Autore: Davide Levi
LIMUDIM HAIM – Gli Insegnamenti dello Tzadik Haim
LIMUDIM HAIM significa INSEGNAMENTI VIVI, ma anche
68 INSEGNAMENTI perché in ghematria HAIM corrisponde a 68, che furono
gli anni di vita del nostro Morè, che si chiamava Haim e che è
stato prescelto dal Signore Benedetto a dirigere la REDENZIONE FINALE dal Regno
dei Cieli.
Ho qui raccolto 68 insegnamenti ricevuti dallo
Tzadik Haim, nei tre anni di assidua frequentazione dal 1979 al 1982, che vanno
letti, meditati e approfonditi, perché scaturiscono dalla Saggezza della
Torà, di cui il Morè era latore. Alcuni di essi furono anche
registrati dalla viva voce in una cassetta che il Morè consegnò
al suo primo Allievo, Peretz Green, nell'anno 1981.
Trattandosi di una miscellanea di note prese nello
stesso giorno in cui le ricevetti dalla bocca dello Tzadik Haim, sono
trascritte un po' alla rinfusa, senza un ordine cronologico o tematico, ma non
per questo perdono del loro impatto e della loro profondità di studio.
Ringrazio HA SHEM BARUCH HU di avermi dato lo
zechut, il privilegio, di essere vicino al GOEL HAIM e di aver sentito Divrei
Torà, Parole di Torà, direttamente dalla sua bocca.
Possano questi Insegnamenti illuminare la strada di
coloro che li vorranno leggere con umiltà e semplicità di cuore e
di pensiero e possano essere di benedizione per noi, per i nostri figli e
nipoti e per le generazioni future, che li ameranno, li studieranno e li
faranno propri.
Grazie EL SHADDAI, EL SHADDAI è Grande, EL
SHADDAI è Uno.
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Limud 1 – Ha Shem Baruch Hu
L'Unità di Dio Santo non è associata
ad alcunché.
Non si pensi che ciò che esiste esista al di
fuori del Signore, poiché se così fosse, il Signore sarebbe
mancante; il ché è impossibile, poiché tutto ciò
che esiste a Lui ritorna per necessità e non c'è nulla che possa
essere paragonato a Dio.
Il Santo Benedetto è la Verità asseoluta
e non viene condizionato da alcunché. Dio è la sola Verità
in esistenza ed è in virtù della Sua Verità che mantiene
in vita tutto il creato.
Non è pensabile che esista una qualsiasi
creatura fine a se stessa, poiché, se così fosse, si potrebbe
pensare che esista un'altra entità al di fuori di Dio.
Dio Santo è presente in tutto il creato
poiché tutto Egli comprende e non c'è niente in esistenza al di
fuori di Dio. Come è scritto nel Talmud "Egli è presente in
tutto il mondo ma il mondo non lo limita" (Bereshit Raba, 68)
"הוא מקומו של עולם ואין עולמו מקומו" (בראשית רבה,
ס"ח)
Per questo il Signore, che domina tutta il creato e
lo mantiene in vita, viene anche chiamato HA MAKOM (IL LUOGO). Makom ha anche
il significato di 'Colui che dà l'esistenza'.
Dopo la creazione, il mondo non potrebbe
conservarsi da solo se non grazie all'Eterno.
Limud 2 – Le creature
Le creature non esistono di per sé, se non
perché il Santo Benedetto ha infuso loro uno spirito di vita. Le
creature, opera di Dio, non raggiungono però la perfezione.
Le creature anelano alla Causa Prima quando non
sono impedite dalla materia. Esse partecipano della Gloria di Dio.
Tutte le creature nell'universo inneggiano a Dio
poiché gli inni vengono proclamati per esaltarLo. Ogni creatura inneggia
a Dio per ringraziarLo per tutto ciò che ha creato.
Esiste uno schermo che separa Dio dalle sue
creature (hamassach ha mavdil); quando il Signore si manifestò sul Sinai
o in altri eventi portentosi tolse lo schermo di separazione.
Il mondo non avrebbe senso senza la presenza
immanente di Dio. Per questo, tutte le creature devono lodare e ringraziare
incessantemente il Signore Santo Benedetto.
Limud 3 – L'Uomo
L'Uomo è il fondamento dell'esistenza del
mondo. Ogni essere umano che Iddio Santo ha creato dalla terra completa il
mondo.
L'Uomo ha un livello superiore rispetto al mondo,
in quanto Dio ha creato il tutto in funzione dell'Uomo.
Secondo l'opinione dei nostri Maestri, di benedetta
memoria, che sono saggi di verità, l'Uomo ha un livello in più
del cielo, della terra e di tutti gli astri. Così come il sole è
re, altrettanto l'Uomo è re, in quanto tutto è a lui sottomesso,
dato che il creato sottostà ai suoi voleri.
Il sole e l'Uomo vengono considerati regnanti dato
che dominano i loro rispettivi mondi.
Tutte le creature procedono ricurve o piegate verso
il basso e solo l'Uomo procede eretto poiché è re delle creature;
tutti, pertanto, si prostano a lui come servi davanti al loro padrone.
L'Uomo è il sovrano degli esseri dei mondi terreni
e possiede una parte divina (L'Anima). Il livello dell'Uomo, all'inizio,
appartiene ai mondi superiori, ma quando ha il sopravvento su ciò che lo
impedisce in terra, diventa superiore agli esseri superiori che non sono
impediti in nulla (come gli Angeli). Quando l'Uomo si innalza ai livelli
superiori riceve su di sé la Gloria di Dio. Gli Angeli, invece, pur
operando nei livelli superni, non ricevono la Gloria. L'Uomo è un
recipiente pronto a ricevere la Gloria di Dio. L'anima è luminosa
perché proviene dallo Splendore di Dio Benedetto. Il corpo è
l'indumento dell'anima. L'Uomo non è materiale per ciò che
concerne la sua anima di origine divina, che è santa.
L'Uomo è fatto di materia e nel suo agire
segue la natura. Il suo intelletto non può essere completamente puro,
perché è condizionato dai vincoli materiali della sua natura.
Limud 4 – La creazione dell'uomo
Secondo quanto è scritto nella Sacra
Torà, Dio creò il mondo attraverso la Parola e il primo uomo,
Adamo, attraverso la materia. Dio creò l'uomo come Golem (materia
inerte) dalla polvere e gli infuse lo spirito di vita. Quindi gli mise a
disposizione tutto il creato. Quando Dio vide che Adamo era solo gli
procurò una compagna, perché "non è bene che l'uomo
sia solo" (Genesi 2, 18). A tale scopo Dio creò la donna, come
"ezer ke-negdò", che significa "un aiuto per lui/contro
di lui"; l'avverbio ke-neghed, in ebraico, ha infatti una doppia
accezione: sia di associazione che di contrasto; per questo, nel Talmud è
scritto che un uomo che ha meritato avrà una moglie secondo il primo
significato e, se non ha meritato, ce l'avrà contro.
Limud 5 – La creazione della donna
Spiegando la creazione della donna, il Morè
citava la Tradizione Orale, riportata in un racconto didattico (midrash). E'
infatti scritto: Perché Dio creò Eva proprio dalla costola di
Adamo? Rabbi Yehoshua Desihnin, a nome di rav Levi disse: "Considera da
dove la creò: non dalla testa affinché non fosse superba; non
dall'occhio, affinché non fosse curiosa; non dall'orecchio,
affinché non origliasse; non dal collo, affinché non fosse
altezzosa; non dalla bocca, affinché non fosse chiacchierona; non dal
cuore, affinché non fosse gelosa; non dalla mano, affinché non
fosse impicciona; non dal piede, affinché non fosse vagabonda; ma la
creò dalla costola, che è una parte nascosta nel corpo,
affinché fosse modesta. (Yalkut Shimoni).
Limud 6 – Gli animali
Gli animali sono stati creati per le
necessità dell'Uomo; per questo, sono collegati all'Uomo che rappresenta
la completezza della creazione. L'Uomo ha un livello superiore rispetto alle
creature dei mondi inferiori, terrestri ed è vicino al più
elevato livello di spiritualità.
Gli animali, tuttavia, ricevono da Dio un senso
(l'olfatto, la vista, l'udito) che è superiore a quello dell'Uomo.
I volatili sono sottoposti al dominio della luna.
Il volatile è più spirituale degli altri animali perché si
libra in aria e possiede una maggiore sensibilità, così come
è scritto "poiché il volatile guiderà tutti" (Ecc.
10: 20). Il gallo è condizionato dai cambiamenti del giorno.
Tra gli animali, è il cane quello che ha
minore rispetto di sé, per cui ama sottostare al dominio del suo
padrone. Il maiale, più di ogni altro, corre dietro ai suoi appetiti,
che pensa continuamente di saziare per mezzo dell'impurità.
Limud 7 – Ghilgul ha neshamot (Il ciclo delle anime)
Le anime vengono al mondo sotto forma umana ed il
numero di ghilgulim (cicli) dipende dal livello di purificazione che l'anima
deve attraversare. Alle volte, un'anima viene mandata nel mondo per un breve
periodo, per correggere o espiare qualche precedente colpa. Una persona che
viene al mondo sotto forma di nano, per fare un esempio, sconta una precedente
vita caratterizzata da superbia e arroganza; oppure un'anima che ritorna sotto
la forma di animale, di maiale, per esempio, sconta una precedente vita
dissoluta, consumata fra vizi e lussuria.
Il tema della reincarnazione è molto
delicato e complesso e potrebbe far cadere in errore molte persone, che
potrebbero disprezzare o sottovalutare il prossimo, per cui è bene
ricordare, spiegava il Morè, che i 'calcoli' di HASHEM sono
imperscrutabili e lontani dalla comune comprensione. Bene fa la persona a non
occuparsi di questi argomenti che appartengono esclusivamente alla Giustizia di
Dio.
Il Morè spiegò anche che lo Tzadik
non sottostà alla regola dei ghilgulim. Egli viene mandato al mondo una
sola volta e, dato il suo livello di kedushà (santità) non
subisce alcuna reincarnazione.
Limud 8 – Dejà vù
Alla domanda sul fenomeno del "dejà
vù", la sensazione improvvisa di aver già vissuto un istante
della nostra vita o di trovarci in un luogo già visto, il Morè
spiegava che, in quel frangente, l'anima 'ricorda' sensazioni e immagini
già sperimentate in un ciclo di vita precedente.
Limud 9 – Non esiste la mancanza di giustizia nel mondo
Ein hefkèr ba-olam, non esiste la mancanza
di giustizia nel mondo da parte del Signore. Ogni azione viene registrata nel
Libro della Vita di ogni singola persona. Ciò che sfugge alla giustizia
umana non sfugge a Dio. Il Morè spiegava che ogni nostra azione passa
sotto il vaglio della giustizia divina e per ognuno di noi c'è un
giudizio (din) giornaliero, quando l'anima sale in Alto, un giudizio annuale a
Rosh Ha Shanà e un giudizio finale, dopo la morte terrena. Nel Tribunale
Celeste vengono messi sui due piatti della bilancia i meriti e le buone azioni
da una parte e i peccati e le trasgressioni dall'altra.
Se vogliamo comparire davanti al Tribunale Celeste
con più meriti che peccati, è bene che ci diamo da fare in questo
mondo per compiere la Volontà di HASHEM, operando il bene, rispettando
il prossimo, comportandoci con rettitudine e onestà. Dobbiamo sforzarci
di santificarci e di santificare la vita che ci è stata data,
conformemente al precetto divino: "Siate santi poiché Santo sono
Io, il Signore Vostro Dio" (Levitico 19, 2). Così facendo
meriteremo un buon giudizio.
Limud 10 – Spiritismo
Parlando della morte tragica di un nostro
conoscente (rimasto intrappolato tra le fiamme della sua azienda), che, in
vita, soleva partecipare a sedute spiritiche, il Morè, richiesto da uno
degli allievi, trattò, a sommi capi, il tema dello spiritismo. Lo Tzadik
spiegò che chi richiama gli spiriti o le anime dei defunti, attraverso
una ritualistica ben collaudata nei tempi, mette a rischio la propria vita; chi
chiama al mondo i morti, disturbandoli laddove si trovano, viene, a sua volta,
da loro chiamato.
Pertanto, è assolutamente proibito
promuovere o partecipare a sedute spiritiche; quando, infatti, si evoca
un'anima defunta che non è ancora in pace, essa si può vendicare
avocando a sé lo spiritista. Chi pratica lo spiritismo, avvertiva lo
Tzadik, non muore mai di morte naturale.
Limud 11 – L'angelo della Morte
Rimanendo in tema, il Morè spiegò che
quando l'Angelo della Morte (malach ha-mavet) si presenta al morituro ha una
spada sguainata e una sostanza con tre proprietà: fa morire la persona,
la rende gialla e la fa puzzare; per questo, è scritto che la dignità
della persona è nella sua sepoltura, ossia, non bisogna tardare a
seppellire la salma, dopo averla lavata e vestita con i panni mortuari
(tahrihim).
Mi piace qui ricordare un insegnamento 'poetico'
della signora Mazal, la moglie del Morè, riposi in pace nell'Eden, che
ci diceva che il neonato che viene al mondo strilla e stringe i pugni come se
volesse dire "ecco, il mondo è mio"; quando lascia questo
mondo, invece, ha le mani aperte e rilasciate, come a voler dire "ecco,
lascio tutto qui…"
Limud 12 – La decima (ma'asser)
Il precetto della Decima è ben noto nella
Torà; si tratta dell'offerta che gli ebrei dovevano portare al Santuario
e che consisteva nella decima parte dei prodotti del suolo e del gregge
(Levitico, 27, 30-32), che veniva data ai Leviti, ai poveri e ai diseredati
(Deuteronomio 14, 27-29; 26, 12-15). Lo Tzadik Haim ci impartì
più di una lezione sul valore della Decima.
Innanzi tutto, il termine 'ma'asser'מעשר proviene dal numero dieci (esser – עשר ); la radice ayin-shin-resh è alla base dell'aggettivo
ashir=ricco עשיר per cui esiste una correlazione fra il devolvere ai
bisognosi la decima dei propri introiti e il benessere economico. Se una
persona pratica regolarmente il ma'aser verrà benedetto da Dio nella
parnassà (fonte di guadagno connessa al lavoro).
A tal punto esiste tale connessione, che il Signore
stesso ha detto, tramite la bocca del profeta Malachia (3, 10): "Portate
tutte le decime alla casa del tesoro, perché vi sia cibo nella mia Casa
e mettetemi pure alla prova in questo, dice il Signore delle Schiere Celesti e
vedrete ch'Io vi apro le cateratte del cielo e riverso su di voi tanta
benedizione che non ci sarà più dove metterla".
"הָבִיאוּ אֶת כָּל
הַמַּעֲשֵׂר אֶל בֵּית הָאוֹצָר וִיהִי טֶרֶף בְּבֵיתִי
וּבְחָנוּנִי נָא בָּזֹאת אָמַר ה' צְבָאוֹת אִם לֹא
אֶפְתַּח לָכֶם אֵת אֲרֻבּוֹת הַשָּׁמַיִם וַהֲרִיקֹתִי לָכֶם בְּרָכָה עַד בְּלִי דָי" (מלאכי, ג',
10).
Ecco, in una cosa soltanto si può 'mettere alla
prova' il Signore: verificare se si è benedetti nella parnassà
dopo aver offerto la decima dei nostri introiti ai bisognosi.
Attenti, però! Il ma'asser deve essere dato con un
cuore disinteressato e leshem shamaim, perché amiamo Dio, ossia senza
calcoli speculativi di 'do ut des'. La vera mitzvà, spiegava lo Tzadik
Haim, è fare il bene senza aspettarsi qualcosa in cambio; se poi il Buon
Dio ci premia con la benedizione, ne saremo gratificati. Ma non è l'idea
del profitto economico che ci deve spingere a fare il ma'asser!
Limud 13 – La vera ricchezza
"Chi è ricco? Chi si accontenta di quello che
ha" (Massime dei Padri).
E il Morè aggiungeva, facendo l'acrostico di
ayin-shin-iod-resh che ricco è chi ha sani gli occhi (ayin –einaim), i
denti (shin – shinaim), le mani (iod – iadaim) e i piedi (resh – raglaim); in
altre parole, la salute fisica rappresenta la nostra maggiore ricchezza e su
questo penso che ci sia un consenso universale.
A tale proposito, il Morè ci spiegava che nella
sua preghiera al Signore, il nostro patriarca Giacobbe )Genesi 28, 20), diretto a Haran e fuggendo dalle ire di suo fratello
Esaù, chiede "pane da mangiare e abiti da vestire". Infatti,
diceva lo Tzadik, se una persona ha l'appetito per poter mangiare e un vestito
per poter uscire fuori significa che possiede la salute; se fosse malato, infatti,
non avrebbe appetito e non potrebbe uscire di casa. Giacobbe chiede a Dio il
minimo, che, a pensarci bene, rappresenta il massimo per una persona, ossia la
salute.
Limud 14 – Le regole a tavola
"Dopo la distruzione del Santuario, la
santità è stata trasferita a tavola" (Talmud). Per questo
bisogna santificare Dio all'inizio, durante e dopo il pasto. All'inizio, con la
lavanda delle mani; durante, parlando di argomenti connessi alla Torà o
ad argomenti di studio e di attualità e alla fine del pasto recitando la
benedizione di ringraziamento.
A tavola, bisogna essere sereni, di buon umore, facendo
però attenzione a non cadere in discorsi banali, o, peggio, scurrili,
ricordando sempre che la mensa è simile ad un piccolo santuario.
Quando si mangia, bisogna masticare piano e assaporare il
cibo. Il Morè ricordava sempre le regole alimentari impartite dal
Rambam, che si possono sintetizzare in alcuni punti fondamentali: Non mettersi
a tavola se non si ha fame. Moderarsi nel mangiare e alzarsi da tavola con
ancora un po' di appetito (ciò per favorire la digestione e non
affaticare il cuore). A fine pasto, un terzo dello stomaco deve essere pieno di
cibo solido, un terzo di liquido e un terzo vuoto. Non mangiare stando in
piedi, bensì stando seduti comodamente, senza fretta, senza affanno e,
soprattutto, senza adirarsi. Oggi, possiamo aggiungere evitando di ascoltare la
radio, leggere il giornale o guardare la TV. Non bere bevande gelate durante e
dopo i pasti. Dopo aver mangiato, è bene stare seduti ancora alcuni
minuti. Quando si mangia il pesce, non bisogna parlare: il Morè spiegava
che si tratta di "et milchamà" (tempo di guerra): come in
guerra si fa estrema attenzione alle mosse del nemico, così quando si
mangia il pesce, bisogna stare attenti alle spine della lisca, concentrandosi
bene durante la masticazione.
Limud 15 – "Kol akabà le-tovà" (Ogni
ritardo/impedimento è a fin di bene)
Questa massima, molto nota nel pensiero ebraico fin dai
tempi del Talmud, era pronunciata dallo Tzadik Haim e da sua moglie Mazal,
quando si raccontava loro qualcosa che non era andato secondo i nostri piani.
In effetti, quando si verifica un contrattempo, un impedimento o un ritardo in
una cosa che riteniamo impellente e che avremmo voluto concludersi bene e in
tempi brevi, non bisogna rammaricarsi o arrabbiarsi; il fatto in sé va
invece inquadrato in un contesto che avrà una conclusione positiva.
Limud 16 – "Gam zù le-tovà" (Anche
ciò è a fin di bene)
Concetto analogo viene espresso da questa frase; ogni
evento che ci capita, anche spiacevole, va letto con le lenti della fede e
dell'ottimismo. Il Signore vuole sempre il nostro bene e anche se dobbiamo
superare una prova apparentemente dura o dolorosa, dobbiamo convenire che
ciò è sempre a fin di bene.
Limud 17 – Baruch HASHEM – Benedetto sia il Suo Nome
Quando ci viene chiesto: "Come stai?" è
bene rispondere "Baruch HASHEM" oppure "Todà la EL"
(Grazie a Dio). In questo modo, si santifica il Signore Benedetto che ci tiene
in vita. Non si tratta di un automatismo verbale, ma di un vero e proprio atto
di fede; la frase va pronunciata con intenzione, come se si ringraziasse una
persona qualunque che ci ha reso un favore.
Il Morè ci insegnava che il verso in Salmi
"Kol ha-neshamà tehalel Ya, alleluyah" (Ogni anima lodi il
Signore, alleluyah) (Salmi, 150, 6) va letta anche così: "Kol
ha-neshimà tehalel…" ossia ad ogni respiro si lodi il Signore.
Limud 18 – Magia (kishuf)
La magia è una pratica antica che si basa,
essenzialmente, sull'evocazione degli sheddim, i demoni di sotto e sull'impiego
di azioni, gesti, rituali e pratiche occulte, trasmesse per tradizione
iniziatica. La Torà proibisce nel modo più assoluto di praticare
la magia, la divinazione, la necromanzia e altre pratiche simili (Deuter. 18,
10). E' vietato anche immolare animali e usare il loro sangue per ottenere
benefici dai demoni; il sangue umano e animale, infatti, è il cibo
favorito degli sheddim. Nella Torà, abbiamo diversi esempi di maghi e di
esorcisti: dal mago Bil'am, che viene commissionato dal re di Moab, Balak, per
maledire i figli di Israele, fino ai maghi di Egitto (hartumei Mitzraim), che
riescono ad eseguire le due prime piaghe (sangue e rane) delle dieci che Dio
manda sull'Egitto del Faraone, tramite Mosè e Aharon. Lo Tzadik Haim
spiegava che nell'antico Egitto la magia era molto diffusa ed era praticata
dalla casta sacerdotale, che viveva alla corte del Faraone, il quale, a sua
volta, era considerato una divinità emanata, il Capo di tutti i maghi,
che possedeva i segreti iniziatici della divinazione e delle arti occulte. Non
a caso, l'Onnipotente scelse l'Egitto per liberare il popolo ebraico dalla
schiavitù, affinché esso e il mondo intero vedessero che la
Potenza di Dio era superiore alla nazione che incarnava a quei tempi il dominio
militare, economico e magico del mondo.
La magia, spiegava lo Tzadik, è una forza ottenuta
attraverso l'impurità, che, come è noto, sta all'estremo opposto
della santità (kedushà). Un mago, prima di fare il suo kishuf, si
insozza o ricorre agli elementi impuri (sangue mestruale, sangue animale, seme
maschile, deiezioni umane, ossa di defunti, ossa di animali morti, e simili),
fa preghiere agli sheddim, digiuna o evoca spiriti di defunti (per questo
frequenta di notte i cimiteri). Gli esseri richiamati gli possono svelare gli
eventi del futuro e infondere poteri per eseguire cose sbalorditive. I maghi
veri, solitamente, sono circondati da persone impure e immorali, che praticano
riti orgiastici e perversioni sessuali e diventano schiavi degli spiriti che
hanno evocato e servito. Anche qui va sottolineato, che chi pratica la magia
non muore mai di morte naturale.
Il Talmud parla dei "magusim" che nelle
civiltà orientali praticavano il culto del Sole e degli astri ed erano
esperti nelle arti divinatorie.
E' qui importante sottolineare che il Morè era a
conoscenza dei vari kishufim; lo Tzadik ne deve essere a conoscenza per poterli
annullare, se richiesto (e se c'è permesso di farlo).
Limud 19 – Ogni animale terrestre ha un corrispondente marino
Ciò che esiste sulla terra esiste anche sotto le
acque. Ogni animale terrestre ha un corrispondente marino. Negli oceani ci sono
forme di vita che ancora non conosciamo.
Limud 20 – Le mitzvot, le opere di bene
Lo Tzadik Haim soleva dire che esistono tre livelli di
mitzvot:
Quelle di argento: la buona azione è nota a tutti
e viene elogiata pubblicamente.
Quelle di oro: la mitzvà è nota a due sole
persone: chi la fa e chi la riceve.
Quelle di diamante: in questa mitzvà il
benefattore beneficia il bisognoso, senza che la cosa si sappia. Se si tratta
di denaro, si chiama "matan be-seter" (offerta fatta di nascosto).
Limud 21 – "Motzà sefateha tishmor
ve-asita" (Deut. 23, 24)
"Mantieni e metti in
pratica ciò che è uscito dalle tue labbra"
Quando si da la parola bisogna
mantenerla. Un impegno preso va sempre rispettato. Si evince da questo precetto
della Torà che bisogna fare molta attenzione a ciò che si dice e
si promette di fare, perché ogni inadempienza viene considerata come
un'omissione e come un peccato. Questo precetto ci insegna ad essere seri e non
superficiali e faciloni.
Limud 22 – "Di ogni cosa ho visto il limite, la fine, mentre
la Tua legge è infinitamente estesa" (Salmi, 119, 96)
"לְכָל-תִּכְלָה,
רָאִיתִי קֵץ; רְחָבָה מִצְוָתְךָ מְאֹד" (תהילים, קי"ט, 96).
Era questo un verso che lo Tzadik pronunciava sovente per
sottolineare il contrasto fra la fragilità e la limitatezza delle cose
umane e l'infinita Onnipotenza del Signore. "Cos'è l'uomo, che si
inorgoglisce così tanto? diceva il Morè, basta una piccola bolla
d'aria nel suo cervello che scompare per sempre…"
Limud 23 – "Molti sono i pensieri nel cuore dell'uomo, ma
è la decisione di Dio che si realizzerà" (Proverbi, 15, 21)
"רַבּוֹת מַחֲשָׁבוֹת
בְּלֶב אִישׁ וַעֲצַת יְהוָה הִיא תָקוּם" (משלי, ט"ו, 21)
Il proverbio è analogo all'italiano "L'uomo
propone e Dio dispone". Il Morè insegnava ad accompagnare
l'esposizione di ogni nostro progetto futuro con la frase "be ezrat
HaSHEM", con l'aiuto di Dio.
Limud 24 – "Chi sta compiendo una mitzvà non viene
danneggiato" (Talmud, Pesahim, 8, 71)
Ciò significa, spiegava lo Tzadik Haim, che gli
angeli danneggiatori (Malahei ha-habalà) non hanno il permesso di
colpire una persona che sta compiendo una mitzvà. Per mitzvà si
intende qui un'azione che si fa 'leshem shamaim', per assecondare la Volontà
del Signore e cioè per l'amore di Dio, senza richiedere una ricompensa.
Limud 25 – "Se hai cominciato una mitzvà, portala a
termine" )Rambam)
Se hai cominciato a fare una buona azione è bene
che la porti a termine tu stesso; se la lasci a metà e un altro la
completa, sarà lui a meritare la ricompensa per quella mitzvà.
Limud 26 – "L'uomo non disperi della Misericordia di Dio anche
se la lama tagliente della spada è posata sul suo collo" (Mishnà,
Massehet Berachot, 10)
"אפילו חרב חדה מונחת על צווארו של האדם אל יתייאש מן הרחמים"
(מסכת ברכות, י')
Bisogna avere cieca fede in Dio e nella Sua Misericordia,
sempre e in ogni circostanza, anche se, apparentemente, tutto sembra perduto.
Limud 27 – Frase del Morè: "L'operosità porta
alla purezza e la purezza alla santità"
In altre parole, bisogna sempre darsi da fare, essere
laboriosi, cercare le mitzvot e mai lasciarsi prendere dall'indolenza o
dall'ozio, che come dicevano i Latini (e questo lo aggiungo io) è il
padre di tutti i vizi. Quando la persona è solerte e operosa raggiunge
anche un buon livello di purezza perché non ha il tempo di oziare e di
dedicarsi ai peccati. La purezza, poi, conduce alla santità, al
dedicarsi interamente a compiere la Volontà di HASHEM.
Limud 28 – Frase del Morè: "Una casa in cui non
c'è il rispetto per i genitori è votata alla perdizione"
Il rispetto per i propri genitori, che si fonda sul
quarto Comandamento del Decalogo, "onora tuo padre e tua madre",
veniva spesso rammentato dal Morè, a tal punto che, quando incominciai a
frequentare lo Tzadik, imparai anche ad alzarmi quando entrava mio papà,
di benedetta memoria, nella sala da pranzo oppure quando si alzava da tavola,
dopo aver mangiato. Diventò per me un atto di rispetto automatico, come
si usava in epoche passate. Una volta, infatti, i figli avevano un sacro
rispetto per i propri genitori, a tal punto che fino a tre generazioni fa si
rivolgevano loro con il Lei. I tempi sono cambiati e oggi è comune
vedere un figlio che chiama il proprio genitore per nome! Tra le molte lezioni
su questo argomento, il Morè ci mise in guardia anche a non alzare mai
la voce con papà e mamma, a non usare frasi irrispettose del tipo
"tu non capisci niente!" oppure "non dire sciocchezze!",
perché su questi comportamenti c'è un giudizio molto severo.
Limud 29 – "Onora tuo padre e tua madre affinché si
prolunghino i tuoi giorni sulla terra che il Signore Dio tuo ti dà"
(Esodo, 20, 11)
Cosa significa "affinché si prolunghino i
tuoi giorni?". Lo Tzadik Haim spiegava che ciò va riferito alla
completezza dei giorni, cioè se tu onorerai i tuoi genitori arriverai a
completare i giorni che il Signore ti ha destinato all'atto della nascita.
Limud 30 – Ha detto rav Eliezer: "Dopo la distruzione del
Tempio sono state chiuse le Porte della Preghiera, ma nonostante ciò sono
rimaste aperte le Porte delle Lacrime" (Talmud, Berachot, 32, 2)
"אמר ר' אלעזר, מיום
שחרב בית המקדש ננעלו שערי תפלה ... ואף על פי ששערי התפלה ננעלו, שערי דמעה לא
ננעלו" (ברכות, ל"ב, ב')
Lo Tzadik Haim ci spiegò che il pianto sincero che
accompagna la preghiera di un cuore contrito trova sempre ascolto davanti a Dio
Benedetto.
A distanza di anni, rileggendo la frase di rav Eliezer mi
sembra di capire che le preghiere fatte in modo automatico, senza lo spirito
giusto e l'intenzione vera, sono semplice fiato e non salgono in Alto.
Limud 31 – Shalom
Si dice "shalom" in un luogo pulito e quando si
è vestiti decorosamente (e non seminudi, come in riva al mare). SHALOM
è uno dei Nomi di Dio e va pronunciato con la massima devozione.
Limud 32 – "Modé ani lefaneha" – Ti ringrazio o
Signore
La mattina, appena ci si sveglia, bisogna ringraziare il
Signore con la preghiera "Modé ani lefaneha", "Ti
ringrazio o Signore, Re Vivente ed Eterno, per avermi restituito l'anima con
compassione; immensa è la Tua fedeltà". Bisogna fare
attenzione a non toccare gli occhi con le dita; infatti, sulle punte delle dita
si trova l'impurità della notte che va rimossa con la lavanda delle
mani. Quando dormiamo, l'anima sale al Creatore e il corpo diventa impuro.
Limud 33 – La collera
Quando un fedele è assorto ed occupato nello
studio della Torà viene avvolto da uno spirito di purezza; se
però si arrabbia tale spirito si dilegua. Lo Tzadik Haim spiegava che
quando una persona perde la calma e si adira viene dato il permesso ai mezikin
(gli esseri preposti a recare danno fisico o materiale) di impossessarsi di lui
e di recargli danno. E' noto a tutti che in un momento di collera una persona
può anche uccidere o fare azioni sconsiderate, di cui, poi, può
pentirsi. Da qui, è bene insegnare ai bambini, fin da piccoli, a
dominare la collera e ad imparare l'autocontrollo. Nella Torà è
permesso solo un tipo di collera: quello della persona che reagisce quando
assiste ad una profanazione del Nome di Dio (hilul Ha Shem).
Limud 34 – Influssi stellari, predestinazione e libero arbitrio
Il Morè insegnava che, al momento della nascita,
tre cose dipendono dalla stella (mazal) sotto la quale si nasce: gli anni di
vita, il numero dei figli e l'economia. In altre parole, l'uomo è
predestinato su tre importanti fattori della sua vita, che, tuttavia, non
intaccano assolutamente il suo libero arbitrio; è quest'ultimo, infatti,
che viene giudicato da Dio. Se, ad esempio, una persona nasce sotto una stella
che lo beneficia di grossi guadagni, sarà il suo libero arbitrio a
disporre in che modo spendere le sue fortune e, conseguentemente, a esserne
giudicato.
L'idea di nascere sotto una stella ha fatto sì che
fin dai tempi antichi si siano evolute le arti astrologiche e divinatorie; in
passato, tra i Caldei, gli Assiri, i Babilonesi, gli Egizi, i Greci, c'erano
esperti che avevano conoscenze apprezzabili sugli astri; ne conoscevano i
movimenti e le corrispondenze con gli eventi umani; gli astrologi antichi
potevano, ad esempio, consigliare i loro re se intraprendere o meno una guerra.
Gli astrologi partivano dal presupposto che ci fosse un
legame fra il mondo celeste e il mondo terrestre; nell'antichità, il
sole, la luna, le stelle e i pianeti erano considerati come la sede degli dei o
come vere e proprie divinità, per cui erano venerati e soggetti a culti
religiosi.
Tornardo al tema dell'influsso delle stelle sulle
creature che vivono sulla terra (uomini, animali e piante), il Morè
spiegava che, in alcuni casi, il Signore Santo può cambiare ciò
che è stato stabilito dalla posizione degli astri, secondo quanto
è scritto "Dio ordina le stelle nelle loro posizioni secondo la Sua
Volontà"; indicativo è l'esempio di Abramo, nostro Padre, al
quale viene aggiunta una 'he' ( (הal suo nome, da Avram ad Avraham, che, in questo modo, gli cambia il mazal.
Abramo sapeva, infatti, che secondo l'osservazione astrologica (itztagnenut)
non avrebbe avuto figli maschi; con l'aggiunta della lettera cambiò
anche il suo influsso.
Un altro esempio è riportato nel racconto
dell'Esodo. Dopo le 8 piaghe subite, il Faraone insiste a non lasciare uscire i
figli di Israele e per convincere Mosè gli dice "quando
lascerò andare via voi e i vostri figli vedrete che Ra'à (il nome
di una stella con influssi malefici, portatrice di sangue) sarà proprio
davanti a voi". Dio, invece, spostò Ra'à che non
impedì l'esodo; in effetti, però, la stella di Ra'à fu
davanti ad Israele quando Mosè ordinò di circoncidere tutti gli
incirconcisi usciti dall'Egitto, per cui il sangue scorse abbondante, ma non fu
sangue di morte.
Ai giorni d'oggi, quale retaggio del passato, ci sono gli
astrologi televisivi e delle riviste femminili, che compilano oroscopi e mappe
personali secondo i 12 segni zodiacali; il Morè sorrideva quando gli si
chiedeva una sua opinione su tali 'esperti' e diceva che costoro sono furbi
perché guadagnano molti soldi sfruttando l'ignoranza e la
stupidità della gente.
Limud 35 – Rabbi Akiva dice: "Tutto è previsto e il
libero arbitrio viene dato" (Massime dei Padri 3, 15)
"הכל
צפוי והרשות נתונה" (פרקי אבות, ג', ט''ו)
Questa massima ha occupato le menti di generazioni di
rabbini, filosofi e studiosi. Anche noi chiedemmo al Morè: come si
spiega questa apparente contraddizione? Se tutto è previsto da Dio, Dio
stesso sa già in anticipo come l'uomo impiegherà il libero
arbitrio che gli ha fornito.
Lo Tzadik, per rispondere alla domanda, citava la Grande
Aquila, Maimonide, di benedetta memoria, che spiegava che una cosa è la
Preveggenza di Dio e un'altra cosa è l'Onniscienza di Dio.
Quando noi parliamo di Dio, lo facciamo con l'intelletto,
che è limitato alla realtà umana; il raziocinio pertanto non ci
permette di inoltrarci in una dimensione che trascende la nostra comprensione
limitata. Dio sa come l'uomo si comporterà ma non per questo lo limita
nelle sue scelte fra il bene e il male.
Limud 36 – "Le cose occulte appartengono al Signore e quelle
manifeste sono per noi e per i nostri figli in eterno, per poter mettere in
pratica tutte le parole di questa Torà" (Deut. 29, 28)
"הנסתרות לה' אלוהינו
והנגלות לנו ולבנינו עד עולם לעשות את כל דברי התורה הזאת" (דברים, כ"ט,
28)
In sintonia con quanto detto poc'anzi, questa chiara
affermazione della Torà ci avverte a non trattare le cose che
trascendono il nostro intelletto. Chi siamo noi, oggetti di creazione, per
sapere chi è Dio, come opera Dio o come giudica Dio? Il senno che il
Signore ci ha dato serve unicamente per studiare e approfondire le
realtà manifeste, naturali, fisiche di questo mondo. Pertanto, tutto
ciò che è mistica o trascendenza vale quanto una buccia di aglio!
Limud 37 – "Parla poco e agisci molto" (Massehet Avot 1, 15)
"אֱמֹר מְעַט וַעֲשֵׂה הַרְבֵּה" (מסכת אבות, ט"ו,
א')
La persona di poche parole che opera il bene
è amata da Dio e dagli uomini.
Limud 38 – "Il comportamento rispettoso viene prima della
Torà"
"דרך ארץ קדמה לתורה"
E' questo uno degli insegnamenti cardinali del
Morè. Lo studio della Torà e la pratica rigorosa dei suoi
precetti non hanno alcun valore se non si accompagnano alla buona educazione,
al rispetto e alla giusta considerazione per il prossimo.
Frequentando lo Tzadik Haim, gli allievi potevano
sperimentare da vicino il vero 'derech eretz'; il Morè accoglieva
chiunque con il viso sorridente, con un atteggiamento umile e semplice che
metteva a proprio agio la persona, con una comunicativa non verbale che trasmetteva
la sua buona disposizione d'animo.
La frase in questione può essere letta anche
in questo modo: Il 'derech eretz' ossia le norme di comportamento dei popoli
hanno preceduto la Torà, che, come è noto, fu data dall'Eterno al
popolo di Israele, tramite Mosè, sul monte Sinai. In altre parole,
bisogna considerare che esistevano altri popoli prima della Torà, per
cui la visione etnocentrica del popolo ebraico è del tutto
inappropriata; Israele è un popolo santificato, perché ha avuto
il privilegio di ricevere e di mantenere la Torà, ma ciò non lo
giustifica a considerarsi superiore alle altre nazioni; Israele
diventerà "or la-goiym", una luce per i popoli, quando
adotterà il giusto derech eretz e capirà che la sua elezione
sarà accettata quando gli ebrei tutti ameranno ed imiteranno il derech
eretz del Moré, che è stato scelto quale Goel Redenzionale e
quale Maestro dei Popoli che ha insegnato "che siamo tutti della stessa
carne".
Limud 39 – "Chi viene per ucciderti, precedilo e uccidilo"
"הבא להורגך השכם להורגו"
Viene qui riassunto il concetto di legittima
difesa. Non avere remore ad attaccare e a colpire chi si accinge a farti del
male.
Come esempio, il Morè citava la Guerra dei
Sei Giorni (1967), quando il presidente egiziano Nasser e i suoi alleati
siriani, giordani e iracheni avevano ammassato i loro eserciti lungo i confini
di Israele e avevano chiuso il passaggio del Mare Rosso alle navi israeliane,
preparando un'azione di soffocamento bellico. Israele reagì con
l'aviazione e in soli 6 giorni distrusse al suolo gli aerei nemici e
sbaragliò l'esercito egiziano (conquistando la penisola del Sinai),
siriano (ammassato sulle alture del Golan) e giordano-iracheno (conquistando
Gerusalemme e la Cisgiordania).
Limud 40 – Gli Angeli
Gli Angeli sono forze dei mondi superiori. Sono
forze intellettive in atto. I loro nomi terminano in EL (Dio) – Gabriel,
Michael, Refael, Uriel, etc – perché sono preposti ad attuare la
Volontà di Dio.
L'Angelo opera senza la pesantezza materiale ed
è come se volasse, per questo viene rappresentato nell'iconografia con
le ali. Gli Angeli esistono da quando esiste il mondo, però, spiegava il
Morè, non sono eterni. Essi non partecipano alla vita ultraterrena, dato
che il loro compito è definito e prestabilito nel mondo e non hanno
né meriti né mancanze.
Limud 41 – Gli Angeli Ministri
Ogni popolo sulla terra ha un Angelo-Ministro (sar)
che sostiene la sua causa nel Tribunale Celeste. L'Angelo-Ministro di Israele
deve continuamente difendersi dalle accuse che portano in tribunale i ministri
accusatori (mekategrim) delle 70 Nazioni del mondo. Se gli ebrei, nella loro
maggioranza, agiscono male e trasgrediscono le rette vie della Torà,
danno modo ai 'mekategrim' di arringare contro Israele e di chiederne la punizione.
I ministri difensori di Israele (messangherim) possono chiudere le bocche
dell'accusa solo quando le mitzvot hanno il sopravvento sui peccati. Per questo
è importante che ogni singolo ebreo si dia da fare per aumentare i
meriti del suo popolo respingendo in tal modo le accuse dei mekategrim.
Limud 42 – "Prima di colpire, (Dio) prepara la medicina e
risana" (R. Yehuda
Ha-Levi)
"טרם מכה ציץ רפואה פרח" (רבי יהודה הלוי)
Il Morè spiegava che quando il Signore
decreta di punire il Suo popolo ne è, per così dire, dispiaciuto,
come un padre con suo figlio. Il Misericordioso, tuttavia, prima ancora di
mandare la 'makà' (la punizione), prepara anche il modo di guarirla e
sanarla. Ciò vale per il singolo e per la comunità.
Un esempio storico attuale è la nascita dello
Stato di Israele (1948), che è avvenuta dopo soli tre anni dal genocidio
ebraico in Europa.
Limud 43 – L'avarizia
L'avarizia è un peccato detestato dal Cielo
e dagli uomini, soleva dire lo Tzadik Haim, che, a tal proposito, ci
raccontò questo 'midrash' (racconto a fini didattici e morali):
C'era una volta un moel (circoncisore) che era
tanto ricco quanto avaro, per cui non faceva mai tzedakot ai poveri o ai
bisognosi; di buono, però, aveva questo: circoncideva i neonati
gratuitamente e rifiutava qualsiasi compenso per questa mitzvà
cardinale. Se chiamato, non esitava a recarsi anche in villaggi lontani, e
sempre a proprie spese.
Avvenne un giorno che uno shed (demone), sotto le
spoglie di ebreo ortodosso, lo chiamò a casa sua per la circoncisione del
figlio. Dopo la cerimonia, lo shed volle ricompensare il moel e lo introdusse
in una stanza piena di pietre preziose, invitandolo a prendere ciò che
desiderava. Il moel rifiutò e disse che la ricompensa migliore era stata
la mitzvà della circoncisione che aveva appena compiuto. Non pago della
risposta, lo shed lo fece entrare in una seconda stanza, piena di oggetti
d'oro. La scena si ripetè e il moel rifiutò nuovamente ogni forma
di retribuzione. Infine, lo shed introdusse il moel in una terza stanza, che
era piena di chiavi. Qui, il moel sbiancò in volto perché
riconobbe, tra le tante chiavi, quella della sua cassaforte. Sorpreso, chiese
spiegazioni. A questo punto, il demone gli spiegò che in quella stanza
erano custodite le chiavi dei forzieri di tutti gli avari del paese.
"L'avaro" gli spiegò "non può godere dei beni che
accumula continuamente e custodisce gelosamente nel suo forziere, per cui sono
i demoni che gli tengono la chiave. Il denaro che voi avari accumulate non
è benedetto ed è sempre in cima ai vostri pensieri e alle vostre
preoccupazioni, così come è scritto in Ecclesiaste (5, 12)
"c'è denaro custodito che reca danno ai loro possessori".
Il midrash, spiegava il Morè, ci insegna che
le mitzvot che quel moel aveva fatto in modo totale e disinteressato lo avevano
salvato dalla dannazione e gli avevano dato modo di capire la natura del suo
peccato, affinché si potesse redimere; l'avaro, concludeva il
Morè è un ricco che vive da povero.
Limud 44 – "Poiché l'uomo è come un albero del
campo" (Deut. 20, 19)
Il Morè spiegava che la frase in
Dvarim/Deuteronomio ci insegna che ci sono molte analogie fra l'albero e
l'essere umano; entrambi generano da un seme, sono eretti, crescono verso
l'alto e vivono grazie ai quattro elementi fondamentali: terra, acqua, aria,
fuoco/sole; l'albero, tuttavia, ha le radici sotto terra, mentre l'uomo le ha
in Cielo. L'uomo è simile ad un tronco e i suoi figli sono i suoi rami,
che a loro volta danno vita ad altri rami; non a caso l'elenco dei nostri
antenati viene rappresentato graficamente con un albero (genealogico).
Limud 45 – Il sogno
Il sogno, spiegava il Morè, è
ciò che l'Anima ha il permesso di vedere e di conoscere quando sale in
Alto. Dio può servirsi del sogno per rivelare all'uomo gli eventi futuri
(come i sogni di Giacobbe, di Giuseppe, degli inservienti del Faraone o del
Faraone stesso); alle volte, il sogno può avere la forma di una vera e
propria visione e contenere un messaggio di HaShem (come nelle visioni dei
Profeti). Nella Torà, il sogno viene considerato come una manifestazione
della Parola di Dio ma si avvisa il popolo a non credere ai sogni dei falsi
profeti. Per quanto riguarda l'interpretazione dei sogni, è scritto
nella Torà, per bocca di Giuseppe, che "le interpretazioni appartengono
a Dio" (Genesi, 40, 8) e "Dio darà una risposta tale da
rasserenare il Faraone" (Genesi, 41, 16); in altri termini, per dare
un'interpretazione adeguata bisogna essere uomini di Dio, saggi e immersi nella
kedushà. Quando gli allievi dello Tzadik raccontavano un loro sogno al
Morè, ne ricevevano subito l'interpretazione.
Un buon sogno, diceva il Morè, ha un livello
superiore di un brutto sogno.
Limud 46 – Educazione dei figli e sessualità della coppia
sposata
Se richiesto, il Morè impartiva agli allievi
(che erano quasi tutti sposati) dei consigli che riguardavano la loro vita
intima.
Innanzi tutto, insegnava lo Tzadik Haim, marito e
moglie devono volersi bene e rispettarsi a vicenda, non devono offendersi e
devono essere solidali e compatti nell'educazione dei figli. Coi figli devono
essere amorevoli ma fermi e coerenti e quando sono piccoli, per evitare che
diventino capricciosi, i genitori devono adottare una linea di condotta severa
e non rinunciataria.
Nell'intimità, marito e moglie devono godere
appieno della loro unione, ma devono rispettare alcune regole fondamentali
(ciò anche per portare al mondo dei figli sani): devono astenersi
dall'avere rapporti nel periodo mestruale e nel periodo post-mestruale (che
dipende da donna a donna e può variare dai 5 ai 7 giorni); l'uomo deve
eiaculare all'interno del sesso della moglie e non deve trattenere l'uscita del
seme, perché così facendo avrà in seguito problemi alla
prostata; non è grave se durante i preliminari, all'uomo 'scappa' il seme
e lo disperde fuori; prima e durante il rapporto, la coppia deve attenersi ad
una condotta di modestia e di pudore, evitando ogni volgarità di
linguaggio e di comportamento; il marito deve stare sopra la moglie e deve
evitare di baciarle il sesso; la moglie, nei preliminari, può baciare o
leccare il sesso del marito. L'atto sessuale va fatto secondo natura, per cui
è vietato il coito anale.
Al Morè venne chiesto da uno degli allievi
se il marito o la moglie potevano ricorrere ai mezzi di contraccezione
(preservativo, diaframma, pillole anticoncezionali); lo Tzadik Haim rispose che
i mezzi contraccettivi si possono usare dopo che la coppia ha avuto già
almeno due figli (meglio se maschio e femmina, per attuare il comandamento
divino "siate prolifici e moltiplicate") e non ne vuole altri
perché si trova in condizioni economiche precarie o perché la
moglie ha dei problemi di salute e non se la sente di avere altre gravidanze.
Limud 47 – "E Dio creò l'uomo a Sua immagine" (Genesi, 1, 26)
"ויבְרָא אֱלֹהִים אֶת הָאָדָם בְּצַלְמו" (בראשית, א', 26)
Cosa significa "immagine di Dio" (Tzelem
Elohim)? Maimonide, di benedetta memoria, rispondeva il Morè, spiegava
che lo Tzelem Elohim è la comprensione astratta dell'uomo, per mezzo
della quale capisce e contempla la realtà del mondo. Dio ha creato
l'Uomo infondendogli l'intelletto, che è in grado di concepire, di
creare e di distinguere e scegliere fra il bene e il male.
"Osservate bene, diceva lo Tzadik Haim, che
è scritto "creò l'Uomo (Adam) e non l'ebreo o il musulmano o
il buddista a Sua immagine; ciò per insegnarci che il concetto di uomo
deve prescindere da ogni religione o razza o altro fattore". Sembra una
cosa ovvia, ma non lo è, perché la gente comune ragiona secondo
categorie mentali particolari e secondo stereotipi.
Lo Tzelem Elohim ha il livello più alto
perché è una manifestazione diretta di Dio, per cui la
Torà, fin dagli inizi, vieta l'omicidio, dicendo esplicitamente (Genesi,
9, 6): "chi versa il sangue dell'uomo avrà il proprio sangue versato
dall'uomo, poiché Dio creò l'uomo a propria immagine".
Rabbi Akiva, nelle Massime dei Padri, afferma che
"amato è l'Uomo che è stato creato a immagine divina";
da qui si è consolidata la concezione espressa dai nostri Saggi, di
benedetta memoria, del "kvod ha adam", di rispettare cioè ogni
creatura, in ogni parte del mondo, poiché è stata creata a
immagine di Dio.
ֹLimud 48 – Lezione con
le prime 5 lettere dell'alfabeto
ebraico
Il Morè spiegava,
sorridendo, che dalle prime 5 lettere dell'alfabeto ebraico si poteva trarre
una valida 'lezione di vita'.
La ALEF rappresenta la Emunà, la Fede in
Dio, che è alla base della nostra vita, del nostro pensiero e del nostro
comportamento. Chi la possiede viene benedetto da Dio.
Ne consegue pertanto la BET, la Berahà,
ossia la Benedizione che Dio manda alla persona che agisce fidando in Dio.
Adagiati sulla BET, si potrebbe cadere nella
GHIMEL, che è la Gheut o Gaavà, la superbia, la sensazione di
superiorità che caratterizza il comportamento di chi si è
arricchito e pensa che ciò sia il risultato delle sue doti e delle sue
capacità.
La GHIMEL porta alla DALET, che è la Dalut,
la povertà; spesso Dio fa cadere coloro che si sono insuperbiti e toglie
loro le ricchezze che avevano accumulato, rendendoli poveri e privi persino dei
mezzi di sostentamento.
Ed è a questo punto che la persona, che
tocca il fondo e riconosce di aver peccato di superbia, dimenticando il suo
Benefattore, ritorna a Lui, alla HEY, (che, appunto, è la lettera che
indica il Signore).
Limud 49 – "Non derubare il misero poiché egli
è misero e non opprimere il povero che sta alla porta" (Proverbi,
22, 22)
"אַל תִּגְזָל דָּל כִּי דַל הוּא,
וְאַל תְּדַכֵּא עָנִי בַשָּׁעַר" (משלי, כ"ב, 22)
Nella Torà ci sono molti riferimenti
espliciti a non opprimere i deboli, i poveri, le vedove, gli orfani e gli
stranieri residenti nel paese, perché, essendo privi di mezzi, sono
indifesi e alla balìa di chi è più potente di loro.
Sarà Dio Benedetto, tuttavia, che difenderà la loro causa.
Il Morè, interpretando questa frase,
aggiungeva: "Come è possibile derubare (il verbo ligzol significa
sottrarre un bene altrui in modo disonesto) a un povero, che ha ben poco o
niente? Ebbene, spiegava, se un ricco fa ad un povero, che sta davanti alla sua
porta, della beneficienza e lo assiste economicamente è bene che
perseveri nella mitzvà, poiché se non lo facesse è come se
lo derubasse. Abbiamo già spiegato (Limud 8) che il Signore benedice chi
assiste la persona che si trova in condizione di povertà.
Limud 50 – L'occhio cattivo (ayin ha-rà)
L'occhio cattivo o malocchio, spiegava il
Morè, deriva, principalmente, dall'invidia e dall'odio altrui. Nella
tradizione ebraica, ci sono numerosi riferimenti all'occhio malevolo, il
più famoso dei quali lo troviamo nel racconto di Giuseppe; quando i
dieci figli di Giacobbe si recano in Egitto per rifornirsi di cibo durante la
carestia, il genitore raccomanda loro di non entrare tutti per lo stesso
portone, "affinché il malocchio non si riversi su di voi" (dal
momento che erano tutti e dieci belli e virili) (Midrash Raba).
Nel Talmud è scritto anche che il 99% delle
malattie è causato dall'ayin ha-rà (concetto ripreso poi dal
Rambam).
Lo Tzadik Haim consigliava agli allievi di evitare
di fare complimenti o di fissare gli occhi sugli oggetti altrui.
"E per proteggersi dall'occhio cattivo?"
gli chiedevamo. Ha Morè ci consigliava di pronunciare EL SHADDAI, uno
dei Nomi di Dio, che blocca l'influsso malevolo o invidioso della gente. La
signora Mazal, di benedetta memoria, era solita dire "Ben Porat
Yosef", che fa parte della benedizione che Giacobbe riservò a suo
figlio Giuseppe, in cui è detto "ben Porat Yosef, ben Porat
alei-ayin" (Genesi 49, 22) e cioè "Giuseppe è un albero
fruttifero, un albero fruttifero presso una sorgente d'acqua"; 'alei
ayin', tuttavia, si può interpretare anche 'che è al di sopra
dell'occhio', ossia del malocchio.
Limud 51 – La maldicenza (lashon ha-rà)
La maldicenza è uno dei peccati di lingua
più comuni fra la gente; talvolta è innocua come il pettegolezzo
che si fa in famiglia sui vicini di casa o sui conoscenti, ma, talvolta,
può essere anche causa di spargimento di sangue, quando diventa maligna
e intenzionalmente offensiva. In effetti, la maldicenza origina dall'invidia e
dal malanimo verso chi viene considerato rivale (negli affetti, negli affari, nella
professione). Nella Torà, il divieto di lashon ha-rà è
categorico: in Levitico (19,14) è scritto: "non dire male del
sordo" e un po' più avanti (19,16) "non andare qua e là
a sparlare nel tuo popolo". Chi fa maldicenza viene colpito da gravi
malattie della pelle, come la lebbra, che in ebraico si chiama 'tzara'at', che
ha la stessa etimologia di 'motzè rà', ossia 'colui che sparla'.
Il Morè citava l'esempio di Miriam, la sorella maggiore di Mosè,
che fu colpita dalla lebbra e l'esplicito avvertimento in Deuteronomio (24, 8-9)
"Stai attento per quanto riguarda la malattia della tzaraat… Ricorda
ciò che fece il Signore tuo Dio a Miriam". Quando, infatti, Medad
ed Eldad cominciarono a profetare nell'accampamento, Giosuè, il Talmid
primo di Mosè, corse subito a riferirirglielo. Mosè disse a
Giosuè: "Sei forse geloso di me? Magari tutti del popolo fossero
profeti, che il Signore desse loro il Suo spirito!". In quello stesso
frangente, Miriam si era lamentata col fratello Aharon e aveva esclamato:
"Se fossero tutti profeti, poverette le mogli di Israele che saranno
trascurate dai loro mariti!" alludendo al fatto che Mosè, nel suo
alto ufficio di parlare viso a viso' con Dio, non aveva più rapporti
intimi con la consorte. La Torà nasconde, per così dire, questo episodio
e associa la punizione a Miriam con la maldicenza che fece sulla 'donna etiope'
del fratello e sulla frase che disse: (Numeri 12, 2) "Il Signore ha forse
parlato solo esclusivamente a mezzo di Mosè? Egli ha parlato anche a
mezzo nostro". In ogni caso, le parole di Miriam non piacquero a Dio, che
la colpì con la lebbra e solo grazie all'intercessione e alla preghiera
del fratello fu guarita, dopo aver trascorso una settimana di isolamento fuori
dall'accampamento.
Limud 52 – L'abitudine diventa natura.
Questa frase che ripeteva spesso il Morè
(ha-herghel nihiyà teva) racchiude un'infinita saggezza e la si
può constatare in tutti i campi della vita. E' un dato di fatto che vale
nel bene e nel male. L'abitudine al gioco d'azzardo, per esempio, diventa un
vizio, una dipendenza coatta, una vera e propria seconda natura, che condiziona
la vita dell'individuo e lo può portare a perdere il suo patrimonio.
D'altro canto, ci si può abituare anche ad azioni virtuose che diventano
poi naturali e automatiche, come la preghiera, il dedicare tempo allo studio,
fare del volontariato etc.
Se si vuole estirpare un vizio o una dipendenza
nociva è necessaria la forza di volontà individuale.
Limud 53 – Non bisogna fare affidamento sui miracoli (Talmud)
"אין סומכין על הנס"
Questa frase dei nostri Saggi, di benedetta
memoria, si basa su un comandamento della Torà (Deuteronomio, 6, 16) che
recita: "Non mettete alla prova il Signore, vostro Dio". E' un invito
ad usare il buon senso e a non mettere a rischio la propria vita, sicuri del
fatto che Dio ci salverà comunque. Lo Tzadik Haim spiegava che
l'individuo deve fare molta attenzione a salvaguardare la propria vita e la
propria salute (secondo il precetto - Deut. 4, 15 - "unishmartem meod
le-nafshotehem"), dato che la vita è un bene supremo, un dono di
Dio, che ci viene concesso in pegno.
Se uno guida una moto in un'autostrada a 200 km/h e
dice che non gli succederà niente perché fa affidamento su Dio
dimostra di essere non un uomo di fede ma uno stupido! Diversa cosa è un
soldato che prima di intraprendere un'azione di guerra che potrebbe mettere a
rischio la sua vita, prega Dio e chiede la Sua protezione. In questo caso, non
mette alla prova Dio, perché sono le contingenze del caso che lo mettono
in una situazione di pericolo.
I miracoli e i portenti appartengono alla
Volontà di HASHEM e noi non possiamo che contemplarli in ogni momento e
ringraziare, lodare ed esaltare Il Santo Benedetto che ci tiene in vita per
poterlo fare.
Limud 54 – Abramo
Il fondamento della creazione è Abramo.
Tutte le generazioni fino ad Abramo erano sottomesse alla natura e non erano da
essa distinte.
Dio ha scelto Abramo, nostro Padre, affinché
la natura non separasse più Dio dalle sue creature. Le generazioni da
Noè ad Abramo furono create per portare a compimento la venuta di Abramo
che è alla base dell'edificio del mondo. Tutte le generazioni fino ad
Abramo erano caos e tenebre. Abramo è la luce dell'esistenza. In Abramo
c'è una proprietà irreperibile in tutte le altre creature e
cioè l'assenza di legame con il proprio genitore (Terach), così
come non ci potrebbe essere un nesso fra la luce e l'oscurità. Abramo
rappresenta l'inizio del genere umano ed è per questo che l'Eterno gli
cambia il nome, da Abram ad Abraham (padre di una moltitudine di popoli) e lo
destina a diventare il progenitore delle genti che credono in un Unico Dio.
Abramo possedeva un livello di intelligenza
superiore che gli permise di conoscere la Verità. Prima di lui, gli
esseri umani erano nell'errore e seguivano la loro immaginazione; con Abramo e
il suo insegnamento, le persone cominciarono a riconoscere il Creatore e ad
usare il proprio intelletto.
Abramo rappresenta l'Attributo della Misericordia
(Hesed).
Isacco rappresenta l'Attributo della Giustizia
(Tzedek).
Giacobbe rappresenta l'Attributo della Pietà
(Rahamim).
Limud 55 – L'ospitalità di nostro padre Abramo
E' noto dalla Tradizione dei nostri Saggi, di
benedetta memoria, che nostro padre Abramo fu benedetto da Dio con ricchezza di
armenti e di proprietà, anche perché praticava l'offerta della
decima. Ha Morè spiegava che Abramo era noto fra le genti perché
era stato salvato miracolosamente più volte in Mesopotamia e
perché propagandava la fede in un Unico Dio, Creatore dei cieli e della
terra. Molte persone furono convinte dalle verità che affermava contro i
culti idolatri dell'epoca. Abramo fu amato da Dio perché era generoso,
ospitale e umile. Nelle Massime dei Padri (5) è scritto che "gli
allievi di Abramo sono coloro che hanno un occhio buono, uno spirito umile e un
animo modesto". E' scritto anche nella Torà, che quando si
insediò nella terra di Canaan, Abramo piantò una tamerice, eshel
in ebraico; eshel (alef-shin-lamed) sono anche le iniziali di cibo
(achilà) - bevanda (shtiyà) - e pernottamento (linà); in
altre parole, Abramo, istituì un vero e proprio ostello gratuito in
mezzo al deserto che dava ospitalità ai viandanti. E di come fosse
ospitale e sollecito con i suoi ospiti lo constatiamo nel racconto in Genesi 18
quando i tre angeli di Dio, in sembianze umane, arrivano al suo accampamento e
Abramo li invita a dissetarsi, a lavare i piedi, a riposarsi all'ombra
dell'albero. Abramo ordina alla moglie Sara di preparare delle focacce e lui
stesso si affretta a scegliere un vitello tenero e bello da consegnare al suo
servitore affinché lo prepari per il pranzo.
Lo Tzadik Haim ci raccontò un midrash
significativo sull'ospitalità di Abramo. Eccolo: Dopo mangiato, Abramo
invitava gli ospiti a ringraziare Iddio che "sazia tutti gli esseri
viventi dotati di volontà". Un giorno, un viandante si
rifiutò di ringraziare il Dio di Abramo e ringraziò l'idolo che
portava con sé. Vedendo ciò, Abramo si risentì e
cacciò via l'ospite idolatra. A questo punto, racconta il midrash, Dio
redarguì il patriarca e gli disse: "Abramo, Abramo, perché
lo hai cacciato via? Va', richiamalo e chiedigli scusa. Non è affare tuo
se lui è idolatra, ma è affare mio soltanto!". Da questa
storia, aggiungeva lo Tzadik Haim, bisogna imparare che non spetta a noi
discriminare la gente in base alla loro fede; tutti sono uguali davanti a Dio
Benedetto e a Lui soltanto compete il Giudizio.
Limud 56 – Giacobbe e i Tre Patriarchi
Giacobbe stà fra Abramo e Isacco. Egli
è l'asse portante, centrale (ha bariach ha tichon) che sostiene il
tutto. Abramo è il principio e Giacobbe è il fondamento ed ogni
cosa, rispetto a lui, è secondaria. Ciò è simile ad un
albero: Abramo rappresenta le radici, Giacobbe è il tronco da cui si
dipartono i rami. Giacobbe era ad un livello di immagine divina (Tzelem Elohim)
superiore e il suo aspetto era scolpito secondo il Trono della Gloria; per
questo nel suo sogno a Bet El, gli Angeli salgono e scendono la scala che
arriva al cielo, perché vogliono vedere il suo volto. La santità
è la peculiarità di Giacobbe e il suo livello di santità
lo separava dalla materialità. Giacobbe possedeva un livello di
interiorità nascosta.
I Tre Patriarchi (Abramo, Isacco e Giacobbe)
rappresentano il principio e la storia del mondo. Nonostante essi conoscessero
il Nome del Santo Benedetto non conoscevano il Segreto del Nome e anche non
chiesero di conoscerLo poiché procedevano con la semplicità di
cuore e di mente (Temimut) e con la fede in Dio.
Limud 57 – Moshe Rabbenu, Mosè Magister Noster
Mosè è il fondamento della
realtà del mondo, della storia. Il livello di Mosè era superiore
a quello del popolo d'Israele ed era separato dal livello generale del popolo.
Mosè era un uomo pubblico, generale (clalì) e non individuale
(pratì) e, da solo, era pari a tutto il popolo. Tutto ciò che
accadde a Mosè non fu accidentale; egli non sottostava alle leggi della
natura e della materia. Se si studia bene la missione di Mosè, si
vedrà che non era un uomo "naturale" e non sottostava alle
leggi del tempo. Mosè fu "uomo di Dio" (ish Elohim), "per
metà uomo e per metà Dio" (Salmi, 8, 6), aveva cioè
una natura umana ma possedeva anche un livello di conoscenza supremo; egli
"salì in cielo e scese in terra" (Proverbi, 30, 4). Moshe
Rabbenu aveva un livello medio, tra terra e cielo, per cui è scritto
"io sto fra Dio e voi per dirvi la parola di Dio" (Deut. 5: 5).
Limud 58 – Aharon e Mordechai
Aharon era il legame fra Dio ed il popolo
d'Israele. Egli era un sacerdote completamente santificato da Dio. Aharon era
distinto dalla materia ed era considerato come un'offerta propizatoria
santificata, come è scritto "zè ha korban" (questo
è il sacrificio) (Levitico, 6: 13); egli era speciale ed era come fior
di farina dopo la setacciatura e non sottostava all'inferiorità della
materia. Egli era amato dal popolo e tutte le sue vie erano di pace.
Un uomo (ish) ebreo viveva nella capitale Susa e il
suo nome era Mordechai. Come Mosè è chiamato 'ish' così anche
Mordechai, che rappresenta l'integrità di Israele. Quando il popolo
ebraico viveva 'nascondendosi' (be-ester panim) al Signore, era bene che ci
fosse lo Tzadik salvatore Mordechai, che con Ester fece in modo che Dio
tornasse a manifestarsi al popolo salvandolo.
Limud 59 – Israele
Israele viene chiamato 'principio' poiché
è il principio del pensiero così come chi ara e semina la terra
ha innanzitutto in mente il raccolto e non la pula. Il popolo che Dio ha eletto
rappresenta il fondamento della storia del mondo. C'è nel popolo di Israele
un ché di divino che manca negli altri popoli. Sebbene Iddio Santo sia
il Padre di tutte le creature, Egli è pur sempre il Dio di Israele. Gli
ebrei hanno pertanto una particolare attitudine verso Dio perché sono
più obbligati a Lui rispetto agli altri popoli. Il popolo di Israele non
sottostà alla natura. In che cosa gli ebrei sono completi e distinti
rispetto agli altri popoli? Nel fatto che hanno la Torà e il Sabato, che
rappresentano la completezza.
Gli ebrei sono difettosi per ciò che
riguarda la materia, ma non per ciò che riguarda lo spirito. I peccati
che commettono riguardano la materia e non lo spirito.
Limud 60 – Il digiuno di Kippur
Il giorno di Kippur è una data significativa
del ciclo annuale ebraico, in cui il Signore Benedetto concede al Suo popolo la
possibilità di redimersi e di espiare le proprie colpe, attraverso un
digiuno di 25 ore.
Nella Ghemarà è scritto che l'espiazione
(kaparà) deve accompagnarsi al pentimento, al ritorno a Dio
(teshuvà). Ci sono tre tipi di espiazione: 1. L'espiazione di chi ha
trasgredito i precetti positivi (quelli in cui si è comandati ad
osservare) e si è pentito; in questo caso, il trasgressore non si muove
dal suo posto (cioè deve stare seduto al banco degli imputati) fino a
che dall'alto non lo perdonano". Pertanto, il pentimento è
tempestivo e il Misericordioso assolve il peccatore. 2. L'espiazione di chi ha
trasgredito i precetti negativi (quelli che vietano) e si è pentito; in
questo caso è scritto nella Torà "poiché in questo
giorno (di Kippur) il sacerdote espierà per voi per purificarvi di tutti
i vostri peccati e verrete purificati davanti al Signore" (Levitico, 16,
30). In questo caso, la teshuvà è condizionata (come nel
tribunale umano che emana un verdetto assolutorio con la condizionale) e allontana
la punizione. 3. Il trasgressore ha commesso delle colpe che sono perseguibili
con la morte (mità) e/o con la perdita del merito di far parte del
popolo ebraico (karet) dal Tribunale Celeste e si è pentito. In questo
caso, arriva il Kippur e assolve il pentito attraverso delle sofferenze fisiche
purificatrici (issurim memarekim), secondo quanto è scritto "e
ricorderò le loro trasgressioni con la frusta e i loro peccati con le
malattie" (Salmi, 89, 33). La Ghemarà aggiunge che "chi ha
profanato il Nome di Dio pubblicamente, né il pentimento, né il
Kippur e nemmeno le sofferenze fisiche purificatrici hanno il potere di
redimerlo; solo la morte prima del tempo lo può purificare"
(Talmud, Yoma, 86, 1).
Il Rambam di benedetta memoria nelle sue
"Hilchot Teshuvà" (Norme di Pentimento, cap 1, halachà
4) scrive che "sebbene il pentimento espii ogni trasgressione e il Kippur
purifichi, ci sono tuttavia delle colpe che non vengono subito assolte con il
Kippur, se non con il passare del tempo". E inoltre: "Tutto dipende
da quanto un peccatore meriti che vengano cancellati i demeriti che pesano sul
suo conto", ossia le sofferenze che vengono sulla persona completano
l'espiazione e quanto maggiore è la sofferenza tanto maggiore è
la kaparà.
E' importante sottolineare, aggiunge Maimonide, che
il digiuno di Kippur può assolvere le colpe dell'uomo nei confronti di
Dio, ma non nei confronti della persona offesa, fino a quando non si ottenga il
perdono esplicito della stessa (ibid. cap 2, 9).
Nel Giorno di Kippur, Dio Benedetto
"addolcisce" per così dire i giudizi, decretati dieci giorni
prima nel giorno di Rosh ha Shanà, per cui il Suo Attributo di
Misericordia (Hesed) prevale sull'Attributo di Potenza (Ghevurà), come
è scritto nella Ghemarà : Dio tramuta il giudizio severo in uno
mite. Attraverso l'espiazione e il perdono, il Signore Benedetto intende
purificare l'ebreo dalle impurità che lo hanno indotto al peccato. Il
peccato, infatti, 'insozza' il nefesh (l'animo vitale) e genera un'imperfezione
(mum) nella spiritualità dell'individuo. Quanto più numerosi sono
i peccati tanto maggiore è il distacco dello spirito dalla Fonte di
Vita, dal Padre nei Cieli.
La mehilà, il primo stadio dell'espiazione,
non ha la capacità di liberare la persona dall'impurità che lo ha
pervaso sia fisicamente che spiritualmente; perciò il compito della
teshuvà è quello di purificare (le-taher) lo spirito, di
rinnovarlo e di riportarlo ad una condizione di purezza. La selihà, il
secondo stadio dell'espiazione, è il ricollegamento tra l'individuo e
Dio. Il giorno di Kippur ha la virtù di rinnovare lo spirito e di
purificarlo completamente; e ciò vale non solo per il singolo individuo
ma anche per il popolo intero; è per questo che il Grande Sacerdote
doveva attuare il sacrificio dei due capri espiatori; il primo espiava i
peccati della casta sacerdotale e il secondo, sul quale erano stati caricati i
peccati pubblici, veniva mandato da Azazel, altro nome del Satan.
E, in questo modo, il Satan non può venire a
disturbare i figli di Israele quando sono immersi nella santità del
Kippur; essi, infatti, sono paragonati ad angeli, dato che non mangiano, non
bevono e non si accoppiano. A questo proposito, lo Tzadik Haim ci faceva notare
che in ghematria Ha Satan (השטן)corrisponde a 364, ossia i giorni dell'anno (365) meno 1; in altre parole,
il Satan può disturbare o tentare i figli di Israele durante tutto
l'anno, ma non nel giorno del digiuno; a Kippur il Satan non ha il permesso di
accusare i figli di Israele che possono dire senza timore il Viddui (la
confessione pubblica dei propri peccati).
Limud 61 – I numeri da 1-11
Il numero 1 è incompleto, perché
è privo di estensione.
Il numero 2 è incompleto perchè ha
doppiezza e divisibilità.
Il numero 3 ha in sé la disponibilità
a raggiungere la completezza poiché nel 3 ci sono due estremità e
un centro. Il 3 indica il collegamento e la congiunzione.
Il numero 4 si oppone all'individualità. E'
un numero divisibile che contiene 4 entità che hanno direzioni autonome.
Perciò indica la divisione e la separazione, così come è
scritto 'vi ho sparpagliati per i quattro venti".
Il numero 5 ha la proprietà di collegare i
quattro punti cardinali attraverso un punto di unione. Il 5 viene chiamato
"unione" (agudà), perchè collega appunto le quattro
direzioni.
Il numero 6 rappresenta la completezza. Non si
trova completo se non nel 6. La materia trova la sua integrità nel 6
(su, giù, est, ovest, nord, sud). Il 6 si adatta ad Israele, che
è unito attraverso il 6.
Sempre si può constatare che i gradi e i
livelli (sovrapposti l'uno sull'altro) sono riferiti al numero 7.
Il numero 7 indica i livelli superiori. Il settimo
è un livello preferito e distinto. Ogni cosa che è innumerevole
viene riferita al 7. Esso rappresenta anche la suddivisione e la separazione
come "per una via uscirono e per sette vie furono messi in fuga"
(Deut., 28, 7).
Il numero 9 fa da limite ultimo ai singoli numeri.
Esso completa i numeri a una cifra.
Il numero 10 racchiude in sé tutti i numeri
che hanno una loro autonomia. Dopo il 10, i numeri si ripetono. Il 10 è
un numero particolare per il suo livello di santità a tal punto che
rappresenta un livello superiore di separazione, distinto dal mondo naturale.
Il 10 dimostra che esiste nel mondo un livello divino superiore. Il mondo
terreno, materiale, non supera il 10, così come dissero i nostri Maestri
nel Talmud "Mosè ed Elia non salirono al di sopra del 10"
(Talmud, Suka, 1).
Con l'11 si esce dal mondo naturale.
Limud 62 – I numeri da 13-100
Il 13 rappresenta la potenza della completezza.
Tredici sono gli Attributi della Bontà e della Misericordia di Dio.
Il 40 è specifico dell'Aldilà
Intellettivo (ha olam ha bà ha sihlì) in quanto la Torà di
Saggezza è stata data in 40 giorni e così anche il feto diventa
creatura dopo 40 giorni e così anche l'Anima viene data all'essere
vivente in 40 giorni.
Il 60 rappresenta un numero intero generale che non
ha aggiunte. Troverai il 60 ogniqualvolta viene menzionato un numero generale,
come ad esempio "il sogno è un sessantesimo di profezia"
(Talmud, Brahot, 57, 2).
Il 70 indica la molteplicità concepita come
unità, come, ad esempio, "le 70 nazioni del mondo" oppure
"i 70 aspetti della Torà". Sul Sinai, quando vennero
proclamati i Dieci Comandamenti, ogni singolo comandamento, che uscì
dalla 'Bocca di Dio', si diffuse in 70 voci, lingue.
Il 100 è un numero che si riferisce al mondo
superno, che è il mondo del terzo livello.
Le unità (1,2,3,4,5,6,7,8,9) rappresentano
il primo livello.
Le decine (10, 20, etc) rappresentano il secondo
livello. 100 è il terzo livello. E bisogna sapere che la facoltà
dell'Uomo arriva al 10. (come è scritto che "Moshe ed Elia non sono
mai saliti oltre il 10"); pertanto, il 100 è separato dalle decine
e appartiene ai Mondi Superiori.
Limud 63 – Il vino
Quando lo Tzadik Haim ci onorava con la sua
presenza e pranzava a casa degli allievi, a tavola, non mancava mai il vino. Lo
Tzadik Haim elogiava molto questo alimento, che è alla base della
santificazione del sabato, delle festività (a Pesah si bevono persino 4
bicchieri e a Purim c'è chi approfitta per ubriacarsi e confondere fra
Haman e Mordechai), del matrimonio, della circoncisione. Abbiamo appreso dal
Morè che non "c'è gioia se non nel mangiare la carne e bere
il vino" (Talmud Babilonese, Psahim, 109, 1) e anche che "il vino
allieta il cuore dell'uomo" (Salmi 104, 15).
Ricordo una serata allegra con il Morè, che
ci raccontò il midrash talmudico che racconta l'origine del vino. Prima
del diluvio, Noè prese con sé sull'Arca dei tralci di vigna e dei
semi di fico e di oliva. Dopo il diluvio, quando Noè piantò la
prima vigna, venne Satana e gli chiese che cosa stesse facendo. "Pianto
una vigna" rispose Noè. "Che cos'è?"
domandò. "E' una pianta che produce dei frutti dolci, sia da
freschi che seccati e dai quali si ricava una bevanda che allieta i
cuori". "Vuoi che anch'io prenda parte all'opera?" chiese
Satana. "Certo" rispose Noè. Cosa fece Satana? Prese una
pecora, un leone, una scimmia e un maiale. Li sgozzò e con il loro
sangue bagnò la terra della vigna appena piantata. Con ciò Satana
voleva alludere al fatto che chi beve un bicchiere di vino è morigerato
e mite come una pecora, chi ne beve due diventa forte come un leone e comincia
ad esaltare la propria forza, chi ne beve tre, comincia a ballare e a cantare e
a dire oscenità come una scimmia; infine, chi ne beve quattro e si
ubriaca, non riesce più a stare in piedi e si rotola a terra come un
porco.
Per questo, spiegava il Morè, che nella
Torà, il Grande Sacerdote (Ha Cohen ha Gadol) non poteva bere il vino o
altre bevande inebrianti, quando doveva officiare ed entrare nel Santuario. E
anche i Nazarei, che erano consacrati al servizio sacerdotale, avevano fatto il
voto di astensione dal bere alcolici. E' noto anche che in ghematria il valore
numerico di yain (vino) è 70, così come sod (segreto);
perciò è scritto "nihnas yain yatzà sod"
(Talmud, Eruvin, 65, 1) quando è entrato il vino è uscito il
segreto; infatti, è a tutti noto che quando uno ha alzato il gomito
comincia a sparlare e a dire cose che non oserebbe dire da sobrio. Anche i
Latini dicevano "in vino veritas".
Il Morè spiegava anche che bere un bicchiere
di vino a pasto fa buon sangue e rafforza il cuore. In uno dei suoi
insegnamenti registrati lo Tzadik Haim diceva: il vino è diverso dalle
altre bevande perché 'apre' l'intelligenza.
Limud 64 – "La preoccupazione nel cuore della persona viene
attenuata quando la si racconta al proprio amico"
Questa massima del Morè è molto
profonda e valida. Se uno ha preoccupazioni o problemi di vario genere è
bene che si confidi con una persona saggia e fidata; saggia che sappia dare un
consiglio adeguato, e fidata, che mantenga la riservatezza di ciò che ha
sentito. Purtroppo, spesso ci si affida a falsi amici, che non solo non aiutano
con i loro consigli ma anche fanno il danno di raccontare ad altri ciò
che è stato detto loro in modo riservato.
Limud 65 – I soci
L'uomo comune ha 3 soci che lo accompagnano durante
la vita, diceva il Morè: Il primo socio sono i famigliari: il padre, la
madre, i fratelli, le sorelle, il marito, la moglie, i figli, che lo
accompagnano nel corso degli anni. Il secondo socio è il denaro, per cui
l'uomo comune lavora e al quale da la massima importanza cercando di
accumularne quanto più per la propria sicurezza. Il terzo socio sono le
buone azioni, le mitzvot, che l'uomo comune fa di tanto in tanto.
Ebbene, spiegava lo Tzadik Haim, quando arriva il
momento della morte, come si comportano i tre soci con l'uomo comune?
Il primo, i familiari, hanno il permesso di
accompagnarlo fino alla sepoltura e qui si accommiatano da lui.
Il secondo, il denaro, rimane qui nel mondo e
l'uomo non se lo può portare con sé nell'aldilà.
Il terzo, le mitzvot, accompagnano l'uomo al
Tribunale di Dio e intercedono a suo favore.
Morale: In vita, è bene infondere maggiori
energie al terzo socio che non ci deluderà e ci sosterrà fino
alla fine.
Limud 66 – Gli alieni
In una serata del gennaio 1982, il Morè mi
disse che forse (e ribadisco, forse) nella mia vecchiaia avrei fatto a tempo a
vedere una guerra fra esseri provenienti da altri mondi e terrestri. Lo Tzadik
spiegò infatti che c'è vita in altri mondi, ma gli esseri che li
abitano non sono interessati a confrontarsi con gli esseri umani; costoro
saranno costretti a farlo quando saranno disturbati dalle sonde spaziali, dalle
astronavi e dai missili che voleranno in gran numero nello spazio.
Limud 67 – Regole e consigli alimentari
Durante i nostri incontri, il Morè
dispensava molti consigli riguardanti la buona salute. Cercherò qui di
riassumerne alcuni.
Per la buona circolazione del sangue: mangiare a
colazione una fetta di pane integrale bagnata con olio di oliva e origano.
La cipolla rossa (calabrese) e l'aglio prevengono
l'influenza.
I carciofi, le fave, le melanzane e il fegato
producono ferro e sono indicati in gravidanza e in caso di anemia.
Contro i dolori di basso ventre: Ingoiare un
cucchiaino di cumino (kamun) con un bicchiere d'acqua.
Contro il mal di gola: Si fa bollire in acqua un
mezzo cucchiaio di cumino; si aggiunge un cucchiaino di zucchero e si beve.
Contro la stipsi: Si prende un pezzetto di zucca,
la si fa bollire in acqua; dopo la bollitura, la si condisce con cannella e
miele grezzo.
Contro un attacco allergico con eruzione cutanea:
bere una spremuta di 5-6 limoni.
Contro il gonfiore di pancia: Tè di ganzabil
(ginger).
Per i dolori renali: Far bollire dell'acqua con
rosmarino. Fare degli impacchi caldi sulla parte dolorante. Tenere l'impacco
sul rene per almeno 5 minuti. Ripetere per 6 volte al giorno.
Cura per pulire il sangue: Per una settimana intera
digiunare e mangiare solo datteri e bere latte.
Il sedano crudo fa bene al cuore e ai malati di
diabete, rafforza la memoria.
Contro il raffreddore è indicato mangiare
una fetta di cipolla con sale e bere un bicchierino di cognac o whisky.
Le noci fanno bene al cervello.
Il picciolo all'interno delle arachidi fa bene alla
vista.
Per curare le emorroidi esterne: prima di andare a
letto e dopo aver svuotato gli intestini, applicare sulle emorroidi un batufolo
di cotone imbevuto di olio di oliva extravergine. Per 2 settimane. Mangiare
ogni giorno sedano bianco crudo e foglie di prezzemolo crudo.
Per sciogliere una grossa cisti sebacea che avevo
sul cuoio capelluto, il Morè mi disse di mettere ogni giorno un po'
della mia urina. Dopo circa un mese, la cisti si sciolse completamente e ne
uscì un liquido purulento.
Per sciogliere un'escrescenza che aveva la bimba di
mia sorella dietro al ginocchio, il Morè le consigliò di
spalmarle sull'escrescenza, ogni giorno, una pappetta composta da 3 cucchiai di
farina, 1 uovo e mezzo bicchiere di olio di oliva, chiudendola con una garza.
Dopo circa 3 settimane, la pallina si sciolse.
I Saggi del Talmud hanno detto che l'aglio ha 5
virtù: sazia, riscalda il corpo, rallegra il viso, aumenta lo sperma e
distrugge i parassiti dell'intestino.
L'acqua piovana che cade fra Pesah e Shavuot ha la
virtù di far conservare la memoria (bisogna spalmarla sulla fronte).
Cura per depurare il fegato: Si fanno bollire in
acqua alcuni carciofi; a bollitura ultimata, si tiene l'acqua e la si beve ogni
mattina a digiuno per alcuni giorni.
La carne di maiale, di cavallo e i frutti di mare
surriscaldano l'organismo e fanno 'scendere' i pensieri, che diventano impuri.
La rugiada mattutina ha proprietà benefiche
sulle malattie della pelle, come l'eczema.
Limud 68 – Il precetto più importante
In una delle nostre riunioni con il Morè
(20.01.1982), uno degli allievi, Gino, gli chiese quale fosse il precetto
più importante della Torà. Lo Tzadik Haim rispose: "Amerai
il tuo prossimo come stesso" (Levitico, 19, 18). Chi ama veramente nel suo
cuore le creature di Dio mette in pratica la Torà intera e col suo
comportamento non nuoce a nessuno.
Concluso il 25.05.2016 – י"ז
אייר תשע''ו