Autore: Davide Levi
MILCHAMOT HA SHEM
CONTRO LO ZOHAR
PREMESSA
Esodo (20, 3): "Non
avrai altri dèi al Mio cospetto. Non ti farai alcuna scultura, né
immagine qualsiasi di tutto quanto esiste in cielo al di sopra o in terra al di
sotto o nelle acque al di sotto della terra".
Esodo (33, 20): E il
Signore disse: "Non potrai vedere la Mia faccia perché nessun uomo
può vederMi mentre è in vita".
Deuteronomio, (29, 28): "Le cose occulte appartengono al Signore
nostro Dio e quelle manifeste toccano a noi e ai nostri figli per sempre".
Talmud (Bereshit
Rabbà, 1, 10): Perché il mondo fu creato con la BETH (la lettera di Bereshit)?
Poiché la lettera Beth (á) è chiusa di sopra, al
lato destro, di sotto ed è aperta al lato sinistro, questo perché
non hai il permesso di indagare su ciò che è al di sopra e
ciò che è al di sotto e ciò che fu prima della creazione,
ma puoi solo farlo dal giorno che fu creato il mondo in poi.
Dalla "Saggezza
di Ben Sira" (3, 21-24): "Non indagare ciò che è
troppo difficile per te. Non scrutare quanto è superiore alle tue forze.
Studia le cose che sono alla tua portata e non occuparti di ciò che
è occulto. Molti sono fuorviati dalla loro presunzione che inganna la
loro mente."
Rambam – Morè Nevohim (1, 61): "Noi abbiamo
un Nome divino soltanto, il Tetragramma, il quale non deriva dai suoi attributi
e per questo motivo è chiamato Shem Ha-Meforash. Non credere ad altro e
non credere a coloro che scrivono amuleti (kameot), a coloro che si inoltrano
nella scrittura di nomi astrusi che dicono essere divini ed essi stessi
inventano, chiamandoli con gli attributi di Dio e dichiarano che, tramite loro,
compiono miracoli. Tutte queste sono soltanto stoltezze; un uomo intelligente
non darà loro ascolto e, a maggior ragione, non crederà
loro".
Parole dello Tzadik
Haim, Capo dei 36 Tzadikim Nascosti della sua generazione, mio Maestro, per
il cui merito, ho il permesso e l'onore di scrivere questo breve testo: "Se
i cabalisti affermano di conoscere i Segreti della Torà, come è
possibile che essi li rivelano al pubblico? Segreto è qualcosa che
rimane tale e non viene rivelato. Esiste una vera Kabalà dai tempi di
Moshe Rabbenu che è segreta e viene trasmessa oralmente, da bocca ad
orecchio, e chi la possiede non la rivela certo pubblicamente o per
iscritto". E' scritto anche: "Sod Ha Shem leyereav" (Salmi, 25, 14), il Segreto di Dio
appartiene a chi Lo teme; chi afferma di conoscere i Segreti come colui che
spreca il suo tempo a studiare lo Zohar, non ha alcun timore e alcun rispetto
per il Signore nostro Dio, altrimenti non oserebbe descrivere la Sua essenza,
come se fosse un oggetto della natura. Tutto quello che dice sono divrei k'firà
(eresie)".
INTRODUZIONE STORICA – La comparsa dello Zohar
Dal libro di Y. Tishbi, "Mishnat ha
Zohar" (pp.38-44): "Alla sua prima apparizione, lo Zohar (Splendore)
venne in un certo senso trascurato; lo lessero soltanto alcuni cabalisti che lo
ritenevano un testo antico, giacché era stato pubblicato con altri nomi
"Il Midrash di Rabbi Shimon bar Yohai" oppure "Il Midrash di
Gersalemme"...
La 'santificazione' dello Zohar e la sua vasta
influenza iniziarono con l'avvenimento storico della cacciata degli Ebrei da
Spagna e Portogallo (1492). Con il tramonto dell'ebraismo spagnolo, tramontava
anche il sole della filosofia razionalista e, allo stesso tempo, sorgeva una
nuova fase di pensiero irrazionale che rivalutava le fonti apocalittiche ed
esoteriche che promettevano la pronta redenzione ed il riscatto messianico...
Nel libro dello Zohar sono già presenti
richiami messianici, calcoli precisi sull'arrivo del Messia, e tutto ciò
venne bene accolto da una generazione che aveva sofferto le pene dell'espulsione
e dell'esilio...
La pubblicazione dello Zohar durante la seconda metà
del Cinquecento (a Mantova nel 1558 e a Cremona 1560) favorì la sua divulgazione
e della sua influenza su vasti strati della cultura rabbinica...
Tuttavia, fu con Izhak Luria (Ari) e con la scuola
di Tzfat che lo Zohar assunse un'aureola di santità ed iniziò ad
entrare, piano piano, nel canone dei testi sacri... Esso diventava per molti
rabbini "l'anima" della Torà in contrasto al Talmud ed alla
Halachà che ne rappresentavano "il corpo"...
Yosef Caro, pur vicino agli ambienti cabalistici di
Tzfat, nel suo "Shulchan Aruch" menziona e riporta solo alcuni
"dinim" cabalistici e nella parte dell'Orach Haim stabilisce che le
norme dello Zohar non hanno validità legale come quelle del Talmud...
Il distacco più evidente tra Zohar e Talmud
avvenne tuttavia durante l'eresia del movimento messianico di Shabtay Zvi, i
cui seguaci accettarono pienamente il nuovo messaggio cabalistico e
abbandonarono i precetti della Torà. Dopo di ciò, anche in
Polonia, i seguaci del falso messia Yakov Frank arrivarono alla stessa
conclusione: no al Talmud, sì allo Zohar. Nel 1757, a Kamenitz, i seguaci
di Frank esposero in pubblico i loro due primi articoli di fede:1. Lo Zohar e i
suoi segreti sono la verità assoluta. 2. Il Talmud è un testo
falso e menzognero e la Torà di Mosè e i libri dei Profeti
Anteriori vanno chiariti alla luce della Kabalà. Come decisione pratica
si bruciò pubblicamente il Talmud. In contrasto a costoro, in Germania
ed in Europa orientale, il movimento illuminista della Haskalà decise di
prendere le distanze dal misticismo irrazionale dello Zohar. In effetti, i
seguaci della Haskalà non vedevano di buon occhio neppure il Talmud,
che, tuttavia, ritenevano corrispondesse allo spirito della Tradizione ebraica.
I sostenitori della Haskalà ritenevano che la Kabalà dello Zohar
e dei Tikunim fosse fondamentalmente falsa e minacciasse il puro pensiero
monoteistico...
Anche nello Yemen, esplose una violenta disputa fra
i sostenitori e gli oppositori (i Dar'daim) dello Zohar.
In Polonia, dopo il fallimento del movimento
messianico di Shabtay Zvi, si decise di vietare la lettura dello Zohar ai
minori di 40 anni...
Il libro ritornò ad essere un testo di
difficile comprensione, permeato però da un'aureola di santità,
soprattutto tra i popolani e i chassidim, che stabilirono che esso dovesse
essere letto da tutti "anche se non se ne comprende il significato,
poiché ciò porta giovamento all'anima". Il movimento
chassidico riprese l'ardita metafora del Talmud quale corpo e lo Zohar quale
anima della Torà e approfondì lo studio dello Zohar e dei Tikunim
(vedi i racconti del Baal Shem Tov e del Meghid di Meserish). Ai Chassidim si
opposero i Mitnagdim (soprattutto tramite la figura del Gaon di Vilna), che,
tuttavia, accolsero, con riserva, il testo cabalistico.
Origine della
Kabalà secondo la tradizione cabalistica
(Estratto dalle mie Note Autobiografiche): ...Nelle
sue lezioni, il Morè ci spiegava la differenza tra la prima fase della Kabalà,
originata nella Spagna del XIII secolo e la seconda fase, sviluppatasi in
Galilea, nella città di Tzfat, due secoli dopo. La prima, teorica e
antroposofica, trattava con ricchezza di particolari il tema delle anime; la
seconda, più mistica e ardita, speculava su Dio, sulla creazione del
mondo e dell'uomo. Nel suo excursus storico, il Morè arrivava alla
conclusione che i noti testi cabalistici di Moshe Cordovero, Luria, Haim Vital
erano, in realtà, un'accozzaglia di idee strampalate e idolatre, che si
fondavano sull'idea blasfema che Dio avesse avuto bisogno di emanarsi nel mondo
reale, attraverso contrazioni (la teoria dello tzimtzum) ed emanazioni (le sefiroth).
Purtroppo, queste teorie balzane trovarono terreno fertile tra i fedeli e ci
furono anche dei movimenti messianici (Shabatay Zvi in Turchia) e delle scuole
di pensiero (il chassidismo) che le adottarono e ritenevano che lo Zohar fosse
da preferire alle noiose letture della Mishnà e del Talmud. La collera
del Morè verso gli impostori che avevano assurto lo Zohar a testo
canonico dell'ebraismo era da ricercare nel fatto che, in realtà, esiste
sì una vera kabalà, o tradizione, che risale ai tempi dei
Patriarchi e, poi, di Mosè, ma essa è retaggio orale esclusivo di
pochi eletti, che vivono in uno stato particolare di umiltà e di
santità. Sod Hashem leiereav,
ossia i segreti di Dio sono per coloro che Lo temono e rispettano; non certo
per coloro che Lo trattano come se fosse un essere umano con tanto di facce,
emozioni e passioni, come fa lo Zohar! Purtroppo, ripeteva il Morè,
l'ebraismo si era inquinato con questi nuovi dèi, sconosciuti ai nostri
Padri e nella cantica finale di commiato, Ha'azinu,
Mosè già profetizzava (32, 17-19) "(Il popolo)
abbandonò il Signore e Lo offese, Lo fece ingelosire con dèi
stranieri e Lo fece sdegnare con le sue abominazioni. Non riconobbero Dio,
sacrificarono ai demoni che non erano Dio, a nuovi dèi venuti di
recente, che i vostri Padri non temettero." Più chiaro di
così!
------------
Storicamente, quindi, lo sviluppo della
Kabalà prende forma con la comparsa dello Zohar (1275), per cui si
può parlare di un periododi speculazione mistica che precede lo Zohar e
di un periodo posteriore che lo commenta e lo arricchisce con un filone di
nuove dottrine esoteriche. Fanno parte del primo periodo la Scuola di Girona e
la Scuola di Abulafia.
LA SCUOLA DI GIRONA
Così detta dalla città catalana nella
quale si sviluppò la Kabalà spagnola. Tra i rappresentanti
più rappresentativi, vanno annoverati: Izhak il Cieco (c.a 1190-1240), di cui sono giunti a noi solo brevi
frammenti della sua opera nei quali espone la dottrina della trasmigrazione
delle anime (ghilgul ha neshamot). Azariel
ed Ezra discepoli di Izhak.
Azariel è l'autore del "Commento alle Dieci Sefirot", che
viene considerata la prima produzione cabalistica. Yehuda ben Yakar; il maestro di Nahmanide.
Moshe Nahmani (Nahmanide) il Ramban (1194-1269).
Testo fondamentale della Scuola è il Massechet ha Atzilut (Il Trattato
delle Emanazioni). Si suppone sia stato scritto da Izhak ha Nazir nella prima metà del Trecento. I punti
fondamentali del sistema della dottrina "segreta" che spiega la
Divinità sono: 1. In principio, Dio creò la luce e il buio, la
prima per i giusti, la seconda per i malvagi. 2. Dio creò e distrusse
più mondi, similmente a dieci alberi piantati su uno spazio limitato
che, contendendosi l'alimento del terreno, finiscono per morire selettivamente.
3. Dio si è emanato in 4 mondi, Atzilut, Berià, Yetzirà e
Assià, corrispondenti al Tetragramma. Nel mondo di Atzilut è
presente la Shechinà, la divina Maestà. Nel mondo di
Berià, sono presenti le anime dei santi che si deliziano del Trono e 7
differenti regioni luminose. Nel mondo di Yetzirà sono presenti gli
animali della visione di Ezechiele, le 10 classi di angeli che sono dirette da
Metatron. Nel mondo di Assià, sono presenti gli Ofanim, gli angeli che
ricevono le preghiere dei mortali e controllano le loro azioni. 4. Il mondo fu
creato nella saggezza e nella comprensione. 5. Dio ha creato il mondo mediante
10 Sefirot, associate anche agli Attributi di Dio.
La caratteristica principale della Scuola di Girona
è quella di aver esposto e sviluppato per la prima volta la dottrina
dell'Ein Sof (Infinito), dei Quattro Mondi, delle Sefirot, della metempsicosi e
della retribuzione.
LA SCUOLA DI
ABULAFIA
Fondata da Abraham
Shmuel Abulafia (1240-1292). Cabalista convinto, si inoltrò anche
nello studio del Notarikon (combinazioni e permutazioni di lettere e parole),
Tzeruf (trasposizione delle parti che compongono una parola per creare
espressioni peculiari) e Ghematria (ad ogni lettera corrisponde un valore
numerico, per cui ogni parola si può tradurre in numero). Nel 1281, si
recò a Roma per convertire il papa Martino IV all'ebraismo;
imprigionato, riuscì a malapena ad evitare la condanna al rogo. Nel
1284, in Sicilia, si autoproclamò messia e annunciò l'apocalisse
per il 1296.
Yosef Gikatilla (1248 – 1305). Discepolo di Abulafia, si
dedicò allo studio delle combinazioni e trasposizioni delle lettere ed
alle associazioni fra i nomi di Dio e le 10 Sefirot. Autore dei trattati Ghinat
Egoz (Il Giardino del Noce) e Sha'arei Orah (Le Porte della Luce), considerati
fondamentali del misticismo spagnolo.
Il PERIODO CHE
SEGUE LA PUBBLICAZIONE DELLO ZOHAR
Yosef ben Avraham
ben Uakkar (1290-1340) scrisse un trattato cabalistico in 4 parti. Nella prima parte,
spiega come la Causa Prima si sia emanata nelle Sefirot. Nella seconda parte,
spiega l'influenza delle Sefirot sul governo del mondo, mediante la
Provvidenza. Nella terza parte, elenca i nomi delle Sefirot associati agli
Attributi di Dio, distinguendo fra la natura maschile e femminile della
divinità. Nella quarta parte, elenca l'importanza dello studio della
Kabalà.
PERIODO 1370-1500
In questo periodo la Kabalà dello Zohar si
radicò fortemente in Spagna. I suoi seguaci seguirono un processo di
radicalizzazione che arrivò a condannare i loro correligionari che continuavano
a studiare la Torà attraverso la tradizione talmudica.
Abraham ben Izhak
di Granada (1391-1409) dichiarò che chi non studia lo Zohar vive nel peccato,
non è rispettato da Dio ed è abbandonato a se stesso. Un altro
rabbino, Shem Tov ben Shem Tov
(morto nel 1430) nel suo libro Sefer Emunot (Libro delle Fedi), taccia di
eresia il Maimonide, Levi ben Ghershon e Ibn Ezra, perché filosofi
razionalisti e afferma che la redenzione di Israele dipende dallo studio continuo
dello Zohar. Un altro rabbino spagnolo, Moshe
Botarel, molto influente anche in campo cristiano, autore di un commento al
testo cabalistico Sefer ha Yetzirà, spiega in che modo sia possibile
conoscere i segreti del futuro attraverso il digiuno, le frequenti abluzioni,
le invocazioni agli angeli e le preghiere a Dio, mediante i nomi delle Sefirot.
LO ZOHAR E IL MONDO
CRISTIANO
Pico della
Mirandola (1463-1494) è considerato come l'umanista che rese noti al mondo
cristiano i principi della Kabalà. Egli intuì che questa nuova
dottrina esoterica era molto più vicina al Cristianesimo che non
all'Ebraismo "Vidi in illis testis religionem non tam mosaicam quam
christianam" (ho visto in quei testi che la religione non è tanto
mosaica quanto cristiana). Pico trovò in essa la prova della
Trinità
«L'Antico dei Giorni (Atik Yomin) ha tre teste. Egli si
manifesta in tre archetipi, tutti e tre che formano solo uno. Egli è
così simboleggiato dal numero Tre. Si rivelano l'un l'altro. [Questi
sono:] prima, la «Sapienza» segreta, nascosta; sopra di Lei, il Santo Antico,
e sopra di Lui l'Inconoscibile. Nessuno sa quello Egli contenga; Egli
è soprattutto concepimento. Egli è quindi chiamato per l'uomo
«Non Esistente» [Ayin]'"» (Zohar III, 288b) |
dell'Incarnazione, della divinità di Cristo,
del peccato originale, dell'espiazione di Gesù, della caduta e
dell'ordine degli Angeli, dell'Inferno, del Purgatorio e del Paradiso. Come
risultato dei suoi studi, nel 1486, Pico pubblicò la sua tesi per la
quale "nessuna scienza offre maggiori prove della divinità di
Cristo di quanto lo facciano la magia e la Kabalà ("nulla est
scientia quae nos magis certificat de divinitate Christi quam magia et Cabala).
Il papa Sisto IV (1471-1484) ne fu così deliziato da esortarlo a
tradurre le opere cabalistiche in latino, affinché diventassero fonte di
studio per i seminaristi di teologia. Furono tre le opere che Pico
riuscì a tradurre, prima di morire prematuramente a 29 anni: 1. Il
commento al Pentateuco di Menahem da
Recanati; 2. Hochmat ha nefesh (La saggezza dello spirito) di Eliezer da Worms; 3. Sefer ha'maalot di
Shem Tov.
Anche Johannes
Reuchlin (1455-1522), promotore della Riforma tedesca, si appassionò
alla Kabalà. In Italia, egli conobbe Pico che gli presentò le
opere cabalistiche principali. Fu così che nel 1492 Kapnio (alias Reuchlin)
si mise a studiare l'ebraico. Due anni dopo, egli scrisse il "De verbo
mirifico", nella forma di un dialogo fra un filosofo epicureo, un
cabalista ebreo e l'autore stesso. Il testo si articola in 3 libri. Nel primo,
il cabalista, Baruch spiega perché rifiuta la dottrina epicurea. Nel
secondo libro, Baruch cerca di dimostrare che tutta la sapienza e la vera
filosofia derivano dagli Ebrei e anche filosofi quali Pitagora e Platone hanno
attinto dalla Bibbia. Quindi, segue la prova per la quale i 4 nomi divini sono
stati trasferiti nel sistema della filosofia greca. Il Tetragramma, ad esempio,
lo si ritrova nel Tetraktùs di Pitagora. Le 4 lettere che compongono il
Nome di Dio rappresentano i 4 elementi costitutivi del corpo (caldo, freddo,
secco, umido), i 4 fondementi della geometria (punto, linea, piano, solido), le
4 note musicali, ecc. Nel terzo libro, Kapnio espone le sue considerazioni e intende
dimostrare che i fondamenti del Cristianesimo sono reperibili nel sistema
cabalistico. La Trinità è allusa nella parola Barà dell'Incipit
biblico (In principio, Dio CREO') che è l'acronimo di Ben (Figlio),
Ruach (Spirito), Av (Padre). Così anche il nome YEHOSHUA (Gesù)
racchiude sia il Tetagramma che la lettera SHIN che nella Kabalà
è il simbolo della luce e del fuoco. E anche la Croce è
già presente in Mosè che nella guerra contro Amalek le dà
forma, alzando le braccia al cielo.
Reuchlin ebbe una grande influenza sui pensatori
dell'epoca e la sua tesi secondo la quale la Kabalà ebraica era la
chiave per comprendere la profondità della Bibbia venne accolta da molti
studiosi cristiani, che intrapresero lo studio dell'ebraico e dell'aramaico.
PERIODO 1520- 1570
E' in questo periodo che la Kabalà dello
Zohar si diffuse maggiormente, in Italia, Turchia, Polonia e in terra
d'Israele, soprattutto a Tzfat, con i suoi due principali rappresentanti: Moshe Cordovero (il Ramak - 1522-1570) e
Izhak Luria (Ari, acronimo di Rav
Izhak ha Ashkenazì, 1534-1572).
Nel suo libro "Pardes Rimonim" (Giardino
di melograni), Cordovero espone in modo sistematico la dottrina delle
Emanazioni, che considera simili a vasi (kelim) che raccolgono la luce divina
primordiale (Or Ein Sof). Nella sua opera Or Yakar (Luce preziosa), Cordovero
specula sulla relazione tra Infinito e Sefirot.
Izhak Luria, nato a Gerusalemme nel 1534 da
famiglia tedesca morì a soli 38 anni in un'epidemia di peste, che
colpì la città di Tzfat. La sua biografia è infarcita di
racconti leggendari. Si sa, comunque, che condusse una vita ascetica; non
scrisse alcunché e trasmise oralmente ai suoi discepoli i suoi
insegnamenti. A Luria si attribuisce la dottrina cabalistica dello Tzimtzum
(contrazione), secondo la quale la luce divina, incapsulata nelle Sefirot, subì
innumerevoli contrazioni prima di manifestarsi nel mondo.
Il più importante discepolo di Luria, Haim Vital (1543-1620), trascrisse gli
insegnamenti del suo maestro nell'opera Etz Haim (Albero della Vita).
E' bene qui sottolineare che Tzfat, la città
dei cabalisti, che nel 1570 contava 12.000 abitanti ebrei, con più di 18
scuole rabbiniche, si spopolò piano piano, a causa di due epidemie di
peste, di invasioni di locuste e di un terremoto devastante che causò
più di 350 morti. La presenza ebraica andò scemando all'inizio
dell'Ottocento con la distruzione del quartiere ebraico da parte della
popolazione araba che compì un brutale pogrom. I pochi ebrei rimasti, soprattutto
chassidim provenienti dall'Europa orientale, dovettero assistere ad un altro
sisma (1823) e ad un nuovo sanguinoso eccidio (giugno 1834) compiuto dagli
arabi dei villaggi vicini. Il 01.01.1837 un terremoto di inaudita potenza rase
al suolo il quartiere ebraico e causò più di 2000 vittime. In
base al censimento fatto da Mosè Montefiori nel 1839 rimanevano a Tzfat
circa 1200 ebrei.
AUTENTICITA' DELLO
ZOHAR - CHI NE E' L'AUTORE?
Il maggiore studioso e ricercatore di
Kabalà, Ghershom Sholem, così scrive nel suo celebre libro
"Le grandi correnti della mistica ebraica"
(pag. 224): Possiamo asserire con sicurezza che i
18 testi del primo gruppo, che costituiscono lo Zohar vero e proprio sono opera
di un autore unico; non è affatto vero che essi siano stati scritti da
più autori, in epoche diverse; e non è possibile nemmeno, in
ciascun testo, distinguere stratificazioni successive...
(pag. 225):Quest'unitarietà dell'opera
è specialmente evidente in tre caratteristiche fondamentali: la lingua,
lo stile e, non ultimo, il pensiero...
(pag. 225): L'aramaico dello Zohar è una
totale finzione, una lingua letteraria che qualcuno, che aveva una conoscenza
di questa lingua solo dai documenti letterari ebraici, ha plasmato e adattato a
suo piacimento...
In generale, la lingua dello Zohar può
essere qualificata come un miscuglio di dialetti dei due libri in aramaico
più familiari all'autore: il Talmud babilonese e il Targum Onkelos...
(pag. 226): Troviamo spesso parole dell'ebraico
medievale, specialmente della lingua dei filosofi, reinventate in aramaico...
(pag. 228): Locuzioni di tal genere sono
sconosciute alla più antica letteratura ebraica ed entrano nei testi
cabalistici solo in seguito al neo-platonismo e anzi costituiscono uno dei
segni dell'influenza della terminologia neoplatonica sulla Kabalà...
(pag. 236): L'autore dello Zohar, Moshè de
Leon, ha dato notizie sulle sue fonti che sono fantasiose e irreali; tutte le
parti sono piene di sedicenti citazioni o allusioni di altro genere a libri
fittizi per le quali molti seri studiosi, purtroppo a torto, ritennero di poter
vedere tracce di fonti mistiche andate perdute...
(pag. 239): In tutte le parti dello Zohar si
possono scoprire concezioni complessive che rimontano ad un determinato
materiale letterario più antico e che si riferiscono ad idee comuni
dell'epoca; ne sono esempi la liturgia presupposta nei brani dello Zohar in cui
si parla della mistica della preghiera che risale, inequivocabilmente, all'Alto
Medioevo; le notizie relative ad usanze popolari ebraiche e a norme di condotta
o regole di cortesia; alcune concezioni di medicina; e, soprattutto, le sue
idee circa la magia, la stregoneria, la demonologia, che hanno una parte
rilevante nella sua dottrina..
(pag 251):Tutte le testimonianze concordano nel
dirci che lo Zohar venne divulgato intorno agli anni 1280-1290 dal cabalista
Moshe Shem Tov de Leon che fino al 1290 visse nella piccola comunità di
Guadalajara, nel cuore della Castiglia...
(pag. 253): Certo anche allora esistevano spiriti
dotati di senso critico e non mancarono contrasti, tanto che, ancora verso il
1340 Yosef ibn Uakkar di Toledo avvertiva i suoi lettori a stare in guardia nel
servirsi dello Zohar dai suoi moltissimi errori...
(pag. 254): Se un uomo scrive di getto, ispirato,
perché ha trovato "un punto di Archimede" sul quale poggiare
il suo mondo spirituale e dal quale prende vigore tutta la sua capacità
creativa, riuscirà facilmente a scrivere migliaia di pagine in un tempo
brevissimo...
(pag. 256): Basandosi sul racconto di Izhak da Acco
e specialmente sulle parole che Moshe da Leon avrebbe detto alla moglie, Graetz
(n.d.A. un altro studioso delle origini della Kabalà spagnola) ha
costruito una sua concezione sulla figura di Moshe da Leon, sul cui capo ha
riversato tutto il suo sdegno per " il libro delle menzogne".
STRUTTURA DEL LIBRO
DELLO ZOHAR
Il Libro dello Zohar è composto dalle
seguenti parti:
1.
Toseftà e
Matanitan: Si tratta di brevi discussioni, a mo' di appendice, dei vari argomenti trattati
dalla Kabalà.
2.
Heichalot
(Palazzi): Questa sezione descrive la struttura topografica del Ghe'enam (l'Inferno)
e del Gan Eden (Paradiso). I palazzi e gli edifici, 7 di numero, erano in
origine la dimora di Adamo, ma, dopo la sua caduta, divennero le sedi dei
santi, che godono sia in questo mondo che nell'aldilà. I 7 Mondi vengono
descritti come queste 7 sedi. Vengono descritti anche i 7 livelli dell'Inferno.
3.
Sitrei Torà
(Segreti della Torà): Questa parte spiega alcuni temi della Kabalà,
come l'evoluzione delle Sefirot, che sono le emanazioni della luce divina
primordiale.
4.
Midrash Ha ne'elam
(Il Trattato Nascosto):Questa parte intende spiegare alcuni passaggi della
Torà in modo mistico, per mezzo di "remazim" (allusioni),
allegorie e "ghematriot" (valori numerici attribuiti alle parole).
Così la preghiera di Abramo per Sodoma e Gomorra viene spiegata come
l'intercessione da parte delle anime congiunte dei santi a favore dei
peccatori. E così le due figlie di Lot rappresenterebbero le due
tendenze nell'uomo al bene e al male. Il Midrash discute anche sul destino
delle anime.
5.
Ra'aià Me'heimna
(Il Pastore Fedele): Questa parte viene riportata nel secondo e nel terzo volume in colonne
parallele al testo. Il nome deriva dal fatto che riporta le conversazioni che
il Pastore Fedele, Mosè, ebbe con il Profeta Elia e con Rabbi Shimon bar
Yochai - Rashbi, nominato Butzina Kadisha (la Sacra Luce). Lo scopo principale
di questa trattazione è quello di dimostrare la profonda e allegorica
importanza dei comandamenti e dei divieti mosaici, così come le
ingiunzioni rabbiniche e le pratiche religiose prodottesi nei tempi. Al dialogo
fra i tre summenzionati, presenziano il Signore con Abramo, Isacco, Giacobbe,
Aharon, Davide e Salomone.
6.
Razé de
Razin (Secretum Secretorum): E' la porzione dedicata alla fisiognomia della
Kabalà (rivela l'essenza dell'uomo tramite le caratteristiche del volto
e delle mani), alla connessione fra anima e corpo, basata sul consiglio che
Itrò diede a suo genero Mosè (veattà tehezè, Esodo,
18, 21).
7.
Saba de Mishpatim (L'Anziano
sugli Statuti): Il Vecchio qui menzionato è il Profeta Elia che colloquia con
Shimon bar Yochai sulla trasmigrazione delle anime e la conversazione passa a
trattare i Mishpatim (gli statuti riportati in Esodo tramite Mosè),
termine che la dottrina cabalistica usa per trattare le punizioni inflitte alle
anime.
8.
Sifra De'tzniuta
(Il Libro dell'Occultamento): E' diviso, a sua volta, in 5 sezioni (prakim) e la
maggior parte di esso discute le questioni riguardanti la Creazione, come ad
esempio, la transizione dall'Infinito al finito, dall'unità alla
molteplicità, dalla pura intelligenza alla materia; viene espresso il
doppio principio di maschile e femminile espresso nel Tetragramma, la natura
androgina del Nome, il valore di ogni lettera del Tetragramma, la demonologia
celata nelle Scritture, i misteri contenuti nelle profezie di Isaia e la
dottrina delle Sefirot.
9.
Idra Rabbà
(La Grande Assemblea): Così chiamata perché riporta i discorsi
e gli insegnamenti di Shimon bar Yochai, che rivela ai suoi discepoli i segreti
del Sifrà De'tzniuta.
10.
Yanuka (Fanciullo): Il nome di questo trattato deriva dal fatto che
R. Izhak e R. Yehuda, due dei discepoli di Shimon Bar Yochai, durante un loro
viaggio, si fermarono nel villaggio in cui risiedeva una donna venerabile, la
vedova di R. Hannuna Saba. Ella chiese al proprio figlio (il protagonista di
questo trattato), di ritorno da scuola, di ricevere la benedizione dai due
venerabili rabbini; il giovinetto, tuttavia, non si avvicinò a loro
perché intuì dall'odore dei loro abiti che essi non avevano
ancora recitato lo "Shemà Israel". Quindi, a pranzo, il
fanciullo pronunciò loro alcuni discorsi sull'importanza segreta della
lavanda delle mani e anche sulla natura della Shechinà e sull'angelo che
lottò contro Giacobbe. Tali insegnamenti colpirono i due rabbini che
concordarono sul fatto che "questo fanciullo non è un bimbo di
esseri umani".Così anche Shimon bar Yochai annuì quando gli
fu raccontato l'episodio e confermò che il fanciullo era di origine
sovrumana.
11.
Idra Zuta (L'Assemblea
minore): Il nome di questa parte è dovuto al fatto che durante le
rivelazioni di R. Shimon tre dei suoi discepoli erano morti, per cui lo stesso
R. Shimon, prima della sua dipartita, convocò i 7 suoi allievi
superstiti per rivelare loro altri segreti. E' questa una ripetizione di quanto
scritto in Idra Rabbà, per cui tratta il tema delle Sefirot, la
divinità nei suoi tre aspetti, ossia l'Ein Sof (l'incorporeità
nella sua natura assoluta), la Grande Faccia - Arich Anpin (Dio nella sua prima
emanazione manifesta) e la Piccola Faccia - Zeir Anpin (Dio nella sua
emanazione nel mondo); il trattato si chiude con il racconto della morte di R.
Shimon bar Yochai.
In questa breve disamina dei contenuti dello Zohar
si può osservare come esso non proponga un organico sistema cabalistico,
bensì sia un miscuglio di diverse dottrine teosofiche.
La dottrina
teosofica dello Zohar
(pag. 283): Il fulcro dello Zohar consiste nella
contemplazione dei contenuti nascosti della divinità e nel mistero del
"mundus intelligibilis"...
(pag. 284): In un passo dello Zohar, si distinguono
espressamente due mondi, che, tuttavia, rappresentano Dio (Zohar III, 159 a);
un primo mondo, il più nascosto, non si mostra ed è ignoto
all'infuori di Dio stesso, che in tal modo si cela e questo è il mondo
dell'Ein Sof; un secondo mondo, connesso al primo, è quello grazie al
quale Dio può essere conosciuto ed è questo il mondo degli
Attributi...
(pag. 285): I cabalisti affermano che 10 di tali
Attributi (le Sefirot) rappresentano anche 10 gradi tramite i quali la vita di
Dio fluisce e rifluisce in un movimento che da Lui proviene e a Lui ritorna...
(pag. 289): Nel Raya Mehemna troviamo aspre
invettive contro i sostenitori del puro significato letterario (pshat)
nell'esegesi, contro i sostenitori dello studio del Talmud di natura
esclusivamente halachica...
(pag. 290): ...naturalmente, non si può dire
che il simbolismo dello Zohar sia piovuto dal cielo; esso deriva da uno
svolgimento durato 4 generazioni, cominciato nel libro "Bahir",
ripreso e sviluppato specialmente nella scuola di Gerona e portato avanti
dall'opera "Sha'arè orà" di Yosef Gikatilla che
fornisce la migliore esposizione del simbolismo teosofico dello Zohar e
un'analisi dei motivi che determinano la correlazione fra le Sefirot ed i loro
simboli nella Scrittura.
(pag 292): ...scrive Gikatilla:"Mediante le
dieci emanazioni divine, Dio emerge dalla sua vita nascosta".
(pag. 293): Il mondo delle Sefirot è
considerato come un organismo mistico che al tempo stesso fornisce al cabalista
una giustificazione del modo di esprimersi antropomorfico della Scrittura. Le
due più importanti immagini di un organismo usate a tale riguardo sono
quelle dell'albero e quelle dell'uomo. Le 10 Sefirot formano il mistico Albero
di Dio, del quale esse rappresentano i rami, la cui radice comune è
ignota ed irriconoscibile. Ma l'Ein Sof non è solo la nascosta radice di
tutte le radici, bensì anche la linfa dell'Albero che alimenta tutti i
suoi rami...
(pag. 294): Importante al pari dell'immagine
dell'albero è quella dell'uomo. Le parole della Torà secondo cui
Dio creò l'uomo a Sua immagine hanno per i cabalisti un duplice
significato; primo, che le potenze delle Sefirot vivono e agiscono anche
all'interno dell'uomo; secondo, che lo stesso mondo delle Sefirot può
essere rappresentato ad immagine umana. Pertanto, gli arti e le membra dell'uomo
non sono altro che un'effigie di un certo modo di essere spirituale, che si
manifesta nella figura simbolica dell'Adam Kadmon, ossia l'archetipo dell'uomo.
La concezione delle Sefirot come membra dell'Uomo Mistico dello Zohar porta ad
un simbolismo anatomico, eccezionalmente spinto, che non indietreggia neppure
di fronte alle immagini più audaci, come, ad esempio, quando le diverse
sfumature dell'attributo divino della Misericordia sono rese con l'immagine
dell'acconciatura della barba di Colui che è il Vecchio di giorni (Atik
Yomin)...
(pag. 295):Lo Zohar menziona gradi del mondo delle
Sefirot che, uno dopo l'altro, rappresentano la volontà, il pensiero, la
parola interna (che non può essere udita) la voce percepibile e, ultimo,
il discorso , ossia l'espressione articolata e differenziata...
(pag. 304): Le Sefirot sono qualcosa di più
degli Attributi dei teologi o dei gradi intermedi e delle ipostasi del
neoplatonico Plotino, che, nella sua teoria dell'emanazione, le colloca fra
l'Essere Assoluto e il mondo fenomenico. Le Sefirot dei cabalisti zoharisti
hanno in sé una vita propria, hanno rapporti, si irradiano luci a
vicenda, salgono e scendono...
La simbologia
sessuale delle Sefirot
(pag. 305):Immagini erotiche si trovano abbondanti
negli scritti di molti mistici e molti di essi descrivono la relazione mistica
con Dio come un rapporto amoroso dell'anima (i mistici cristiani, come Bernardo
da Chiaravalle, hanno spinto al massimo questa metafora dell'amore fra l'anima
e Dio). Anche nel Cinquecento i cabalisti di Tzfat arrivano a descrizioni a dir
poco estreme...
(pag. 306):
Nella sua descrizione dell'anima dopo la morte, lo Zohar parla di una sua
ascensione in regioni sempre più alte; alla fine, essa entra nella
"stanza dell'amore" nella quale cade l'ultimo velo e l'anima si trova
davanti al Creatore assolutamente pura e senza impedimenti...
(pag. 307): Lo Zohar impiega la simbologia sessuale
per caratterizzare il rapporto di un mortale con la Shechinà, la
maestà divina (Zohar I, 21b, 62 a). Alcuni passi del Midrash che parlano
di una cessazione dei rapporti sessuali di Mosè con sua moglie Tzipora dopo
egli aveva meritato di avere rapporti con Dio "faccia a faccia",
hanno dato a Moshe de Leon lo spunto per ritenere che le nozze con la
Shechinà possano sostituire il matrimonio terreno.
I cabalisti spesso indicano il rapporto di Dio con
la Schechinà con un linguaggio sessuale. (Aggiunta dell'Autore: E'
invalso l'uso in molti Sidurim di influenza cabalistica e anche nella
Haggadà di Pesah di aggiungere, prima di ogni benedizione, la formula "Le-shem
Yihud Kudshe Brich Hu u Shechinte = A nome dell'unione del Santo Benedetto Egli
sia con la Shechinà", per propiziarsi una benedizione dall'Alto,
non considerando il fatto che tale formula è spudoratamente blasfema).
...In Dio stesso c'è un'unione fra le forze
attive e quelle passive, fra l'elemento che genera e quello che concepisce, da
cui scaturisce ogni vita nel mondo terreno. Indubbiamente, l'autore dello Zohar
predilige questa simbologia sessuale che si presenta ripetutamente in tutte le
forme possibili; una delle immagini che rappresenta il dispiegarsi delle
Sefirot le descrive come il frutto di una mistica procreazione in cui il primo
raggio della luce divina è al tempo stesso il seme del mondo, poiché
il raggio che emerse dal Nulla fu seminato nell'intelletto divino, cioè nella
"Madre Celeste", dal cui grembo originarono le Sefirot come Re e
Regina, figlio e figlia...
(pag. 308): La nona Sefirà, lo Yesod
(fondamento, il fallo maschile), dalla quale tutte le più alte Sefirot
fluiscono nella Shechinà è concepita come la forza generatrice
della creazione, la segreta "vita del mondo" .E' da notare che il
simbolismo fallico connesso sempre alle speculazioni riguardanti la nona
Sefirà ha nello Zohar una parte insolitamente preponderante, cosa che in
un'opera della più scrupolosa devozione ebraica pone più di un
problema allo psicologo....Lo Zohar ed il suo simbolismo sessuale hanno assunto
forme più radicali che in tutte le altre opere della Kabalà
spagnola anche se pure queste non ne sono prive.
(nota 78 a pag 331): (Zohar III, 296 a-b): In
un'interpretazione mistica (e aggiungiamo noi, scandalosa) del Salmo 123 (verso
13) Sion è presa come il simbolo della vagina della Shechinà...
(pag. 309):Indubbiamente, Moshe de Leon,protetto
dal travestimento in aramaico e dalla pseudoepigrafia, si è spinto molto
più in là che nei suoi scritti in ebraico, nei quali queste
tendenze hanno un'espressione assai più moderata...A questo riguardo,
è necessario notare il nuovo uso dell'idea della Shechinà
adottato dalla Kabalà. Per quanto il Talmud e i midrashim parlino a
più riprese della Shechinà , tuttavia, non appare mai che essa
rappresenti l'elemento femminile in Dio; non esiste una sola similitudine che
si riferisca ad essa, servendosi di termini femminili, come principessa,
regina, matrona, sposa; tali termini talvolta furono usati per descrivere la
comunità di Israele, la personificazione del popolo ebraico nella
storia.Ma mai troviamo la Shechinà e Kadosh Baruch Hu contrapposti come
l'elemento femminile e quello maschile di Dio!
(pag. 310): Tale idea compare nella Kabalà
già nel libro "Bahir" , il più antico documento del
pensiero cabalistico, il cui legame con la Gnosi è ben documentato.Si
tratta di una concezione prettamente pagana. Nelle speculazioni gnostiche sugli
eoni maschili e femminili, ossia sulle potenze divine che formano il mondo del
"pleròma" (la pienezza di Dio), tale idea assunse poi una
nuova forma, nella quale divenne nota ai primi cabalisti attraverso forme
frammentarie. Per alcuni gnostici, la Sofìa Inferiore rappresenta
l'ultimo eone , ai margini del Pleròma, ed è "la figlia
della luce" che cade nell'abisso della materia. Parallelamente, la
Shechinà diventa qui, come ultima Sefirà, la "figlia"
che nonostante derivi dalla "forma della luce" deve contrarsi e
ritirarsi in regioni remote...
La Shechinà non è solo colei che
rappresenta l'idea mistica di Israele, non è solo la Regina (Matronita),
ma è anche la Figlia (Bratha) e la Sposa di Dio (Kallà kekulà),
la Madre di ogni singolo individuo in Israele...
(pag. 311): Nel mondo dei simboli dello Zohar
questa nuova concezione della Shechinà quale simbolo femminile ha un
posto preminente e viene presentata con svariati nomi e immagini (cfr. Zohar I,
228 b. dove parlando della Shechinà è scritto "tutte le
donne del mondo sono nel suo segreto").
Dal libro "Milchamot Ha Shem" – "Le
Sacre Guerre contro la Kabalà" di R. Yihie El Kapah (pag. 210-211):
Persino i testi di preghiera sono stati contaminati dalle loro rappresentazioni
erotiche. Come nel loro canto "Azamer be shabehin" attribuito a Luria
"Ed il suo marito la abbraccia mentre con il suo fondamento la fa godere,
simile al pestello nel mortaio".
"Un figlio onora suo padre ed un servo onora
il suo padrone. Se io sono un padre dov'è l'onore che Mi spetta e se Io
sono il Signore dov'è il Timore per Me?". Fa dunque onore al padre
spiegare come egli abbraccia la propria moglie facendola godere nel suo grembo,
mentre la penetra come un pestello? E' forse questo il timore del servo per il
suo padrone che si esprime con descrizioni così sconce e vergognose?
Perché mai l'amore che voi mostrate verso aba ed emma, zeir e nukvei,
che dite essere il Signore, vostro Dio, che si rivelò sul Sinai e diede
la Torà è minore dell'onore che si deve mostrare verso il proprio
padre? Come potete dire "Santo, Santo, Santo è il Dio degli
Eserciti" e poi delirare con tali farneticazioni lussuriose? Sappiate
bene, indicibili nuovi cabalisti, che la Santa Torà non ha mai usato il
senso del tatto in relazione all'Altissimo, anche nei suoi aspetti più
sublimi. Quanto di meno in quell'aspetto basso riferito alle pudenda durante
l'atto dell'accoppiamento!
E forse in base a tali volgarità che le
nazioni del mondo dovrebbero chiamare Israele "una nazione saggia ed
intelligente è questo grande popolo"?Sono forse queste le Leggi,
sulle quali re Davide proclamò "Parlerò delle Tue leggi
davanti ai re e non mi vergognerò"? Al contrario, saremmo ricoperti
di onta e coronati di biasimo se dovessimo raccontare queste scurrilità
ad un musulmano o ad un cristiano!
(ibid. pag.
213): I cabalisti che hanno replicato ci spiegano che gli atti sessuali non
devono essere presi alla lettera, dato che vogliono solo rappresentare il
momento in cui avviene il contatto di influenza tra le varie luci. E' strano
però che questi avvocati difensori non ci abbiano spiegato perché
fosse necessario far ricorso a membri corporei, parlando di "yesod"
(il pene), "bein d'ahora" (i testicoli),"yesod d'nukva" (la
vagina) "nekev ha ahoraim" (il deretano). Che cosa videro in tali
"luci" quando le spogliarono dei loro indumenti? Nella tradizione
ebraica, siffatta terminologia non fu mai usata e anzi fu proibita severamente.
ALCUNE PROVE CHE DIMOSTRANO
CHE LO ZOHAR FU SCRITTO DURANTE IL XIII SECOLO
(Fonti: Ghershom Scholem, Moshe Idel, Yeshayahu
Leibowitz, Enciclopedia Ebraica).
Il Libro dello Zohar è opera del rabbino
spagnolo Moshe de Leon. L'attribuzione dell'opera al Tanai d'epoca talmudica
Shimon bar Yochai è falsa e priva di ogni fondamento storico. Ecco, in
sintesi, le prove di palesi anacronismi che lo dimostrano:
1.
Lo Zohar, in modo eccessivo, loda il proprio
autore, chiamandolo "la Sacra Luce" e lo esalta ancor più di Moshe
Rabbenu. "Testimonio davanti ai cieli e alla terra, dichiara R. Shimon,
che io ora vedo ciò che nessun essere umano ha mai visto, dal tempo in
cui Mosè salì per la seconda volta sul monte Sinai; così
io vedo il mio viso risplendere così brillantemente come la luce del
sole quando scende per scaldare il mondo, così come sta scritto in
Malachi (4,2) "ma per voi che temete il Mio nome si leverà il sole
della giustizia". Sì, io so che il mio viso risplende, mentre Mosè
quando scese dal Sinai lo ignorava. I discepoli deificano il loro Maestro
dichiarando che il verso "poiché tu hai trovato grazia ai Miei
occhi e Ti ho particolarmente distinto" (Esodo, 33, 17) va riferito a R.
Shimon, che è il Signore davanti al quale tutti gli esseri umani
dovranno comparire (Zohar II, 38 a).
2.
Lo Zohar cita e spiega misticamente le vocali
punteggiate dell'alfabeto ebraico che furono introdotte per la prima volta nel
570 d.C per facilitare la lettura delle Scritture.
3.
Lo Zohar in Ra'aià Meheimna, sezione
Kedoshim III, 82b, riporta un passo del celebre inno "Keter Malkut" di
Shlomo Ibn Gabirol (1021-1058): "Tuttavia c'è un Padrone sopra i
luminari che oscura la loro luce" (riferito al Signore che opera le
eclissi di sole e di luna). E da notare che nonostante lo Zohar sia scritto in
aramaico, questa citazione è riportata in ebraico con la stessa metrica
di quella di Ibn Gabirol.
4.
Lo Zohar cita e spiega lo scambio, all'esterno
della mezuzà (il rotolino di pergamena che si appone sullo stipite
destro delle stanze) delle parole éäéä àìäéðå éäéä con ëåëå áîåëñæ ëåëå sostituendo cioè ogni lettera con quella che segue
in ordine alfabetico: è noto che questo "giochino" fu
introdotto in Provenza e passò alla Spagna in epoca proto-medievale.
5.
Lo Zohar usa il termine ESNOGA (che è una
corruzione linguistica portoghese della parola Sinagoga) e spiega che questo
è un termine cabalistico composto dalle due parole ebraiche esh e noga.
6.
Lo Zohar menziona le Crociate, la momentanea presa
di Gerusalemme da parte dei Crociati e il ritorno della città in mano saracena.
7.
Lo Zohar registra un avvenimento storico avvenuto
nel 1264. Riferendosi al tempo che precederà l'avvento messianico,
è scritto: "Il Santo Benedetto è pronto a ricostruire
Gerusalemme. Prima di ciò, farà apparire una meravigliosa e
splendida stella, che brillerà per 70 giorni. La si vedrà prima
di venerdì nel mese di Elul e scomparirà dopo 70 giorni. Il
giorno precedente la sua scomparsa (ossia il 2 ottobre) si potrà ancora
osservare su Roma e in quello stesso giorno a Roma cadranno tre alte mura ed un
grande palazzo e il Papa morirà" (Zohar III, 212 b). Si fa qui
riferimento ad una cometa apparsa nei cieli di Roma il 25 luglio 1264; essa
rimase visibile fino al 2 ottobre (e ciò corrisponde alla
"profezia" dello Zohar). Infatti, in quello stesso giorno il papa
Urbano IV morì a Perugia ed il grande palazzo di Vincimento cadde nelle
mani degli insorti al pontefice.
8.
Lo Zohar, spiegando il motivo per il quale i suoi
contenuti segreti non furono rivelati in precedenza, afferma che "il tempo
nel quale visse Rashbi era particolarmente meritevole e glorioso e vicino
è l'avvento del Messia"; per questo motivo queste rivelazioni
furono riservate a R. Shimon affinché potesse divulgarle. D'altronde,
parlando in altro luogo dell'avvento messianico, lo Zohar invece di collocarlo
al II secolo (periodo nel quale visse Rashbi), si dimentica e scrive: "Allorquando
il sesto o il sessantaseiesimo sarà trascorso sulla soglia del sesto
millennio (cioè 1300-1306) allora comparirà il Messia"
(Zohar I, 116 a, 117 b). Ciò dimostra chiaramente che l'Autore è
vissuto nel XIII secolo dell'era volgare. In perfetta armonia con questa
verità è il fatto che la dottrina dell'Ein Sof come quella delle
Sefirot e quella della retribuzione delle anime non erano conosciute prima del
XIII secolo.
9.
La vera esistenza dello Zohar, in accordo con la
sincera confessione del cabalista Yehuda Hayut (1500 c.a), era ignota a
rinomati cabalisti quali il Ramban (1195-1270) e Ben Adereth (1235-1310).
10.
Dalla testimonianza di R. Izhak da Acco (1250-1340),
riportata nel Sefer Yihusin di R. Avraham Zachut (1452 – 1515), sappiamo che
costui, dopo essere scampato alla strage compiuta nella sua città (1291),
era fuggito in Spagna, e qui, per la prima volta, vide il libro dello Zohar.
Egli fu allora curioso di sapere se fosse autentico, dal momento che aveva
sentito che era stato scritto in Palestina ed egli, che aveva vissuto ad Acco, non
ne aveva mai sentito parlare; del resto, anche illustri cabalisti in terra
d'Israele, come il Ramban, non avevano mai sentito parlare di questo libro.
Ebbene, R. Izhak incontrò Moshe de Leon a Valladolid e questi gli dichiarò
con solennità che ad Avila, dove risiedeva, possedeva un esemplare
autentico antico, autografo di R. Shimon bar Yochai. Sul punto di tornare a
casa, morì ad Arevolo nel 1305. Furono quindi due illustri uomini di
Avila e, soprattutto, la moglie e la figlia di Moshe de Leon che gli confessarono
che lo Zohar era stato interamente scritto dal loro familiare.
11.
Lo Zohar contiene interi passaggi che Moshe de Leon
tradusse in aramaico da altri testi (come lo studioso di Kabala, il rabbino
viennese Adolf Jellinek ha dimostrato nel suo libro "Moses ben Shem Tov de
Leon und sein verhaltniss zum Zohar (1851)". Ecco un esempio
significativo:Nel suo libro "Sefer Ha Rimmon" (che è un
trattato cabalistico sui precetti mosaici), Moshe de Leon cerca di spiegare la
ragione per la quale non è presente il Tetragramma durante i 6 giorni
della Creazione, mentre esso è presente subito dopo (per il Sabato),
spiegando che come il mondo terreno è finito e perituro, il Tetragramma,
che denota l'eternità, non può essere usato laddove c'è un
atto di creazione peritura. Per rafforzare questa ipotesi, egli cita il verso
del Salmo (46, 9) ìëå çæå îôòìåú éäåä àùø ùí ùîåú áàøõ mostrando che "shamot", distruzione , si adatta
al nome Elohim (àìäéí) usato nei 6 giorni della
creazione. Osservando l'originale, tuttavia, vediamo che il testo dei Salmi usa
il Tetragramma
éäåä e non àìäéí per cui l'Autore, per un lapsus mnemonico, ha confuso il
verso con un altro simile (Salmo 66, 5) ìëå åøàå îôòìåú àìäéí . Ebbene, l'intera spiegazione e lo stesso errore
grossolano sono trasferiti nello Zohar. E, a causa di questi
"svarioni", che studiosi quali il Beer, Jellinek, Steinschneider,
Graetz e altri hanno stabilito che lo Zohar risale al XIII secolo.
I PIU' IMPORTANTI RABBINI CHE SI OPPOSERO ALLO ZOHAR E ALLO
STUDIO DELLA FALSA KABALA'
Nella seconda metà del Quattrocento e nel
Cinquecento, la Kabalà dello Zohar aveva cominciato a guadagnare grandi
favori in molte comunità ebraiche; allo stesso tempo, si levarono anche
le voci di molti rabbini che si opponevano a questo testo considerato eretico,
idolatra e blasfemo.
Vogliamo qui elencare i rappresentatnti più
importanti di questa corrente benedetta da Dio che ha cercato di arginare
(purtroppo, senza grande successo) lo sviluppo e l'espansione di una dottrina
che non ha niente a che fare con la santa Tradizione della Torà.
ELIA DEL MEDIGO DI
CANDIA (1450- 1493)
Seguace del Rambam, insegna filosofia all'Università
di Padova. Nel 1491 scrive il libro "Behinat ha Da'at" (La Via della
Ragione), che verrà però pubblicato un secolo più tardi da
un suo pronipote, Yosef Salomone, detto anche Yashar di Candia. Nella sua opera
Elia del Medigo elenca tre argomenti contro l'autenticità dello Zohar.
Primo, nessuno nel Talmud, né fra i Gheonim, né fra gli Amoraim
né fra i Tannaim aveva mai sentito parlare dello Zohar e delle sue
dottrine. Secondo, lo Zohar è recente e falsamente è stato
attribuito dal suo autore a Rashbi. Anche Rashi, l'esegeta biblico più
importante, vissuto nel XII secolo in Francia, lo ignora completamente. Terzo,
il testo presenta numerosi anacronismi , tra i quali quello che Amoraim
posteriori abbiano avuto contatti con R. Shimon bar Yochai che appartiene ad un'epoca
precedente. Contrario al misticismo, Del Medigo ritiene che un essere umano non
può aspirare alla conoscenza di Dio e che l'ebraismo richiede che "un
uomo deve lottare per la razionalità, la modestia e la consapevolezza
dei propri limiti umani"
YEHUDA ARIEH
(LEONE) DA MODENA (1571 – 1648)
E' considerato uno dei più autorevoli oppositori
della Kabalà. Contro di essa scrive prima il "Ben David"
(1636), in cui intende dimostrare che la Kabalà è di origine
neoplatonica ed è rifiutata da chi ha fede in Dio Uno. Nel 1639,
pubblica il più ben noto "Ari no'em" (Leone ruggente), che
è un tentativo di redimere un suo allievo prediletto che si è
infatuato dello studio della Kabalà dello Zohar. Arieh da Modena
dimostra che i libri che espongono queste nuove dottrine e che si
autodefiniscono antichi, sono in realtà pseudonimi e divulgano idee
deleterie; i seguaci della Kabalà sono "gonfi di boria" e
pretendono di conoscere la natura, considerandosi superiori agli altri ebrei,
dato che "possiedono la via più vicina e migliore per avvicinarsi a
Dio"
YOSEF SALOMONE DEL
MEDIGO (1591 – 1637)
Nel 1623, pubblica un'epistola in cui critica la
follia e l'eresia delle nuove dottrine mistiche, che osano speculare su Dio,
come se fosse un fenomeno fisico.
YAAKOV BEN ZVI DI EMDEN (Ya'avetz) (1697-1776)
Dal 1645 al 1676 si assistette alla diffusione e al
fallimento del movimento messianico di Shabtay Zvi. I suoi seguaci ritenevano,
in base ad alcuni calcoli dello Zohar, che rivelando i segreti della
Torà si potesse affrettare l'avvento del Messia. Per questo motivo,
esortavano anche le donne e i bambini a studiare lo Zohar in pubblico. Il danno
provocato dai movimenti di Shabtay Zvi e di Yaakov Frank (altro falso messia
dell'epoca vissuto in Polonia) condussero R. Yavetz a scrivere contro lo Zohar,
che era alla radice della follia dei falsi messia. Nel 1758 R. Yaakov di Emden
pubblica il libro "Mitpahat ha Sefarim" nella città di Altona.
L'Autore sostiene che se si esclude la facciata esteriore dello Zohar, che fa
riferimento ai contenuti della Torà, tutta l'opera stravolge la natura
delle Scritture, maleintende passaggi del Talmud, contiene alcune usanze
relative al periodo dei Poskim, menziona le Crociate, usa termini filosofici
prestati dalla traduzione di Ibn Tibbon del "Morè Nevuhim" del
Rambam, prende a prestito la metafora di Yehuda ha Levi, che nel
"Kusari" scrive che "Israele è il cuore nel corpo
dell'umanità, per cui ne percepisce le sue sofferenze con più
sensibilità". R. Yaakov porta circa 300 prove sulla tardività
dello Zohar.
IL PERIODO
DELL'HASKALA'
Gli ebraisti della Haskalà (il movimento di illuminismo
ebraico che sorse e si manifestò nel XVIII sec.) consideravano lo Zohar
una macchia nera nel quadro incontaminato del puro monoteismo e per questo
motivo rivalutarono e approfondirono le opere di Ari da Modena e di R. Yavetz.
Il movimento della Haskalà aprì una nuova fase di critica filologica
nei confronti dello Zohar e fra i suoi maggiori esponenti va ricordato R. Isacco
Samuele (Yashar) di Gorizia (1784-1855), che sosteneva che lo Zohar
contiene idee idolatre e che lo studio della Kabalà allunga le
sofferenze dell'esilio e ritarda l'avvento della Gheulà.
Anche lo storico Heinrich Graetz (1817-1891), nel suo "Gescichte der Juden,
Storia degli Ebrei, Lipsia 1863) dimostra con valide argomentazioni che fu
Moshe de Leon a scrivere lo Zohar. Egli critica con veemenza sia l'autore
spagnolo proto-medievale, chiamandolo "bugiardo" e
"falsario" che la sua opera per "avere avvelenato i cuori
puri", per "avere ubriacato e fatto assopire il popolo con false
dottrine di esoterismo" e "avere istupidito le menti e reso ottusi i
sani sentimenti del buon senso".
Una delle voci più autorevoli della ricerca
critica anti-cabalistica è quella di Samuele Davide Luzzatto (Shadal) di Padova (1800 – 1865). Nel 1851
egli pubblica il "Vikuah al hochmat ha Kabalà ve al kadmut ha
Zohar" (Discussione sulla saggezza della Kabalà e
sull'antichità dello Zohar). Shadal, sostenitore della posizione
rabbinica talmudica e halachica, accusa lo Zohar e la susseguente Kabalà
di aver stravolto la fede semplice e pura in Dio, inoltrando il fedele in
pensieri teologici e filosofici del tutto insani e malsani. L'ebreo che studia
la Kabalà non si appaga più dello studio della Torà "
al pì ha pshat" (secondo la sua esegesi semplice) ma si addentra e
specula su argomenti vani che, oltre alla perdita di tempo, lo portano a
perdere anche il proprio senno. Scrive l'Autore: "Lo Zohar ha fatto
sì che il giogo del Timore del Cielo fosse tolto dal collo dei Saggi
d'Israele; tali cabalisti non rispettano più il loro Creatore e si
permettono di speculare e di farneticare su ciò che è al di
sopra, al di là, al di sotto, dentro e dietro; tutto ciò viene da
loro espresso con presunzione e superbia; costoro osano insegnarci in modo
dettagliato come l'Onnipotente creò il mondo e come lo dirige; essi ci
raccontano in che modo Dio si è contratto e si è emanato per
formare diversi mondi".
Oltre a questa veemente critica di carattere
religioso, Shadal dimostra la falsità dello Zohar attraverso i
molteplici anacronismi presenti nel testo, le contaminazioni filologiche e
linguistiche, gli errori di sintassi, i tardi neologismi, il fatto che esso
stabilisca una scadenza all'avvento redenzionale.
Un altro eminente studioso, Adolphe Franck (1809-1893), nel suo libro "La Kabbale"
(1843) sostiene che lo Zohar non è affatto da attribuire a Rashbi,
trattandosi di un'opera di epoca proto-medievale. Franck dimostra anche la
forte influenza del neoplatonismo e della dottrina zoroastriana sulla teosofia
dello Zohar.
Tra le opere di critica filologica più
imponenti che dimostrano che Moshe de Leon è l'autore dello Zohar vanno
ricordate:
R. David Joel: "Die Religionsephilosophie
des Zohar" (1849).
Michael Sachs: " Die religiose poesie der Juden in Spanien"
(1845).
R. Adolph Jellinek : "Moses ben Shem Tov de Leon und sein verhaltniss zum Zohar"
(1851).
R. Leopold Zunz: " Die Gottesdienstlichen vortrage der Juden" (1831).
R. Avraham Geiger: "Melò
hofnaim" (1840)
IL MOVIMENTO
YEMENITA DEI DAR'DAAIM
I Dardaim
(Dor deà – generazione della conoscenza) rappresentano un movimento
sorto all'interno dell'ebraismo yemenita distintosi per aver rifiutato
categoricamente il libro dello Zohar e la mistica susseguente. I Dardaim hanno
una visione razionale dell'ebraismo, che deve essere radicato in fonti
autentiche, come il Talmud e il Rambam.
Quando nel Cinquecento gli insegnamenti della
Kabalà zohariana e luriana iniziarono ad essere accolti da gran parte
della comunità yemenita, si creò una spaccatura fra i nuovi
seguaci, che adottarono anche una nuova liturgia e i tradizionalisti fedeli
all'ebraismo del Rambam. All'interno della comunità si distinse il Maharitz (R. Yehie Salah), che, onde
evitare divisioni e polemiche, introdusse una nuova edizione del libro di
preghiere, che seguiva il rituale tradizionale del Rambam ma faceva alcune
concessioni ai cabalisti luriani, adottando nuove formule e canti come il
Lechà Dodì del venerdì sera. Resta il fatto, però,
che la parte rimasta fedele al Rambam e contraria alle contaminazioni di natura
cabalistica si staccò dalla comunità creando proprie scuole e
sinagoghe.
Storicamente parlando, il movimento dei Dor Daim
emerse come forza riconosciuta nell'ultima parte dell'Ottocento.Il maggiore
rappresentante di questa corrente fortemente anti-cabalista è R. Yehie Shlomo El Kapah, autore del
libro "Milchamot Ha Shem"
(Le Guerre del Signore), che pubblicato a Gerusalemme nel 1931 fu da subito
osteggiato e persino messo all'indice dal rabbinato mainstream.
La nostra
pubblicazione in Italia e la reazione del Rabbino Capo di Roma (1983)
Il nostro Morè, lo Tzadik Haim, ci ha
spiegato che questo libro è nella vera tradizione di Moshe me Sinai e
ogni sua parola è santificata nella vera
Emunà di "Shemà Israel Adonai Elohenu Adonai Ehad". Nel
1982, pochi giorni prima di lasciare il mondo terreno, lo Tzadik Haim ha
benedetto la traduzione in italiano, fatta dal suo primoTalmid, Peretz Green (coadiuvato anche dal sottoscritto). Tenendo i fogli della
traduzione in mano, ha dichiarato: "Questo libro è benedetto".
La pubblicazione del libro in traduzione italiana è avvenuta nel giugno
1983 (a un anno dalla dipartita dello Tzadik Haim) con il titolo "Le Sacre
Guerre contro la Kabbalah" mediante la Casa editrice La Giuntina di
Firenze. Una volta pubblicato, siamo riusciti a vendere circa 450 copie ad
ebrei interessati alla lettura. Purtroppo, a Roma, il Rabbino Capo, Elio Toaff,
seguace del cabalista livornese Benamozegh, ha proibito la vendita del libro
all'interno della comunità romana.
Riportiamo qui sotto il breve carteggio avuto con
il rabbino Elio Toaff.
Lettera dei
Talmidim al Rabbino Capo di Roma
Milano 01.02.1984 (11 shevat 5744)
All'egr. Rav Elio Toaff- Comunità
Israelitica di Roma
Illustre Rav Toaff, con l'aiuto del Signore, mi
permetto indirizzarLe questa missiva, sperando che Lei la leggerà con
molta attenzione.
Mi chiamo Davide Levi. Sono un giovane ebreo
milanese di 33 anni e ho avuto lo "zechut" di essere Talmid dello
Tzadik Ha Nistar ve ha Kadosh, Ha Mori Haim Wenna, spentosi qui a Milano il 24
di Sivan 1982. Le scrivo anche a nome degli altri Talmidim del Morè, il
quale, prima della sua dipartita, ci ordinò e autorizzò a
pubblicare in italiano il sacro testo "Milchamot ha Shem" del rabbino
yemenita Yehie El Kapah. Noi abbiamo compiuto questa mitzvà e con
l'aiuto del Misericordioso nel giugno 1983 siamo riusciti a pubblicare un
migliaio di copie grazie alla collaborazione della tipografia Giuntina di
Firenze.
E vengo al dunque. Mesi or sono ho chiesto alla
sig.ra Migliau, responsabile del Centro culturale ebraico di Roma, se era
possibile presentare il libro agli ebrei di Roma. Lei mi ha risposto che doveva
prima visionare il testo e quindi era necessaria l'autorizzazione di Kvod ha
Rav al fine di rendere effettiva la nostra proposta. Il 10 gennaio la sig.ra
Migliau mi ha contattato telefonicamente e mi ha spiegato che il Rabbino Toaff
aveva proibito la diffusione del libro a Roma per due motivi principali: primo,
perché si tratta di un testo di difficile comprensione che "al
massimo due o tre persone possono capire"; secondo, perché assume
una posizione presuntuosa di dogmatismo religioso, per cui "la lettura non
è indicata". Inoltre, la sig.ra Migliau mi informava che kvod ha
Rav si era rifiutato di ricevere una copia in omaggio.
Ebbene, egregio rav Toaff, mi permetta di replicare
a queste Sue affermazioni e il Signore Benedetto Egli sia, nel quale entrambi
ci riconosciamo, sia Giudice fra noi.
Innanzi tutto, come si può vietare la
lettura stabilendo che "due o al massimo tre persone lo possono
capire"? Non è forse questa la vera "presunzione"? Qui a
Milano abbiamo venduto circa 400 copie del libro e, a Dio piacendo, a fine
febbraio si terrà un dibattito al Centro Maurizio Levi che
verterà sulle correnti contro la Kabalà dello Zohar. Il libro
è di scorrevole lettura anche se l'argomento che presenta non è
di facile comprensione, poiché è pur vero che pochi hanno letto
lo Zohar.
Ma il vero scopo del nostro Morè è
quello di rendere pubblico agli ebrei italiani il fatto che esiste un grave
pericolo nell'Ebraismo sotto la forma di una falsa dottrina che insegna cose aberranti
sull'Altissimo, attribuendoGli emanazioni e "partzufim". Noi
combattiamo solamente per purificare il Nome da tutte queste dissennate idee e
lo scopo principale dell'opera è insegnare il puro e vero Yihud Ha Shem,
come ce lo hanno trasmesso i nostri Padri e i nostri Maestri, da Avraham Avinu
a Rambam.
Si tratta di un'opera che santifica il Nome ed
è stata scritta con spirito di "kannaut" (nota1) poiché
hanno contaminato il Nome con idee fallaci di associazione e congiunzione.
Per quanto riguarda poi la Sua seconda
argomentazione, ebbene, anche qui a Milano quel gruppo di nuovi idolatri, che
va sotto il nome di Habad (che, fra l'altro, non riconosce l'autorità
del Rabbinato italiano, che Lei presiede) ha proibito la lettura del libro poiché
"non si può scrivere contro lo Zohar" (che come Lei ben sa
è entrato per loro nel canone dei testi sacri). Costoro hanno diffuso
sul nostro conto maldicenze e calunnie, accusandoci persino di eresia.
Ma a noi non interessa il fallace giudizio degli
stolti, dal momento che ci atteniamo al verso delle Massime dei Padri,
"Sappi che c'è sempre un occhio che osserva le tue azioni",
per cui facciamo sì che ogni nostro passo segua il giusto timore di Dio.
Abbiamo chiesto a questi idolatri della fotografia
(parlo sempre dei Lubavitch) di confrontarsi con noi in Comunità in una
serata dibattito, ma nessuno di loro ha accolto la sfida, perché
evidentemante mancano loro le argomentazioni valide per supportare un testo che
si vanta di rivelare i segreti della Torà. E se sono segreti, diceva il
nostro Morè, come mai sono scritti e accessibili a tutti?
Egregio rav Toaff, per questo ci ha sorpreso la Sua
presa di posizione. E' forse "dogmatismo" dichiarare in pubblico
Shemà Israel? Cosa significa allora "il Signore è il nostro
Dio, il Signore è Uno"? Perché il Signore, nel Suo nome di
EL KANA' ci ha severamente proibito di immaginarLo con immagine alcuna? Immagine
non solo materiale, come spiega il Rambam, ma anche mentale. Ebbene i cabalisti
dello Zohar non hanno forse infarcito la nostra Torà con descrizioni
idolatre ? Non parlano forse di Partzufim (abba, emma, nukve, zeir anpin, atik
yomin, ecc)?Ha letto Lei lo Shiur Komà a quali farneticazioni idolatre
arriva? E nello Zohar parashà vayetzei 150 b, Be Har 109, Idra zuta 296
a, non ci sono forse visioni erotiche attribuite all'Altissimo? Dio ci perdoni!
Se dunque noi scriviamo con cuore puro e vera
Emunà contro tali aberrazioni , dovremmo forse essere considerati
"dogmatici"? Allora Pinhas era dogmatico? E i Maccabei? E coloro che
in ogni generazione sono morti per non profanare il Nome, sono dogmatici?
Eppoi, non siamo "presuntuosi", egregio
Rav, ma siamo umili e fedeli servitori di Ha Shem e ci pieghiamo ad ogni
respiro vitale alla Sua Volontà. Se vediamo, però, che il Nome
viene profanato da dottrine subdole e fallaci che distorcono la vera
comprensione dell'Unità del Nome, allora reagiamo come leoncelli,
perché sappiamo che questo è il comandamento del Santo Benedetto
Egli sia.
Io non so se Lei, rav Toaff, abbia letto il Libro,
anzi, la sig.ra Migliau ci ha detto che ha rifiutato di riceverne uno in
omaggio.
Noi, comunque, La invitiamo a sfogliare qualche
pagina e così ci potrà dire dove trova una sola parola che
è contraria alla nostra sacra Torà.
Terminando, siamo fiduciosi che Lei
revocherà la decisione presa.
Sappia, tuttavia, che, in caso contrario, Lei solo dovrà
rispondere ad Ha Shem di questo peccato, con l'aver proibito ai nostri fratelli,
che ne sono desiderosi, di abbeverarsi alla fonte della Torà e della
vera Kabalà dei nostri Saggi di benedetta memoria.
Se Lei intende conoscerci, saremo lieti di venire a
Roma per chiarire ogni eventuale incomprensione. Con un fraterno saluto, i
Talmidim di Ha Mori Haim Wenna. Davide Levi
Nota 1: Kannaut è lo zelo che spinge un
fedele a difendere il Nome di Dio dalla sua profanazione pubblica.
Risposta del
Rabbino Elio Toaff, 19 shevat 5744 – 23.01.1984
Caro David, grazie per la tua lettera dalla quale
traspare la tua fede ed il tuo desiderio di onorare il tuo Maestro,
zichronò librachà. Per questo riceverai la ricompensa che si deve
a colui che mantiene la mizvà di kvod rabbò ( tr. onore per il
proprio Maestro).
Detto questo, non credo sia il caso di prendere in
esame le parole che mi si sono state fatte dire dal momento che mi è
data l'occasione di esprimere direttamente il mio pensiero.
La controversia fra mekubalim (cabalisti) e
mitnagdim (loro oppositori) non è cosa nuova né è cosa
riprovevole; per cui ben venga la discussione quando sia fatta "le shem
Shamaim u be-emunat ha emet" (nel nome di Dio e nella fede di
Verità) ma, soprattutto, da persone che sanno di che cosa parlano. Verso
la fine dell'Ottocento qui in Italia due colossi della scienza dell'ebraismo:
Shadal e Benamozegh (la loro memoria ci preservi!),ebbero una vivacissima
polemica sulla Kabbalà e nessuno trovò niente a ridire quando
Shadal pubblicò il suo "Vikuah al ha Kabalà" e
Benamozegh il suo "Ta'am la Sh''D".
Ma la discussione avveniva fra Hachamim g'dolei ha
dor (Saggi, grandi della generazione) e non fra gente che non solo può
accedere direttamente ai testi in discussione, ma neanche ha un'idea precisa
dell'argomento. Almeno, così è a Roma e, per quanto ne so, anche
a Milano la situazione non varia di molto. Chi fra gli ebrei di Roma e di
Milano ha mai letto lo Zohar? E tu vorresti che si parlasse e si giudicasse un
libro senza neanche leggerlo?. Tu scrivi "noi combattiamo solamente per
purificare il Nome da tutte queste dissennate idee" ecc. ecc. Ma se la
gente non sa neanche di cosa parlate! Non sarebbe meglio e non tornerebbe
piuttosto a gloria del Santo Benedetto se invece di combattere per distruggere
qualche cosa in cui credete, combatteste invece perché gli ebrei
osservassero lo shabbat e tutte le mizvot? Non sarebbe questa un'opera santa e
benedetta?
Io mi rifiuto di creare dei problemi là dove
non esistono. Chi oggi a Roma o a Milano si dedica a studi cabalistici e mette
in esecuzione le regole di Kabbalà pratica?
Io che provengo dalla scuola di Benamozegh e che
credo nei Segreti della Torà e negli insegnamenti che durante tre secoli
hanno impartito i Hachamim di Livorno non mi sono mai sognato di diffondere le
credenze profonde che sono in me e delle quali non voglio far parte ad alcuno,
in quanto non possono essere comprese se non da chi ha una fede profonda ed
altrettanto profonda conoscenza della materia.
Per questo non ritengo opportuno sollevare un
problema che oggi in Italia non esiste e creare divisioni che non possono che
essere dannose. Basti pensare alla tua violenza verbale quando parli dei
Lubavich.
Tu hai anche scritto: "Se vediamo,
però, che il Nome viene profanato da dottrine subdole e fallaci che
distorcono la vera comprensione dell'Unità del Nome" ecc. ecc. Voi
volete quindi combattere le idee che da secoli vengono tramandate da schiere di
Hachamim g'dolei Torà che in tutto il mondo hanno cercato di trasmettere
la loro fede e il frutto del loro studio? Fatelo pure, ma un po' di
anavà (umiltà) non guasterebbe e soprattutto non contate sulla
mia collaborazione.
Che il Signore vi indichi la strada della Sua
volontà e frattanto ricevete tu e i tuoi compagni tutte le mie sincere
berachot (benedizioni), shetizku learim karnà shel ha Torà
bemahanchem hakodesh be ahavà ve shalom ve reut amen (che possiate
elevare la luce della Torà nel vostro accampamento di santità con
amore, pace e fratellanza, amen).
(-) firmato Rav Eliahu Rafael Toaff
Replica dei
Talmidim
Milano, 01.02.1984 - Rosh hodesh Teveth 5744
Illustre rav Toaff, Le rispondiamo non già
per "vis polemica" ma per chiarire alcuni punti e concetti
fondamentali che ci stanno a cuore; inoltre, dal momento che Lei ha assunto la
veste di Dayan (giudice) della comunità ebraica di Roma proibendo
categoricamente la diffusione del testo Milchamot Ha Shem è giusto,
allora, che Lei si attenga al comando della Torà öã÷ öã÷ úøãåó (la giustizia la giustizia dovrai perseguire) (nota 1) e
all'esortazione dei nostri Saggi, di benedetta memoria éäéå îúåðéí áãéï (siate obiettivi nel giudizio), ci permetta farLe
presente un'essenziale premessa.
Il nostro Morè, la memoria dello Tzadik sia per
noi benedizione, loTzadik Haim Wenna, ci ha sempre insegnato ad essere umili ed
a comportarci con il nostro prossimo con derech eretz, pertanto, lungi da noi
assumere posizioni di presunzione e di violenza. D'altro canto, l'operare
le-shem Shamaim (in difesa del Cielo) e le tovat ha Clal (a beneficio della
Comunità) presuppone che talvolta si debbano assumere atteggiamenti di
animosità, che, se male interpretati, fanno apparire contraria
l'intenzione dell'azione stessa. Fatta dunque questa necessaria premessa,
svolgiamo i punti principali di questa nostra replica.
Innanzi tutto la polemica contro lo Zohar.
Noi, quali Talmidim di Ha Mori Haim, consideriamo
questo testo dannoso all'Ebraismo. Esso viene falsamente attribuito al santo
Tanai, Rabbi Shimon bar Yochai, quando è comprovato storicamente (vedi,
per citarne solo alcuni, gli ultimi studi di G. Scholem, Y. Tishbi, M. Idel, Y.
Leibowitz, l'intervista di S. Agnon nell'edizione italiana di Ariel di alcuni
mesi fa) che esso è parto della mente e della penna di Moshe de Leon,
vissuto nel XIII sec.
Questo tragico falso, una volta radicatosi nel
tessuto ebraico, ha generato una corrente di pensiero che ha vanamente
speculato sulla Causa Prima, descrivendoNe attributi, qualità,
proprietà e, così facendo, ha falsato l'incontaminato significato
dello Yihud Ha Shem (Unità di Dio). E' dallo Zohar che sono usciti e si
sono ramificati quei frequenti movimenti pseudo-messianici (Shabetay Zvi, Yakob
Franck, e non ultimo quello di Chabad che dichiara in modo esplicito che il
loro rabbino, senza prole e ultimo della dinastia Lubavitcher, presto si
rivelerà come messia) che hanno illuso masse di ebrei sofferenti e
parimenti speranzose.
Lo Zohar, sotto una veste (ma solo quella) ebraica,
ha assorbito idee filosofiche (gnosticismo, neo-platonismo, padri della Chiesa)
che giustificano l'esistenza di più poteri regnanti (Ribbui reshuiot).
Perché, kvod ha Rav, lo Zohar è
l'unico testo ebraico (Bibbia esclusa) che fu risparmiato dal rogo degli
inquisitori spagnoli?Come mai esso viene rispettato e tenuto in grande
considerazione nei circoli "esoterici" e fa da capostipite ad una
fiorente letteratura mistica che vaneggia sull'Essenza dell'Unico Uno e si
vanta di rendere noti ai propri iniziati i Segreti della Torà?
Illustre rav Toaff, se noi assumiamo una posizione
polemica verso lo Zohar lo facciamo perché il nostro Morè ci ha
comandato questa mitzvà, dal momento che coloro che veramente possiedono
i Segreti della Torà non potrebbero mai e in alcun modo rivelarli in
pubblico né tanto meno diffonderli per iscritto...
Secondariamente, la nostra Fede deve essere pura e
semplice. La Emunà e la Alef di tutto. E i primi due Comandamenti non ci
insegnano forse la vera Emunà?
Lei, kvod ha Rav, ci scrive "non sarebbe
meglio e non tornerebbe piuttosto a gloria del Santo Benedetto se invece di
combattere per distruggere qualche cosa in cui credete, combatteste invece
perché gli ebrei osservassero lo shabbat e tutte le mizvot? Non sarebbe
questa un'opera santa e benedetta?". Ma la Emunà precede tutte le
mitzvot! Che senso ha lo Shabbat se un fedele si rivolge poi in preghiera a
Zeir Anpin, considerandolo l'ultima emanazione, quella cioè a portata
dell'uomo? Dove nelle Scritture si accenna alle Sefirot, dove ai
Partzufim?(nota 2)
Ebbene, legga, per cortesia, Isaia 28, 7 e
vedrà quali remazim (allusioni) ci sono laddove è scritto: åâí àìä áééï
ùâå åáùëø úòå ëäï åðáéà ùâå áùëø ðáìòå îï äééï úòå îï äùëø
(tr. E anche costoro hanno sbagliato per il vino e
hanno errato per le bevande inebrianti, sacerdote e profeta hanno sbagliato) E
più avanti (28, 10): ëÄÌé öÇå ìÈöÈå
öÇå ìÈöÈå ÷Çå ìÈ÷Èå ÷Çå ìÈ÷Èå æÀòÅéø ùÈÑí æÀòÅéø ùÈÑí. (tr. Poiché è un precetto dopo
precetto, regola dopo regola, una linea qua e una linea qua, uno zeir là
e uno zeir là) laddove 'yain' (vino) e 'shehar' (bevanda inebriante) alludono
allo studio della nuova Kabalà (infatti la corrispondemza del valore
ghemiatrico di yain è 70 come 'sod' –segreto) e laddove si parla di
ordini, linee e zeir si fa allusione alle gerarchie cosmogoniche del cabalisti,
alle loro linee di luce emanate dall'Ein Sof, ai loro Zeir Anpin...
Lei crede che il Santo Benedetto approvi tutte
tutte queste pretestuose speculazioni? Chi siamo noi per poter indagare
ciò che è proibito indagare? Osservi come in Israele, áòååðåú äøáéí, si diffondono scuole che pretendono di insegnare i
Segreti della Kabalà. Ce n'è per tutti: religiosi, laici, corsi
per principianti, avanzati...E su questo argomento si tengono dei corsi a
pagamento, simili a quelli di yoga, meditazione trascendentale, filosofie
orientali, che hanno come effettiva conseguenza quella di ridurre e di
annullare la Kedushà (santità) del popolo d'Israele. E tutto
questo perché? Perche hanno abbandonato il monito della Torà
"sii tamim (semplice di pensiero) con il Signore tuo Dio".
Ecco il perché della nostra polemica. Ecco
perché combattiamo Milchamot Ha Shem. Comunque, non tema, noi non
intendiamo ergerci a giudici di Verità come ci sembra Lei abbia inteso.
Noi ci sforziamo di purificare il Nome dai turpiloqui che certi cosiddetti
Hassidim recitano nei loro canti ("Azamer be Shabehin" di R. Luria)
il venerdì sera:
éçá÷ ìä áòìä, åáéñåãà
ãéìä, ãòáéã ðééçà ìä, éäà ëúéù ëúéùéï
(tr. E suo marito la abbraccia e la penetra facendola
godere simile al pestello nel mortaio).
E tornando al libro da noi pubblicato,
perché, kvod ha Rav, ne ha vietata la diffusione a Roma? Perché
se c'è posto per un libro di divulgazione quale "La Kabbalah"
di Safran (ed. Carucci) non c'è posto per Milhamot Ha Shem che insegna
il vero significato di Adonai Ehad (Dio è Uno)?
Lei non teme che sia pericoloso anche per un
singolo ebreo inoltrarsi in studi che alla fine distruggono l'equilibrio
mentale? Perché proibisce la diffusione di un testo che mette in guardia
i nostri fratelli a non entrare in un "campo minato" e li esorta a
perseverare nello studio della Torà e del Talmud? Lei ci fa presente che
in passato illustri Hachamim hanno dibattuto questa tematica; ma che nesso
c'è con il nostro monito riguardante il pericolo di speculare sulla
Causa Prima? E' vero, pochi conoscono lo Zohar, però il testo è
circondato da un alone di mistero misto a riverenza e sacro timore. Ed è
questo che è d'inciampo ai figli d'Israele. Per questo non possiamo
minimizzare l'opera di kannaut del Hacham yemenita Y. El Kapah; egli conosceva
alla perfezione lo Zohar e i Tikkunim e la sua opera ha come sacro e unico
scopo quello di inficiare le idee di associazione presenti nella Kabalà
al fine di insegnare e proclamare la vera Unità del Nome.
Kvod ha Rav, non ci precluda la strada,
perché non è questa la Strada della Torà. Noi non contiamo
sulla Sua collaborazione (dal momento che Lei ce l'ha negata esplicitamente);
tuttavia, confidiamo sul fatto che una voce, che si rifà alla fede in Ha
Shem, unica ed inconfutabile, non venga accantonata e messa a tacere.
Poiché se così fosse, si sarebbe compiuto un deplorevole atto di
intolleranza che non ha niente a che fare con la Tradizione dei nostri Saggi di
benedetta memoria.
Col più fraterno e cordiale shalom, i
Talmidim di Ha Mori Haim.
(nota 1): Il termine giustizia viene ripetuto due
volte, perché in tema di giustizia, bisogna sempre ascoltare le due
parti.
(nota 2): Partzufim sono le Facce, i Volti che
assumono le Sefirot, le Emanazioni, quando si materializzano dalla Luce
dell'Ein Sof (il Dio Infinito)
Seconda e ultima
replica del Rabbino Toaff, datata 13.02 1984 (13 Adar I 5744)
Non è
certo con una lettera che si può affrontare il problema che ci divide e,
d'altra parte, io non ho niente da aggiungere a quanto ho scritto nella mia
precedente. Come io non pretendo di portare voi alle mie idee ed alle mie
convinzioni, così voi non potete pretendere di portare me e tanti altri
a condividere le vostre: "elle ve elle divrei Elochim Haim" (queste e
queste altre sono parole di Dio Vivente), perché sono professate con
onestà e purezza di cuore u be-kavanat ha lev la Shamaim (e con l'intenzione
del cuore verso l'Alto). Non giudicate con leggerezza il prossimo! Non pensate
di essere voi soli nel vero e nel giusto perché questo è solo
hosser anavà (mancanza di umiltà). Ognuno combatta lealmente le
proprie battaglie e onori come è prescritto i propri Maestri e il
signore che Benedetto sia, darà a ciascuno il premio che merita.
Bebirhat shalom rav ve atzlahà. Auguri di pace e di buon successo.
Nostro commento: Evidentemente, rav Toaff non ha
voluto ascoltare le nostre parole ed ha assunto una posizione di rifiuto a
priori, essendo lui favorevole alla Kabalà dello Zohar. Peccato!. Ma non
ci meravigliamo più di tanto, perché oggi chi critica lo Zohar e
la moda della Kabalà (divenuta anche oggetto di studio tra le pop star,
come Madonna, e i vip della cronaca rosa in Israele) non viene ascoltato e
tacciato di ignoranza e di presunzione. Non ci resta che sperare che il Santo
Benedetto infonda forza e lucidità alle menti che intendono combattere
per le Sacre Guerre di Hashem.
Per concludere, vorrei qui riportare un articolo di
presentazione che scrissi e fu pubblicato dalla rivista ebraica "Shalom"
(n. 8 settembre 1983, pag. 20).
Sotto l'auspicio dello Tzadik, ha Morè Haim,
è stato pubblicato in versione italiana per i tipi della Giuntina di
Firenze, il libro "Milchamot Ha Shem". Questo testo pubblicato per la
prima volta a Gerusalemme nel 1931, e scritto dallo Hacham yemenita Yihie El
Kapah, si prefigge due scopi fondamentali: 1. Inficiare le dottrine
cabalistiche presenti nello Zohar e nei
testi che ad esso si rifanno; 2. e, in contrasto al primo, chiarire ed
insegnare il vero significato dello Yihud Ha Shem (Unità di Dio).
Per comprendere a fondo il valore di questo
componimento è necessario chiarire al lettore che la polemica
dell'Autore non è rivolta alla vera Kabalà (Ricezione), che dal
tempo di Mosè viene tramandata e parte della quale (dico parte,
perché come insegnatoci dallo Tzadik Haim, esiste una Kabalà
segreta, cioè la conoscenza dei Segreti della Torà e del mondo
che non è mai stata scritta ed è retaggio orale degli Tzadikim,
in virtù dei quali il mondo si regge) è stata riportata nel
Talmud e nella Mishnà, bensì verso quella 'summa' di dottrine
mistiche ed esoteriche che fiorirono nella Spagna del periodo proto-medievale e
si diffusero in tutto il mondo ebraico (e non solo) con la comparsa del Libro
dello Zohar.
Il testo, falsamente attribuito al rande Tanai R.
Shimon bar Yohai, fu in verità scritto dal rabbino spagnolo Mosè
de Leon nella prima metà del Duecento (come ormai comprovato dai
più autorevoli storici del pensiero ebraico, tra i quali Gershom Scholem
nel suo "Le grandi correnti della mistica ebraica") e assorbì
concezioni estranee all'ebraismo, presentandole in veste ebraica, per cui
confuse le menti di rabbini e fedeli che in buona fede lo consideravano
patrimonio del periodo talmudico.
Lo Zohar usa un linguaggio, scrive l'Autore,
cosmologico e sessuale. Esso considera il Dio in esistenza e il Dio Fattore
come due distinte entità, il secondo essendo un'esistenza emanata nella
forma di un 'uomo spirituale' (gufa d'malka), che regna e governa tutti i
mondi.
Partendo dal presupposto che Dio è infinito
e il mondo reale è finito, lo Zohar concepisce un ponte di unione tra
questo e quello e lo nomina 'sefirà'.
L'Autore El Kapah spiega che i cabalisti ritengono
che il Signore abbia avuto bisogno di emanarsi in 10 sefirot emanate che
rappresentano le 10 emanazioni e i 10 'poteri dell'anima' dell'uomo spirituale
summenzionato. Ciascuna sefirà è associata ad una parte di Dio;
si arriva all'assurdo di credere che la nona emanazione, definita Yesod
(fondamento) è rapportata all'organo sessuale maschile. Secondo G.
Scholem, il più autorevole studioso del fenomeno cabalistico, lo Yesod
affascinò l'autore dello Zohar e la simbologia fallica presente in molti
punti dell'opera, ci fa pensare che egli avesse un problema psicologico
irrisolto.
Paradossalmente, in contrasto con altre forme
ascetiche di misticismo, la Kabalà attribuisce una vita sessuale persino
a Dio. Il cabalista vede nelle relazioni sessuali fra il marito e la moglie
l'adempimento simbolico del rapporto fra Dio e la Shechinà. Rifacendosi
all'uso della Bibbia della stessa parola per indicare la conoscenza e il
rapporto intimo, il cabalista attribuisce alla conoscenza (Da'at) un carattere
profondamente erotico e sessuale. Pertanto, nella visione distorta del
cabalista, la Shechinà (la Divina Presenza) assume un carattere
eminentemente femminile diventando l'essenza femminile di Dio. Nello Zohar,
spiega rav Kapah, è espresso anche il concetto che l'emanazione ultima
del mondo (Atzilut) si ramifica in 5 Partzufim (facce, aspetti) che sono Keter
(corona), Aba (padre), Ema (madre), Zeir Anpin (il piccolo volto, che è
il figlio) e Nukve (la femmina, la controparte femminile di quest'ultimo). Ogni
partzuf è associato ad una sua sefirà. Un vero e proprio Pantheon
di marca ebraica!
L'Autore di Milchamot Ha Shem ricorda poi che
durante il periodo dell'Inquisizione lo Zohar fu uno dei pochi libri ebraici che
fu risparmiato dai roghi pubblici, appunto perché gli inquisitori
spagnoli reperivano in esso dei concetti che legittimavano la Trinità e
la Transustanziazione.
Dallo Zohar fiorirono scuole di misticismo che
dalla Spagna si ramificarono in Oriente, in terra d'Israele (la scuola di
Tzfat) e in Occidente.
Alcuni movimenti pseudo-messianici (Shabtay Zvi,
Yaakob Franck) e nuove scuole di pensiero (Chassidismo) consideravano lo Zohar un
testo santo; l'ebraismo tradizionale ebraico, tuttavia, assunse un
atteggiamento di riserva, pur comprendendo che in esso erano presenti dottrine
estranee all'ebraismo.
Milchamot Ha Shem dimostra che lo Zohar è
pregno di 'shituf' (l'associare a Dio entità fisiche o spirituali, cosa
severamente proibita dalla Torà ed espressa chiaramente nel Secondo
Comandamento). Il testo ha anche lo scopo di chiarire in una forma semplice,
pura, intelliggibile, e fedele all'insegnamento dei nostri grandi maestri (come
il Rambam, Yehuda ha Levi, Eliezer di Worms) il vero significato
dell'Unità di Ha Shem.
Davide Levi, 23.02.2020
- 29 Shevat 5781