Autore: Davide Levi

 

LIMUDIM HAIM – Gli Insegnamenti dello Tzadik Haim

 

LIMUDIM HAIM significa INSEGNAMENTI VIVI, ma anche 68 INSEGNAMENTI perché in ghematria HAIM corrisponde a 68, che furono gli anni di vita del nostro Morè, che si chiamava Haim e che è stato prescelto dal Signore Benedetto a dirigere la REDENZIONE FINALE dal Regno dei Cieli.

Ho qui raccolto 68 insegnamenti ricevuti dallo Tzadik Haim, nei tre anni di assidua frequentazione dal 1979 al 1982, che vanno letti, meditati e approfonditi, perché scaturiscono dalla Saggezza della Torà, di cui il Morè era latore. Alcuni di essi furono anche registrati dalla viva voce in una cassetta che il Morè consegnò al suo primo Allievo, Peretz Green, nell'anno 1981.

Trattandosi di una miscellanea di note prese nello stesso giorno in cui le ricevetti dalla bocca dello Tzadik Haim, sono trascritte un po' alla rinfusa, senza un ordine cronologico o tematico, ma non per questo perdono del loro impatto e della loro profondità di studio.

Ringrazio HA SHEM BARUCH HU di avermi dato lo zechut, il privilegio, di essere vicino al GOEL HAIM e di aver sentito Divrei Torà, Parole di Torà, direttamente dalla sua bocca.

Possano questi Insegnamenti illuminare la strada di coloro che li vorranno leggere con umiltà e semplicità di cuore e di pensiero e possano essere di benedizione per noi, per i nostri figli e nipoti e per le generazioni future, che li ameranno, li studieranno e li faranno propri.

Grazie EL SHADDAI, EL SHADDAI è Grande, EL SHADDAI è Uno.

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Limud 1 – Ha Shem Baruch Hu

L'Unità di Dio Santo non è associata ad alcunché.

Non si pensi che ciò che esiste esista al di fuori del Signore, poiché se così fosse, il Signore sarebbe mancante; il ché è impossibile, poiché tutto ciò che esiste a Lui ritorna per necessità e non c'è nulla che possa essere paragonato a Dio.

Il Santo Benedetto è la Verità asseoluta e non viene condizionato da alcunché. Dio è la sola Verità in esistenza ed è in virtù della Sua Verità che mantiene in vita tutto il creato.

Non è pensabile che esista una qualsiasi creatura fine a se stessa, poiché, se così fosse, si potrebbe pensare che esista un'altra entità al di fuori di Dio.

Dio Santo è presente in tutto il creato poiché tutto Egli comprende e non c'è niente in esistenza al di fuori di Dio. Come è scritto nel Talmud "Egli è presente in tutto il mondo ma il mondo non lo limita" (Bereshit Raba, 68)

"הוא מקומו של עולם ואין עולמו מקומו" (בראשית רבה, ס"ח)

Per questo il Signore, che domina tutta il creato e lo mantiene in vita, viene anche chiamato HA MAKOM (IL LUOGO). Makom ha anche il significato di 'Colui che dà l'esistenza'.

Dopo la creazione, il mondo non potrebbe conservarsi da solo se non grazie all'Eterno.

 

Limud 2 – Le creature

Le creature non esistono di per sé, se non perché il Santo Benedetto ha infuso loro uno spirito di vita. Le creature, opera di Dio, non raggiungono però la perfezione.

Le creature anelano alla Causa Prima quando non sono impedite dalla materia. Esse partecipano della Gloria di Dio.

Tutte le creature nell'universo inneggiano a Dio poiché gli inni vengono proclamati per esaltarLo. Ogni creatura inneggia a Dio per ringraziarLo per tutto ciò che ha creato.

Esiste uno schermo che separa Dio dalle sue creature (hamassach ha mavdil); quando il Signore si manifestò sul Sinai o in altri eventi portentosi tolse lo schermo di separazione.

Il mondo non avrebbe senso senza la presenza immanente di Dio. Per questo, tutte le creature devono lodare e ringraziare incessantemente il Signore Santo Benedetto.

 

Limud 3 – L'Uomo

L'Uomo è il fondamento dell'esistenza del mondo. Ogni essere umano che Iddio Santo ha creato dalla terra completa il mondo.

L'Uomo ha un livello superiore rispetto al mondo, in quanto Dio ha creato il tutto in funzione dell'Uomo.

Secondo l'opinione dei nostri Maestri, di benedetta memoria, che sono saggi di verità, l'Uomo ha un livello in più del cielo, della terra e di tutti gli astri. Così come il sole è re, altrettanto l'Uomo è re, in quanto tutto è a lui sottomesso, dato che il creato sottostà ai suoi voleri.

Il sole e l'Uomo vengono considerati regnanti dato che dominano i loro rispettivi mondi.

Tutte le creature procedono ricurve o piegate verso il basso e solo l'Uomo procede eretto poiché è re delle creature; tutti, pertanto, si prostano a lui come servi davanti al loro padrone.

L'Uomo è il sovrano degli esseri dei mondi terreni e possiede una parte divina (L'Anima). Il livello dell'Uomo, all'inizio, appartiene ai mondi superiori, ma quando ha il sopravvento su ciò che lo impedisce in terra, diventa superiore agli esseri superiori che non sono impediti in nulla (come gli Angeli). Quando l'Uomo si innalza ai livelli superiori riceve su di sé la Gloria di Dio. Gli Angeli, invece, pur operando nei livelli superni, non ricevono la Gloria. L'Uomo è un recipiente pronto a ricevere la Gloria di Dio. L'anima è luminosa perché proviene dallo Splendore di Dio Benedetto. Il corpo è l'indumento dell'anima. L'Uomo non è materiale per ciò che concerne la sua anima di origine divina, che è santa.

L'Uomo è fatto di materia e nel suo agire segue la natura. Il suo intelletto non può essere completamente puro, perché è condizionato dai vincoli materiali della sua natura.

 

Limud 4 – La creazione dell'uomo

Secondo quanto è scritto nella Sacra Torà, Dio creò il mondo attraverso la Parola e il primo uomo, Adamo, attraverso la materia. Dio creò l'uomo come Golem (materia inerte) dalla polvere e gli infuse lo spirito di vita. Quindi gli mise a disposizione tutto il creato. Quando Dio vide che Adamo era solo gli procurò una compagna, perché "non è bene che l'uomo sia solo" (Genesi 2, 18). A tale scopo Dio creò la donna, come "ezer ke-negdò", che significa "un aiuto per lui/contro di lui"; l'avverbio ke-neghed, in ebraico, ha infatti una doppia accezione: sia di associazione che di contrasto; per questo, nel Talmud è scritto che un uomo che ha meritato avrà una moglie secondo il primo significato e, se non ha meritato, ce l'avrà contro.

 

Limud 5 – La creazione della donna

Spiegando la creazione della donna, il Morè citava la Tradizione Orale, riportata in un racconto didattico (midrash). E' infatti scritto: Perché Dio creò Eva proprio dalla costola di Adamo? Rabbi Yehoshua Desihnin, a nome di rav Levi disse: "Considera da dove la creò: non dalla testa affinché non fosse superba; non dall'occhio, affinché non fosse curiosa; non dall'orecchio, affinché non origliasse; non dal collo, affinché non fosse altezzosa; non dalla bocca, affinché non fosse chiacchierona; non dal cuore, affinché non fosse gelosa; non dalla mano, affinché non fosse impicciona; non dal piede, affinché non fosse vagabonda; ma la creò dalla costola, che è una parte nascosta nel corpo, affinché fosse modesta. (Yalkut Shimoni).

 

Limud 6 – Gli animali

Gli animali sono stati creati per le necessità dell'Uomo; per questo, sono collegati all'Uomo che rappresenta la completezza della creazione. L'Uomo ha un livello superiore rispetto alle creature dei mondi inferiori, terrestri ed è vicino al più elevato livello di spiritualità.

Gli animali, tuttavia, ricevono da Dio un senso (l'olfatto, la vista, l'udito) che è superiore a quello dell'Uomo.

I volatili sono sottoposti al dominio della luna. Il volatile è più spirituale degli altri animali perché si libra in aria e possiede una maggiore sensibilità, così come è scritto "poiché il volatile guiderà tutti" (Ecc. 10: 20). Il gallo è condizionato dai cambiamenti del giorno.

Tra gli animali, è il cane quello che ha minore rispetto di sé, per cui ama sottostare al dominio del suo padrone. Il maiale, più di ogni altro, corre dietro ai suoi appetiti, che pensa continuamente di saziare per mezzo dell'impurità.

 

Limud 7 – Ghilgul ha neshamot (Il ciclo delle anime)

Le anime vengono al mondo sotto forma umana ed il numero di ghilgulim (cicli) dipende dal livello di purificazione che l'anima deve attraversare. Alle volte, un'anima viene mandata nel mondo per un breve periodo, per correggere o espiare qualche precedente colpa. Una persona che viene al mondo sotto forma di nano, per fare un esempio, sconta una precedente vita caratterizzata da superbia e arroganza; oppure un'anima che ritorna sotto la forma di animale, di maiale, per esempio, sconta una precedente vita dissoluta, consumata fra vizi e lussuria.

Il tema della reincarnazione è molto delicato e complesso e potrebbe far cadere in errore molte persone, che potrebbero disprezzare o sottovalutare il prossimo, per cui è bene ricordare, spiegava il Morè, che i 'calcoli' di HASHEM sono imperscrutabili e lontani dalla comune comprensione. Bene fa la persona a non occuparsi di questi argomenti che appartengono esclusivamente alla Giustizia di Dio.

Il Morè spiegò anche che lo Tzadik non sottostà alla regola dei ghilgulim. Egli viene mandato al mondo una sola volta e, dato il suo livello di kedushà (santità) non subisce alcuna reincarnazione.

 

Limud 8 – Dejà vù

Alla domanda sul fenomeno del "dejà vù", la sensazione improvvisa di aver già vissuto un istante della nostra vita o di trovarci in un luogo già visto, il Morè spiegava che, in quel frangente, l'anima 'ricorda' sensazioni e immagini già sperimentate in un ciclo di vita precedente.

 

Limud 9 – Non esiste la mancanza di giustizia nel mondo

Ein hefkèr ba-olam, non esiste la mancanza di giustizia nel mondo da parte del Signore. Ogni azione viene registrata nel Libro della Vita di ogni singola persona. Ciò che sfugge alla giustizia umana non sfugge a Dio. Il Morè spiegava che ogni nostra azione passa sotto il vaglio della giustizia divina e per ognuno di noi c'è un giudizio (din) giornaliero, quando l'anima sale in Alto, un giudizio annuale a Rosh Ha Shanà e un giudizio finale, dopo la morte terrena. Nel Tribunale Celeste vengono messi sui due piatti della bilancia i meriti e le buone azioni da una parte e i peccati e le trasgressioni dall'altra.

Se vogliamo comparire davanti al Tribunale Celeste con più meriti che peccati, è bene che ci diamo da fare in questo mondo per compiere la Volontà di HASHEM, operando il bene, rispettando il prossimo, comportandoci con rettitudine e onestà. Dobbiamo sforzarci di santificarci e di santificare la vita che ci è stata data, conformemente al precetto divino: "Siate santi poiché Santo sono Io, il Signore Vostro Dio" (Levitico 19, 2). Così facendo meriteremo un buon giudizio.

 

Limud 10 – Spiritismo

Parlando della morte tragica di un nostro conoscente (rimasto intrappolato tra le fiamme della sua azienda), che, in vita, soleva partecipare a sedute spiritiche, il Morè, richiesto da uno degli allievi, trattò, a sommi capi, il tema dello spiritismo. Lo Tzadik spiegò che chi richiama gli spiriti o le anime dei defunti, attraverso una ritualistica ben collaudata nei tempi, mette a rischio la propria vita; chi chiama al mondo i morti, disturbandoli laddove si trovano, viene, a sua volta, da loro chiamato.

Pertanto, è assolutamente proibito promuovere o partecipare a sedute spiritiche; quando, infatti, si evoca un'anima defunta che non è ancora in pace, essa si può vendicare avocando a sé lo spiritista. Chi pratica lo spiritismo, avvertiva lo Tzadik, non muore mai di morte naturale.

 

Limud 11 – L'angelo della Morte

Rimanendo in tema, il Morè spiegò che quando l'Angelo della Morte (malach ha-mavet) si presenta al morituro ha una spada sguainata e una sostanza con tre proprietà: fa morire la persona, la rende gialla e la fa puzzare; per questo, è scritto che la dignità della persona è nella sua sepoltura, ossia, non bisogna tardare a seppellire la salma, dopo averla lavata e vestita con i panni mortuari (tahrihim).

Mi piace qui ricordare un insegnamento 'poetico' della signora Mazal, la moglie del Morè, riposi in pace nell'Eden, che ci diceva che il neonato che viene al mondo strilla e stringe i pugni come se volesse dire "ecco, il mondo è mio"; quando lascia questo mondo, invece, ha le mani aperte e rilasciate, come a voler dire "ecco, lascio tutto qui…"

 

Limud 12 – La decima (ma'asser)

Il precetto della Decima è ben noto nella Torà; si tratta dell'offerta che gli ebrei dovevano portare al Santuario e che consisteva nella decima parte dei prodotti del suolo e del gregge (Levitico, 27, 30-32), che veniva data ai Leviti, ai poveri e ai diseredati (Deuteronomio 14, 27-29; 26, 12-15). Lo Tzadik Haim ci impartì più di una lezione sul valore della Decima.

Innanzi tutto, il termine 'ma'asser'מעשר proviene dal numero dieci (esser – עשר ); la radice ayin-shin-resh è alla base dell'aggettivo ashir=ricco עשיר per cui esiste una correlazione fra il devolvere ai bisognosi la decima dei propri introiti e il benessere economico. Se una persona pratica regolarmente il ma'aser verrà benedetto da Dio nella parnassà (fonte di guadagno connessa al lavoro).

A tal punto esiste tale connessione, che il Signore stesso ha detto, tramite la bocca del profeta Malachia (3, 10): "Portate tutte le decime alla casa del tesoro, perché vi sia cibo nella mia Casa e mettetemi pure alla prova in questo, dice il Signore delle Schiere Celesti e vedrete ch'Io vi apro le cateratte del cielo e riverso su di voi tanta benedizione che non ci sarà più dove metterla".

"הָבִיאוּ אֶת כָּל הַמַּעֲשֵׂר אֶל בֵּית הָאוֹצָר וִיהִי טֶרֶף בְּבֵיתִי וּבְחָנוּנִי נָא בָּזֹאת אָמַר ה' צְבָאוֹת אִם לֹא אֶפְתַּח לָכֶם אֵת אֲרֻבּוֹת הַשָּׁמַיִם וַהֲרִיקֹתִי לָכֶם בְּרָכָה עַד בְּלִי דָי" (מלאכי, ג', 10).

Ecco, in una cosa soltanto si può 'mettere alla prova' il Signore: verificare se si è benedetti nella parnassà dopo aver offerto la decima dei nostri introiti ai bisognosi.

Attenti, però! Il ma'asser deve essere dato con un cuore disinteressato e leshem shamaim, perché amiamo Dio, ossia senza calcoli speculativi di 'do ut des'. La vera mitzvà, spiegava lo Tzadik Haim, è fare il bene senza aspettarsi qualcosa in cambio; se poi il Buon Dio ci premia con la benedizione, ne saremo gratificati. Ma non è l'idea del profitto economico che ci deve spingere a fare il ma'asser!

 

Limud 13 – La vera ricchezza

"Chi è ricco? Chi si accontenta di quello che ha" (Massime dei Padri).

E il Morè aggiungeva, facendo l'acrostico di ayin-shin-iod-resh che ricco è chi ha sani gli occhi (ayin –einaim), i denti (shin – shinaim), le mani (iod – iadaim) e i piedi (resh – raglaim); in altre parole, la salute fisica rappresenta la nostra maggiore ricchezza e su questo penso che ci sia un consenso universale.

A tale proposito, il Morè ci spiegava che nella sua preghiera al Signore, il nostro patriarca Giacobbe )Genesi 28, 20), diretto a Haran e fuggendo dalle ire di suo fratello Esaù, chiede "pane da mangiare e abiti da vestire". Infatti, diceva lo Tzadik, se una persona ha l'appetito per poter mangiare e un vestito per poter uscire fuori significa che possiede la salute; se fosse malato, infatti, non avrebbe appetito e non potrebbe uscire di casa. Giacobbe chiede a Dio il minimo, che, a pensarci bene, rappresenta il massimo per una persona, ossia la salute.

 

Limud 14 – Le regole a tavola

"Dopo la distruzione del Santuario, la santità è stata trasferita a tavola" (Talmud). Per questo bisogna santificare Dio all'inizio, durante e dopo il pasto. All'inizio, con la lavanda delle mani; durante, parlando di argomenti connessi alla Torà o ad argomenti di studio e di attualità e alla fine del pasto recitando la benedizione di ringraziamento.

A tavola, bisogna essere sereni, di buon umore, facendo però attenzione a non cadere in discorsi banali, o, peggio, scurrili, ricordando sempre che la mensa è simile ad un piccolo santuario.

Quando si mangia, bisogna masticare piano e assaporare il cibo. Il Morè ricordava sempre le regole alimentari impartite dal Rambam, che si possono sintetizzare in alcuni punti fondamentali: Non mettersi a tavola se non si ha fame. Moderarsi nel mangiare e alzarsi da tavola con ancora un po' di appetito (ciò per favorire la digestione e non affaticare il cuore). A fine pasto, un terzo dello stomaco deve essere pieno di cibo solido, un terzo di liquido e un terzo vuoto. Non mangiare stando in piedi, bensì stando seduti comodamente, senza fretta, senza affanno e, soprattutto, senza adirarsi. Oggi, possiamo aggiungere evitando di ascoltare la radio, leggere il giornale o guardare la TV. Non bere bevande gelate durante e dopo i pasti. Dopo aver mangiato, è bene stare seduti ancora alcuni minuti. Quando si mangia il pesce, non bisogna parlare: il Morè spiegava che si tratta di "et milchamà" (tempo di guerra): come in guerra si fa estrema attenzione alle mosse del nemico, così quando si mangia il pesce, bisogna stare attenti alle spine della lisca, concentrandosi bene durante la masticazione.

 

Limud 15 – "Kol akabà le-tovà" (Ogni ritardo/impedimento è a fin di bene)

Questa massima, molto nota nel pensiero ebraico fin dai tempi del Talmud, era pronunciata dallo Tzadik Haim e da sua moglie Mazal, quando si raccontava loro qualcosa che non era andato secondo i nostri piani. In effetti, quando si verifica un contrattempo, un impedimento o un ritardo in una cosa che riteniamo impellente e che avremmo voluto concludersi bene e in tempi brevi, non bisogna rammaricarsi o arrabbiarsi; il fatto in sé va invece inquadrato in un contesto che avrà una conclusione positiva.

 

Limud 16 – "Gam zù le-tovà" (Anche ciò è a fin di bene)

Concetto analogo viene espresso da questa frase; ogni evento che ci capita, anche spiacevole, va letto con le lenti della fede e dell'ottimismo. Il Signore vuole sempre il nostro bene e anche se dobbiamo superare una prova apparentemente dura o dolorosa, dobbiamo convenire che ciò è sempre a fin di bene.

 

Limud 17 – Baruch HASHEM – Benedetto sia il Suo Nome

Quando ci viene chiesto: "Come stai?" è bene rispondere "Baruch HASHEM" oppure "Todà la EL" (Grazie a Dio). In questo modo, si santifica il Signore Benedetto che ci tiene in vita. Non si tratta di un automatismo verbale, ma di un vero e proprio atto di fede; la frase va pronunciata con intenzione, come se si ringraziasse una persona qualunque che ci ha reso un favore.

Il Morè ci insegnava che il verso in Salmi "Kol ha-neshamà tehalel Ya, alleluyah" (Ogni anima lodi il Signore, alleluyah) (Salmi, 150, 6) va letta anche così: "Kol ha-neshimà tehalel…" ossia ad ogni respiro si lodi il Signore.

 

Limud 18 – Magia (kishuf)

La magia è una pratica antica che si basa, essenzialmente, sull'evocazione degli sheddim, i demoni di sotto e sull'impiego di azioni, gesti, rituali e pratiche occulte, trasmesse per tradizione iniziatica. La Torà proibisce nel modo più assoluto di praticare la magia, la divinazione, la necromanzia e altre pratiche simili (Deuter. 18, 10). E' vietato anche immolare animali e usare il loro sangue per ottenere benefici dai demoni; il sangue umano e animale, infatti, è il cibo favorito degli sheddim. Nella Torà, abbiamo diversi esempi di maghi e di esorcisti: dal mago Bil'am, che viene commissionato dal re di Moab, Balak, per maledire i figli di Israele, fino ai maghi di Egitto (hartumei Mitzraim), che riescono ad eseguire le due prime piaghe (sangue e rane) delle dieci che Dio manda sull'Egitto del Faraone, tramite Mosè e Aharon. Lo Tzadik Haim spiegava che nell'antico Egitto la magia era molto diffusa ed era praticata dalla casta sacerdotale, che viveva alla corte del Faraone, il quale, a sua volta, era considerato una divinità emanata, il Capo di tutti i maghi, che possedeva i segreti iniziatici della divinazione e delle arti occulte. Non a caso, l'Onnipotente scelse l'Egitto per liberare il popolo ebraico dalla schiavitù, affinché esso e il mondo intero vedessero che la Potenza di Dio era superiore alla nazione che incarnava a quei tempi il dominio militare, economico e magico del mondo.

La magia, spiegava lo Tzadik, è una forza ottenuta attraverso l'impurità, che, come è noto, sta all'estremo opposto della santità (kedushà). Un mago, prima di fare il suo kishuf, si insozza o ricorre agli elementi impuri (sangue mestruale, sangue animale, seme maschile, deiezioni umane, ossa di defunti, ossa di animali morti, e simili), fa preghiere agli sheddim, digiuna o evoca spiriti di defunti (per questo frequenta di notte i cimiteri). Gli esseri richiamati gli possono svelare gli eventi del futuro e infondere poteri per eseguire cose sbalorditive. I maghi veri, solitamente, sono circondati da persone impure e immorali, che praticano riti orgiastici e perversioni sessuali e diventano schiavi degli spiriti che hanno evocato e servito. Anche qui va sottolineato, che chi pratica la magia non muore mai di morte naturale.

Il Talmud parla dei "magusim" che nelle civiltà orientali praticavano il culto del Sole e degli astri ed erano esperti nelle arti divinatorie.

E' qui importante sottolineare che il Morè era a conoscenza dei vari kishufim; lo Tzadik ne deve essere a conoscenza per poterli annullare, se richiesto (e se c'è permesso di farlo).

 

Limud 19 – Ogni animale terrestre ha un corrispondente marino

Ciò che esiste sulla terra esiste anche sotto le acque. Ogni animale terrestre ha un corrispondente marino. Negli oceani ci sono forme di vita che ancora non conosciamo.

 

 Limud 20 – Le mitzvot, le opere di bene

Lo Tzadik Haim soleva dire che esistono tre livelli di mitzvot:

Quelle di argento: la buona azione è nota a tutti e viene elogiata pubblicamente.

Quelle di oro: la mitzvà è nota a due sole persone: chi la fa e chi la riceve.

Quelle di diamante: in questa mitzvà il benefattore beneficia il bisognoso, senza che la cosa si sappia. Se si tratta di denaro, si chiama "matan be-seter" (offerta fatta di nascosto).

 

 Limud 21 "Motzà sefateha tishmor ve-asita" (Deut. 23, 24)

"Mantieni e metti in pratica ciò che è uscito dalle tue labbra"

Quando si da la parola bisogna mantenerla. Un impegno preso va sempre rispettato. Si evince da questo precetto della Torà che bisogna fare molta attenzione a ciò che si dice e si promette di fare, perché ogni inadempienza viene considerata come un'omissione e come un peccato. Questo precetto ci insegna ad essere seri e non superficiali e faciloni.

 

Limud 22 – "Di ogni cosa ho visto il limite, la fine, mentre la Tua legge è infinitamente estesa" (Salmi, 119, 96)

"לְכָל-תִּכְלָה, רָאִיתִי קֵץ; רְחָבָה מִצְוָתְךָ מְאֹד" (תהילים, קי"ט, 96).

Era questo un verso che lo Tzadik pronunciava sovente per sottolineare il contrasto fra la fragilità e la limitatezza delle cose umane e l'infinita Onnipotenza del Signore. "Cos'è l'uomo, che si inorgoglisce così tanto? diceva il Morè, basta una piccola bolla d'aria nel suo cervello che scompare per sempre…"

 

Limud 23 – "Molti sono i pensieri nel cuore dell'uomo, ma è la decisione di Dio che si realizzerà" (Proverbi, 15, 21)

"רַבּוֹת מַחֲשָׁבוֹת בְּלֶב אִישׁ וַעֲצַת יְהוָה הִיא תָקוּם" (משלי, ט"ו, 21)

Il proverbio è analogo all'italiano "L'uomo propone e Dio dispone". Il Morè insegnava ad accompagnare l'esposizione di ogni nostro progetto futuro con la frase "be ezrat HaSHEM", con l'aiuto di Dio.

 

Limud 24 – "Chi sta compiendo una mitzvà non viene danneggiato" (Talmud, Pesahim, 8, 71)

"שלוחי מצוה אינן ניזוקין" (פסחים, ח', ע"א).

Ciò significa, spiegava lo Tzadik Haim, che gli angeli danneggiatori (Malahei ha-habalà) non hanno il permesso di colpire una persona che sta compiendo una mitzvà. Per mitzvà si intende qui un'azione che si fa 'leshem shamaim', per assecondare la Volontà del Signore e cioè per l'amore di Dio, senza richiedere una ricompensa.

 

Limud 25 – "Se hai cominciato una mitzvà, portala a termine" )Rambam)

Se hai cominciato a fare una buona azione è bene che la porti a termine tu stesso; se la lasci a metà e un altro la completa, sarà lui a meritare la ricompensa per quella mitzvà.

 

Limud 26 "L'uomo non disperi della Misericordia di Dio anche se la lama tagliente della spada è posata sul suo collo" (Mishnà, Massehet Berachot, 10)

"אפילו חרב חדה מונחת על צווארו של האדם אל יתייאש מן הרחמים" (מסכת ברכות, י')

Bisogna avere cieca fede in Dio e nella Sua Misericordia, sempre e in ogni circostanza, anche se, apparentemente, tutto sembra perduto.

 

Limud 27 – Frase del Morè: "L'operosità porta alla purezza e la purezza alla santità"

In altre parole, bisogna sempre darsi da fare, essere laboriosi, cercare le mitzvot e mai lasciarsi prendere dall'indolenza o dall'ozio, che come dicevano i Latini (e questo lo aggiungo io) è il padre di tutti i vizi. Quando la persona è solerte e operosa raggiunge anche un buon livello di purezza perché non ha il tempo di oziare e di dedicarsi ai peccati. La purezza, poi, conduce alla santità, al dedicarsi interamente a compiere la Volontà di HASHEM.

 

Limud 28 – Frase del Morè: "Una casa in cui non c'è il rispetto per i genitori è votata alla perdizione"

Il rispetto per i propri genitori, che si fonda sul quarto Comandamento del Decalogo, "onora tuo padre e tua madre", veniva spesso rammentato dal Morè, a tal punto che, quando incominciai a frequentare lo Tzadik, imparai anche ad alzarmi quando entrava mio papà, di benedetta memoria, nella sala da pranzo oppure quando si alzava da tavola, dopo aver mangiato. Diventò per me un atto di rispetto automatico, come si usava in epoche passate. Una volta, infatti, i figli avevano un sacro rispetto per i propri genitori, a tal punto che fino a tre generazioni fa si rivolgevano loro con il Lei. I tempi sono cambiati e oggi è comune vedere un figlio che chiama il proprio genitore per nome! Tra le molte lezioni su questo argomento, il Morè ci mise in guardia anche a non alzare mai la voce con papà e mamma, a non usare frasi irrispettose del tipo "tu non capisci niente!" oppure "non dire sciocchezze!", perché su questi comportamenti c'è un giudizio molto severo.

 

Limud 29 – "Onora tuo padre e tua madre affinché si prolunghino i tuoi giorni sulla terra che il Signore Dio tuo ti dà" (Esodo, 20, 11)

Cosa significa "affinché si prolunghino i tuoi giorni?". Lo Tzadik Haim spiegava che ciò va riferito alla completezza dei giorni, cioè se tu onorerai i tuoi genitori arriverai a completare i giorni che il Signore ti ha destinato all'atto della nascita.

 

Limud 30 – Ha detto rav Eliezer: "Dopo la distruzione del Tempio sono state chiuse le Porte della Preghiera, ma nonostante ciò sono rimaste aperte le Porte delle Lacrime" (Talmud, Berachot, 32, 2)

"אמר ר' אלעזר, מיום שחרב בית המקדש ננעלו שערי תפלה ... ואף על פי ששערי התפלה ננעלו, שערי דמעה לא ננעלו" (ברכות, ל"ב, ב')

Lo Tzadik Haim ci spiegò che il pianto sincero che accompagna la preghiera di un cuore contrito trova sempre ascolto davanti a Dio Benedetto.

A distanza di anni, rileggendo la frase di rav Eliezer mi sembra di capire che le preghiere fatte in modo automatico, senza lo spirito giusto e l'intenzione vera, sono semplice fiato e non salgono in Alto.

 

Limud 31 – Shalom

Si dice "shalom" in un luogo pulito e quando si è vestiti decorosamente (e non seminudi, come in riva al mare). SHALOM è uno dei Nomi di Dio e va pronunciato con la massima devozione.

 

Limud 32 – "Modé ani lefaneha" – Ti ringrazio o Signore

La mattina, appena ci si sveglia, bisogna ringraziare il Signore con la preghiera "Modé ani lefaneha", "Ti ringrazio o Signore, Re Vivente ed Eterno, per avermi restituito l'anima con compassione; immensa è la Tua fedeltà". Bisogna fare attenzione a non toccare gli occhi con le dita; infatti, sulle punte delle dita si trova l'impurità della notte che va rimossa con la lavanda delle mani. Quando dormiamo, l'anima sale al Creatore e il corpo diventa impuro.

 

Limud 33 – La collera

Quando un fedele è assorto ed occupato nello studio della Torà viene avvolto da uno spirito di purezza; se però si arrabbia tale spirito si dilegua. Lo Tzadik Haim spiegava che quando una persona perde la calma e si adira viene dato il permesso ai mezikin (gli esseri preposti a recare danno fisico o materiale) di impossessarsi di lui e di recargli danno. E' noto a tutti che in un momento di collera una persona può anche uccidere o fare azioni sconsiderate, di cui, poi, può pentirsi. Da qui, è bene insegnare ai bambini, fin da piccoli, a dominare la collera e ad imparare l'autocontrollo. Nella Torà è permesso solo un tipo di collera: quello della persona che reagisce quando assiste ad una profanazione del Nome di Dio (hilul Ha Shem).

 

Limud 34 – Influssi stellari, predestinazione e libero arbitrio

Il Morè insegnava che, al momento della nascita, tre cose dipendono dalla stella (mazal) sotto la quale si nasce: gli anni di vita, il numero dei figli e l'economia. In altre parole, l'uomo è predestinato su tre importanti fattori della sua vita, che, tuttavia, non intaccano assolutamente il suo libero arbitrio; è quest'ultimo, infatti, che viene giudicato da Dio. Se, ad esempio, una persona nasce sotto una stella che lo beneficia di grossi guadagni, sarà il suo libero arbitrio a disporre in che modo spendere le sue fortune e, conseguentemente, a esserne giudicato.

L'idea di nascere sotto una stella ha fatto sì che fin dai tempi antichi si siano evolute le arti astrologiche e divinatorie; in passato, tra i Caldei, gli Assiri, i Babilonesi, gli Egizi, i Greci, c'erano esperti che avevano conoscenze apprezzabili sugli astri; ne conoscevano i movimenti e le corrispondenze con gli eventi umani; gli astrologi antichi potevano, ad esempio, consigliare i loro re se intraprendere o meno una guerra.

Gli astrologi partivano dal presupposto che ci fosse un legame fra il mondo celeste e il mondo terrestre; nell'antichità, il sole, la luna, le stelle e i pianeti erano considerati come la sede degli dei o come vere e proprie divinità, per cui erano venerati e soggetti a culti religiosi.

Tornardo al tema dell'influsso delle stelle sulle creature che vivono sulla terra (uomini, animali e piante), il Morè spiegava che, in alcuni casi, il Signore Santo può cambiare ciò che è stato stabilito dalla posizione degli astri, secondo quanto è scritto "Dio ordina le stelle nelle loro posizioni secondo la Sua Volontà"; indicativo è l'esempio di Abramo, nostro Padre, al quale viene aggiunta una 'he' (al suo nome, da Avram ad Avraham, che, in questo modo, gli cambia il mazal. Abramo sapeva, infatti, che secondo l'osservazione astrologica (itztagnenut) non avrebbe avuto figli maschi; con l'aggiunta della lettera cambiò anche il suo influsso.

Un altro esempio è riportato nel racconto dell'Esodo. Dopo le 8 piaghe subite, il Faraone insiste a non lasciare uscire i figli di Israele e per convincere Mosè gli dice "quando lascerò andare via voi e i vostri figli vedrete che Ra'à (il nome di una stella con influssi malefici, portatrice di sangue) sarà proprio davanti a voi". Dio, invece, spostò Ra'à che non impedì l'esodo; in effetti, però, la stella di Ra'à fu davanti ad Israele quando Mosè ordinò di circoncidere tutti gli incirconcisi usciti dall'Egitto, per cui il sangue scorse abbondante, ma non fu sangue di morte.

Ai giorni d'oggi, quale retaggio del passato, ci sono gli astrologi televisivi e delle riviste femminili, che compilano oroscopi e mappe personali secondo i 12 segni zodiacali; il Morè sorrideva quando gli si chiedeva una sua opinione su tali 'esperti' e diceva che costoro sono furbi perché guadagnano molti soldi sfruttando l'ignoranza e la stupidità della gente.

 

Limud 35 – Rabbi Akiva dice: "Tutto è previsto e il libero arbitrio viene dato" (Massime dei Padri 3, 15)

"הכל צפוי והרשות נתונה" (פרקי אבות, ג', ט''ו)

Questa massima ha occupato le menti di generazioni di rabbini, filosofi e studiosi. Anche noi chiedemmo al Morè: come si spiega questa apparente contraddizione? Se tutto è previsto da Dio, Dio stesso sa già in anticipo come l'uomo impiegherà il libero arbitrio che gli ha fornito.

Lo Tzadik, per rispondere alla domanda, citava la Grande Aquila, Maimonide, di benedetta memoria, che spiegava che una cosa è la Preveggenza di Dio e un'altra cosa è l'Onniscienza di Dio.

Quando noi parliamo di Dio, lo facciamo con l'intelletto, che è limitato alla realtà umana; il raziocinio pertanto non ci permette di inoltrarci in una dimensione che trascende la nostra comprensione limitata. Dio sa come l'uomo si comporterà ma non per questo lo limita nelle sue scelte fra il bene e il male.

 

Limud 36 – "Le cose occulte appartengono al Signore e quelle manifeste sono per noi e per i nostri figli in eterno, per poter mettere in pratica tutte le parole di questa Torà" (Deut. 29, 28)

"הנסתרות לה' אלוהינו והנגלות לנו ולבנינו עד עולם לעשות את כל דברי התורה הזאת" (דברים, כ"ט, 28)

In sintonia con quanto detto poc'anzi, questa chiara affermazione della Torà ci avverte a non trattare le cose che trascendono il nostro intelletto. Chi siamo noi, oggetti di creazione, per sapere chi è Dio, come opera Dio o come giudica Dio? Il senno che il Signore ci ha dato serve unicamente per studiare e approfondire le realtà manifeste, naturali, fisiche di questo mondo. Pertanto, tutto ciò che è mistica o trascendenza vale quanto una buccia di aglio!

 

Limud 37"Parla poco e agisci molto" (Massehet Avot 1, 15)

"אֱמֹר מְעַט וַעֲשֵׂה הַרְבֵּה" (מסכת אבות, ט"ו, א')

La persona di poche parole che opera il bene è amata da Dio e dagli uomini.

 

Limud 38 – "Il comportamento rispettoso viene prima della Torà"

"דרך ארץ קדמה לתורה"

E' questo uno degli insegnamenti cardinali del Morè. Lo studio della Torà e la pratica rigorosa dei suoi precetti non hanno alcun valore se non si accompagnano alla buona educazione, al rispetto e alla giusta considerazione per il prossimo.

Frequentando lo Tzadik Haim, gli allievi potevano sperimentare da vicino il vero 'derech eretz'; il Morè accoglieva chiunque con il viso sorridente, con un atteggiamento umile e semplice che metteva a proprio agio la persona, con una comunicativa non verbale che trasmetteva la sua buona disposizione d'animo.

La frase in questione può essere letta anche in questo modo: Il 'derech eretz' ossia le norme di comportamento dei popoli hanno preceduto la Torà, che, come è noto, fu data dall'Eterno al popolo di Israele, tramite Mosè, sul monte Sinai. In altre parole, bisogna considerare che esistevano altri popoli prima della Torà, per cui la visione etnocentrica del popolo ebraico è del tutto inappropriata; Israele è un popolo santificato, perché ha avuto il privilegio di ricevere e di mantenere la Torà, ma ciò non lo giustifica a considerarsi superiore alle altre nazioni; Israele diventerà "or la-goiym", una luce per i popoli, quando adotterà il giusto derech eretz e capirà che la sua elezione sarà accettata quando gli ebrei tutti ameranno ed imiteranno il derech eretz del Moré, che è stato scelto quale Goel Redenzionale e quale Maestro dei Popoli che ha insegnato "che siamo tutti della stessa carne".

 

Limud 39"Chi viene per ucciderti, precedilo e uccidilo"

"הבא להורגך השכם להורגו"

Viene qui riassunto il concetto di legittima difesa. Non avere remore ad attaccare e a colpire chi si accinge a farti del male.

Come esempio, il Morè citava la Guerra dei Sei Giorni (1967), quando il presidente egiziano Nasser e i suoi alleati siriani, giordani e iracheni avevano ammassato i loro eserciti lungo i confini di Israele e avevano chiuso il passaggio del Mare Rosso alle navi israeliane, preparando un'azione di soffocamento bellico. Israele reagì con l'aviazione e in soli 6 giorni distrusse al suolo gli aerei nemici e sbaragliò l'esercito egiziano (conquistando la penisola del Sinai), siriano (ammassato sulle alture del Golan) e giordano-iracheno (conquistando Gerusalemme e la Cisgiordania).

 

Limud 40 – Gli Angeli

Gli Angeli sono forze dei mondi superiori. Sono forze intellettive in atto. I loro nomi terminano in EL (Dio) – Gabriel, Michael, Refael, Uriel, etc – perché sono preposti ad attuare la Volontà di Dio.

L'Angelo opera senza la pesantezza materiale ed è come se volasse, per questo viene rappresentato nell'iconografia con le ali. Gli Angeli esistono da quando esiste il mondo, però, spiegava il Morè, non sono eterni. Essi non partecipano alla vita ultraterrena, dato che il loro compito è definito e prestabilito nel mondo e non hanno né meriti né mancanze.

 

Limud 41 – Gli Angeli Ministri

Ogni popolo sulla terra ha un Angelo-Ministro (sar) che sostiene la sua causa nel Tribunale Celeste. L'Angelo-Ministro di Israele deve continuamente difendersi dalle accuse che portano in tribunale i ministri accusatori (mekategrim) delle 70 Nazioni del mondo. Se gli ebrei, nella loro maggioranza, agiscono male e trasgrediscono le rette vie della Torà, danno modo ai 'mekategrim' di arringare contro Israele e di chiederne la punizione. I ministri difensori di Israele (messangherim) possono chiudere le bocche dell'accusa solo quando le mitzvot hanno il sopravvento sui peccati. Per questo è importante che ogni singolo ebreo si dia da fare per aumentare i meriti del suo popolo respingendo in tal modo le accuse dei mekategrim.

 

Limud 42 – "Prima di colpire, (Dio) prepara la medicina e risana" (R. Yehuda Ha-Levi)

"טרם מכה ציץ רפואה פרח" (רבי יהודה הלוי)

Il Morè spiegava che quando il Signore decreta di punire il Suo popolo ne è, per così dire, dispiaciuto, come un padre con suo figlio. Il Misericordioso, tuttavia, prima ancora di mandare la 'makà' (la punizione), prepara anche il modo di guarirla e sanarla. Ciò vale per il singolo e per la comunità.

Un esempio storico attuale è la nascita dello Stato di Israele (1948), che è avvenuta dopo soli tre anni dal genocidio ebraico in Europa.

 

Limud 43 – L'avarizia

L'avarizia è un peccato detestato dal Cielo e dagli uomini, soleva dire lo Tzadik Haim, che, a tal proposito, ci raccontò questo 'midrash' (racconto a fini didattici e morali):

C'era una volta un moel (circoncisore) che era tanto ricco quanto avaro, per cui non faceva mai tzedakot ai poveri o ai bisognosi; di buono, però, aveva questo: circoncideva i neonati gratuitamente e rifiutava qualsiasi compenso per questa mitzvà cardinale. Se chiamato, non esitava a recarsi anche in villaggi lontani, e sempre a proprie spese.

Avvenne un giorno che uno shed (demone), sotto le spoglie di ebreo ortodosso, lo chiamò a casa sua per la circoncisione del figlio. Dopo la cerimonia, lo shed volle ricompensare il moel e lo introdusse in una stanza piena di pietre preziose, invitandolo a prendere ciò che desiderava. Il moel rifiutò e disse che la ricompensa migliore era stata la mitzvà della circoncisione che aveva appena compiuto. Non pago della risposta, lo shed lo fece entrare in una seconda stanza, piena di oggetti d'oro. La scena si ripetè e il moel rifiutò nuovamente ogni forma di retribuzione. Infine, lo shed introdusse il moel in una terza stanza, che era piena di chiavi. Qui, il moel sbiancò in volto perché riconobbe, tra le tante chiavi, quella della sua cassaforte. Sorpreso, chiese spiegazioni. A questo punto, il demone gli spiegò che in quella stanza erano custodite le chiavi dei forzieri di tutti gli avari del paese. "L'avaro" gli spiegò "non può godere dei beni che accumula continuamente e custodisce gelosamente nel suo forziere, per cui sono i demoni che gli tengono la chiave. Il denaro che voi avari accumulate non è benedetto ed è sempre in cima ai vostri pensieri e alle vostre preoccupazioni, così come è scritto in Ecclesiaste (5, 12) "c'è denaro custodito che reca danno ai loro possessori".

Il midrash, spiegava il Morè, ci insegna che le mitzvot che quel moel aveva fatto in modo totale e disinteressato lo avevano salvato dalla dannazione e gli avevano dato modo di capire la natura del suo peccato, affinché si potesse redimere; l'avaro, concludeva il Morè è un ricco che vive da povero.

 

Limud 44 – "Poiché l'uomo è come un albero del campo" (Deut. 20, 19)

Il Morè spiegava che la frase in Dvarim/Deuteronomio ci insegna che ci sono molte analogie fra l'albero e l'essere umano; entrambi generano da un seme, sono eretti, crescono verso l'alto e vivono grazie ai quattro elementi fondamentali: terra, acqua, aria, fuoco/sole; l'albero, tuttavia, ha le radici sotto terra, mentre l'uomo le ha in Cielo. L'uomo è simile ad un tronco e i suoi figli sono i suoi rami, che a loro volta danno vita ad altri rami; non a caso l'elenco dei nostri antenati viene rappresentato graficamente con un albero (genealogico).

 

Limud 45 – Il sogno

Il sogno, spiegava il Morè, è ciò che l'Anima ha il permesso di vedere e di conoscere quando sale in Alto. Dio può servirsi del sogno per rivelare all'uomo gli eventi futuri (come i sogni di Giacobbe, di Giuseppe, degli inservienti del Faraone o del Faraone stesso); alle volte, il sogno può avere la forma di una vera e propria visione e contenere un messaggio di HaShem (come nelle visioni dei Profeti). Nella Torà, il sogno viene considerato come una manifestazione della Parola di Dio ma si avvisa il popolo a non credere ai sogni dei falsi profeti. Per quanto riguarda l'interpretazione dei sogni, è scritto nella Torà, per bocca di Giuseppe, che "le interpretazioni appartengono a Dio" (Genesi, 40, 8) e "Dio darà una risposta tale da rasserenare il Faraone" (Genesi, 41, 16); in altri termini, per dare un'interpretazione adeguata bisogna essere uomini di Dio, saggi e immersi nella kedushà. Quando gli allievi dello Tzadik raccontavano un loro sogno al Morè, ne ricevevano subito l'interpretazione.

Un buon sogno, diceva il Morè, ha un livello superiore di un brutto sogno.

 

Limud 46 – Educazione dei figli e sessualità della coppia sposata

Se richiesto, il Morè impartiva agli allievi (che erano quasi tutti sposati) dei consigli che riguardavano la loro vita intima.

Innanzi tutto, insegnava lo Tzadik Haim, marito e moglie devono volersi bene e rispettarsi a vicenda, non devono offendersi e devono essere solidali e compatti nell'educazione dei figli. Coi figli devono essere amorevoli ma fermi e coerenti e quando sono piccoli, per evitare che diventino capricciosi, i genitori devono adottare una linea di condotta severa e non rinunciataria.

Nell'intimità, marito e moglie devono godere appieno della loro unione, ma devono rispettare alcune regole fondamentali (ciò anche per portare al mondo dei figli sani): devono astenersi dall'avere rapporti nel periodo mestruale e nel periodo post-mestruale (che dipende da donna a donna e può variare dai 5 ai 7 giorni); l'uomo deve eiaculare all'interno del sesso della moglie e non deve trattenere l'uscita del seme, perché così facendo avrà in seguito problemi alla prostata; non è grave se durante i preliminari, all'uomo 'scappa' il seme e lo disperde fuori; prima e durante il rapporto, la coppia deve attenersi ad una condotta di modestia e di pudore, evitando ogni volgarità di linguaggio e di comportamento; il marito deve stare sopra la moglie e deve evitare di baciarle il sesso; la moglie, nei preliminari, può baciare o leccare il sesso del marito. L'atto sessuale va fatto secondo natura, per cui è vietato il coito anale.

Al Morè venne chiesto da uno degli allievi se il marito o la moglie potevano ricorrere ai mezzi di contraccezione (preservativo, diaframma, pillole anticoncezionali); lo Tzadik Haim rispose che i mezzi contraccettivi si possono usare dopo che la coppia ha avuto già almeno due figli (meglio se maschio e femmina, per attuare il comandamento divino "siate prolifici e moltiplicate") e non ne vuole altri perché si trova in condizioni economiche precarie o perché la moglie ha dei problemi di salute e non se la sente di avere altre gravidanze.

 

Limud 47"E Dio creò l'uomo a Sua immagine" (Genesi, 1, 26)

"ויבְרָא אֱלֹהִים אֶת הָאָדָם בְּצַלְמו" (בראשית, א', 26)

Cosa significa "immagine di Dio" (Tzelem Elohim)? Maimonide, di benedetta memoria, rispondeva il Morè, spiegava che lo Tzelem Elohim è la comprensione astratta dell'uomo, per mezzo della quale capisce e contempla la realtà del mondo. Dio ha creato l'Uomo infondendogli l'intelletto, che è in grado di concepire, di creare e di distinguere e scegliere fra il bene e il male.

"Osservate bene, diceva lo Tzadik Haim, che è scritto "creò l'Uomo (Adam) e non l'ebreo o il musulmano o il buddista a Sua immagine; ciò per insegnarci che il concetto di uomo deve prescindere da ogni religione o razza o altro fattore". Sembra una cosa ovvia, ma non lo è, perché la gente comune ragiona secondo categorie mentali particolari e secondo stereotipi.

Lo Tzelem Elohim ha il livello più alto perché è una manifestazione diretta di Dio, per cui la Torà, fin dagli inizi, vieta l'omicidio, dicendo esplicitamente (Genesi, 9, 6): "chi versa il sangue dell'uomo avrà il proprio sangue versato dall'uomo, poiché Dio creò l'uomo a propria immagine".

Rabbi Akiva, nelle Massime dei Padri, afferma che "amato è l'Uomo che è stato creato a immagine divina"; da qui si è consolidata la concezione espressa dai nostri Saggi, di benedetta memoria, del "kvod ha adam", di rispettare cioè ogni creatura, in ogni parte del mondo, poiché è stata creata a immagine di Dio.

 

ֹLimud 48Lezione con le prime 5 lettere dell'alfabeto ebraico

Il Morè spiegava, sorridendo, che dalle prime 5 lettere dell'alfabeto ebraico si poteva trarre una valida 'lezione di vita'.

La ALEF rappresenta la Emunà, la Fede in Dio, che è alla base della nostra vita, del nostro pensiero e del nostro comportamento. Chi la possiede viene benedetto da Dio.

Ne consegue pertanto la BET, la Berahà, ossia la Benedizione che Dio manda alla persona che agisce fidando in Dio.

Adagiati sulla BET, si potrebbe cadere nella GHIMEL, che è la Gheut o Gaavà, la superbia, la sensazione di superiorità che caratterizza il comportamento di chi si è arricchito e pensa che ciò sia il risultato delle sue doti e delle sue capacità.

La GHIMEL porta alla DALET, che è la Dalut, la povertà; spesso Dio fa cadere coloro che si sono insuperbiti e toglie loro le ricchezze che avevano accumulato, rendendoli poveri e privi persino dei mezzi di sostentamento.

Ed è a questo punto che la persona, che tocca il fondo e riconosce di aver peccato di superbia, dimenticando il suo Benefattore, ritorna a Lui, alla HEY, (che, appunto, è la lettera che indica il Signore).

 

Limud 49 – "Non derubare il misero poiché egli è misero e non opprimere il povero che sta alla porta" (Proverbi, 22, 22)

"אַל תִּגְזָל דָּל כִּי דַל הוּא, וְאַל תְּדַכֵּא עָנִי בַשָּׁעַר" (משלי, כ"ב, 22)

Nella Torà ci sono molti riferimenti espliciti a non opprimere i deboli, i poveri, le vedove, gli orfani e gli stranieri residenti nel paese, perché, essendo privi di mezzi, sono indifesi e alla balìa di chi è più potente di loro. Sarà Dio Benedetto, tuttavia, che difenderà la loro causa.

Il Morè, interpretando questa frase, aggiungeva: "Come è possibile derubare (il verbo ligzol significa sottrarre un bene altrui in modo disonesto) a un povero, che ha ben poco o niente? Ebbene, spiegava, se un ricco fa ad un povero, che sta davanti alla sua porta, della beneficienza e lo assiste economicamente è bene che perseveri nella mitzvà, poiché se non lo facesse è come se lo derubasse. Abbiamo già spiegato (Limud 8) che il Signore benedice chi assiste la persona che si trova in condizione di povertà.

 

Limud 50 – L'occhio cattivo (ayin ha-rà)

L'occhio cattivo o malocchio, spiegava il Morè, deriva, principalmente, dall'invidia e dall'odio altrui. Nella tradizione ebraica, ci sono numerosi riferimenti all'occhio malevolo, il più famoso dei quali lo troviamo nel racconto di Giuseppe; quando i dieci figli di Giacobbe si recano in Egitto per rifornirsi di cibo durante la carestia, il genitore raccomanda loro di non entrare tutti per lo stesso portone, "affinché il malocchio non si riversi su di voi" (dal momento che erano tutti e dieci belli e virili) (Midrash Raba).

Nel Talmud è scritto anche che il 99% delle malattie è causato dall'ayin ha-rà (concetto ripreso poi dal Rambam).

Lo Tzadik Haim consigliava agli allievi di evitare di fare complimenti o di fissare gli occhi sugli oggetti altrui.

"E per proteggersi dall'occhio cattivo?" gli chiedevamo. Ha Morè ci consigliava di pronunciare EL SHADDAI, uno dei Nomi di Dio, che blocca l'influsso malevolo o invidioso della gente. La signora Mazal, di benedetta memoria, era solita dire "Ben Porat Yosef", che fa parte della benedizione che Giacobbe riservò a suo figlio Giuseppe, in cui è detto "ben Porat Yosef, ben Porat alei-ayin" (Genesi 49, 22) e cioè "Giuseppe è un albero fruttifero, un albero fruttifero presso una sorgente d'acqua"; 'alei ayin', tuttavia, si può interpretare anche 'che è al di sopra dell'occhio', ossia del malocchio.

 

Limud 51 – La maldicenza (lashon ha-rà)

La maldicenza è uno dei peccati di lingua più comuni fra la gente; talvolta è innocua come il pettegolezzo che si fa in famiglia sui vicini di casa o sui conoscenti, ma, talvolta, può essere anche causa di spargimento di sangue, quando diventa maligna e intenzionalmente offensiva. In effetti, la maldicenza origina dall'invidia e dal malanimo verso chi viene considerato rivale (negli affetti, negli affari, nella professione). Nella Torà, il divieto di lashon ha-rà è categorico: in Levitico (19,14) è scritto: "non dire male del sordo" e un po' più avanti (19,16) "non andare qua e là a sparlare nel tuo popolo". Chi fa maldicenza viene colpito da gravi malattie della pelle, come la lebbra, che in ebraico si chiama 'tzara'at', che ha la stessa etimologia di 'motzè rà', ossia 'colui che sparla'. Il Morè citava l'esempio di Miriam, la sorella maggiore di Mosè, che fu colpita dalla lebbra e l'esplicito avvertimento in Deuteronomio (24, 8-9) "Stai attento per quanto riguarda la malattia della tzaraat… Ricorda ciò che fece il Signore tuo Dio a Miriam". Quando, infatti, Medad ed Eldad cominciarono a profetare nell'accampamento, Giosuè, il Talmid primo di Mosè, corse subito a riferirirglielo. Mosè disse a Giosuè: "Sei forse geloso di me? Magari tutti del popolo fossero profeti, che il Signore desse loro il Suo spirito!". In quello stesso frangente, Miriam si era lamentata col fratello Aharon e aveva esclamato: "Se fossero tutti profeti, poverette le mogli di Israele che saranno trascurate dai loro mariti!" alludendo al fatto che Mosè, nel suo alto ufficio di parlare viso a viso' con Dio, non aveva più rapporti intimi con la consorte. La Torà nasconde, per così dire, questo episodio e associa la punizione a Miriam con la maldicenza che fece sulla 'donna etiope' del fratello e sulla frase che disse: (Numeri 12, 2) "Il Signore ha forse parlato solo esclusivamente a mezzo di Mosè? Egli ha parlato anche a mezzo nostro". In ogni caso, le parole di Miriam non piacquero a Dio, che la colpì con la lebbra e solo grazie all'intercessione e alla preghiera del fratello fu guarita, dopo aver trascorso una settimana di isolamento fuori dall'accampamento.

 

Limud 52 – L'abitudine diventa natura.

Questa frase che ripeteva spesso il Morè (ha-herghel nihiyà teva) racchiude un'infinita saggezza e la si può constatare in tutti i campi della vita. E' un dato di fatto che vale nel bene e nel male. L'abitudine al gioco d'azzardo, per esempio, diventa un vizio, una dipendenza coatta, una vera e propria seconda natura, che condiziona la vita dell'individuo e lo può portare a perdere il suo patrimonio. D'altro canto, ci si può abituare anche ad azioni virtuose che diventano poi naturali e automatiche, come la preghiera, il dedicare tempo allo studio, fare del volontariato etc.

Se si vuole estirpare un vizio o una dipendenza nociva è necessaria la forza di volontà individuale.

 

Limud 53 – Non bisogna fare affidamento sui miracoli (Talmud)

"אין סומכין על הנס"

Questa frase dei nostri Saggi, di benedetta memoria, si basa su un comandamento della Torà (Deuteronomio, 6, 16) che recita: "Non mettete alla prova il Signore, vostro Dio". E' un invito ad usare il buon senso e a non mettere a rischio la propria vita, sicuri del fatto che Dio ci salverà comunque. Lo Tzadik Haim spiegava che l'individuo deve fare molta attenzione a salvaguardare la propria vita e la propria salute (secondo il precetto - Deut. 4, 15 - "unishmartem meod le-nafshotehem"), dato che la vita è un bene supremo, un dono di Dio, che ci viene concesso in pegno.

Se uno guida una moto in un'autostrada a 200 km/h e dice che non gli succederà niente perché fa affidamento su Dio dimostra di essere non un uomo di fede ma uno stupido! Diversa cosa è un soldato che prima di intraprendere un'azione di guerra che potrebbe mettere a rischio la sua vita, prega Dio e chiede la Sua protezione. In questo caso, non mette alla prova Dio, perché sono le contingenze del caso che lo mettono in una situazione di pericolo.

I miracoli e i portenti appartengono alla Volontà di HASHEM e noi non possiamo che contemplarli in ogni momento e ringraziare, lodare ed esaltare Il Santo Benedetto che ci tiene in vita per poterlo fare.

 

Limud 54 – Abramo

Il fondamento della creazione è Abramo. Tutte le generazioni fino ad Abramo erano sottomesse alla natura e non erano da essa distinte.

Dio ha scelto Abramo, nostro Padre, affinché la natura non separasse più Dio dalle sue creature. Le generazioni da Noè ad Abramo furono create per portare a compimento la venuta di Abramo che è alla base dell'edificio del mondo. Tutte le generazioni fino ad Abramo erano caos e tenebre. Abramo è la luce dell'esistenza. In Abramo c'è una proprietà irreperibile in tutte le altre creature e cioè l'assenza di legame con il proprio genitore (Terach), così come non ci potrebbe essere un nesso fra la luce e l'oscurità. Abramo rappresenta l'inizio del genere umano ed è per questo che l'Eterno gli cambia il nome, da Abram ad Abraham (padre di una moltitudine di popoli) e lo destina a diventare il progenitore delle genti che credono in un Unico Dio.

Abramo possedeva un livello di intelligenza superiore che gli permise di conoscere la Verità. Prima di lui, gli esseri umani erano nell'errore e seguivano la loro immaginazione; con Abramo e il suo insegnamento, le persone cominciarono a riconoscere il Creatore e ad usare il proprio intelletto.

Abramo rappresenta l'Attributo della Misericordia (Hesed).

Isacco rappresenta l'Attributo della Giustizia (Tzedek).

Giacobbe rappresenta l'Attributo della Pietà (Rahamim).

 

Limud 55 – L'ospitalità di nostro padre Abramo

E' noto dalla Tradizione dei nostri Saggi, di benedetta memoria, che nostro padre Abramo fu benedetto da Dio con ricchezza di armenti e di proprietà, anche perché praticava l'offerta della decima. Ha Morè spiegava che Abramo era noto fra le genti perché era stato salvato miracolosamente più volte in Mesopotamia e perché propagandava la fede in un Unico Dio, Creatore dei cieli e della terra. Molte persone furono convinte dalle verità che affermava contro i culti idolatri dell'epoca. Abramo fu amato da Dio perché era generoso, ospitale e umile. Nelle Massime dei Padri (5) è scritto che "gli allievi di Abramo sono coloro che hanno un occhio buono, uno spirito umile e un animo modesto". E' scritto anche nella Torà, che quando si insediò nella terra di Canaan, Abramo piantò una tamerice, eshel in ebraico; eshel (alef-shin-lamed) sono anche le iniziali di cibo (achilà) - bevanda (shtiyà) - e pernottamento (linà); in altre parole, Abramo, istituì un vero e proprio ostello gratuito in mezzo al deserto che dava ospitalità ai viandanti. E di come fosse ospitale e sollecito con i suoi ospiti lo constatiamo nel racconto in Genesi 18 quando i tre angeli di Dio, in sembianze umane, arrivano al suo accampamento e Abramo li invita a dissetarsi, a lavare i piedi, a riposarsi all'ombra dell'albero. Abramo ordina alla moglie Sara di preparare delle focacce e lui stesso si affretta a scegliere un vitello tenero e bello da consegnare al suo servitore affinché lo prepari per il pranzo.

Lo Tzadik Haim ci raccontò un midrash significativo sull'ospitalità di Abramo. Eccolo: Dopo mangiato, Abramo invitava gli ospiti a ringraziare Iddio che "sazia tutti gli esseri viventi dotati di volontà". Un giorno, un viandante si rifiutò di ringraziare il Dio di Abramo e ringraziò l'idolo che portava con sé. Vedendo ciò, Abramo si risentì e cacciò via l'ospite idolatra. A questo punto, racconta il midrash, Dio redarguì il patriarca e gli disse: "Abramo, Abramo, perché lo hai cacciato via? Va', richiamalo e chiedigli scusa. Non è affare tuo se lui è idolatra, ma è affare mio soltanto!". Da questa storia, aggiungeva lo Tzadik Haim, bisogna imparare che non spetta a noi discriminare la gente in base alla loro fede; tutti sono uguali davanti a Dio Benedetto e a Lui soltanto compete il Giudizio.

 

Limud 56 – Giacobbe e i Tre Patriarchi

Giacobbe stà fra Abramo e Isacco. Egli è l'asse portante, centrale (ha bariach ha tichon) che sostiene il tutto. Abramo è il principio e Giacobbe è il fondamento ed ogni cosa, rispetto a lui, è secondaria. Ciò è simile ad un albero: Abramo rappresenta le radici, Giacobbe è il tronco da cui si dipartono i rami. Giacobbe era ad un livello di immagine divina (Tzelem Elohim) superiore e il suo aspetto era scolpito secondo il Trono della Gloria; per questo nel suo sogno a Bet El, gli Angeli salgono e scendono la scala che arriva al cielo, perché vogliono vedere il suo volto. La santità è la peculiarità di Giacobbe e il suo livello di santità lo separava dalla materialità. Giacobbe possedeva un livello di interiorità nascosta.

I Tre Patriarchi (Abramo, Isacco e Giacobbe) rappresentano il principio e la storia del mondo. Nonostante essi conoscessero il Nome del Santo Benedetto non conoscevano il Segreto del Nome e anche non chiesero di conoscerLo poiché procedevano con la semplicità di cuore e di mente (Temimut) e con la fede in Dio.

 

Limud 57 – Moshe Rabbenu, Mosè Magister Noster

Mosè è il fondamento della realtà del mondo, della storia. Il livello di Mosè era superiore a quello del popolo d'Israele ed era separato dal livello generale del popolo. Mosè era un uomo pubblico, generale (clalì) e non individuale (pratì) e, da solo, era pari a tutto il popolo. Tutto ciò che accadde a Mosè non fu accidentale; egli non sottostava alle leggi della natura e della materia. Se si studia bene la missione di Mosè, si vedrà che non era un uomo "naturale" e non sottostava alle leggi del tempo. Mosè fu "uomo di Dio" (ish Elohim), "per metà uomo e per metà Dio" (Salmi, 8, 6), aveva cioè una natura umana ma possedeva anche un livello di conoscenza supremo; egli "salì in cielo e scese in terra" (Proverbi, 30, 4). Moshe Rabbenu aveva un livello medio, tra terra e cielo, per cui è scritto "io sto fra Dio e voi per dirvi la parola di Dio" (Deut. 5: 5).

 

Limud 58 – Aharon e Mordechai

Aharon era il legame fra Dio ed il popolo d'Israele. Egli era un sacerdote completamente santificato da Dio. Aharon era distinto dalla materia ed era considerato come un'offerta propizatoria santificata, come è scritto "zè ha korban" (questo è il sacrificio) (Levitico, 6: 13); egli era speciale ed era come fior di farina dopo la setacciatura e non sottostava all'inferiorità della materia. Egli era amato dal popolo e tutte le sue vie erano di pace.

 

Un uomo (ish) ebreo viveva nella capitale Susa e il suo nome era Mordechai. Come Mosè è chiamato 'ish' così anche Mordechai, che rappresenta l'integrità di Israele. Quando il popolo ebraico viveva 'nascondendosi' (be-ester panim) al Signore, era bene che ci fosse lo Tzadik salvatore Mordechai, che con Ester fece in modo che Dio tornasse a manifestarsi al popolo salvandolo.

 

Limud 59 – Israele

Israele viene chiamato 'principio' poiché è il principio del pensiero così come chi ara e semina la terra ha innanzitutto in mente il raccolto e non la pula. Il popolo che Dio ha eletto rappresenta il fondamento della storia del mondo. C'è nel popolo di Israele un ché di divino che manca negli altri popoli. Sebbene Iddio Santo sia il Padre di tutte le creature, Egli è pur sempre il Dio di Israele. Gli ebrei hanno pertanto una particolare attitudine verso Dio perché sono più obbligati a Lui rispetto agli altri popoli. Il popolo di Israele non sottostà alla natura. In che cosa gli ebrei sono completi e distinti rispetto agli altri popoli? Nel fatto che hanno la Torà e il Sabato, che rappresentano la completezza.

Gli ebrei sono difettosi per ciò che riguarda la materia, ma non per ciò che riguarda lo spirito. I peccati che commettono riguardano la materia e non lo spirito.

 

Limud 60 – Il digiuno di Kippur

Il giorno di Kippur è una data significativa del ciclo annuale ebraico, in cui il Signore Benedetto concede al Suo popolo la possibilità di redimersi e di espiare le proprie colpe, attraverso un digiuno di 25 ore.

Nella Ghemarà è scritto che l'espiazione (kaparà) deve accompagnarsi al pentimento, al ritorno a Dio (teshuvà). Ci sono tre tipi di espiazione: 1. L'espiazione di chi ha trasgredito i precetti positivi (quelli in cui si è comandati ad osservare) e si è pentito; in questo caso, il trasgressore non si muove dal suo posto (cioè deve stare seduto al banco degli imputati) fino a che dall'alto non lo perdonano". Pertanto, il pentimento è tempestivo e il Misericordioso assolve il peccatore. 2. L'espiazione di chi ha trasgredito i precetti negativi (quelli che vietano) e si è pentito; in questo caso è scritto nella Torà "poiché in questo giorno (di Kippur) il sacerdote espierà per voi per purificarvi di tutti i vostri peccati e verrete purificati davanti al Signore" (Levitico, 16, 30). In questo caso, la teshuvà è condizionata (come nel tribunale umano che emana un verdetto assolutorio con la condizionale) e allontana la punizione. 3. Il trasgressore ha commesso delle colpe che sono perseguibili con la morte (mità) e/o con la perdita del merito di far parte del popolo ebraico (karet) dal Tribunale Celeste e si è pentito. In questo caso, arriva il Kippur e assolve il pentito attraverso delle sofferenze fisiche purificatrici (issurim memarekim), secondo quanto è scritto "e ricorderò le loro trasgressioni con la frusta e i loro peccati con le malattie" (Salmi, 89, 33). La Ghemarà aggiunge che "chi ha profanato il Nome di Dio pubblicamente, né il pentimento, né il Kippur e nemmeno le sofferenze fisiche purificatrici hanno il potere di redimerlo; solo la morte prima del tempo lo può purificare" (Talmud, Yoma, 86, 1).

Il Rambam di benedetta memoria nelle sue "Hilchot Teshuvà" (Norme di Pentimento, cap 1, halachà 4) scrive che "sebbene il pentimento espii ogni trasgressione e il Kippur purifichi, ci sono tuttavia delle colpe che non vengono subito assolte con il Kippur, se non con il passare del tempo". E inoltre: "Tutto dipende da quanto un peccatore meriti che vengano cancellati i demeriti che pesano sul suo conto", ossia le sofferenze che vengono sulla persona completano l'espiazione e quanto maggiore è la sofferenza tanto maggiore è la kaparà.

E' importante sottolineare, aggiunge Maimonide, che il digiuno di Kippur può assolvere le colpe dell'uomo nei confronti di Dio, ma non nei confronti della persona offesa, fino a quando non si ottenga il perdono esplicito della stessa (ibid. cap 2, 9).

Nel Giorno di Kippur, Dio Benedetto "addolcisce" per così dire i giudizi, decretati dieci giorni prima nel giorno di Rosh ha Shanà, per cui il Suo Attributo di Misericordia (Hesed) prevale sull'Attributo di Potenza (Ghevurà), come è scritto nella Ghemarà : Dio tramuta il giudizio severo in uno mite. Attraverso l'espiazione e il perdono, il Signore Benedetto intende purificare l'ebreo dalle impurità che lo hanno indotto al peccato. Il peccato, infatti, 'insozza' il nefesh (l'animo vitale) e genera un'imperfezione (mum) nella spiritualità dell'individuo. Quanto più numerosi sono i peccati tanto maggiore è il distacco dello spirito dalla Fonte di Vita, dal Padre nei Cieli.

La mehilà, il primo stadio dell'espiazione, non ha la capacità di liberare la persona dall'impurità che lo ha pervaso sia fisicamente che spiritualmente; perciò il compito della teshuvà è quello di purificare (le-taher) lo spirito, di rinnovarlo e di riportarlo ad una condizione di purezza. La selihà, il secondo stadio dell'espiazione, è il ricollegamento tra l'individuo e Dio. Il giorno di Kippur ha la virtù di rinnovare lo spirito e di purificarlo completamente; e ciò vale non solo per il singolo individuo ma anche per il popolo intero; è per questo che il Grande Sacerdote doveva attuare il sacrificio dei due capri espiatori; il primo espiava i peccati della casta sacerdotale e il secondo, sul quale erano stati caricati i peccati pubblici, veniva mandato da Azazel, altro nome del Satan.

E, in questo modo, il Satan non può venire a disturbare i figli di Israele quando sono immersi nella santità del Kippur; essi, infatti, sono paragonati ad angeli, dato che non mangiano, non bevono e non si accoppiano. A questo proposito, lo Tzadik Haim ci faceva notare che in ghematria Ha Satan (השטן)corrisponde a 364, ossia i giorni dell'anno (365) meno 1; in altre parole, il Satan può disturbare o tentare i figli di Israele durante tutto l'anno, ma non nel giorno del digiuno; a Kippur il Satan non ha il permesso di accusare i figli di Israele che possono dire senza timore il Viddui (la confessione pubblica dei propri peccati).

 

Limud 61 – I numeri da 1-11

Il numero 1 è incompleto, perché è privo di estensione.

Il numero 2 è incompleto perchè ha doppiezza e divisibilità.

Il numero 3 ha in sé la disponibilità a raggiungere la completezza poiché nel 3 ci sono due estremità e un centro. Il 3 indica il collegamento e la congiunzione.

Il numero 4 si oppone all'individualità. E' un numero divisibile che contiene 4 entità che hanno direzioni autonome. Perciò indica la divisione e la separazione, così come è scritto 'vi ho sparpagliati per i quattro venti".

Il numero 5 ha la proprietà di collegare i quattro punti cardinali attraverso un punto di unione. Il 5 viene chiamato "unione" (agudà), perchè collega appunto le quattro direzioni.

Il numero 6 rappresenta la completezza. Non si trova completo se non nel 6. La materia trova la sua integrità nel 6 (su, giù, est, ovest, nord, sud). Il 6 si adatta ad Israele, che è unito attraverso il 6.

Sempre si può constatare che i gradi e i livelli (sovrapposti l'uno sull'altro) sono riferiti al numero 7.

Il numero 7 indica i livelli superiori. Il settimo è un livello preferito e distinto. Ogni cosa che è innumerevole viene riferita al 7. Esso rappresenta anche la suddivisione e la separazione come "per una via uscirono e per sette vie furono messi in fuga" (Deut., 28, 7).

Il numero 9 fa da limite ultimo ai singoli numeri. Esso completa i numeri a una cifra.

Il numero 10 racchiude in sé tutti i numeri che hanno una loro autonomia. Dopo il 10, i numeri si ripetono. Il 10 è un numero particolare per il suo livello di santità a tal punto che rappresenta un livello superiore di separazione, distinto dal mondo naturale. Il 10 dimostra che esiste nel mondo un livello divino superiore. Il mondo terreno, materiale, non supera il 10, così come dissero i nostri Maestri nel Talmud "Mosè ed Elia non salirono al di sopra del 10" (Talmud, Suka, 1).

Con l'11 si esce dal mondo naturale.

 

Limud 62 – I numeri da 13-100

Il 13 rappresenta la potenza della completezza. Tredici sono gli Attributi della Bontà e della Misericordia di Dio.

Il 40 è specifico dell'Aldilà Intellettivo (ha olam ha bà ha sihlì) in quanto la Torà di Saggezza è stata data in 40 giorni e così anche il feto diventa creatura dopo 40 giorni e così anche l'Anima viene data all'essere vivente in 40 giorni.

Il 60 rappresenta un numero intero generale che non ha aggiunte. Troverai il 60 ogniqualvolta viene menzionato un numero generale, come ad esempio "il sogno è un sessantesimo di profezia" (Talmud, Brahot, 57, 2).

Il 70 indica la molteplicità concepita come unità, come, ad esempio, "le 70 nazioni del mondo" oppure "i 70 aspetti della Torà". Sul Sinai, quando vennero proclamati i Dieci Comandamenti, ogni singolo comandamento, che uscì dalla 'Bocca di Dio', si diffuse in 70 voci, lingue.

Il 100 è un numero che si riferisce al mondo superno, che è il mondo del terzo livello.

Le unità (1,2,3,4,5,6,7,8,9) rappresentano il primo livello.

Le decine (10, 20, etc) rappresentano il secondo livello. 100 è il terzo livello. E bisogna sapere che la facoltà dell'Uomo arriva al 10. (come è scritto che "Moshe ed Elia non sono mai saliti oltre il 10"); pertanto, il 100 è separato dalle decine e appartiene ai Mondi Superiori.

 

Limud 63 – Il vino

Quando lo Tzadik Haim ci onorava con la sua presenza e pranzava a casa degli allievi, a tavola, non mancava mai il vino. Lo Tzadik Haim elogiava molto questo alimento, che è alla base della santificazione del sabato, delle festività (a Pesah si bevono persino 4 bicchieri e a Purim c'è chi approfitta per ubriacarsi e confondere fra Haman e Mordechai), del matrimonio, della circoncisione. Abbiamo appreso dal Morè che non "c'è gioia se non nel mangiare la carne e bere il vino" (Talmud Babilonese, Psahim, 109, 1) e anche che "il vino allieta il cuore dell'uomo" (Salmi 104, 15).

Ricordo una serata allegra con il Morè, che ci raccontò il midrash talmudico che racconta l'origine del vino. Prima del diluvio, Noè prese con sé sull'Arca dei tralci di vigna e dei semi di fico e di oliva. Dopo il diluvio, quando Noè piantò la prima vigna, venne Satana e gli chiese che cosa stesse facendo. "Pianto una vigna" rispose Noè. "Che cos'è?" domandò. "E' una pianta che produce dei frutti dolci, sia da freschi che seccati e dai quali si ricava una bevanda che allieta i cuori". "Vuoi che anch'io prenda parte all'opera?" chiese Satana. "Certo" rispose Noè. Cosa fece Satana? Prese una pecora, un leone, una scimmia e un maiale. Li sgozzò e con il loro sangue bagnò la terra della vigna appena piantata. Con ciò Satana voleva alludere al fatto che chi beve un bicchiere di vino è morigerato e mite come una pecora, chi ne beve due diventa forte come un leone e comincia ad esaltare la propria forza, chi ne beve tre, comincia a ballare e a cantare e a dire oscenità come una scimmia; infine, chi ne beve quattro e si ubriaca, non riesce più a stare in piedi e si rotola a terra come un porco.

Per questo, spiegava il Morè, che nella Torà, il Grande Sacerdote (Ha Cohen ha Gadol) non poteva bere il vino o altre bevande inebrianti, quando doveva officiare ed entrare nel Santuario. E anche i Nazarei, che erano consacrati al servizio sacerdotale, avevano fatto il voto di astensione dal bere alcolici. E' noto anche che in ghematria il valore numerico di yain (vino) è 70, così come sod (segreto); perciò è scritto "nihnas yain yatzà sod" (Talmud, Eruvin, 65, 1) quando è entrato il vino è uscito il segreto; infatti, è a tutti noto che quando uno ha alzato il gomito comincia a sparlare e a dire cose che non oserebbe dire da sobrio. Anche i Latini dicevano "in vino veritas".

Il Morè spiegava anche che bere un bicchiere di vino a pasto fa buon sangue e rafforza il cuore. In uno dei suoi insegnamenti registrati lo Tzadik Haim diceva: il vino è diverso dalle altre bevande perché 'apre' l'intelligenza.

 

Limud 64 – "La preoccupazione nel cuore della persona viene attenuata quando la si racconta al proprio amico"

Questa massima del Morè è molto profonda e valida. Se uno ha preoccupazioni o problemi di vario genere è bene che si confidi con una persona saggia e fidata; saggia che sappia dare un consiglio adeguato, e fidata, che mantenga la riservatezza di ciò che ha sentito. Purtroppo, spesso ci si affida a falsi amici, che non solo non aiutano con i loro consigli ma anche fanno il danno di raccontare ad altri ciò che è stato detto loro in modo riservato.

 

Limud 65 – I soci

L'uomo comune ha 3 soci che lo accompagnano durante la vita, diceva il Morè: Il primo socio sono i famigliari: il padre, la madre, i fratelli, le sorelle, il marito, la moglie, i figli, che lo accompagnano nel corso degli anni. Il secondo socio è il denaro, per cui l'uomo comune lavora e al quale da la massima importanza cercando di accumularne quanto più per la propria sicurezza. Il terzo socio sono le buone azioni, le mitzvot, che l'uomo comune fa di tanto in tanto.

Ebbene, spiegava lo Tzadik Haim, quando arriva il momento della morte, come si comportano i tre soci con l'uomo comune?

Il primo, i familiari, hanno il permesso di accompagnarlo fino alla sepoltura e qui si accommiatano da lui.

Il secondo, il denaro, rimane qui nel mondo e l'uomo non se lo può portare con sé nell'aldilà.

Il terzo, le mitzvot, accompagnano l'uomo al Tribunale di Dio e intercedono a suo favore.

Morale: In vita, è bene infondere maggiori energie al terzo socio che non ci deluderà e ci sosterrà fino alla fine.

 

Limud 66 – Gli alieni

In una serata del gennaio 1982, il Morè mi disse che forse (e ribadisco, forse) nella mia vecchiaia avrei fatto a tempo a vedere una guerra fra esseri provenienti da altri mondi e terrestri. Lo Tzadik spiegò infatti che c'è vita in altri mondi, ma gli esseri che li abitano non sono interessati a confrontarsi con gli esseri umani; costoro saranno costretti a farlo quando saranno disturbati dalle sonde spaziali, dalle astronavi e dai missili che voleranno in gran numero nello spazio.

 

Limud 67 – Regole e consigli alimentari

Durante i nostri incontri, il Morè dispensava molti consigli riguardanti la buona salute. Cercherò qui di riassumerne alcuni.

Per la buona circolazione del sangue: mangiare a colazione una fetta di pane integrale bagnata con olio di oliva e origano.

La cipolla rossa (calabrese) e l'aglio prevengono l'influenza.

I carciofi, le fave, le melanzane e il fegato producono ferro e sono indicati in gravidanza e in caso di anemia.

Contro i dolori di basso ventre: Ingoiare un cucchiaino di cumino (kamun) con un bicchiere d'acqua.

Contro il mal di gola: Si fa bollire in acqua un mezzo cucchiaio di cumino; si aggiunge un cucchiaino di zucchero e si beve.

Contro la stipsi: Si prende un pezzetto di zucca, la si fa bollire in acqua; dopo la bollitura, la si condisce con cannella e miele grezzo.

Contro un attacco allergico con eruzione cutanea: bere una spremuta di 5-6 limoni.

Contro il gonfiore di pancia: Tè di ganzabil (ginger).

Per i dolori renali: Far bollire dell'acqua con rosmarino. Fare degli impacchi caldi sulla parte dolorante. Tenere l'impacco sul rene per almeno 5 minuti. Ripetere per 6 volte al giorno.

Cura per pulire il sangue: Per una settimana intera digiunare e mangiare solo datteri e bere latte.

Il sedano crudo fa bene al cuore e ai malati di diabete, rafforza la memoria.

Contro il raffreddore è indicato mangiare una fetta di cipolla con sale e bere un bicchierino di cognac o whisky.

Le noci fanno bene al cervello.

Il picciolo all'interno delle arachidi fa bene alla vista.

Per curare le emorroidi esterne: prima di andare a letto e dopo aver svuotato gli intestini, applicare sulle emorroidi un batufolo di cotone imbevuto di olio di oliva extravergine. Per 2 settimane. Mangiare ogni giorno sedano bianco crudo e foglie di prezzemolo crudo.

Per sciogliere una grossa cisti sebacea che avevo sul cuoio capelluto, il Morè mi disse di mettere ogni giorno un po' della mia urina. Dopo circa un mese, la cisti si sciolse completamente e ne uscì un liquido purulento.

Per sciogliere un'escrescenza che aveva la bimba di mia sorella dietro al ginocchio, il Morè le consigliò di spalmarle sull'escrescenza, ogni giorno, una pappetta composta da 3 cucchiai di farina, 1 uovo e mezzo bicchiere di olio di oliva, chiudendola con una garza. Dopo circa 3 settimane, la pallina si sciolse.

I Saggi del Talmud hanno detto che l'aglio ha 5 virtù: sazia, riscalda il corpo, rallegra il viso, aumenta lo sperma e distrugge i parassiti dell'intestino.

L'acqua piovana che cade fra Pesah e Shavuot ha la virtù di far conservare la memoria (bisogna spalmarla sulla fronte).

Cura per depurare il fegato: Si fanno bollire in acqua alcuni carciofi; a bollitura ultimata, si tiene l'acqua e la si beve ogni mattina a digiuno per alcuni giorni.

La carne di maiale, di cavallo e i frutti di mare surriscaldano l'organismo e fanno 'scendere' i pensieri, che diventano impuri.

La rugiada mattutina ha proprietà benefiche sulle malattie della pelle, come l'eczema.

 

Limud 68 – Il precetto più importante

In una delle nostre riunioni con il Morè (20.01.1982), uno degli allievi, Gino, gli chiese quale fosse il precetto più importante della Torà. Lo Tzadik Haim rispose: "Amerai il tuo prossimo come stesso" (Levitico, 19, 18). Chi ama veramente nel suo cuore le creature di Dio mette in pratica la Torà intera e col suo comportamento non nuoce a nessuno.

 

Concluso il 25.05.2016 – י"ז אייר תשע''ו