alto. In verità, Mosè rimase in quella meditazione, pervaso dalla bellezza e dallo splendore per cui camminava molto lentamente con le Tavole di Dio strette fra le sue braccia. Ma Satana si intromise per confondere tutti. Per contrastare quel livello elevato di pensieri superiori e di amore per Ha-Shem e per Mosè, Satana fece apparire in cielo la forma della bara di Mosè, per cui gli esponenti della moltitudine mista dichiararono: "poiché di questo Mosè, colui che ci fece uscire dalla terra d'Egitto, non sappiamo che cosa gli sia successo". Bastò poco per farli tornare subito alla credenza del dio-faraone; che ne sarà di noi adesso che non sappiamo cosa sia successo a quest'uomo, Mosè? Mancando tale mediatore divino, veniva a mancare la salvezza. Ecco perché fu urgente sostituirlo in fretta e furia. Fu a causa della loro impazienza, che Satana potè interferire.

Passo 20 - Quando videro l'immagine della bara di Mosè, non lo considerarono più come una persona (ben adam) ma piuttosto come un uomo (ish). Il precedente sentimento per Mosè si trasformò in un pensiero egoistico, e nel momento in cui non videro alcun vantaggio per se stessi, Mosè divenne come un uomo qualunque (ish) ai loro occhi, in una fredda relazione impersonale tra loro e lui. Poi andarono di male in peggio e, memori delle dottrine degli Hartumei Mitzraim, richiesero un idolo a forma di toro che ricordava che Giuseppe aveva governato su tutto l'Egitto (era sotto la costellazione di "shor" (toro), un segno di buona fortuna e di successo). Hur, il marito di Miriam, cercò di fermarli, ma gli esagitati della moltitudine mista lo coprirono d'insulti e lo uccisero.

In quel momento, Aharon ebbe paura per il peccato da loro commesso che avrebbe avuto gravi ripercussioni su tutto il popolo, per cui ricorse ad una strategia di temporeggiamento, sperando che nel frattempo Mosè sarebbe tornato. L'azione di Satana li indusse a fare tutto in fretta e uomini e donne consegnarono i loro ori ad Aharon, che era indeciso sul da farsi. Quindi Satana mostrò loro Micha che con Mosè aveva raccolto le ossa di Giuseppe dal Nilo. Mosè aveva infatti un'urna con le ossa di Giuseppe, che gli era stato consegnato da Serah, figlia di Asher. Sull'urna era scritto "e che shor (toro) si debba alzare, lasciate che shor si alzi".

Aharon quindi prese l'oro e lo gettò in una fornace e qui si fuse assumendo la forma di un vitello. Il peccato, pertanto, non originò direttamente dalle mani della moltitudine mista ma dalle mani di Aharon. Riferito a tempi successivi, c'è un'allusione al fatto che il peccato di Atzilut nei Tempi della Fine sarà nelle mani dei rabbini, dei saggi e degli studiosi di Torà ignari dei pensieri della moltitudine mista, ossia della dottrina di emanazione dello Zohar.

Quindi la moltitudine mista si confuse ancor più e mentalmente cambiò Dio in altri dèi; iniziò a ballare, a fare bagordi e a portare incenso al vitello d'oro che stava in piedi e camminava come un essere vivo sull'altare che Aharon aveva allestito. In mezzo a tanto trambusto, nella sua buona fede, Aharon decretò "hag la Adonai mahar (domani è festa in onore del Signore)".

L'allusione corrispondente è per coloro che leggono lo Zohar e lo definiscono un libro santo (sefer kadosh). In verità, è "santo" come il Vitello d'oro e deve essere eliminato col fuoco. Coloro che senza capirlo sono stati respinti nell'idolatria egiziana devono tornare alla pura fede monoteistica di Abramo.

Passo 21 – Quando il lettore considera le questioni qui trattate vedrà che il "servizio" della moltitudine mista era essenzialmente simile a quello al Faraone, per cui nella Torà è scritto "ki perao Aharon" [1] (perao ha le stesse lettere di par'ò, faraone. L'errore di Aharon li riportò alla concezione idolatra di servire il Faraone, capo delle dieci divinità emanate del Pantheon egizio. Quando Mosè si rese conto di essere diventato per loro una divinità emanata, a maggior ragione considerò che le Tavole scritte dalla mano di Dio, sarebbero diventate un oggetto di culto idolatra, per cui, scendendo dal monte e vedendo il popolo sfrenato danzare intorno al Vitello, ritenne opportuno scagliarle contro l'idolo e distruggerle pubblicamente.

Mosè conosceva bene il loro modo di pensare idolatra e capì in quel momento che la radice della loro dottrina di emanazione divina doveva essere estirpata. Perciò non esitò ad infrangere le Tavole dei Dieci Comandamenti opera di Dio.

Fino alla nostra generazione, l'Halachà non si è ancora espressa sul divieto di credere nella dottrina di emanazione delle 10 Sefirot, e le autorità rabbiniche non sembrano scandalizzarsi per l'esistenza del "piccolo dio contratto", Zeir Anpin, figlio dei 2 Partzufim divini, Aba ed Ema, di cui parla la mistica zoharistica. I kabalisti (o mekubalim, in ebraico) si vantano di studiare e di conoscere i "Segreti della Torà" (razei Torà) espressione di un sistema fasullo (la Torre) che poggia su false fondamenta e usa un linguaggio che mescola il lessico della Torà con nuovi falsi termini inventati dalla Sitrà Ahrà, che non hanno niente a che fare con la fede delle tribù di Giacobbe, nostro padre.

Purtroppo, ad eccezione di alcuni eminenti rabbini del passato (come rav Yehudah Ari di Modena (1571-1648), rav Yosef Solomon del Medigo (1591-1637), rav Yavetz autore nel 1758 di "Mitpahat hasefarim", rav Shadal (Samuel David Luzzatto di Padova), autore nel 1851 di "vikuah al hochmat ha kabalà ve sefer ha Zohar) e il famoso rav Yehie El Kapah, autore di "Milhamot Ha Shem (1931), l'opposizione al libro dello Zohar non ha avuto un grosso seguito e la mistica non è stata respinta dall'ebraismo tradizionalista e ortodosso, ma, al contrario, è stata accettata e, in alcuni ambienti, persino circonfusa da un alone di santità. Per questo, è bene che i lettori prendano conoscenza di questa nuova e vera Halachà del primo Asino di Goel Haim. Successivamente i nostri Ragli saranno compresi dalle generazioni future.

Ciò che viene affermato in Numeri (11, 25) "e il Signore prese dello spirito che era su di lui (Mosè) e lo diede ai settanta uomini anziani" non ha assolutamente nulla a che fare con l'emanazione della falsa Kabalà e specialmente con un mondo emanato al di sopra del mondo della creazione

Il Mondo di Emanazione (Olam ha Atzilut) fa parte du una falsa terminologia. E' sbagliato e fa sbagliare. E' vietato considerarlo e tutto ciò che deriva da questo falso concetto falsifica la vera fede della Torà.

La Santa Torà si basa sulla creazione "yesh me-ain" (dalla non esistenza all'esistenza tramite un atto di creazione di Dio). Il concetto che prima della creazione yesh me-ain l'Emanatore (Ha Ma'atzil) abbia emanato un mondo di emanazione non proviene dalla Torà scritta ed orale, per cui si tratta di un concetto inventato di sana pianta e fuorviante.

Chi vuole contrastarlo ricorre ad un passaggio del Talmud in cui è detto che Ha-Shem Baruch Hu rispose in una forma scritta alla domanda di un saggio: "Che cosa faceva Dio prima di creare questo mondo ?" E Dio rispose: "Prima di questo mondo, creavo mondi e li distruggevo". Ma questo non fa che accentuare l'interrogativo. I Saggi, di benedetta memoria, dovevano rispondere ai filosofi greci. Era la loro risposta per chi metteva in dubbio o negava Dio, il Creatore, dicendo loro che chiunque voglia speculare sui mondi prima della Creazione dovrebbe sapere che tutti i mondi prima di questo mondo erano già stati creati e distrutti e non esistono più. Queste parole intendevano impedire loro di inventarsi false dottrine e concezioni mistiche.

Passo 22 – Tutti i cosiddetti kabalisti, nella loro concezione di Atzilut, sono usciti dai limiti imposti dalla Torà e dalla vera Kabalà di Moshe Rabbenu, in 3 punti: Primo: (Gen. 1,1) "In principio, Dio creò i cieli e la terra". Secondo: non dobbiamo occuparci dei mondi sopra e prima della Creazione, come scritto (Deut. 29, 28) "Perché le cose occulte appartengono al Signore, nostro Dio e le cose manifeste sono per noi e per i nostri figli in eterno". Terzo: (ibid 18, 13) "Sii tamim (di fede semplice e pura) con il Signore, tuo Dio'. Quest'ultimo verso indica un comandamento categorico ai fedeli della Torà e un avvertimento severissimo ai Saggi della Torà che ritengono scioccamente di poter speculare sulla "saggezza di Atzilut", considerata "razei Torà". Non si rendono conto che una tale idea trasgredisce il comando della Torà! Se i Mondi Superiori di Emanazione sono le "cose occulte" menzionate nel verso suddetto, stanno allora disobbedendo intenzionalmente all'ordine esplicito di Ha Shem!

Passo 23 – Vi sembra possibile, stimati mekubalim, che l'intelletto umano sia in grado di capire l'argomento della creazione dei cieli e della terra ex nihilo? E, a maggior ragione, trarre delle conclusioni su ciò che antecedette lo yesh me ain!

Ma voi vi vantate di possedere la saggezza di Atzilut (Hochmat ha Atzilut) con tanto di immaginarie argomentazioni trascendentali! Questa è la Sitra Ahra "l'Altra Parte satanica" della Torà! E' la Sitra Ahra che vi ha confuso la mente e vi ha fatto vedere una formazione di 10 Sefirot di Kedusha facendovi credere di aver avuto accesso all'Albero della Conoscenza del bene e del male.

 

Voi dichiarate che tutto ciò che è nella Torà è la Parte della Kedushà e tutto ciò che ne è fuori è la Parte della Sitra Ahra e dal momento che studiate la Torà ed osservate le mitzvot credete di essere esenti dalla Sitra Ahra. La questione è un'altra, invece! L'Altra Parte della Torà è ciò che è al di fuori dei 70 modi della sua vera interpretazione, come fate voi con la vostra kabalà che esula dalla vera e unica fede monoteistica della nostra Tradizione.

Ne è un altro esempio eclatante ciò che il Cristianesimo ha fatto della Torà, con 2000 anni di falsa interpretazione sulla natura divina del Cristo. In nome della Trinità hanno falsato la Torà. Tale è il potere della Sitra Ahra, che fa sprofondare la vera Santità della Torà negli inferi di una falsa teologia!

Passo 24 – Quanto più terribile e potente è l'Altra Parte di una falsa teologia quando proviene da ebrei comandati nella santità della Torà. Afferma Kohelet (7, 14) "Questo contro questo ha fatto Dio" (la Sitra d'Kedusha contro la Sitra Ahra). Tutte le interpretazioni basate su un falso fondamento provengono dalla Sitra Ahra e sono uguali in gravità alla dispersione intenzionale del seme o al commettere fornicazioni proibite.

Quando gli ebrei ascoltano i cristiani che interpretano la Torà in base alla loro fede trinitaria, si indispettiscono e si sentono come offesi. Ma se ascoltano, invece, un buddista che esalta il proprio "Budda emanato", ne rimangono indifferenti. Questo perché? Perché i buddisti sono molto lontani dalla Tradizione ebraica, per cui le loro spiegazioni non 'svergognano' la Torà, pur essendo argomentazioni idolatre di per sé.

Alla stessa stregua, un ebreo timorato di Dio dovrebbe sapere che la dottrina di Atzilut va contro la nostra vera fede e la nostra eredità, contro la Torà di Mosè, nostro Maestro e contro la Tradizione orale. Molti ebrei che sono ligi nell'osservare le mitzvot sono ignari del fatto di essere caduti in errore perché non esiste una chiara definizione halahica della dottrina idolatra di Emanazione. Ciò è vergognoso e tocca il cuore di Israele e la fede che abbiamo ricevuto nell'eredità da Abramo, nostro padre, la pace sia su di lui.

Non sussiste vergogna maggiore del parlare di Partzufim (gli aspetti emanati di Dio) prima della Creazione, affermando che l'Infinito si è contratto in più emanazioni fino alla contrazione finale, lo Zeir Anpin (la piccola faccia)!

(Esodo, 32: 25) "E Mosè vide che il popolo era 'parua' (sfrenato, scritto con le stesse lettere di faraone) perché Aharon aveva reso il popolo vile (farao, lettere del Faraone, come spiegato) così da essere esposto al disprezzo dei loro nemici".

Come Aharon a suo tempo aveva permesso alla moltitudine mista di continuare nel loro peccato, così anche i Rabbini dell'epoca moderna hanno permesso alla dottrina di emanazione di radicarsi nell'ebraismo. E la strategia di Aharon fallì e i promotori e i sostenitori del Vitello sprofondarono ancor più in pensieri idolatri diventando sfrenatamente entusiasti (peruin) per il rinnovato culto faraonico.

Passo 25 – Certamente Aharon era molto amato dal Signore per le sue virtù e la sua benevolenza verso il popolo; tuttavia, il suo elevato livello sacerdotale rese l'errore ancor più grave e deleterio, dal momento che era il responsabile spirituale del popolo. Va notato altresì che la stessa moltitudine mista si pentì quando Mosè ruppe le Tavole e si rese conto di aver commesso un abominio idolatra.

La correzione collegata alla rottura delle Tavole da parte di Mosè, magister noster, ritorna per la sua finalizzazione prima della Redenzione Finale, per merito del Goel finale, per estirpare per sempre le radici della dottrina delle 10 Sefirot, che possa il Signore, nostro Dio, salvarci e purificarci fegato e cuore.

Passo 26 – Da questa correzione scaturirà una correzione universale che coinvolgerà anche il Cristianesimo e si estenderà alle nazioni lontane, per cui la verità distruggerà i falsi mondi di menzogna.

Passo 27 – E' vietato pensare e ancor più parlare o scrivere dei cinque Partzufim o delle dieci Sefirot emanati prima della Creazione del mondo. Tali concetti sono fuorvianti e creano mentalmente "moltitudini di regni" e una "fede associata" e "altri dèi al Mio cospetto".

Passo 28 – La Torà avvertì "Sii 'tamim' con il Signore, tuo Dio". Ecco, dobbiamo essere semplici nella nostra fede. In sostanza, i figli di Israele sono 'credenti, figli di credenti' e non hanno bisogno di speculare sui mondi superiori, come si vantano di fare i cosiddetti mekubalim. Chi è tamim nella sua fede si astiene per natura dall'inoltrarsi in tali speculazioni. Il Goel Haim ci ha insegnato ad essere semplici nella fede e ad evitare il misticismo. Ci è permesso, invece, meditare sulle Stelle della Redenzione o sulle Nuove Mazalot del Grande Pesce Leviatano o sui Nuovi Messaggi della Redenzione finale, poiché essi sono manifestazioni della creazione e non sono SOPRA la creazione.

Come si può credere che Dio Infinito si sia 'contratto' per dare vita a più mondi fino ad emanarsi dal mondo di Atzilut in un Uomo Superiore con 248 arti e 365 arterie? Quale ebreo semplice di fede potrebbe accettare tali farneticazioni, spacciate per "segreti della Torà"?

Ha Shem, Benedetto Egli sia e Benedetto sia il Suo nome in eterno, è Uno, di un'Unità assoluta ed è Imperscrutabile alla mente umana.

Aharon, come detto, non intravide l'idolatria nelle parole dell'erev rav e, anzi, la assecondò con il suo proclama: "Domani sarà festa in onore di Dio". Questa frase fu veramente grave, ma chi discolpa Aharon sostiene che egli la disse in buona fede e 'le-shem shamaim', per amore di Dio. La frase fu grave perché mescolava il nome di Dio con un grave peccato, e la moltitudine mista la accolse di buon grado e si levò presto la mattina successiva, per poi fare bagordi attorno al Vitello d'oro.

Tale errore nel nome di Dio ha creato nemici tra le nazioni in tutta la storia di Israele, ma le sue radici nello Zohar hanno fruttificato tra gli ebrei perché la dottrina di Emanazione non è stata compresa e invece di essere estirpata ha dato forma a vita a concetti sbagliati anche nella liturgia (basti pensare alla festività di Lag ba Omer in cui si celebra rabbi Shimon Bar Yochai, a cui falsamente si attribuisce il libro dello Zohar).

Passo 29 - Bisogna studiare a fondo il peccato del Vitello d'oro di cui fu responsabile Aharon. Non a caso la Torà racconta i dettagli di quell'errore idolatra che dovrebbero essere chiariti, spiegati e compresi, specialmente per l'Avon ha Ketz e per gli Ultimi Giorni.

Quali sono le conclusioni da trarre? Che grandi rabbini, studiosi, saggi e timorosi di Dio (come Moshe Kordovero, Rav Yitzhak Luria, il Maghid di Meserich, il Gaon di Vilna o il Malbim) sono caduti in un simile errore. Se Aharon commise un tale errore, a maggior ragione, anche rabbini di alto livello spirituale e di elevata erudizione di Torà potevano sbagliare.

Questo è un punto chiave. I rabbini che hanno vissuto negli ultimi cinque secoli (ricordiamo che lo Zohar fu stampato per la prima volta a Mantova nella prima metà del Cinquecento) e non hanno osteggiato lo Zohar accettandolo come un testo sacro, hanno agito esattamente come Aharon ha Cohen.

Passo 30 - Nonostante tutto, il popolo ebraico verrà purificato alla fine e l'albero dello Zohar e di tutta la falsa Kabalà si inaridirà e non farà più frutti. E tutto Israele si ciberà dei frutti cresciuti nella fede pura in Dio Uno e Onnipotente. Tutto Israele sarà tamim con il Signore, nostro Dio e seguirà le Sue vie. Capirà le meraviglie del mondo e non cercherà le cose nascoste e segrete che la percezione umana non può scrutare o raggiungere. Il popolo salirà da un livello all'altro, felice della propria parte, sarà umile e si comporterà con derech eretz. Quindi Ha-Shem, Benedetto Egli sia, perdonerà il Suo popolo, Israele, dal peccato di idolatria. Amen e così possa essere.

Grazie a EL SHADDAI, EL SHADDAI è Grande, EL SHADDAI è Uno.

 

Ricopiato al computer il 23 Marheshvan 1994. Revisionato il 19 Kislev 1999, 17 Valle di Mercurio e tradotto in inglese il 2 gennaio 2020, a Beer Sheva.

 



[1] Perao è verbale ma non esiste un vero pshat (semplice significato traslativo) e può essere interpretato solo come un'allusione. C'è una relazione tra ciò che fece Aharon e la dottrina idolatra riferita al Faraone.