Autore: Davide Levi

 

LIMUDIM HAIM – Gli Insegnamenti dello Tzadik Haim

 

LIMUDIM HAIM significa INSEGNAMENTI VIVI, ma anche 68 INSEGNAMENTI perché in ghematria HAIM corrisponde a 68, che furono gli anni di vita del nostro Morè, che si chiamava Haim e che è stato prescelto dal Signore Benedetto a dirigere la REDENZIONE FINALE dal Regno dei Cieli.

Ho qui raccolto 68 insegnamenti ricevuti dallo Tzadik Haim, nei tre anni di assidua frequentazione dal 1979 al 1982, che vanno letti, meditati e approfonditi, perché scaturiscono dalla Saggezza della Torà, di cui il Morè era latore. Alcuni di essi furono anche registrati dalla viva voce in una cassetta che il Morè consegnò al suo primo Allievo, Peretz Green, nell'anno 1981.

Trattandosi di una miscellanea di note prese nello stesso giorno in cui le ricevetti dalla bocca dello Tzadik Haim, sono trascritte un po' alla rinfusa, senza un ordine cronologico o tematico, ma non per questo perdono del loro impatto e della loro profondità di studio.

Ringrazio HA SHEM BARUCH HU di avermi dato lo zechut, il privilegio, di essere vicino al Morè e di aver sentito Divrei Torà, Parole di Torà, direttamente dalla sua bocca. Possano questi Insegnamenti illuminare la strada di coloro che li vorranno leggere con umiltà e semplicità di cuore e di pensiero e possano essere di benedizione per noi, per i nostri figli e nipoti e per le generazioni future, che li ameranno, li studieranno e li faranno propri. Grazie EL SHADDAI, EL SHADDAI è Grande, EL SHADDAI è Uno.

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Limud 1Ha Shem Baruch Hu: L'Unità di Dio Santo non è associata ad alcunché. Non si pensi che ciò che esiste esista al di fuori del Signore, poiché se così fosse, il Signore sarebbe mancante; il ché è impossibile, poiché tutto ciò che esiste a Lui ritorna per necessità e non esiste nulla che possa essere paragonato a Dio. Il Santo Benedetto è la Verità assoluta e non viene condizionato da alcunché. Dio è la sola Verità in esistenza ed è in virtù della Sua Verità che mantiene in vita tutto il creato. Non è pensabile che esista una qualsiasi entità fine a sé stessa, poiché, se così fosse, si potrebbe pensare che esista un'altra entità al di fuori di Dio. Il Santo Benedetto è presente in tutto il creato poiché tutto Egli comprende e non c'è niente in esistenza al di fuori di Dio. Come è scritto nel Talmud "Egli è presente in tutto il mondo ma il mondo non lo limita" (Bereshit Raba, 68) .

Per questo il Signore, che domina tutta il creato e lo mantiene in vita, viene anche chiamato HA MAKOM (IL LUOGO). Makom ha anche il significato di "'Colui che fa esistere". Dopo la creazione, il mondo non potrebbe conservarsi da solo se non grazie all'Eterno.

 

Limud 2Le creature: Tutto ciò che esiste, nonostante il Santo Benedetto lo abbia creato nella verità, ha al suo interno una dimensione che tende ad uscire dalla  verità, poiché tutto ciò che esiste ha una propria esistenza e non è costretta (la questione del libero arbitrio). Tutte le cose create e disposte dal Santo Benedetto Egli sia, sono indicate dai Santi Nomi che le definiscono; ossia i Nomi di Ha Shem indicano la relazione con tutte le Sue creature. Lo splendore e la bellezza caratterizzano la natura divina che esiste nel Creato. Tutte le creature nell'universo inneggiano al Santo Benedetto poiché la musica proclama la Sua lode. Ogni creatura inneggia a Dio per ringraziarLo per tutto ciò che ha creato. Esiste uno schermo che separa Dio dalle Sue creature (ha massach ha mavdil); quando il Signore si manifestò sul Sinai o in altri eventi portentosi tolse lo schermo di separazione. Cosa sarebbe il mondo se non fosse riconosciuta l'esistenza del signore? Tutte le creature sono connesse alla Sua gloria, Benedetto sia il Suo nome in eterno. Tutte le creature  lodano e ringraziano incessantemente il Santo Benedetto.

 

Limud 3L'Uomo: L'uomo è l'essenza della realtà del mondo. Ogni essere umano che il Santo Benedetto Egli sia, ha creato dalla terra completa il mondo. L'uomo ha un livello superiore rispetto al mondo intero, perché tutto è stato creato per l'uomo. Secondo l'opinione dei nostri Maestri, di benedetta memoria, che sono saggi di verità, l'Uomo possiede un livello in più del cielo, della terra e di tutte le schiere celesti. Proprio come il sole è un re, così l'uomo è un re, perché tutto gli è sottomesso, dato che tutto è stato creato per servire e assecondare l'uomo. Il sole e l'uomo sono come re, superiori a tutto ciò che esiste in questo mondo, ma l'uomo è considerato una forma perfetta in relazione a tutto ciò che esiste. Tutte le creature camminano ricurve e a faccia in giù, mentre l'uomo procede eretto perché è il re di tutto ciò che esiste. Pertanto, tutti si inchinano davanti a lui come schiavi davanti al re. L'uomo è il sovrano degli esseri dei mondi terreni e possiede una parte divina (l'anima). Il livello dell'uomo, all'inizio, appartiene ai mondi superiori, ma quando ha il sopravvento su ciò che lo impedisce in terra, diventa superiore agli esseri superiori che non sono impediti in nulla (nota: come gli Angeli). Quando l'Uomo si innalza ai livelli superiori riceve su di sé la Gloria di Dio. Gli Angeli, invece, pur operando nei livelli superiori, non ricevono la Gloria. L'uomo è un recipiente pronto a ricevere la gloria di Dio. La sua anima è luminosa perché proviene dallo Splendore del Santo Benedetto. La sua anima non è materiale perché è di origine divina. Dal punto di vista dell'anima, l'uomo è simile ad un angelo, poiché la sua anima santa è di origine divina; infatti è scritto: "A immagine di Dio creò l'uomo".

 

Limud 4La creazione dell'uomo: Secondo quanto è scritto nella Sacra Torà, Dio creò il mondo tramite la Parola e il primo uomo, Adamo, tramite la materia. Dio creò l'uomo come Golem (materia inerte) dalla polvere e gli infuse uno spirito vitale. Quindi gli mise a disposizione tutto il creato. Quando Dio vide che Adamo era solo gli procurò una compagna, perché "non è bene che l'uomo sia solo" (Genesi 2, 18). A tale scopo Dio creò la donna, come "ezer ke-negdò", che significa "un aiuto per lui/contro di lui"; l'avverbio ke-neghed, in ebraico, ha infatti una doppia accezione: sia di associazione che di contrasto; per questo, nel Talmud è scritto che un uomo che ha meritato avrà una moglie a suo favore e, se non ha meritato, ce l'avrà contro.

 

Limud 5La creazione della donna: Spiegando la creazione della donna, il Morè citava la Tradizione Orale, riportata in un racconto didattico (midrash) del Talmud. E' infatti scritto: Perché Dio creò Eva proprio dalla costola di Adamo? Rabbi Yehoshua Desahnin, a nome di rav Levi, disse: "Considera da dove la creò: non dalla testa affinché non fosse superba; non dall'occhio, affinché non fosse curiosa; non dall'orecchio, affinché non origliasse; non dal collo, affinché non fosse altezzosa; non dalla bocca, affinché non fosse pettegola; non dal cuore, affinché non fosse gelosa; non dalla mano, affinché non fosse impicciona; non dal piede, affinché non fosse vagabonda; ma la creò dalla costola, che è una parte nascosta nel corpo, affinché fosse modesta. (Yalkut Shimoni).

 

Limud 6Gli animali: Gli animali sono stati creati per le necessità dell'Uomo; per questo, sono collegati all'Uomo che rappresenta la completezza della creazione. L'Uomo ha un livello superiore rispetto alle creature dei mondi inferiori, terrestri ed è vicino al più elevato livello di spiritualità. Gli animali, tuttavia, ricevono da Dio un senso (l'olfatto, la vista, l'udito) che è superiore a quello dell'Uomo. I volatili sono sottoposti al dominio della luna. Il volatile è più spirituale degli altri animali perché si libra in aria e possiede una maggiore sensibilità. Il gallo è condizionato dai cambiamenti del giorno. Tra gli animali, è il cane quello che ha minore rispetto di sé, per cui ama sottostare al dominio del suo padrone. Il maiale, più di ogni altro, corre dietro ai suoi appetiti, che pensa continuamente di saziare per mezzo dell'impurità.

 

Limud 7Il ciclo delle anime (ghilgul ha neshamot): Le anime vengono al mondo sotto forma umana ed il numero di ghilgulim (cicli) dipende dal livello di purificazione che l'anima deve attraversare. Alle volte, un'anima viene mandata nel mondo per un breve periodo, per correggere o espiare colpe precedenti. Una persona che viene al mondo sotto forma di nano, per fare un esempio, sconta una precedente vita caratterizzata da superbia e arroganza; oppure un'anima che ritorna sotto forma di animale, di maiale, per esempio, sconta una precedente vita dissoluta, consumata fra vizi e lussuria. Il tema della reincarnazione è molto delicato e complesso e potrebbe far cadere in errore molte persone, che potrebbero disprezzare o sottovalutare il prossimo, per cui è bene ricordare, spiegava il Morè, che "i calcoli" di HASHEM sono imperscrutabili e ben lontani dalla nostra comprensione. Bene fa la persona a non occuparsi di questi argomenti che appartengono esclusivamente alla Giustizia di Ha Shem. Il Morè spiegò anche che lo Tzadik non sottostà alla regola dei ghilgulim. Egli viene mandato al mondo una sola volta e, dato il suo livello di santità, non è oggetto di reincarnazione.

 

Limud 8Dejà vù: Alla domanda sul fenomeno del "dejà vù", la sensazione improvvisa di aver già vissuto un istante della nostra vita o di trovarci in un luogo già visto, il Morè spiegava che, in quel frangente, l'anima 'ricorda' sensazioni e immagini già sperimentate in un ghilgul precedente.

 

Limud 9Non esiste la mancanza di giustizia nel mondo (Ein hefkèr ba-olam) da parte di Ha Shem: Ogni azione viene registrata nel Libro della Vita di ogni singola persona. Ciò che sfugge alla giustizia umana non sfugge all'Eterno. Il Morè spiegava che ogni nostra azione passa sotto il vaglio della giustizia divina e per ognuno di noi c'è un giudizio (din) giornaliero, quando l'anima sale in Alto, un giudizio annuale a Rosh Ha Shanà ed un giudizio finale, dopo la morte terrena. Nel Tribunale di Ha Shem vengono messi sui due piatti della bilancia i meriti e le buone azioni da una parte e le trasgressioni e i torti commessi verso il prossimo dall'altra. Se vogliamo comparire davanti al Tribunale di Ha Shem con più meriti che peccati, è bene che ci diamo da fare in questo mondo per compiere la Volontà di HASHEM, operando il bene, rispettando il prossimo, comportandoci con rettitudine e onestà. Dobbiamo sforzarci di santificarci e di santificare la vita che ci è stata data, conformemente al precetto divino: "Santi siate poiché Santo sono Io, il Signore Vostro Dio" (Levitico 19, 2).

 

Limud 10 Spiritismo: Parlando della morte tragica di un nostro conoscente (rimasto intrappolato tra le fiamme della sua azienda), che, in vita, era solito partecipare a sedute spiritiche, il Morè, richiesto da uno degli allievi, trattò, a sommi capi, il tema dello spiritismo. Lo Tzadik spiegò che chi richiama gli spiriti o le anime dei defunti, attraverso una ritualistica ben collaudata nei tempi, mette a rischio la propria vita; chi chiama al mondo i morti, disturbandoli laddove si trovano, viene, a sua volta, da loro chiamato. Pertanto, è assolutamente proibito promuovere o partecipare a sedute spiritiche; quando, infatti, si evoca un'anima defunta che non è ancora in pace, essa si può vendicare chiamando a sé lo spiritista. Chi pratica lo spiritismo, avvertiva lo Tzadik, non muore mai di morte naturale.

 

Limud 11L'angelo della Morte: Rimanendo in tema, il Morè spiegò che quando l'Angelo della Morte (Malach ha-mavet) si presenta al morituro ha una spada sguainata e una sostanza con tre proprietà: fa morire la persona, la rende gialla e la fa puzzare; per questo, è scritto che la dignità della persona è nella sua sepoltura, ossia, non bisogna tardare a seppellire la salma, dopo averla lavata e vestita con i panni mortuari (tahrihim). Vorrei qui ricordare un insegnamento 'poetico' della signora Mazal, la moglie del Morè, riposi in pace nell'Eden, che ci diceva che il neonato che viene al mondo strilla e stringe i pugni come se volesse dire "ecco, il mondo è mio"; quando lascia questo mondo, invece, ha le mani aperte e rilasciate, come a voler dire "ecco, lascio tutto qui…".

 

Limud 12La decima (ma'assèr): Il precetto della Decima è ben noto nella Torà; si tratta dell'offerta che gli ebrei dovevano portare al Santuario e che consisteva nella decima parte dei prodotti del suolo e del gregge (Levitico, 27, 30-32), che veniva offerta ai Leviti, ai poveri e ai diseredati (Deuteronomio 14, 27-29; 26, 12-15). Lo Tzadik Haim ci impartì più di una lezione sul valore della Decima. Innanzi tutto, il termine 'ma'assèr' proviene dal numero dieci (èsser); la radice ayin-shin-resh è alla base dell'aggettivo ashìr (ricco) per cui esiste una correlazione fra il devolvere ai bisognosi la decima dei propri introiti e il benessere economico. Se una persona pratica regolarmente il ma'assèr verrà benedetto da Dio nella parnassà (fonte di guadagno connessa al lavoro). A tal punto esiste tale relazione che il Signore stesso ha detto, tramite la bocca del profeta Malachia (3, 10): "Portate tutte le decime alla casa del tesoro, perché vi sia cibo nella mia Casa e mettetemi pure alla prova su questo, dice ADONAI TZEVAOT e vedrete che Io vi apro le cateratte del cielo e riverso su di voi tanta benedizione che non ci sarà più dove metterla". Ecco, in una cosa soltanto si può "mettere alla prova", per così dire, l'Eterno: verificare se si è benedetti nella parnassà dopo aver dato la decima dei nostri guadagni ai bisognosi. Attenti, però! Il ma'assèr deve essere dato con un cuore disinteressato e leshem shamaim, perché amiamo Dio, ossia senza calcoli speculativi di 'do ut des'. La vera mitzvà, spiegava lo Tzadik Haim, è quella di fare il bene senza aspettarsi alcunché in cambio; se poi Ha Shem ci premia con la benedizione, ne saremo gratificati. Ma non è l'idea del calcolo economico che ci deve spingere a fare il ma'assèr!

 

Limud 13La vera ricchezza: "Chi è ricco? Chi si accontenta di quello che ha" (Massime dei Padri). E il Morè aggiungeva, facendo l'acrostico di ayin-shin-iod-resh (ashir) che ricco è chi ha gli occhi (ayin – einaim), i denti (shin – shinaim), le mani (iod – iadaim) e i piedi (resh – raglaim) in buona salute; in altre parole, la buona salute rappresenta la nostra maggiore ricchezza e su questo penso che ci sia un consenso universale. A tale proposito, il Morè ci spiegava che nella sua preghiera al Signore, nostro padre Giacobbe )Genesi 28, 20), diretto a Haran mentre fuggiva dalla collera di suo fratello Esaù, chiese "pane da mangiare e vestiti da indossare". Infatti, diceva lo Tzadik, se una persona ha l'appetito per poter mangiare e un vestito per poter uscire fuori di casa significa che sta bene; se fosse malato, infatti, non avrebbe appetito e non potrebbe uscire di casa. In apparenza, Giacobbe chiese a Dio il minimo, che, a pensarci bene, rappresenta la cosa che ha più valore per la persona.

 

Limud 14Le regole a tavola:  "Dopo la distruzione del Tempio, la santità fu trasferita a tavola" (Talmud). Per questo bisogna santificare Dio all'inizio, durante e alla fine del pasto. All'inizio, con la lavanda delle mani; durante, parlando di argomenti connessi alla Torà o ad argomenti di studio e di attualità e, alla fine, ringraziando l'Eterno. A tavola, bisogna essere sereni, di buon umore, facendo però attenzione a non fare discorsi banali, o, peggio, scurrili, ricordando sempre che la mensa è simile ad un piccolo santuario. Quando si mangia, bisogna masticare piano e assaporare il cibo. Il Morè ricordava sempre le regole alimentari impartite dal Rambam, di benedetta memoria, che si possono sintetizzare in alcuni punti fondamentali: Non mettersi a tavola se non si ha fame. Moderarsi nel mangiare e alzarsi da tavola con ancora un po' di appetito (ciò per favorire la digestione e non affaticare il cuore). A fine pasto, un terzo dello stomaco deve essere pieno di cibo solido, un terzo di liquido e un terzo rimanere vuoto. Non mangiare stando in piedi, bensì restando seduti comodamente, senza fretta, senza affanno e, soprattutto, senza collera. Inoltre, diceva il Morè, è bene non ascoltare i giornali radio, leggere o guardare la TV. Non bisogna bere bevande fredde durante e dopo i pasti. Dopo aver mangiato, è bene stare seduti ancora qualche minuto. Quando si mangia il pesce, non bisogna parlare: il Morè spiegava che si tratta di "et milchamà" (tempo di guerra): come in guerra si fa estrema attenzione alle mosse del nemico, così quando si mangia il pesce, bisogna stare attenti alle spine della lisca, concentrandosi bene durante la masticazione. Shabat shalom.

 

Limud 15"Kol akavà le-tovà": (Ogni ritardo/impedimento è a fin di bene): Questa massima, molto nota nel pensiero ebraico fin dai tempi del Talmud, era pronunciata dallo Tzadik Haim e da sua moglie Mazal, quando si raccontava loro qualcosa che non era andato secondo i nostri piani. In effetti, quando si verifica un contrattempo, un impedimento o un ritardo in una cosa che riteniamo impellente e che avremmo voluto concludersi bene e in tempi brevi, non bisogna dispiacersi o arrabbiarsi; il fatto in sé va invece inquadrato in un contesto che avrà una conclusione positiva.

 

Limud 16"Gam zù le-tovà" (Anche ciò è a fin di bene): Concetto analogo viene espresso da questa frase del Talmud; ogni evento che ci càpita, anche spiacevole, va letto con le lenti della fede e dell'ottimismo. Il Signore vuole sempre il nostro bene e anche se dobbiamo superare una prova apparentemente dura o dolorosa, dobbiamo convenire che ciò è sempre a fin di bene.

 

Limud 17Baruch HASHEM – Benedetto sia il Nome: Quando ci viene chiesto: "Come stai?" è bene rispondere "Baruch HASHEM" oppure "Todà la EL" (Grazie a Dio). In questo modo, si santifica il Signore Benedetto che ci tiene in vita. Non si tratta di un automatismo verbale, ma di un vero e proprio atto di fede; la frase va pronunciata con intenzione, come se si ringraziasse una persona qualunque che ci ha reso un favore. Lo Tzadik ci insegnava che il verso in Salmi "Col ha-neshamà tehalèl Ya, alleluyàh" (Ogni anima lodi il Signore, alleluyàh) (Salmi, 150, 6) va letta anche così: "Col ha-neshimà tehalel…" ossia ad ogni respiro si lodi il Signore.

 

Limud 18La magia (kishuf): La magia è una pratica antica che si basa, essenzialmente, sull'evocazione degli sheddim, i demoni di sotto e sull'impiego di azioni, gesti, rituali e pratiche occulte, trasmesse per tradizione iniziatica. La Torà proibisce nel modo più assoluto di praticare la magia, la divinazione, la necromanzia e altre pratiche simili (Deuter. 18, 10). E' vietato anche immolare animali e usare il loro sangue per ottenere benefici dagli sheddim; il sangue umano e animale, infatti, è il loro cibo favorito. Nella Torà, abbiamo diversi esempi di maghi e di esorcisti: dal mago Bil'am, che viene commissionato dal re di Moab, Balak, per maledire i figli di Israele, fino ai maghi di Egitto (hartumei Mitzraim), che riescono ad eseguire le due prime piaghe (sangue e rane) delle dieci che Dio manda sull'Egitto del Faraone, tramite Mosè e Aharon. Lo Tzadik Haim spiegava che nell'antico Egitto la magia era molto diffusa ed era praticata dalla casta sacerdotale, che viveva alla corte del Faraone, il quale, a sua volta, era considerato una divinità emanata, il Capo di tutti i maghi, che possedeva i segreti iniziatici della divinazione e delle arti occulte. Non a caso, l'Onnipotente scelse l'Egitto per liberare il popolo ebraico dalla schiavitù, affinché esso e il mondo intero vedessero che la Sua Potenza era superiore alla nazione che incarnava a quei tempi il dominio militare ed economico del mondo. La magia, spiegava il Morè, è una forza ottenuta attraverso l'impurità, che, come è noto, sta all'estremo opposto della santità (kedushà). Un mago, prima di fare il suo kishuf, si insozza o ricorre agli elementi impuri (sangue mestruale, sangue animale, seme maschile, deiezioni umane, ossa di defunti, ossa di animali morti, e simili), fa preghiere agli sheddim, digiuna o evoca spiriti di defunti (per questo frequenta di notte i cimiteri). Gli esseri richiamati gli possono svelare gli eventi del futuro e infondere poteri per eseguire cose sbalorditive. I maghi veri, solitamente, sono circondati da persone impure e immorali, che praticano riti orgiastici e perversioni sessuali e diventano schiavi degli spiriti che hanno evocato e servito. Anche qui va sottolineato, che chi pratica la magia non muore mai di morte naturale. Il Morè diceva anche che al giorno d'oggi la conoscenza e il potere della magia sono diminuiti, tuttavia ci sono ancora stregoni che praticano la magia nera in Africa, Brasile e Haiti. Il Talmud parla dei "màgusim" che nelle civiltà orientali praticavano il culto del Sole e degli astri ed erano esperti nelle arti divinatorie. E' qui importante sottolineare che il Morè era a conoscenza dei vari kishufim; lo Tzadik, infatti, deve conoscerli per poterli annullare, se richiesto (e se c'è il permesso di farlo).

 

Limud 19Ogni animale terrestre ha un corrispondente marino: Ciò che esiste sulla terra esiste anche sotto le acque. Ogni animale terrestre ha un corrispondente marino. Negli oceani ci sono forme di vita che ancora non conosciamo.

 

 Limud 20Le mitzvot, le opere di bene: Lo Tzadik Haim soleva dire che esistono tre livelli di mitzvot: Quelle di argento: la buona azione è nota a tutti e viene elogiata pubblicamente. Quelle di oro: la mitzvà è nota solo a chi la compie e a chi la riceve. Quelle di diamante: in questa mitzvà il benefattore beneficia il bisognoso, senza che la cosa si sappia. Se si tratta di denaro, si chiama "matan be-seter" (offerta fatta di nascosto).

 

Limud 21 "Motzà sefatéha tishmòr ve-assita" (Deut. 23, 24) "Mantieni e metti in pratica ciò che è uscito dalle tue labbra": Quando si dà la parola bisogna mantenerla. Un impegno preso va sempre rispettato. Si evince da questo precetto della Torà che bisogna fare molta attenzione a ciò che si dice e si promette di fare, perché ogni inadempienza viene considerata come un'omissione e come un peccato. Questo precetto ci insegna ad essere seri e affidabili e non superficiali e frivoli.

 

Limud 22"Di ogni cosa ho visto il limite, la fine, mentre la Tua legge è infinitamente estesa" (Salmi, 119, 96): Era questo un verso che lo Tzadik pronunciava sovente per sottolineare il contrasto fra la limitatezza e la caducità delle cose umane e l'infinita Onnipotenza del Signore, che tutto governa.

 

Limud 23 – "Molti sono i pensieri nel cuore dell'uomo, ma è la decisione di Dio che si realizzerà" (Proverbi, 15, 21): Il proverbio è analogo all'italiano "L'uomo propone e Dio dispone". Il Morè insegnava ad accompagnare l'esposizione di ogni nostro progetto futuro con la frase "be ezrat HaSHEM", con l'aiuto di Dio.

 

Limud 24 – "A chi sta compiendo una mitzvà non viene recato danno" (Talmud, Pesahim, 8, 71): Ciò significa, spiegava lo Tzadik Haim, che gli angeli danneggiatori (malahei ha-habalà) non hanno il permesso di recare danno a chi sta facendo una mitzvà; per mitzvà si intende qui un'azione che è 'leshem shamaim', per amore di Ha Shem, senza aspettarsi una ricompensa.

 

Limud 25"Se hai iniziato a compiere una mitzvà, portala a termine" )Rambam): Se hai cominciato a fare una buona azione è bene che sia tu stesso a concluderla; se la lasci a metà e un altro la completa, verrà ascritto a lui il merito della mitzvà.

 

Limud 26 "L'uomo non disperi della Misericordia di Ha Shem anche se la lama tagliente della spada pende sul suo collo" (Mishnà, Massehet Berachot, 10): Mai disperare! Bisogna avere cieca fede in Dio e nella Sua Misericordia, sempre e in ogni circostanza, anche se, apparentemente, tutto sembra perduto.

 

Limud 27Frase del Morè: "La solerzia porta alla purità e la purità alla santità": In altre parole, bisogna sempre darsi da fare, essere operosi, cercare le mitzvot e mai abbandonarsi all'indolenza o all'ozio, che come dicevano i Latini è il padre di tutti i vizi. Quando la persona è solerte e laboriosa raggiunge anche un buon livello di purità perché non ha il tempo di oziare e perdere il suo tempo nel peccato. La purità, poi, conduce alla santità, al dedicarsi interamente a compiere il volere di Ha Shem.

 

Limud 28Frase del Morè: "Una casa in cui non c'è il rispetto per i genitori è votata alla perdizione": Il rispetto per i propri genitori, che si fonda sul quarto Comandamento, "onora tuo padre e tua madre", veniva spesso ribadito dal Morè, a tal punto che, quando incominciai a frequentarlo, imparai anche ad alzarmi quando entrava mio papà, di benedetta memoria, nella sala da pranzo oppure quando si alzava da tavola, dopo aver mangiato. Diventò per me un atto di rispetto automatico, come si usava in epoche passate. Un tempo, infatti, i figli avevano un sacro rispetto per i propri genitori, a tal punto che fino a tre generazioni fa si rivolgevano loro con il Lei. I tempi sono cambiati e oggi non fa più effetto vedere un bambino che chiama il proprio babbo per nome! Tra le molte lezioni su questo precetto, il Morè ci mise in guardia anche a non alzare mai la voce con i genitori, a non usare frasi irrispettose del tipo "non capisci niente!" oppure "non dire sciocchezze!", perché su questi comportamenti c'è un giudizio molto severo.

 

Limud 29"Onora tuo padre e tua madre affinché si prolunghino i tuoi giorni sulla terra che il Signore Dio tuo ti dà" (Esodo, 20, 11): Rimanendo in tema, cosa significa "affinché si prolunghino i tuoi giorni?". Lo Tzadik Haim spiegava che ciò va riferito alla completezza dei giorni, cioè chi rispetta i propri genitori arriverà a completare i giorni che il Signore gli ha destinato all'atto della nascita e non morirà prima del suo tempo.

 

Limud 30Disse rav Eliezer: "Dopo la distruzione del Tempio sono state chiuse le Porte della Preghiera, tuttavia sono rimaste aperte le Porte delle Lacrime" (Talmud, Berachot, 32, 2): Lo Tzadik Haim ci spiegò che il pianto sincero che accompagna la preghiera di un cuore contrito trova sempre ascolto davanti a Dio Benedetto. A distanza di anni, rileggendo la frase di rav Eliezer mi sembra di capire che le preghiere fatte in modo automatico, senza lo spirito giusto e l'intenzione vera, sono  fiato sprecato e non salgono in Alto.

 

Limud 31Shalom: Bisogna dire "shalom" in un luogo pulito e quando si è vestiti decentemente (e non seminudi, come avviene in riva al mare). SHALOM è uno dei Nomi di Ha Shem e non va pronunciato in modo superficiale, bensì con la massima attenzione e devozione.

 

Limud 32 – "Ti ringrazio o Signore": La mattina, appena ci si sveglia, bisogna ringraziare il Signore con la preghiera "Modé ani lefaneha", "Ti ringrazio o Signore, Re Vivente ed Eterno, per avermi restituito l'anima con bontà; immensa è la Tua fedeltà". Una volta svegli, bisogna fare molta attenzione a non toccare gli occhi con le dita; infatti, sulle punte delle dita si è accumulata l'impurità della notte che va rimossa lavando le mani; quando dormiamo, infatti, l'anima sale e il corpo rimane impuro.

 

Limud 33La collera: Quando una persona è assorta nello studio della Torà viene avvolta da uno spirito di purità, che, tuttavia si dilegua se ci si arrabbia. Lo Tzadik Haim spiegava che quando una persona perde la calma e si adira viene dato il permesso ai mezikìn (gli esseri preposti a recare danno fisico o materiale) di impossessarsi di lui e di danneggiarlo. E' noto a tutti che in un momento di collera una persona può anche uccidere o commettere azioni sconsiderate, di cui, poi, potrebbe anche pentirsi. Da qui, è bene insegnare ai bambini, fin da piccoli, a dominare l'ira e ad imparare a controllarsi. Nella Torà è permesso solo un tipo di collera: quello della persona che reagisce quando assiste ad una profanazione del Nome di Ha Shem.

 

Limud 34Influssi stellari, predestinazione e libero arbitrio: Il Morè insegnava che, al momento della nascita, tre cose dipendono dalla stella (mazal) sotto la quale si nasce: gli anni di vita, il numero dei figli e l'economia. In altre parole, l'uomo è predestinato su tre importanti fattori della sua vita, che, tuttavia, non intaccano assolutamente il suo libero arbitrio; è quest'ultimo, infatti, che viene giudicato da Dio. Se, ad esempio, una persona nasce sotto una stella che lo beneficia di grossi guadagni, sarà il suo libero arbitrio a disporre in che modo spendere le sue fortune e, di conseguenza, ad esserne giudicato. L'idea di nascere sotto una stella ha fatto sì che fin dai tempi antichi si siano evolute le arti astrologiche e divinatorie; in passato, tra i Caldei, gli Assiri, i Babilonesi, gli Egizi, i Greci, c'erano esperti che avevano conoscenze apprezzabili sugli astri; ne conoscevano i movimenti e le corrispondenze con gli eventi umani; gli astrologi antichi potevano, ad esempio, consigliare i loro re se intraprendere o meno una guerra. Gli astrologi partivano dal presupposto che ci fosse un legame fra il mondo celeste ed il mondo terrestre; nell'antichità, il sole, la luna, le stelle e i pianeti erano considerati come la sede degli dei o come vere e proprie divinità, per cui erano venerati e soggetti a culti religiosi. Tornardo al tema degli influssi astrali sulle creature che vivono sulla terra (uomini, flora e fauna), il Morè spiegava che, in alcuni casi, il Signore può cambiare ciò che è stato stabilito dalla disposizione degli astri, secondo quanto è scritto "Dio ordina le stelle nelle loro posizioni secondo la Sua Volontà"; ne è un esempio il nostro patriarca Abramo, al quale venne aggiunta una 'he' (al suo nome, da Avram ad Avraham, che, in questo modo, gli cambiò il mazal. Abramo sapeva, infatti, che secondo l'osservazione astrologica non avrebbe avuto figli maschi; con l'aggiunta della lettera cambiò anche il suo destino. Un altro esempio è riportato nel racconto dell'Esodo. Dopo aver subito otto piaghe, il Faraone persistette a non lasciare uscire i figli di Israele e per convincere Mosè gli disse: "se lascerò andare via voi ed i vostri figli avrete Ra'à proprio davanti a voi". "Ra'à" era in effetti il nome di una stella dagli influssi malefici, che prefigurava spargimento di sangue. Ha Shem modificò il percorso della stella quando avvenne l'esodo; Ra'à rimase in cielo, tuttavia Mosè ordinò di circoncidere tutti gli incirconcisi usciti dall'Egitto, per cui il sangue che scorse in abbondanza non fu un sangue di morte. Ai giorni d'oggi, quale retaggio del passato, ci sono gli astrologi televisivi, le riviste e i giornali che pubblicano oroscopi e previsioni secondo i 12 segni zodiacali; il Morè sorrideva quando gli si chiedeva una sua opinione su tali 'esperti' e diceva che costoro sono furbi perché guadagnano molti soldi sfruttando l'ignoranza e la stupidità del pubblico.

 

Limud 35Rabbi Akiva dice: "Tutto è previsto e il libero arbitrio viene concesso" (Massime dei Padri 3, 15): Questa massima ha occupato le menti di generazioni di studiosi, filosofi e rabbini. Anche noi chiedemmo al Morè: come si concilia questa apparente contraddizione? Se tutto è previsto da Ha Shem, vuol dire che sa già in anticipo come l'uomo agirà secondo il libero arbitrio che gli ha fornito. Lo Tzadik, per rispondere alla domanda, citava la Grande Aquila, Maimonide, di benedetta memoria, che spiegava che una cosa è la preveggenza di Dio e un'altra è la Sua onniscienza. Quando noi parliamo di Ha Shem, usiamo l'intelletto, che è limitato alla sfera umana; il raziocinio pertanto non ci permette di inoltrarci in una dimensione che trascende la nostra comprensione limitata. Dio sa in anticipo come l'uomo si comporterà ma non per questo lo limita nelle sue scelte.

 

Limud 36"Le cose occulte appartengono al Signore e quelle manifeste sono per noi e per i nostri figli in eterno, per poter mettere in pratica tutte le parole di questa Torà" (Deut. 29, 28): In sintonia con quanto scritto poc'anzi, questa chiara affermazione della Torà ci avverte a non trattare le cose che trascendono il nostro intelletto. Chi siamo noi, oggetti di creazione, per sapere chi è Dio e come opera e giudica? Il senno che Ha Shem ci ha fornito serve unicamente per studiare e approfondire le realtà manifeste, naturali, fisiche di questo mondo e, tramite la conoscenza, capire che esiste una logica intrinseca nella messa in pratica delle mitzvot. Pertanto, si capisce da questa frase che l'Eterno avvisa il credente a non occuparsi di misticismo o di kabalà che rientrano nel settore delle "cose segrete".

 

Limud 37"Parla poco e agisci molto" (Trattato di Avot 1, 15): La persona di poche parole che fa molte opere di bene è amata da Ha Shem e dagli uomini.

 

Limud 38 "Il comportamento rispettoso viene prima della Torà": E' questo uno degli insegnamenti cardinali del Morè. Lo studio della Torà e la pratica rigorosa dei suoi precetti non hanno alcun valore se non si accompagnano al "derech eretz" che potremmo tradurre come buona educazione, rispetto e giusta considerazione per il prossimo. Frequentando lo Tzadik Haim, gli allievi potevano sperimentare da vicino il vero 'derech eretz'; il Morè accoglieva chiunque con il viso sorridente, con un atteggiamento umile e semplice che metteva a proprio agio la persona, con una comunicativa non verbale che trasmetteva la sua buona disposizione d'animo. La frase in questione può essere letta anche in questo modo: il derech eretz sono anche le norme di comportamento dei popoli prima della Torà, che, come è noto, fu data dall'Eterno al popolo di Israele, tramite Mosè, sul monte Sinai. In altre parole, bisogna considerare che esistevano altri popoli prima della Torà, per cui la visione etnocentrica dell'ebraismo religioso ebraico è del tutto inappropriata; Israele è un popolo santificato, perché ha avuto il privilegio di ricevere e di custodire la Torà, ma non per questo è superiore alle altre nazioni; Israele diventerà "or la-goiym", una luce per i popoli, soltanto se adotterà il giusto derech eretz e capirà che la sua elezione sarà accettata quando amerà, imiterà e si comporterà con il derech eretz del Moré Haim.

 

Limud 39"Chi viene per ammazzarti, precedilo e ammazzalo tu": Viene qui riassunto il concetto di legittima difesa. Non avere remore ad attaccare e a colpire chi si accinge ad ucciderti. Il Morè faceva l'esempio della Guerra dei Sei Giorni (1967), quando il presidente egiziano Nasser e i suoi alleati siriani, giordani e iracheni  ammassarono i loro eserciti lungo i confini di Israele e chiusero il passaggio del Mare Rosso alle navi israeliane, preparando una manovra di soffocamento bellico. Israele reagì con l'aviazione e in soli sei giorni distrusse al suolo tutti gli aerei nemici e sbaragliò l'esercito egiziano (conquistando la penisola del Sinai), siriano (ammassato sulle alture del Golan) e giordano-iracheno (conquistando Gerusalemme e la Cisgiordania).

 

Limud 40Gli Angeli: Gli Angeli sono forze dei mondi superiori e sono forze intellettive attive che non hanno però il libero arbitrio. I loro nomi terminano in EL (Dio) – Gabriel, Michael, Refael, Uriel, etc – perché sono preposti ad attuare il volere divino. L'Angelo non segue le leggi fisiche della natura, per cui è come se volasse, per questo viene rappresentato nell'iconografia con le ali. Gli Angeli esistono da quando esiste il mondo, però, spiegava il Morè, non sono eterni. Essi non partecipano alla vita ultraterrena, dato che il loro compito è definito e prestabilito nel mondo e non hanno né meriti né difetti.

 

Limud 41Gli Angeli Ministri: Ogni popolo sulla terra ha un Angelo-Ministro (Sar) che sostiene la sua causa nel Tribunale Celeste. L'Angelo-Ministro di Israele deve continuamente difendersi dalle accuse che portano in tribunale i ministri accusatori (mekategrim) delle settanta Nazioni del mondo. Se gli ebrei, nella loro maggioranza, agiscono male e trasgrediscono le vie della Torà, danno modo ai 'mekategrim' di arringare contro di loro e di chiederne la punizione. L'Angelo di Israele può tacciare le bocche dell'accusa solo quando le mitzvot hanno il sopravvento sui peccati. Per questo è importante che ogni singolo ebreo si dia da fare per aumentare i meriti del suo popolo respingendo in tal modo le accuse dei mekategrim.

 

Limud 42"Prima di colpire, (Dio) prepara la medicina e risana" (R. Yehuda Ha-Levi): Il Morè spiegava che quando il Signore decreta di punire il Suo popolo ne è, per così dire, dispiaciuto, come un padre con suo figlio. Il Misericordioso, tuttavia, prima ancora di mandare la 'makà' (il castigo), prepara anche il modo di guarirla e sanarla. Ciò vale per il singolo e per la comunità. Un esempio storico attuale è la nascita dello Stato di Israele (1948), che è avvenuta dopo soli tre anni dalla Shoà in Europa.

 

Limud 43L'avarizia: L'avarizia è un vizio detestato dal Cielo e dagli uomini, soleva dire lo Tzadik Haim, che, a tale proposito, ci raccontò questo 'midrash' (racconto a fini didattici e morali): C'era una volta un moel (circoncisore) che era tanto ricco quanto avaro, per cui non faceva mai tzedakot ai poveri o ai bisognosi; di buono, però, aveva questo: circoncideva i neonati gratuitamente e rifiutava qualsiasi compenso per questa mitzvà cardinale. Se chiamato, non esitava a recarsi anche in villaggi lontani e sempre a proprie spese. Avvenne un giorno che uno shed (demone), sotto le spoglie di ebreo ortodosso, lo chiamò a casa sua per la circoncisione del figlio. Dopo la cerimonia rituale, lo shed volle ricompensare il moel e lo introdusse in una stanza piena di pietre preziose, invitandolo a prendere ciò che desiderava. Il moel rifiutò e disse che la ricompensa migliore era stata la mitzvà della circoncisione che aveva appena fatto. Non pago della risposta, lo shed lo fece entrare in una seconda stanza, piena di oggetti d'oro. La scena si ripetè e il moel rifiutò nuovamente ogni forma di retribuzione. Infine, lo shed introdusse il moel in una terza stanza, che era piena di chiavi. Qui, il moel sbiancò in volto perché riconobbe, tra le tante chiavi, quella della sua cassaforte. Sorpreso, chiese spiegazioni. A questo punto, il demone gli spiegò che in quella stanza erano custodite le chiavi dei forzieri di tutti gli avari del paese. "L'avaro" gli spiegò "non può godere dei beni che accumula continuamente e custodisce gelosamente nel suo forziere, per cui sono i demoni che gli tengono la chiave. Il denaro che voi avari accumulate non è benedetto ed è sempre in cima ai vostri pensieri e alle vostre preoccupazioni, così come è scritto in Ecclesiaste (5, 12) "c'è denaro custodito che reca danno ai loro possessori". Il midrash, spiegava il Morè, viene ad insegnarci che le mitzvot che quel moel aveva fatto in modo integrale e disinteressato lo avevano salvato dalla dannazione e gli avevano fatto capire la natura del suo difetto, affinché si potesse correggere e redimere; l'avaro, concludeva il Morè, è un ricco che vive da povero.

 

Limud 44 – "Poiché l'uomo è come un albero del campo" (Deut. 20, 19): Il Morè spiegava che la frase in Deuteronomio ci insegna che ci sono molte analogie fra l'albero e l'essere umano; entrambi generano da un seme, sono eretti, crescono verso l'alto e vivono grazie ai quattro elementi fondamentali: terra, acqua, aria, fuoco/sole; l'albero, tuttavia, ha le radici sotto terra, mentre l'uomo le ha in Alto. L'uomo è simile ad un tronco ed i suoi figli sono i suoi rami, che a loro volta danno vita ad altri rami; non a caso la nostra stirpe viene rappresentata graficamente da un albero (genealogico).

 

Limud 45Il sogno: Il sogno, spiegava il Morè, è ciò che l'Anima ha il permesso di vedere e di conoscere quando sale in Alto. Dio può servirsi del sogno per rivelare all'uomo gli eventi futuri (come i sogni di Giacobbe, di Giuseppe, degli inservienti del Faraone o del Faraone stesso); alle volte, il sogno può avere la forma di una vera e propria visione e contenere un messaggio di HaShem (come nelle visioni dei Profeti). Nella Torà, il sogno viene considerato come una manifestazione della Parola di Dio ma si avvisa il popolo a non credere ai sogni dei falsi profeti. Per quanto riguarda l'interpretazione dei sogni, è scritto nella Torà, per bocca di Giuseppe, che "le interpretazioni appartengono a Dio" (Genesi, 40, 8) e "Dio darà al Faraone una risposta tale da rasserenarlo" (Genesi, 41, 16); in altri termini, per dare un'interpretazione pertinente bisogna essere uomini di Ha Shem. Quando gli allievi dello Tzadik gli raccontavano un loro sogno ne ricevevano subito l'interpretazione.

 

Limud 46Educazione dei figli e intimità della coppia sposata: se richiesto, il Morè impartiva agli allievi (che erano quasi tutti sposati) dei consigli che riguardavano la loro vita intima. Innanzi tutto, insegnava lo Tzadik Haim, marito e moglie devono volersi bene e rispettarsi a vicenda, non devono offendersi e devono essere solidali e uniti nell'educazione dei figli. Con loro devono essere amorevoli e coerenti e quando sono piccoli, per evitare che diventino capricciosi, devono adottare una linea di condotta ferma e non rinunciataria. Nell'intimità, marito e moglie devono godere appieno della loro unione, ma devono osservare alcune regole fondamentali (ciò soprattutto per portare al mondo dei figli sani): devono astenersi dall'avere rapporti nel periodo mestruale e post-mestruale (che dipende da donna a donna e può variare dai 5 ai 7 giorni); l'uomo deve eiaculare all'interno del sesso della moglie e non deve trattenere l'uscita del seme, perché così facendo avrà in seguito problemi alla prostata; non è grave se durante i preliminari, all'uomo 'scappa' il seme e lo disperde fuori; prima e durante il rapporto, la coppia deve attenersi ad una condotta di modestia, evitando volgarità di linguaggio e di comportamento; il marito deve stare sopra la moglie e deve evitare di baciarle il sesso; la moglie, nei preliminari, può baciare o leccare il sesso del marito. L'atto sessuale va fatto secondo natura, per cui è proibito il coito anale. Al Morè venne chiesto da uno degli allievi se il marito o la moglie potevano ricorrere ai mezzi di contraccezione (preservativo, diaframma, pillole anticoncezionali); egli rispose che i mezzi contraccettivi si possono usare dopo che la coppia ha avuto già almeno due figli (meglio se maschio e femmina, per adempiere il comandamento "prolificate e moltiplicate") e non ne vuole altri perché si trova in condizioni economiche difficili o perché la moglie ha problemi di salute e non se la sente di avere ulteriori gravidanze.

 

Limud 47"E Dio creò l'uomo a Sua immagine" (Genesi, 1, 26): Cosa significa "immagine di Dio" (tzelem Elohim)? Per rispondere, il Morè citava Maimonide, di benedetta memoria, che spiegava che lo Tzelem Elohim è la comprensione astratta dell'uomo, per mezzo della quale capisce e contempla la realtà del mondo. Dio ha creato l'Uomo infondendogli l'intelletto, che è in grado di capire, ideare, creare e distinguere. Osservate bene, diceva lo Tzadik, che è scritto "Dio creò l'Uomo (Adam)" e non l'ebreo o il musulmano o il cristiano a Sua immagine; ciò per insegnarci che l'idea di uomo deve prescindere dalla razza o religione o da un qualsiasi altro fattore". Sembrerebbe una cosa ovvia, ma non lo è, perché la gente comune ragiona secondo categorie mentali consolidate e secondo pregiudizi e stereotipi. Lo Tzelem Elohim ha il livello più alto perché è una manifestazione diretta di Ha Shem, per cui la Torà, fin dagli inizi, vieta l'omicidio, dicendo esplicitamente (Genesi, 9, 6): "chi versa il sangue dell'uomo avrà il proprio sangue versato dall'uomo, poiché Dio creò l'uomo a propria immagine". Rabbi Akiva, nelle Massime dei Padri, afferma che "amato è l'Uomo che è stato creato a immagine divina"; da qui si è consolidato il concetto espresso dai nostri Maestri del "k'vod ha adam", il rispettare  ogni creatura vivente poiché è stata creata a immagine di Dio.

 

Limud 48Lezione con le prime 5 lettere dell'alfabeto ebraico: Il Morè spiegava, sorridendo, che dalle prime 5 lettere dell'alfabeto ebraico si può trarre una fondamentale 'lezione di vita'. La ALEF rappresenta la Emunà, la Fede in Dio, che è alla base della nostra vita, del nostro pensiero e della nostra condotta. Chi la possiede viene benedetto da Dio e riceve pertanto la BET, la Berahà, la Benedizione. Dopo aver ricevuto la BET, la persona potrebbe cadere nella GHIMEL, che è la Ga'avà, la superbia che caratterizza il comportamento di chi si è arricchito ed è convinto che ciò sia il risultato delle sue capacità. La GHIMEL conduce alla DALET, che è la Dalut, la povertà; spesso Dio butta giù chi si è insuperbito e gli toglie le ricchezze che aveva accumulato, rendendogli la vita dura. Ed è allora che la persona riconosce di aver peccato di superbia e di aver dimenticato il suo Benefattore, ritornando a Lui, alla HEY, (che, appunto, è la lettera che indica il Signore).

 

Limud 49"Non derubare il misero poiché egli è misero e non opprimere il povero che sta alla porta" (Proverbi, 22, 22): Nella Torà ci sono molti riferimenti espliciti a non opprimere i deboli, gli indigenti, le vedove, gli orfani e i forestieri residenti nel paese, perché, essendo privi di mezzi, sono indifesi e in balìa di chi è più forte. Sarà Dio Benedetto, tuttavia, che difenderà la loro causa. Il Morè, interpretando questa frase, aggiungeva: "Come è possibile derubare (il verbo "ligzol" significa sottrarre un bene altrui in modo disonesto) un povero, che praticamente ha ben poco o addirittura niente? Ebbene, spiegava, se una persona che ha i mezzi fa ad un povero che sta davanti alla sua porta una tzedakà è bene che perseveri in futuro nella sua mitzvà, poiché se non lo facesse è come se lo derubasse. Abbiamo già spiegato (Limud 8) che il Signore benedice colui che aiuta chi si trova in condizioni economiche precarie.

 

Limud 50 – L'occhio cattivo (ayin ha-rà): L'occhio cattivo o malocchio, spiegava il Morè, deriva, principalmente, dall'invidia e dall'odio. Nella tradizione ebraica, ci sono numerosi riferimenti all'occhio cattivo, il più famoso dei quali lo troviamo nel racconto di Giuseppe; quando i dieci figli di Giacobbe si recano in Egitto per rifornirsi di cibo durante la carestia, il genitore raccomanda loro di non entrare tutti per lo stesso portone, "affinché il malocchio non cada su di voi" (dato che erano tutti e dieci molto belli e aitanti) (Midrash Rabbà). Nel Talmud è anche scritto che il 99% delle malattie è causato dall'ayin ha-rà (concetto ripreso poi dal Rambam). Lo Tzadik Haim consigliava agli allievi di evitare di fare complimenti o di fissare il proprio sguardo   sulle cose altrui. "E cosa si può fare per proteggerci dall'occhio cattivo?" gli chiedemmo. Il Morè ci consigliava di pronunciare EL SHADDAI, uno dei Nomi del Signore, che ha il potere di bloccare l'influsso negativo o invidioso della gente. La signora Mazal, di benedetta memoria, quando sentiva un complimento o una lode rivolta a qualcuno di noi, per annullare subito l'ayin ha-rà, esclamava "ben Porat Yosef", che fa parte della benedizione che Giacobbe riservò a suo figlio Giuseppe, in cui disse "ben Porat Yosef, ben Porat alei-ayin" (Genesi 49, 22) e cioè "Giuseppe è un albero fruttifero, un albero fruttifero presso una sorgente d'acqua"; "alei ayin", tuttavia, si può tradurre anche "che è al di sopra dell'occhio", ossia del malocchio.

 

Limud 51 – La maldicenza (lashon ha-rà): La maldicenza è uno dei peccati di lingua più comuni fra la gente; talvolta è innocua come il pettegolezzo che si fa in famiglia sui vicini di casa o sui conoscenti, ma però può essere anche letale, quando diventa maligna e intenzionalmente diffamatoria. In realtà, la maldicenza origina dall'invidia e dal livore verso chi viene considerato rivale o nemico (negli affetti, negli affari, nella professione, nella politica). Nella Torà, il divieto di lashon ha-rà è assoluto: in Levitico (19,14) è scritto: "non parlare male del sordo" e un po' più avanti (19,16) "non andare di qua e di là a sparlare in mezzo al popolo". Chi fa maldicenza viene castigato con gravi malattie della pelle, come la lebbra, che in ebraico si chiama 'tzara'at', che ha l'etimologia "motzè rà", ossia colui che fa uscire il male (dalla sua bocca). Il Morè citava l'esempio di Miriam, la sorella maggiore di Mosè, che fu colpita dalla lebbra perché trasgredì il comandamento in Deuteronomio (24, 8-9) "Stai attento alla malattia della tzara'at. Ricorda ciò che fece il Signore tuo Dio a Miriam". Infatti è scritto che quando Medad ed Eldad cominciarono a profetare nell'accampamento, Giosuè, il Talmid primo di Mosè, corse subito a riferirirglielo. E Mosè gli disse: "Sei forse geloso per me? Magari tutti nel popolo fossero profeti, che il Signore infondesse in loro il Suo spirito!". E Miriam, sentendo quella frase, disse a suo fratello Aharon: "Se fossero tutti profeti, poverette le mogli di Israele che verrebbero trascurate dai loro mariti!" alludendo al fatto che Mosè, data la sua mansione di profeta che parlava "viso a viso" con Ha Shem, aveva cessato di avere rapporti intimi con sua moglie Tzipora. La Torà nasconde, per così dire, questo episodio e fa intendere che il castigo a Miriam derivò dalla maldicenza che fece sulla "moglie etiope" del fratello e sulla frase che pronunciò (Numeri 12, 2): "Il Signore ha forse parlato solo esclusivamente tramite Mosè? Egli ha parlato anche tramite noi". In ogni caso, le parole di Miriam non furono gradite in Alto, per cui fu punita con la lebbra e solo grazie all'intercessione e alla preghiera di suo fratello Mosè fu guarita, dopo aver però trascorso una settimana di isolamento fuori dall'accampamento.

 

Limud 52 – L'abitudine diventa natura: Questa frase che ripeteva spesso il Morè racchiude una grande saggezza e la si può constatare in tutti i settori della vita. E' un dato di fatto che vale nel bene e nel male. L'abitudine al gioco d'azzardo, per esempio, diventa un vizio, una dipendenza coatta, una vera e propria seconda natura, che condiziona la vita dell'individuo e lo può portare a perdere il suo patrimonio. D'altro canto, ci si può abituare anche ad azioni virtuose che diventano poi naturali e automatiche, come la preghiera, il dedicare tempo allo studio, fare del volontariato per aiutare il prossimo, etc. Se si vuole estirpare un vizio o una dipendenza coatta è necessaria una forza di volontà molto forte.

 

Limud 53 – Non bisogna fare affidamento sui miracoli: Questa frase dei nostri Saggi, di benedetta memoria, si basa sul comandamento della Torà (Deuteronomio, 6, 16) che recita: "Non mettete alla prova il Signore, vostro Dio". E' un invito ad usare il buon senso e a non mettere a rischio la propria vita, sicuri del fatto che Dio ci salverà comunque. Lo Tzadik Haim spiegava che l'individuo deve fare molta attenzione a salvaguardare la propria vita e la propria salute (secondo il precetto in Deuteronomio 4, 15) dato che la vita è un bene supremo, un dono di Dio, che ci viene concesso in pegno. Se, ad esempio, uno guida una moto in un'autostrada a 200 km/h e dice che non gli succederà niente perché fa affidamento su Dio dimostra di essere non un uomo di fede ma uno stupido integrale! Diversa cosa è un soldato che prima di intraprendere un'azione di guerra che potrebbe mettere a rischio la sua vita, prega Dio e chiede la Sua protezione. In questo caso, non mette alla prova Dio, perché sono le contingenze del caso che lo mettono in una situazione di pericolo. I miracoli e i portenti appartengono alla Volontà di HA SHEM e noi non possiamo che contemplarli in ogni momento e ringraziare e lodare il Santo Benedetto che ci tiene in vita per poterlo fare..

 

Limud 54 – (Il trascrizione dalla cassetta registrata dal Morè) – Abramo: Il fondamento della creazione è Abramo. Tutte le generazioni fino ad Abramo erano sottomesse alla natura e non erano da essa distinte, fino a quando il Santo Benedetto scelse Abramo nostro Padre, per elevarlo al di sopra della natura. Tutte le generazioni da Noè ad Abramo furono create solo per dare alla luce Abramo, che rappresenta l'elemento fondamentale del mondo. Tutte le generazioni fino ad Abramo erano caos e tenebre mentre Abramo ha portato la luce nel mondo. C'è qualcosa in Abramo che non si trova in nessun altro essere umano, nel senso che Abramo "non è connesso" a suo padre Terah, così come non esiste alcun nesso fra la luce e le tenebre. Abramo rappresenta l'inizio del genere umano ed è per questo che Ha Shem aggiunse al suo nome la lettera HE ( da Abram ad Abraham, padre di una moltitudine di popoli (Genesi 17, 5). Infatti, il Signore Benedetto Egli sia, tramite Abramo, estese il Suo nome e la Sua protezione sull'intera umanità. Abramo era tutto intelletto, e nessuno possedeva un livello intellettivo pari al suo, per cui fu il primo a conoscere la verità. Prima di lui, gli esseri umani erano nell'errore e seguivano la loro immaginazione; con Abramo e il suo insegnamento, l'umanità cominciò a riconoscere il Creatore e ad usare la propria intelligenza. La virtù di Abramo è la bontà disinteressata (hesed). La virtù di Isacco è la giustizia (tzedek). La virtù di Giacobbe è la misericordia (rahamim).

 

Limud 55 – L'ospitalità di nostro padre Abramo: E' noto dalla Tradizione dei nostri Saggi, di benedetta memoria, che nostro padre Abramo fu benedetto da Dio con ricchezza di armenti e di beni, in virtù del fatto che praticava la mitzvà della decima. Il Morè spiegava che Abramo era noto nel mondo d'allora per i salvataggi miracolosi che avvennero durante le dieci prove a cui fu sottoposto. Egli fu il primo a diffondere la fede in un Unico Dio, Creatore dei cieli e della terra. Molte persone, persuase dalle verità che insegnava, abbandonarono l'idolatria. Abramo fu amato da Dio perché era generoso, ospitale e umile. Nelle Massime dei Padri (cap. 5, 19) è scritto che "sono considerati allievi di Abramo coloro che possiedono queste tre virtù: un occhio buono, uno spirito umile e un comportamento modesto". E' scritto anche nella Torà, che quando si insediò nella terra di Kena'an, Abramo piantò una tamerice, "eshel" in ebraico, che sono le iniziali (alef-shin-lamed) di cibo (achilà), bevanda (shtiyà) e pernottamento (linà); in altre parole, Abramo, istituì un vero e proprio ostello gratuito in mezzo al deserto che dava ospitalità ai carovanieri di passaggio. E di come fosse ospitale e sollecito con i suoi ospiti lo leggiamo nell'episodio (raccontato in Genesi 18) in cui tre angeli divini, in sembianze umane, arrivano al suo accampamento e Abramo li invita a dissetarsi, a lavare i piedi e a riposarsi all'ombra delle fronde. Abramo ordina alla moglie Sara di preparare delle focacce e lui stesso si affretta a scegliere un bel vitello da consegnare al suo servitore affinché lo prepari per il pranzo.

Lo Tzadik Haim ci raccontò un midrash significativo sull'ospitalità di Abramo: Dopo mangiato, Abramo invitava i suoi ospiti a ringraziare il Dio Unico che "sazia ogni creatura dotata di spirito". Un giorno, un viandante si rifiutò di ringraziare Ha Shem e ringraziò l'idolo che portava appeso al collo. Vedendo ciò, Abramo si arrabbiò e cacciò via l'ospite pagano dalla sua tenda. A questo punto, racconta il midrash, Dio rimproverò il patriarca e gli disse: "Abramo, Abramo, perché lo hai cacciato via? Va', richiamalo e chiedigli scusa. Non è affar tuo se egli è idolatra, ma è affare Mio soltanto!". Da questo midrash, concludeva lo Tzadik Haim, bisogna imparare che non spetta a noi discriminare il prossimo in base alla sua fede; davanti ad Ha Shem sono tutti uguali.

 

Limud 56 (trascrizione) – Giacobbe e i tre Patriarchi: Nostro padre Giacobbe rappresentò la virtù della perfetta via di mezzo tra Abramo e Isacco; egli ricevette le benedizioni ricevute dai suoi predecessori, per cui fu chiamato "il santo tra i padri". Infatti, Giacobbe fu la colonna portante che sosteneva il tutto. Abramo fu il principio e Giacobbe fu il fondamento, simile ad un albero dal cui seme si formano le radici che danno vita al tronco che si espanderà con i suoi rami - così Abramo fu il seme iniziale  del mondo, mentre Giacobbe fu il tronco da cui si diramarono le tribù d'Israele. Giacobbe era ad un livello di immagine divina (Tzelem Elohim) supremo ed il suo aspetto era scolpito sul Trono della Gloria, per cui nel suo sogno a Bet El, gli angeli salivano e scendevano una scala che raggiungeva il cielo, perché volevano vedere il suo viso. La santità rappresenta la peculiarità di Giacobbe, che possedeva una virtù interiore superiore e nascosta. I Patriarchi simboleggiano in sostanza l'inizio e la realtà del mondo in generale. Sebbene essi conoscessero il nome del Santo Benedetto Egli sia, non conoscevano il segreto del Nome, né cercarono di conoscerlo poiché procedevano con la semplicità di cuore e di mente (temimut) e con la giusta fede.

 

Limud 57 (trascrizione) Moshe Rabbenu: Mosè è il fondamento della storia del mondo. Il livello di Mosè era distinto da quello di tutto il popolo. Egli era una personalità pubblica e non privata che, da sola, controbilanciava tutto Israele. Tutto ciò che accadde a Mosè non fu casuale, perché se lo fosse stato, anche la redenzione sarebbe stata casuale. Mosè non sottostava alle leggi della natura fisica, e se si esamina il suo caso, si scopre che non era un uomo comune. Infatti, era un uomo di Dio: aveva una natura umana, ma possedeva anche un livello supremo di conoscenza, a tal punto che fu detto di lui (Salmi 8. 6): "gli mancava poco dall'essere considerato un dio" e così anche (Proverbi 30, 4): "salì in cielo e scese dal cielo". Non per niente  Mosè testimoniò (Deuteronomio 5, 5): "In quel tempo ero tra Ha Shem e voi, per riferirvi la Sua parola"

 

Limud 58 (trascrizione) – Aharon e Mordechai: Anche Aharon fece da intermediario tra il Santo Benedetto Egli sia ed il popolo d'Israele. Aharon, il sacerdote, era completamente santificato e spirituale in quanto era come un'offerta propiziatoria pura, come è scritto (Levitico 6, 13): "Questo è il sacrificio di Aharon". Aharon era unico per le sue virtù ed era come semola purificata. Era amato dal popolo e tutte le sue vie erano vie di pace.

"C'era un ebreo nella capitale Susa che si chiamava Mordechai". Come Mosè fu chiamato "uomo (ish)", così anche lo fu Mordechai, che rappresentò l'integrità di Israele. Quando il Santo Benedetto Egli sia, nascose il Suo volto a Israele, fu importante che ci fossero il Goel Mordechai ed Ester che apportarono la salvezza.

 

Limud 59  (trascrizione) – Israele: Israele viene chiamato "principio" poiché è il principio del pensiero di Ha Shem così come chi ara e semina la terra ha innanzitutto in mente il buon raccolto e non la pula. Questo popolo, eletto dal Santo Benedetto Egli sia, è l'essenza della realtà nel mondo. Nel popolo d'Israele c'è un'essenza divina irreperibile altrove, per cui tutto ciò che esiste in rapporto ad Israele è come le parti del corpo in rapporto al cuore, che è l'organo più importante. Sebbene Ha Shem sia il Dio di tutte le Sue creature, Egli è prima il Dio d'Israele e poi il Dio di tutte le creature in esistenza. I figli d'Israele hanno una particolarità speciale perché sono stati creati con più precetti rispetto agli altri popoli, dato che sono stati comandati ad osservare molte più mitzvot. E perché sono completi? Perché possiedono lo Shabbat che insegna la completezza.

 

Limud 60 – Il digiuno di Kippur: Il giorno di Kippur è una data significativa del ciclo annuale ebraico, in cui il Signore Benedetto concede al Suo popolo la possibilità di redimersi e di espiare le proprie colpe, attraverso un digiuno di 25 ore. Nella Ghemarà è scritto che l'espiazione (kaparà) deve accompagnarsi al pentimento, al ritorno a Dio (teshuvà). Ci sono tre tipi di espiazione: 1. L'espiazione di chi ha trasgredito i precetti positivi (quelli in cui si è comandati ad osservare) e si è pentito; in questo caso, il trasgressore non si muove dal suo posto (cioè deve stare seduto al banco degli imputati) fino a che dall'Alto non lo perdonano". Pertanto, il pentimento è tempestivo e il Misericordioso assolve il peccatore. 2. L'espiazione di chi ha trasgredito i precetti negativi (quelli che vietano) e si è pentito; in questo caso è scritto nella Torà "poiché in questo giorno (di Kippur) il sacerdote espierà per voi per purificarvi di tutti i vostri peccati e verrete purificati davanti al Signore" (Levitico, 16, 30). In questo caso, la teshuvà è condizionata (come nel tribunale umano che emana un verdetto assolutorio con la condizionale) e allontana la punizione. 3. Il trasgressore ha commesso delle colpe che sono perseguibili con la morte (mità) e/o con la perdita del merito di far parte del popolo ebraico (karet) dal Tribunale di Ha Shem e si è pentito. In questo caso, arriva il Kippur e assolve il pentito attraverso delle sofferenze fisiche espiatorie (issurim memarekim), secondo quanto è scritto "e ricorderò le loro trasgressioni con la frusta e i loro peccati con le malattie" (Salmi, 89, 33). La Ghemarà aggiunge che "chi ha profanato il Nome di Dio pubblicamente, né il pentimento, né il Kippur e nemmeno le sofferenze fisiche espiatorie hanno il potere di redimerlo; solo la morte prima del tempo lo può purificare" (Talmud, Yoma, 86, 1).

Il Rambam di benedetta memoria nelle sue "Hilchot Teshuvà" (Norme di Pentimento, cap 1, halachà 4) scrive che "sebbene il pentimento espii ogni trasgressione e il Kippur purifichi, ci sono tuttavia delle colpe che non vengono subito assolte con il Kippur, se non con il passare del tempo". E inoltre: "Tutto dipende da quanto un peccatore meriti che vengano cancellati i peccati che pesano sul suo conto", ossia le sofferenze che vengono sulla persona completano l'espiazione e quanto maggiore è la sofferenza tanto maggiore è la kaparà. E' importante sottolineare, aggiunge Maimonide, che il digiuno di Kippur può assolvere le colpe dell'uomo nei confronti di ha Shem, ma non nei confronti della persona lesa od offesa, fino a quando non si ottenga il perdono esplicito della persona stessa (ibid. cap 2, 9).

Nel Giorno di Kippur, Dio Benedetto "addolcisce" per così dire i giudizi, decretati dieci giorni prima nel giorno di Rosh ha Shanà, per cui il Suo Attributo di Misericordia (Hesed) prevale sull'Attributo di Potenza (Ghevurà), come è scritto nella Ghemarà: Dio tramuta il giudizio severo in uno mite. Attraverso l'espiazione e il perdono, il Signore Benedetto intende purificare il peccatore dalle impurità che lo hanno indotto al peccato. Il peccato, infatti, "sporca" il nefesh (l'animo vitale) e genera un'imperfezione (mum) nella spiritualità della persona. Quanto più numerosi sono i peccati tanto maggiore è il distacco dello spirito dalla Fonte di Vita, dal Padre nei Cieli. La mehilà, il primo stadio dell'espiazione, non è in grado di liberare la persona dall'impurità fisica e spirituale che lo ha invaso; perciò il compito della teshuvà è quello di purificare (le-taher) lo spirito, di rinnovarlo e di riportarlo ad una condizione di purezza. La selihà, il secondo stadio dell'espiazione, è il ricollegamento tra l'individuo e Dio. Il giorno di Kippur ha la virtù di rinnovare lo spirito e di purificarlo completamente; e ciò vale non solo per il singolo individuo ma anche per il popolo intero; è per questo che il Grande Sacerdote doveva attuare il sacrificio dei due capri espiatori; il primo espiava i peccati della casta sacerdotale e il secondo, sul quale erano stati caricati i peccati pubblici, veniva mandato da Azazel, altro nome del Satan. E, in questo modo, il Satan non può venire a disturbare i figli di Israele quando sono immersi nella santità del Kippur; essi, infatti, sono paragonati ad angeli, dato che non mangiano, non bevono e non si accoppiano. A questo proposito, lo Tzadik Haim ci faceva notare che in ghematria Ha Satan  (השטן)corrisponde a 364, ossia i giorni dell'anno (365) meno 1; in altre parole, il Satan può disturbare o tentare i figli di Israele durante tutto l'anno, ma non nel giorno del digiuno; a Kippur il Satan non ha il permesso di accusare i figli di Israele che possono dire senza timore il Viddui (la confessione pubblica dei propri peccati).

 

Limud 61 (trascrizione) – I numeri da 1-11: Il numero 1 è incompleto, perché è privo di estensione.

Il numero 2 è incompleto perchè ha doppiezza e divisibilità.

Il numero 3 ha in sé la disponibilità a raggiungere la completezza poiché nel 3 ci sono due estremità e un centro. Il 3 indica il collegamento e la congiunzione.

Il numero 4 si oppone all'individualità. E' un numero divisibile che contiene 4 unità che hanno direzioni autonome. Perciò indica la divisione e la separazione, così come è scritto 'vi ho sparpagliati per i quattro venti".

Il numero 5 ha la proprietà di collegare i quattro punti cardinali attraverso un punto di unione. Il 5 viene chiamato "unione" (agudà), perchè collega appunto le quattro direzioni.

Il numero 6 rappresenta la completezza. Non esiste completezza se non nel 6. La materia trova la sua integrità nel 6 (su, giù, est, ovest, nord, sud). Il 6 si addice ad Israele, che è unito tramite il 6. Sempre si può constatare che i gradi e i livelli (sovrapposti l'uno sull'altro) sono riferiti al numero 7.

Il numero 7 indica i livelli superiori. Il settimo è un livello preferito e distinto. Ogni cosa che è innumerevole viene riferita al 7. Esso rappresenta anche la suddivisione e la separazione come "per una via uscirono e per sette furono messi in fuga" (Deut., 28, 7).

Il numero 9 fa da limite ultimo ai singoli numeri. Esso completa i numeri a una cifra.

Il numero 10 racchiude in sé tutti i numeri che hanno una loro autonomia.

Dopo il 10, i numeri si ripetono. Il 10 è un numero particolare per il suo livello di santità a tal punto che rappresenta un livello superiore di separazione, distinto dal mondo naturale. Il 10 dimostra che esiste nel mondo un livello divino superiore. Il mondo fisico, materiale, non supera il 10, così come dissero i nostri Maestri nel Talmud "Mosè ed Elia non salirono oltre il 10" (Talmud, Suka, 1). Con l'11 si esce dal mondo fisico.

 

Limud 62 (trascrizione) – I numeri da 13-100: Il 13 rappresenta la potenza della completezza. Tredici sono gli Attributi della Bontà e della Misericordia di Dio.

Il 40 è specifico dell'Aldilà Intellettivo (ha olam ha bà ha sihlì) in quanto la Torà di Saggezza è stata data in 40 giorni e così anche il feto diventa creatura dopo 40 giorni e così anche l'Anima viene data all'essere vivente in 40 giorni.

Il 60 rappresenta un numero intero generale che non ha aggiunte. Troverai il 60 ogni volta che viene menzionato un numero generale, come ad esempio "il sogno è un sessantesimo di profezia" (Talmud, Brahot, 57, 2).

Il 70 indica la molteplicità concepita come unità, come, ad esempio, "le 70 nazioni del mondo" oppure "i 70 aspetti della Torà". Sul Sinai, quando vennero proclamati i Dieci Comandamenti, ogni singolo comandamento, che uscì, per così dire, dalla "Voce di Dio", si diffuse in 70 lingue.

Il 100 è un numero che si riferisce al mondo più elevato, che è il mondo del terzo livello. Le unità (1,2,3,4,5,6,7,8,9) rappresentano il primo livello. Le decine (10, 20, etc) rappresentano il secondo livello. 100 è il terzo livello. E bisogna sapere che la facoltà dell'Uomo arriva al 10 (come è scritto che "Moshe ed Elia non salirono oltre il 10"); pertanto, il 100 è separato dalle decine e appartiene ai Mondi Superiori.

 

Limud 63 – Il vino: Quando lo Tzadik Haim ci onorava con la sua presenza e pranzava a casa degli allievi, a tavola, non mancava mai il vino. Lo Tzadik Haim elogiava molto questo alimento, che è alla base della santificazione del sabato, delle festività (a Pesah si bevono persino 4 bicchieri e a Purim c'è chi approfitta per ubriacarsi e confondere fra Haman e Mordechai), del matrimonio, della circoncisione. Abbiamo appreso dal Morè che non "c'è gioia se non nel mangiare la carne e bere il vino" (Talmud Babilonese, Psahim, 109, 1) e anche che "il vino allieta il cuore dell'uomo" (Salmi 104, 15).

Ricordo una serata allegra con il Morè, che ci raccontò il midrash talmudico che racconta l'origine del vino. Prima del diluvio, Noè prese con sé sull'Arca dei tralci di vigna e dei semi di fico e di oliva. Dopo il diluvio, quando Noè piantò la prima vigna, venne Satana e gli chiese che cosa stesse facendo. "Pianto una vigna" rispose Noè. "Che cos'è?" domandò. "E' una pianta che produce dei frutti dolci, sia da freschi che seccati e dai quali si ricava una bevanda che allieta i cuori". "Vuoi che anch'io prenda parte all'opera?" chiese Satana. "Certo" rispose Noè. Cosa fece Satana? Prese una pecora, un leone, una scimmia e un maiale. Li sgozzò e con il loro sangue bagnò la terra della vigna appena piantata. Con ciò Satana voleva alludere al fatto che chi beve un bicchiere di vino è morigerato e mite come una pecora, chi ne beve due diventa forte come un leone e comincia ad esaltare la propria forza, chi ne beve tre, comincia a ballare e a cantare e a dire oscenità come una scimmia; infine, chi ne beve quattro e si ubriaca, non riesce più a stare in piedi e si rotola a terra come un porco.

Per questo, spiegava il Morè, che nella Torà, il Grande Sacerdote (Ha Cohen ha Gadol) non poteva bere il vino o altre bevande inebrianti, quando doveva officiare ed entrare nel Santuario. E anche i Nazarei, che erano consacrati al servizio sacerdotale, avevano fatto il voto di astensione dal bere alcolici. E' noto anche che in ghematria il valore numerico di yain (vino) è 70, così come sod (segreto); perciò è scritto "nihnas yain yatzà sod" (Talmud, Eruvin, 65, 1) quando è entrato il vino è uscito il segreto; infatti, è a tutti noto che quando uno ha alzato il gomito comincia a sparlare e a dire cose che non oserebbe dire da sobrio. Anche i Latini dicevano "in vino veritas".

Il Morè spiegava anche che bere un bicchiere di vino a pasto fa buon sangue e rafforza il cuore. In uno dei suoi insegnamenti registrati lo Tzadik Haim diceva: il vino è diverso dalle altre bevande perché 'apre' l'intelligenza.

 

Limud 64"La preoccupazione nel cuore della persona viene attenuata quando la si racconta al proprio amico": Questa massima del Morè è molto profonda e valida. Se uno ha preoccupazioni o problemi di vario genere è bene che si confidi con una persona saggia e fidata; saggia che sappia dare un consiglio adeguato, e fidata, che mantenga la riservatezza di ciò che ha sentito. Purtroppo, spesso ci si affida a falsi amici, che non solo non aiutano con i loro consigli ma anche fanno il danno di raccontare ad altri ciò che è stato detto loro in modo riservato.

 

Limud 65 – I soci: L'uomo comune ha 3 soci che lo accompagnano durante la vita, diceva il Morè: Il primo socio sono i famigliari: il padre, la madre, i fratelli, le sorelle, il marito, la moglie, i figli, che lo accompagnano nel corso degli anni. Il secondo socio è il denaro, per cui l'uomo comune lavora e al quale da la massima importanza cercando di accumularne quanto più per la propria sicurezza. Il terzo socio sono le buone azioni, le mitzvot, che l'uomo comune fa di tanto in tanto.

Ebbene, spiegava lo Tzadik Haim, quando arriva il momento della morte, come si comportano i tre soci con l'uomo comune?

Il primo, i familiari, hanno il permesso di accompagnarlo fino alla sepoltura e qui si accommiatano da lui.

Il secondo, il denaro, rimane qui nel mondo e l'uomo non se lo può portare con sé nell'aldilà.

Il terzo, le mitzvot, accompagnano l'uomo al Tribunale di Dio e intercedono a suo favore.

Morale: In vita, è bene infondere maggiori energie al terzo socio che non ci deluderà e ci sosterrà fino alla fine.

 

Limud 66 Gli alieni: In una serata del gennaio 1982, il Morè mi disse che forse (e ribadisco, forse) nella mia vecchiaia avrei fatto a tempo a vedere una guerra fra esseri provenienti da altri mondi e terrestri. Lo Tzadik spiegò infatti che c'è vita in altri mondi, ma gli esseri che li abitano non sono interessati a confrontarsi con gli esseri umani; costoro saranno costretti a farlo quando saranno disturbati dalle sonde spaziali, dalle astronavi e dai missili che voleranno in gran numero nello spazio.

 

Limud 67Regole e consigli alimentari: Durante i nostri incontri, il Morè dispensava molti consigli riguardanti la buona salute. Cercherò qui di riassumerne alcuni.

Per la buona circolazione del sangue: mangiare a colazione una fetta di pane integrale bagnata con olio di oliva e origano.

La cipolla rossa (calabrese) e l'aglio prevengono l'influenza.

I carciofi, le fave, le melanzane e il fegato producono ferro e sono indicati in gravidanza e in caso di anemia.

Contro i dolori di basso ventre: Ingoiare un cucchiaino di cumino (kamun) con un bicchiere d'acqua.

Contro il mal di gola: Si fa bollire in acqua un mezzo cucchiaio di cumino; si aggiunge un cucchiaino di zucchero e si beve.

Contro la stipsi: Si prende un pezzetto di zucca, la si fa bollire in acqua; dopo la bollitura, la si condisce con cannella e miele grezzo.

Contro un attacco allergico con eruzione cutanea: bere una spremuta di 5-6 limoni.

Contro il gonfiore di pancia: Tè di ganzabil (ginger).

Per i dolori renali: Far bollire dell'acqua con rosmarino. Fare degli impacchi caldi sulla parte dolorante. Tenere l'impacco sul rene per almeno 5 minuti. Ripetere per 6 volte al giorno.

Cura per pulire il sangue: Per una settimana intera digiunare e mangiare solo datteri e bere latte.

Il sedano crudo fa bene al cuore e ai malati di diabete, rafforza la memoria.

Contro il raffreddore è indicato mangiare una fetta di cipolla con sale e bere un bicchierino di cognac o whisky.

Le noci fanno bene al cervello.

Il picciolo all'interno delle arachidi fa bene alla vista.

Per curare le emorroidi esterne: prima di andare a letto e dopo aver svuotato gli intestini, applicare sulle emorroidi un batufolo di cotone imbevuto di olio di oliva extravergine. Per 2 settimane. Mangiare ogni giorno sedano bianco crudo e foglie di prezzemolo crudo.

Per sciogliere una grossa cisti sebacea che avevo sul cuoio capelluto, il Morè mi disse di mettere ogni giorno un po' della mia urina. Dopo circa un mese, la cisti si sciolse completamente e ne uscì un liquido purulento.

Per sciogliere un'escrescenza che aveva la bimba di mia sorella dietro al ginocchio, il Morè le consigliò di spalmarle sull'escrescenza, ogni giorno, una pappetta composta da 3 cucchiai di farina, 1 uovo e mezzo bicchiere di olio di oliva, chiudendola con una garza. Dopo circa 3 settimane, la pallina si sciolse.

I Saggi del Talmud hanno detto che l'aglio ha 5 virtù: sazia, riscalda il corpo, rallegra il viso, aumenta lo sperma e distrugge i parassiti dell'intestino.

L'acqua piovana che cade fra Pesah e Shavuot ha la virtù di far conservare la memoria (bisogna spalmarla sulla fronte).

Cura per depurare il fegato: Si fanno bollire in acqua alcuni carciofi; a bollitura ultimata, si tiene l'acqua e la si beve ogni mattina a digiuno per alcuni giorni.

La carne di maiale, di cavallo e i frutti di mare surriscaldano l'organismo e fanno 'scendere' i pensieri, che diventano impuri.

La rugiada mattutina ha proprietà benefiche sulle malattie della pelle, come l'eczema.

 

Limud 68Il precetto più importante: In una delle nostre riunioni con il Morè (20.01.1982), uno degli allievi, Gino, gli chiese quale fosse il precetto più importante della Torà. Lo Tzadik Haim rispose: "Amerai il tuo prossimo come stesso" (Levitico, 19, 18). Chi ama veramente nel suo cuore le creature di Dio mette in pratica la Torà intera e col suo comportamento non nuoce a nessuno.

 

Concluso il 25.05.2016 – י"ז אייר תשע''ו